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Full text of "Atti della prima riunione degli scienziati italiani tenuta in Pisa nell'ottobre del 1839"

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1839 


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http://www.archive.org/details/attidellaprimariOOriun 


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ATTI 


DELLA 


PRIMA    RIUNIONE 


DEGLI  SCIEIVZIATl  ITALMI 

TEI¥IJXA     IHf     PI!§Jl 

nell'ottobre  del  1839 

SECONDA    EDIZIONE 

AUMENTATA  DELL'ORAZIONE   DEL   PROF.  ROSINI  PER  l' INAUGURAZIONE 
DELLA  STATUA  DEL  GALILEO   E  DELLA   BIOGRAFIA  DEL  CAV.  PR.  GERB! 


PISA 


1840 


500 

""35 


RELAZIONE 


2f32 


PROF.    F.    CORREDI 


G 


l'Italiani  che  applicano  l'animo  alle  discipline  che  diconsi 
naturali,  possono  esser  lieti  di  avere  a  questi  tempi  conseguito 
quanto  v'  ha  di  più  degno  tra  le  ricompense  concesse  agli  studj , 
da  che  la  reverenza  verso  le  loro  onorate  fatiche  e  valsa  a  far 
sorgere  tra  noi  una  istituzione  nobilissima  profìcua  grandemente 
alle  scienze.  Tale  per  vero  si  è  la  istituzione  delle  annuali  Riu- 
nioni dei  naturalisti,  che  la  Illuminata  Sapienza  di  S.  A.  I.  e  R.  il 
Granduca  di  Toscana  consentì  che  avessero  cominciamento  ne'  suoi 
Stali.  Questa  istituzione  gioverà  a  promuovere  le  discipline  na- 
turali, non  meno  che  a  mantenerle  nel  debito  onore ,  e  ad  impe- 
dire che  si  allontanino  dal  loro  fine,  quale  è  quello  di  far  tesoro 
dei  fatti  per  trarne  poi  conseguenze  profittevoli  alle  arti.  Che  se 
tali  vantaggisi  debbono  tenere  per  certi,  come  lo  sono  veramente 
per  universale  consentimento,  io  non  saprei  per  quale  altro  modo 
si  potesse  meglio  giovare  alle  scienze,  neper  quale  altra  via  fosse 
dato  incoraggiare  viemaggiormente  i  loro  assidui  e  generosi  cul- 
tori, cui  sino  a  qui  appena  era  concesso  desiderare  un  tanto  bene, 
nonché  sperarlo. 


'fHZQa'3 


IV 

L' ufficio  eh'  ebbi  a  sostenere  di  Segretario  della  prima  Riu- 
nione scientifica  italiana,  la  quale  si  tenne  in  Pisa  nell'  Ottobre 
del  mille  ottocento  trentanove,  vuole  ora  essere  pienamente  adem- 
piuto .  Il  perchè  verrò  parte  a  parte  esponendo  non  tanto  le  cure 
degli  uomini  valorosi  che  vi  concorsero,  quanto  quello  che  la 
munificenza  del  Principe  ordinò  per  il  lustro  e  decoro  del  loro 
Consesso,  e  quello  altresì  che  la  Città  volle  disporre  in  tale  occa- 
sione. Quanto  io  narrerò  come  sarà  per  me  gradita  materia,  slimo 
che  sarà  insieme  argomento  dilettevole  per  gl'Italiani  tutti  a'  quali 
ogni  cosa  che  torni  a  onore  della  patria  che  ci  è  comune  deve 
e  per  sentimento  e  per  debito  riuscire  carissima. 


L' Italia  ricorderà  per  lungo  tempo  i  nomi  di  sei  chiarissimi 
Uomini  che  furono  i  lodevoli  promotori  di  questa  prima  scienti- 
fica Riunione  nazionale.  Son  dessi  il  Principe  Carlo  Bonaparte, 
il  Commendatore  Vincenzio  Anlinori,  il  Cav.  Prof.  Ciò.  Battista 
Amici,  il  Cav.  Gaetano  Giorgini,  il  Prof.  Paolo  Savi,  e  il  Cav. 
Prof.  Maurizio  Bufalini.  Il  giorno  ventotto  INIarzo  del  decorso  anno 
mille  ottocento  trentanove  essi  annunziarono  come  S.  A.  I.  e  R. 
il  Granduca  nostro  Signore  avrebbe,  per  impulso  di  singolare 
benevolenza,  permesso  che  si  tenesse  in  Toscana  una  Riunione 
scientifica  alla  maniera  di  quelle  che  si  ammirano  principalmente 
in  Inghilterra  e  in  Germania  (1).  Al  Granduca  Leopoldo  II  si 
deve  adunque  l' immenso  beneficio  di  aver  fatta  sorgere  in  Italia 
questa  lodevole  istituzione.  Ed  in  vero  bene  è  ragione  che  quelle 
cose  le  quali  tornano  a  pubblica  utilità  si  debbano  intitolare  del 
nome  del  Principe  cui  piacque  promuoverle  o  favorirle. 

E  qni  conviene  eh'  io  dica  come  pei  suindicati  Promotori 
venissero  confortati  gli  Scienziati  tutti  a  riunirsi  nel  tempo  delle 
ferie  autunnali  dello  stesso  anno  in  Pisa,  che  gli  splendidi  titoli 
riunendo  di  dotta,  di  gentile,  di  ricca  d'ogni  cosa  profittevole  al 


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V 

ben  vivere,  si  reputava  ciiià  alta  ad  accogliere  degnamente  I 
naturalisti  italiani .  Erano  qualità  volute  per  essere  ascritto  fra  i 
membri  del  Consesso  il  nome  di  cultore  distinto  delle  scienze 
matematiche  e  naturali,  il  grado  di  Uffiziale  del  Genio,  quello 
d'Ingegnere  delle  Miniere,  in  fine  lo  appartenere  ad  una  delle 
principali  Accademie  scieniifiche  italiane  o  straniere. 

Al  ricordato  annunzio  altro  ne  successe  il  giorno  tredici 
Agosto,  il  quale  aggiunse  che  S.  A.  I.  e  R.  erasi  degnata  conce- 
dere che  le  adunanze  scientifiche  avessero  sede  nel  Palazzo  della 
Università  degli  Studj,  che  diciamo  Sapienza  (2).  Per  questa 
guisa  veniva  splendore  novello  al  luogo  già  fatto  iUustre  dal 
Galileo,  e  da  mille  e  mille  uomini  chiari.  Per  questo  annunzio 
si  aggiunse  eziandio  che  una  Deputazione  (la  quale  poscia  si 
compose  dei  Professori  Giacomo  Barzellotti,  Ferdinando  Foggi, 
Paolo  Savi  e  Francesco  Puccinotti,  e  dei  Signori  Cav.  Alessan- 
dro Rosselmini  e  Antonio  Del  Rosso)  sedente  nel  Palazzo  sud- 
detto, avrebbe  accolti  gli  Scienziati  e  verificati  i  loro  titoli  per 
istituirli  membri  della  Riunione. 

Tali  sollecitudini  riuscirono  a  ottimo  fine.  Nella  prima  metà 
dell'  Ottobre  quattrocento  ventuno  Scienziati ,  fra  italiani  e  stra- 
nieri, erano  in  Pisa  convenuti  pel  nobilissimo  oggetto  del  quale 
già  dissi. 

Il  primo  giorno  del  mese  fu  sacro  agli  atti  del  culto.  Nella 
Primaziale  della  città  gli  Scienziati  Cattolici  assisterono  alla  messa 
solenne,  colla  quale  invocavansi  le  celesti  benedizioni  sul  dotto 
Consesso.  Celebrato  il  Sacrifizio  divino,  adunatisi  nel  Palazzo 
della  Università  fu  loro  cura  di  proclamare  a  Presidente  generale 
il  Prof.  Ranieri  Gerbi  seniore  dei  cattedratici  intervenuti  (3);  il 
quale  tosto  si  fece  ad  eleggere  il  Segretario  generale  della 
Riunione. 

Nel  giorno  appresso  altre  cure  trattennero  gli  scienziati; 
quelle  cioè  che  si  usarono  onde  il  Consesso  venisse  partito,  se- 
condo r  uso,  in  sezioni.  Il  numero  e  gli  studj   degl'intervenuti  ne 


VI 

addimandarono  sei:  quelle  della  Chimica,  Fisica  e  Matematica; 
della  Geologia,  Mineralogia  e  Geografìa;  della  Botanica  e  Fisio- 
logia vegetale;  nonmenochè  le  altre  della  Zoologia  ed  Anatomia 
comparativa;  dell' Agronomia  e  Tecnologia;  della  Medicina.  A 
ciascuna  sezione  fu  necessario  destinare  un  Presidente,  a  questi 
aggiungere  talora  un  Vice-Presidente,  sempre  per  altro  uno  o 
più  Segretari  secondochè  la  sezione  doveva  o  no  essere  suddivisa 
in  parti.  I  Presidenti  eh'  io  dico,  secondo  l'ordine  delle  suindicate 
sezioni  furono:  il  Cav.  Prof.  Confìgliachi,  il  Prof.  Sismonda,  il 
Cav.  Prof.  Gaetano  Savi,  il  Principe  Carlo  Bonaparte,  il  Mar- 
chese Ridolfì,  il  Cav.  Prof.  Tommasini.  La  loro  elezione  si  fece 
per  schede  segrete  dai  membri  delle  sezioni .  Di  queste  sezioni 
solo  la  botanica,  la  zoologica  e  1'  agronomica  ebbero  un  Vice- 
Presidente.  Vice-Presidente  alla  prima  fu  il  Prof.  Giuseppe  Mo- 
retti, alla  seconda  il  Cav.  Giacinto  Carena,  all'ultima  il  Prof. 
Giuseppe  Gazzeri.  I  Presidenti  poi  chiamarono  a  Segretarj  Lodo- 
vico Pasini  e  il  Prof.  Gene,  l'uno  per  la  sezione  di  Geologia, 
l'altro  per  quella  di  Zoologia;  il  Dott.  Gera  per  la  sezione  agro- 
nomica, il  Prof.  Puccinotti  per  la  sezione  medica.  Quanto  alla 
sezione  fìsico-chimico-matematica  è  a  dirsi  che  il  Cav.  Prof,  Con- 
fìgliachi riputando  utile  di  suddividerla  in  due  sotto-sezioni,  asse- 
gnò come  Segretario  all'  una  di  Fisica  e  Chimica  il  Prof.  Paci- 
notti,  air  altra  di  Matematica  e  Astronomia  il  Prof.  Vincenzo 
Amici.  Lo  stesso  si  praticò  dal  Cav.  Prof.  Gaetano  Savi;  il  quale 
partendo  la  sezione  da  esso  presieduta  nelle  due  sotto-sezioni  di 
Botanica,  e  di  Fisiologia  vegetale,  dette  ad  esse  respettivamente 
come  Segretarj  il  Dott.  Bìasoletto,  e  il  Prof.  Narducci . 

I  Presidenti  delle  sezioni  lostochè  furono  eletti  constitui- 
ronsi  congiuntamente  al  Presidente  generale  in  consiglio  perma- 
nente; il  quale,  tenendo  quotidianamente  le  sue  adunanze,  ve- 
gliava al  buon  andamento  della  Riunione.  Da  esso  muovevano 
gli  ordini  e  i  provvedimenti  dal  bisogno  richiesti;  da  esso  pen- 
deva ogni  cosa  che  potesse  risguardare  l'intero  Consesso  degli 


VII 
Scienzlali.  Il  perchè  prima  cura  del  Consiglio  fu  la  compilazione 
dei  Regolamenti  generali  per  le  annue  Riunioni,  de' quali  a  suo 
luogo  mi  occorrerà  ragionare . 

Olire  la  divisione  del  Consesso  in  sezioni,  nel  secondo  gior- 
no del  mese  si  fece  tale  solennità,  che  tornò  a  grande  onore  dei 
Cittadini  da  cui  fu  generosamente  promossa.  Molte  anzi  infinite 
parole  di  lode  si  debbono  a  quei  benemeriti ,  i  quali  posero  ogni 
cura  perchè  sorgesse  tra  noi,  col  sussidio  di  volontarie  oblazioni, 
e  mercè  la  Sovrana  Munificenza,  un  monumento  che  facesse 
fede  per  lunghissima  età  come  qui  nacque  e  insegnò  il  massimo 
Galileo,  e  ricordasse  insieme  i  tempi  più  gloriosi  della  Università 
nostra.  Al  cospetto  del  monumento,  che  in  quel  giorno  la  prima 
voltasi  discuopriva,  il  Prof.  Rosini  celebrò  le  lodi  del  divino 
Filosofo  (4) .  Gli  eloquenti  detti  dell'  illustre  Oratore  interrotti 
di  frequente  dagli  applausi  de' molti  che  udivano,  l'aspetto  del 
simulacro  scolpito  dal  Demi  che  seppe  in  esso  riunire  i  più  bei 
pregi  dell'arte,  la  frequenza  degli  Scienziati  e  dei  ragguardevoli 
Cittadini,  il  luogo  nobilitato  dagl'insoliti  adornamenti,  gli  ar- 
monici concenti  musicali,  infine  la  pompa  con  che  pei  savi  prov- 
vedimenti de'  civici  Magistrati  e  de'  Cittadini  zelanti  venne  fe- 
steggiato quel  giorno,  fecero  ben  vedere  quanta  sia  la  reverenza 
nostra  verso  il  massimo  Filosofo,  che  primo  sorse  ad  additare  la 
via  del  vero  nelle  discipline  naturali .  Gli  Arcadi  della  Colonia 
Alfea  non  lasciaron  trascorrere  una  tale  occasione  senza  offerire 
in  omaggio  ai  membri  della  prima  Riunione  scientifica  che  si 
teneva  in  Italia  le  loro  rime,  che  bene  si  adattavano  a  tanta  so- 
lennità (5). 

Ma  eccomi  a  ciò  che  più  dappresso  risguarda  il  consesso 
degli  Scienziati.  Il  giorno  terzo  di  Ottobre  fu  quello  della  prima 
adunanza  solenne.  Bello  era  il  vedere  nell'Aula  maerna  della 
Università  decorosamente  apparecchiata  i  chiarissimi  Uomini  di 
che  la  patria  nostra  si  onora,  e  molti  illustri  Stranieri,  e  le 
Autorità  governative,  ecclesiastiche  e  municipali,  non  che  eletta 


vili 
parte  del  sesso  gentile,  che  reverente  anch'  esso  alle  scienze  fa- 
ceva leggiadra  corona  all'  assemblea .  Era  questo  tale  e  siffatto 
spettacolo  da  suscitare  negli  animi  una  profonda  quanto  inespli- 
cabile commozione.  Forse  questo  dolcissimo  sentimento  muoveva 
dalla  considerazione,  non  avere  gli  studj  degl' Italiani  nelle  di- 
scipline naturali  mai  ricevuto,  sino  a  qui,  omaggio  di  pubblica 
reverenza  siccome  questo. 

Il  Presidente  generale  con  mirabile  semplicità  di  parole  e  di 
modi  sorse  a  dire  una  orazione,  ben  atta  a  svegliare  negli  ani- 
mi degli  ascoltanti  generosi  e  nobili  sentimenti;  perocché  ricor- 
dava e  mostrava  con  istorica  verità,  e  con  sentita  carità  verso 
la  Patria,  quanto  fu  operato  dai  nostri  a  prò  delle  scienze.  Ed 
invero  in  un  primo  consesso  di  Scienziati  Italiani  il  rammentare 
quanto  v'  ha  di  glorioso  per  noi  nella  istoria  delle  discipline  natu- 
rali era  non  solo  dilettevole,  ma  utilissimo  tema,  nò  saprei  dire 
se  altro  ve  ne  avesse  alla  circostanza  ed  al  luogo  più  conveniente  . 
Incominciando  dal  Galileo,  da  quegli  cioè  che  operò  la  restau- 
razione della  Filosofia,  e  nel  quale,  come  notò  un  solenne  Stori- 
co de' nostri  tempi,  riluce  quanto  di  nobile  abbia  mai  prodotto 
la  natura  umana,  l'Oratore,  tenendo  l'ordine  de'  tempi,  fece  de- 
gl'Italiani illustri  ed  operosi  cultori  delle  scienze  cosi  savia  e  di- 
ritta ricordanza,  da  convincere  ognuno  che  sebbene  la  nostra  più 
avventurosa  età  sia  oggimai  trascorsa,  nullameno  perchè  un  tem- 
po fummo  maestri,  e  perchè  quando  la  Filosofia  riluceva  tra  noi 
altrove  erano  tenebre,  possiamo  a  buon  dritto  riputare  la  patria 
nostra  madre  della  odierna  sapienza.  Narrare  come  grande  fosse 
il  Gahleo  sarebbe  stata  nonché  perduta  opera,  gravissima  onta 
pei  sapienti  Uomini  ai  quali  il  Presidente  volgeva  le  sue  parole; 
perciocché  tutti  sanno  eh'  ei  fu  quell'  altissimo  ingegno  che  primo 
giovandosi  dell'  osservazione  e  dell'  esperienza,  e  sprezzando  i 
sistemi  ideali,  dette  vita  alle  discipline  scientifiche.  Il  perchè 
r  Oratore  solamente  mostrava  come  allo  studio  infinito  che  pose 
quel  Grande  nelle  speculazioni  geometriche  si  deve  il  segnalato 


IX 

beneficio  della  restaurazione  della  Filosofia,  e  quella  libertà  di 
pensiero  che  infranti  i  legami  dei  sistemi  scolastici  dette  all'  Italia 
il  Torricelli,  il  Viviani,  il  Redi,  il  Magalotti,  ed  altri  molti  che 
da  Firenze  difìfusero  luce  per  tutta  Europa.  Così  il  Presidente 
ravvisando  in  Galileo  il  misuratore  del  moto  degli  astri,  lo  scuo- 
pritore  de' satelliti  di  Giove  e  delle  macchie  del  Sole,  della  bi- 
lancia idrostatica  e  del  compasso  di  proporzione,  quegli  insomma 
che  per  trovati  ammirabili  dischiuse  nuove  vie  agi'  indagatori 
dell'  economia  dell'  Universo,  richiamava  le  menti  alla  contem- 
plazione di  cose,  che  certo  più  divine  che  umane  agli  occhi  nostri 
appariscono.  Volendo  poi  dimostrare  quanto  quel  sovrumano  in- 
telletto valesse  nel  ridurre  i  più  alti  concetti  a  pratica  utilità 
venne  partitamente  esponendo  le  sue  sublimi  scoperte,  le  cose 
cioè  per  le  quali  durerà  eterno  il  suo  nome»  Tanto  l'Oratore 
ebbe  a  dire  intorno  al  Galileo,  e  perchè  tornasse  vano  il  rim- 
provero che  lo  Storico  d'Inghilterra  (David  Hume  )  osò  fare 
agl'Italiani,  e  perchè  sebbene  trascorressero  più  secoli,  pur  tut- 
tavia le  dottrine  di  quel  massimo  Ingegno  si  fanno  ogni  giorno 
più  salde,  ben  altrimenti  di  quelle  del  Cartesio,  del  Gassendo 
e  del  Leibnitz  . 

Erano  questi  i  prcludj  della  orazione;  nella  quale  il  chia- 
rissimo Presidente  venne  mano  a  mano  svolgendo  l'intero  siste- 
ma  della  filosofìa  naturale,  narrando  e  dimostrando  come  tutte 
le  parti  di  essa  fossero  con  buon  successo  promosse  o  perfezionate 
dagl'Italiani.  Tre  poi  furono  le  parli  nelle  quali  ad  esso  piacque 
dividerla;  l'una  delle  scienze  matematiche,  l'altra  delle  scienze 
che  dipendono  dall'esperienza,  rnliiraa  di  quelle  che  stanno 
tutte  nella  osservazione.  Le  scienze  matematiche  sono  tra  le  di- 
scipline naturali,  perchè  dagli  oggetti  esternisi  dipartono,  e  solo 
da  essi,  come  tengono  i  più,  prendono  le  nozioni  fondamentali 
del  numero  e  della  estensione.  Vero  è  che  le  matematiche  da 
quelle    nozioni   all' infuori   sono   scienze   meramente   razionali,   e 

nieni'  altro  che  speculazioni  dell'  intelletto  . 

b 


X 

Parlando  l'Oratore  di  quesie  scienze  toccò  in  prima  delle 
matematiche  pure,  e  fra  i  molti  geometri  accortamente  distinse 
il  Cavalieri,  al  quale  deve  l'Europa  i  primi  germi  di  quel  trovato 
che  al  dire  del  D'Alembert  segna  V  altissimo  grado  di  perfezione 
cui  r  intelletto  umano  può  giungere.  Agevole  è  per  ognuno  il  com- 
prendere come  per  tali  parole  si  accennasse  a  quella  scoperta  che 
Germania  e  Inghilterra  tuttor  si  contendono,  e  che  attendeva  la 
spiegazione,  e  la  illustrazione  più  vera  dall'  italiano  Lagrange.  Ne 
discorrendo  questa  materia  tralasciava  il  Presidente  di  ricordare 
il  Mascheroni,  il  Riccati,  il  Gagnoli,  Maria  Gaetana  Agnesi  che 
tanto  lodevolmente  lesse  le  matematiche  nella  Università  di  Bolo- 
gna 5  non  tacque  del  Lorgna  cui  dobbiamo  l'istituzione  di  quel 
celebratissimo  consesso  di  Scienziati  che  del  nome  di  Società  Ita- 
liana s' intitola  ;  non  tacque  di  Pietro  Paoli  onore  delle  Scuole 
toscane;  ne  lasciò  indietro  il  Brunacci,  il  Bordoni,  il  Fossombro- 
ni,  il  Giorgini,  il  Libri,  il  Magistrlni,  il  Mainardi,  il  Mossotti,  il 
Piola,  il  Plana,  il  Rangoni,  il  Tramontini,  e  più  altri  pregiatissi- 
mi autori  di  profonde  opere  matematiche. 

Questo  delle  matematiche  pure.  Quanto  alle  miste,  d'uopo 
era  il  rammentare  i  principi,  le  dottrine  fondamentali,  le  utili  il- 
lustrazioni che  esse  debbono  ai  nostri.  Così  dicendo  della  Mecca- 
nica giovavagli  di  ricordare,  dopo  il  Galileo,  i  suoi  discepoli,  e 
l'aureo  libro  della  Meccanica  analitica,  e  le  applicazioni  che  già 
fece  il  Lagrange  del  principio  delle  velocità  virtuali.  Rispetto  al- 
l' Idromeccanica  piacquegli  di  richiamare  la  nostra  attenzione  sul 
discorso  del  Galileo  intorno  alle  cose  che  stanno  in  su  l'acqua  o 
che  in  quella  si  muovono,  nel  quale  si  contengono  i  veri  e  saldi 
principi  della  scienza  dell'equilibrio  e  del  moto  dei  fluidi;  dopo 
diche  egli  fece  onorevole  menzione  del  Castelli,  del  Torricelli, 
del  Viviani  e  d'  altri  insigni  che  rivolsero  i  loro  siudj  alla  Idrauli- 
ca teorico-pratica;  ricordò  il  Guglielmini ,  il  Manfredi,  il  Grandi, 
il  Polenijil  Frisi,  il  Perelli,  lo  Zendrini,  lo  Ximenes;  nò,  per 
venire  ai  tempi  nostri ,  tralasciò  di  rammentare  il  Fossombroni , 


XT 

il  Paoli,  il  Lorgna,  il  Mengoui,  il  Bidone,  il  Venluroll,  il  Ma- 
selli  e  il  Cavalieri  San-Bertolo,  i  quali  lutti  scrissero  opere  loda- 
tlssime  sulla  scienza  idraulica  . 

Scendendo  poi  a  dire  dell'Acustica,  dopo  Galileo  che  in 
essa  pure  fu  primo  quanto  allo  studiare  le  oscillazioni  delle  cor- 
de, ricordò  gli  Accademici  del  Cimento  per  le  sperlenze  sulla 
celerità  del  suono  da  quei  benemeriti  tentate,  e  parlò  insieme  del 
Tarllni  che  molto  contribuì  a  stabilire  un  sistema  matematico  di 
musica,  del  Lagrauge,  e  per  ultimo  del  Riccati  che  mirabiU 
menle  scrisse  intorno  ai  fenomeni  del  suono. 

Poste  tali  cose,  veniva  alla  Fisica  celeste:  ed  a  mostrare  che 
in  Italia  nacquero  o  s'istruirono  quelli  che  ne  gettarono  i  fonda- 
menti, uopo  fu  al  Presidente  il  parlare  degli  studj  che  qui  fece 
un  tempo  il  Copernico,  e  dire  insieme  come  sia  ritrovamento 
degl'Italiani  non  solo  il  telescopio  diottrico  lasciatoci  dal  Galileo, 
ma  ben  anche  il  caiadioitrico  idealo  e  costrutto  dallo  Zucchij  co- 
me il  Newton  a  stabilire  il  principio  della  gravitazione  univer- 
sale delle  dottrine  del  Galileo  si  giovasse^  e  come  poi,  venendo 
a  tempi  più  prossimi,  il  Cassini,  il  Piazzi,  l'Oriani,  il  Carlini,  il 
Plana,  il  Santini,  ringhlrami  abbiano  grandemente  contribuito 
ad  elevare  la  Fisica  celeste  e  l'Astronomia  a  queirallisslmo  grado 
di  perfezione  in  cui  è  di  presente  . 

Passando  poi  alle  Scienze  sperimenlali  ragionò  della  Chi- 
mica, la  quale  ebbe  nel  Sala  da  Vicenza  il  primo  che  filosofìca- 
menle  l'esponesse,  e  che  per  le  sperlenze  del  Redi  su  i  sali,  e 
di  altri  Accademici  del  Cimento  giunse  ad  acquistare  forma  di 
vera  scienza.  Ne  trascurò  di  far  parole  di  lode  del  Brugnatelll , 
del  Dandolo,  del  Gazzeri,  del  Taddei,  del  Branchi,  le  opere 
de' quali  hanno  giovato  non  solo  a  vantaggiare  la  Chimica,  ma 
sibbene  a  renderne  piìi  agevole  e  piià  sicuro  lo  studio. 

Così  fu  della  Fisica  sperimentale.  Sorta  con  alcune  sperlenze 
del  Galileo  avanzò  non  poco  per  gli  Accademici  del  Cimento, 
che  a  ragione  può  dirsi  creassero  l'arte  di  sperimentare.  Accolta 


XII 

quest'arte,  e  di  nuovi  mezzi  arriccliiia  dagli  stranieri,  operò  to- 
sto nelle  mani  del  Boyle  ed  in  quelle  del  Guerick  e  del  Marlotte 
le  utili  cose  che  ognim  sa.  Ma  noi  ahbiam  tale  che  lutti  avanza, 
Alessandro  Volta,  il  quale  per  gli  apparali  elettrici,  per  l'elet- 
tromotore, e  per  le  sue  nuove  dottrine,  veramente  può  dirsi  quel 
sommo  dei  nostri  tempi  che  preparò  all'Italia  una  novella  età 
per  la  Fisica.  Ed  invero  sorsero  al  fianco  di  lui  quel  valente  suo 
iuterpetre  il  Confìgliachi,  e  vennero  ancora  a  fare  sempre  più 
ricca  la  Fisica,  il  JMarianini,  il  Nobili,  il  Be'lani,  il  Belli,  ed 
il  Melloni,  quegli  cioè  cui  dobbiamo  la  teorica  del  calorico  rag- 
giante, e  molle  altre  originali  scoperte,  e  Tinvcuzione  di  maravi- 
gliosi  strumenti . 

Che  se  dalla  Fisica  sperimentale  si  passa  a  quelle  discipline 
che  tulle  muovono  dalla  osservazione,  ed  a  quelle  che  dalla  os- 
servazione insieme  e  dalla  esperienza  dipendono,  facile  si  e  lo 
scorgere  quanto  desse  ancora  avanzassero  per  opera  degl'Italiani. 
Era  difatti,  come  avvisò  l'Oratore,  promossa  per  gl'Italiani  la 
Botanica,  che  Italiani  furono  il  Dondi,  Ermolao  Barbaro,  il  Mat- 
tioli, il  Cisalpino  di  cui  anche  i  moderni  hanno  accolli  e  seguiti 
i  principj,  o  criterj  che  si  vogliano  dire,  per  la  classazione  delle 
piante:  era  per  gl'Italiani  promossa  la  Fiiografia,  che  nostri  fu- 
rono il  Micheli,  il  Malpighi,  il  Targioui;  e  sono  nostri  Gaetano 
Savi,  il  Bertoloni,  il  Moris,  il  Tenore,  il  Yiviani,  e  il  Moretti. 
Che  se  la  Fisiologia  vegetale  slette  per  lunga  pezza  senza  avven- 
turoso cultore  in  Italia,  tempo  alla  perfine  venne  nel  quale  un 
Italiano,  Giovanni  Ballista  Amici,  con  strumenti  mirabili,  e  con 
pii^i  mirabili  osservazioni  si  fece  anche  in  questo  maestro  agli 
Stranieri . 

Ne  dissimile  sorte  ebbe  presso  di  noi  l'Agricoltura,  la  quale 
ne' moderni  tempi  non  deviò  dalla  strada  segnatale  dall'insigne 
Crescenzio.  Incoraggiata  da  savi  ordinamenti  governativi,  pro- 
mossa da  scrittori  chiarissimi,  il  Landeschi,  il  Paoletti,  il  Lasiri, 
il  Dandolo,  il  Re,  il  Targioni,  l'Acerbi;  il  Lambruschini,  il  Riccij 


XIII 

il  Carmlgnani,  il  Mari,  il  Malenolti,  ed  altri  non  pochi;  promossa 
ancora  da  Accademie  di  Scienziati  (da  quella  de' Georgofili  so- 
prattutto), fatta  ricca  di  utili  sperienze,  fra  le  quali  sono  ben 
degne  di  memoria  le  non  poche  del  Marchese  Ridolfì,  chiara- 
mente apparisce  che  negl'  Italiani  non  venne  mai  meno  1'  amore 
per  la   più   necessaria   delle   arti. 

Con  non  minore  evidenza  l'Oratore  mostrò  come  gl'Italiani 
ponessero  l'ingegno  e  promovessero  ancora  con  fortunato  suc- 
cesso la  Storia  Naturale  nelle  altre  sue  parti,  l'Anatomia  e  la  Fi- 
siologia umana,  la  Medicina.  Chiari  sono  i  nomi  del  Mattioli, 
dell'Aldovrando;  chiara  l'Accademia  de' Lincei  j  illustre  il  Redi 
che  per  l'ingegno  e  per  la  copia  delle  dottrine,  e  per  il  diritto 
osservare  e  accorto  giudizio  nel  conchiudere,  avanzò  ogni  altro 
della  sua  età.  Ne  dissimili  da  questi  il  Malpighi,  il  Yallisnieri, 
lo  Spallanzani  che  nella  Zoologia  tanto  si  profondarono;  ne  poco 
illustri  l'Aldovrando,  il  Fontana,  il  Manetti,  il  Rossi,  Paolo  Savi, 
il  Principe  di  Musignano,  il  Bonelli,  il  Ranzani,  il  Rusconi,  il 
Gene  che  presero  in  ispecial  esame  alcune  parti  della  Zoologia,  e 
riuscirono  ad  airicchirle  di  nuovi  fatti,  e  ad  avanzarle  grande- 
mente. Che  se  da  questi  si  volga  la  mente  a  coloro  i  quali  si  det- 
tero alla  Geologia,  facilmente  avverrà  d'incontrare  molli  altri 
uomini  insigni.  Ben  lo  notò  il  Presidente  quando  ad  afforzare  i 
suoi  detti  ricordò  lo  Stenone,  che  come  il  Fabroni  egli  pure 
pose  fra  i  nosiri,  l'Arduini,  il  Targioni  che  primi  davano  esem- 
pio di  utili  osservazioni  geologiche;  nonmenochè  il  Breislack,  il 
Brocchi,  il  Marsari,  il  Sismonda,  Paolo  Savi,  il  Pasini  e  altri  non 
pochi  che  cjuesli  nobili  studj  tanto  felicemente  coltivarono .  Uo- 
mini illustri  al  pari  dei  già  ricordati  furono  ben  anche  quelli 
che  l'Oratore  noverò  quando  prese  a  dire  dell'Anatomia  e  della 
Fisiologia  umana.  Ed  invero  i  dotti  tengono  siccome  sommi 
l'Achillini,  l'Eustachio,  il  Mondino,  l' Aselli,  il  Borelli,  il  Mer- 
curiale, il  Bellini;  come  ancora,  per  venire  a  tempi  recenti,  il 
Mascagni,  il  Rolando,  lo  Scarpa,  il  Panizza  che  le  speculazioni 


XIV 

anatomiche  condussero  a  maravigllosa  perfezione .  Erano  essi 
chiari,  e  ben  degni  di  stare  allato  al  Raraazzini,  al  Morgagni 
che  posero  sommo  studio  nell'Anatomia  patologica ,  ed  a  quelli 
altresì  che  volti  ugualmente  a  giovare  all'  umanità  fecero  loro 
studio  della  Chirurgia.  Però  se  dicendo  degli  scrittori  di  Medi- 
cina lodò  il  Redi,  il  Baglivi,  il  Cocchi,  nonmenochè  il  Borsierì, 
il  Rasori,  il  Borda_,  il  Tommasioi,  il  Bufalini,  il  Barzellotti,  il 
Puccinotti  pei  quali  tutti  a  somma  eccellenza  pervennero  le 
Scienze  Mediche,  sapientemente  fece  dicendo  ancora  di  Fabrizio 
d'Acquapendente,  di  Alfonso  Ferri,  di  Berengario  da  Carpi,  del 
Bertrandi,  del  Palletta  insigni  nell'Arte  chirurgica,  e  che  poi 
furono  emulati  dal  Nannoni,  dallo  Scarpa,  dal  Vacca,  dal  Re- 
gnoli,  uomini  che  il  sommo  dell'Arte  loro  toccarono. 

Queste  ed  altre  cose  che  nella  orazione  solenne  discorse  il 
chiarissimo  Presidente  dovettero  per  certo  convìncere  ognuno 
che  sebbene  nei  tempi  presenti  la  Francia,  l'Inghilterra,  la  Ger- 
mania e  più  altre  nazioni  abbiano  vanto  di  grandi  nella  Filosofia 
naturale,  anche  l'Italia  conta  non  poche  glorie,  e  non  pochi  il- 
lustri uomini  e  valorosi. 

Il  vero  di  cui  parlo,  e  che  apparve  ad  ognuno  degli  ascol- 
tanti per  le  parole  dell'Oratore,  riceveva  novello  conforto  da  un 
fatto,  del  quale  adesso  conviene  ch'io  dica.  Le  molte  lettere 
a  noi  inviale  da  dotti  stranieri  a'  quali  doleva  di  non  potere  es- 
ser parte  della  Riunione,  e  che  dal  Segretario  generale  furono 
comunicate  a  tutti  i  Membri  di  essa  all'occasione  della  prima 
Adunanza  solenne,  furono  veramente  bellissima  prova  che  gl'Ita- 
liani si  hanno  tuttora  presso  i  popoli  pili  culti  come  sapienti  in 
ogni  maniera  di  fìsiche  speculazioni. 

E  qui  stimo  opportuno  il  notare  come  tra  le  lettere  stesse 
alcune  ve  ne  abbiano  degne  di  particolare  menzione  .  Il  perchè 
ricorderò  quelle  del  Consiglier  Fossombroni  e  del  Conte  Cesare 
Saluzzo  indirizzate  al  Prof.  Sacchetti,  quella  del  Segretario  della 
Società   Italiana  dei   Quaranta   al  Cav.  Prof.   Giovanni  Battista 


XV 

Amici,  nonmenochè  l'altra  del  Beaumond  Membro  dell' Isiitnio 
di  Francia  al  Prof.  Sismonda,  oltre  a  quelle  dirette  al  Principe 
di  Musignano  dal  Decandolle,  dall' Oavarofìf  Ministro  della  Istru- 
zione pubblica  a  Pietroburgo ,  dal  Dupin,  dai  due  Jeoffroi  Salnt- 
Hilaire,  dall'Hekel,  dal  Muller  e  dal  Principe  Massimiliano  di 
Wrede  :  per  ultimo  non  tacerò  di  quelle  dell'  Herschel  e  del 
Babbage  al  Cav.  Antinori,  ne  di  quella  del  Dott.  Bellingeri  al 
Segretario  generale:  dalle  quali  tutte  apparisce  che  universale  fu 
il  consenso  dei  dotti  quanto  al  riconoscere  la  utilità  di  queste 
scientifiche  Riunioni. 

Comunicate  le  lettere,  il  Segretario  a  nome  del  Presidente 
generale  si  fece  a  proporre  che  fossero  votati  solenni  ringrazia- 
menti a  S.  A.  I.  e  R.  il  nostro  Munificentissimo  Sovrano,  come  a 
quello  sotto  i  cui  auspicj  si  riunivano  per  la  prima  volta  gli 
Scienziati  in  Italia.  Le  acclamazioni  vivissime  ed  unanimi  dei 
molti  adunati  fecero  ben  conoscere  quanto  all'universale  giun- 
gesse gradita  la  doverosa  proposta;  dopo  la  quale  non  meno 
grata  fu  l'altra  che  s'inviassero  Deputati  all'I,  e  R.  A.  S.  onde 
si  adempisse  per  essi  a  quanto  il  desiderio  di  tutti  voleva.  E  i 
Deputati,  che  furono  il  Presidente  generale  ed  i  Presidenti 
delle  Sezioni,  vennero  accolli  nel  giorno  sei  di  Ottobre  da 
S.  A.  I.  e  R.  con  queUa  Clemenza,  che  delle  sue  molte  virtù  non 
è  la  men  bella  . 

I  plausi  e  i  voti  comuni  non  si  arrestavano,  nella  prima 
Adunanza  generale,  a  quelli  che  indicammo  di  sopra;  perocché 
tutti  assentirono  ancora  che  si  rendessero  grazie  al  Corpo  Mu- 
nicipale per  le  cure  datesi  nell' accogliere  e  onorare  il  consesso 
degli  Scienziati;  e  che  sì  esprimessero  sensi  di  gratitudine  per 
retribuire  in  qualche  guisa  i  benemeriti  pei  quali  oggi  il  simula- 
cro del  Galileo  si  ammira  dove  quel  Sommo  cominciò  a  spargere 
le  sue  dottrine.  A  tali  parole  che  il  Segretario  disse  a  nome  del 
Presidente,  tennero  dietro  quelle  del  Principe  di  Musignano 
Carlo  Bonaparte,  il  quale   fattosi  innanzi  all'Assemblea,  chiesta 


XVI 

ed  ottenuta  la  parola  dal  Presidente,  per  questa  guisa  si  espresse: 
«  Il  paese  nel  quale  ha  avuto   orìgine   (  mercè  la  protezione  del 
Sovrano  Illuminato  cui  abbiamo  ora  votato  cosi  dovuti  ringrazia- 
menti )  la  Riunione  Italiana  del  dotti,   dev'essere  il  paese  dove 
questa  preziosa  istituzione  sia  consolidata;   e  perciò  ho  1'  onore 
di  proporre  a   questa   illustre  Assemblea  che  la  nostra  Riunione 
abbia  luogo    di  qui  a  due  anni,    cioè   nel  mille    ottocento    qua- 
rantuno,  a  Firenze;    e   che  nell'anno  mille  ottocento  quaranta  si 
tenga  in  Torino  »  .  Tali  proposte,  perchè  furono  succedute  da  un 
applauso  dell'Assemblea,  vennero  tosto  sanzionate  dalla  voce  del 
Presidente.  11  quale  poco  appresso  chiuse  l'adunanza  con   alcune 
parole  volte  a  confortare  gl'intervenuti  a  non  perdonare  a  fatiche, 
affinchè  ognuno    cooperasse   al  felice  riuscimento  di  quella  Ria- 
nione, che  tante  speranze  a  buon  dritto   avea  suscitate.  I   voti  e  i 
conforti  del  rispettabile   Oratore   ebbero  l'effetto   loro:  perocché 
potè  ognuno   vedere  quanto  gli  uomini  della  scienza  studiassero 
di  arricchirla,  e  con  quanta  nobiltà  di  animo  e  di  parole  ciascuno 
aprisse  e  sostenesse  il  proprio  avviso.   Ciò  mostra  essere  stalo  in 
tutti  profondo  il  sentimento,  che  niente  gio\  a  alle  filosofiche  di- 
scipline meglio  che  una  libera,  ingenua  e  pacifica  discussione. 

L'ordine  del  discorso  mi  consiglia  frattanto  a  ragionare  di 
cosa,  la  quale  non  poco  lustro  ha  recato  alla  prima  Riunione  de- 
gli Scienziati.  Avendo  molte  distinte  Accademie,  alcune  Univer- 
sità, e  non  poche  altre  Corporazioni  scieiuifiche  inviate  al  Con- 
sesso Deputazioni  di  distinti  Uomini  da  cui  potessero  essere  rap- 
presentate, uno  splendido  argomento  si  aggiungeva  ai  tanti 
de' quali  sopra  dicemmo,  della  reverenza  e  insieme  della  devo- 
zione che  gli  uomini  sapienti  sentono  verso  la  lodevole  istituzione. 
Cominciando  dalla  capitale  della  Toscana  noterò  che  dal 
Collegio  jAledico  Fiorentino  s'inviarono  i  meritissimi  Professori 
Cav.  Andreini ,  Cav.  Bufalini,  Cav.  Gazzeri,  del  Greco,  Taddei, 
Targioni,  cui  si  aggiungeva  il  Chimico-farmacista  Calamai,  avendo 
essi  il  Cav.  Comm.  Prof.  Betti   a   Presidente,  e  il  Prof.  Zannetli 


XVII 

a  Segretario.  Il  Corpo  insegnante    dell'I,  e  R.  Arcispedale  di 
S.  Maria  Nuova  nominava  anch'  esso  il  ricordato   Prof.  Betti  per 
Presidente  della  sua  Deputazione,  di  cui  gli  altri  membri  erano 
i  ProfF.  Bufalini,   Andreini,    Zannetti  e  Del   Greco.   La    Società 
Medico-Fisica  Fiorentina  sceglieva  dieci  deputati ,  fra  i  quali  il 
Prof.   Archiatro  Del   Punta,  e  il  Dott.  Yannonì,   nominando  il 
primo    Presidente,    Segretario  il  secondo   (6).    L'Università   di 
Siena  al  medesimo  ufficio  di  deputati  chiamava  i  ProfT.   Tommi, 
Pecchioli,  Obici,  Antolini,  e  Giuseppe   Giuli.  L'Ateneo  Italiano 
i  Cav.  ProiF.  Tommasini   e   Carlini,  più  i  ProfF.  Del   Chiappa  e 
Maestri.  L'Accademia    dei   Georgofìli   il  Marchese  Ridolfì,   e  i 
Proft.  Taddei   e  Targioni.  L'Accademia  Sanese    de' Fisiocritici 
il  Cav.  Prof.    Mazzi,  ed  il  Dott.    Vaselli.    L'Aretina  i    ProfF. 
Paolo  Savi    e  Francesco    Giuli.    La    Valdarnese    i   ProfF.    Sac- 
chetti, Pietro  Savi,  e  il  Dottor  Corinaldi.  Quella   degli  Euteleti 
di  Samminiato  i  Dott.  Berni  e  Lottini.  La  Pistojese  i  ProfF.  BafFo 
e  Biagini .  La  Labronica   il  Prof.  Studiati,   e   i  Dott.  Lavagna 
e  Sforzi.   La  Volterrana  il  Dott,    Amidei,   e  il   Cav.  Bardini. 
Il  Collegio   Medico  di  Siena  inviava  al   medesimo  fine  i  ProfF. 
Giuseppe  Giuli,  Tommi,  Antolini,  Pecchioli,    Centofanti.  L' Ate- 
neo di  Brescia  il  Genedella,  e  il  Dott.  Gera .  L'  Università  Jonia 
residente  a  Corfù  il  Prof.   Orioli .   Per  ultimo  1'  Università  Elle- 
nica stabilita  in  Atene  i  ProfF.  Domnandos  e  Bouros. 

I  nomi  di  queste  rispettabili  Corporazioni  scientifiche  e 
quelli  non  meno  dei  loro  Inviati  mossero  il  Consiglio  dei  Pre- 
sidenti a  deliberare  che  il  Segretario  generale  ordinasse  nel 
modo  che  egli  poteva  migliore  le  onorificenze  che  a  quei  distinti 
Inviati  si  addicevano:  il  perchè  egli  stimò  doverli  ricordare  con 
parole  di  onore  negU  Atti  della  Riunione;  e  dispose  eziandio  che 
nelle  Adunanze  generali  venisse  loro  assegnato  un  luogo  di  di- 
stinzione. Si  dette  poi  cura  di  proclamarne  gli  onorevoli  nomi 
alla  occasione  della  seconda  Adunanza  generale,  di  cui  adesso 
imprendo  a  favellare. 


XVIII 

Tale  adunanza  si  tenne  il  giorno  ottavo  del  mese.  Dopo  il 
discorso  del  Segretario  intorno  alle  Deputazioni  sullodate,  e  ad 
altre  cose  ancora  volute  dal  Consiglio  de'  Presidenti,  venne  fatta 
lettura  di  cinque  memorie  da  cinque  illustri  membri  del  Con- 
sesso . 

La  prima  memoria  fu  recitata  dall'Abate  Lambruschini  in- 
torno a  cose  di  agricoltura.  Piacque  ad  esso  ragionar  degli  ufficj 
del  terreno  nel  preparare  e  porgere  i  sughi  alimentari  alle  piante, 
confermando  con  nuovi  fatti  la  teorica  già  da  lui  fatta  nota  in- 
torno al  terreno  guasto.  La  terra  a  suo  avviso  non  è  soltanto  tale 
da  serbare  i  sughi  alimentari  prodotti  dagl'ingrassi,  ma  è  tale  da 
perfezionarli  e  porgerli  gradatamente  alle  piante.  Utilissime  al- 
l'arte agraria  sono  le  conseguenze  che  egli  ne  trasse,  le  quali  e 
al  tempo  di  amministrare  gl'ingrassi,  e  alla  loro  meccanica  co- 
stituzione, e  all'importanza  di  quei  perfetti  lavori  aratorj  che 
danno  al  terreno  uniforme  spugnosità,  si  riportano. 

Le  pregevoli  cose  che  disse  il  Lambruschini  furono  succe- 
dute da  notizie  di  molto  momento  che  andò  esponendo  in  altra 
memoria  il  Principe  di  Musignano .  Dopo  avere  con  eletta  eru- 
dizione narrato  quanto  sepper  gli  antichi  intorno  all'animale  che 
in  nostra  lingua  diciamo  torpedine,  scese  ad  esporre  tutte  quelle 
cose  che  stimava  utili  ad  illustrare,  e  rendere  evidenti  le  pro- 
prietà elettriche  di  questo  pesce,  valendosi  delle  sperienze  del 
celebre  Nobili  ed  altre  aggiungendone  del  proprio.  Per  tal  guisa 
egli  richiamava  l'attenzione  dei  Fisici  e  dei  Naturalisti  su  questa 
utile  parte  della  scienza  elettrica,  e  faceva  sorgere  un  vivo  desi^» 
derio  che  le  lettere  indirizzategli  dal  Nobili  intorno  a  tale  su- 
bielto ,  rese  più  pregevoli  ancora  dalle  sue  nuove  illustrazioni , 
veggano,  quando  si  possa,  la  pubblica  luce. 

La  formazione  della  grandine  presto  materia  al  Prof.  Belli 
di  sorger  terzo  a  ragionare .  Dopo  aver  detto  del  modo  con  cui 
l'atmosfera  si  suol  disporre  ad  un  gran  temporale,  descrisse  il 
Belli  per  qual  maniera  (giusta  una  ipotesi  quasi  obliata  del  Du 


XIX 

Carle)  si  forma  e  ingrossa  la  grandine.  Espose  quindi  i  resultali 
di  calcoli  da  lui  istituiti,  e  quanto  alla  lunghezza  del  cammino 
che  debbono  percorrere  i  pezzi  di  grandine  per  giungere  alle 
grossezze  che  hanno  allorché  cadono  a  terra,  e  quanto  al  tempo 
richiesto  non  solo  per  tale  cammino,  ma  perchè  abbandonino  la 
quantità  di  calorico  necessaria  ad  assumere  lo  stato  solido. 

Dette  tali  cose  dal  sagace  Fisico,  fu  quarto  a  favellare  il 
Prof.  Domnaudos,  cui  piacque  togliere  ad  argomento  del  suo 
dire  le  osservazioni  geologiche  istituite  da  esso  nell'Isola  di  Sau- 
torinij  e  per  fatti  meglio  accertati  di  quelli  che  già  si  avevano, 
venne  egli  a  mostrare  come  quell'isola  sia  un  cratere  di  solleva- 
mento. Confermava  di  questo  modo  il  Professore  Ateniese  la  teo- 
rica del  Barone  De  Buch,  che  fu  primo  a  distinguere  i  crateri  di 
sollevamento  da  quelli  che  dicono  di  eruzione  . 

Erano  queste  le  nozioni  scientifiche  che  ci  forniva  il  Dom- 
nandos,  il  quale,  deputalo  della  Università  sorta  ai  dì  nostri  ia 
Alene,  volle  chiudere  il  suo  applaudito  discorso  ricordando  con 
parole  appropriate,  come  i  Greci  furono  un  tempo  maestri  ai  po- 
poli culti,  e  come  per  una  serie  di  luttuose  vicende  chiedano  del 
presente  a  noi  quella  dottrina,  della  quale  le  menti  degli  avi  no- 
stri si  fecero  ricche  nelle  loro  celebratissime  scuole. 

Quinto  ed  ultimo  fra  coloro  che  dissero  fu  il  Cav.  Prof. 
Tommasini.  L'influenza  dell'abitudine  nell'economia  animale, 
tanto  nello  stato  fisiologico  come  in  quello  di  malattia,  fu  il  tema 
ch'ei  scelse,  e  che  trattò  con  accomodata  orazione  .  Dopo  avere 
dimostrato  come  per  l'abitudine  si  diminuisca  la  forza  delle  fisi- 
che impressioni,  e  l'uomo  arrivi  per  gradi  a  sostenere  l'applica- 
zione di  agenti  fortissimi,  che  prima  d'esservi  abituato  non  avreb- 
be potuto  tollerare  senza  grave  pericolo,  mostrò  pure  come  per 
la  medesima  legge  si  affievoliscano  a  poco  a  poco  le  fisiche  im- 
pressioni che  da  prima  erano  sommamente  desiderate  e  gradite, 
e  spesso  per  questa  legge  si  estingua  la  fonte  de' più  vivi  piaceri. 
Sennonché  domandava  poscia   a  se   stesso  come    avvenga,   che 


XX 

mentre  l'uomo  si  abitua  a  molte  impressioni,  altre  invece,  come 
a  modo  di  esempio  la  compagnia  d'un  amico,  l'effetto  d'una  me- 
lodia, lungi  dall' infievolirsi  divengano  ogni  giorno  più  vive,  e 
quasi  per  esso  un  bisogno.  A  risolvere  il  dubbio  piacque  al  cele- 
bre Professore  distinguere  le  sensazioni  dirette,  o  immediate,  dalle 
altre  nelle  quali  più  particolarmente  interviene  la  riflessione,  e 
per  ciò  chiamate  riflesse,  che  si  compongono  di  vari  elementi  che 
non  entrano  nelle  sensazioni  immediate;  alla  quale  distinzione 
fece  egli  succedere  altri  ragionamenti  che  stimava  opportuni  non 
solo  a  risolvere  il  dubbio  medesimo ,  quanto  ancora  a  stabilire, 
che  l'abitudine  domina  solo  le  impressioni  locali  ed  immediate. 

A  tali  disquisizioni  che  fecero  si  importante  la  seconda  Adu- 
nanza generale,  nel  quindicesimo  giorno  del  mese  successero 
quelle  della  terza.  Dessa  fu  l'ultima,  e  a  dir  vero  la  più  solenne 
di  tutte;  perciocché  ai  pregi  e  magnificenze  delle  altre,  veniva 
S.  A.  I.  e  R.  il  Granduca,  ad  aggiungere  nuovo  ed  inatteso  splen- 
dore, onorando  il  Consesso  della  sua  Augusta  presenza.  Al  co- 
spetto del  Principe  Magnanimo  che  si  degnava  favorire  e  ono- 
rare con  mille  modi  di  straordinaria  generosità  la  prima  Riunione 
degli  Scienziati  in  Italia,  ninno  certo  fra  i  tanti  della  illustre 
Assemblea  potea  non  essere  compreso  da'  più  vivi  sensi  di 
quella  reverenza  che  non  sa  rimanersi  tacita  in  petto;  ond'è  che 
si  udirono  vivissimi,  e  reiterati  applausi  al  primo  comparire  di 
S.  A.  I.  e  R.  nell'Aula. 

Era  quell'Adunanza  principalmente  ordinata  alla  lettura  dei 
rapporti  dei  Segretarj  che  dovevano  esporre  quanto  dagli  Scien- 
ziati si  fece  durante  il  Consesso.  Primo  a  dire  fu  il  Segretario 
generale;  il  quale  narrò  le  cose  che  erano  state  operate  nel  primo 
e  nel  secondo  giorno  di  Ottobre,  nonché  nell'Adunanza  generale 
del  giorno  terzo,  in  quella  del  giorno  ottavo,  e  più  altre  che  era 
debito  suo  il  render  palesi.  L'orazione  solenne  del  Presidente, 
della  quale  ei  dovè  toccare  ogni  speciale  argomento,  e  le  memo- 
rie lette  nella  seconda  Adunanza  generale  tennero  non  poca  parte 


XXI 

nella  sua  narrativa;  dopo  la  quale  11  Prof.  Gene,  ragionando  dei 
lavori  fatti  nella  sezione  di  Zoologia  e  Anatomia  comparativa, 
trattenne  piacevolmente  l'udienza. 

Degli  scritti  che  si  lessero ,  e  delle  comunicazioni  verbali 
che  si  fecero  a  quella  sezione  in  sette  adunanze,  piacque  al  chia- 
rissimo Professore  Torinese  formare  cinque  parti  diverse,  secon- 
dochè  appartenevano  alla  filosofia  zoologica,  all'anatomia  e  fisio- 
logia comparativa,  alla  zoologia  sistematica  e  descrittiva,  alla 
storia  delle  abitudini  degli  animali,  ed  alla  zoologia  economica . 
Proprj  della  filosofia  zoologica  erano  i  principi  filosofici  di  che 
tenne  proposito  l'illustre  Oken,  siccome  basi  della  classificazione 
degli  animali.  Attenenti  all'anatomia  e  fisiologia,  le  osservazioni 
comunicate  dal  Gav.  Audouin ,  e  dal  Doit.  Lippi;  il  primo 
de' quali  espose,  colla  giunta  di  parecchi  fatti  non  ancora  resi  noti 
per  le  stampe,  il  modo  con  che  si  opera  negl'insetti,  e  special- 
mente nella  piralide  della  vite,  la  fecondazione  delle  uova:  mo- 
strò il  secondo  due  testuggini  terrestri  da  lui  private  di  cervello 
da  circa  un  mese,  e  pur  tuttavia  viventi;  tocche  da  paralisi  agli 
arti  per  quella  cruda  operazione,  ma  pur  capaci  di  movimento; 
offese  profondamente  ne'  sensi,  ma  pur  dotate  ancora  di  quel- 
r ultimo  che  basta  alla  vita  interiore.  Altra  comunicazione  d'ar- 
gomento anatomico  fece  il  Dott.  Pacini  di  Pistoja,  il  quale  un 
nuovo  genere  d'organi  stima  di  avere  scoperto  nel  cellulare  sotto- 
cutaneo della  faccia  palmare  e  plantare  della  mano  e  del  piede 
dell'uomo , 

La  zoologia  sistematica  e  descrittiva,  secondochè  narrò  il 
Prof.  Gene,  ebbe  dal  Principe  di  Musignano  una  monografia  dei 
Leucisci  europei,  da  cui  si  vide  come  l'Italia,  fin  qui  stimata  po- 
verissima di  pesci  di  codesta  famiglia,  ne  abbonda  forse  più  di 
ogni  altra  contrada  d'Europa;  ed  una  monografia  altresì  com- 
prendente la  classificazione,  la  descrizione,  la  sinonimia  di  tutti 
gli  anfibi  o  rettili  rinvenuti  in  Europa,  e  il  cai  numero  ascende  a 
centosei:  ebbe  poi  dal  Dott.  Nardo  di  Venezia  quattro  memorie; 


XXII 

delle  quali  una  su  i  caratteri  e  su  la  storia  di  un  nuovo  genere  di 
spongiali  silicei  proprio  del  mare  Adriatico;  altra  contenente  una 
rivista  critica  della  famiglia  dei  pesci-mola,  e  dei  caratteri  che  li 
distinguono,  la  terza,  che  annunziava  l'istituzione  di  un  nuovo 
genere  di  conchiglie  bivalvi,  proprio  esso  pure  dell'Adriatico; 
r  ultima  tendente  a  far  conoscere  varie  particolarità  del  sistema 
cutaneo,  e  i  caratteri  distintivi  del  suo  ProtosteguSj  altrimenti 
chiamato  dal  Rafinesque  Luvarus . 

Rispetto  alla  storia  delle  abitudini  o  dei  costumi  di  alcuni 
mammiferi,  uccelli,  rettili  e  insetti,  si  fecero  molte  illustrazioni 
di  conto.  Il  Dott.  Carlo  Passerini  lesse  intorno  alle  larve,  finqui 
sconosciute,  della  Scolia  Jlavifronsj  e  fece  noto  com'  esse  siano 
parassite  delle  larve  dell'  Oryctes  nasicornisj  solite  a  trovarsi  in 
copia  nella  vallonea  delle  stufe:  il  Gav.  Audouin  poste  alcune 
distinzioni  dei  vari  generi  di  parassitismo  offerti  dagl'  insetti 
(contro  le  quali  il  Gav.  Bassi  mosse  parecchie  obbiezioni  ),  espose 
la  storia  di  una  Calcidite^  la  cui  larva  a  maniera  di  sanguisuga, 
e  perciò  con  maniera  di  parassitismo  affatto  nuovo,  vive  sulle 
larve  della  piralide  della  vite,  succhiandola  a  morte;  dipoi  l'illu- 
stre Professore  Francese  riferì  la  scoperta  da  lui  fatta  di  una 
Sitaris  humeralis  perfetta  entro  il  corpo  dissugato  di  una  larva 
di  antofora:  quindi  il  Pecchloli  a  maggiore  rischiaramento  della 
storia  delle  Sitaris  mostrò  alla  Sezione  alcuni  rami  di  rosmarino, 
su  i  quali  trovavansi  in  piccoli  mucchi  le  uova,  e  le  giovani  larve 
di  una  specie  di  codesto  genere,  da  lui  creduta  inedita.  E  dagli 
insetti  venendo  ad  altre  cose,  il  Prof.  Gene  notò  che  il  Dott.  Pas- 
serini espose  notizie  molto  particolarizzate  sulla  propagazione  ^ 
dell'uccello,  detto  cardinalino,  ottenutasi  a  Firenze;  che  dal 
Principe  di  Musignano  si  ebbero  alcuni  cenni  desunti  da  lettera 
del  signor  Owen  celebre  Anatomico  inglese,  intorno  al  primo 
parto  della  giraffa  che  vive  nel  giardino  della  Società  zoologica 
di  Londra,  non  tacendo  delle  cause  per  cui  il  novello  che  n'  era 
provenuto  perì:  quindi  notò  che  dal  Dott.  Burroni  fu  presentato 


XXIII 

un  blennio  affine  al  Blennuis  varuSj  che  vive  copioso  nelle  ac* 
que  minerali,  e  termali  di  Caldana  presso  Campiglia;  e  che  dal 
Bruscoli  di  Firenze  si  ebbe  la  storia  delle  abitudini  d'un  boa  che 
visse  dicioito  mesi  nell'I,  e  R.  Museo  di  quella  città. 

Per  ultimo,  appartenente  alla  zoologia  che  il  Prof.  Gene 
saviamente  disse  economica,  fu  una  memoria  del  Conte  Griiberg 
da  Hemsò  intorno  ai  Dromedari  esistenti  a  S.  Rossore  presso 
Pisa  5  ed  era  essa  una  storia  e  una  statistica  molto  accurata  di 
codesta  razza  di  ruminanti ,  considerati  soltanto  come  animali 
utili  alla  privata  e  pubblica  economia.  Tali  furono  le  cose  prin- 
cipali toccate  dall'esimio  Segretario  della  sezione  zoologica;  do- 
po il  quale  prendendo  a  favellare  il  Dott.  Gera  dei  lavori  della 
sezione  di  Agronomia  e  Tecnologia  si  ebbe  molto  dilettevole  rag- 
guaglio. 

Tra  le  prime  cure  della  sezione  agraria  fu  la  elezione  di 
due  Commissioni  composte  di  scelti  suoi  membri,  acciocché  re- 
candosi  1' una  a  visitare  l'agro  pisano,  l'altra  le  fabbriche  e  tutte 
le  cose  attinenti  alla  industria,  referissero  quanto  era  degno  di 
nota,  A  ciò  fare  si  mosse  la  Sezione  invitata  dal  Gomm.  Lapo 
De  Ricci,  il  quale  bramoso  di  vedere  retribuita  in  qualche  guisa 
la  citta  di  Pisa  per  la  gentile  accoglienza  fatta  agli  Scienziati, 
disse  niuna  cosa  poterle  riuscire  piià  gradita  d'un  esatto  conto 
delle  sue  manifatture,  nonché  dello  stato  della  sua  agricoltura. 
Le  quali  Commissioni  ebbero  dipoi  a  referire  non  poche  cose  che 
tornarono  a  grande  onore  di  Pisa,  E  perchè  quello  che  v'  ha  di 
più  degno  d'ammirazione  fra  noi  in  questo  tempo  presente  non 
si  tacesse,  la  sezione  agronomica  fu  sollecita  ancora  di  eleggere 
altra  Commissione  ad  ottenere  un  ragguaglio  di  quanto  la  Sa- 
pienza di  S.  A.  L  e  R.  volle  che  si  facesse  nelle  toscane  Ma- 
remme. La  qaal  Commissione  si  fece  per  mezzo  del  Repelli  al 
racconto  cui  era  chiamata  per  ufficio,  con  splendidi  e  molto  ap- 
plauditi modi . 

Passando  il  Doit.  Cera  a  favellare  dei  lavori  fatti  dai  mem- 


XXIV 
bri,  disse  in  prima  d'una  memoria  del  Cav.  Prof.  Carmignani 
sopra  un  sistema  di  leggi  rurali  considerate  quale  agente  morale 
correttivo,  e  direttivo  dei  lavori  della  campagna.  L'Avvocato 
Maestri  avvalorando  co' suoi  detti  le  opinioni  del  Carmignani, 
parlò  del  Codice  Civile  parmense,  il  quale  stabilendo  un  capì- 
tolo intorno  ai  mezzajoli  e  coloni  parziali  ha  fatto  in  parte  ciò 
che  saviamente  proponeva  il  benemerito  Professore  di  Pisa, 

Quattro  membri  della  sezione  agraria  si  volsero  a  ragionare 
della  istruzione  popolare  ne' suoi  rapporti  coli' agricoltura.  Trat- 
tarono essi  questo  argomento  sotto  diversi  concetti ,  ma  furono 
concordi  nel  mirare  al  medesimo  fine ,   quello  d'  un  perfeziona- 
mento, a  così  dire,  agrario:  perocché  il  Prof.   Milano  mostrò  di 
quanto  conto  sia  la  istruzione  nell'agricoltura,  come  bisogno   del 
popolo 5  il  Conte  Serristori  parlò  del  mezzo  reputato  il  più  effi- 
cace per  istruire  praticamente  i  contadini;  il  Prof.  Sbragia  disse 
della  uecessita  d'istituire  Ispettori  che  si  recassero  nelle  diverse 
Provincie  dello  Slato,   e  dipendendo  dagli  ordini  d' un  superior 
Consiglio  facessero  quanto  si  slimasse  utile  a  corregger  gli  errori, 
a  perfezionare  i  sistemi,  a  diffondere  l'istruzione;   infine  il  Mar- 
chese Riccardi  Vernaccia  sì  studiò  di  giovare  all'educazione  agra- 
ria argomentando  intorno  al  bellissimo   tema  della   necessità  in 
cui  è  la  Toscana  di  possedere  un  pubblico   siabìlìmento  d'istru- 
zione per  l'agricoltura.  Che  al  progresso  dell'agricoltura  si   ri- 
chieda altresì  veder   migliorata  la   condizione  dei  coloni,   bene 
lo  rese  manifesto  il  Comm.  Lapo  De  Ricci,  il  quale  provò  quanto 
sia  pernicioso  l'aggravare  di   responsione  troppo  forte  i  terreni, 
ed  il  voler  ritrarre  da  questi  un  utile  maggiore  di  quanto  le  cir- 
costanze ordinarie  possono  somministrare. 

Ma  venendo  ai  lavori  attinenti  propriamente  all'  agricoltura, 
uopo  è  dire  del  Cav.  Prof.  Gazzeri  che  trattò  del  danno  di  far 
fermentare,  e  scomporre  gl'ingrassi  innanzi  di  darli  al  terreno; 
del  Lambruschinì  il  quale  ragionò  del  terreno  in  quanto  serve  a 
conservare,  preparare   e  porgere  alle  piante  il  sugo   alimentare 


XXV 

cavato  dagV  Ingrassi,  dando  maggiore  sviluppo  alla   materia  da 
esso  discorsa  nella  seconda  Adunanza  generale^  d'uopo  è  dire  del 
Conte  Gallesio  che  ragionò  sulla  teorica  della  riproduzione  vege- 
tale, nonmenochè  di  una  dotta  discussione  fra  i  Professori  Mo- 
retti e  Gazzeri   sulla   teorica  dell'assorbimento   delle    radici,    e 
delle  ruotazioni  così  dette  agrarie.  Rispetto  alle  disquisizioni  in- 
torno ai  prodotti  atti  a  render  più  ricca  l'agricoltura  sono  da  ri- 
cordare il  Marchese  Piidolfi,  il  quale  favellò  di  quella  pianta  che 
dicono   Poligonuni   tinctoriunij  tanto  raccomandata  agi'  Italiani 
siccome   atta  a  dare  in  gran  copia  ottimo  indaco;  il  Bosch  e  l'Ac- 
cademia di  Wirtemberga  che  inviarono  non  poche  osservazioni 
di  conto  sulla  Madia  salwa^  pianta   oleifera  coltivata  al  Chili; 
quindi   il  Piccioli,  il  quale    se  intorno  alle    cose    che    espose    sul 
Phormiuni  Lenax  non  fu  nuovo,    recò  peraltro  non  poca  utilità 
ripetendo  quanto  disse  il  Prof.  Targioni  nel  mille  ottocento  venti 
all'Accademia  dei  Georgofili.  Dopo  le  piante  delle  quali  giove- 
rebbe arricchire  le  nostre  terre,   cadeva  in  acconcio  il  dire,  sic- 
come fece   l'egregio  Segretario   Gera,    quanto   era  stato  fatto  e 
proposto  dalla  sezione  di  Agronomia  per  migliorare  ed  estendere 
quelle    che  possediamo  :    a   questo   luogo  gli  occorse  di  favellare 
de'  gelsi,  e  quindi  si  fece  a  parlare   de'  bigatti  ;   intorno    al   quale 
argomento  il  Doti.  Gera  medesimo  molte   questioni    avea  savia- 
mente mosse  nella  sua  sezione,  a  cui   presero  grandissima  parte 
il  Prof.  Moretti,  il  Lambruschiui,  il  Marchese  Ridolfi,   il  Dott. 
Rampinelli  e  più  altri  ancora. 

Fra  tulli  i  prodotti  che  chiedono  di  essere  migliorali  avvi 
certamente  il  vino  ;  del  quale  argomento  trattò  il  Prof.  Milano 
entrando  in  gravi  ed  opportune  discussioni  coi  Proff.  Gazzeri  e 
Taddei . 

Ma  non  basta ,  soggiungeva  saviamente  il  sullodato  Segre- 
tario,  estendere  e  migliorare  i  prodotti;  fa  di  mestieri  altresì  stu- 
diare diligentemente  il  modo  di  conservarli.  E  per  ciò  sono 
da  riputarsi  utilissime  le  investigazioni  su  i  morbi  delle  piante,  e 


XXVI 
sulla  distruzione  degl'insetti  nocivi.  Il  Cav.  Prof.  Configliachi  ri- 
chiamò l'attenzione  della  Sezione  sulle  ragioni  per  cui  muoia 
un  gelso  piantato  laddove  un  altro  era  perito;  lo  che  fece  luo- 
go a  utili  discussioni  fra  i  ProfF.  Moretti  e  Gazzeri.  Ma  perchè 
da  vari  membri  della  sezione  zoologica  si  dovevano  toccare 
alcune  materie  d'Entomologia  rivolte  specialmente  a  utilità  del- 
l'agricoltura,  il  giorno  dodici  Ottobre  la  sezione  zoologica  e 
quella  di  Agronomia  fecero  adunanza  comune .  In  questa  il  Prof. 
Audouin  tenne  lungo  e  non  meno  elegante  discorso  sulla  pira- 
lide  della  vite;  il  Dolt.  Gora  per  altro  si  asteneva  dal  renderne 
minuto  conto,  stantechè  quell'illustre  membro  dell'Istituto  si  è 
accinto  a  pubblicare  una  grande  opera  su  tal  subietto,  e  perchè 
la  piralide  della  vite  non  nuoce  mai  alla  coltura  in  Italia.  Nella 
stessa  adunanza  il  Dott.  Gera  aggiungendo  alle  cure  di  Segre- 
tario quelle  dì  operoso  Accademico,  espose  alcune  nuove  osser- 
vazioni intorno  ai  mangiapelle  che  guastano  i  bozzoli  |,  il  Dott. 
Passerini  favellò  del  danno  che  in  Maremma  apporta  alle  patate 
la  Lytta  verticalisj  ed  al  gelso  delle  Filippine  X Apale  sexdentata, 

E  qui  trapassando,  per  servire  alla  brevità,  molte  altre  cose 
operate  nella  sezione  agronomica,  verrò  a  dire  dei  suoi  lavori 
di  Tecnologia,  rispetto  ai  quali  volle  il  Dott.  Gera  confessare  che 
pochi  subietii  furono  toccati  e  di  poco  momento .  Rammentò 
bensì  il  Prof.  Calamai  che  disvelò  i  metodi  da  seguirsi  onde  otte- 
nere il  così  detto  argentone;  il  Barsanti  di  Pietrasanta  che  mo- 
strò una  macchina  da  lui  inventata  all'oggetto  di  sgranare  il 
granturco,  e  di  cui  la  Sezione  volle  che  si  facesse  onorevole  men- 
zione ;  per  ultimo  ricordò  il  Marchese  Ridolfi,  cui  piacque  pre- 
sentare uno  scritto  dal  Prof.  Taddei  letto  nel  mille  ottocento 
ventisette  alla  Società  filojatrica  di  Firenze,  dove  si  ragiona  della 
protezione  che  lo  zinco  spiega  a  favore  del  ferro  e  del  rame,  e 
delle  sue  utili  applicazioni  intorno  al  modo  di  preservare  gli 
strumenti  di  ferro  e  di  acciajo  dalla   ruggine. 

Oltremodo   gradila   ai  cultori  dell'Agronomia  riuscì  poi  la 


XXVII 
notizia  colla  quale  il  Segretario  Gera  chiudeva  la  sua  narrativa. 
Perocché   avendo   il  Marchese  Mazzarosa   proposta  la   compila- 
zione di  un  Dizionario  delle  pratiche  agrarie  usate  in  ogni  terra 
d' Italia,  l'Avvocato  Salvagnoli  accogliendo   il  lodevole  concetto, 
dimostrò  con  accomodato  discorso  che  innanzi  a  tutto  era  neces- 
sario lo  stabilire  in  Italia  un  metodo  universale  all'oggetto  di  dar 
mano  agli  sludj  pratici  e  sperimentali  dell'Agronomia  italiana.   I 
detti  dell'Avv.  Salvagnoli  vennero   con  tanto  amore   accolti  dalla 
sezione  agronomica,  che  subitamente  stabilì  doversi  il  programma     ' 
di  tali  studj  pubblicare,  e  doversi  a  un  tempo   scegliere   in   ogni 
parte  d' Italia  persone  ,  o  Accademie  che  facendosi  carico  di  di- 
sporre quanto  a  tal  uopo  esigevasi,   raccogliessero  diligentemente 
i  risultati  delle  osservazioni .  Per  cotal  modo  poneva  termine  al 
discorso  il  Segretario   della  sezione  agronomica,  ed  a  questo  te- 
neva dietro  quello  del  Prof.  Vincenzo  Amici,  che  di  ambedue  le 
parti  della  sezione  fisico-chimico-matematica  ragionò. 

Il  Segretario  Amici  fece  noto  che  la  Sezione  avea  nominata 
una  Commissione,  acciocché,  fatto  esame  delle  pitture  dell'insi- 
gne Camposanto  pisano,  riferisse  per  quali  mezzi  sarebbe  dato 
preservarle  da  ulteriore  deterioramento.  Diversi  furono  i  melodi 
a  tale  oggetto  proposti,  e  di  cui  fu  fatta  diligente  enumerazione 
in  un'adunanza  della  sezione  predetta.  Rispetto  ai  non  pochi  la- 
vori dei  membri,  il  sullodato  Segretario  mosse  il  discorso  da 
quelli  appartenenti  alla  Chimica.  Egli  rammentò  in  prima  il 
Prof.  Branchi  che  prese  ad  esporre  il  metodo  da  lui  seguito  nelle 
lezioni  di  Chimica;  quindi  il  Cenedella  che  ragionò  sugli  azoturi  : 
il  Conte  Paoli  che  tenne  discorso  della  forza  catalitica;  e  Don 
Luigi  Bonaparte  de' Principi  di  Canino,  il  quale  espose  in  una 
memoria  un  modo  spedilo  ed  economico  per  la  preparazione  de- 
gl' ioduri  e  bromuri  insolubili;  e  che  in  altra  memoria,  partendo 
egli  dalla  teorica  atomistica,  e  prevalendosi  di  alcune  idee  del 
Prof.  Taddei,  propose  di  stabilire  una  nomenclatura  tale  che  dal 
nome  d'una  sostanza  fosse  dato   dedurre  il  numero  degli  atomi 


XXVIII 
de' suoi  componenti;  lo  che  fece  luogo  ad  una  uiillssima  discus- 
sione fra  i  membri  Maestri,   Gazzeri  e  Canobbio,  che  non  assen- 
tirono per  intero  alla  opinione  del  proponente  .  Né  mancò,  secon- 
dochè   narrava   il  Prof.   Amici,    chi   saviamente  favellasse  della 
Chimica    organica;    perocché   il   Lavici    fattosi  a   considerare  il 
frumento    ed    alcuni    pezzi  di    pane    rimasti    per    tremila    anni 
sepolti   dentro  un'urna  egiziana,   rilevò  i    caratteri   fisici   e   chi- 
mici che  avevano  conservato   queste  sostanze,   prendendo  poscia 
a  spiegare  la  cagione   del   color  bruno   di  esse,   il  quale  ei   volle 
ascrivere    alla    carbonizzazione    prodotta    successivamente    dalla 
umidità;    spiegazione    che    sebben   confortata    dalle   ragioni    dei 
Profìf.  Targloni  e  Gazzeri,   non  ebbe  la   piena  adesione  del  Prof. 
Orioli.  Attinenti  alla  chimica  organica  furono  ancora  quelle  espe- 
rienze del  Dott.  Luigi  Mori,   di   cui  egli  mostrò  i   risultati,  cioè 
alcuni   pezzi    animali    ridotti    a   consistenza    cornea.    Fra   i    più 
utili  lavori  di  Fisica  sono  poi  da   ricordare  una  memoria  del  Ca- 
nonico Bellanl  sul  così  detto  spostamento  dello  zero  nel  termome- 
tro; un   galvanometro   immaginato  dal  Prof.  Majocchi  e  da  lui 
chiamato  universale,  il  quale  con  semplicissimo  congegno  si  può 
rendere  adattato  a  misurare   quasi   le    più  piccole  correnti   idro- 
elettriche,   non  che    quelle  provenienti  da  un  elemento  di  zinco 
e   rame   che   abbia    pur   anche   otto  e   dieci  piedi   di  superfìcie; 
un  ̣;rometro   immaginato    dal  medesimo   benemerito  Professore 
e   da  lui  detto  a  tensione^   stantechè    per   esso   si   può    determi- 
nare quanta  sia  l'  elasticità  dei  vapori  esistenti  nell'atmosfera  cal- 
colando l'elasticità  del  vapore   che  bisogna  aggiungere  per  satu- 
rare l'aria  che  vlen  sottoposta  a  sperimento.  Nò  lavoro  meno  utile 
è  a  dirsi  la  memoria  del  Cav.  Commendatore  Antinori  colla  quale 
reclamando  egli  11  perfezionamento  di  tutti  gli  strumenti  di   Me- 
teorologia venne  a  ragionare  della  imperfezione  di  questa  scienza, 
e  della  necessità  di  rendere  uniformigli  strumenti  non  che  i  modi 
di  osservazione,  ed  il  linguaggio  da  usarsi  per  designare  lo  stato 
dell'atmosfera  e  del  cielo;  dopo  le  quali  cose  mostrando  il  blso- 


XXIX 

gno  di  stabilire  la  Italia  un  luogo  centrale  dove  sì  riunissero  le 
osservazioni  meteorologiche  di  tutta  la  penisola,  ali  oggetto  di 
renderne  conto  nelle  annuali  Riunioni  degli  Scienziati,  additò 
Firenze  di  cui  la  geografica  posizione,  non  che  il  IMuseo  ricco  di 
pregiati  strumenti  convenienti  all'uopo,  e  la  meritata  fama  di 
classica  città,  fanno  che  le  si  debba  la  scelta:  savissimo  divisa- 
rnento  che  tutta  la  Sezione  applaudì,  invitando  insieme  il  ricor- 
dato Commendatore  a  distendere  V  opportuno  programma  .  Fu- 
rono poi  esposte  alla  Sezione,  dal  Prof.  Orioli  un'analisi  della 
macchina  elettrica  a  sfregamento ,  non  in  tema  dogmatico,  raa 
solo  ad  oggetto  di  sottoporla  alla  discussione;  dal  Prof.  Gassiani 
altra  analisi  dei  fenomeni  elettrici  che  si  osservano  nel  fare  uso 
del  condensatore;  dal  Prof.  Zantedeschi  un'analisi  delle  forze 
che  si  rinvengono  sul  filo  congiuntivo  d'una  pila  in  azione,  ag- 
giungendo sperienze  da  mostrare  le  difficoltà  che  incontra  lo  am- 
mettere la  sola  forza  rivolutiva  proposta  dal  Faraday  .  Quanto  ai 
lavori  fatti  dalla  sezione  fisico-chimica  rispetto  alla  elettricità 
animale,  il  Segretario  espose  che  ad  imitazione  del  Principe  di 
jMusignano  si  instituirono  indagini  sulla  torpedine  per  ricono- 
scere i  nuovi  fatti  pubblicati  dal  Matieucci;  e  che  dai  Proff.  Puc- 
cinotti  e  Pacinolti  si  fecero  accuratissime  sperienze  all'oggetto  di 
chiarire  se  esista  una  corrente  elettro-vitale  negli  animali  a  san- 
gue caldo,  e  in  quelli  non  meno  a  sangue  freddo,  le  quali  spe- 
rienze ripetute  alla  presenza  di  una  Commissione  a  tal  uopo  elet- 
ta, furono  da  essa  stimate  di  molto  conto.  Relativamente  all'  Ot- 
tica fu  piacevol  cosa  il  sentire  che  il  Puliti  di  Firenze  mostrasse 
alla  Sezione  gli  apparati  da  lui  adoprati  per  riprodurre,  siccome 
fece  con  felicissimo  successo,  le  apparenze  fotogeniche  secondo 
i  metodi  di  Daguerre:  e  fu  di  universale  gradimento  che  il  Cav. 
Prof.  Gio.  Battista  Amici  tenesse  discorso  della  camera  lucida 
eh' ei  mostrò  perfezionata  di  maniera,  da  essere  oggimai  atta  a 
presentare  sott'  occhio  un  quadro  non  meno  esteso  di  ottanta 
gradi   in  altezza,  e  pressoché   cento   ottanta  in  larghezza;   della 


XXX 

quale  proprietà  egli  ha  potuto  far  godere  eziandio  un  oculare 
positivo  ed  acromatico  da  lui  immaginato.  A  compire  il  racconto 
di  quanto  si  spetta  alla  Fisica  restano   a   ricordarsi  non  solo  il 
discorso  del  Prof.  Arcangioli  sull'economia  dell'Universo  ne' suoi 
rapporti  colla  Fisiologia,   ma  ben  anche  due  memorie  del  Prof. 
Casari;  1' una  delle  quali  valse  a  mostrare  com'egli  abbia  saputo 
riprodurre  lamine  metalliche,  mediante  convenienti  compressio- 
ni, disegni  somiglianti  a  quelli  che  si  ottengono  per  la  polarizza- 
zione   della    luce;    l'altra   che    aggirandosi    sopra    alcuni  difetti 
morbosi  dell'organo  della  vista,  portò  i  ProfF.  Gìo.  Battista  Ami- 
ci, orioli,  Bufalini,  Configliachi  ed  altri,  a  fare  tre  distinzioni  fra 
essi  difetti,  secondochè  provengono  da  alterazione  ne'  liquidi,  o 
nella  retina,  o  nelle  membrane. 

Quanto  alla  parte  matematica  è  da  notare  che  il  Dott.  Mon- 
tucci  lesse  una  memoria  intorno  al  modo  di  formare  tavole  atte 
ad  agevolare  l' inalzamento  de' numeri  al  quadrato;  che  il  Dott. 
Cesana  espose  una  regola  aritmetica  per  abbreviare  l'operazione 
dell' inalzamento  al  cubo;  che  il  Prof.  Vincenzo  Amici  comunicò 
il  prospetto  di  un  suo  corso  di  Matematiche  applicate ,  e  che  il 
medesimo  Professore  avendo  eziandio  comunicata  una  lettera  del 
Dott.  Gabrio  Piola  indirizzata  al  Prof.  Venturoli  intorno  al  moto 
dell'acqua  ne' vasi  conici,  prese  da  essa  motivo  di  far  nota  una 
maniera  più  semplice  di  enunciare  le  condizioni  d'integrabilità 
della  equazione  così  detta  delle  forze  sollecitanti .  Oltre  a  ciò  il 
Cav.  Prof.  Carlini  espose  la  risoluzione  di  un  quesito  propostogli 
dal  Municipio  di  Milano  per  determinare  le  ore  in  cui  deve  essere 
illuminata  quella  città,  affine  di  ottenere:  1.°  che  l'accensione  e 
lo  spegnimento  dei  lumi  si  effettuassero  in  lutto  l'anno  nell'istante 
in  cui  il  Sole  trovavasi  all' istesso  numero  di  gradi  sotto  l'oriz- 
zonte, e  quando  la  Luna  e  per  la  sua  elevazione  e  per  la  gran- 
dezza della  fase  desse  sempre  un  eguale  splendore;  2.°  che  la 
somma  delle  ore  di  accensione  in  tutto  il  corso  dell'anno  ugua- 
gliasse il  medio  di  quello  fin  allora  stabilito.  Il  Dott.  Yalenliuo 


y 


XXXI 

Amici  lesse  una  memoria  in  cui  egìi  presentando  il  resultalo  di 
quasi  due  anni  di  osservazioni  fatte  dal  di  lui  padre  Cav.  Gio- 
vanni Battista  nel  mille  ottocento  ventuno  e  ventidue,  venne  a 
conchiudere  che  il  diametro  polare  del  Sole  supera  l'equatoriale 
di  ottocento  sessantotto  millesimi  di  secondo  .  E  qui  non  si  dee 
tacere  che  il  Dott.  Littrow  offerse  alla  Sezione  una  pianta  della 
nuova  Specola  dell'I,  e  R.  Collegio  di  Marina  in  Venezia,  una 
nota  di  astronomia  nautica  volta  a  render  più  facile  l'osservazione 
delle  altezze  meridiane  del  Sole  in  mare,  ed  inoltre  una  memoria 
della  quale  lesse  un  breve  sunto  sulle  osservazioni  fatte  all'I,  e  R. 
Osservatorio  di  Vienna  rispetto  alle  stelle  cadenti.  Ai  lavori  della 
sezione  fisico-chimico-matemaiica  pose  fine  Tillustre  suo  Presi- 
dente, cui  piacque  ragionare  delle  ultime  sperienze  del  Melloni 
sulla  Diatermansiaj  cioè  sulla  facoltà  che  hanno  i  corpi  di  dar 
passaggio  in  certi  casi  ad  alcuni  raggi  particolari  contenuti  nel 
fascetto  di  calore  incidente.  Ei  colse  quella  opportunità  per  ani- 
mare i  cultori  delle  fisiche  discipline  ad  istituire  indagini  sopra 
un  nuovo  ramo  di  fisica  moderna,  la  Dlaelettromansiaj  che  a 
buon  dritto  si  stima  ubertoso  di  fenomeni  utili  all'  avanzamento 
delle  scienze  naturali. 

Alla  lettura  del  Segretario  Amici  successe  quella  del  Segre- 
tario Lodovico  Pasini  intorno  ai  lavori  fatti  dalla  sezione  di  Geo- 
logia, Mineralogia  e  Geografia. 

I  lavori  in  Geografìa  (  la  quale  a  dir  vero  non  ebbe  la  più 
gran  parte  delle  fatiche  dei  membri  di  quella  sezione  )  non  furo- 
no molti.  Il  Cav.  Gràberg  da  Hemsò  inviò  un  sunto  dei  recenti 
progressi  della  Geografia;  una  notizia  geografica  e  insieme  stati- 
stica lesse  Emanuele  Repetti  sulla  Val  d'Elsa,  e  sull'Istituto  agra- 
rio di  Meleto,  nella  quale  egli  toccò  di  alcune  rocce  che  in  quella 
valle  si  osservano;  allo  Zuccagni  Orlandini  piacque  di  designare, 
secondo  l'avviso  suo,  il  punto  ove  la  catena  degli  Apennini  si 
distacca  dalle  Alpi;  punto  ch'ei  pone  in  que' monti  che  s'inal- 
zano tra  la  Bormida  e  il  Tanaro  :   egli  mostrò  eziandio  i  docu- 


XXXII 

menti  che  debbono  servire  alla  continuazione  della   sua  Coro- 
grafia italiana.    ^ 

Una  indagine  gradita  ai  Toscani,  e  sulla  quale  non  pocbi 
scrittori  si  affaticarono  invano,  è  quella  della  causa  della  mal'aria 
nelle  nostre  Maremme,  non  meno  che  dei  mezzi  di  risanarle.  Il 
Prof.  Paolo  Savi  preso  a  svolgere  questo   argomento  scese  ad  al- 
cune conseguenze  di  non  lieve  conto,  tali  da  rischiarare  assai  la 
quistione .  Alla  Mineralogia  in  particolare   appartiene  la   descri- 
zione di  un  nuovo  combustibile  fossile,   analogo  alla  cera  fossile  , 
scoperto  dal  Prof.  Paolo  Savi ,   e  da  lui  chiamato  Branchite  in 
onore  del   Prof.    Branchi   che    ne   fece  accuratamente  l'analisi. 
Spettano    poi    alla   Geologia   ed   alla    Paleontologia   insieme  una 
memoria  del  Dott.  Scortegagna  sulla  formazione  del  Monte  Dol- 
ca, e  dei  pesci  fossili    che   contiene;    la   descrizione  inviata   dal 
Prof.  Balsamo   Crivelli   d'un  nuovo  rettile  fossile  della  famiglia 
dei  paleosauri ,   e  di  due  pesci  fossili  trovati  nella  calcarea  nera 
sopra  Varenna  sul  lago  di  Como;   la  monografia  orittologica  del 
monte  Venda  (  che  è  la  cima  centrale  dei  colli  euganei  )  esposta 
dal  Cav.  Da  Rio;  una  serie  di  molto  conto  dei  disegni  di  piante, 
insetti,  pesci,  ed  altri  resti  organici  raccolti  nelle  gessaje  del  ter- 
reno  terziario  di  Sinigaglia   dal  Procaccini  Rìcci;  una  carta  geo- 
logica presentala  da  Giacomo  Heywood  del  distretto  di  carboa 
fossile  nel  Lancashire  meridionale,  ove  un  deposito  di  tal  com- 
bustibile che  ha  piiì  di  quattrocento  miglia  quadre  di  superfìcie 
si  vede  racchiuso  al  settentrione  fra  monti  di  un  arenaria  a  grossi 
grani,  ed  al  mezzogiorno  dall'arenaria  rossa;  i  saggi  delle  rocce 
calcaree  e  trachitiche  dell'isola  di  Santorini  offerti  dal  Prof.  Dom- 
nandos,  e  che  servono  di  corredo  alla  memoria  che  già  egli  lesse, 
.  come   sopra  dicemmo,    nella   seconda  Adunanza   generale;   una 
notizia  comunicala  dal  Professore  medesimo  intorno  alla  giacitura 
dello  smeriglio  nell'isola  di  Naxos;  le  memorie  inedite  sulla  Geo- 
logia delle  Alpi  piemontesi,   comunicale   dal   Prof.   Sismonda,   e 
che  fanno    seguito  a  quelle   da   esso   già   pubblicate  sullo    stesso 


XXXIII 

argomenloj  il  quadro  esposto  dal  Pasini  del  terreni  da  esso  lui 
riscontrati  nelle  Alpi  lombardo -venete;  la  costituzione  geologica 
del  Monte  Pisano  esposta  dal  Prof.  Paolo  Savi  ;  i  risultati  delle 
indagini  e  degli  studj  fatti  dal  medesimo  Professore  intorno  alle 
masse  serpentinose  della  Toscana;  rispetto  alle  quali  comunica- 
zioni e  memorie  molti  bellissimi  discorsi  e  non  meno  utili  si  ten- 
nero dalla  sezione  geologica.  A  queste  cose  è  da  aggiungere,  che 
avendo  il  Prof.  Pilla  di  Napoli  inviato  alla  sezione  medesima  due 
spaccati  geologici  delFApennino  presi  nelle  due  estremità  setten- 
trionale e  meridionale  del  Regno  napoletano ,  dalla  descrizione 
ad  essa  unita  si  raccolse ,  che  le  formazioni  geologiche  di  quel 
regno  sono  pressoché  identiche  alle  formazioni  geologiche  della 
Toscana. 

Passando  a  dire  dei  lavori    della   sezione  geologica  intorno 
alla  industria  minerale,  il  chiarissimo  Segretario  Pasini  ricordò 
una  memoria  di  Girolamo  Guidoni  sulle  Alpi  apuane,  e  sulle  mi- 
niere metalliche  del  Vicariato  di  Pietrasanta;  uè  passò  in  silenzio 
le  osservazioni  che  su  quella  memoria  ebbe  a  fare   il  Baldracco 
ingegnere  delle  miniere,    il  quale  lesse   altresì    una   notizia  con 
molte  particolarità  sul  terreno  alUiviale  aurifero,  sui  filoni  di  os- 
sido di    ferro    aurifero    della   valle   del    Gorsente   (provincia  di 
Novi  ),  non  che  sulla  fabbricazione   del  ferro.    IMa  l'argomento 
che  dalla  sezione  geologica  fu  trattato  col  più  vivo  zelo  fu  quello 
dei  combustibili  fossili.  Molte  discussioni  ebbero  luoo;o  intorno  a 
tale  subietto.  Parlò  il  Savi  de' combustibili  fossili  della  Toscana; 
il  Sismonda  di  quei  del  Piemonte;  dal  Pasini  si  trattò    di  quelli 
del  Regno  lombardo-veneto;    lo    Zuccagni   Orlandini    richiamò 
l'attenzione  sopra  la  stipite  della  Valle  del  Taro;   alcuni  saggi  di 
ligniti  toscane  furono  presentati  dal  Gav.  Berardi,  e  di  ligniti  dei 
paesi  veneti  a  nome  del  Gav.  Scopoli.  La  conclusione  di  tanti  ac- 
curati studj  fu  che  ninna  speranza  fondata  potea  nutrirsi  di  rin- 
venire nella  Toscana,  e  nel  rimanente  della  catena  apennina   il 


XXXIV 
carbone  fossile,  il  quale  al  certo  manca  ugualmente  per  lunghi 
tratti  delle  Alpi.  Ne  il  Segretario  della  sezione  geologica  trala- 
sciò d'illustrare  un  subietto  di  si  gran  conto  colle  sue  osservazioni, 
le  quali  io  non  ridico,  dovendo  esser  breve.  Mi  corre  l'obbligo 
bensì  di  ricordare  che  il  Conte  Paoli  parlò  alla  sezione  di  Geo- 
logia del  sollevamento  ed  avvallamento  dei  terreni,  discorrendo 
specialmente  alcuni  fatti  concernenti  all' Italia  j  i  quali  aggiunti  ai 
molti  altri  che  si  hanno  bene  accertati  portano  a  tutta  ragione  a 
stabilire  che  i  sollevamenti  ed  avvallamenti  della  scorza  terrestre 
non  solo  accaddero  in  grande  al  formarsi  delle  catene  di  monta- 
gne, ma  continuano  tuttora,  e  fanno  in  più  luoghi  variare  il 
livello   delle  spiagge  e  del  mare. 

Le  due  sezioni  di  Fisica  e  di  Geologia  vollero  riunirsi  In  una 
all'occasione  in  cui  il  Prof.  Orioli  si  fece  ad  esporre  una  sua  ipo- 
lesi intorno  al  calore  proprio  della  terra .  Il  Prof.  Orioli  stimando 
che  i  calcoli  di  Ampère  e  di  Poisson  abbiano  dimostrato  f  impos- 
sibilità che  nell'interno  della  terra  esista  ancora  un  forte  calore 
iniziale  ed  uno  stato  di  fusione  ignea ,  all'  oggetto  di  spiegare  la 
causa  de'  terremoti,  e  quella  della  temperatura  della  terra  crescente 
dall'esterno  all'interno,  si  appigliò  alla  supposizione  che  vi  sieno 
nelle  regioni  sotterranee  certi  composti  chimici  che  non  potreb- 
bero conservarsi  quali  sono  alla  superficie  della  terra,  e  che  an- 
derebbero  soggetti  a  decomporsi,  e  per  conseguenza  a  sviluppare 
calore  e  sostanze  gassose  ogniqualvolta  dalla  superfìcie  terrestre 
potessero  insinuarsi  e  giungere  sino  ad  essi  o  l'aria  o  l'acqua.  Il 
Pasini  cui  questa  ipotesi  sembrò  insufficiente  a  spiegare  lutti  i 
fenomeni  geologici,  e  non  coerente  ad  altri  fatti  generali  di  Co- 
smologia, fece  molte  osservazioni  in  contrario,  e  sostenne  che  i 
calcoli  del  Poisson  non  valevano  ad  abbattere  la  teorica  del  ca- 
lore centrale  della  terra;  ma  la  disputa  rimanendo  interrotta, 
non  portò  allo  scioglimento  della  quistione. 

La  sezione  di  Geologia  fu  sollecita  di  osservare  quanto  i  din- 


XXXV 

torni  della  cillk  di  Pisa  poteano  offerire  di  curioso  agli  siudj  geo- 
logici.  Diretta  dal  Prof.  Paolo  Savi,  si  recò  a  visitare  quel 
gruppo  di  montagne  a  noi  prossime  così  detto  Monte  Pisano, 
studiò  le  diverse  rocce  che  esso  presenta,  e  le  loro  singolari  al- 
terazioni. 

Per  ultimo  non  è  da  tacere  che  la  sezione  stessa  volendo 
provvedere  ad  un  piano  regolare  ed  uniforme  di  lavori  che  gio- 
vino a  procurarci  una  compiuta  descrizione  geologica  dell'Italia, 
stabilì  quanto  era  necessario  a  conseguire  con  ogni  possibile  sol- 
lecitudine tale  intento.  Così  il  Pasini  encomiando  questo  savissi- 
mo divisamente,  favellando  dei  molti  titoli  che  hanno  i  Toscani 
alla  benemerenza  dei  cultori  della  Geologia,  facendo  parole  di 
lode  della  Riunione  di  Pisa  poneva  termine  al  suo  accuratissimo 
rapporto,  cui  tennero  dietro  quelli  de'  Segretarj  della  sezione 
botanica . 

Il  Dolt.  Biasoletlo  fu  primo,  e  discorse  quanto  si  operò  dal- 
la Sezione  rispetto  alla  Fitografìa.  Narrò  che  il  Prof.  Yisiani 
dopo  aver  letta  in  lingua  latina  la  prefazione  della  sua  Flora  dal- 
mata, che  in  breve  sarà  fatta  pubblica  per  le  stampe,  richiese  il 
parere  della  Sezione  botanica  intorno  a  siffatto  lavoro  :  oltre  a  ciò 
il  medesimo  Professore  espose  una  sua  notizia  intorno  alla  osser- 
vazione fatta  dal  Prof.  Bertoloni  negli  Annali  di  Storia  Naturale 
di  Bologna,  che  la  Satureja  montana  di  Linneo  non  sia  quella 
comunemente  inserita  negli  erbarj,  ma  bensì  l'altra  descritta  da 
lui  sotto  il  nome  di  Satureja  suhspicata:  su  di  che  ottenne  la 
piena  adesione  del  Prof.  Moretti .  Il  Dott.  Meneghini  fattosi  a 
descrivere  un'alga  nuova,  ne  spiegò  la  organografia,  e  ne  asse- 
gnò i  caratteri  fitografici:  inoltre,  presentando  l'intera  collezione 
della  sua  Algologia  euganea,  lesse  lo  scritto  che  serve  ad  essa  di 
corredo,  e  invitò  coloro  che  danno  opera  ad  un  tal  ramo  di  bo- 
tanica a  prendere  in  esame  questo  suo  lavoro.  Il  Cav.  Prof.  Gae- 
tano Savi  prese  a  parlare  di  alcune  specie  di  Origanum,   e  due 


XXXVI 

ne  descrisse  eh' eì  tiene  per  nuove.  Luigi  Calamai  illustrò  ire 
specie  di  china  provenienti  dalla  nuova  Granata;  rispello  alle 
quali  il  Prof.  Targioni  volle  presentare  i  fiori,  con  foglie  e  frulli 
d' una  Cinchona  appartenente  ad  una  delle  specie  suddette .  Ciò 
quanto  alle  memorie;  ma  le  cure  della  sotto-sezione  di  Fitografia 
non  sì  restrinsero  a  queste;  perocché  il  Procaccini  mostrò  diverse 
specie  di  filliti  da  lui  trovate  nelle  colline  sassose  selenitiche  delle 
vicinanze  di  Sinigaglia;  l'Orsini  diede  conto  di  molte  sue  peregri- 
nazioni negli  Abruzzi,  non  tacendo  dell'abbondante  messe  bota- 
nica che  potè  raccogliere  in  quei  luoghi;  il  Doti.  Gera  mostrò  il 
manoscritto  di  un  suo  Dizionario  dei  funghi  più  comuni  d'Italia; 
il  Calamai  presentò  alcuni  funghi  e  frutti  da  lui  falli  maraviglio- 
samente in  cera;  il  Prof.  Targioni  chiese  schiarimento  di  una 
oscillaria  trovala  nelle  terme  di  Vignone  ,  non  priva  di  ferro, 
benché  nelle  acque  dove  essa  vegeta  sottoposte  all'analisi  la  piiì 
rigorosa  non  abbia  potuto  rinvenire  alcuna  minima  parte  di  que- 
sto metallo;  finalmente  il  Doti.  Corinaldi  mostrò  cinque  specie 
di  fruiti  indigene  della  Persia  e  delle  ludie  orientali ,  da  lui  ri- 
trovate nelle  farmacie  del  Cairo,  e  presentò  altresì  trentauove  spe- 
cie di  alghe  del  mare  labronico,  due  delle  quali  da  lui  perla  pri- 
ma volta  rinvenute  . 

Rispello  ai  lavori  falli  dalla  sezione  botanica  sulla  Organo- 
grafia e  Fisiologia  vegetale  parlò  il  Prof.  Narducci  ;  il  quale  inco- 
minciando dal  celebre  Botanico  prussiano,  il  Prof.  Link,  disse 
avere  egli  esposte  alcune  sue  microscopiche  osservazioni  intorno 
ai  semi  delle  orchidee  che  giovarono  a  farne  conoscere  la  loro 
vera  natura.  Quindi  disse  di  una  discussione  che  si  fece  fra  i 
ProfF.  Liak  e  Gio.  Ballista  Amici  intorno  alla  struttura  degli  or- 
gani elementari  dei  vegetabili;  e  specialmente  intorno  alla  natura 
di  quelle  impronte  che  si  osservano  sulla  parete  dei  vasi  delle 
piante ,  impronte  ritenute  per  glandule  dal  Link,  e  per  veri  fori 
dall'Amici.  Ne  pochi  altri  argomenti  di  Fisiologia  vegetale  furono 


XXXVII 

iraltatl  dal   Professor   Modauese:    egli   espose  la   vera   organica 
struttura  dell' £/retì?o  della  rosa;   il  fenomeno  della  fecondazione 
delle  piante  fanerogame;   quello  della  circolazione  nella    Chara; 
e  trattò  dell'ascensione  della  linfa  nelle  piante,   che  slima  sog- 
getta a  due  forze,  l'una  di  gravità,  l'altra  vitale   esercitata  dalle 
membrane  delle  cellule.  Oltre  alle  quali  cose,   di  non  poche  al- 
tre ebbe  a  tener  discorso  il   suUodaio    Segretario  Narducci;  pe- 
rocché  il   Prof.  Moretti    ragionò    sulla    qualità    del   frutto   della 
Cycas  revoluta;  il  Cav.  Prof.  Gaetano  Savi,  su  i  vari  periodi  di 
accrescimento  del  cedro  del  Libano   che  vive  da  cinquanta  anni 
nel  giardino  botanico  della  Università  pisana;  il  Marchese  Ridolfì, 
^\A\ Araucaria  imbricata  che  sebbene  non  avesse  mai  fiorito  sul 
suolo  italiano,  uuUameno   ha  potuto   ne' di  lui  giardini  pervenire 
sino  a  questo  punto  di  prospera  vegetazione;  il  Prof.  Pietro  Savi, 
sulla  struttura   degli  ovarj  dell'  Ambrosinia,  e  sulle   aberrazioni 
che  in  questa  pianta  si  rinvengono.  Ne  dobbiamo  tacere  del  Prof. 
Botto  che  espose  alcune  osservazioni  relative  al  movimento  delle 
molecole  attive  di  sostanze  inorganiche;   del  Conte   Gallesio  che 
tenne  discorso  d' uua  classificazione   degli  innesti,  desumendola 
da  due  diversi  movimenti  di  sugo  ch'ei  crede  avvenire  nei  vege- 
tabili; del  Prof.   Agostino  Sassi,  il  quale  fece    noto  di  avere  ar- 
ricchito la  Flora  italiana  d'una  specie  di  Antrocephalus  apparte- 
nente alla  famiglia  delle  epatiche,   e   che  tenne  proposito   altresì 
della  opinione  fìao  ad  nm  ammessa  che  nei  generi   delle   crucife- 
re,  le  rispettive  specie  presentino  la  figura  medesima  negli  em- 
brioni; opinione  ch'ei  volle  per  le  sue  proprie  osservazioni  al- 
quanto modificare .  Oltre  a  ciò  deesi  rammentare  il  Prof.  Moretti, 
il  quale  mostrò  una  espansione  imbutiforme  avvenuta  nel  fusto  di 
un  individuo  di  Valeriana  dioica^  derivante,  come  parve,  dalla 
saldatura  di  due  o  più  cauli  dell'  individuo  stesso,  e  che  rese  ma- 
nifesto eziandio  come  valide  ragioni  si  avessero  da  sospettare,  che 
non  possa  propagarsi  ai  soggetti  quell'  apparenza  che  dicono  sere- 


XXXVIII 

ziatura:  il  Prof.  Pietro  Savi,  che  tenne  proposito  di  certe  sue 
osservazioni,  le  quali  renderebbero  alquanto  dubbiosa  la  teorica 
generalmente  abbracciata  che  l'incurvamento  degli  organi  dei 
vegetabili  si  faccia  sempre  verso  quella  parte  dove  sono  maggior- 
mente irradiati  dalla  luce  :  e  per  ultimo  ricorderò  il  Dott.  Biaso- 
letto  che  ragionò  di  una  nuova  specie  di  alga  rinvenuta  in  uno 
stagno  d'acqua  dolce  nell'Istria,  e  che  trattò  altres;  di  varie  spe- 
cie di  alghe  nate  nell'acqua,  si  distillata  che  naturale,  col  solo 
infondervi  frammenti  di  alcune  sostanze  vegetabili. 

Ultimo  a  ragionare  delle  fatiche  scientifiche  dei  membri 
della  Riunione  fu  il  chiarissimo  Prof.  Puccinotti,  Segretario  della 
sezione  medica;  la  quale  fu  operosissima,  e  si  distinse  dalle  altre 
per  duepremj,  stabiliti  l'uno  dal  Consigliere  Giuseppe  Frank  di 
cinquecento  franchi,  l'altro  dal  Dott.  Gio.  Battista  Thaon  di  cin- 
quecento lire  toscane;  il  primo  da  aggiudicarsi  all'Autore  di  quella 
memoria,  che  il  Congresso  del  venturo  anno  in  Torino  giudi- 
cherà la  più  degna,  intorno  alla  Medicina  Ippocratica,  e  che  di- 
mostrerà ben  anche  come  le  Scuole  italiane  ne  abbiano  sempre 
conservato  lo  spirito;  il  secondo  da  destinarsi  parimente  nel 
Congresso  del  venturo  anno  a  quegli  che  avrà  raccolte  osserva- 
zioni da  comprovare  l'efficacia  di  topici  stimati  capaci  di  sciogliere 
gli  scirri,  e  specialmente  quelli  delle  mammelle. 

E  per  venire  alle  memorie  contenenti  fatti  ed  esperienze, 
giovi  ricordare  in  prima,  siccome  foce  li  sullodato  Segretario,  i 
ProfF.  Corneliani  o  Polli,  i  quali  esposero  l'uno  osservazioni,  l'al- 
tro osservazioni  ed  esperienze  sul  diabete,  traendo  da  esse  alcune 
conseguenze,  e  di  conto,  intorno  alla  natura  ed  alla  sede  di  tal 
malattia;  quindi  il  Prof.  Taddei  che  comunicò  le  sperienze  da 
lui  fatte  sul  sangue,  e  che  espose  il  suo  metodo  particolare  detto 
à'  interposizione j  col  quale  pervenne  ad  ottenere  pura  Y  ema^ 
tosìna.  11  Dott.  Federici  di  Messina  espose  come  dalle  proprie 
osservazioni  intorno  alla  cangrena  secca  fosse  indotto  a  credere 


XXXIX 

che  essa  consista  in  un  moto  autlperistaliico  delle  arterie.  Il  Dott. 
Linoli  lesse  una  memoria  contenente  fatti  che  escludevano  la  ri- 
produzione ossea  per  effetto  di  flogosi  nelle  fratture;,  memoria 
che  tornò  utilissima  alla  discussione  su  tale  argomento,  ed  a  fis- 
sare alcuni  principj  rispetto  al  fenomeno  della  riproduzione 
ossea.  Il  Prof.  Giuli  favellò  di  alcune  sperienze  intorno  al  pre- 
teso stato  elettrico  degli  organi  di  molti  individui  sottoposti  alla 
cura  delle  acque  minerali.  Il  Dott.  Comandoli  fece  note  le  os- 
servazioni da  esso  istituite  in  conferma  di  alcuni  principj  fonda- 
mentali della  COSI  delta  dottrina  medica  italiana.  In  questa  cate- 
goria di  fatti  debbono  pure  annoverarsi  le  ricerche  anatomiche 
del  Dott.  Pacini  di  Pistoja  sulla  esistenza  di  alcuni  corpicelli  ovo- 
lari  lungo  i  nervi  sotto-cutanei  del  palmo  della  mano;  le  storie 
cliniche  comunicate  dal  Prof.  Schina,  dalle  quali  si  apprese  come 
in  alcune  dissenterie  abbia  giovato,  a  preferenza  di  altri  farma- 
chi, il  calomelano  dato  in  alte  dosi,  e  come  in  alcuni  casi  si  ve- 
rifichi una  tale  flogosi  spinale  ribelle  al  metodo  antiflogistico,  co- 
me a  qualunque  altro  metodo  terapeutico  opposto ,  ed  a  quello 
che  dicono  misto  :  ed  oltre  a  ciò,  i  fatti  esposti  dal  Prof.  Gariel , 
dai  quali  risulta  la  utilità  dell'  uso  delle  preparazioni  mercuriali 
per  sospendere  lo  sviluppo  della  pustola  vajolosa;  la  sinossi  delle 
litotomie  eseguite  dal  Prof.  Pecchioli  di  Siena:  ed  anche  i  fatti 
risguardanti  l'Ortopedia  possono  essere  aggiunti  ai  già  raccontati. 
Il  perchè  diremo  che  il  Dott.  Pravaz  di  Montpellier  accertò  di 
avere,  per  un  suo  metodo  particolare  ortopedico,  ridotte  a  sana- 
bili le  lussazioni  congenite  della  testa  del  femore,  solite  ad  ab- 
bandonarsi per  incurabili ,  e  che  il  Dott,  Scalvanti  presentò  tre 
individui  come  testimonj  irrefragabili  della  utilità  del  metodo 
meccanico  ortopedico . 

Tra  le  tesi  di  argomento  generale  il  chiarissimo  Prof.  Puc- 
cinotti  notò  quella  del  Prof.  Giacomini,  in  cui  egli  prese  a  pro- 
vare come  erronei  sieno  i  giudizi  di  identità  d'alterazione  tra  il 


XL 

sangue  estratto  (  ove  quelle  si  asseriscano  sul  fondamento  dei 
mezzi  fisici  e  chimici)  e  il  sangue  circolante;  notò  i  ragionamenti 
del  Dott.  Terrario  sulla  utilità  e  necessità  della  statistica  patolo- 
gica, terapeutica  e  clinica,  e  sulla  istituzione  d'una  statistica  cli- 
nica nazionale;  ricordò  la  memoria  del  Dott,  Passetta  intorno 
alla  direzione  morale  delle  mentecatte  nell'Ospedale  di  Veneziaj 
la  memoria  del  Prof.  Bouros  che  fece  note  per  diligenti  descri- 
zioni geografiche  e  geologiche,  ed  analisi  chimiche  le  principali 
acque  termo-minerali  della  Grecia,  e  i  loro  medici  usi;  e  la  me- 
moria del  Dott.  Meneghini  intorno  alla  Frenologia,  dove  egli  di- 
mostrò doversi  dare  a  questa  scienza,  oltre  alla  base  empirica 
cranioscopica,  una  base  anatomica,  senza  la  quale  e  assurdo  il 
cavarne  utili  deduzioni  sulle  fuazioni  dei  singoli  organi  del  cer- 
vello. Il  Segretario  Puccinotti  alle  esposte  cose  aggiunse  che  il 
Prof.  Morelli  fattosi  all'esame  delle  teoriche  del  Forni  rimase  di 
necessità  titubante  nel  suo  giudizio,  facendo  ben  chiaro  per  altro 
che  quanto  è  facile  il  lodare  astrattamente  un  vasto  concetto,  tanto 
e  duro,  per  la  non  manifesta  utilità  di  esso,  lo  esprimere  una 
lode  profittevole  e  procedente  da  vera  ed  intera  convinzione , 

Le  discussioni  scientifiche  che  ebbero  luogo  all'  adunanza 
della  sezione  medica  non  furono  poche,  ne  di  lieve  momento:  né 
altrimenti  poteva  avvenire  laddove  si  riuniva  gran  parte  della  sa- 
pienza medica  italiana .  Il  Prof.  Puccinotti  disse  di  quelle  di  mag- 
gior rilievo,  e  intorno  a  queste  egli  non  volle  esser  breve:  io,  per 
amore  di  brevità,  mi  ristringerò  a  dirne  quanto  basta  per  far  co- 
noscere i  titoli  delle  quistioni,  e  gli  scienziati  fra  cui  si  agitarono. 
Sulla  natura  del  sangue,  e  sulle  primitive  e  secondarie  alterazioni 
di  esso  utili  discussioni  sostenne  il  Prof.  Giacomini  coi  Proff.  Bu- 
falini.  Del  Punta  e  Betti,  che  il  Prof.  Tommasini  si  affaticò  di 
condurre  a  conciliazione  .  Altre  discussioni  che  tornarono  utili  al 
pari  delle  precedenti  furono  quelle  sulla  riproduzione  delle  ossa 
sostenute  dai  Proff.  Betti  e  Coraeliani.  Non  poco  vantaggio  arre^ 


XLI 
carono  le  dotte  avvertenze  del   Regnoll  intorno   ad  alcuni  stru- 
menti   cblrurgici   presentati   alla    Sezione,    nelle   quali    presero 
molta  parte  i  ProfF.  Pacini  e  Pecchioli.  Feraci   altresì  di  utili  co- 
gnizioni patologiche  e  chimiche   rese  il  Prof.  Bufalini  le  sue  di- 
scussioni col  Dott.  Ferrario  suU'  ordinamento  delle  statìstiche  me- 
diche, nelle  quali  valenti  interlocutori  pur  si  mostrarono  il  Tom- 
masini   ed   il  Betti.  Di   non   pochi  clinici   schiarimenti  fu   pure 
occasione  quanto  dissero  il  Bufalini  e  il  Del  Chiappa,  e  quindi  lo 
Schina  e  il  Tommasini  intorno  alla  natura,  ed  alla  terapia  delle 
dissenterie.  Per  ultimo  il  Puccinotti  notò  che  la  discussione  te- 
nuta neir  ultima  adunanza  col  Dott.  Comandoli  valse   a  compro- 
vare che  le  massime  fondamentali  della  Patologia  in  Italia   non 
sono  difformi,  e  che  su  questa  concordia  di  principi,  ^^^lle   adu- 
nanze di  Pisa,  come  egli  si  espresse,  consacrata,  si   appoggiano  i 
voti  e  le  speranze  sull'  ulteriore  avanzamento  e  decoro  di  questa 
scienza . 

Qui  ebbero  termine  le  relazioni  dei  Segretarj;  dalle  quali  si 
raccolse  eziandio  che  tutti  i  Presidenti  dettero  principio  alle  adu- 
nanze col  rivolgere  ai  membri  delle  loro  sezioni  parole  di  aff*et- 
luosa  esortazione,  affinchè  per  le  cure  di  tutti  la  Riunione  scien- 
tifica riuscisse  ad  un  fine  utile  insieme  e  glorioso  per  l'Italia. 
Dalle  relazioni  medesime  si  apprese  ancora  che  S.  A.  I.  e  R.  erasi 
degnata  di  assistere  non  una  volta  sola  alle  adunanze  delle  Se- 
zioni: della  qual  cosa  il  Segretario  generale  (come  gli  correva 
l'obbligo)  fece  speciale  ricordanza  negli  Atti;  ne' quali  notò  al- 
tresì che  all'I,  e  R.  A.  S.  piacque  per  bene  due  volte  di  trasfe- 
rirsi a  Pisa  al  fine  di  vedere  da  vicino  le  cose  di  quella  Riunione, 
che  volle  de' più  segnalati  fregi  del  suo  patrocinio  onorare.  E 
perchè  di  tutte  le  dimostrazioni  di  questo  patrocinio  medesimo 
rimanesse  memoria  negli  scritti,  egli  non  lasciò  di  notare  che  il 
Muuificentissimo  Principe  si  degnò  di  chiamare  alla  regale  sua 
mensa  i  Presidenti  e  i  Segretarj,   e  poi  i  sei  Promotori  di  tanta 

/ 


XLII 
isiituzione,  e  di  ordinare  ancora  che  nella  sua  assenza  da  Pisa, 
il  Governatore  della  Città  nel  suo  Real  Nome  un  lauto  e  sontuoso 
convito  facesse  apprestare  a  quanti  erano  membri  della  Riunio- 
ne; perlochè  il  giorno  dieci  di  Ottobre  tutti  essendo  convenuti 
nel  Reale  Palazzo  si  stettero  lungamente  in  gran  festa,  e  colsero 
siffatta  occasione  per  esprimere  voti  di  lunga  felicità  al  Magna- 
nimo Principe,  a  S.  A.  I.  e  R.  la  Granduchessa  di  Toscana, 
all'Erede  del  Trono,  a  tutta  la  Reale  Famiglia:  ne  si  tralascia- 
rono gli  applausi  e  i  brindisi  alla  Città  ed  Università  di  Pisa, 
non  che  al  Consesso  scientifico,  con  ogni  possibile  allegrezza, 
ed   onesto  trasporto  di  giubbilo. 

Resta  ora  ch'io  dica  di  quanto  si  fece  nella  finale  Adunanza 
solenne  dopo  le  letture  dei  Segretarj.  Il  Segretario  generale  rese 
noti  a  tutta  l'Assemblea  i  Regolamenti  per  le  annuali  Riunioni 
(  pag.  Lii),  che  debbono  tenersi  a  buon  dritto  come  necessarj 
affinchè  questa  scientifica  istituzione,  che  a  somma  ventui'a  nel 
paese  nostro  ebbe  la  prima  sede,  possa  in  Italia,  come  altrove, 
prosperar  lungamente.  Tali  Regolamenti  furono  compilati,  come 
già  dissi,  dai  Presidenti;  l'Assemblea  uditane  la  lettura,  gli  ap- 
provò .  E  perchè  il  Consiglio  dei  Presidenti  medesimi  doveva 
eleggere  il  Presidente  generale  della  futura  Riunione,  il  Consiglio 
medesimo  facendosi  a  questa  cura,  volle  che  la  scelta  cadesse  sulla 
persona  del  Presidente  della  Reale  Accademia  delle  Scienze  di 
Torino,  nel  quale  tutti  i  nobili  titoli  si  trovarono  riuniti  per  essere 
chiamato  a  sì  degno  ufficio.  Questa  elezione  fu  dal  Segretario  an- 
nunziata all'occasione  dell'adunanza  suddetta.  Per  ultimo  egli 
appalesò  che  la  Civica  Magistratura  di  Pisa,  a  perpetuare  la  me- 
moria della  Riunione  ordinava  che  si  coniassero  medaglie  (*) 
colla  effigie  del   Galileo,  da   distribuirsi  a  lutti  i  componenti  il 


(*)  Il  conio    della    testa    del    Galileo    fu    fatto    da   Cinganelli;    11    rovescio  da 
Niderost.  La  medaglia  è  simile  a  quella  che  vedesi    nel  frontespizio.  [Gli  Edit.) 


XLIIl 
Corpo  scientifico;  il  quale  allo  dì  generosità,  e  insieme  di  be- 
nevolo animo  mosse  i  Presidenti  a  proporre  per  mezzo  del  Se- 
gretario (e  tutta  l'Assemblea  lo  sanzionò)  che  fossero  solenne- 
mente registrate  negli  Atti  parole  di  viva  gratitudine,  e  di  devo- 
zione sentita  verso  questa  illustre  Città.  Ciò  fatto,  il  Presidente 
generale  disciolse  il  Congresso  con  appropriato  e  commovente 
discorso,  nel  quale  al  certo  niana  cosa  mancava,  da  che  S.  A. 
I.  e  R.  il  Granduc.y,  la  Città  e  gli  Scienziati,  ebbero  dal  vene- 
rando Oratore  parole  di  reverenza,  di  affetto,  di  gratitudine. 

Di  questo  modo  si  pose  termine  alle  studiose  fatiche  che 
tanti  valorosi  Uomini  vollero  sostenere  per  il  bene  delle  scienze, 
e  per  l'incremento  della  gloria  nazionale  italiana.  Ognuno  che  fu 
spettatore  ebbe  ad  esser  compreso  di  maraviglia.  Mirabile  fu  ia 
vero  l'ordine  col  quale  procederono  sempre  le  funzioni  accade- 
miche j  lo  che  si  deve  alla  gentilezza  delle  eulte  persone  che  a 
quelle  intervenivano,  ed  alla  saviezza  non  meno  dei  Presidenti, 
i  quali  vigilantissimi  si  davano  pensiero  di  rimuovere  prudente- 
mente ogni  ostacolo  che  si  fosse  parato  innanzi  al  buono  e  paci- 
fico andamento  delle  cose. 

Qui,  se  non  temessi  di  oltrepassare  i  limiti  dell'  ufficio  mio, 
ben  altre  cose  direi  affine  di  mostrare  lutto  quello  che  si  fece  a 
questa  occasione  nella  Città,  non  tanto  per  onorare  quanto  per 
trattenere  convenientemente  gli  Scienziati:  direi  delle  serali  con- 
versazioni che  si  tenevano  nella  Biblioteca  della  Università,  e  che 
per  cura  del  Bibliotecario  Cav.  Prof.  Rosellini  riuscivano  oltre 
ogni  dire  dilettevoli;  ricorderei  i  trattenimenti  che  avevano  luogo 
nelle  Stanze  Civiche;  direi  di  un  gradito  spettacolo  che  si  dava 
nell'Arno  a  diletto  degli  Scienziati  (7),  pei  quali  si  apprestò  sulla 
ricurva  sponda  comodo  e  distinto  luogo;  ne  tacerei  infiue  delle 
mense  comuni  sontuosamente  imbandite  nel  Collegio  di  Santa 
Caterina  (8),  a  cui  assistevano  lietamente,  oltre  agli  Scienziati, 
cittadini  e  forestieri  d'ambo  i  sessi.  Queste  cose,  delle  quali  per 


XLIV 

esser  breve  mi  passo,  rendono  per  certo  ragione  del  rammarico 
che  in  tutti  si  appalesò  lostochè  il  Consesso  scientifico  fu  ridotto 
al  suo  termine . 

Il  Provveditore  della  Università  pisana  apponendo  una  iscri- 
zione dettata  latinamente  dal  Cav.  Prof.  Cantini  (*),  alle  pareti 
dell'Aula  magna  della  Sapienza,  volle  eternata,  anco  per  questa 
guisa,  la  memoria  del  faustissimo  avvenimento .  Il  quale  ben  si 
può  dire  che  per  la  saviezza  degli  ordinamenti  Sovrani,  per  la  li- 
beralità della  Civica  Magistratura  (9),  ugualmentechè  per  l'opera 
degli  Scienziati,  riuscisse  ad  un  fine  si  splendido  e  glorioso,  da 
rendere  oggimai  non  equivoca  l'utilità  che  si  arreca  a' buoni  ed 
utili  siudj   culle  annuali  Riunioni  scientifiche . 

C) 


ANNO  •  M  •  DCCC  •  XXXVIUI  •  FAVSTO  •  FELICI 

MENSE  •  OCTOBRIS 

QVOD  •  ITALORVM  •  DOCTISSIMI 

AD  •  NAT  VR  ALI  VAI  •  DISCIPLlNARViM  •  SPLENDOREM 

VTILITATEMQVE  •  FROMOVENDAINI 

C0NVENTV3I  •  SINGVLIS  •  ANNIS 

PER  •  1TALL\ÌM  •  HABENDVìM  •  CONSTITVERINT 

ET  •  RITE  •  PRIMVM  •  IN  •  HAC  •  AVLA  •  PEREGERINT 

VIRIS  •  CLARISSIMIS 

E  •  NATIONIBVS  •  EXTERIS  •  ACCEDENTIBVS 

Avspiciis  •  LEOPOLDI  •  fl  •  M  •  E  •  D  • 

OPTDIORV.M  •  STVDIORVM 

ADSERTORIS  •  IVIVNIFICENTISSIMI 

QVI  •  CONCIONES  •  PRAESENTL\  •  SVA 

IIONESTAVIT  •  EREXIT 

CELEBRATA  •  L\  •  HOSPITV.M  •  HONOREM 

STATVAE  •  GALILAEII  •  NOSTRI 

DEDICATIONE  •  SOLLEMNI 

CAIETANVS    •    GIORGINIVS    •    EQ    •    STEPIi    • 

PRAEFECTVS  •  ATHENAEI 

TITVLVM  •  TANTI  •  MEMOREM  •  INCEPTI 

L  •  M  •  PONI  •  CVRAVIT 

(  Gli  Edit.  ) 


XLV 
E  prima  che  il  Congresso  prendesse  il  suo  scientifico  atteggia- 
mento fu  cura  del  Cav.  Operajo  Vincenzo  Carmignani  di  fare  apporre 
nell'interno  del  Campanile  della  Primaziale  pisana  la  seguente  Iscrizione, 
onde  rammentare  a  chi  recasi  a  visitare  quelle  insigni  fahhriche  che  gli 
esperimenti  fatti  dall' immortai  Galileo  sulla  caduta  dei  gravi  furono  da 
quella  cima  diretti.  (^GU  £dit.^ 

GAIILEVS  •  GAIILeIvS 

EXPERIMENTIS  •  E  •  SVMMA  •  HziC  •  TVRRI 

SVPER  •  GRAVIVM  •  CORPORVM  •  LAPSV  •  INSTITVTIS 

LEGIBVS  •  MOTVS  •  DETECTIS 

MECHANICEN  •  CONDIDIT 

INGENTIBVSQUE  •  SVIS  •  POSTERIORVMQVE  •  SOPHORVM  •  INVENTIS 

PRAELVSIT 

IN  •  CVlVS  •  REI  •  MEMORIAiM 

\TNCENTIVS  •  CARMIGNANIVS  •  EQ  •  AVR  • 

AEDITVVS  •  TEMPLI  •  MAXIMI  •  PISANORVM 

MARMOR  •  INSCRIPTVM  •  DEDICAVIT 


KAL  •  OCTOBR  •  AN  •  MDCCCXXXVIIII 
QVO  •  DIE  •  AVCTORITATE  •  AVSPICIISQVE 

LEOPOLDI  •  II  •  MAGNI  •  DVCIS  •  ETRVRIAE 

STVDIORVM  •  OPTIMORVM  •  FAVTORIS  •  PROVIDENTISSLAIl 

PRIMORES  •  DOCTORVIM  •  EX  •  VNIVERSA  •  EVROPA 

PISIS  •  AD  •  CONVENTVM  •  MAXIMVM  •  COEViNTES 

DISCIPLINIS  •  ET  •  ARTIBVS  •  ITALORVM  •  FAVSTA  •  INCREMENTA 

POLLICENTVR 


r 


IN   O   T  E 


(i)  i^ HtJRissiMO  SiGyORE.  —  La  fama  ognov  crescente  delle  Riunioni  annue 
che  i  Professori  e  Cultori  Tedeschi  delle  Scienze  naturali  sogliono  tenere 
in  una  città  della  Germania  per  ciascun  congresso  diversa,  invitandogli  ezian- 
dio gli  Stranieri,  venne  in  Italia  viemaggiormente  diffusa  per  un  Articolo 
relativo  avidamente  letto,  non  ha  guari,  nella  Biblioteca  Italiana  (Tom.  91, 
pag.  267  ) .  //  desiderio  perciò  di  vedere  una  simile  istituzione  fra  noi,  de- 
siderio che  già  in  molti  dei  nostri  Scienziati  allignava,  si  accrebbe  in  loro, 
e  in  non  pochi  altri  si  propagò  di  maniera,  che  ai  voti  nostri  sonasi  riuniti 
quelli  di  persone  riputatissime  nelle  suddette  facoltà,  le  quali  accennarono 
altresì  che  la  città  di  Pisa  estimavano  opportunissima  a  congregarvisi  la 
prima  volta  colle  semplicissime  norme  della  Germania,  e  quindi  provvedere 
in  quale  altra  città  d' Italia  potesse  rinnuovarsi  la  convocazione  per  l'anno 
avvenire . 

Se  ramare  del  luogo  natio  non  rende  sospetto  il  pensiero  di  alcuno 
tra  i  soscrittori  al  presente  foglio,  se  il  dritto  veder  dei  nostri  Colleghi  non 
può  interpretarlo  diversamente,  bene  ci  sembra  che  si  apponesse  chi  giudicava 
doversi  incominciare  da  Pisa.  Perche  questa  città  che  fiorisce  nel  centro 
della  nostra  Penisola  in  ogni  maniera  di  studi,  è  pure  assai  vasta  ed  op- 
portuna ad  albergare  molti  forestieri  di  ogni  grado,  è  amena,  tranquilla  e 
ricca  di  Musei;  ed  a  perenne  e  scambievole  onore  della  Religione,  della 
Filosofa  e  delle  Belle  Arti,  mostra  altera  la  Torre  da  cui  sì  bene  esplo- 
rava le  maraviglie  del  cielo  il  maggior  dei  Filosof  naturali  dato  dalla 
Toscana  alla  comun  patria. 

Se  finora  i  Principi  della  Germania  gareggiarono  nelV offerire  cospi- 
cue città  dei  loro  Stati  per  colali  Riunioni,  cui  piace  rimaner  libere  nella 
scelta,  come  per  esempio  (  senza  ritornar  molto  indietro  )  abbiam  veduto  che 
S.  A.  R.  il  Granduca  di  Baden  desiderasse  di  averla  nell'amena  Friburgo, 
dopo    che  la  Cesarea  Maestà    dell'  Imperatore    d'Austria    e    Re    del   Regno 


XLvm 

Lombardo- y^eneto  aueala  volentieri  accolta  nella  capitale  della  Boemia,  co- 
me S.  M.  il  Re  di  Wartemberg  albergatala  prima  nella  stessa  Stoccarda  , 
e  come  in  quest'anno  S.  yi.  il  Principe  di  Tf^aldeck  invitolla  in  Firmante  y 
chi  potrà  dubitare  che  S.  A.  I.  e  R.  il  Serenissimo  Granduca  di  Toscana 
non  sarà  per  godere  assai  di  questo  nostro  invito  nella  sua  dotta  Pisa?  A 
niuno  forse  degli  Scienziati  cui  scriviamo  giunge  nuovo  che  VA.  S.  I.  e  R. 
piacesi  di  possedere  nella  sua  inestimabile  Biblioteca  privata  qualunque  bel' 
l'opera  che  tratti  di  scienze  naturali,  e  che  le  ama  e  le  coltiva  a  segno, 
che  la  severa  Società  Reale  di  Londra,  con  raro  esempio,  lo  aggregava 
tra'  suoi  . 

Seguendo  pertanto  il  consiglio  di  molti,  e  l'approvazione  di  altri,  nh 
di  scostandosi  punto  dalle  pratiche  tanto  felici  in  Germania,  veniamo  ad  an- 
nunciare  che    nel  bel  mezzo   delle  ferie    autunnali  del  corrente  anno  iSSq, 
dal  dì  primo  al  quindicesimo  di  Ottobre  inclusive,    sarà    aperto    in  Pisa  il 
Consesso  dei  Professori  e  dei  Cultori  delle    scienze  fisiche   in    Italia y    com- 
prese la  Medicina  e  l'Agricoltura  sì  utili  alla    umanità.    E  ciò  conseguen- 
temente ci  affrettiamo  di  partecipare    ai    Professori    delle    scienze    suddette 
nelle  varie  Università  degli  stati  italiani,  ai  Direttori  degli  studi  delle  me- 
desime, ai  Capi  e  Direttori  dei  Corpi  del  Genio,    degli    Orti    botanici,  dei 
Musei  di  storia  naturale,  ai  Lincei  di  Roma,  ai  Membri  dell'  I.  e  R.  Isti- 
tuto di  Milano,  della  R.  Accademia  delle  Scienze  di  T'orino,  della  Società 
Italiana  di  Modena,  dell'Istituto  di  Bologna,    della    R.    Accademia    delle 
Scienze  di  Napoli,  della  Gioenia  di  Catania,  e  dell'  I.  e  R.  de'  Georgofli 
di  Firenze;  non  senza  darne  anche    contezza    oltremonti   ai    Capi  delle  più. 
famose  Accademie,  afinche    possano    comunicarne    la    notizia  ai  rispettabili 
Soci,    che    tra    noi  saranno    meritamente    accolti,    esibendo  i  loro   respettivi 
diplomi . 

È  superfluo  il  trattenersi  qui  sul  vantaggio  che  può  derivare  dal  com- 
mercio delle  peculiari  idee  dirette  in  specie  al  perfezionamento  delle  arti, 
poiché  Voi,  chiarissimo  Signore,  siete  persuaso  che  questo  mezzo  è  uno  de'  piti 
efficaci  a  diffondere  utili  cognizioni,  ed  a  conseguire  sì  nobile  scopo . 

Al  Cattedratico  italiano,  seniore  tra'  presenti  in  Pisa  nel  primo 
giorno  di  Ottobre,  toccherà  aprire  l'Adunanza  della  quale  sederà  Reggitore 
in  tutta  la  sua  durata;  ed  il  Segretario  sarà  scelto  di  suo  genio  tra'  Pro- 
fessori della  Università  di  Pisa .  L'Assemblea  generale  si  dividerà  il  secondo 
giorno  in  quante  sezioni  verranno  suggerite  dal  riscontro  delle  diverse  bran- 
che scientifiche,  coltivate  dagli  intervenuti;  ed  i  Membri  di  ciascuna  sezione 
sceglieranno  a  loro  stessi  un  Presidente  ed  un  Segretario  italiano.  U As- 
semblea generale  medesima  deciderà  nel  settimo  giorno  come  e  dove  sarà  per 
adunarsi  nell'anno  futuro . 


XLIX 

Al  cominciare  del  mese  di  Agosto  si  spediranno  nuove    lettere  circo- 
lari, dalle  quali  verranno  indicati  i  provvedimenti   locali,  non  meno  per  gli 
alloggi  che  per  tutto    ciò    che  riguardar  possa    la    comoda,    lieta  e  pacifica 
dimora  di  tutti  coloro  che  si  compiaceranno  d'  intervenire . 
Firenze,  28  Marzo  1839, 

Principe  CARLO  L.  BONÀPÀRTE. 
Cav.  ViyCEyziO  ANTiyORI, 

Dirett.dell'I.  e  R.  Museo  di  Fisica  e  Storia  Naturale  di  Firenze. 
Cav.  GIO.  BATTISTA  AMICI, 

gastronomo  di  S.  A.  I.  e  R.  il  Granduca  di  Toscana, 
Cav.  GAETANO  GIORGINI, 
":  Provfeditor  Generale  dell'I,  e  R.   Vniuersilà  di  Pisa; 

Dott.  PAOLO  SAVI, 

Professore  di  Storia  Naturale  nell'I,  e  R.   Unii/ersith  di  Pisa. 
Dott.  MAURIZIO  BUFALINI, 

Prof,  di  Clinica  e  Medicina  nell'I,  e  R.  Arcispedale  di  Firenze . 

(2)  Chiarissimo  Signore.  —  Quando  colla  nostra  Circolare  del  28  Mar- 
zo 1839,  annunziavamo  essere  conceduto  all'  Italia  di  raccogliere  in  alcuna 
sua  città  il  Consesso  dei  Cultori  delle  Scienze  Naturali,  e  Pisa  essere  la 
prima  prescelta  a  sì  nobile  divisamento,  promettevamo  altresì  di  render  noti 
con  una  seconda  Circolare  i  provvedimenti  già  presi,  onde  procacciare  a 
quella  Riunione  ogni  più  dovuta  facilità  e  convenienza .  Ora  però,  nel- 
V adempire  alla  nostra  obbligazione,  siamo  assai  lieti  di  poter  dare  certezza 
che  da  ogni  parte  d'  Italia,  e  anche  di  oltremonti ,  avemmo  non  dubbia 
prova  del  gradimento  col  quale  accolsero  il  nostro  annunzio  tutti  coloro  che 
pongono  amore  negli  studi  delle  Cose  Naturali.  E  dobbiamo  pure  a  nostra 
maggior  letizia  accennare  che  il  benignissimo  nostro  Principe,  degnossi  con- 
cedere che  la  sede  delle  Adunanze  scientìjìche  sia  nelle  sale  stesse  dell'  Uni- 
versità degli  Studi  ;  e  quindi  possiamo  gloriarci  che  esse  comincino  realmente 
sotto  i  pili  desiderabili  auspicj,  quali  sono  quelli  che  ne  promette  la  sapiente 
Bontà . 

Però  l' epoca  e  il  modo  e  lo  scopo  della  Riunione  saranno  veramente 
siccome  fu  dichiarato  nella  prima  nostra  Circolare.  Se  non  che  siamo  ades- 
so in  grado  di  aggiungere  che  ognuno,  il  quale  fosse  deliberato  di  farne 
parte,  portandosi  direttamente  al  palazzo  dell'  Università  di  Pisa  vi  troverà 
a  maggior  comodo,  e  l'uffizio  de'  passaporti,  e  le  persone  incaricate  di  som- 
ministrare le  notizie  necessarie  alla  sua  dimora  in  quella  città,  e  qualunque 
schiarimento  relativo  all'ordine  della  Riunione  medesima.  Quivi  pure,  a  co- 
minciare dal  giorno  28  del  mese  di  Settembre,  dalle  ore  9  alle  1 2  della 
mattina  saranno  reperibili  i  signori  Deputati    all'Ammissione   ed  Iscrizione 


L 

di  quelli  che  comporranno  il  Consesso  scientifico',  al  che  sarà  ragione  suffi- 
ciente la  qualità  di  Professore,  a  di  distinto  Cultore  delle  Scienze  Mate- 
matiche e  Naturali,  o  il  grado  di  Ufficiale  Civile  o  Militare  del  Genio,  od 
Ingegnere  delle  Miniere,  o  infine  il  diploma  di  una  delle  principali  Società 
scientifiche  italiane  o  straniere  . 

^  togliere  il  dubbio  in  alcuni  insorto  se  gli  argomenti  da  trattarsi 
debbano  essere  limitati  a  quelli  delle  Scienze  Naturali,  intese  nel  loro  più 
stretto  significato,  crediamo  anche  opportuno  in  questa  occasione  d' indicare 
che  le  Scienze  delle  quali  si  occuperà  il  Consesso  saranno  le  seguenti  :  Ma- 
tematica, astronomia,  Fisica,  Chimica,  Zoologia,  Mineralogia,  Geologia, 
Geografia,  Botanica,  Agricoltura,  Medicina,  Tecnologia;  e  queste  potranno 
essere  quindi  riunite  o  suddivise  in  sezioni  secondo  il  numero  degli  intervenuti, 
Firenze,   i3  Agosto   1889, 

Principe  CARLO  L.  BONÀPARl'E. 
Cav.   VINCENZIO  ANTINORI , 

Direit.  dell'I,  e  R.  Museo  di  Fisica  e  Storia  Naturale  di  Firenze. 
Cav.  GIO.  BATTISTA  AMICI, 

Astronomo  di  S.  A.  1.  e  R,  il  Granduca  di   Toscana . 
Cav.  GAETANO  GIORGINI, 

Proui'editor  Generale  dell'I,  e  R.   Uitii^ersita  di  Pisa. 
Dolt.  PAOLO  SAVI, 

Professore  di  Storia  Naturale  nell'I,  e  R.  Unit^ersità  di  Pisa, 
Cav.  MAVRIZÌO  BVFALINl , 

Prof,  di  Clinica  e  Medicina  nell'I,  e  R.  Arcispedale  di  Firenze, 

(3)  Questo  distinto  Professore  che  illiislrò  per  il  corso  (ii  quaranlanove  anni 
l'Università  di  Pisa,  cessò  di  vivere  il  dì  20  Decembre  in  età  di  anni  76  universal- 
mente compianto  («) . 

(4)  Pe/'  r inaugurazione  solenne  della  statua  del  Galileo .  Orazione  di 
Giov.  Rosini  detta  al  Consesso  degli  Scienziati  Italiani  il  2  Ottobre  iSSq, 
Fisa,   Tipografia  Nistri  (*). 

(5)  Nella  solenne  inaugurazione  della  statua  del  Galileo.  Rime  degli 
Arcadi  della  Colonia  Alfea  offerte  in  omaggio  agli  Scienziati  Italiani  nel 
loro  primo  Congresso  in  Pisa  nell'Ottobre  1839.  Pisa,  presso  i  FF.  Nistri  (<-'). 

(6}  Vengono  omessi  i  nomi  degli  altri  otto  Deputati  della  Società  Medico- 
iìsica  Fiorentina,  poiché  mancava  l'indicazione  di  essi  nella  lettera  del  Segretario 
della   Società    medesima  . 

(a)  Ved.   la  Biografa  a  pag.  297.  (Gli  Edit.) 

(5)  Ved.  pag.  271.  —  Si  è  creduto  far  cosa  grata  agli  studiosi  delle  Scienze,  inserendola  in 
questa  nostra  seconda  edizione.  (Gli  Edit.) 

(e)  Fu  pubblicato  anco  il  seguente  componimento:  —  Nel  solenne  consesso  in  Pisa  delti 
Scienziati  Europei  nell'autunno  dell'anno  iSSg.  Canzone  del  Prof.  Cay.  Aud.  Baccio  Dal  Borgo, 
Tipografia  Nistri  . 


LI 
(y)  11  palio  delle  fregate^  che  cosi    chiamano  i  PUaul    questo   spettacolo 
d'  antichissima  istituzione* 

(8)  Ciò  si  dovè  in  gran  parte  alla  liberalità  di  S.  A.  I.  e  R. 

(9)  È  debito  il  ricordare  a  questo  luogo  anche  la  Deputazione  composta 
di  S.  E.  il  SIg.  Cav.  Gran-Croce  A.  Humbourg  Governatore  della  città  di  Pisa , 
dell'Illustrissimo  Sig.  Cav.  Siraonelli  Gonfaloniere  della  Magistratura  Cìvica,  dell'Il- 
lustrissimo Sig.  Cav.  Gaetano  Giorginl  Provveditore  della  Università,  e  dell'  Illu- 
strissimo Sig.  Commend.  Conte  Lelio  Franceschi ,  i  quali  per  speciale  incarico 
avuto  dall'I,  e  R.  Governo  si  dettero  ogni  possibil  cura  per  apparecchiare  ed  ordi- 
nare le  cose  necessarie  al  Congresso. 


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REGOIAMEIVTO  GENERALE 


PER 


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DEI    CULTORI    DELLE    SCIENZE    NATURALI 


I. 

Il  fine  delle  Riunioni  dei  cultori  delle  scienze  naturali  si  è  di  giovare  ai 
progressi,  ed  alla  diffusione  di  tali  scienze,  e  delle  loro  utili  applicazioni. 

A  conseguir  questo  fine  gli  scienziati  si  adunano  ogni  autunno 
in  una  delle  città  d'Italia,  per  un  periodo  di  tempo  che  non  dovrà 
mai  oltrepassare  i  quindici  giorni  . 

IL 

Hanno  diritto  di  essere  membri  delia  Riunione  tutti  gl'Italiani 
ascritti  alle  principali  Accademie  o  Società  scientifiche  istituite  per 
l'avanzamento  delle  Scienze  naturali ,  i  Professori  delle  Scienze  fisiche 
e  matematiche,  i  Direttori  dea;li  alti  studi  o  di  stabilimenti  scientifici 
a».i  Trtij  oiaii  a  Italia,  e  gl'Impiegati  superiori  nei  Corpi  del  Genio  e 
dell'Artiglieria  .  Gli  esteri  compresi  nelle  categorie  precedenti  saranno 
pure  ammessi  alla  Riunione . 

UI. 

Ogni  annua  Riunione  avrà  un  Presidente  generale,  due  Asses- 
sori, ed  un  Segretario  generale.  Nella  prima  Adunanza  si  procederà 
alla  divisione  dei  membri  in  più  sezioni,  comprendenti  ciascuna  una  o 
più  scienze  secondo  il  numero,  e  gli  studi  degl'intervenuti.  Nello  stesso 
giorno  ogni  sezione  nominerà  a  schede  segrete,  ed  a  pluralità  assoluta 
di  voti,  uno  dei  suoi  membri  alle  funzioni  di  rispettivo  Presidente,  e 
questi  dovrà  poi  scegliere  altro  fra  i  membri  medesimi  a  Segretario 
della  sezione  stessa.  Tutti  questi  diversi  ufizi  dovranno  essere  affidati 
a  membri  italiani  della  Riunione. 

IV. 

Il  Presidente  generale,  i  due  Assessori ,  i  Presidenti  delle  Se- 
zioni ,  ed  il  Segretario  generale  comporranno  per  tutta  la  durata  della 
Riunione  un  Consiglio,  che  prowederà  alla  buona  direzione ,  e  al  buon 
successo  della  medesima . 


LUI 

V. 
Avanli  lo  sciosHtnento  della   Riunione,    da  tutti    i  membri  ita- 
liani  costituiti  in   adunanza  generale,  si  procederà  col  mezzo  di  schede, 
ed  a  pluralllà    assoluta    di    voti,    alla  scelta    della   città  ove  tenere  la 
Riunione  dopo  due  anni. 

VI. 
Il  Consiglio  elegge  il  Presidente  generale  per  la  Riunione  del- 
l'anno prossimo  seguente,  il  quale  dovrà  avere  il  suo  domicilio  in 
quella  stessa  città  ove  deve  esser  fatta  la  Riunione  .  Al  Presidente  ge- 
nerale spetta  la  nomina  dei  due  Assessori,  e  del  Segretario  generale  da 
scegliersi  fra  gli  scienziati  del  medesimo  paese,  almeno  sei  mesi  prima 
della  Riunione. 

VII. 
L'eletto  Presidente  generale  dovrà  fare  le  dovute  pratiche,  perchè 
la  Riunione  possa  aver  luogo  in  modo  regolare  nella  città  che  sarà  stata 
prescelta,  ed    egli  dovrà  darne  avviso  a  tempo  debito  agli   scienziati. 

Vili. 
I  due  Assessori  coadiuveranno  il  Presidente  generale,  nel  pren- 
dere tutte  le  disposizioni  occorrenti  pella  Riunione:  ad  essi  spetterà  il 
decidere  ne' casi  dubbj  se  uno  scienziato  cleljba  o  :.^o  oo<,o..«  ''nmnreso 
fra  i  membri  della  Riunione,  in  conformità  all'Art.  II.  In  mancanza  del 
Presidente,  faranno  le  sue  veci  i  due  Assessori,  in  ordine  di  anzianità. 

IX. 
Nell'ultima  generale  adunanza  il  Segretario  generale  farà  un  rap- 
porto sull'andamento  della  Riunione,  ed  i  Segretarj  particolari  legge- 
ranno ciascuno  un  breve  sunto  di  quanto  sarà  stato  operato  nelle  ri- 
spettive Sezioni.  In  questa  pubblica  adunanza  sarà  proclamato  il  Presi- 
dente generale  eletto  dal  Consiglio  per  la  successiva  Riunione. 

X. 
Dopo  questa  adunanza  il  Presidente  generale,  i  due  Assessori  ed 
il  Segretario  generale  lasciano  i  loro    ufizi .    Sarà    per  altro    loro  cura 
il  trasmettere  al  Presidente  proclamato  pella    successiva    Riunione  l'e- 
lenco degli  scienziati  intervenuti,  ed  il  sunto  dei  processi  verbali. 

XI. 
Nel  caso  di  mancanza  del  Presidente  generale  eletto  pella  Riu- 
nione prossima  seguente,   prima   ch'egli    abbia  nominati  i  due   Assessori, 
dovrà   il  Presidente   generale  dell'ultima  Riunione  consultare   per  una 


LIV 
nuova  scelta  i  Presidenti  delle  Sezioni,  e,  raccolte  le  loro  proposizioni, 
fare  sollecitamente  la  nomina  di   un    altro  Presidente.  In  mancanza  poi 
del  suddetto  Presidente  generale   dell'ultima  Riunione,  farà  le  sue  veci 
il  più  anziano  dei  Presidenti  di  sezione. 

XII. 
Agli    Atti  di  ciascuna  Biunione  sarà  data  quella  pubblicità,  che 
si  giudicherà  utile  al  progresso    delle    naturali  discipline,  e  delle    loro 
applicazioni.  Il  Consiglio   prima  di  sciogliersi,  nominerà  a  quest'oggetto 
un'apposita  Commissione. 

xin. 

Gli  orsetti  ed  i  libri  che  fossero  offerti  in  dono  a  ciascuna  Riu- 
nione  saranno  dati  a  quei  pubblici  scientifici  stabilimenti  del  luogo  ove  si 
tenne  la  Riunione,  che  verranno  designati  dal  Presidente  generale  . 

XIV. 

Previo  il  grazioso  Sovrano  permesso,  gli  Atti  originali  delle  Riu- 
nioni saranno  di  anno  in  anno  trasmessi,  e  conservati  nell'I,  e  R.  Museo 
di  Fisica,  e  Storia  Naturale  di  Firenze,  città  centrale  dell'Italia,  e  capi- 
tale di  quello  Stato,  in  cui  sotto  gli  auspicj  di  Leopoldo  II  quest'utile 
istituzione  ebbe  principio. 

Il    Direttore    dell'I     <>   ^-    M^-'co    aaik   il    Conservatore    degli    Attiy 

va  al  suo  zelo  per  le  Scienze  resta  questa  istituzione  raccomandata. 
Prof.  RANIERI  GERBI,  Presidente  Generale. 

Carlo  L.  Bonaparte  Principe  di  Musignano, 

Presidente  della  Sezione  di  Zoologia  e  Anatomia  comparativa. 

Cav.  Prof.  Pietro  Configliachi, 

Presidente  della  Sezione  di  Chimica,  Fisica  e  Matematiche. 

March.  Cav.  Cosimo  Ridolfi, 

Presidente  della  Sezione  di  Agronomia  e  Tecnologia. 
Cav.   Prof,   Gaetano  Savi, 

Presidente  della  Sezione  di  Botanica  e  Fisiologia  vegetabile. 
Prof.  Angelo   Sismonda, 

Presidente  della  Sezione  di  Geologia,  mineralogia  e  Geografia . 

Cav.  Prof.  Giacomo  To.mmasini, 

Presidente  della  Sezione  di  Medicina . 

Prof.  Filippo  Corridi,  Segr.  Gen. 

Approvalo  dalla  prima  Riunione  degli  Scienziati  tenutasi  in  Pisa, 
e  nell'Adunanza  generale  del  dì   \^  Ottobre   i83g. 

Per  copia  conforme  all'originale  —  Prof.  Filippo  Corridi. 


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FISICA,  CHIMICA,  MATEMATICA 


PROCESSI  VERBALI 

DI  FISICA,  CHIMICA,  MATEMATICA 


TEXUTA  IL  DI  4  OTTOBRE  1839 


.presi  l'adunanza  con  un  breve  discorso  del  Presidente 
analogo  all'occasione,  e  parlando  egli  dello  scopo  generale  del 
nostro  consesso  esorta  gli  scienziati  a  riunirsi  in  dotte  conver- 
sazioni nei  luoghi  a  tal  uopo  destinati.  Verificato  quindi 
r  elenco  dei  componenti  la  sezione ,  annunziate  le  ore  per  le 
successive  adunanze ,  pregati  i  socj  a  dar  nota  delle  Memorie , 
estensioni,  o  comunicazioni  da  essi  preparate,  onde  poterle 
distribuire  nel  modo  il  più  conveniente,  invita  a  dar  principio 
alle  letture,  al  finir  di  ciascuna  delle  quali  verrà  concessa  la 
parola  a  chi  sarà  per  chiederla. 

Il  Prof.  Giuseppe  Branchi  leggendo,  espone  il  metodo  da 
lui  seguito  nell'insegnamento  della  Chimica  nell'Università  di 
Pisa.  Il  breve  tempo  assegnato  al  suo  corso  è  cagione  che 
egli  debba  fare  una  scelta  fra  le  tante  materie  che  appartengono 
alla  scienza^  quindi  preferisce  la  dimostrazione  dei  fatti  ben 
provati^  e  dichiara  di  astenersi  quanto  può  dalle  spiegazioni 
ipotetiche  de'  fenomeni^   finalmente  conclude  coli' invitare   i 


colleghi  ad  unirsi  per  istabilire  fatti ,  riserbandosi  in  seguito  a 
basarvi  con  maggior  sicurezza  le  teorie.  Aperta  la  scientifica 
discussione  intorno  alla  letta  memoria ,  il  Prof.  Francesco 
Orioli  domanda  la  parola,  e  dice  che  le  ipotesi  le  quali  colle- 
gano moltissimi  fatti ,  o  son  base  della  nomenclatura  debbonsi 
insegnare  se  false  per  confutarle,  se  vere  per  porre  i  giovani  a 
livello  della  scienza,  e  a  schiarimento  di  questa  opinione 
porta  in  esempio  il  sistema  atomistico.  E  replicato  avendo  il 
Prof.  Branchi,  che  di  tali  teorie  fa  egli  pure  la  conveniente 
menzione,  il  Presidente  riconosce  un  sufficiente  accordo  tra  i 
socj  che  interloquiscono,  mentre  ambedue  saviamente  inten- 
dono allontanarsi  dagli  opposti  estremi,  usando  dell'ipotesi 
nell'insegnamento ,  come  il  Newton  principalmente  ne  aveva 
dato  l'esempio. 

Legge  dipoi  il  Conte  Domenico  Paoli  sull'azione  cata- 
litica dei  corpi,  e  provata  l'importanza  di  far  ricerche  circa  a 
questa,  mostra  quanto  sarebbe  dannoso  attribuirla  ad  una  forza 
sui  generis^  riportandone  perciò  la  causa  alle  forze  universali 
fra  queste  presceglie  l'elettrica,  e  propone  due  quesiti,  1."  se 
l'azione  elettrica  secondo  le  sue  note  leggi  possa  veramente 
accagionarsi  di  questo,  2.°  se  i  fatti  vi  corrispondono,  e  se 
conducono  ad  una  tal  conclusione.  Circa  al  primo  osserva  la 
corrispondenza  tra  l'azione  catalitica,  e  l'elettricità,  partico- 
larmente quella  dinamica,  che  invade  tutta  la  massa  dei  corpi. 
Ma  non  dissimula  che  pel  secondo  quesito  si  presentano  dei 
casi  di  difficile  soluzione ,  e  dopo  aver  riportati  alcuni  fenomeni 
dipendenti  da  azione  catalitica,  come  il  germogliamento,  le 
fermentazioni,  le  secrezioni  animali  e  vegetabili,  fa  osservare 
che  acquista  probabilità  la  supposta  dipendenza  fra  l'azione 
catalitica  e  la  polarità  elettrica. 

Avendo  l'Autore  presa  a  considerare  l'azione  catalitica 
nel  platino  spugnoso,  offre  occasione  al  Canonico  Angiolo 
Bellani   di   chiedere  la  parola  per   fare    osservare,  essere  egli 


5 

stato  il  primo  a  dare  una  spiegazione  del  fenomeno  che  pre- 
senta il  platino  spugnoso  nelFaria  atmosferica  quando  è  sotto- 
posto  ad  una  corrente  di  gaz  idrogene.  Il  Presidente  poi  ag- 
giunge che  in  quanto  ai  segni  elettrici  che  accompagnano  quel 
fenomeno,  e  de'  quali  ha  fatto  menzione  il  lodato  Conte  Paoli, 
la  scuola  fìsica  di  Pavia  fu  la  prima  a  rilevarli. 

In  appresso  il  Prof.  Orioli,  alludendo  alla  stessa  memoria 
del  Conte  Paoli ,  ed  al  luogo  ove  parlasi  della  fermentazione , 
mostra  desiderio  che  siano  prese  in  considerazione  le  osser- 
vazioni e  scoperte  fatte  di  recente  su  questo  argomento ,  e 
principalmente  quelle  di  Cagniard-Latour  e  Turpin,  e  che  il 
Prof.  Giov.  Battista  Amici  manifesti  le  sue  idee  sul  medesimo. 

La  terza  lettura  spetta  al  Canonico  Angiolo  Bellani,  e 
verte  sullo  spostamento  del  mercurio  osservato  al  punto  del 
ghiaccio  nei  termometri.  Dopo  aver  egli  richiamati  i  lavori  che 
su  tal  soggetto  in  diversi  tempi  ha  pubblicati,  e  dopo  aver  de- 
scritto il  fenomeno  accuratamente,  prende  ad  esaminare,  e 
confutare  le  obiezioni  opposte  dal  Berzelius,  e  da  altri  fisici, 
alla  sua  spiegazione  tratta  dal  successivo  ristringimento  del 
globo  del  termometro  5  mostra  che  il  medesimo  fenomeno 
dello  spostamento  del  zero  deve  verificarsi  anche  nei  termo- 
metri ad  alcool  avuto  rÌ2:uardo  alla  diversa  dilatabilità  de'  li- 
quidi  termometrici:  avverte  che  i  due  distinti  fisici  Legrand  e 
Desprez  hanno  in  parte  adottata  la  sua  spiegazione,  e  in  quelle 
cose  che  dalle  sue  diversificano  sono  fra  loro  in  contradizione, 
né  combinano  con  i  resultati  delle  sperienze  da  lui  ottenuti. 
Molta  differenza  ritrova  il  I.egrand  tra  il  vetro  duro  e  il  vetro 
tenero^  mentre  il  nostro  Fisico  non  si  è  mai  accorto  che  una 
differenza  notabile  possa  provenire  dalla  diversità  del  vetro, 
cristallo,  o  smalto.  Rigetta  l'Autore  come  almeno  poco  prati- 
cabile il  ricuocere  il  termometro  dopo  averlo  chiuso,  e  si  attiene 
al  suo  metodo  di  correzione  che  consiste  nel  lasciare  stagionare 
i  termometri  circa  un  anno  prima  di  fissarne  la  scala .  Non  tra- 


6 

lascia  poi  il  Canonico  BellanI  di  dar  ragione  delle  molte  irre- 
golarità nelle  mutazioni  delle  scale  indicate  dal  Desprez,  e 
coglie  quest'  occasione  per  reclamare  l'anteriorità,  che  ben  gli 
si  deve,  relati v^amente  al  Flaugergues.  Finalmente  ricorda  che 
il  non  ritornare  diversi  corpi  solidi  alle  loro  dimensioni  subito 
dopo  il  raffreddamento,  serve  d'appoggio  a  quanto  espose^  ed 
esclude  la  supposizione  del  Dott.  Fusinieri,  che  un  tal  feno- 
meno si  riscontri  anche  nel  mercurio. 

Aperta  la  discussione  il  Prof.  Giov.  Alessandro  Malocchi 
riferisce  il  seguente  fatto.  Costruiti  quattro  tubi  da  termome- 
tro, ripieni  di  mercurio,  fattovi  il  vuoto  e  chiusi,  prima  di 
graduarli,  ne  pose  due  in  una  mescolanza  frigorifica  di  cir- 
ca —  lo."  R.  e  lasciò  gli  altri  alla  temperatura  ordinaria,  di 
poi  graduò  i  quattro  tubi,  e  ne' primi  non  ebbe  spostamento 
dello  zero;,  nei  secondi  lo  riconobbe. 

Il  Canonico  Bellani  soggiunge  che  oltre  d'essere  troppo 
piccolo  il  raffreddamento  di  —  13.°  R.  per  produrre  il  feno- 
meno, potrebbe  a  priori  riguardarsi  cagione  ancora  d'effetto 
contrario . 

Quindi  ritenuto  come  cognizione  di  un  fatto  la  partecipa- 
zione del  socio  Malocchi,  il  Presidente  dichiara  che  i  modi 
usati  dal  Bellani  per  la  correzione  della  scala  sono  finora  più 
sicuri  d'ogni  altro  per  diminuire  almeno  quanto  è  possibile 
quel  notabile  difetto  ai  termometri,  e  principalmente  ricorda 
che  la  diversa  pasta  de' vetri  vi  prende  parte,  rammentando 
altresì  che  in  questa  parte  la  scienza  fisico- pratica  va  assai  debi- 
trice al  socio  Conte  Paoli  per  l'opera  che  pubblicò  sul  moto 
intestino  de' solidi. 

Riguardo  alle  mutazioni  che  in  processo  di  tempo  acca- 
dono nel  vetro  l'Astronomo  Professor  Carlini  parla  dell'effetto 
che  ne  viene  in  certi  livelli  a  bolla  d'aria,  e  negli  obiettivi 
degli  strumenti  astronomici.  Il  Prof.  Orioli  riferisce  che  alcune 
alterazioni  negli  obiettivi  erano  state  già  riconosciute  dal  Bu- 


rattini.  E  il  Prof.  Giovan  Battista  Amici  dice  essergli  spesso 
avvenuto  che  volendo  nei  vetri  lavorare  due  facce  piane  paral- 
lele, nel  fare  la  seconda  ha  trovato  guastato  il  piano  della 
prima . 

E  poiché  il  Bellani  nella  sua  lettura  ha  asserito  non  svol- 
gersi dal  mercurio  del  termometro  niuna  quantità  d'aria,  il 
Prof.  Luigi  Pacinotti  domanda  la  parola,  e  dichiarando  di 
convenire  esser  principal  cagione  dello  spostamento  dello  zero 
il  ristringimento  del  gloho  di  cristallo,  nota  in  primo  luogo 
aver  egli  pure  riscontrato  (conforme  ha  letto  il  sullodato 
Canònico)  che  lo  spostamento  dello  zero  è  maggiore  di  quello 
degli  80."  R.,  in  secondo  luogo  che  nei  termometri  meglio  co- 
strutti, quando  si  capovoltano  cadendo  il  mercurio  fino  alla 
sommità  del  tubo,  lascia  una  porzione  vuota  nel  bulbo,  ed 
ivi  quando  si  addirizza  lo  strumento,  se  esso  è  costrutto  da 
poco  tempo,  si  riserra  il  mercurio  senza  lasciarvi  alcuna  trac- 
cia: ma  quando  il  termometro  è  vecchio  vi  lascia  come  una 
piccolissima  bolla  d'aria  appena  percettibile.  E  da  questi  due 
fatti  il  Pacinotti  deduce  che  una  piccola  porzione  d'  aria  si 
svolge  coir  andar  del  tempo  dal  mercurio,  e  che  anche  questa 
qualche  cosa  influisce  sullo  spostamento  dei  diversi  gradi  della 
scala  termometrica. 

Il  Prof.  Giov.  Battista  Cassiani  dice  di  avere  osservati  i 
medesimi  fenomeni .  E  questi  fatti  sono  dal  Prof.  Orioli  consi- 
derati come  particolari  e  come  dipendenti  dalla  diversa  e  dif- 
ficile maniera  di  costruire  que' delicati  strumenti.  Ma  in  con- 
ferma dello  svolgimento,  almeno  in  generale,  dei  gaz  dal  mer- 
curio, Luigi  Bonaparte  de' Principi  di  Canino  rammenta  la 
difficoltà  somma  colla  quale  si  depura  dal  gaz  ossigeno  il 
mercurio  allorché  viene  estratto  colla  distillazione  dal  bios- 
sido. Ed  esposto  dal  Prof.  Taddei  in  maniera  dubitativa,  che 
al  fatto  dello  spostamento  dello  zero  nei  termometri  possa, 
dopo  lungo  tempo  dalla  loro  costruzione,  concorrere  il  vapore 


8 
mercuriale  :  ricordate  da  altri  le  più  recenti  osservazioni  di  Fa- 
raday sul  vapore  mercuriale  nelle  camere  barometriche,  come 
non  producente  danno  alla  continuata  esattezza  di  quelli  stru- 
menti, essendo  terminato  il  tempo  assegnato,  il  Presidente 
chiude  l'adunanza. 


(  PROF.  LUIGI  PÀCINOTTI. 
I  Segretauj  della  Sezio?(e   V 

{  PROF.  riyCENZO  AMICI. 


Il  Presidente  -  CAV.  CONFIGLIACHl. 


TENUTA   IL    Di    5    OTTOBRE    1839 


.Apre  la  seduta  il  Presidente  coli' annunzio  ai  socj,  che 
questa  come  tutte  le  altre  seguenti  si  incomincerà  colla  lettura 
del  processo  verbale  della  seduta  precedente  da  approvarsi  dai 
socj  stessi.  Letto  dunque  il  processo,  dopo  fattevi  le  opportune 
correzioni,  venne  approvato.  Il  Prof.  Giuseppe  Botto  brama 
frattanto  di  ricordare  il  sentimento  del  Berzelius  in  aggiunta  a 
ciò  che  aveva  detto  nella  decorsa  adunanza  il  Conte  Paoli  sul 
non  essere  la  catalìtica  una  nuova  forza. 

Dopo  questa  breve  osservazione  sono  dal  Presidente  invi- 
tati i  socj  che  hanno  rappresentanze  personali  di  qualche  corpo 
accademico  o  scientifico  a  darsi  in  nota  ad  uno  dei  segretarj 
della  sezione.  E  partecipato  il  dono  fatto  dal  Prof.  Giuseppe 


9 

Colizzi  di  alcune  copie  delle  Osservazioni  sullo  stato  attuale 
della  Chimica,  e  l'altro  del  Prof.  Domenico  De  Vecchj  consi- 
stente in  copie  di  un  Programma  sul  perfezionamento  dell'arte 
di  estrar  Folio  dalle  ulive  in  Italia,  hanno  principio  le  letture. 

Leg^ge  Luigi  Bonaparte  de'  Principi  di  Canino  l'esposi- 
zione di  una  nomenclatura  di  Chimica,  che  egli  ha  imaginata, 
atta  a  dare  il  rapporto  atomico  dei  componenti  i  corpi.  Il  desi- 
derio di  rendere  familiare  ed  utile  agli  studiosi  la  teoria  atomi- 
stica, e  di  potere,  sol  che  si  sappiano  i  pesi  atomici  delle  so- 
stanze indecomposte,  determinare  la  quantità  dei  componenti 
chimici ,  aveva  instigato  l'xVutore  al  ditiicile  lavoro,  clie  ab- 
braccia, ad  eccezione  di  pochi,  la  numerosa  serie  dei  prodotti 
chimici,  il  qual  lavoro  egli  si  propone  di  pubblicare. 

Pervenuta  la  lettura  all'  ultima  parte  dell'oggetto  trattato, 
r  Autore  ne  rimette  il  compimento  ad  altra  seduta,  e  se  ne  diffe- 
risce del  pari  la  discussione. 

Il  Prof.  Francesco  Zantedeschi  comincia  ad  intrattenere 
la  Sezione  con  un  discorso  sulle  leggi  fondamentali  dell' elet- 
tro-magnetismo .  Premesso  brevemente  un  quadro  delle  ipotesi 
affacciate  da  altri  Fisici,  egli  dice:  ce  Allorché  mi  appHcai  all'elet- 
cc  tro-magnetismo  la  sentenza  universalmente  seguita  dai  Fi- 

cc  sici  era  quella  della  forza  rivolutiva Ricercando  per  ogni 

ce  verso  il  filo  congiuntivo  mi  venne  fatto  costantemente  di 
fc  vedere  il  filo  congiuntivo  percorso  da  una  corrente  elettrica 
ce  fornito  in  determinate  posizioni  di  otto  forze  che  operano  sopra 
ce  dell'  ago  calamitato'ii.  E  qui  mostra  le  attrazioni  e  repulsioni 
che  esistono  tra  il  filo  congiuntivo  e  l'ago  calamitato.  Per  far 
comprendere  la  realtà  di  queste  forze  egli  aggiunge:  ce  Io  ho 
ce  esperimentato  con  calamite  isolate ,  e  colla  pretesa  virtù  rivo- 
ce lutiva,  io  non  ho  potuto  ottenerne  effetto  di  sorta  5:).  Qui  con 
un  certo  suo  apparato  mostra  che  egli  non  ottiene  la  rotazione 
della  calamita  attorno  al  filo  congiuntivo.  Fa  poi  osservare,  spe- 
rimentando, quali  sono  le  attrazioni  e  le  repulsioni  quando  si 


10 

presentano  in  tutte  le  direzioni  i  fili  di  un'elica  ad  un  polo  del- 
l'ago calamitato,  e  conclude:  (sono  sue  precise  parole)  ce  1/Fara- 
cc  day  in  un  filo  rettilineo  percorso  da  una  corrente  elettrica 
ce  avvisò  due  forze  attrattive  e  due  repulsive  per  ciascun  polo^ 
ce  io  in  quella  vece  co'  miei  esperimenti  ne  ravvisai  otto  per 
ce  ciascun  polo  disposte  simmetricamente  in  tutta  la  lunghezza 
ce  del  filo  di  qualunque  forma  egli  sia,  e  ne  tracciai  la  lor  di- 
ce rezione  in  ordine  alla  direzione  della  corrente.  2/  Colle  quat- 
cc  tro  forze  di  Faraday  era  impossibile  pensare  alcun  magne- 
cc  tismo  incrociato  in  un  filo  rettilineo^  colle  otto  forze  osservate 
ce  da  me  la  sentenza  del  ma2:netismo  incrociato  in  un  filo  retti- 
ce  lineo  può  esser  pensata  e  sostenuta  in  confronto  di  quella  delle 
ce  polarità  superficiali.  3.°  Nelle  spirali  si  conoscevano  le  pola- 
ce  rità,  o  l'azione  contraria  ai  due  lati  opposti  secondo  i  due 
ce  piani^  ma  non  si  era  prima  di  me  sperimentalmente  stabilita 
ce  r  azione  contraria  dall'  interno  all'  esterno  secondo  le  normali 
ce  all'asse  della  spirale j  né  che  la  forza  di  un  piano  si  debba 
ce  distinguere  dall'omologa  dell'esterno  adiacente  presa  nelle 
ce  direzioni  delle  perpendicolari  all'asse,  e  che  abbia  un  anda- 
cc  mento  uniforme,  e  regolare.  4."  Dagli  esperimenti  fatti  dai 
ce  Fisici  appariva  che  il  polo  boreale  di  un  ago  messo  in  un'elica 
ce  elettro-magnetica  si  forma  alla  sinistra  della  corrente,  e  il  polo 
ce  australe  alla  diritta,  e  ciò  nella  direzione  dell'  asse:  io  aggiunsi 
ce  quello  secondo  iraggi^  e  quindi  ho  potuto  stabilire  la  sintesi 
ce  che  tuttavia  mancava  alla  scienza*,  vale  a  dire  che  un  ago 
ce  prende  sempre  le  polarità  dell'  imboccatura  attigua ,  e  del- 
cc  l'esterno  adiacente  della  spirale  elettro-magnetica.  S.°  La  sen- 
ce  tenza  del  magnetismo  incrociato  nelle  eliche  e  negli  aghi  cala- 
ce  mitati  ha  pure  il  suo  fondamento  nelle  mie  esperienze.  6^." 
ce  II  sistema  dell'  azione  rivolutiva  dopo  i  miei  esperimenti  pare 
ce  non  potersi  più  ammettere  w. 

Dopo  questa  lettura  e  queste  sperienze,  decorse  l'ore  asse- 
gnate all'intrattenimento  scientifico,  il  Pi^esidente  differisc^3  ad 


\ 


11 

altra  occasione  il  dar  la  parola  a  chi  la  chiedesse,  sì  intorno  ai 
fatti,  che  alle  conseguenze  dedotte,  e  scioglie  l'adunanza. 

f  PROF.  LUIGI  PÀCiyOTTl. 
I  Segretari  della  Sezione   ) 

(  PROF.  riycENzo  Ama. 

Il  Presidente  -  CJF.  CO^FIGLIACHl. 


TEMUTA    IL    DI    6    OTTOBRE    1839 

msssBUM'^B  r-  a^v»  fé©?,  fistio  a®nF3^iLm(siinr. 


adunanza,  onorata  dalla  presenza  di  S.  A.  I.  R.  il  Gran- 
duca, si  apre  colla  lettura  del  processo  verbale  della  seduta  an- 
tecedente, che  viene  approvato. 

Comincia  quindi  il  Presidente  un  breve  discorso,  con  cui 
nuovamente  richiama  i  socj  alla  considerazione,  che  lo  scopo 
della  presente  riunione  è  ben  diverso  da  quello  che  si  pro- 
pongono le  Accademie  scientifiche,  e  che  perciò  conviene  aste- 
nersi dalle  letture  troppo  lunghe,  o  relative  a  fatti  noti  alla 
generalità  degli  uditori,  e  guardarsi  parimenti  dal  rendersi  re- 
sponsabili dei  giudizj  delle  opere  presentate  e  delle  comunica- 
zioni ed  estensioni  fatte  tanto  dai  socj  quanto  dai  semplici 
amatori.  Egli  è  per  questa  ragione  che  ad  una  lettera  scritta 
da  Muzio  Muzzi,  colla  quale  dimanda  all'adunanza  di  vo- 
lergli destinare  un  locale  ove  possa  egli  solo  accedere,  per 
fare  preparativi  in  segreto  onde  dimostrare  nei  giorni  succes- 


12 

sivi  a  una  deputazione  di  scienziati  un  suo  progetto  di  Areo- 
nautìca,  il  Presidente  ha  proposto,  e  l'adunanza  ha  annuito  di 
rispondere:  che  in  conformità  delle  massime  adottate  dalla 
Sezione  il  INIuzzi  è  invitato  a  fare  un'esperienza  in  sua  casa, 
compiacendosi  di  avvertire  un  numero  di  socj  a  sua  scelta,  i  quali 
ben  volontieri  vi  assisteranno,  ed  all'uopo  riferiranno. 

Dopo  l' annunzio  dell'  adunanza  generale  fissata  per  il  di 
otto  Ottobre,  Luigi  Bonaparte  de' Principi  di  Canino  termina  la 
lettura  che  fu  sospesa  nell'antecedente  seduta.  Risponde  egli  in 
questa  seconda  parte  ad  alcune  obbiezioni  che  da  se  stesso  si 
era  proposte  contro  la  sua  nomenclatura  atomica,  discute  i  casi 
in  cui  conviene  sopprimere  le  particelle  uni-uni^  bi-bi  qc,  ed 
avverte  le  cagioni  per  cui  ha  preferito  di  prendere  dal  latino 
piuttosto  che  dal  greco  le  particelle  che  indicano  il  numero 
degli  atomi  costituenti  i  corpi. 

Terminata  la  lettura,  il  Prof.  Taddei  dichiara  che  la  diver- 
genza d'opinione  tra  lui  e  Bonaparte,  di  cui  quest'ultimo 
parlò  nell'antecedente  seduta,  non  è  di  tale  importanza  da 
far  sì  che  essi  non  convengano  nel  principio,  prega  però  l'adu- 
nanza a  ritenere  che  egli  ha  dato  il  primo  l'idea  di  questa  mo- 
dificazione al  linguaggio  chimico,  non  per  uno  spirito  di  inno- 
vazione, ma  solo  in  vista  dell'  utilità  che  ne  deriva,  e  ad  esempio 
di  Guyton  Morveau  che  anche  egli  propose  una  nuova  nomen- 
clatura, la  quale  p^rò  colle  recenti  teorie  si  rende  insufficiente, 
essendo  essa  qualificativa^  e  non  quantitativa. 

Il  Presidente  Configliachi  fa  osservare  che  i  cambiamenti 
dei  linguaggi  scientifici  non  possono  ottenersi  che  a  poco  per 
volta,  quando,  cioè,  molte  ed  accreditate  opere  si  comincino  a 
scrivere  col  linguaggio  medesimo,  ed  adduce  in  prova  ciò  che 
avvenne,  ormai  sono  cinque  lustri,  della  nomenclatura  termo- 


ossigenea . 


L'  Avvocato  Maestri  chiesta  ed  ottenuta  la  parola  dichiara, 
che  come    semplice  amante    di  queste    scienze,  interloquisce 


15 

nel  discusso  soggetto ,  trattandosi  di  una  questione  filosofica^ 
ed  oppone:  che  le  tavole  sinottiche  si  possono  avere  con  facUità 
sempre  pronte,  quando  si  debba  operare  sopra  le  sostanze  chi- 
miche, o  quando  interessi  conoscere  le  proporzioni  dei  compo- 
nenti: che  il  nuovo  linguaggio  porterebbe  alla  compilazione 
di  un  nuovo  dizionario  senza  sopprimere  l'antico,  necessario 
air  intelligenza  delle  opere  finora  pubblicate:  chela  lingua  è 
destinata  a  designare  non  a  definire  le  cose:  che  si  deve  facili- 
tare la  memoria,  e  non  già  distinguere  troppo  gli  individui, 
verità  riconosciuta  da  chi  stabilì  le  classi  i  generi  le  specie:  che 
infine,  se  la  tavola  sinottica  riuscisse  inutile  a  conoscere  la  pro- 
porzione degli  atomi ,  diverrebbe  necessaria  ad  ajutare  la  me- 
moria per  ritrovare  i  nomi,  giacché  i  numeri  rappresentati  dalle 
particelle  riferendosi  a  idee  astratte,  sono  più  difficili  a  ritenersi 
che  i  nomi  delle  sostanze. 

Luigi  Bonaparte  soggiunge  che  egli  non  ha  inteso  di  dire 
che  la  sua  nomenclatura  debba  necessariamente  adottarsi,  ma 
soltanto  che  la  ritiene  utilissima,  perchè  utile  fu  pure  quella  di 
Guyton  Morveau:^  perù  non  essendo  egli  tra  i  Professori  inse- 
gnanti lascia  a  questi  il  giudicare  se  la  memoria  degli  scolari 
ne  sarebbe  troppo  aggravata.  E  il  Prof.  Taddei  asserisce  che 
la  proposta  nomenclatura  ha  servito  mirabilmente  all'  intelli- 
genza de' suoi  alunni,  trattandosi  massimamente  di  composi- 
zioni e  decomposizioni  chimiche. 

Per  viste  filantropiche,  ed  a  scanso  di  dannosi  equivoci  il 
Prof.  Gazzeri  desidera,  che  ai  gruppi  di  corpi  che  hanno  un 
nome  volgarmente  conosciuto,  altri  non  se  ne  sostituiscano, 
che  abbiano  volgarmente  differenti  significati,  conferma  la  cosa 
con  due  esempj,  e  conchiude  che  forse  sarebbe  più  conveniente 
il  crear  per  tali  corpi  nomi  totalmente  nuovi. 

Terminata  così  la  discussione ,  il  Prof  Pacinotti  chiede  la 
parola  sulla  memoria  del  Prof.  Zantedeschi,  letta  nell'adunanza 
del  dì  5,  ed  osservando  che  i  fatti  da  lui  mostrati  erano  stati 


14 

presentati  come  cose  nuove,  e  che  realmente  una  certa  novità 
si  ritrovava  nella  mancanza  della  rotazione  della  calamita  at- 
torno al  filo  congiuntivo,  domanda,  che  invece  della  discussione 
che  su  tal  soggetto  doveva  aver  luogo  in  quel  giorno,  sia  tra  i 
socj  eletta  persona  per  giudicare  dell'  interesse  di  quelle  sperien- 
ze.  Anche  il  Canonico  Bellani  sembra  voler  parlare  su  tal  pro- 
posito, quando  il  Presidente  propone  d'invitare  il  Prof.  Zan- 
tedeschi  a  ripetere  le  sue  sperienze  davanti  tutti  i  Professori  di 
Fisica  propriamente  detta,  che  sono  ascritti  alla  nostra  sezione, 
e  a  tale  oggetto  trova  conveniente  che  la  loro  unione  abbia 
luogo  nel  Gabinetto  Fisico  dell'  Università  nel  giorno  9  cor- 
rente all'un'  ora  pomeridiana. 

Il  Prof.  Zantedeschi  dichiara  di  non  aver  avuto  altra  inten- 
zione fuorché  quella  di  presentare  de'  fenomeni  mediante  i  quali 
si  assegna  il  numero  e  la  posizione  di  forze  senza  pronunciarsi 
sulla  loro  natura,  la  quale  non  si  conosce.  Conchiude  però  che 
si  presterà  all'invito  del  Presidente,  e  quindi  rimane  stabilita 
la  repetizione  delle  sperienze. 

Il  Professor  Favini  incomincia  la  lettura  delle  sue  osserva- 
zioni sopra  un  frumento  ed  alcune  fettucce  di  pane  trovate  in 
un'urna  sepolcrale  egiziana,  ed  espone  queste  stesse  sostanze 
alla  vista  de'  socj . 

Dopo  aver  citati  alcuni  risultamenti  dell'  analisi  fatta  sopra 
i  grani  maturi  ed  immaturi,  risultamenti  consegnati  negli  Atti 
dell'Accademia  Reale  di  Torino,  si  propone  di  ricercare  quali 
variazioni  sono  avvenute  ne'  presentati  grani  rimasti  sepolti 
per  più  di  5000  anni.  Si  mostrano  essi  anneriti,  probabilmente 
da  un  incipiente  carbonizzazione,  alcuni  sono  tarlati  o  forati  o 
corrosi,  e  altri  sono  totalmente  vuoti*,  tutti  poi  appariscono 
friabili.  Frammisti  ai  medesimi  avvi  qualche  grano  di  avena 
rivestito,  qualche  pagliuccia,  e  della  polve  bruna  che  forse  è 
prodotta  dalla  tarlatura.  I  polli  non  li  mangiano  per  il  cattivo  , 

odore  che  esalano,  se  prima  non  restano  esposti  all'aria.  Non  l 


I 


13 

germogliano*,  maciuati  somministrano  farina  da  cui  non  può 
separarsi  la  crusca. 

Quantunque  le  apparenze  potessero  far  propendere  alla 
opinione  di  Raspail  che  credè  di  scorgere  in  grani  d'orzo 
trovati  in  una  tomba  egiziana  una  torrefazione  anteriore  alla 
loro  deposizione  nell'urna,  pure  il  Prof.  Lav ini  è  disposto  a 
credere  che  il  principio  di  loro  carbonizzazione  sia  soltanto  do- 
vuto all'azione  dell'umidità,  aderendo  cosi  all'opinione  già 
emessa  da  Braconot.  Procede  quindi  l'Autore  a  descrivere  l'a- 
nalisi delle  sostanze  sunnominate,  esponendo  come  dalla  farina 
dell'antico  frumento  egiziano  non  possa  separarsi  il  glutine, 
perchè  l'acqua  lo  scioglie  subito,  e  come  l'alcool  non  ne  estragga 
che  una  sostanza  resinosa  di  gusto  amaro  e  nauseoso,  ed  infine 
come  r  amido  contenuto  in  questa  farina  si  sciolga  in  tutte  le 
proporzioni  nelF  acqua . 

Facendosi  in  seguito  ad  esaminare  il  pane,  egli  giudica  che 
non  abbia  subito  una  torrefazione  anteriore,  presentando  i  ma- 
teriali principali  inerenti  alla  farina  suddescritta,  eccettuatane 
una  sostanza  animale  che  è  evidentemente  prodotta  dagli  avanzi 
degli  insetti  da  cui  si  trova  tarlato.  Aggiunge  infine  un'ana- 
lisi del  limo  egiziano  che  riscontra  fertilissimo,  e  servibile  per 
eccellente  concime,  essendo  composto  di  iV  di  acqua,  -~  di 
materia  organica,  ~  di  humusy  e  infine  di  silice,  calce,  allu- 
mina, ossido  ferrico,  e  d'alcune  tracce  d'ossido  manganico. 

Il  Prof.  Targioni  in  conferma  dei  parere  del  Prof  Lavini 
porta  in  esempio  il  grano  che  trovasi  sepolto  nelle  vicinanze  di 
Certaldo,  che  ha  sofferto  a  cagione  dell'umidità  una  vera  carbo- 
nizzazione. Egli  ritiene  che  ciò  accada  in  modo  analogo  a  quello 
con  cui  i  legni  si  convertono  in  hgniti. 

In  appoggio  dell'  opinione  del  medesimo  Professor  Tori- 
nese, il  Prof.  Gazzeri  esclude  la  possibiUtà  di  un  incendio  che 
abbia  carbonizzati  gli  ammassi  di  grano  sepolti  a  Certaldo, 
perchè  vi  si  trova  unito  dello  zolfo,  e  perchè  un  calore  capace  di 


16 

carbonizzare  il  centro  di  questi  ammassi,  avrebbe  certamente 
bruciati  i  grani  prossimi  alla  superficie. 

Il  Prof.  Orioli  senza  negare  che  generalmente  l'umido 
possa  essere  una  causa  di  carbonizzazione,  dubita  che  in  questo 
caso  lo  sia  stato  ^  imperocché  le  tombe  egiziane  sono  situate 
a  molta  profondità  ed  in  luoghi  asciuttissimi .  Quindi  pensa 
che  sia  provenuta  dalla  partenza  dell' idrogene  che  facilmente 
sfugge ,  unito  forse  a  qualche  altra  sostanza,  abbandonando  il 
carbonio.  Prega  poi  il  Prof.  Lavini  a  spingere  più  oltre  le  os- 
servazioni microscopiche  e  le  analisi  chimiche  delle  sostanze  in 
questione. 

Replica  il  Prof.  Lavini;  che  egli  non  crede  provenire  la 
carbonizzazione  dalla  umidità  dell'  atmosfera,  ma  bensì  da  quella 
umidità  che  certamente  esisteva  ne'  corpi  colà  racchiusi,  e  da 
quella  che  poteva  formarsi  colla  combinazione  dell'ossigeno 
all' idrogene  rimasto  libero:  e  che  le  osservazioni  microscopi- 
•che  non  gli  hanno  mostrato  nulla  di  particolare  nella  struttura 
del  grano  egizio. 

Il  Prof.  Targioni  fa  osservare  che  l' acqua  di  vegetazione 
può  avere  in  parte  somministrata  l'umidità  richiesta,  ed  il  Prof. 
Cazzeri  avverte  che  non  vi  ha  secchezza  assoluta. 

Il  Prof.  Orioli  mostra  pure  di  dubitare  che  queste  quantità 
d'acqua  siano  sufficienti  per  potere  ad  esse  attribuire  il  feno- 
jneno  osservato . 

Chiusa  questa  discussione,  il  Prof.  Littrow  comunica 

I.  Una  pianta  della  nuova  Specola  nell'I.  R.  Collegio 
di  Marina  in  Venezia  colla  spiegazione  annessavi. 

II.  Un'  aggiunta   all'  astronomia  nautica    per    facilitare 
r  osservazione  delle  altezze  meridiane  del  sole  in  mare . 

IIL  Osservazioni  dì  stelle  Jllantì  (cadenti)  fatte  all'I.  R. 
Osservatorio  di  Vienna. 

E  procedendo  alla  lettura  di  un  estratto  di  quest' ultime, 
narra  che  alla  Specola  di  Vienna  dal  Novembre  1837  in  poi  si 


17 

sono  osservate  più  di  2003  stelle  cadenti  mediante  un  piccolo 
strumento  di  legno  fatto  a  guisa  di  Teodolite,  e  di  cui  offre 
un  disegno. 

Per  mezzo  del  descritto  strumento  si  sono  potute  for- 
mare delle  carte  di  stelle  cadenti  con  diversi  sistemi  di  proje- 
zioni  delle  linee  da  esse  percorse. 

Dall'insieme  delle  osservazioni  fatte  in  varie  notti,  in 
alcune  delle  quali  se  ne  videro  persino  580  l'ora,  risulta 
quanto  segue. 

1."   Sono  da  attendersi  annualmente  moltissime  stelle 
cadenti  verso  il  10  di  Agosto  ed  il  15  Novembre. 

2.  Le  stelle  cadenti  dei  mesi  di  Agosto  e  Novembre  sono 
d'origine  cosmica. 

5.°  Queste  stelle  cadenti  dei  mesi  suddetti  sono  da  di- 
stinguersi bene  dai  fenomeni  ordinar]  che  si  vedono  ogni  notte. 
4.'  Le  stelle  cadenti  di  Agosto  differiscono  da  quelle  di 
Novembre,  apparendo  in  parti  quasi  opposte  del  cielo;,  quelle 
andando  incontro,  queste  procedendo  a  seconda  del  moto  an- 
imo della  terra. 

La  singolarità  di  tali  osservazioni  fa  sì,  che  si  debba  ri- 
sguardare  cosa  utile  il  ripeterle  regolarmente  nella  prima  notte 
chiara  di  ogni  settenario  di  novilunio,  formato  da  tre  giorni 
prima,  e  tre  giorni  dopo  il  novilunio  stesso,  e  a  tale  oggetto  ne 
fa  formale  invito  aoli  Astronomi  Italiani. 

Il  Gav.  Carlini  accetta  l'invito,  e  nello  stesso  tempo  crede 
di  dover  fare  onorevole  menzione  del  Colla  di  Parma,  che  si 
è  dedicato  da  qualche  tempo  a  simil  genere  di  ricerche,  aggiun- 
gendo che  già  si  usa  alla  Specola  di  ÌNIilaao  un  istrumento  ese- 
guito sul  disegno  del  Professore  Littrow.  Ed  in  seguito  il  Prof. 
Botto  comunica,  che  anche  a  Torino  si  erano  fatte  da  alcuni  anni 
a  questa  parte  delle  simili  osservazioni . 

Il  Prof.  Vincenzo  Amici  rende  noto,  che  il  di  lui  padre 
Prof.  Giovan  Battista  fino  dal  1825  avverti  una  straordinaria 


18 

comparsa  eli  stelle  cadenti  nella  sera  del  10  Agosto^  poscia  da 
un  succinto  ragguaglio  delle  osservazioni  di  più  di  520  stelle 
cadenti  fatte  alla  Specola  del  R.  INIuseo  di  Firenze  in  quattro 
ore  della  sera  del  10  Agosto  dell'anno  corrente^  avvertendo 
però  alla  generale  differenza  delle  direzioni  di  quelle,  che  ap- 
parivano nell'uno  o  nell'altro  emisfero. 

Il  Presidente  ricorda  che  venne  indicato  altro  pr-riodo  ana- 
logo ai  precedenti  anche  nell'Aprile^  il  che  da  altri  è  pur  con- 
fermato. 

Sul  finire  dell'adunanza  Tito  Puliti  mostra  l'apparecchio 
mediante  il  quale  ha  potuto  ottenere  molti  saggi  d'impres- 
sioni sopra  i  plaqiiè  d'argento  seguendo  il  metodo  del  Daguer- 
re.  L' ahhassamento  di  tono  prodotto  dall' azione  della  luce  sui 
veli  sottilissimi  corrispondenti  alle  varie  tinte  dei  primi  quat- 
tro anelli  di  Newton,  e  ottenuti  colla  metallocromia,  come  anche 
la  screpolatura  osservata  nei  veli  stessi  e  precisamente  nelle  parti 
su  cui  la  luce  ha  più  o  meno  agito,  sono  fatti  esposti  dal  Pu- 
liti,  all'oggetto  soltanto  di  facilitare  ai  Fisici  la  spiegazione 
teorica  della  scoperta  del  Daguerre,  alla  quale  spiegazione  può 
ancora  giovare  quanto  su  tal  rapporto  ha  pubhlicato  il  Donne. 

Il  Presidente  prega  il  Puliti  a  recarsi  il  mercoledì  pros- 
simo 10  Ottobre  al  mezzo  giorno  in  una  sala  dello  Spedale 
per  prendere  coli'  istrumento  da  lui  reso  ostensibile,  la  prospet- 
tiva di  qualcuno  de'  famosi  edificj  che  si  trovano  nella  piazza 
della  Primaziale  Pisana,  al  che  graziosamente  aderisce  il  Puliti, 
e  con  ciò  resta  chiusa  l'adunanza, 

,'   VT.OF.   VINCENZO  AMICI. 
I   Skghetap.j  della  Srzjone 

(  PROF.  LUIGI  PACINOTTI. 

Ik  Presidente  -  C^^T.  CONFIGLUCHI. 


19 


TENUTA  IL  DI  9  OTTOBRE  1859 


J-Popo  la  lettura,  correzione,  e  approvazione  del  processo  ver- 
bale ,  viene  dal  Presidente  annunziato  avere  il  Muzzi  comuni- 
cato il  modo  tenuto  nelle  sue  prime  ricerche  areonautiche  con 
alcuni  libretti  da  passarsi  a  coloro  tra  i  socj  che  avessero  bra- 
mato di  esser  presenti  ai  di  lui  sperimenti ',  ed  ancora  che  a 
disposizione  dei  socj  stessi  si  ritiene  dalla  Direzione  in  depo- 
sito la  lettera  del  Frate  Prof.  Giov.  Giuseppe  Matraia  riguar- 
dante alcuni  strumenti  astronomici,  ed  insieme  una  copia  del- 
l' opera  del  Colizzi  altra  volta  rammentata .  Legge  il  Segretario 
la  lettera  del  Prof.  Matraia. 

In  aggiunta  alle  cose  dette  nella  precedente  seduta  circa 
il  so2;2:etto  trattato  dal  Prof.  Lavini,  il  Canonico  Bellani  avvisa 
di  avere  nella  opera  sulla  longevità  delle  piante  narrato,  essere 
stata  trovata  nelle  mani  di  una  INIummia  una  cipolla  che  poi 
aveva  germogliato,  ed  altri  fatti  del  pari  prodigiosi,  come  quello 
che  i  capelli  di  Mummie  erano  stati  riconosciuti  buoni  per  ser- 
vire negli  igrometri,  e  interpella  i  socj  sulla  credibilità  di 
queste  asserzioni. 

Ottenuta  la  parola,  il  Prof.  Orioli  fa  prima  osservare  che 
un  equivoco  poteva  essere  occorso  nel  modo  di  spiegare  l'umi- 
dità nelle  urne  e2:iziane,  di  cui  fu  tenuto  discorso  nell'antece- 
dente  seduta:  convenire  egli  che  gli  elementi  dell'acqua  si  po- 
tevano ben  ritrovare  in  quell'urne,  e  soltanto  obiettare  contro 
quella  che  comunemente  suol  dirsi  umidità:  secondariamente 


20 

rileva  che  i  fatti  portentosi  esposti  dal  Canonico  Bellani  men- 
tre avrebbero  bisogno  di  verificazione,  mal  resistono  invece  ad 
una  rigorosa  critica.  Contuttociò  in  prova  che  quei  misteriosi 
fatti  non  debbono  rigettarsi  reca  diversi  esempj  consimili,  e  fra 
questi,  che  nel  Museo  Vaticano  si  conserva  intatta  una  chioma  di 
una  donna,  mentre  tutto  il  suo  corpo  è  ridotto  in  polvere. 

Altri  esempj  sulla  difficile  alterazione  dei  capelli  son  rife- 
riti dal  Prof.  Giuseppe  Gazzerij  ed  il  Professor  Taddei  aggiunge 
conservarsi  in  Arezzo  dal  Fabbroni  dei  pezzi  animali  petrifi- 
cati  dal  tempo,  e  che  pur  contengono  sostanze  gelatinose.  11 
Presidente  fa  avvertire  che  la  incrostazione  che  ricevono  alcuni 
corpi  coll'andar  del  tempo  basta  a  preservarli  dalla  successiva 
alterazione . 

Terminato  questo  il  Prof.  Francesco  Zantedeschi  ritorna 
sul  suo  soggetto:  dichiara  di  non  aver  voluto  recare  nella  lettura 
alcuna  cosa  di  nuovo,  e  che  avrebbe  fatto  torto  alla  Sezione 
se  dopo  gli  applausi  ricevuti  nella  esposizione  delle  esperienze, 
le  avesse  ripetute  alla  presenza  di  una  Commissione,  come  era 
stato  stabilito  nella  seduta  passata.  Il  Presidente  gli  fa  avvertire 
che  l'applauso  non  si  può  considerare  tutto  al  più  che  come 
un  voto  degli  individui  plaudenti,  non  mai  come  quello  della 
Sezione,  e  che  recusandosi  egli  a  ciò  che  aveva  già  convenuto 
veniva  ad  impedire  la  fissata  discussione.  Imperocché  questa 
essendo  mancata  a  cagione  dell'ora  già  tarda  nel  giorno  di 
sua  prima  lettura,  doveva  soltanto  tenerne  luogo  quella  Riu- 
nione d'individui  che  era  stata  destinata  a  rivedere  l'esperien- 
ze, ed  a  ragionarvi  seco  lui.  Ed  aggiunge  che  in  tal  modo  ope- 
rando viene  a  concedere  che  ciascuno  a  suo  talento  giudichi 
sulle  cose  da  lui  comunicate.  Contuttociò  persiste  il  Zante- 
deschi nella  sua  ultima  risoluzione,  e  si  oifre  piuttosto  a  mo- 
strare privatamente  l'esperienze  a  chi  esternerà  desiderio  di 
vederle . 

Allora  il  Professore  Orioli  rileva  che  più  volte  egli  aveva 


21 

dichiarate  nuove  quelle  sue  cose ,  e  lo  invita  a  dire  qual  risposta 
aveva  dato  a  ciò  che  ne  scrisse  il  Fusinieri .  A  questi  replicando 
il  Prof.  Zantedeschi,  come  anche  al  Prof.  Malocchi,  ed  al  Ca- 
nonico Bellani,  i  quali  preser  parola  sul  medesimo  soggetto, 
avverte  che  non  ha  mai  pubblicate  quelle  sue  idee ,  e  perciò 
non  possono  a  queste  alludere  le  cose  del  Fusinieri. 

In  ultimo  il  Prof.  Gazzeri  fa  sentire  che  la  opinione  della 
maggior  parte  dei  Fisici  componenti  la  nostra  Sezione  è,  che 
le  cose  esposte  dal  Zantedeschi  sono  note  ed  evidenti  deduzioni 
delle  dottrine  ricevute  nelle  scuole. 

Cominciate  le  letture  espone  il  Dott.  Enrico  Montucci 
un  modo  di  formare  i  quadrati  dei  numeri,  che  appoggiato 
alla  considerazione  di  essere  il  quadrato  di  un  polinomio  com- 
posto dalla  somma  dei  quadrati ,  e  dalla  doppia  somma  delle 
combinazioni  a  due  a  due  di  tutti  i  termini,  consiste  nel  rac- 
cogliere agevolmente  in  un  sol  numero  la  somma  dei  quadrati, 
e  le  dette  combinazioni  in  altri  numeri,  che  si  ottengono  con 
facilità  mediante  tavola  appositamente  costruita,  e  che  nella 
disposizione  del  calcolo  danno  una  figura  piramidale  la  quale 
ha  per  base  il  primo  numero.  Termina  coli' annunziare  che  ha 
preparato  un  simil  lavoro  per  la  formazione  de' cubi  dei  nu- 
meri^ e  deposita  la  tavola  già  compilata  a  comodo  dei  socj. 

Sopra  il  modo  di  disporre,  e  di  regolare  le  acque  nelle 
campagne  p'^r approfittarsi  delle  torbe  legge  l'Ingegnere  Corsi, 
e  stabilisce  quella  che  egli  chiama  teorica  delle  linee  di  pen- 
denza, e  dei  piani  o  linee  orizzontali,  rimettendo  ad  altra  se- 
duta la  lettura  dell'ultima  parte  del  suo  scritto. 

Il  Cav.  Prof.  Francesco  Carlini  fa  conoscere  un  suo  lavoro 
sulla  applicazione  delle  formule  astronomiche  al  regolamento 
dell'accensione  e  dello  spengimento  delle  lampade  per  la 
pubblica  illuminazione.  Comincia  con  un  erudito  cenno  sto- 
rico sull'origine  delle  civiche  illuminazioni,  e  principalmente 
di  quella  di  Milano,  notando  che  quando  essa  fu  bene  stabilita 


22 

venne  incaricato  della  direzione  il  celebre  Padre  De  Ricca,  dei 
lavori  del  quale   non  è   rimasta  traccia:  furon  fatte  da  altri 
delle  tabelle,  ma  si  riconobbero  imperfette  ed  erronee,  giac- 
che servendosi  di  esse    non  tornavano  le  naedesime   ore  nel 
periodo  di  19  anni.  Perciò  il  Municipio  ricorse  alla  Direzione 
dell'Osservatorio  astronomico,  onde   avere  regole   esatte    per 
l'accensione  dei  lumi.    Le  condizioni    del   problema    erano: 
1.^  Per  la  luce  crepuscolare  che  l'accendersi  o  spengersi   dei 
lumi  avvenisse  in   tutto  l'anno  nell'istante  in  cui  il  Sole  tro- 
vavasi   allo   stesso  numero  di  gradi  sotto  l'orizzonte.  2.^  Ri- 
spetto alla  Luna  si   osservasse  che  la  grandezza  della  fase,  e 
la  sua   elevazione    dessero    alla    luce  una   costante  intensità. 
3.^  Che    la    somma  delle  ore  di  accensione  in  tutto  il   corso 
dell'anno    eguagliasse  il  medio  di   quelle    fin  allora  stabilite. 
Circa  la  prima,  riconosciuto  che  gli  ordinar]  metodi  avrebber 
portato   a  due  equazioni  a  differenze   finite   delle  quali  riesce 
impossibile   ottenere  l'integrale,  che  deve  dare  la  somma  delle 
ore  di   accensione  in  tutto  il  corso  dell'  anno^  e   assicuratosi 
ancora  che  lo  svolgimento  in  serie  non  avrebbe  potuto  con- 
durre ad  un  resultamento  approssimativo-,  ravvisa  che  per  il 
clima  di  Milano  non  molto  boreale  la  serie  degli  angoli  orarj 
corrispondenti    alle  immersioni   del  Sole  sotto  l' orizzonte  di 
zero  gradi,  e  di  diciotto  gradi:  può  con  sufficiente  approssima- 
zione  essere  espressa   da  un  termine   costante    congiunto   ad 
uno  periodico,  ed  equivalente  ad  un  coefficiente  parimente  co- 
stante moltiplicato  pel  seno  della  longitudine  del  Sole,  e  nella 
ricerca  del  valor  numerico  del  coefficiente  usando  del  metodo 
de'  minimi  quadrati  raggiunge  il  suo  scopo.   Assai  più  com- 
plicato presentandosi  il    problema   nella  parte    die    riguarda 
l'intensità  della  luce  lunare,   per  miglior  partito  gli  conviene 
cercare   una   formula  empirica  la  quale  sia  adattata  a  rappre- 
sentare l'intensità  della  luce  lunare  in  funzione  dell'elonga- 
zione   del  Sole,  e  soddisfi  a   certe  condizioni  necessarie,  ma 


à 


25 

contuttociò  la  forza  assoluta  della  luce  proverebbe  dal  calco- 
lare co'  noti  principi  ottici  la  di  lei  estensione  nell'atmosfera, 
e  farebbe  uopo  gettarsi  di  nuovo  nella  complicazione  dei  cal- 
coli elle  si  son  voluti  evitare.  Pensa  quindi  l'Astronomo  di 
Milano  allo  espediente  di  rappresentare  immediatamente  con 
altra  formula  empirica  e  contenente  dei  coefficienti  indeter- 
minati l'altezza,  a  cui  in  diverse  fasi  debbe  giungere  la  Luna 
affinchè  la  sua  luce  ci  pervenga  egualmente  intensa,  e  trovata 
questa  formula  dietro  l'esperienza  di  due  anni,  supera  ogni 
difficoltà I,  e  con  apposite  tabelle  può  assegnare  una  regola 
facile  a  tenersi  per  l'accensione  e  spengimento. 

Dopo  breve  lettura  sul  bisogno  di  munirsi  nei  Gabinetti 
di  Fisica  di  più  galvanometri  che  abbiano  differente  sensi- 
bilità, e  sul  vantaggio  che  dà  l' imperniamento  dell'ago  con 
fulcro  verticale ,  e  la  semplicità  dell'apparato,  mostra  il  Pro- 
fessor Maiocchi  di  INIilano  il  suo  Galvanometro  universale,  e 
con  esperienze  stabilisce  che  quello  strumento  può  misurare 
tutte  le  correnti  elettriche  da  quelle  di  un  elemento  di  rame 
e  zinco,  esteso  un  pollice  circa,  fino  a  quelle  provenienti  da 
un  elemento  voltaico  di  molti  piedi  di  superficie. 

Su  tal  galvanometro  il  Prof.  Orioli  rammenta  che  po- 
trebbero diminuirsi  le  oscillazioni  dell'ago  formando  il  piano 
metallico^  ed  il  Presidente  osserva  essere  interessante,  che 
supposto  già  corretto  l'effetto  dell'inclinazione  magnetica,  vi 
sia  una  riga  divisa  che  indichi  la  distanza  tra  il  filo  congiun- 
tivo, e  l'ago  calamitato,  e  quindi  un  modo  di  apprezzare  la 
forza  relativa  della  corrente  elettrica. 

Parla  infine  il  Professor  Cassiani  suU'  aderire  fra  loro 
le  paglie  dell'elettrometro  del  Volta,  o  l'incrociarsi  quando 
si  scarica  lo  strumento,  e  domanda  ai  socj  se  per  spiega- 
zione del  fenomeno  servirebbe  dire  non  essere  le  paglie  buoni 
conduttori,  e  non  scaricarsi  quelle  quando  è  scarico  il  cappel- 
letto. 11  Prof.  Belli  osserva  che    devono  le   paglie  avere  diffe- 


\. 


24 

rente  elettrizzazione  fra  loro  affinchè  possano  aderire  per  la 
propria  coibenza,  ed  il  Presidente  fa  in  conferma  avvertire  che 
siccome  le  pagliette  investono  i  fili  metallici,  in  confronto 
dotati  di  quasi  immensa  conducibilità  elettrica,  così  il  feno- 
meno meglio  si  produce  quando  si  scarica  tutto  ad  un  tratto 
lo  strumento  già  caricato  di  elevata  tensione,  generandosi  la 
nota  aderenza  elettrica  . 

Domanda  la  parola  Carlo  Bonaparte  Principe  di  Musigna- 
no,  e  propone  che  sia  eletta  una  Commissione  la  quale  as- 
sista alle  ricerche  anatomiche  relative  al  quarto  lobo  del  cer- 
vello che  egli  è  per  fare  sulla  Torpedine,  ed  il  Presidente 
deputa  a  ciò  i  Professori  Orioli,  Casari,  Maiocchi,  Zantedeschi, 
Belli,  e  Pacinotti,  non  perchè  abbiano  a  proferir  giudizio  su 
quelle ,  ma  solo  ne  debbano  render  noti  alla  Sezione  i  resulta- 
menti^  e  dopo  scioglie  la  seduta. 


PROF.  LUIGI  PÀCiyOl'TI. 
I  Segretarj  della  Sezione 

PROF.  VINCENZO  AMICI. 


Il  Presidente  -  CJr.   COy FIGLI  A  CHI. 

TENUTA  IL  DI  10  OTTOBRE  1839 


.A-pre  l'adunanza  il  Presidente,  coli' avvertire  che  una  por- 
zione di  socj  assiste  alle  sperienze  della  Torpedine  che  in  quel 
medesimo  tempo  si  eseguiscono:  quindi  fa  leggere  il  processo 


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verbale  il  quale  vien  prima  corretto,  giusta  le  osservazioni  fatte 
e  discusse  da  vari  socj,  ed  è  poscia  approvato. 

C.  Attilio  Cenedella,  premessa  brevemente  una  esposizione 
delle  cognite  proprietà  chimiche  dell'azoto,  e  dei  composti  che 
lo  contengono,  si  propone  di  osservare  qual  è  il  risultamento 
dell'azione  dell'ammoniaca  secca  sul  deutossido  di  rame  a  diffe- 
renti temperature,  e  dice  di  aver  notato,  che  agendo  per  lungo 
tempo  su  di  esso  a  freddo  si  forma  una  combinazione  solubile 
in  totalità  nell'acqua,  la  quale  resta  tinta  in  bellissimo  azzurro. 
Replicato  quindi  l'esperimento  a  100^  centigradi,  ha  veduto 
annerirsi  l'ossido,  ed  escire  poca  acqua  vaporosa,  e  conti- 
nuando l'azione  fino  al  cessar  del  vapore  il  risultamento  che 
ottiene  è  una  sostanza  di  colore  oscuro  che  in  parte  sciogliesi 
nell'acqua  distillata,  lasciando  insolubile  del  deutossido  di 
rame.  Fatta  poi  l'esperienza  con  un  tubo  di  porcellana  reso 
rovente,  entro  cui  era  posto  l'ossido  di  rame,  e  attraverso  il 
quale  passava  l'ammoniaca,  ha  osservato  per  la  parte  opposta 
del  tubo  escir  in  copia  del  vapor  acqueo  misto  a  gaz  azoto  ed 
idrogene  in  varie  proporzioni j  ma  però  l'ultimo  scemava  a 
misura  che  l'operazione  si  inoltrava.  Raffreddato  l'apparecchio 
ha  ottenuto  per  risultamento  una  polvere  granulosa,  lucente, 
di  color  rosso  di  rame,  inalterabile  all'aria.  L'Autore  esami- 
nando l'azione  dell'ammoniaca  sull'ossido  di  rame,  ed  osser- 
vando che  questo  è  composto  di  un  atomo  di  rame  e  di  uno 
di  ossigene,  quella  di  un  atomo  di  azoto  e  di  tre  di  idrogene, 
pensa  che  ne  risulti,  formarsi  l'acqua  coli' ossigeno  e  idrogene, 
l'azoto  libero  combinarsi  col  rame,  e  l' idrogene  trovarsi  nel 
gaz  residuale  ove  aumenta  a  misura  che  il  rame  si  satura  di 
azoto.  Enuncia  quindi  altro  esperimento  tendente  a  compro- 
vare l'esistenza  dell'azoto  nel  prodotto,  e  termina  la  sua 
lettura. 

Il  Commendatore  Vincenzio  Antinori  facendo  un  erudito 
quadro  dello  stato  attuale  della  scienza  meteorologica  in  esatta 

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relazione  colle  scienze  fisiche  e  chimiche,  ed  avvertendo  all'in- 
sufficienza, o  alla  mancanza  totale  di  esatte  e  comparabili  os- 
servazioni che  possano  dar  lume  alla  spiegazione  de'  fenomeni 
meteorologici,  accenna  le  recenti  scoperte  che  riescir  debbono 
vantaggiose  al  progresso  di  questa  scienza.  Profittando  poi 
della  favorevole  occasione  in  cui  sono  riuniti  per  la  prima  volta 
in  Pisa  gli  Scienziati  Italiani,  propone  di  stabilire  in  vari  punti 
della  nostra  penisola  un  piano  di  osservazioni  contemporanee, 
fatte  con  istrumenti  comparabili  e  descritte  con  un  linguaggio 
comune,  affinchè  i  risultamenti  possano  più  facilmente  sotto- 
porsi a  calcolo,  riuniti  che  siano  in  un  posto  centrale.  ccPo- 
cctrebbe  (egli  dice)  quel  luogo  centrale  essere  il  R.  Museo  di 
«Firenze,  per  la  geografica  posizione,  per  la  meritata  fama  di 
ce  cui  gode,  come  monumento  parlante  di  gloria  italiana,  nel 
ce  quale  si  conservano  i  primi  strumenti  di  fisica  sperimentale, 
ce  e  di  meteorologia  immaginati  dall'ingegno  de' nostri  mag- 
ccgiori,  e  quei  più  moderni  che  servirono  di  base,  e  norma 
ce  nella  determinazione  de' nostri  pesi  e  misure  eseguita  sotto 
ce  l'impero  francese:  come  i  quattro  Termometri  comparabili 
cedi  Trougthon,  e  la  Tesa  ivi  depositata  dallo  stesso  La  Gonda- 
cc  mine  dopo  il  suo  viaggio  al  Perùw. 

In  conseguenza  del  generale  applauso  fatto  dalla  Sezione 
al  progetto  del  Commendatore  Antinori,  il  Prof.  Maiocchi 
invita  il  Presidente  a  nominare  una  Commissione,  tra  i  membri 
della  presente  Unione,  la  quale  designi  degli  strumenti,  fissi 
un  linguaggio,  e  formi  delle  tabelle  da  distribuirsi  ai  diversi 
Osservatorj,  perchè  nell'anno  venturo  le  riportino  compilate 
alla  seconda  Riunione  in  Torino,  ove  si  stabilirà  invariabil- 
mente il  desiderato  piano  di  osservazioni. 

Il  Presidente  facendo  notare  la  brevità  del  tempo  che 
rimane  a  questa  prima  Riunione,  pensa  che  giovi  affidare 
piuttosto  al  solo  Commendatore  Antinori  la  compilazione  del 
progetto  di  cui  si  tratta,  ritenendo  che  egli  sarà  certamente 


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coadiuvato  dai  socj  che  si  compiacerà  di  interpellare,  perchè 
tanto  egli  che  tutti  gli  altri  riconoscono  quanto  sia  utile  il  far 
progredire  lo  studio  della  IMeteorologia,  la  quale  scienza  ha 
finora  tenuto  un  andamento  inverso  delle  altre,  cominciando 
ad  essere  teorica  prima  di  essere  stata  bastantemente  descrittiva. 

Il  sentimento  del  Presidente  riceve  T  approvazione  dell'adu- 
nanza, ed  il  Commendatore  Antinori  accetta  l'onorevole  inca- 
rico. Sono  in  questo  intervallo  annunziati  dal  Prof.  Canobbio 
e  dal  Professor  Cassiani  alcuni  fatti  di  meteorologia,  ed  il  Prof. 
Maiocclii  avverte  la  convenienza  di  stabilire  gli  Osservatori 
magnetici  nelle  città  marittime. 

Il  Prof.  Vincenzo  iimici  legge,  in  seguito,  un  prospetto 
di  un  suo  nuovo  corso  di  Matematiche  applicate,  il  cui  primo 
volume  è  ora  sotto  i  torchi.  Dividesi  questo  trattato  in  tre 
parti.  La  prima  contiene  la  Meccanica  teorica,  la  seconda 
l'Idraulica,  e  la  terza  è  destinata  alle  applicazioni  più  utili  delle 
scienze  suddette.  Dopo  aver  dichiarati  quali  sono  i  principi 
generali  meccanici  e  analitici,  su  cui  è  basato  il  sistema  della 
sua  opera,  passa  a  ragionare  delle  teorie  esposte  nel  primo 
volume,  e  accenna  quali  ha  rifuse,  modificate,  o  conservate  fra 
quelle  che  dagli  altri  scrittori  sono  generalmente  adottate.  E 
dando  ragguaglio  delle  cose  contenute  nelle  note  che  appone 
a  questo  stesso  volume,  fa  osservare  che  il  metodo  in  esse  te- 
nuto per  ritrovare  le  variazioni  delle  derivate  delle  funzioni  di 
una  sola  variabile,  può,  senza  aver  ricorso  alle  variabili  ausi- 
liarie come  fa  il  Poisson,  e  in  modo  più  spedito  di  quello  usato 
dall' Ostrogradsky,  servire  alla  ricerca  delle  variazioni  delle 
derivate  di  qualunque  ordine  delle  funzioni  di  un  numero  qual- 
sivoglia di  variabili  indipendenti. 

L'ultima  lettura  accompagnata  da  un'estensione  è  del 
Dott.  Luigi  Mori,  maestro  di  Farmacia  nello  Spedale  di  Pisa. 
Fa  conoscere  essere  egli  stato  il  primo,  dopo  Segato,  ad  occu- 
parsi deir  indurimento  delle  sostanze  animali  impropriamente 


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detto  petrifìcazione.  Persuaso  che  il  segreto  processo  del  Segato 
altro  non  fosse  che  una  chimica  reazione,  ha  sottomesso  ai 
processi  chimici  vari  organi  animali,  e  segnatamente  nel  Luglio 
del  1853  la  lingua,  il  cuore,  e  l'arco  dell'aorta  di  una  giovane 
vitella,  egualmente  che  il  coagulo  sanguigno,  una  porzione  di 
fegato,  e  della  cute  umana,  e  gli  ha  cosi  ridotti  di  una  consi- 
stenza cornea,  e  con  volume ,  colore  e  configurazione  più  o 
meno  diversi  dallo  stato  loro  naturale ,  conforme  mostra  fa- 
cendo ostensione  dei  pezzi  stessi.  E  poiché  nuli' altro  in  questi 
processi  ritrovasi  di  vantaggioso  che  l'indurimento,  e  l'inal- 
terabilità nello  stato  che  han  ricevuto  le  sostanze  dopo  la  pre- 
parazione, conclude  che  finora  l'arte  dell'indurimento  de'pezzi 
animali  non  ha  raggiunto  la  sua  perfezione,  e  domanda  che  a 
sola  mira  di  stabilire  un  ordine  nell'epoche  dei  tentativi  di 
simil  genere,  sia  data  notizia  della  sua  partecipazione  alla 
sezione  di  Medicina,  alla  quale  da  altro  soggetto  sono  state  pre- 
sentate consimili  preparazioni .  La  Direzione  ha  annuito  di 
eseguire  questo  incarico. 

Era  per  terminare  la  seduta  quando  concessa  la  parola  ai 
Professori  Orioli,  e  Lippi,  il  primo  di  questi  rende  conto  delle 
sperienze  fatte  sopra  una  Torpedine  quasi  inorta.  L'animale 
non  dava  più  scosse  sensibili,  posti  li  scandagli  del  galvano- 
metro  moltiplicatore  alla  parte  ventrale  e  alla  parte  superiore 
dell'  organo  elettrico  ha  mostrato  qualche  piccola  scarica  di  cor- 
rente elettrica,  ma  con  egual  facilità,  in  qualunque  parte  del 
cervello  fosse  irritato.  Rotta  la  cassa  cerebrale,  ed  esaminato 
accuratamente  il  cervello  è  stato  riconosciuto  il  quarto  lobo  di 
cui  parla  il  Matteucci,  ma  sebbene  questo  non  abbia  dato  alcun 
risultamento  a  preferenza  degli  altri,  il  Prof.  Orioli  crede  che 
da  una  sola  esperienza  sopra  animale  ridotto  in  sì  cattivo  stato 
non  possa  nulla  concludersi.  Il  Dott.  Lippi  ha  fatta  l' osten- 
sione dei  quattro  lodi  del  cervello:  sono  i  primi  due  ben  di- 
stinti, il  terzo  è  un  piccolo  prolungamento,  e  il  quarto  consi- 


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ste  in  una  prominenza  di  materia  giallastra,  al  di  sotto  della 
quale  esistono,  come  ha  mostrato  il  detto  dissettore,  due  gangli, 
da  ogni  parte  dei  quali  partono  alcuni  fasci  nervosi  degli  or- 
gani elettrici.  Dopo  questo  la  seduta  è  stata  sciolta. 


PROF.   VINCENZO  AMICI. 
I  Segretari  della  Sezione 

PROF.  LUIGI  PÀCmOTTI. 


Il  Presidente  -  CJF.  CONFIGLIACHI. 


TENUTA  IL  DI  11  OTTOBRE  1839 


ietto  secondo  il  consueto  il  processo  verbale,  e  ricevutane 
dai  socj  r  opprovazione,  il  Presidente  fa  noto  che  alcuni  de'  no- 
stri colleghi  eransi  portati  ad  esaminare  il  meccanismo  areo- 
nautico  del  Muzzi,  e  chiede  al  Prof.  Belli,  che  riferisca  le  loro 
osservazioni  ed  opinioni. 

Questi  espone  che  per  la  direzione  dei  globi  areostatici 
si  sono  a  parer  suo  imaginati  tre  diversi  metodi 5  1.°  di  adattare 
lateralmente  al  globo  due  ali,  le  quali  spingendo  l'aria  all'in- 
dietro  mandino  la  macchina  in  avantÌ5  2.°  di  formare  l'areostato 
in  guisa  che  col  salire  e  scendere  si  trasporti  obliquamente,  e 
non  si  allontani  molto  dal  piano  orizzontale,  come  imaginò 
Adolfo  Curti,  dando  ai  palloni  una  figura  di  ellissoide  assai 
compressa,  5.°  di  inalzare  la  macchina  sino  a  quella  regione 
atmosferica,  ove  trovasi  nell'aria  il  movimento  che  si  vuol  dare 


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al  pallone.  Ad  uno  di  questi  tre  metodi  si  riferisce  il  mecca- 
nismo del  Muzzi,  che  per  desiderio  dell'Autore  deve  tenersi 
segreto.  Contuttociò  può  dirsi  avere  esso  merito  per  semplicità, 
ed  in  gran  parte  per  novità,  senza  al  certo  garantirne  l'effetto, 
massime  passando  da  un  piccolo  modello  ad  un  grandioso 
areostato,  e  dal  mezzo  dell'acqua  in  cui  fu  provato,  come 
osserva  poi  il  Professor  Maiocchi,  a  quello  aereo  nel  quale 
dovrebbe  agire. 

In  seguito,  dopo  aver  fatto  sapere  al  Dott.  Luigi  Mori, 
che  è  stata  eseguita  la  domandata  partecipazione  de'suoi  pezzi 
preparati  alla  sezione  di  Medicina,  il  Presidente  invita  il  Prof. 
Casari  a  leggere. 

Intrattiene  il  detto  Professore  di  Vicenza  sopra  un  feno- 
meno di  compressione  meccanicamente  operata  in  un  metallo, 
e  confronta  questo  coli'  altro,  che  la  luce  polarizzata  presenta 
in  un  cubo  di  cristallo  temperato  nell'atto  che  lascia  scorgere 
la  croce  nera.  Egli  prende  un  quadrato,  tagliato  in  piastra  di 
un  metallo  alquanto  elastico,  e  ne  comprime  contemporanea- 
mente verso  il  centro  i  quattro  angoli,  mentre  le  due  superfìcie 
son  frenate  da  piani  resistenti  convenientemente  collocati:  in 
tal  modo  riduce  il  quadrato  ad  un  cerchio,  nel  quale  si  fanno 
vedere  in  rilievo  quattro  sistemi  di  curve  volte  colla  loro  con- 
cavità al  luogo  degli  angoli,  e  questi  sistemi  presentano  grande 
analogia  con  quelli  che  sono  formati  dalle  frange  colorate  nel 
cubo  di  cristallo.  Mostra  in  diversi  pezzi  i  risultamenti  già 
ottenuti  da  questa  esperienza,  ed  accenna  le  relazioni  che  de- 
vono esistere  nella  disposizione  molecolare  delle  particelle  del 
metallo  compresso,  e  di  quelle  degli  strati  del  cubo  temperato. 

I  Professori  Botto  e  Conflgliachi  aggiungono  alcune  osser- 
vazioni in  conferma  delle  cose  esposte,  e  relative  ad  altre  appli- 
cazioni che  possono  farsi  dei  medesimi  principj  scientifici. 

Prosegue  l'intrattenimento  il  Prof.  Giovan  Battista  Cas- 
siani  col  porre  la  Sezione  a  parte  di  molti  suoi  esperimenti 


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sullo  sviluppo  dell'elettricità,  eseguiti  per  mezzo  del  condensa- 
tore. Egli  in  questi  ottiene  le  medesime  elettricità,  per  quanto 
diversifichi  lo  stato  igrometrico  dell'atmosfera,  ed  ha  elettricità 
differenti  mediante  il  contatto  dei  medesimi  corpi  eterogenei: 
quindi  è  portato  a  concludere,  che  non  l'azione  chimica  né  il 
contatto,  ma  un  minimo  sbilancio  di  temperatura  è  la  cagione 
della  elettrizzazione  da  lui  riscontrata.  Anche  esperienze  dirette 
lo  confermano  in  questo  sentimento,  e  gli  fan  conoscere  che 
non  può  lo  sviluppo  dell'  elettricità  provenire  dalla  confrica- 
zione tra  il  piatto  collettore,  e  il  disco  del  condensatore,  o  tra 
gli  altri  pezzi  adoprati  negli  esperimenti,  nò  tampoco  dalla 
pressione  che  fra  questi  può  aver  luogo .  Replica  al  Prof.  Luigi 
Pacinotti  che  lo  aveva  addimandato,  di  essersi  egli  accertato, 
che  il  fenomeno  non  nasce  dal  fregamento  che  l'aria  produce 
sul  collettore  quando  si  solleva  dal  disco  sottoposto. 

Coglie  quest'occasione  il  Presidente  per  richiamare  l'atten- 
zione sul  pericolo  che  vi  è  d'aver  dubbj  risultamenti  operando 
col  condensatore  nelle  ricerche  di  minima  elettricità,  e  conclude 
che  le  osservazioni  ed  esperienze  fatte  sull'influenza  termo- 
elettrica meritano  special  riguardo,  e  conviene  che  sian  conti- 
nuate prima  che  si  possa  stabilire  un'azione  termo-elettrica 
estrinseca  sul  condensatore. 

In  appresso  legge  Giovan  Battista  Canobbio  alcune  osser- 
vazioni circa  la  convenienza  di  adottare  nel  pubblico  insegna- 
mento la  teorica  atomistica,  e  sulla  nuova  nomenclatura  ato- 
mica progettata  da  Luigi  Bonaparte  de'  Principi  di  Canino.  In 
queste,  dopo  avere  approvato  il  metodo  praticato  dal  Professor 
Branchi  nell'insegnamento  della  Chimica,  che  fu  già  comunicato 
alla  Sezione,  sostiene  essere  utile  la  teorica  atomistica  per  lo 
studio  dei  corpi  inorganici,  non  però  rispetto  agli  organici,  che 
sarebbe  intempestivo  e  dannoso  per  ora  nell'insegnamento  cat- 
tedratico l'uso  per  questi  corpi  di  una  tal  teorica,  e  l'adozione 
della  nomenclatura  proposta  da  Bonaparte,  mentre  non  hanno 


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peranche  convenuto  i  Chimici  sulla  composizione  della  mole- 
cola organica  elementare.  Nota  in  fine  che  è  di  sommo  inte- 
resse nello  stato  attuale  della  Chimica  instituire  esatte  e  com- 
parative analisi  dei  carburi  d'idrogene  che  valgano  a  migliorare 
la  teorica  atomistica  nelle  sostanze  organiche. 

Questo  dà  luogo  ad  una  discussione  tra  Luigi  Bonaparte 
e  il  Canobbio.  Espone  il  primo  che  se  la  sua  nomenclatura  non 
può  essere  applicabile  oggidì  ai  prodotti  del  regno  organico , 
presto  però  potrà  divenirlo,  e  che  già  sono  abbastanza  analiz- 
zati e  noti  i  carburi  d'idrogene.  Replica  l'altro  che  intanto  non 
è  questo  il  tempo  di  usare  quella  nomenclatura,  e  facendolo, 
verrebbero  probabilmente  introdotte  delle  inesattezze  nelle 
scuole  j  ed  insiste  pur  anco  sulla  sua  opinione,  che  poche  no- 
tizie si  hanno  su'  carburi  d'idrogene. 

Chiede  la  parola  il  Prof.  Orioli,  e  fatta  una  solenne  protesta 
dell'alta  stima  che  ha  per  il  Prof.  Branchi,  e  dichiarando  in 
generale  che  le  sue  riflessioni  sono  dirette  alle  cose,  non  alle 
personej  sostiene  che  oggi  deve  essere  nelle  scuole  fatta  base 
della  scienza  chimica  la  dottrina  atomistica,  la  dottrina  elettrica, 
quella  dell'isomerismo,  eie  altre  tutte  della  moderna  Chimica, 
poiché  senza  prendere  in  considerazione  l'essere  o  no  ben  fon- 
data la  teorica  atomistica,  tutti  i  giornali  tutti  i  libri  e  memorie 
di  chimica  contengono  l'aritmetica  della  scienza,  e  sono  ispidi 
di  formule  atomiche,  né  possono  in  alcun  modo  venir  letti  da 
coloro  che  ignorano  tali  dottrine.  Ed  è  poi  principale  scopo 
delle  scuole,  porre  gli  alunni  in  grado  di  leggere  i  libri  della 
scienza . 

Il  Prof.  Branchi  in  replica  ripete  le  ragioni  altra  volta 
addotte  per  far  comprendere,  che  non  deve  né  può  occuparsi 
estesamente  delle  cose  teoriche,  e  dice  che  per  i  giovani  che 
hanno  le  convenienti  nozioni  di  calcolo  ben  poco  abbisogna^  e 
quello  appunto  che  egli  insegna  delle  rammentate  teorie ,  per 
porli  in  grado  di  poterle  da  per  loro  intendere  e  studiare  in 
esteso ,  gli  sembra  sufficiente . 


oo 

Il  Presidente  osserva  che  la  questione  si  è  un  poco  allon- 
tanata dal  soggetto  della  discussione  promossa  dallo  scritto  del 
Canobbio,  poiché  in  quello  si  prende  di  mira  soltanto  se  ora 
sia  tempo,  tanto  per  le  sostanze  organiche  che  per  le  inorga- 
niche, di  adottare  una  nomenclatura  atomica,  e  fa  riflettere 
che  presentandola  solo  qual  progetto  poteva  contemplare  pur 
anche  le  sostanze  organiche.  Quindi  passa  ad  invitare  il  Dottor 
Isacco  Cesana  alla  sua  lettura. 

Consegna  il  Dott.  Cesana  ai  Segretarj  diverse  copie  da 
distribuirsi  ai  socj  di  un  Cenno  sulV  estrazione  della  radice 
cubica  pubblicato  nel  1858,  e  parlando  di  questo  si  fa  strada 
ad  esporre  una  pratica  per  la  elevazione  al  cubo,  che  da  lui 
era  stata  promessa  nel  rammentato  opuscolo,  e  che  ora  parte- 
cipa ad  oggetto  di  non  trovarsi  prevenuto  dal  Dott.  Montucci, 
che  mostrò  nel  suo  metodo  pe'  quadrati  di  combinare  seco  lui 
in  qualche  idea.  Osserva  esser  più  vantaggioso  abbreviare  le 
regole  coli' esecuzione  delle  operazioni  che  coli' uso  delle  tavole, 
e  fa  conoscere  come  la  sua  pratica  proviene  dal  porre  {fi-^^y 
sotto  la  forma  cè^ìf-^{a-\-b)ha.'ò^  dal  quale  sviluppo,  per 
mezzo  di  un  esempio  particolare,  egli  desume  le  regole  per  il 
suo  metodo  d'elevazione  dei  numeri  a  cubo,  che  rimane  col- 
legato con  quello  già  proposto  per  l'estrazione  della  radice 
cubica. 

Dalla  comunicazione  che  fa  Luigi  Bonaparte  si  apprende 
un  modo  spedito  ed  economico  per  preparare  gli  ioduri  ed  i 
bromuri  insolubili. 

Notifica  in  ultimo  il  Presidente  ai  socj,  che  il  Cavalier 
Gaetano  Giorgini  Provveditore  dell'  Università  di  Pisa  ha  con 
lettera  cortesissima  accompagnato  il  dono  della  sua  opera 
Ragionamento  sopra  il  regolamento  idraidico  della  pianura 
Lucchese  e  Toscana  interposta  fra  l'Arno  e  il  Serchio^  e  che 
in  esecuzione  della  generosa  volontà  dell'Autore  verrà  dalla 
Segreteria  data  una  copia  di  quest'opera  a  ciascuno  dei  com- 

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ponenti  la  Sezione.  Ed  incaricandosi  di  fare  i  dovuti  ringra- 
ziamenti per  questo  dono,  passa  egli  a  partecipare  altra  let- 
tera del  Marchese  Ridolfi,  dalla  quale  rilevasi  aver  la  Sezione 
d'Agricoltura  risoluto  di  fare  fra  i  suoi  membri  una  colletta 
in  favore  degli  Asili  infantili  di  Pisa,  e  proporre  alla  nostra 
di  unirsi  nel  medesimo  sentimento.  La  proposizione  è  con- 
cordemente accettata,  e  termina  l'adunanza. 

E  qui  posto  fine  alle  letture  e  discussioni  sulle  materie 
speciali  della  Sezione,  ha  luogo  altra  adunanza  composta  delle 
due  sezioni  di  Fisica  ec.  e  di  Geologia,  alla  quale  siede  Pre- 
sidente il  Prof.  Cav.  Configliachi.  Il  soggetto  di  essa  è  la 
esposizione  fatta  dal  nostro  socio  Prof.  Francesco  Orioli  di 
una  sua  teorica  sul  calor  centrale  della  terra,  per  cui  tutta  la 
elevazione  di  temperatura  che  a  quello  si  attribuisce  verrebbe 
prodotta  dalle  azioni  chimiche,  che  continuamente  han  luogo 
nelle  viscere  del  Globo.  Questa  è  seguita  da  una  prolungata 
discussione,  cui  prende  principalmente  parte  Lodovico  Pasini 
opponendosi  all'esposta  teorica,  e  sostenendo  l'altra  da  molti 
adottata  del  calore  iniziale.  Ijasceremo  però  al  Segretario  della 
sezione  di  Geologia  render  conto  delle  particolari  ragioni  ad- 
dotte in  sostegno  dell'  una  e  dell'  altra  dottrina,  e  diremo  sol- 
tanto che  resta  in  dubbio  a  quale  fra  quelle  debbasi  la  prefe- 
renza, e  si  scioglie  anche  questa  adunanza. 

[   PROF.  LUIGI  PACINOTTI. 
I  Segretarj  della  Sezione 

(  PROF.  VINCENZO  AMICI. 

Il  Presidente  -  C^F.  COy FIGLI JCHI. 


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TENUTA  IL  DI  12  OTTOBRE  1839 


letto  ed  approvato  il  processo  verbale  dell'  adunanza  pre- 
cedente, il  Presidente  fa  noto  che  è  aperta  la  stabilita  colletta 
in  favore  degli  Asili  infantili  della  città  di  Pisa:  quindi  par- 
tecipato il  dono  di  due  opuscoli  offerti  dal  Dottor  Giuseppe 
Menici,  dà  la  parola  al  Prof.  Pacinotti. 

Annunzia  questi  di  avere,  unitamente  al  suo  collega 
Prof.  Puccinotti,  istituite  delle  sperienze  con  galvanometri 
delicatissimi,  per  assicurarsi  della  controversa  esistenza  delle 
correnti  Elettriche  negli  animali  viventi  a  sangue  caldo  e 
freddo,  e  di  aver  ottenuti  dei  risultamenti  che  stabiliscono  la 
realtà  della  presenza  di  quelle  correnti  negli  animali ,  finché 
conservano  un  certo  grado  di  vitalità.  11  Presidente,  ad  istanza 
del  Prof.  Pacinotti  suddetto,  prega  i  Professori  di  Fisica  ascritti 
alla  Sezione,  unitamente  al  Commendatore  Antinori,  a  volere 
assistere  alle  sperienze  che  sul  rammentato  soggetto  saranno 
ripetute  nell'  attiguo  Gabinetto  Fisico  nel  giorno  successivo 
alle  ore  dieci. 

Il  Dott.  Montucci,  che  non  si  trovò  presente  alla  lettura 
del  Dott.  Cesana,  crede  di  scorgere  dal  processo  verbale  poc' 
anzi  letto  che  il  metodo  tenuto  da  questi  per  la  formazione 
de' cubi  numerici  differisca  dal  suo,  sicché  non  meriti  la  pena 
di  disputarsi  una  priorità.  Dette  poscia  dal  Dott.  Montucci 
alcune  cose  sulla  utilità  delle  tavole ,  e  messa  questa  in  dubbio 
dal  Dott.  Cesana  relativamente  al  caso  attuale,  il  Presidente 


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osserva  che  può  sospendersi  la  loro  incominciata  discussione, 
ed  invita  piuttosto  i  due  socj  ad  esaminare  le  memorie  de- 
poste da  ciascuno  di  essi  presso  i  Segretarj,  col  qual  mezzo 
probabilmente  si  porranno  d'accordo. 

Legge  in  seguito  il  segretario  Pacinotti  una  lettera  diretta 
al  Presidente,  nella  quale  il  Prof.  Branchi  espone  un  metodo 
di  conservare  le  pitture  a  fresco  con  velatura  di  latte  priv'ato 
della  materia  butirrosa  e  allungato  coli' acqua.  Dice  di  aver 
istituiti  due  volte  degli  sperimenti  che  hanno  sempre  sommi- 
nistrati risultamenti  favorevoli.  Trattandosi  però  di  estendere 
questo  metodo  alla  conservazione  di  tutte  le  famose  pitture 
del  Camposanto  di  Pisa,  chiede,  anche  in  nome  del  rispettabile 
IMunicipio  di  questa  città,  che  sia  nominata  una  Commissione 
di  Scienziati  che  portandosi  sul  luogo  vegga  lo  stato  in  cui  si 
trovano  quei  freschi  su'  quali  fu  usato  il  proposto  metodo  da 
più  di  due  anni  a  questa  parte.  Il  Presidente  prega  perciò  i 
socj  Professori  di  Chimica,  il  Canonico  Bellani,  e  Luigi  Bo- 
naparte  de'  Principi  di  Canino  a  recarsi  al  Camposanto  nel 
giorno  seguente  per  secondare  le  ben  giuste  brame  del  Prof. 
Branchi  e  per  riferirne  alla  Sezione. 

Non  dandosi  luogo  a  discussione  sull'argomento  della 
precedente  lettura,  comincia  tosto  il  Prof.  Orioli  ad  esporre 
verbalmente  un'  analisi  della  Macchina  Elettrica  a  sfregamen- 
to. Principia  dal  dichiarare  che  egli  non  intende  parlare  dom- 
maticamente,  e  che  nell'ignoranza  della  natura  dell'Elettrico, 
essendo  indifferente  il  parlar  col  linguaggio  francese  ossia  di 
Symmer,  o  con  quello  di  Franklin  seguito  dagl'Italiani,  egli 
preferisce  di  attenersi  a  quest'ultimo^  e  si  propone  di  esami- 
nare se  lo  strofinamento  del  disco  di  vetro  della  macchina 
elettrica,  effettuato  dai  guancialetti,  dia  luogo  a  quel  conside- 
rabilissimo sviluppo  di  elettricità  per  mezzo  di  azione  chimica 
o  puramente  meccanica.  Il  Prof.  Orioli  considera  la  questione 
siccome  indecisa,  quantunque  però  ei  più  volentieri  sia  condotto 


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a  risguardare  i  fenomeni  elettrici  come  in  massima  parte  de- 
pendenti da  azioni  chimiche.  Le  sperienze  di  Peclet  fatte  nel- 
l'aria priva  di  ossigene  non  sono  ritenute  dal  nostro  Professore 
abbastanza  concludenti  per  escludere  codesta  chimica  azione, 
perchè  vi  sono  altre  sostanze  fuor  dell'  ossìgene  che  possono 
dar  luogo  alle  azioni  medesime.  Infatti  il  disco  è  un  composto 
chimico  in  forma  salina,  di  sostanze  alcaline  facilissime  a  di- 
sgregarsi, e  il  guancialetto  è  formato  di  sostanze  organiche  in 
cui  vi  è  azoto,  idrogene,  carbonio,  sali  ec. ,  spalmato  da  un 
intonaco  di  sevo  e  da  un'amalgama.  Accade  dunque  una  con- 
fricazione di  due  composti  chimici  i  cui  elementi  sono  molto 
disgregabili,  e  quindi  è  ben  naturale  il  supporre  che  abbiano 
luogo  delle  combinazioni  che  diano  origine  a  tanto  sviluppo 
di  elettricità.  E  per  rispondere  a  chi  dubitasse  se  de' così  pic- 
coli fenomeni  chimici  potessero  dare  nascimento  a  effetti  sì 
grandi,  richiama  alcune  sperienze  di  Faraday,  le  quali  dimo- 
strano che  r  azione  di  pochi  atomi  è  atta  talvolta  a  presentare 
grandiosi  fenomeni  elettrici.  D'altronde  poi,  osservando  che 
tutta  la  superficie  del  disco  è  successivamente  strofinata ,  e  che 
la  somma  di  continue  azioni,  benché  piccole,  può  produrre  un 
effetto  immensamente  grande^  trova  in  tale  osservazione  una 
plausibile  ragione  del  perchè  si  sviluppi  tanto  fluido  elettrico. 

Premesse  queste  cose,  il  Prof.  Orioli  ritiene  che  non  si 
possa  però  escludere  anche  l'azione  del  semplice  attrito,  poiché 
sapendosi  che  per  sola  pressione  o  scuotimento  delle  molecule 
de' corpi  si  sviluppa  il  calorico,  la  grande  analogia  che  passa 
fra  gli  imponderabili  ci  porta  a  credere  che  vi  possa  essere 
anche  svolgimento  di  elettricità. 

Tenuto  quindi  per  probabile  che  1'  elettricità  si  produca 
per  azione  mista  meccanico-chimica,  passa  a  considerare  se 
l'effetto  principale  è  dovuto  al  sistema  de' guancialetti  o  del 
disco.  Attribuisce  egli  un'azione  così  detta  seceniente  ai  guan- 
cialetti e  un'azione  condensante  al  disco,  fondandosi  suU'ipo- 


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tesi  di  una  tal  quale  elettricità  che  dai  guancialetti  sia  indotta 
nel  disco,  la  quale  col  girar  del  medesimo  venga  a  ritirarsi 
dalla  presenza  del  guancialetto,  dando  così  luogo  a  svilupparsi 
nuova  e  maggior  quantità  di  fluido  elettrico,  e  a  questo  pro- 
posito richiama  alcuni  sperimenti  che  tendono  a  comprovare 
la  di  lui  supposizione  di  un'induzione  elettrica  nel  vetro. 

Aperta  la  discussione,  e  risposto  ad  alcuni  dubbj  mossi 
dal  Prof.  Pacinotti  sulla  realtà  di  questa  induzione  elettrica 
ne'  fenomeni  descritti  dal  Prof.  Orioli  e  della  pretesa  azione 
chimica,  il  Presidente  aggiunge  alcune  riflessioni  intorno  agli 
effetti  comparativi  di  elettrizzamento  a  motivo  o  delle  diverse 
amalgame,  o  de' diversi  vetri  sottoposti  a  sfregamento,  con- 
chiudendo che  egli  inclina  all'  ipotesi  del  Prof.  Orioli  che  poi 
si  rifonde  in  quella  dei  Fisici,  i  quali  alla  chimica  azione 
attribuiscono  ben  anco  ogni  elettrico  sviluppo  per  semplice 
contatto.  Fa  quindi  avvertire  che  il  Volta  scopritore  della  elet- 
tromotricìtày  da  lui  così  detta,  qual  indagatore  di  nuovi  fatti, 
solo  come  espressione  immediata  dei  medesimi,  insegnava  del 
pari  potersi  riferire  i  fenomeni  di  elettricità  per  sfregamento 
alla  stessa  causa  cui  si  avrebbero  ad  attribuire  quelli  di  sem- 
plice contatto.  Osserva  però  che  sotto  la  generale  espressione 
di  chimica  azione  talvolta  si  comprendono  fenomeni  che  d' or- 
dinario diconsi  di  semplice  aderenza,  perchè  in  essi  la  vera 
chimica  azione  di  composizione,  o  decomposizione  de' corpi, 
quantunque  possibile,  pure  riesce  ai  nostri  mezzi  insensibile. 

In  ultimo  il  Prof.  Botto  fa  avvertire  esso  pure,  che  nel 
disequilibrio  moleculare  promosso  dalla  confricazione  non  si 
può  escludere  anche  un  disequilibrio  di  fluido  elettrico. 

Finalmente  il  Dott.  Valentino  Amici  legge  una  memoria 
sopra  la  figura  del  disco  solare.  ]3escrive  egli  da  prima  il  Te- 
lescopio ,  munito  di  micrometro  di  nuova  costruzione  e  a  sepa- 
razione d'immagine,  che  ha  servito  al  di  lui  padre  Prof.  Gio. 
Battista  Amici  per  istituire  fino  dal  1821  una  serie  di  osserva- 


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zioni  dei  diametri  equatoriale  e  polare  del  sole,  continuata  per 
due  anni.  Fra  queste  osservazioni  scegliendone  novanta  di 
quelle  fatte  nelle  più  favorevoli  circostanze,  sottoponendole  a 
calcolo,  ed  effettuandovi  le  opportune  correzioni,  giunge  alla 
determinazione  della  differenza  dei  due  nominati  diametri ,  e 
trova  che  il  polare  supera  1'  equatoriale  di  0,  "  868.  L' accordo 
notabile  delle  singole  osservazioni  che  danno  de'  risultamenti 
parziali  che  si  allontanano  dal  medio  di  soli  0,"  5  inspira  gran 
fiducia  che  la  desunta  differenza  sia  conforme  al  vero. 

Ed  essendo  dopo  ciò  trascorso  il  termine  assegnato  alla 
seduta,  viene  chiusa. 

(  PROF.  VINCENZO  ÀNICI. 
I  Segretarj  della  Sezione   | 

(  PROF.  LUIGI  PÀCINOTTI. 

Il  Presidente  -  C^r.    CONFIGLI^CHI. 


TENUTA   IL   DI    14    OTTOBRE    1839 


la.  lettura  del  processo  verbale,  colla  quale  si  apre  la  seduta, 
dà  occasione  al  Prof.  Orioli  di  aggiungere  qualche  cosa  sulle 
esposte  teorie  della  Macchina  Elettrica,  e  di  far  rilevare  contro 
ciò  che  aveva  detto  il  Prof.  Configliachi,  che  le  enunciate  dot- 
trine non  sono  già  quelle  del  Volta.  Al  che  replica  il  Professor 
Presidente  non  avere  egli  inteso  di  dire  che  combinassero  colle 
cose  del  Volta  che  sono  stampate,  ma  con  quelle  che  egli  in- 
segnava nell'età  sua  avanzata. 


40 

Dopo  di  ciò  viene  approvato  il  processo,  ed  è  invitato  a 
leggere  il  Prof.  Carlo  Arcangeli.  Il  suo  scritto  si  aggira  sul- 
r  applicazione  della  Fisica  terrestre  alla  Fisiologia;  ma  per  la 
ristrettezza  del  tempo  non  può  esserne  letta  che  quella  parte, 
nella  quale  dopo  aver  1'  Autore  fatta  breve  parola  del  Globo 
terraqueo,  e  dell'atmosfera  che  lo  circonda,  accenna  la  gravi- 
tazione universale,  e  parla  dei  vantaggi  della  luce  e  del  calo- 
rico e  dei  loro  effetti  su' corpi,  facendosi  strada  a  dire  dei  fe- 
nomeni che  si  presentano  nell'  atmosfera . 

Il  Segretario  partecipa  una  lettera  del  Dott.  Gabrio  Piola, 
diretta  al  Professor  Venturoli,  la  quale  contiene  una  teoria 
dell'efflusso  dell'acqua  da'  vasi  conici.  Nella  prima  parte  di 
questo  scritto  si  propone  l'Autore  di  giungere  ai  medesimi 
resultamenti  che  ottiene  il  Professor  Venturoli,  ma  in  modo 
tale  da  porsi  a  coperto  da  ogni  obiezione  5  e  perciò  parte  dalle 
condizioni  d'integrabilità  del  trinomio  lidx^vdy  -^vv dz.^  an- 
ziché da  quelle  del  trinomio  udx-\rvdy-\-wdz^  perchè  il  primo, 
nel  moto  dei  fluidi,  deve  sempre  essere  un  differenziale  esatto, 
e  l'altro  può  non  esserlo.  Nella  seconda  parte  accenna  un  suo 
nuovo  metodo  per  determinare  quella  specie  d' imbuto  che  si 
forma  nel  vaso  conico  mentre  si  vuota,  ed  applica  un  proces- 
so, insegnato  da  Lagrange,  all'integrazione  di  un'equazione 
differenziale  di  second'  ordine  non  integrabile  co'  modi  ordi- 
narj,  la  quale  gli  si  affaccia  negli  sviluppi  del  calcolo. 

Il  Prof.  Vincenzo  Amici  dichiara  di  avere  egli  pure  nella 
scuola,  all'occasione  d'insegnare  queste  dottrine,  fatte  le  stesse 
avvertenze  circa  i  trinomj  rammentati,  e  di  avere  esposta  una 
trasformazione  della  così  detta  equazione  delle  forze  solleci- 
tanti, mediante  la  quale  si  può  semplicizzare  la  condizione 
d'integrabilità  dell'equazione  medesima. 

Prosegue  il  Prof.  Giov.  Alessandro  Malocchi  con  alcune 
considerazioni  sopra  un  apparato  igrometrico  da  lui  imaginato, 
del  quale  presenta  il  disegno.  L'oggetto  di  questo  è  misurare 


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l'umidità  dell'aria  atmosferica,  o  di  un  volume  gazoso  con 
un  principio  differente  da  quelli  finora  usati  in  tali  strumenti . 
Egli  infatti  non  si  fonda  né  sugli  effetti  dell'assorbimento,  né 
sulla  condensazione  dei  vapori  acquei,  ma  esplora  soltanto  la 
loro  tensione,  e  chiama  perciò  igrometro  a  tensione  quel  suo 
apparato.  Per  determinare  la  tensione,  che  ha  il  vapore  misto 
all'aria,  cerca  quanto  la  deve  aumentare  acciocché  ella  sia  al 
maximum^  e  conosciuta  la  tensione  compierne ntaria  rileva 
quella  preesistente,  e  per  conseguenza  la  umidità  dell'aria 
esplorata.  E  poiché  l'Autore,  nel  determinare  i  vantaggi  del 
suo  igrometro  a  confronto  degli  altri,  e  particolarmente  di 
quello  accreditatissimo  del  Daniel  detto  a  condensazione ^  rileva 
a  quest'  ultimo  alcuni  difetti ,  il  Canonico  Angiolo  Bellani  so- 
stiene la  preferenza  dello  strumento  inglese^  e  molto  in  lungo 
sarebbe  andata  la  discussione  alla  quale  avevano  preso  parte 
anche  altri  scienziati,  se  il  Presidente  non  avesse  consigliato  di 
comunicarsi  reciprocamente  le  idee  dopo  la  seduta,  nella  quale, 
essendo  l'ultima,  molti  altri  soggetti  dovevano  esser  presi  in 
considerazione . 

Tra  questi  é  interessantissimo  quello,  che  allora  il  Prof. 
Cav.  Giov.  Battista  Amici  prende  a  trattare,  relativo  a  due 
macchine  ottiche  che  egli  ha  di  recente  inventate.  Principia  da 
una  breve  storia  sopra  i  perfezionamenti  che  in  diverse  epoche 
ha  fatti  alla  Camera  Lucida,  e  descrive  e  mostra  quella  che 
ultimamente  ha  imaginata.  Il  pezzo  principale  di  essa  è  un 
prisma  di  cristallo  triangolare  isoscele,  la  cui  faccia  disuguale 
é  più  larga  delle  altre,  ed  amalgamata  a  specchio  5  ed  i  suoi 
pregi  sono  molta  chiarezza  nelle  imagini ,  e  notabile  estensione 
nel  campo  di  vista.  Quindi  presentando  l'Autore  anche  la  Ca- 
mera Lucida  del  Wollaston  fa  rilevare  come  i  notati  vantaggi 
rendano  la  sua  di  gran  lunga  a  questa  preferibile.  Seguita  poi 
parlando  dell'altra  sua  invenzione,  consistente  in  un  oculare 
della  forma  di  quelli  che  si  chiamano  positivi,  che  ha  saputo 


42 

rendere  acromatico  coli' uso  di  due  vetri  dotati  di  differente 
dispersione,  mantenendolo  capace  di  abbracciare  un  angolo 
visuale  quasi  doppio  di  quello  che  si  ha  negli  oculari  comuni. 
In  questo  la  sparizione  dei  colori  si  procura  con  un  eccesso 
cromatico  della  lente  collocata  presso  l'occhio,  tale  da  com- 
pensare la  dispersione  inversa  dell'  altra  lente  che  rimane  alla 
parte  dell'obiettivo. 

L'ora  già  avanzata  non  permette  al  Prof.  Giov.  Battista 
Amici  di  descrivere  il  suo  nuovo  Microscopio  di  polarizzazione, 
né  a  Tito  Puliti  di  mostrare  il  Telegrafo  magneto-elettrico 
fatto  costruire  nelF  I.  e  R.  Museo  Fisico  di  Firenze.  Quindi 
avendo  il  Presidente  annunziate  queste  macchine  all'adunanza, 
fa  sapere  che  l'ultima  di  esse  potrà  esser  veduta  dopo  dai  ri- 
chiedenti, e  giacché  erano  state  nei  giorni  precedenti  riprodotte 
dal  medesimo  Puliti  le  apparenze  fotogeniche  di  Daguerre, 
invita  Attilio  Cenedella  a  fare  su  questo  soggetto  la  partecipa- 
zione che  ha  preparata. 

Legge  in  conseguenza  il  Cenedella  una  lettera  già  stam- 
pata, ove  il  Del  Bue  dà  una  spiegazione  del  fenomeno,  in  se- 
guito della  quale,  aperta  la  discussione,  vengono  fatte  a  quella 
teoria  diverse  obiezioni  da  alcuni  socj ,  e  principalmente  dal 
Prof.  Orioli,  e  da  Luigi  Bonaparte,  le  quali  possono  per  lo 
meno  renderla  molto  incerta. 

Nel  giorno  precedente  erano  state  dai  Professori  France- 
sco Puccinotti  e  Luigi  Pacinotti  ripetute  nel  Gabinetto  Fisico 
le  esperienze  sulla  corrente  elettrica  vitale  negli  animali  a 
sangue  caldo,  da  questi  discoperta,  e  già  annunziata  nella 
passata  adunanza.  Si  erano  trovati  presenti  a  quelle,  siccome 
fu  stabilito,  i  componenti  la  Commissione  eletta  tra  i  Fisici, 
ed  i  Professori  Cav.  Bufalini,  Cav.  Giuseppe  Frank,  e  Carlo 
Arcan gioii  formanti  l' altra  Commissione  della  sezione  di 
Medicina  \  ed  inoltre  erano  state  onorate  quell'  esperienze 
dall'  Augusta  presenza  di  S.  A.  L  e  R.  Leopoldo  II  Granduca 


43 

di  Toscana.  Lunghe  discussioni  tra  i  Professori  intervenuti 
avevano  avuto  luogo  su  quel  soggetto,  e  sull'esame  dei  fatti 
sperimentati:  ed  il  Prof.  Giuseppe  Belli  era  stato  incaricato 
di  referire  i  resultamenti  alla  nostra  adunanza.  Egli  perciò 
ne  legge  il  seguente  rapporto. 

ce  I  nostri  Commissari  insieme  con  quelli  della  sezione 
«  Medica  si  sono  jeri  riuniti  nel  Gabinetto  Fisico  di  questa 
ce  I.  e  R.  Università  per  assistere  alle  belle  sperienze  dei  Pro- 
cc  fessori  Puccinotti  e  Pacinotti  sopra  le  correnti  elettriche 
c<  manifestantesi  negli  animali  vivi,  e  per  tentarne  delle  nuove, 
ce  Si  eseguirono  queste  sperienze  immergendo  contemporanea- 
cc  mente,  l'una  nel  cervello  e  l'altra  in  qualche  muscolo,  due 
ce  lancette  di  platino  congiunte  coi  capi  di  un  filo  galvano- 
cc  metrico,  e  che  servivano  perciò  nel  tempo  stesso  a  ferire  e 
ce  irritare  l'animale,  e  a  condurre  l'elettricità.  E  si  riconobbe 
ce  che  veramente  all'  atto  dell'  immersione  di  questi  scandagli 
ce  si  eccitava  nel  filo  una  corrente  anche  di  10,  o  di  15  e  più 
ce  gradi  del  Galvanometro  adoperatosi,  dirigendosi  essa  corrente 
ce  dentro  esso  filo  dal  cervello  al  muscolo.  Però  si  riconobbe 
ce  che  di  simiglianti  correnti  se  ne  eccitano  altresì  e  pel  mede- 
cc  simo  verso,  benché  a  dir  vero  notabilmente  più  deboli, 
ce  anche  nell'animale  morto,  ed  anche  allorquando  si  cava- 
cc  va  dall'  animale  una  porzione  di  cervello  ed  una  di  mu- 
ce  scolo,  e  messe  queste  a  vicendevole  contatto  si  toccavano 
ce  e  si  premevano  colle  medesime  lancette  di  platino.  Perciò, 
ce  quantunque  la  maggior  grandezza  degli  effetti  nell'  animale 
ce  vivente  dia  molta  fiducia  che  sieno  vere  le  deduzioni  de'  due 
ce  valenti  sperimentatori,  rimane  però  ancora  il  dubbio,  che 
ce  questi  effetti  possano  forse  anche  esser  dovuti  alle  sole 
ce  azioni  fisiche  e  chimiche  delle  parti  materiali  interessate,  e 
ce  che  la  differenza  dei  detti  effetti  dallo  stato  di  vita  a  quello 
ce  di  morte  e  di  separazione  delle  parti  sia  per  avventura  dipen- 
cc  dente  dalle  mutate  condizioni  delle  parti  materiali  suddette. 


44 


ce  p.  e.  dalla  mutata  temperatura,  dalla  cangiata  qualità  e 
ce  quantità  degli  umori  ec.  Il  qual  dubbio  però  non  toglie 
ce  punto  la  probabilità  delle  conseguenze  che  i  due  sperimen- 
cc  tatori  credono  dedurne,  ma  soltanto  mostra  la  convenienza 
ce  di  ulteriori  sperienze.  Gonchiude  adunque  la  Commissione 
ce  coir  invitare  i  benemeriti  Professori  a  continuare  coraggio- 
cc  samente  le  loro  belle  indagini,  a  variarle  in  tutti  i  modi  pos- 
ce  sibili,  e  a  farle  di  pubblica  ragione,  affine  di  porre  final- 
ce  mente  la  questione  in  pienissima  luce,  essendo  l'oggetto 
ce  importantissimo,  ed  essendo  un  grandissimo  passo  nella 
ce  scienza  quello  che  essi  farebbero,  quando  giungessero  a  sta- 
ce bilire  pienamente  la  verità  delle  loro  deduzioni  w. 

Neil'  adunanza  passata  erasi  pure  stabilita  altra  Commis- 
sione per  visitare  le  pitture  a  fresco  del  celebre  Camposanto  di 
Pisa,  e  referire  sopra  i  saggi  che  sono  stati  fatti,  e  che  potreb- 
bero farsi  in  seguito  ad  oggetto  di  conservarle  j,  la  quale,  asso- 
ciando a  se  il  chimico  Gaspero  Mori,  ed  il  pittore  Prof.  Biscar- 
ra,  aveva  eseguito  l'incarico,  ed  eletto  a  suo  relatore  il  Canonico 
Angiolo  Bellani.  Quindi  questi  espone:  essere  stati  i  componenti 
di  diverso  sentimento  :  alcuni  dopo  avere  osservato  che  i  tenta- 
tivi fatti  finora  col  latte  privato  di  butirro  e  allungato  non  riu- 
scivano del  tutto  inefficaci ,  pensare  doversi  sugli  altri  quadri  ri- 
petere il  metodo  del  Prof.  Giuseppe  Branchi:  altri,  e  fra  questi 
il  Bellani,  opinare  esser  più  utile  adoprare  il  latte  non  allungato 
per  avere  maggior  effetto,  non  potendosi  a  lor  giudizio  temere 
r  accartocciamento  dell'  intonaco:  pensare  all'  incontro  Luigi 
Bonaparte  che  convenisse  tralasciare  qualunque  operazione  sulle 
pitture,  giacché  non  sapevasi  se  maggior  danno  o  vantaggio 
avrebbe  essa  recato,  e  che  fosse  miglior  partito  arrestare  il 
guasto  chiudendo  con  cristalli  le  aperture  del  loggiato,  o  nel 
caso  che  qualche  operazione  sulle  pitture  si  dovesse  eseguire 
fosse  pili  conveniente  invece  del  latte  usare  l' albumina  estratta 
dal  sangue,  la  quale  pure  preserva  dall'umidità:  essere  final- 


>é5 
mente  anche  il  Prof.  Biscarra  di  sentimento  di  non  toccare  le 
pitture,  e  difenderle  con  cristalli,  ma  posti  a  gran  vicinanza 
ad  esse  perchè  sonovi  molti  luoghi  ove  l' intonaco  si  distacca , 
e  si  riduce  in  polvere. 

Prende  la  parola  il  Prof.  Giuseppe  Branchi  e  si  oppone 
all'uso  dell'albumina^  dal  che  nasce  una  questione  tra  questi 
e  Luigi  Bonaparte  sul  contenersi  o  no  lo  zolfo  nell'  albumina 
del  sangue,  e  perciò  sull'utile  o  danno  che  questa  sostanza 
può  recare  ai  bei  dipinti.  Insiste  per  il  metodo  del  Professor 
Branchi  il  farmacista  Gaspero  Mori,  ed  in  generale  per  l'uso 
delle  sostanze  non  azotate,  tra  le  quali  propone  la  destrina,  o 
una  leggera  soluzione  d'amido.  Il  Prof.  Orioli  si  oppone  all'  uso 
del  latte,  non  sembrandoli  felicissimo  il  saggio  di  già  eseguito, 
e  rammenta  che  gli  Antichi  usavano  la  cera  punica,  e  che  con- 
verrebbe con  analoghe  composizioni  fare  dei  tentativi  su  pitture 
meno  interessanti.  Consiglia  il  Prof.  Targioni  a  prender  di 
mira  prima  di  tutto  la  causa  del  deperimento,  la  quale  consiste 
nel  salnitro  che  distrugge  il  cemento,  e  nei  venti  di  libeccio 
che  vi  trasportano  il  sai  marino.  Onde  è  portato  il  Presidente 
ad  aggiungere  come  sia  ottima  cosa,  quando  la  località  lo 
permette,  tor  l'umido  col  disfare  l'arricciatura  per  due  o  tre 
decimetri  al  di  sotto  del  suolo,  e  darvi  più  mani  di  zolfo  o 
d'altre  sostanze  che  impediscano  l'umidità^  e  detto  ciò  egli 
conclude  doversi  con  i  differenti  metodi  proposti  eseguire 
qualche  saggio  in  piccolo  sulle  parti  già  ridotte  in  cattivo  stato. 

A  nuovo  argomento  richiama  il  Prof.  Lorenzo  Casari 
leggendo  sopra  alcuni  difetti  dell'  organo  della  vista.  Considera 
le  macchie  e  i  fiocchi  che  si  presentano  nell'  occhio  ad  alcuni 
individui,  e  il  loro  variare  di  forma,  e  di  intensità:  dice  che 
tali  apparenze  sono  date  da  un  insieme  di  piccoli  globettini 
natanti  nell'umore  del  Morgagni,  e  però  si  presentano  mobili, 
e  pili  sensibili  a  luce  viva:  e  conclude  coli'  invitare  i  Fisici  a 
prendere  in  esame  questa  malattia  che  è  sì  comune,  e  a  deter- 


46 

minare  se  i  raggi  più  o  meno  lucidi,  e  più  o  meno  calorifici, 
e  la  loro  azione  chimica  possa  contribuire  ad  aumentarla^  e  se 
per  conseguenza  sia  utile  far  uso  in  tal  caso  di  vetri  colorati,  e 
quali  fra  questi  debbano  preferirsi. 

Aperta  la  discussione  il  Canonico  Angiolo  Bellani  dice 
che  egli  è  di  sentimento  non  doversi  usare  alcun  rimedio  per 
tal  difetto.  Ma  il  Prof.  Orioli  distingue  in  più  specie  le  macchie 
che  si  presentano  nell'  organo  della  vista ,  da  riportarsi  a  ca- 
gioni differenti^  e  soggiunge  il  Prof.  Giov.  Battista  Amici  che 
talvolta  provengono  da  iniezioni  di  vasellini  che  sono  nell'umor 
vitreo,  altre  volte ,  per  sentimento  del  Prof.  Gonfigliachi,  il  vizio 
è  nelle  membrane  che  involgono  gli  umori,  altre  volte  la  ca- 
gione si  ha  da  ripetere  dal  sistema  nervoso,  come  accenna  il 
Prof.  Bufalini.  E  così  molte  e  diverse  opinioni  vengono  affac- 
ciate, non  però  completamente  esposte  o  discusse  per  esser 
trascorsa  l' ora . 

Onde  è  costrettoli  Presidente  a  chiudere  l'adunanza,  e 
ciò  fa  con  un  discorso,  nella  prima  parte  del  quale  rende  noti 
molti  lavori  già  presentati,  e  che  restano  senza  l'opportuno 
sfogo  per  la  mancanza  del  tempo.  Fra  questi  sono  da  ram- 
mentarsi una  memoria  del  Dott.  Basevi  sulla  conducibilità 
elettrica  del  vetro:  la  storia  dell'Accademia  Valdarnese  con 
alcune  memorie  di  scienze  naturali ,  della  quale  ha  regalate  il 
Dott.  Corinaldi  diverse  copie  da  distribuirsi  ai  socj  :  un  pro- 
blema proposto  dall'  Accademia  di  Torino  sul  calorico  specifico 
dei  gaz,  di  cui  vengono  dispensati  i  programmi^  un  lavoro  del 
Peltier  sulle  pile  termo-elettriche,  e  sopra  i  galvanometri  a 
moltiplicatore:  un'  analisi  eseguita  dal  Prof.  Giuseppe  Branchi 
d'un  nuovo  combustibile  fossile  solido  salino  e  volatile,  che 
trovasi  in  una  specie  di  lignite  della  Toscana,  e  che  il  Prof. 
Paolo  Savi  ha  chiamato  Brancliite:  ed  uno  di  Macedonio  Mel- 
loni sulla  diatermansia  o  colore  apparente  dei  raggi  calorifici, 
già  pubblicato,  e  inviato  alla  Sezione  dall' x\utore,  del   qual 


47 

lavoro  viene  anche  dato  un  succinto  ragguaglio.  Nella  seconda 
parte  del  discorso  il  Presidente  invita  i  cultori  della  Fisica  a 
fare  sulla  elettricità  ricerche  analoghe  a  quelle,  che  il  Melloni 
ha  con  tanto  vantaggio  della  scienza  istituite  sul  calorico  rag- 
giante, e  quindi  con  affettuose  parole  di  congedo  dirette  aisocj 
scioglie  l'ultima  adunanza. 

(   PROF.  LUIGI  PACINOTTI. 
I  Sbgrbtarj  della  Sezione   | 

(   PROF.  VINCENZO  AMICI. 

Il  Presidente  -  C^T.  CONFIGLI JCHI. 


^  ó  iT^   Kì/''    Òr  ui^ì*  iij'^^  ci^ 


DI 


GEOLOGIA,  mXEMLOGIA  E  GEOGRAFIA 


PROCESSI  VERBALI 

DI  GEOLOGIA,  IIIIMRALOGIA  E  GEOGRAFIA 


TENUTA   IL   Di    4    OTTOBRE    1859 


Il  Presidente  apre  l'adunanza  con  un  breve  discorso,  in  cui 
dopo  avere  accennato  quale  sia  veramente  lo  scopo  della  pre- 
sente Istituzione,  invita  ciascun  membro  a  dar  subito  la  nota 
delle  memorie  da  leggere,  e  dei  lavori  o  notizie  da  comunicare. 
Propone  anche  alla  Sezione  di  occuparsi  di  un  Progetto  per 
una  nomenclatura  geologico-mineralogica  italiana,  che  giovi 
a  togliere  l'attuale  confusione,  e  l'impiego  sovrattutto  di  più 
nomi  per  indicare  il  medesimo  oggetto.  Per  quelli  che  s'occu- 
pano della  descrizione  e  delle  Carte  geologiche  dell' Itaha,  gio- 
verà ancora  l'accordarsi  sopra  un  sistema  uniforme  di  colora- 
zione delle  mentovate  carte . 

Il  Professore  di  Storia  Naturale,  e  Direttore  del  Museo  di 
Pisa,  Paolo  Savi,  fa  una  esposizione  della  struttura  geologica 
del  Monte  Pisano,  cioè  di  quel  gruppo  di  monti  posto  fra  il 
Serchio  e  l'Arno,  e  le  due  pianure  di  Lucca  e  di  Pisa.  La  Carta 
geologica  di  questo  gruppo,  fatta  dal  Prof.  Savi,  e  le  Rocce  più 
importanti  sono  messe  sotto  gli  occhi  della  Sezione .  Il  terreno 


52 

più  antico  del  Monte  Pisano  è  un  insieme  di  Rocce  che  il  Pro- 
fessor Savi  ha  indicato  da  qualche  tempo  sotto  il  nome  di  Ver- 
rucano .  Questo  o  si  trova  poco  alterato  dalle  Rocce  ignee ,  e 
probabilmente  dalle  injezioni  metalliche,  ed  è  allora  un'arena- 
ria per  la  massima  parte  silicea  e  di  colore  gialliccio-ferrigno, 
o  una  pudinga  a  cemento  quarzoso,  ed  a  grossi  noccioli  di 
quarzo 5  ovvero  si  trova  molto  alterato,  eh' è  il  caso  più  fre- 
quente, ed  è  allora  convertito  in  uno  Steaschisto  più  o  meno 
quarzoso .  Gli  strati  del  Verrucano  si  trovano  tutti  sconvolti  e 
sollevati  come  intorno  ad  un  centro,  che  sarebbe  nella  valle  di 
Calci.  Sopra  il  Verrucano  si  osserva,  nell'occidentale  e  meri- 
dionale parte  del  Monte  Pisano,  un  calcare  bigio  che  in  gene- 
rale è  mancante  di  resti  organici ,  ma  che  per  alcune  analogie 
si  potrebbe  ciononostante  riferire  alla  formazione  del  Lias  (*) . 
A  questo  calcare  succede  il  terreno  cretaceo  degli  Apennini , 
composto  di  strati  calcarei  al  basso,  e  di  strati  arenacei,  chia- 
mati Macigno^  superiormente.  In  mezzo  agli  strati  dell'una  e 
dell'altra  di  queste  rocce  si  trovano  delle  argille  schistose .  Il 
Macigno  propriamente  detto  che  forma  tanta  parte  della  catena 
apennina ,  non  si  mostra  che  per  brevi  tratti  del  Monte  Pisano, 
cioè  presso  Rìpaf ratta  e  Cerasomma  nel  territorio  Lucchese.  In 
alcuni  luoghi  Fazione  plutoniana  ha  alterato  il  calcare  del  Lias, 
e  questa  alterazione  si  estese  qua  e  là  anche  al  calcare  della 
formazione  del  INIacigno  (  Bagni  di  S.  Giuliano  )  .  Il  INIacigno 
poi  eh' è  immediatamente  a  contatto  col  calcare  del  Lias  si 
trova  fortemente  alterato ,  di  modo  che  gli  strati  schistosi  sono 
in  alcuni  luoghi  convertiti  in  Galestro,  in  altri  in  Diaspro,  ed 
altrove  ancora  in  una  sorta  di  Schisto  lucente .  Grandi  masse 


(*)  Riportando  questo  calcare  al  Lias  non  è  già  che  si  voglia  accennare  una 
perfetta  rassomiglianza  di  questa  roccia  col  Lias  dell'Inghilterra,  della  Normandia  ec. , 
ma  sì  vuol  solo  indicare  una  formazione  equivalente,  che  il  Professor  Savi  chiamò  ia 
altri  suoi  scritti  Lias  apenninico . 


S3 

di  calcare  cavernoso  analogo  alla  Carniola  trovansi  qua  e  là  in 
questo  gruppo  di  monti,  e  sembrano  esse  pure  una  particolare 
alterazione  del  calcare. 

11  Prof.  Savi,  sia  considerando  la  direzione  generale  degli 
strati  del  Monte  Pisano,  sia  i  materiali  ed  il  modo  con  cui  sono 
formate  le  colline  Lucchesi,  tiene  per  dimostrato  che  il  solle- 
vamento del  IMonte  Pisano  e  le  alterazioni  delle  sue  Rocce,  siano 
accaduti  dopo  il  sollevamento  della  prossima  catena  apennina, 
e  dopo  la  deposizione  del  terreno  terziario  subapennino . 

Richiesto  il  Prof.  Savi  dal  Pasini  se  credesse  di  poter  ri- 
portare il  terreno  del  Verrucano  a  qualcheduno  dei  terreni  già 
riscontrati  nelle  Alpi ,  come  per  esempio  ?\^ Arenaria  rossa^ 
ovvero  2)}^ Arkose  dei  Francesi ,  risponde  che  per  ora  non  gli 
sembra  potersi  istituire  alcuna  certa  relazione  di  questo  terreno 
con  quelli  di  altre  località .  Egli  crede  altresì  che  gli  Schisti 
silicei  e  le  Lavagne  del  Genovesato  si  debbano  ascrivere  al  ter- 
reno cretaceo  ed  al  Macigno,  e  non  a  quello  del  Verrucano, 
Il  Presidente  Sismonda  il  quale  ha  di  recente  viaggiato  per 
que'  monti,  dichiara  che  ciò  si  accorda  intieramente  colle  sue 
osservazioni . 

Il  Pasini  fa  osservare  che  fra  le  interessanti  Rocce  del 
Monte  Pisano  poste  dal  Prof.  Savi  sotto  gli  occhi  della  Sezione, 
alcune  varietà  del  Verrucano  alterate  e  convertite  in  Schisto, 
somigliano  perfettamente  ad  alcune  Rocce  delle  Alpi  Lombardo- 
Venete,  poste  in  circostanze  affatto  analoghe,  e  dovute,  come 
quelle  del  Monte  Pisano,  ad  una  metamorfosi  delle  antiche 
arenarie.  I  saggi  di  queste  Rocce  delle  Alpi  saranno  in  altro 
giorno  sottoposti  all'  esame  della  Sezione . 

Il  Presidente  propone  che  sotto  la  direzione  del  Prof.  Savi 
si  faccia,  in  uno  de'  consecutivi  giorni,  una  corsa  geologica  al 
Monte  Pisano,  per  visitarne  i  punti  più  interessanti. 

Infine  si  legge  una  lettera  del  Segretario  perpetuo  dell'Ac- 
cademia Valdarnese  del  Poggio,  con  cui  ella  manda  in  dono 


54 

alla  sezione  di  Geologia,  Mineralogia  e  Geografia  i  due  tomi 
finora  pubblicati  delle  sue  Memorie,  ed  annunzia  di  aver  dele- 
gato tre  de'  suoi  membri ,  come  Deputati  ad  assistere  al  Con- 
sesso scientifico.  La  Sezione  vota  ringraziamenti  all'Accademia 
Valdarnese . 

Il  Segretario  della  Sezione  —  LODOVICO  PASINI. 
Il  Pkesidente  -  PROF.  ANGELO  SIS3I0NDA, 


TENUTA  IL  Di  5  OTTOBRE  1839 


"l  Segretario  legge  il  processo  verbale  dell'adunanza  prece- 
dente, che  resta  approvato. 

Il  Prof.  Paolo  Savi  fa  una  esposizione  delle  condizioni  geo- 
logiche in  cui  trovansi  i  combustibili  fossili  finora  scoperti  nella 
Toscana,  e  fa  conoscere  la  somma  improbabilità  di  poter  tro- 
vare in  questo  paese  degli  strati  di  vero  Litantrace,  mancando- 
vi il  terreno  carbonifero ,  e  non  essendovi  stata  riscontrata 
alcuna  formazione  più  antica  del  Lias^  e  del  Verrucano.  Egli 
crede  che  se  fosse  anche  possibile  di  spingere  le  indagini  al  di 
sotto  del  Verrucano^  non  si  avrebbe  probabilmente  miglior 
risultamento ,  attese  le  alterazioni  a  cui  dev'  essere  stato  sog- 
getto ogni  terreno  inferiore,  per  l'azione  delle  Rocce  ignee,  del 
calore  centrale  ec.  Tutte  le  Rocce  e  i  fossili  della  Toscana  rela- 


55 


tivi  a  questo  argomento  furono  posti  dal  Prof.  Savi  sotto  gli 
occhi  della  Sezione,  ed  eziandio  i  fossili  analoghi  di  altri  paesi, 
per  gli  opportuni  confronti. 

In  Toscana  pertanto  fra  il  terreno  arenaceo  schistoso  della 
formazione  cretacea,  si  trovano  alcuni  straterelli  di  Stìpite^  i 
quali  se  fossero  meno  sottili  e  più  abbondanti,  meriterebbero, 
per  la  qualità  del  combustibile  ,  qualche  considerazione.  Tutti 
gli  altri  combustibili  fossili  finora  scoperti  nella  Toscana  si 
debbono  riferire  alla  Lignite,  e  si  trovano  in  mezzo  al  terreno 
terziario  medio  e  superiore,  che  giace,  con  discordanza  degli 
strati,  sopra  il  terreno  cretaceo  e  del  Macigno.  Queste  Ligniti 
non  hanno  mai  tutti  i  caratteri  mineralogici  del  vero  Carbon 
fossile  o  Litantrace-,  né  i  resti  di  piante  fossili  che  le  accompa- 
gnano, somigliano  a  quelli  del  Litantrace,  ma  sono  di  piante 
dicotiledoni  arboree  ,  analoghe  al  Castagno ,  al  Salcio ,  al  Piop- 
po, air  Olmo  ec,  e  proprie  ovunque  dei  terreni  terziarj.  An- 
che le  piccole  conchiglie  finora  ravvisate  in  queste  Ligniti,  di- 
mostrano la  loro  appartenenza  al  terreno  terziario. 

Il  Pasini  espone  brevemente  le  condizioni  geologiche  delle 
Alpi  meridionali,  fra  il  Lago  maggiore  e  la  Carnìa^  sotto  il 
rapporto  dei  combustibili  fossili.  Se  in  Toscana  è  vana  cosa  il 
cercare  il  Litantrace  per  la  mancanza  del  terreno  carbonifero, 
o  di  un  suo  equivalente ,  nelle  Alpi  suddette  è  invece  assai  im- 
probabile di  trovarne  importanti  depositi ,  per  esservi  il  vero 
terreno  carbonifero  rappresentato  forse  da  alcuni  strati  are- 
nacei, contenenti  qualche  traccia  o  straterello  di  Litantrace. 
Ma  codesto  terreno  carbonifero  delle  Alpi  è  così  sottile,  che 
paragonato  coli'  analogo  terreno  della  Francia  e  dell'  Inghilter- 
ra, può  dirsi  insignificante:  giacché  depositi  considerevoli  di 
Litantrace  né  vi  furono  mai  ritrovati  (benché  siano  state  fatte 
in  più  tempi  molte  ricerche  ) ,  né  vi  è  ormai  grande  speranza 
di  ritrovarli,  poiché  tutta  la  massa  del  terreno  arenaceo  fu  esplo- 
rata nel  doppio  senso  dell'estensione  e  della  profondità,  essen- 


56 

do  questo  terreno  facilmcDte  accessibile,  e  trovandosi  sovente 
solcato  dalle  valli,  e  posto  a  nudo  per  tutta  l'ampiezza  de' suoi 
strati.  Questo  è  quanto  si  può  asserire,  almeno  per  il  terreno 
arenaceo  antico,  emerso  nel  Vicentino,  nel  Tirolo  meridionale, 
nel  Bresciano,  nell' ingordi  no  ec,  e  solo  resta  da  esaminar  me- 
glio il  terreno  arenaceo  della  Carnia  alla  sinistra  del  Taglìa- 
mento,  dove  si  mostra  assai  più  potente,  ed  assume  nuovi  ca- 
ratteri mineralogici,  e  dove  furono  trovati  parecchi  indizj  di 
Litantrace.  E  forse  per  altro  possibile  che  tutto  il  terreno  are- 
naceo antico  abbia  un'assai  maggiore  grossezza  e  vada  più 
abbondantemente  fornito  di  Litantrace  a  maggior  distanza  dalle 
cime  centrali  della  catena,  ma  ad  una  tale  profondità  sotto  la 
pianura  subalpina,  che  non  possa  farvisi  alcuna  ricerca. 

Il  Prof.  Sismonda  osserva  a  questo  proposito,  che  forse  il 
terreno  arenaceo  delle  Alpi  Lombardo- Venete  non  rappresenta 
né  il  terreno  carbonifero  nò  le  antiche  arenarie  secondarie ,  ma 
che  potrebbe  invece  appartenere  agli  strati  inferiori  del  Lias^ 
come  accade  nella  Savoja,  e  nelle  Alpi  Piemontesi ,  dove  il 
Lias  si  appoggia  alle  rocce  cristalline ,  e  dove  fu  nulladimeno 
riconosciuto  che  alcune  piante  fossili,  proprie  della  formazione 
carbonifera,  si  trovano  insieme  colle  Belemniti  in  alcuni  strati 
inferiori,  i  quali  appartengono  appunto  al  Lias. 

Il  Pasini  risponde  che  il  terreno  secondario  calcareo-are- 
naceo  del  Vicentino,  del  Tirolo,  dell' Agordino  ec.  è  troppo 
bene  caratterizzato  dalla  presenza  del  Litantrace,  dall'Arenaria 
variegata  (^Gres  bìgarré)  con  gesso,  e  dal  Muschelkalk  con 
conchiglie  ad  esso  proprie,  perchè  la  proposta  classificazione 
non  si  debba  mantenere. 

Tutti  i  combustibili  fossili  attualmente  escavati  in  molti 
punti,  fra  l'Adige  e  la  Piave,  appartengono  alla  Lignite,  me- 
no quelli  di  alcuni  luoghi  del  Tirolo  meridionale,  che  il  Cu- 
rioni  ha  riferito  alla  Stipite^  e  che  si  trovano  rinchiusi  nella 
calcarea  Giurassica , 


57 

Alle  Ligniti  pertanto  si  debbono  rivolgere  le  ricerche, 
perchè  sono  desse  abbondanti  nei  terreni  terziarj ,  e  talvolta  di 
COSI  buona  qualità,  da  supplire  per  parecchi  usi  al  Litantrace. 
I  pochi  lavori  intrapresi  nelle  antiche  arenarie  ove  si  mostrano 
segni  di  Litantrace,  non  sono  di  alcuna  importanza. 

A  questo  medesimo  proposito  finalmente,  il  Prof.  Si- 
smonda  comunica  dei  cenni  sommar]  sulle  condizioni  geologi- 
che del  Regno  Sardo,  in  rapporto  ai  combustibili  fossili,  e 
mette  sotto  gli  occhi  della  Sezione  la  sua  Carta  geologica  di 
quel  Regno,  condotta  quasi  a  termine,  perchè  si  possano  se- 
guire sopra  di  essa  le  date  indicazioni.  Dall'esame  pertanto 
della  nominata  carta,  e  dalle  spiegazioni  del  Professore  risulta, 
che  la  pili  antica  formazione  riconoscibile  nel  Piemonte  sia  il 
Lias^  adagiato  sopra  le  rocce  cristalline,  prodotte  sovente  dalla 
metamorfosi  di  rocce  più  antiche,  che  adesso  più  non  si  potreb- 
bero riconoscere.  Vi  mancherebbero  le  altre  formazioni  inter- 
medie, e  quella  specialmente  del  Litantrace.  Sembra  dunque 
che  non  vi  sia  fondata  speranza  di  trovare  neppure  nel  Pie- 
monte questo  tanto  desiderato  combustibile,  e  che  là  pure  le 
ricerche  si  debbano  rivolgere  alle  Ligniti  dei  terreni  terziarj, 
che  abbondano  specialmente  nella  Savoja,  ed  all'Antracite,  che 
è  poco  abbondante  nel  Lias  propriamente  detto,  ma  assai  più 
in  alcuni  strati  ad  esso  superiori,  i  quali  il  Prof.  Sismonda 
riferisce  all' 0<r/br<i  day. 

Quest'adunanza  fu  onorata  dalla  presenza  di  S.  A.  L  e  R. 
il  Granduca. 

U,  Segretario  della  Sezione  —  LODOVICO  PASINI, 
th  Presidente  -  PROF.  ANGELO  SISMOISDJ. 


ss 


TENUTA   IL    DI    7    OTTOBRE    1839 


Il  Segretario  legge  il  processo  verbale  dell'  adunanza  prece- 
dente, che  viene  dalla  Sezione  approvato. 

Il  Prof.  Giuli  chiede  la  parola  per  far  conoscere,  a  propo- 
sito dei  combustibili  fossili  della  Toscana,  di  avere  già  sottopo- 
sto alla  distillazione,  secondo  i  noti  metodi,  i  combustibili  fos- 
sili di  questo  paese,  tolti  da  sedici  differenti  località,  collo 
scopo  di  ottenerne,  per  mezzo  della  distillazione,  i  sali  nitrici 
e  specialmente  il  Nitrato  di  Naftalina,  prodotto  che  caratterizza 
il  Litantrace,  e  non  si  ottiene  dalle  Ligniti.  Al  Prof.  Giuli  non 
è  riuscito  di  avere  alcuna  traccia  di  Naftalina,  ed  in  conse- 
guenza ritiene  che  tutti  i  combustibili  fossili  che  egli  assoggettò 
a  questa  sorta  di  analisi,  siano  da  riferirsi  alla  Lignite. 

Il  Dott.  Scortegagna  legge  una  memoria  sopra  la  for- 
mazione calcarea  del  Morite  Bolca  nel  Veronese,  e  sopra  gl'It- 
tioliti  che  essa  contiene.  Rammemora  come  questa  formazione 
appartenga  al  terreno  terziario,  e  gli  strati  vi  siano  inclinati 
da  50  a  35  gradi,  effetto  probabile  di  un  sollevamento  operato 
dalle  Rocce  ignee,  delle  quali  parecchie  masse  si  osservano  nelle 
vicinanze.  Fra  i  varj  Ittioliti  del  Monte  Bolca,  il  Dott.  Scorte- 
gagna prende  a  considerare  uno  scheletro  di  pesce ,  di  cui  pre- 
senta la  figura  e  la  descrizione.  Aggiunge  alcune  idee  sulle 
cause  probabili  per  cui  alcuni  pesci  sono  ben  conservati,  ed 
altri  invece  mutilati  e  mancanti  di  molte  parti . 


59 

Il  Dott.  Attilio  Zuccagni  Orlandini  legge  una  nota  geo- 
grafico-geologica,  contenente  alcune  sue  osservazioni  sul  punto 
di  distacco  dell'Apennino  dalle  Alpi.  Riferite  le   opinioni  di 
parecchi  Autori,  sulla  origine  della  denominazione  Apennino^ 
e  quelle  ancora  assai  contradittorie  dei  Geografi  sul  vero  punto 
in  cui  si  possa  credere  che  abbia  principio  la  catena  apennina, 
egli  dall'esame  si  della  configurazione  geografica  dei  monti, 
che  della  loro  natura  mineralogica,  è  condotto  a  collocare  il 
vero  punto  di  distacco  degli  x\pennini  dalle  Alpi,  in  que'  monti 
che  si  alzano  fra  la  Bormida  ed  il  Tanaro,  I  Graniti  ed  i  Cal- 
carei della  valle  del  Tanaro  non  proseguono  nelle  contigue 
montagne  poste  verso  levante^  il  suolo  dei  monti  che  cingono 
quella  valle  è  del  tutto  diverso  da  quello  delle  due  rive  della 
Bormida^  ed  in  vicinanza  di  Ceva  discopresi  manifestamente 
un  sensibilissimo  distacco  negli  alti  gioghi  della  gran  catena. 
Le  Rocce  analoghe  a  quelle  delle  ultime  sommità  alpine  ricom- 
pariscono soltanto  nel  Golfo  della  Spezia^  e  nelle  Alpi  Apuane, 
Laonde,  secondo  lopinione  di  questo  Geografo,  il  Monte  Cinco 
sarebbe  la  prima  cima  dell' Apennino:  dalle  sue  pendici  volte 
a  mezzogiorno  scende  il  torrente  Pra^  che  bagna  le  mura  di 
Finale.  Per  testimonianza  poi  di  Flavio  Vopisco,  fin  là  si  esten- 
devano  ^ Inganni y   abitatori  dell'estremo   lembo    delle  Alpi 
marittime:  cosi  che  questa  opinione  dello  Zuccagni  si  trove- 
rebbe d'accordo  con  un  documento  dell'antica  storia. 

Il  Se2:retario  leo:£:e  una  memoria  che  Girolamo  Guidoni 
di  Massa  mandò  alla  Sezione,  dolente  di  non  poter  intervenire 
personalmente  al  Consesso.  Questa  memoria  tratta  della  Geo- 
logia generale  delle  Alpi  Apuane^  e  delle  miniere  metalliche 
del  Vicariato  di  Pietrasanta.  Egli  rammemora  i  diversi  studi 
intrapresi  più  volte  su  quelle  montagne  dal  Prof.  Savi,  dal  Dela- 
bèche,  dal  Prof.  Hoffmann  e  da  lui  medesimo,  e  fa  vedere 
come  non  appartengano  al  sistema  dell' Apennino,  ma  a 
quello  che  il  Prof.  Savi  indicò  sotto  il  nome  di  Sistema  metal- 


60 

lifero  della  Toscana.  Essendo   stati  riattivati  o  volendosi  ora 
riattivare  in  quelle  montagne  parecchi  scavi  minerali,  l'Autore 
manifesta  il  desiderio,  che  pel  buon  successo  di  queste  imprese 
vi  siano  impiegati  tutti  i  capitali  necessarj,   e  i  lavori  siano 
affidati  alla  direzione  di  persone  intelligenti,  ed  atte  ad  avvan- 
taggiarsi di  tutti  quei  lumi  che  può  somministrare  la  scienza. 
Jacopo  Heywood  comunica   alla  Sezione   una  sua  Carta 
geologica  del  distretto  del  Carbon  fossile  del  Lancasliire  meri- 
dionale, e   vi  aggiunge   alcune  verbali  spiegazioni.    Colà  un 
vasto  deposito  di  Carbon  fossile,  o   Litantrace,  copre  più   di 
quattrocento  miglia  quadrate  di  superficie:  è  circoscritto  nella 
parte  settentrionale  da  monti  composti  di  un'Arenaria  a  grossi 
grani   (  Gritstone  ) ,   e   nella  parte  meridionale   dall'  Arenaria 
rossa   (^Redsandstone') .  Gli  strati  del  Carbon  fossile  del  Lan- 
casliire furono  in  varie  guise  dislocati:  le  principali  linee  di 
dislocamento  corrono  verso  il  N.  N.  O.  e  conservano  fra  loro 
un  parallelismo  singolare. 

Vito  Procaccini  Ricci  di  Sinioraorlia  comunica  alla  Sezione 
una  serie  interessantissima  di  disegni  di  Filliti,  ed  altri  resti 
organici,  trovati  nelle  Gessaje  di  Santangelo  e  di  San  Gaudenzio 
presso  Sinigaglia.  Il  Procaccini  pubblicò  già  per  lo  passato 
qualche  parziale  illustrazione  di  questi  oggetti,  e  continuando 
le  ricerche,  potè  sempre  più  accrescere  la  sua  raccolta,  e  pre- 
parare i  materiali  di  un  vasto  lavoro,  il  quale  sarebbe  utile  per 
la  scienza  geologica,  che  fosse  condotto  a  fine.  I  disegni  ora 
presentati  comprendono  un  migliajo  circa  di  oggetti,  dei  quali 
novecento  almeno  sono  di  Filliti.  La  raccolta  poi  del  Procac- 
cini è  di  circa  ottomila  pezzi.  Tra  le  Filliti  ed  altri  resti  vege- 
tabili, si  distinguono  con  precisione  le  foglie  di  Ginko,  di  Acero, 
di  Quercia,  di  Salcio,  di  Pruno,  e   le  frutta  di  alcune  specie, 
come  Samare  d'Acero  e  legumi  di  Citiso.  Vi  sono  alcuni  pic- 
coli Pesci  di  acqua  dolce.  Rane,  ossa  e  penne  di  Uccelli,  ed 
Insetti  neurotteri  ed  ortotteri,  come  Nepe,  Cimici,  ali  di  Li* 


01 

bellule,  e  d'Ascalafì.  Il  Procaccini  dà  alcuni  schiarimenti  sulla' 
giacitura  di  questi  resti  fossili,  che  si  trovano  non  solo  nelle 
due  colline  summenzionate ,  ma  anche  lungo  una  zona  dello 
stesso  terreno  di  Marna  e  Gesso,  che  si  estende  da  quel  lato  al 
piede  dell' Apennino.  Nelle  IVIarne  alle  quali  sta  subordinato 
il  Gesso,  è  abbondantissimo  lo  Zolfo.  Le  impronte  sono  sempre 
meglio  conservate  nelle  Marne  che  nel  Gesso.  Non  vi  ha  dub- 
bio che  questi  depositi  non  siano  da  ascriversi  al  terreno  ter- 
ziario medio. 

Il  Prof  Sismonda  osserva  che  nel  Piemonte  si  trova  questo 
medesimo  terreno  di  Marna  e  Gesso,  con  impronte  di  piante 
ed  altri  corpi  organici,  a  Stradella^  Guarene^  Piobesi^  Mon- 
cucco,  Lamorra,  il  qual  terreno  secondo  le  ricerche  finora  da 
lui  istituite,  gli  sembra  appartenere  al  terreno  terziario  medio. 
Anche  il  Prof.  Savi  fa  osservare  che  le  impronte  organiche  del 
Sinigagliese  sono  affatto  simili  a  quelle  che  si  trovano  in  To- 
scana nel  terreno  terziario  medio  con  Lignite,  del  Volterrano 
e  del  Massetano. 

Il  Segretario  della  Sezione  —LODOVICO  PASiyi. 
Il  Presidente  -  PROF.  ANGELO  SISMONDA  . 


TENUTA  IL   dì  9  OTTOBRE   1859 


j|l  Segretario  legge  il  processo  verbale  della  precedente  adu- 
nanza, che  viene  approvato.  Ma  a  proposito  della  memoria  del 
Guidoni  letta  in  quell'  adunanza  sulle  Alpi  Apuane^  e  sulle 


62 

miniere  metalliche  del  Vicariato  di  Pietrasanta^  T  Ingegnere 
delle  miniere  Baldracco  chiede  la  parola  e  dichiara,  che  a  lui 
sembra  non  fondato  1'  asserto  del  Guidoni,  cioè  che  per  difetto 
di  sufficienti  cognizioni  i  lavori  della  miniera  di  Piombo  ar- 
gentifero del  Bottino^  nel  Vicariato  di  Pietrasanta,  non  abbiano 
ancora  potuto  prosperare  j  e  pure   non  fondata  sia  la  taccia 
d'inerzia  da  esso  data  all'industria  nazionale  nella  coltura  delle 
miniere.  Il  Guidoni  dovea  fare  qualche  cenno  di  una  memoria 
del  detto  Baldracco  intorno  la  miniera  del  Bottino^  stampata 
nel  1855,  dalla  Compagnia  Mineralogica  che  la  coltiva.  In 
quella  memoria  sono  indicati  i  difetti  che  potevano  presentare 
i  lavori  preliminari,  e  vi  è  suggerito  un  piano  di  coltivazione, 
tuttora  seguito  con  alacrità.  In  quanto  alla  taccia  che  l'indu- 
stria metallurgica  sia  poco  attiva,  il  detto  Ingegnere  fa  riflet- 
tere, che  anzi  in  Toscana  ove  si  ravvisarono  tracce  di  antiche 
escavazioni ,  o  indizj  di  sostanze  metalliche,  furono  da  intelli- 
genti speculatori  impresi  molti  lavori,  e  che  nel  breve  giro 
di  pochi   anni   si    fondarono    le   Compagnie    Carbon  fossile  ^ 
quella  Mineralogica  d' industria  minerale^  e  quella  di  Porte^ 
ed  altre  più  recenti  per  l'attivazione  della  cava  di  Lignite  di 
Caniparola^  delle  miniere  di  Piombo  argentifero  del  Bottino^ 
di  Val  di  Castello^   di  Montieri  e  di  Campiglia^  e  di  quelle 
di  Rame  di  Monte-Catini ^  M.  Castello^  di  Rocca  Tederighi^ 
di  M.  VasOy  e  di  Massa  marittima.  Egli  può  far  testimonianza 
dell'attività  metallurgica  ora  spiegatasi,  anche  per  le  varie  in- 
combenze avute  da  molte  di  quelle  Compagnie,  per  le   quali 
stese  parecchi  Rapporti,  ed  uno  specialmente  intorno  alle  Mi- 
niere della  Toscana  inferiore 5.  contenuto  in   un    manoscritto 
rassegnato  nel  1857,  alla  Compagnia  Porte,  ed  a  quella  d'//2- 
dustria  minerale. 

Il  Prof.  Cav.  Gaspero  Mazzi  legge  una  breve  notizia  su  i 
terreni  terziarj  del  bacino  delVOmbrone,  e  mette  sotto  gli  oc- 
chi della  Sezione  i  saggi  delle  Rocce  e  dei  fossili  ivi  raccolti. 


65 

Siccome  fra  alcuni  membri  insorge  una  questione  sulla  classi- 
ficazione geologica  di  questi  terreni,  il  Prof.  INIazzi  si  offre  di 
presentare  in  altra  adunanza  nuovi  saggi  di  rocce  e  di  fossili, 
che  valgano  a  rischiarare  la  questione  :  ed  egli  medesimo  si 
propone  di  fare  in  quel  giorno  nuove  comunicazioni. 

Il  Conte  Niccolò  Da  Rio  legge  una  memoria  intitolata 
Monografia  orittologica  del  Monte  Venda,  E  questo  monte 
la  cima  più  alta  e  centrale  degli  Euganei,,  ed  il  Conte  Da  Rio 
ne  porge  una  dettagliata  descrizione  topografica,  ed  accenna  le 
principali  varietà  di  Trachite,  della  qual  roccia  è  quel  monte 
quasi  intieramente  composto.  Il  Calcare  si  trova  qua  e  là  a 
fianco  della  Trachite,  e  l'Autore  si  mostra  inclinato  ad  am- 
mettere l'emersione  della  Trachite  dopo  che  il  Calcare  era 
stato  formato.  Gli  sembra  nulladimeno  che  i  dirupi  ed  i  ci- 
glioni verticali  o  inclinatissimi  di  Trachite,  che  si  scorgono 
qua  e  là  negli  Euganei^  e  de'  quali  egli  presenta  due  vedute, 
altro  non  siano  che  masse  trachitiche  un  tempo  più  profonde, 
e  sollevate  di  poi  all'altezza  attuale  dalla  forza  dei  fuochi 
interni . 

Il  Segretario  Pasini  non  reputa  ammissibile  questa  opi- 
nione, ed  osserva  prima  di  tutto  che  negli  Euganei  la  Trachite 
si  sollevò,  tanto  nel  Calcare  cretaceo  {^Scaglia^  quanto  nel 
sovrapposto  terreno  terziario  (formato  di  marna,  tufo,  e  cal- 
care a  Xummuliti),  ed  in  questi  stessi  terreni  s'iniettò  in  fi- 
loni. Le  muraglie  o  scogliere  trachitiche  degli  Euganei  sono 
grandi  filoni  di  questa  roccia  ,  incassati  nei  terreni  di  sedi- 
mento e  talvolta  nei  conglomerati  trachitici,  e  la  loro  forma 
singolare  proviene  dall'essere  restati  essi  isolati,  dopo  lo  sfal- 
damento e  la  distruzione  della  roccia  che  li  racchiudeva.  Que- 
sto sfaldamento  progredisce  ancora  ai  piedi  di  alcune  fra  queste 
scogliere  trachitiche,  e  si  può  osservare  al  Monte  delle  Forche 
ed  a  Bajanionte, 

Il  Prof.  Paolo  Savi,  dal  modo  con  cui  alcune  Rocce  analo- 


64 

ghe  sì  comportarono  nella  Toscana,  ammette  egli  pure  che  U 
Trachite  Euganea  sia  da  reputarsi  posteriore  alla  deposizione 
dei  terreni  terziarj ,  avendo  osservato  a  Monte  Catini  e  ad  Or- 
ciatico  nel  Volterrano,  che  le  argille  terziarie  contenenti  fos- 
sili sono  state  sollevate  ed  aUerate  dalla  Trachite,  non  restando 
delle  conchiglie  altro  che  le  forme  vuote,  o  riempite  da  Calce 
carhonata  fetida. 

Il  Conte  Domenico  Paoli  legge  una7Yo^«  sul  sollevamento 
ed  avvallamento  dei  terreni^  nella  quale  alle  tante  illustrazioni 
da  lui  già  puhhlicate  su  questo  importante  argomento ,  ag- 
giunge nuovi  fatti  concernenti  la  maggior  parte  d' Italia ,  e 
quello  particolarmente  dell'avere  egli  osservato  presso  Fano 
un  fondo  marino  riferibile  ad  epoche  storiche,  il  quale  trovasi 
ora  elevato  metri  7,  53  sopra  il  livello  del  mare.  Così  vedonsi 
al  Capo  Circeo  ed  al  Promontorio  di  Gaeta  i  fori  dei  Mitili  a 
considerabili  altezze  ec.^  dalle  quali  cose  tutte,  come  da  altri 
fatti  geologici,  si  può  credere  ora  dimostrato  che  i  solleva- 
menti ed  avvallamenti  della  scorza  terrestre,  non  solo  siano 
accaduti  su  grandi  proporzioni  al  formarsi  delle  catene  di  mon- 
tagne, ma  continuino  tuttora  sur  una  scala  minore,  e  facciano 
in  molti  luoghi  variare  il  livello  respettivo  delle  spiagge  e 
del  mare . 

Il  Prof.  Savi  cita  a  questo  stesso  proposito  un'osservazione 
che  egli  fece  presso  Ansedonia  al  Promontorio  Argentaro .  Ivi 
per  un  certo  tratto  gli  scogli  calcarei  forati  dai  Mitili  si  tro- 
vano presentemente  a  un  metro  circa  di  altezza  sopra  il  mas- 
simo livello  a  cui  giunge  la  marea .  Sopra  questi  scogli  calcarei 
era  fondata  la  città  etrusca  di  Cosa:  in  altri  punti  non  molto 
distanti  di  questa  stessa  spiaggia ,  vi  sono  chiarissimi  indizi 
di  abbassamento  del  suolo,  avvenuto  dopo  i  tempi  storici. 

Il  Conte  Paoli  manifesta  l'opinione  che  nelle  Maremme 
Pontine^  alcuni  tratti  del  suolo  siano,  fino  dagli  antichi  tempi, 
in  lento  ma  progressivo  stato  di  abbassanjento , 


65 

Emanuelle  Repetti  fa  dono  ai  membri  della  Sezione  degli 
articoli  Livorno^  e  Grosseto^  estratti  dal  Dizionario  geografico 
fisico  storico  della  Toscana^  che  egli  sta  pubblicando,  e  trae 
motivo  dalla  Nota  precedente  del  Conte  Paoli ,  per  proporre 
alcuni  quesiti,  il  cui  scioglimento  sarebbe  interessante  per  la 
storia  fisica  della  terra.  Riguardano  questi  quesiti  gl'interra- 
menti causati  dai  fiumi,  dalle  maree,  e  tutti  gli  altri  varj  acci- 
denti che  possono  produrre  qualche  variazione  nel  livello  o 
nella  forma  delle  spiagge  e  del  mare.  Un'esatta  e  progressiva 
osservazione,  descrizione,  e  misurazione  di  queste  variazioni 
fatte  con  segnali  ben  collocati  intorno  a  tutti  i  littorali ,  è 
quanto  il  Repetti  raccomanda  ai  Geologi  ed  ai  Fisici.  Altri 
quesiti  riguardano  particolarmente  il  suolo  Pisano ,  e  sono  i  se- 
guenti . 

1."  Qual  fosse  il  livello  del  suolo  in  Pisa  ai  tempi  in  cui 
la  bocca  dell'Arno,  per  asserto  di  Strabone,  non  era  più  che 
due  miglia  toscane  lungi  dalla  stessa  città^  o  quando  almeno 
fu  edificato  sotto  gli  Antonini  il  Tempio  Pagano,  di  cui  re- 
stano in  posto  le  parti  superiori  di  due  colonne  con  i  capitelli, 
alla  parete  esterna  della  chiesa  di  San  Felice,  lungo  la  strada 
che  porta  alla  piazza  dei  Cavalieri. 

2."  Quale  rialzamento  sia  accaduto,  ed  in  qual  propor- 
zione dell'alveo  dell'Arno,  dentro  la  città  di  Pisa,  dalle  preac- 
cennate due  epoche  fino  ad  oggi . 

5.°  Quali  indagini  si  potrebbero  istituire  col  concorso 
del  Governo  per  rintracciare,  senza  equivoco,  l'andamento  an- 
tico del  Serchio,  fra  Ripaf ratta  e  Pisa,  fino  a  che  confluì  costà 
nel  fiume  Arno. 

4.°  A  qual  epoca  precisa,  e  per  opera  di  chi  fosse  aperto 
al  fiume  Serchio  nella  sezione  pisana  un  alveo  suo  proprio  per 
isboccare  direttamente  nel  mare ,  ed  a  qual  epoca  cessò  di 
mantenersi  in  quello  stato  per  condursi,  con  un  nuovo  cam- 
mino, nell'alveo  che  tuttora  conserva  fra  Viareggio  e  Pisa . 

9 


66 

Il  Presidente  raccomanda  ai  Geologi  ed  ai  Fisici  lo  studio 
di  tutti  questi  quesiti. 

Il  Prof.  Giuseppe  Balsamo  Crivelli  di  Milano  manda  in 
dono  alla  Sezione  parecchi  esemplari  della  sua  Descrizione  di 
un  nuovo  Rettile  fossile,  della  famiglia  dei  Paleosauri^  e  di  due 
Pesci  trovati  nel  Calcare  nero,  sopra  V arenila  sul  La^o  di 
Como.  Questi  interessanti  fossili  furono  scoperti  dal  Nobile 
Lodovico  Trotti  di  Milano,  nella  Val  d'Esino^  sopra  Varenna. 
Il  Prof.  Balsamo  accompagna  la  sua  memoria  colla  figura  del 
Paleosauro ^  che  egli  reputa  di  un  genere  nuovo ,  affine  al 
Plesiosauro.  Tanto  per  l'esistenza  di  questo  singolare  rettile, 
che  dei  due  Pesci,  il  Calcare  nero  di  Varenna  sembra  al  Prof. 
Balsamo  che  debba  essere  riferito  al  gruppo  Oolitico,  come  al 
gruppo  Oolitico  ed  al  Lias  in  particolare  egli  crede  di  dover 
riferire,  d'accordo  in  ciò  col  Collegno,  quel  conglomerato  rosso 
che  sul  Lago  di  Como  è  sottoposto  a  questo  Calcare. 

Il  Presidente  determina  che  una  Commissione  composta 
dei  Professori  Nesti,  Paolo  Savi,  Mazzi,  Conte  Da  Rio,  e  Barel- 
li, oltre  il  Presidente  ed  il  Segretario,  si  occupi  del  progetto 
di  una  nomenclatura  geologico-mineralogica  italiana,  e  stabi- 
lisca, avanti  il  termine  dell'adunanze,  le  norme  secondo  le 
quali  dev'esser  condotto  questo  lavoro. 

Si  fissa  il  giorno  15  Ottobre  per  la  gita  geologica  da 
farsi  al  Monte  Pisano,  sotto  la  direzione  del  Prof.  Savi,  alla 
quale  potranno  prender  parte  tutti  i  membri  della  Sezione,  e 
gli  studiosi  che  s'iscriveranno  nell'apposito  registro. 

Il  Segreiario  della  Sezione  —  LODOVICO  PASINI. 
Il  Presidente  -  PROF.  ASGELO  SISMOISDJ. 


67 


TESCTA   IL    DI    10    OTTOBRE    1839 


Mi  Segretario  legge  il  processo  verbale  della  precedente  adu- 
nanza, che  resta  approvato. 

Il  Prof.  Paolo  Savi  comunica  una  Notizia  sopra  una  so- 
stanza combustibile  fossile,  trovata  a  Monte  Vaso  in  Toscana, 
nel  mezzo  della  Lignite .  Egli  la  reputa  una  nuova  specie  di 
minerale ,  e  propone  di  chiamarla  Branchite  in  onore  del  Dott. 
Giuseppe  Branchi ,  Professore  di  Chimica  in  Pisa ,  che  ne  fece 
a  sua  inchiesta  l'analisi.  È  una  sostanza  ialina,  trasparentissi- 
ma,  graffiabile  coli' unghie,  di  frattura  scabra,  e  di  aspetto  e 
tatto  untuoso,  di  nessuno  odore  e  nessun  sapore,  fusibile  dai 
60  a  6o  gradi  di  Reaum.  Dopo  la  fusione  e  l'ebullizione  di- 
viene di  color  giallo,  ed  è  più  fusibile .  È  volatile  ed  infiamma- 
bile senza  residuo,  mandando  un  fumo  ed  un  leggero  odore. 
È  elettrica  per  sofFregamento^  il  suo  peso  specifico  eguaglia 
quasi  quello  dell'acqua.  L  solubile  nell'alcool  a  freddo  ed  a 
caldo,  e  sciolta  in  questo  liquido  cristallizza,  per  raffredda- 
mento, in  lunghe  e  sottilissime  lamine.  E  solubile  anche  negli 
olj  fissi  e  negli  olj  volatili.  Il  solo  cristallo  ben  espresso  di 
questa  sostanza  che  siasi  finora  trovato,  è  un  prisma  romboi- 
dale ,  modificato  sugli  spigoli . 

Le  sostanze  che  hanno  qualche  analogia  con  il  combu- 
stibile ora  scoperto  dal  Prof.  Savi,  sarebbero  la  Sclieirerite  di 
Stromeyer  e  la  Cera  di  mare  del  Thompson,  ma  la  prima  si 
fonde  ad  una  piii  bassa  temperatura,  cioè  a  36",  ed  a  differenza 


68 

del  nuovo  combustibile  ha  un  odore  empireumatico,  e  cristal- 
lizza per  raffreddamento  dopo  la  fusione^  e  la  Cera  di  mare 
del  Thompson,  essendo  stata  trovata  in  altra  giacitura,  si  può 
credere  che  sia  diversa:  oltre  a  che  non  è  molto  conosciuta  mi- 
neralogicamente. Per  tutte  queste  ragioni  il  Prof.  Savi  crede 
di  dover  dare  un  nome  nuovo  e  scientifico  alla  sostanza  or  ora 
ritrovata  in  Toscana  . 

La  Sezione  osserva  alcuni  saggi  di  questo  minerale,  il 
quale  si  trova  in  piccole  vene  nella  Lignite,  e  vi  sta  insieme 
colla  Calcedonia  e  colle  Piriti  di  ferro.  Si  fanno  poi  alcuni 
esperimenti  sulla  sua  fusibilità,  volatilità  ec.  Il  Prof.  Domnan- 
dos  che  ebbe  occasione  di  studiare  la  Cera  fossile  della  Mol- 
davia, colla  quale  si  fanno  anche  delle  candele,  assicura  che 
la  nuova  sostanza  scoperta  dal  Prof.  Savi  non  ha  alcuna 
somiglianza  colla  detta  cera  fossile,  e  n'è  certamente  ben 
diversa. 

Il  Dott.  Zuccagni  Orlandini  legge  una  Nota  sopra  alcuni 
combustibili  ed  altri  minerali  della  valle  del  Taro,  e  mette 
sotto  gli  occhi  della  Sezione  alcuni  saggi  di  queste  sostanze . 
Comincia  col  dare  una  descrizione  geografica  dei  monti  ove  ha 
principio  la  valle  del  Taro,  e  dai  quali  scende  la  Val  di  Magra 
neir  opposta  pendice  dell'Apennino .  Poco  al  disotto  di  Borgo- 
taroy  capoluogo  di  quella  valle ,  vedesi  discendere  nel  Taro 
dalle  pendici  meridionali  del  3Ionte  Borgallo,  il  torrente  Ta- 
rodiiiey  il  quale  in  faccia  alla  sua  foce,  imbocca  nell'  opposta 
sinistra  riva  un  fiumicello  di  minor  corso,  chiamato  il  Canale 
di  Vona,  Questo  rio  prende  origine  presso  le  cime  del  Cajfa- 
reccioj  uno  dei  monti  che  s'interpongono  tra  le  valli  del  Ce/io 
e  del  Taro:  la  vallicella  che  esso  traversa  ed  irriga ,  ha  circa 
quattro  miglia  quadrate  di  superficie,  ed  ivi  appunto  si  sco- 
persero, cinque  anni  fa,  le  tracce  di  un  combustibile  fossile, 
sul  quale  si  fecero  alcuni  esperimenti ,  per  riconoscere  se 
fosse  vantaggioso  d' intraprenderne  l' escavazione .  Varie  fu- 


69 

rono  le  opinioni  emesse  su  questa  sostanza,  che  alcuni  hanno 
creduto  di  poter  riportare  al  Litantrace,  riferendo  gli  strati 
di  arenaria  e  di  argilla  schistosa  ove  sta  racchiusa,  alla  vera 
formazione  carbonifera .  Il  Dott.  Zuccagni  resta  incerto  a  qual 
partito  debba  appigliarsi,  e  perciò  sottopone  all'esame  della 
Sezione  i  saggi  del  combustibile,  e  le  Rocce  di  quella  loca- 
lità. Rammenta  nel  tempo  stesso  che  presso  l'arenaria  rac- 
chiudente il  combustibile,  si  trova  uno  schisto  bituminoso,  e 
non  molto  lungi  da  questo  vi  sono  degli  indìzi  di  Petroleo. 

Il  Prof.  Savi  chiede  la  parola,  e  fa  osservare  che  in  una 
precedente  adunanza,  e  prima  ancora  in  alcune  sue  memorie 
già  stampate,  egli  aveva  indicato  trovarsi  qua  e  là  nell'arena- 
ria degli  Apennini,  chiamata  Maci^no^  alcune  tracce  di  Sti- 
pite ^  combustibile  di  buona  qualità,  del  quale  peraltro  non  si 
è  trovato  finora  nìun  rilevante  deposito,  ma  soltanto  dei  leg- 
geri indizi.  L'esame  dei  saggi  recati  dal  Dott.  Zuccagni,  fa 
riconoscere  come  il  combustibile  della  Val  di  Taro  sia  ap- 
punto una  Stipite,  similissima  a  quella  trovata  nella  Tosca- 
na, e  le  Rocce  concomitanti  siano  quelle  stesse  arenarie,  che 
sogliono  formare  in  tutto  l'Apennino  il  terreno  del  Macigno. 
Non  vi  sarebbe  adunque  neppure  nella  Val  di  Taro  la  for- 
mazione del  Carbon  fossile,  come  piacque  a  taluno  di  credere. 
In  tutto  ciò  che  fu  detto  su  quella  valle,  il  Prof.  Savi  non  sa 
vedere  alcun  fatto  che  differisca  da  quanto  egli  espose  sulla 
costituzione  geologica  degli  Apennini  toscani,  relativamente 
ai  combustibili  fossili,  e  si  rimette  perciò  alle  sue  precedenti 
dichiarazioni . 

L'Ingegnere  delle  Miniere  Baldracco  legge  una  sua  me- 
moria intitolata  Nozioni  intorno  a  parecchi  filoni  auriferi^  di 
recente  scoperti  negli  Apennini  liguri.  Egli  pervenne  al  ritro- 
vamento di  questi  filoni  dall' aver  preso  ad  esaminare  alcuni 
terreni  di  alluvione,  più  o  meno  auriferi  della  valle  del  Co?^- 
sente  nella  Provincia  di  Novi,  dove  da  tempi  assai  remoti  so- 


70 

gliono  i  villici  ottenere,  colle  lavature,  de' granellini  e  delle 
pagliuole  d'oro.  La  Valle  del  Corsente,  dalla  sua  origine 
presso  la  gola  della  Bocchetta  fino  al  Lago  delle  Tine^  è 
ovunque  scavata  fra  un  terreno  ofioliticoj  ma  da  questo  punto 
fino  al  Torrente  Piota  scorre  in  gran  parte  attraverso  un 
conglomerato,  composto  di  ciottoli  e  massi  di  Serpentina,  di 
Amfibolite,  di  Eufotide,  di  Clorite,  e  di  schisti  micacei  e  talcosi, 
il  quale  forma  la  base  dei  vicini  terreni  terziarj .  Questo  con- 
glomerato stendesi  inoltre,  per  qualche  chilometro,  sulle  spon- 
de della  Piota^  ed  è  poi  seguito  da  una  Marna  ceruleo-bianca- 
stra,  che  vi  è  addossata,  con  una  leggera  inclinazione  al  N.  O. 

Il  tratto ,  nel  letto  del  Corsente  e  della  Piota^  in  cui  tro- 
vansi  principalmente  le  sabbie  aurifere,  corre  dal  Lago  delle 
Tìne  al  sito  detto  le  Rocche,  e  vien  giudicato  dal  medesimo 
Ingegnere  di  5000  metri  circa  di  estensione.  In  molti  punti  di 
questo  tratto  egli  fece  eseguire  delle  lavature,  e  potè  convin- 
cersi che  dappertutto  questo  sedimento  offre  delle  pagliuzze  e 
granellini  d'oro. 

I  monti  che  si  trovano  fra  la  Valle  del  Corsente  e  quella 
di  Stura  sono  frequentemente  ricoperti  da  un  terreno  diluviale 
assai  favorevole  all'agricoltura,  il  quale  si  stende  sopra  mon- 
tagne di  Ofiolite,  e  contiene  sovente  frantumi  di  questa  roccia. 
D'ordinario  la  sua  grossezza  non  sorpassa  un  metro.  Non  è 
desso  generalmente  aurifero,  che  anzi  talvolta  per  molte  e 
molte  miglia  non  dà  traccia  d'oro  di  sorta  alcuna,  ma  non  è 
così  quando  si  esplorano  le  sue  masse  addossate  al  fianco  si- 
nistro della  Valle  del  Corsente,  o  nei  valloni  che  da  quel  lato 
sono  con  essa  in  comunicazione.  In  que' luoghi  l'Ingegnere 
Baldracco  trovò  varj  tratti  di  terreno  diluviale  aurifero ,  cioè 
nel  Vallone  di  Cella,  a  Penellaja,  nel  Vallone  della  Tana, 
alla  Fossa  di  Cucco,  ai  Diacci,  a  Moglia-Ferrajo  ec.  Anche 
il  terreno  vegetabile  della  Valle  del  Corsente  nei  siti  ove  si 
allarga  alquanto ,  offre  qualche  traccia  d'oro  come  quello  delle 


71 

campagne  laterali  alla  Piota,  dopo  la  sua  unione  col  Corsente, 
Ogni  indizio  di  questo  metallo  scomparisce  più  oltre  avanzan- 
dosi fra  i  colli  terziarj ,  ove  il  terreno  alluviale  è  composto  di 
altri  materiali . 

Osservando  che  l'oro  delle  alluvioni  della  Valle  del  Cor- 
sente va  accompagnato  non  solo  dall'arena  ferrifera,  ma  da 
ciottoletti  di  Quarzo  più  o  meno  ocraceo,  il  Baldracco  si  mise 
alla  ricerca  dei  filoni  auriferi  nelle  masse  serpentinose  poste  in 
vicinanza  dei  sopraddetti  depositi  alluviali  auriferi .  Trovò  per- 
tanto nel  Vallone  di  Cella,  a  Penellaja,  nel  Vallone  della 
Breccia,  al  Colle  del  Corno,  ai  Diacci  ec.  dei  filoni  di  Quarzo 
cellulare  ocraceo  che  ridotto  in  polvere  somministrò  del  ferro 
ossidulato,  e  qualche  granellino  d'oro.  A  Penellaja  osservò 
ancora  molti  filoni  di  Ossidrato  di  ferro  selcioso,  da  cui  ot- 
tenne dei  granellini  d'oro,  e  nel  Vallone  della  Tana  uno  smi- 
surato filone  di  più  di  40  metri  di  grossezza  composto  di  Clo- 
rite,  di  Quarzo  ocraceo ,  d' Ossidrato  di  ferro,  e  di  altre  so- 
stanze minerali  che  alternano  insieme  fra  loro  parecchie  volte. 
L'Ossidrato  di  ferro  selcioso  forma  una  considerevole  parte  di 
questo  filone,  ed  è  probabile  che  contenga  dell'oro,  quantun- 
que non  sia  stato  ancora  saggiato  colle  lavature:  ma  se  ne  tro- 
varono indizi  in  un  grande  ammasso  di  rocce  affatto  consi- 
mili, che  sta  in  mezzo  all'Ofiolite  presso  Moglia-Fen^ajo,  e 
che  sembra  riunirsi,  o  essere  una  dipendenza  del  gran  filone 
della  Tana . 

Tutti  questi  filoni  che  talvolta  contengono  de'  piccoli  fram- 
menti di  Ofiolite,  sembrano  appartenere  ad  un  solo  sistema,  e 
sarebbero  stati  formati  dopo  il  consolidamento  delle  masse 
ofiolitiche,  da  una  medesima  causa  che  avrebbe  agito  presso 
a  poco  nella  direzione  del  S.  S.  E.  al  N.  N.  O.,  attraverso  la 
catena  dell'Apennino,  in  montagne  tutte  coperte  di  Ofiolite ,  e 
secondo  una  linea  che  partirebbe  dal  villaggio  di  Casaleggio, 
presso  i  colli  subapennini ,  per  giungere  a  Sestri  di  Ponente, 
in  riva  al  mare . 


72 

Il  Baldracco  opina  che  la  comparsa  di  questi  filoni  sia 
stata  contemporanea  al  sollevamento  delle  Alpi  occidentali,  e 
che  taluni  di  essi  potrebbero  essere  lavorati  con  vantaggio. 

Il  Prof.  Domnandos  fa  vedere  le  Rocce  principali  deW Iso- 
la dì  Santorìiiiy  sulla  quale  ha  letto  una  memoria  nell'  Adu- 
nanza generale  degli  8  Ottobre.  Egli  visitò  quest'isola  nella 
passata  estate,  in  compagnia  del  Cons.  Russegger,  ed  ebbe  a 
convincersi  che  è  dessa  un  vero  Cratere  di  sollevamento,  se- 
condo la  teoria  dei  De  Buch  e  Beaumont.  La  descrizione  che 
egli  ne  porge  non  differisce  gran  fatto  da  quella  pubblicata 
dai  Geologi  francesi  della  Spedizione  della  Morea,  ma  le  con- 
clusioni a  cui  egli  viene  condotto  son  ben  diverse.  Si  vede  a 
primo  aspetto  che  Santoriniy  Aspronisi  e  Therasia  formavano 
un  tempo  una  stessa  massa,  e  che  la  loro  separazione  non  fu 
che  la  conseguenza  necessaria  di  un  unico  sollevamento.  La 
superficie  sollevata  si  è  squarciata  in  diverse  direzioni,  e  le 
vestigia  di  questo  squarciamento  sono  gl'ingressi  attuali  del 
Golfo,  come  pure  varie  fessure  del  cratere,  posteriormente 
otturate. 

Quando  lo  spettatore  si  trova  in  mezzo  del  vasto  cratere, 
il  suo  sguardo  non  incontra  da  ogni  parte  che  enormi  dirupi 
tormentati  in  variatissimi  modi ,  talvolta  inclinati  più  di  60 
gradi ,  e  spesso  verticali:  ma  giunto  alla  vetta,  egli  scorge  con 
sorpresa  davanti  a  se  un  piano  appena  declive,  che  si  stende 
verso  il  mare,  e  eh' è  tutto  coperto  di  vigne  di  prosperosa  vege- 
tazione. Questo  piano,  insensibilmente  inclinato  verso  oriente, 
resta  solo  interrotto  tutto  ad  un  tratto  dal  calcare  del  Monte 
di  S,  Elia . 

Nel  porto  dell'Isola,  malgrado  gli  scoscendimenti  che 
sembrano  essere  di  sovente  accaduti ,  si  può  dire  che  non  esiste 
alcuna  Scala,  e  che  le  Rocce  s'immergono  tutto  ad  un  tratto 
nel  mare:  questo  è  poi  ivi  talmente  profondo,  che  i  vascelli 
non  vi  possono  gettar  l'ancora,  e  lo  scandaglio  trova  a  pochi 


75 

metri  dalla  terra  60  ad  80  braccia,  e  un  po'  più  lontano  fino 
a  200  e  300  braccia .  Questa  circostanza  prova  che  le  pareti  del 
cratere  si  sprofondano  sotto  il  mare ,  pii^i  assai  che  non  si  er- 
gano sopra  di  esso ,  ciò  che  non  accaderebbe  al  certo ,  se  il 
corpo  dell'isola  fosse  Topera  di  successive  eruzioni. 

La  Trachite  sotto  tutti  i  suoi  vari  aspetti ,  sempre  più  o 
meno  alterata,  e  giammai  nel  suo  stato  normale,  è  la  roccia 
che  compone  Therasia^  Aspronisi  e  Santorini^  eccetto  la  parte 
S.  E.  di  quest'ultima  isola  da  Pyrgos  sino  ad  Emporion^  che  è 
tutta  composta  di  Calcare  granulare,  roccia  comune  a  diverse 
altre  isole,  e  luoghi  della  Grecia.  Lo  stesso  calcare  apparisce  di 
nuovo  all'Est  dell'isola  nel  luogo  chiamato  Monolithos , 

Il  Prof.  Domnandos  mostra  in  seguito  le  multiformi  alte- 
razioni sofferte  dalla  Trachite,  e  fa  conoscere  l'ultimo  strato 
superiore  di  conglomerato  bianco,  che  costituisce  con  ammi- 
rabile uniformità  il  suolo  delle  tre  isole,  ed  ha  alcune  volte 
una  grossezza  di  più  di  50  metri.  Xella  stratificazione  delle 
varie  materie  incoerenti  che  lo  compongono  ebbe  parte,  a  suo 
credere,  l'acqua  del  mare. 

L' esame  della  massa  calcarea  del  M.  di  S.  Elia  fa  sup- 
porre, che  il  sollevamento  e  l'inclinazione  de' suoi  strati,  e  le 
sue  alterazioni  al  contatto  delle  Pomici,  siano  accadute  al  for- 
marsi del  cratere  di  sollevamento.  Sarebbe  altrimenti  difficile 
il  rendere  ragione  delle  moltiplici,  e  curiose  apparenze  che 
offre  la  massa  calcarea. 

Le  tre  isole  Seokameni^  Microkameni^  e  Paleoh ameni ^ 
situate  verso  il  centro  del  Golfo,  sono  composte  di  masse  tra- 
chitiche  nere,  di  Ossidiana  e  di  scorie  sollevate  a  diverse  epo- 
che, e  che  svelano  il  vero  punto  ove  la  natura  rinnova  i  suoi 
tentativi  per  istabilirvi  un  cratere  di  eruzione:  ma  finora  non 
vi  riuscì^  vi  si  vede  bensì  un' apertura  a  Microkameni,  e  quattro 
altre  più  piccole  a  Neokameni^  da  nessuna  però  di  queste  sem- 
bra che  siano  state  vomitate  delle  correnti,  ma  che  siano  sol- 

10 


74 
tanto  usciti  dei  gas  e  delle  materie  incoerenti.  Tutte  le  Rocce 
che  vi  si  vedono  nel  più  gran  disordine,  devono  la  loro  appa- 
rizione alla  sola  forza  del  sollevamento,  come  prova  la  storia 
dei  recenti  fenomeni  di  quest'isola:  nessuno  mai  ha  fatto  parola 
di  correnti,  delle  quali  si  sarebbero  d'altronde  riscontrate  le 
vestigia. 

Cotest' isole  pertanto  sono  emerse  tutte  fatte,  s'è  lecito  di 
così  esprimersi,  dopo  forti  scotimenti  accompagnati  da  fiamme, 
da  ejezioni  incoerenti  e  da  tutto  ciò  che  precede  le  eruzioni 
dei  vulcani  attuali.  iNon  è  dunque  che  ai  fenomeni  precursori 
di  vere  eruzioni^  che  quest'isole  debbono  la  loro  emersione. 
Un'altra  prova  se  ne  ha  dal  vedere  che  di  tempo  in  tempo  de- 
gli scogli  nuovi  vanno  comparendo,  e  sì  uniscono  ai  primi 
per  una  specie  di  apposizione. 

Ancor  oggi  si  veggono  tra  Neokameni  e  Mìcrokameni 
delle  emanazioni  gazose  sorgere  di  continuo  dal  mare  sotto 
forma  di  piccole  bolle ^  gli  abitanti  hanno  assicurato  il  Prof- 
Domnandos,  che  uno  scoglio  s'innalza  insensibilmente  fra 
Neokameni  ed  il  porto  di  Santorini^  ciò  che  confermano  pure 
gli  scandagli  fatti  dall'Ammiraglio  Lalande  e  dal  Colonnello 
Bory  de  Saint- Vincent.  Ecco  dunque  che  la  natura  produce 
sempre  gli  stessi  fenomeni,  benché  con  minore  intensità. 

Non  resta  pertanto  al  Prof.  Domnandos  dubbio  alcuno  che 
Y Isola  di  Saiitorìni  non  sia,  come  hanno  detto  il  De  Buch  e 
De  Beaumont,  un  vero  cratere  di  sollevamento.  Le  Rocce  di 
questa  classica  località  sono  mano  a  mano  esaminate  dai 
membri ,  e  lasciate  poi  in  dono  dal  Prof.  Domnandos  al  IMuseo 
di  Pisa. 

Il  Segretario  della  Sezione  —  LODOVICO  PASINI, 
Il  Pkesidente  -  PROF.  AGGELO  SISMONDA . 


IL  2)  ir  lì  asta  li.  ©iS'tn 

TENUTA   IL    DI    11    OTTOBRE    1839 


Si  legge  il  processo  verbale  dell'adunanza  precedente,  che 
resta  approvato,  ma  a  proposito  della  nuova  sostanza  combu- 
stibile trovata  a  Monte  Vaso  dal  Prof.  Savi,  e  che  egli  ha  pro- 
posto di  chiamare  Branchite^  il  Prof.  Xesti  fa  osservare,  che  si 
trovano  nel  Museo  mineralogico  di  Firenze,  da  lui  preseduto, 
alcuni  saggi  di  Sclieirerite^  e  che  questo  minerale  differisce 
senz' alcun  dubbio  dalla  nuova  sostanza  trovata  ora  in  Toscana. 

Il  Segretario  legge  una  memoria  del  Geologo  Leopoldo 
Pilla  di  Napoli,  che  serve  d'illustrazione  a  due  spaccati  geolo- 
gici degli  Apennini,  presi  nelle  due  estremità  settentrionale  e 
meridionale  del  Regno  di  Napoli.  In  una  Carta  topografica  del 
detto  Regno  sono,  per  maggior  chiarezza,  indicate  con  colori 
le  linee  seguite  dagli  spaccati. 

Lo  spaccato  settentrionale  va  dalla  foce  del  Gariglìano  a 
quella  del  Iconio  per  una  linea  tortuosa,  che  passa  per  Vena- 
fro,  Castellone,,  Castel  di  Sangro^  il  Piano  di  cinque  miglia^  il 
Lago  FucinOy  Aquila^  il  jSl.  Corno^  il  Pizzo  di  Sivo^  Tottea^  ed 
il  Monte  delV Ascensione ,  Secondo  Pilla  l'asse  ed  il  corpo  prin- 
cipale dell'  Apennino  è  formato  lungo  questa  linea  di  Calcare 
giurassico,  ossia  di  un  Calcare  compatto  bianchiccio,  che  mol- 
to assomiglia  a  quello  del  Giura,  e  fu  da  molti  Geologi  riferito 
a  questa  formazione.  Si  credeva  in  generale  che  fossero  assai 
rari  e  scarsi  i  fossili  in  esso  racchiusi,  ma  al  Pilla  è  riuscito  di 


76 

ritrovarvene  di  parecchi  generi,  che  però  si  staccano  dalla  roc- 
cia con  difficoltà.  Questo  calcare  non  ha  strati  marnosi  o  argil- 
losi subordinati,  e  però  è  difficile  il  distinguere  i  suoi  differenti 
banchi,  e  solo  spera  il  Pilla  di  riuscirvi  in  seguito  collo  studio 
dei  petrefatti.  In  alcuni  luoghi  vi  sono  stati  scoperti  rari  Am- 
moniti (  nel  Gran  Sasso  negli  Abruzzi,  Monte  Gaj-gano  nelle 
Puglie)^  in  altri  trovò  molte  specie  di  Nerinee  (cinque  alme- 
no), alcune  Volute  e  qualche  Turritella:  le  prime  e  le  seconde 
abbondano  talmente  in  qualche  luogo  che  la  roccia  ne  è  impa- 
stata^ con  questi  fossili  vi  sono  ancora  degli  Ippuriti  (^Monte 
Cassino^  Monte  di  Caserta^  Rupe  di  Gaeta  in  Terra  di  Lavoro): 
in  altri  luoghi  questo  Calcare  somiglia  alla  creta  indurita,  e 
contiene  Pettini,  Ostriche  e  Nummuliti,  e  forse  appartiene  alla 
creta  o  almeno  al  terreno  Giurassico  superiore  (vicinanze  di 
Cajazzo  in  Terra  di  Lavoro,  di  Sulmona  negli  Abruzzi).  V'ha 
de' luoghi  ove  contiene  copiosi  Ittioliti  (^Pìetraroja^  Castellam- 
mare^ Giffuni^.  Come  il  terreno  Giurassico  alpino  racchiude 
vasti  depositi  di  Dolomite  (  montagne  del  Matese^  monte  di 
Castellammare  ec).  Suole  essere  ancora  bituminifero ,  la  sua 
struttura  è  massiccia  il  più  delle  volte,  e  la  sua  stratificazione 
di  rado  è  regolare,  ma  sconvolta  più  di  sovente  con  varie  dire- 
zioni ed  inclinazioni  degli  strati.  Forma  montagne  di  gran 
mole,  ed  arriva  nel  Monte  Corno  fino  all'altezza  di  8996  piedi 
sopra  il  livello  del  mare. 

Il  terreno  Giurassico  è  il  più  antico  terreno  di  sedimento 
che  comparisca  in  quelle  montagne:  non  si  vede  in  alcun  luogo 
il  terreno  sul  quale  riposa. 

All'Est  del  Monte  Corno  dal  solo  lato  del  Mare  Adriatico, 
succede  al  calcare  giurassico  il  terreno  cretaceo,  che  fa  parte 
del  Gres  apenninico  o  carpatico,  ed  appartiene  perciò  al  terreno 
cretaceo  della  zona  mediterranea .  Esso  consta  di  Macigno  e  di 
argilla  insieme  alternanti  e  stratificati  con  molta  regolarità: 
non  contiene  fossili  animali,  ma  solo  qualche  Fucoide,  ed  in 


77 

qualche  luogo  delle  foglie  di  dicotiledoni.  Racchiude  ancora  am- 
massi di  Eleantrace  e  di  Lignite  non  molto  abbondanti  (^Abruz- 
zo Ultra  1.°).  Abbassandosi  a  mano  a  mano  verso  l'Adriatico, 
il  macigno  scomparisce,  le  argille  diventano  predominanti,  e 
cosi  passa  insensibilmente  alle  argille  terziarie.  Forma  parec- 
chie alte  montagne,  ed  è  notabile  che  laddove  questo  terreno 
si  avvicina  all'  asse  giurassico  i  suoi  strati  sono  quasi  universal- 
mente orizzontali  (  Pizzo  di  Siva^  Tottea  ^^  e  dal  lato  delle  ar- 
gille subapennine  si  mostrano  in  gran  disordine  e  talvolta  ver- 
ticali. 

Le  argille  subapennine  formano  de'  bassi  colli,  e  non  sono 
in  alcun  luogo  coperte  dalle  sabbie:  racchiudono  in  alcuni  punti 
Gesso,  Bitume,  e  Stronziana  solfata^  i  fossili  vi  sono  rari,  ed 
appartengono  alle  specie  descritte  dal  Brocchi. 

In  questa  parte  d'Italia  le  argille  subapennine  si  trovano, 
come  il  Macigno,  soltanto  dal  lato  del  IMare  Adriatico,  e  man- 
cano dalla  parte  del  IMare  Tirreno. 

In  una  valle  molto  irregolare  dell' Apennino  giurassico, 
laddove  ha  la  sua  sorgente  il  Volturno,  si  osserva  un  deposito 
locale  di  J'ravertino,  che  al  paese  di  Castellone  ha  più  di  400 
piedi  di  grossezza,  e  costituisce  un  altopiano.  Havvi  un  simile 
deposito  ad  Ascoli  in  riva  al  Tronto,  dove  forma  parecchie 
masse  isolate  che  ricoprono  il  terreno  cretaceo.  La  più  conside- 
revole è  quella  posta  alla  sommità  del  Monte  dell'  Ascensione, 
che  secondo  l'Orsini  si  eleva  3678  piedi  sopra  il  livello  del  ma- 
re: ed  un'altra  pure  che  merita  osservazione  è  quella  posta  in 
cima  al  monte  di  S.  Marco  presso  la  città  di  Ascoli.  Il  Pilla 
inclina  a  risguardare  questo  Travertino  come  un  terreno  ter- 
ziario superiore  di  acqua  dolce. 

Il  vulcano  estinto  di  Rocca  Monfina  posto  in  mezzo  a 
diramazioni  dell' Apennino  giurassico,  è  un  gran  vulcano  cen- 
trale circondato  da  coni  vulcanici  parassiti.  La  sola  metà  occi- 
dentale del  gran  cratere  centrale  sussiste  tuttora,  l'altra  è  stata 


78 

sconvolta  ed  abbattuta  come  nel  Monte  Somma,  È  fatto  di  lave 
anfigeniche  alternanti  con  letti  di  conglomerati  vulcanici.  Nel- 
l'ombilico  del  cratere  centrale  sorge  un  monte  conico  il  quale 
si  eleva  860  piedi  sopra  il  piano  del  cratere,  ed  è  intieramente 
di  Trachite  terrosa  in  massa.  Per  queste  ed  altre  apparenze  il 
Pilla  ritiene  che  il  cratere  centrale  della  Rocca  Monjìna  sia  un 
cratere  di  sollevamento. 

In  molte  valli  poste  nel  cuore  degli  Apennini  ed  assai  ele- 
vate {Piano  di  cinque  mi  glia  ^  Valle  di  Fucino^  deìV  Aquila  ec.) 
si  trovano  depositi  di  Pozzolane  con  Anfigeno,  Pirosseno  ec.  E 
piuttosto  difficile  il  determinare  da  quai  luoghi  quelle  sostanze 
vulcaniche  siano  derivate. 

Una  linea  che  comincia  presso  V Isola  di  Dino  nel  Mare 
Tirreno,  passa  davvicino  a  S\  Basilio^  Castr ovili  ari ^  Saracena^ 
Cassano^  Europoli^  e  termina  alla  foce  del  Grati  ne\  Mare  Ionio, 
è  quella  che  divide  FApennino  secondario  giurassico  dalFApen- 
nìno  pili  meridionale,  formato  di  Granito-gneis.  Presso  questa 
linea  da  Castrovillari  fino  a  Lungro  in  Calabria  Citra,  si  trova 
un  immenso  deposito  di  Sai  Gemma,  del  quale  non  si  può  di- 
stinguere con  chiarezza  la  giacitura.  Ha  d'intorno  delle  masse 
di  Fillade  e  dei  conglomerati  terziarj  riferiti  dal  Pilla  alla  più 
recente  formazione  subapennina,  colla  quale  egli  reputa  legato 
anche  il  Sai  Gemma. 

Lo  spaccato  meridionale  presentato  dal  Pilla  va  dal  Capo 
Vaticano  nel  IMare  Tirreno  alla  punta  di  Stilo  in  Calabria,  e 
passa  per  Tropea^  Nicotera^  M.  Poro^  Monteleone.^  Soriano ^ 
Serra  y  M.  della  Colla ^  Monte  di  Stilo ^  e  Monosterace,  L'asse 
centrale  dell' Apennino  in  questa  parte  del  Regno  di  Napoli, 
cioè  nelle  Calabrie,  è  fatto  di  Granito,  che  passa  alcune  volte 
allo  Gneis.  Queste  Rocce  si  presentano  sotto  vari  aspetti  mine- 
ralogici, vi  è  la  Pegmatite  a  Tropea  ^  e  la  Selagite  con  granati 
al  Monteleone^  ec.  Lo  Gneis  deve  prolungarsi  sotto  il  mare  fino 
risole  Eolie^  dove  il  Pilla  ne  trovò  de'  frammenti  rigettati 


79 

dal  vulcano  di  Stromboli,  L'isolotto  di  Basiluzzo  vicino  a  Pa- 
naria è  fritto  di  una  roccia  che  ha  tutte  le  sembianze  di  uno 
Gneis  in  parte  fuso  e  sollevato  dalla  forza  vulcanica. 

Dal  punto  culminante  deli' Apennino  granitico  (^3Ionte 
della  Colla^  scendendo  verso  l' Jonio  s'incontra  sopra  il  Gra- 
nito un  terreno  schistoso  fatto  di  una  specie  di  Afanite  schi- 
stosa  di  color  bigiccio,  che  passa  alla  Fillade.  Ad  ambedue  sono 
subordinati  grossi  letti  di  Diorite  verde  tenacissima:  cpiesto 
terreno  si  distende  per  lungo  tratto,  e  ad  esso  è  sovrapposto  un 
calcare  massiccio,  non  mai  stratificato,  di  color  biancastro  o 
bianco  rossiccio,  e  lamelloso .  -Non  contiene  fossili  di  sorta  al- 
cuna, e  si  estende  lungo  l' Apennino  fino  all'estrema  punta  di 
Calabria.  Assomigliando  questo  calcare  a  quello  di  Tormina 
nella  prossima  costa  della  Sicilia  in  cui  furono  trovate  molte 
Ammoniti  e  Belemniti,  il  Pilla  crede  di  doverlo  riferire  alla 
formazione  Giurassica. 

Laddove  la  Fillade  si  congiunge  col  calcare  è  frapposto 
con  mirabile  continuità  un  grosso  letto  di  ferro  idrato,  che  è 
la  più  ricca  miniera  metallica  del  Napoletano,  e  che  ha  fatto 
sorgere  in  Calabria  i  due  grandi  stabilimenti  metallurgici  di 
Mongiana  e  della  Ferdinandea.  Sopra  il  calcare  giurassico 
summentovato  si  adagia  un  terreno  cretaceo  di  macigno  e  di 
argille  affatto  simili  a  cjuello  dello  spaccato  settentrionale. 
Havvi  in  esso  qualche  scarso  indizio  di  Eleantrace,  ma  a 
qualche  distanza  da  questo  luogo ,  cioè  presso  Gerace^  se  ne 
trovano  alquanti  strati  di  buona  qualità,  dei  quali  si  cerca  ora 
d'intraprendere  1' escavazione .  In  cjuesto  terreno  di  ^Macigno 
trovò  il  Pilla  due  specie  di  conchiglie,  V  Ampliidesnia  riibigi- 
nosa  e  la  Psainmohia  Gari ^  e  qualche  avanzo  vegetabile.  In 
questo  ultimo  luogo  il  terreno  cretaceo  poggia  sul  Granito  e  sul 
Calcare  giurassico,  ma  fu  tutto  sconvolto  per  effetto  di  solle- 
vamento seguito  dopo  la  sua  deposizione;,  e  qui  pure  il  terreno 
cretaceo  mostrasi  solo  dal  lato  del  Mare  Jonio  e  manca  dal  lato 
del  ]Mare  Tirreno. 


80 

Dopo  il  terreno  cretaceo,  abbassandosi  verso  l' Jonlo,  s'in- 
contra un  terreno  di  sabbie  ed  argille  manifestamente  terziarie. 
Un  medesimo  terreno  terziario  si  trova  a  maggiore  altezza  nella 
vallata  del  Mesima^  fra  Monteleone  e  Soriano^  dove  racchiude 
un  gran  numero  di  fossili  subapennini.  Sopra  i  monti  di  Tro- 
pea si  osservano  a  varie  altezze  grossi  banchi  di  sabbia  granitica 
che  racchiude  grandissimo  numero  di  fossili,  che  è  affatto  iden- 
tica a  quella  che  si  trova  in  vicinanza  di  Reggio^  e  che  appar- 
tiene alla  formazione  subapennina  superiore. 

E  osservabile  che  laddove  nello  spaccato  settentrionale  il 
terreno  cretaceo  passa  insensibilmente  alle  argille  subapennine, 
nel  meridionale  ciò  non  si  osserva^  le  sabbie  terziarie  in  questa 
parte  del  regno  sono  sovrapposte  al  terreno  cretaceo  in  giaci- 
tura discordante,  la  quale  osservazione  si  può  fare  alla  Fiumara 
di  S.  Agata y  e  di  Valanidi  presso  Reggio, 

Conchiude  il  Pilla  col  dire,  che  le  osservazioni  da  lui  fatte 
nell' impennino  Napoletano  concordano  appieno  con  l'opinione 
d'Elie  De  Beaumont  intorno  all'epoca  del  sollevamento  degli 
Apennini  in  generale^  i  quali  al  certo  furono  sollevati  nel 
periodo  di  tempo,  che  trascorse  fra  il  deposito  cretaceo  ed  il 
terziario,  e  contemporaneamente  ai  Pirenei.  Infatti  il  terreno 
cretaceo  appare  dappertutto  dislocato  nel  Regno  di  Napoli,  ed 
il  terreno  terziario  nella  sua  naturale  positura.  Questo  fatto 
meglio  che  altrove  si  osserva  nelle  vicinanze  di  Reggio^  nel 
qual  luogo  trovasi  il  terreno  cretaceo  raddrizzato,  e  sopra  il 
qual  terreno  è  posto  il  terziario  in  giacimento  discordante. 
Ecco  pertanto  che  l'epoca  del  sollevamento  dell' Apennino, 
che  il  De  Beaumont  avea  dedotta  principalmente  dal  paralle- 
lismo della  sua  direzione  con  quella  dei  Pirenei,  viene  ancora 
dimostrato  dalla  differenza  delle  giaciture.  Potrebbe  accadere 
che  oltre  questa  linea  principale  di  sollevamento  altre  ancora  a 
questa  subordinate  si  osservassero  nell' Apennino  Napoletano. 
Così  nella  parte  occidentale  della  provincia  di  Cosenza  vi  sono 


81 

alcune  masse  serpentinose,  l'emersione  delle  quali  avrà  potuto 
occasionare  qualche  particolare  direzione  di  sollevamento.  11 
Pilla  ha  qualche  sospetto  di  ciò,  ma  non  potè  ancora  fare  su 
questo  argomento  alcuna  ricerca  particolare. 

Dalla  lettura  della  precedente  memoria  il  Prof.  Savi  prende 
motivo  di  far  osservare  !  ,  come  la  struttura  geologica  degli 
Apenninì  di  Napoli  corrisponda  in  ogni  parte  o  con  lievi  diffe- 
renze, a  quella  degli  Apennini  Toscani.  Nel  terreno  di  Fillade 
e  Diorite,  indicato  dal  Pilla,  ravvisa  il  Prof.  Savi  il  Verrucano^ 
ed  in  quel  calcare  giurassico  il  Lias  apenninico .  11  terreno 
cretaceo  o  di  Macigno  è  affatto  identico  nei  due  paesi,  e  solo  il 
Pilla  non  avrehbe  connesso  con  il  Macigno  Napoletano  quegli 
strati  calcarei  che  formano  ordinariamente  la  sua  parte  infe- 
riore. Neil' Eleantrace  trovato  dal  Pilla  nel  Macigno,  ravvisa 
il  Geologo  pisano  la  Stipite  della  Toscana  e  della  valle  del 
Taro,  di  cui  si  trattò  in  un'adunanza  precedente,  e  conviene 
in  conseguenza  col  Pilla,  che  geologicamente  non  possa  più 
riferirsi  al  terreno  carbonoso  ed  al  Litantrace  quel  combustibile 
del  Regno  di  Napoli . 

Il  passaggio  del  Macigno  alle  argille  terziarie  subapennine, 
citato  dal  Pilla  nel  suo  spaccato  settentrionale,  sembra  indicare 
piuttosto  la  presenza  anche  colà,  come  in  Toscana,  di  un  ter- 
reno terziario  naedio,  del  quale  alcuni  strati  simulano  talvolta 
il  Macigno,  e  che  non  è  sempre  molto  facile  di  separare  dalla  più 
recente  formazione  subapennina.  In  quanto  al  sollevamento 
degli  Apennini  Napoletani,  sembra  al  Prof.  Savi  che  possa 
essere  accaduto  come  in  Toscana,  in  varie  epoche,  e  che  le 
più  recenti  si  potranno  forse  riscontrare  più  chiaramente 
quando  saranno  bene  esaminate  le  masse  serpentinose,  delle 
quali  il  Pilla  ne  indica  alcune  presso  Cosenza. 

Il  Segretario  Pasini  manifesta  l'opinione  che  il  calcare 
indicato  dal  Pilla  in  molti  punti  dello  spaccato  settentrionale, 
come  ricco  di  Nerinee,  di  Volute,  di  Turritelle,  d'Ippuriti  ec, 

11 


82 

sia  più  recente  del  calcare  Giurassico  ed  appartenga  piuttosto 
alla  parte  inferiore  del  terreno  cretaceo,  come  quello  che  con- 
tiene i  Nummuliti. 

Si  legge  dal  Segretario  una  memoria  inviata  alla  Sezione 
dal  Cav.  Gràberg  d'Hemsò,  intitolata  Sunto  degli  ultimi  pro- 
gressi della  Geografia.  L'Autore  vi  passa  in  rivista  le  princi- 
pali opere  geografiche,  le  Carte  pubblicate  in  questi  ultimi 
anni,  e  gli  studj  e  viaggi  di  scoperta  stati  intrapresi  nelle 
diverse  parti  del  mondo,  per  il  perfezionamento  delle  scienze 
geografiche.  Rammenta  particolarmente  i  lavori  fatti  nel  Mes- 
sico e  nella  California  dal  Cav.  Piccolomini,  e  finisce  manife- 
stando il  desiderio  che  anche  in  Italia  sia  fondata  una  Società 
geografica,  ad  esempio  degli  altri  paesi,  acciocché  questo  ge- 
nere di  studj  vi  sia  coltivato  con  più  zelo  ed  alacrità. 

Il  Presidente  Sismonda  comunica  alcune  sue  memorie 
sulla  geologia  delle  Alpi  Piemontesi,  che  saranno  stampate  in 
seguito  a  quelle  già  fatte  di  pubblica  ragione.  Vanno  con- 
giunte alla  Carta  geologica  del  Regno  Sardo  continentale,  che 
egli  ha  quasi  omai  condotta  a  fine,  e  debbono  servire  ad  essa 
d'illustrazione.  Dalle  molte  particolari  osservazioni  contenute 
in  queste  memorie  risulta  quanto  segue. 

Quei  terreni  sedimentar]  delle  Alpi  Piemontesi,  che  il 
Prof.  Sismonda  avea  indicato  ne'  suoi  precedenti  lavori  sotto 
il  nome  di  terreno  Giurassico,  e  poi  di  terreno  Giurassico  in- 
feriore e  superiore,  ora  egli,  appoggiato  a  nuove  osservazioni 
fatte  in  recenti  viaggi,  trova  di  dover  dividere  e  classificare 
dal  basso  all'alto  come  segue. 

A.  In  Lias  inferiore^  composto  al  basso  di  un'  arenaria 
inodificata,  poi  di  un  calcare  schistoso  cristallino,  di  schisti 
argillosi  con  Belemniti,  Entroclii,  ed  impronte  di  piante,  che 
furono  giudicate  proprie  del  terreno  carbonifero.  Questo  Lias 
contiene  in  vari  luoghi  dell'Antracite,  e  può  essere  osservato 
specialmente  nei  monti  di  Petit-coeur^  al  Col  da  Bonhoinme  ec. 
nella  Tarantasia. 


85 
B.  In  Lias  superiore  che  si  distingue  dal  precedente  più 
di  tutto  pei  caratteri  mineralogici,  e  consta  di  Pudinga  calcarea 
e  quarzosa,  alternante  con  un  calcare  schistoso  cristallino  e 
con  uno  schisto  argilloso  .  Si  vede  a  Moutiers^  al  Col  clu  Bon- 
liomme  ec.  nella  Tarantasia. 

C  In  Oolite  inferiore^  composta  di  una  breccia  calcarea 
con  Belemniti,  di  calcare  cristallino,  schisti  ed  arenarie  modi- 
ficate. Si  osserva  nella  Valle  di  Aosta  superiore,  a  Villet  nella 
Tarantasia ,  nella  Moriana.^  nella  Valle  della  Dora  ec.  Questo 
banco  si  sarebbe  anche  potuto  unire  al  Lias^  ma  per  la  presenza 
in  esso  di  alcuni  fossili  particolari,  per  la  sua  costanza  e  per 
esservi  spesso  unito  del  ferro  perossidato,  fu  dal  IJas  disgiunto 
e  considerato  come  equivalente  2^  Oolite  inferiore  dell'Inghil- 
terra. Spesso  il  calcare  di  questa  Oolite  inferiore  si  trova  me- 
tamorfosato in  Gesso. 

/>.  In  Argilla  di  Oxford  (  Oxford  Clay,^  e  Terreno  an- 
tracitoso^  composto  di  Calcare  schistoso,  Arenaria,  Psammiti 
insieme  alternanti,  e  considerevoli  depositi  di  Antracite.  Si 
trova  nella  Valle  di  Aosta^  di^VC  Isera^  e  del  Duron  nella  Ta- 
rantasia^ nella  Moriana^  nelle  valli  della  Dora^  della  Stura^ 
del  Tanaro  ec.  Alcune  di  queste  Rocce  si  trovano  talvolta  rim- 
piazzate dalla  Pudinga  quarzosa  rossiccia,  e  verdognola  modi- 
ficata. Alcune  impronte  di  piante  trovate  in  questo  terreno 
sono  diverse  da  quelle  esistenti  negli  strati  sovraccennati  del 
Lias, 

E,  In  Argilla  terrosa  con  coralli  (^Coralrag^  Argilla  di 
Kinimeridge^  Oolite  di  Portland^,  E  questo  un  grosso  banco 
composto  di  calcare  ora  cristallino,  ora  compatto,  di  color 
bigio  più  o  meno  oscuro,  con  resti  di  zoofiti  ed  altre  spoglie 
organiche  indeterminabili,  il  quale  rappresenterebbe  i  tre  sopra 
indicati  terreni  dell'Inghilterra,  ec.  Si  vede  al  Monte  Taòor, 
nei  contorni  dì  Briancon^  al  Collo  di  Lauzanier  {Pouriac)^ 
des  MongeSy  ec. 


84 

Le  metamorfosi  e  gli  altri  strani  accidenti  di  sollevamento 
e  di  contorsioni  degli  strati,  a  cui  furono  soggette  le  Rocce 
delle  Alpi  Piemontesi,  porgono  occasione  al  Prof.  Sismonda  di 
entrare  in  molte  particolarità,  che  interessano  tanto  la  geologia 
speciale  dell'Italia,  quanto  la  scienza  in  generale.  La  Sezione 
manifesta  il  vivo  desiderio  che  queste  sue  memorie  e  la  Carta 
geologica  siano  quanto  prima  fatte  di  pubblica  ragione. 

Il  Prof.  JNIazzi  mette  sotto  gli  occhi  della  Sezione  una  nuova 
serie  di  Rocce  e  di  fossili  della  Valle  delV  Oinhrone  nel  Sanese, 
e  porge  alcune  spiegazioni  verbali  sulla  loro  giacitura.  Si  ri- 
scontra esservi  in  questa  parte  della  Toscana  una  bella  suc- 
cessione di  sedimenti  terziarj,  dal  terreno  Terziario  medio  al 
Subapennino  superiore,  nel  qual  ultimo  si  trovano  intercalati 
numerosi  strati  a  conchiglie  fluviatili  e  terrestri .  Ricercatore 
indefesso  dei  prodotti  naturali  di  que' luoghi,  il  Prof.  Mazzi 
vi  fece  ampia  raccolta  di  conchiglie  fossili,  ed  anche  di  quelle 
microscopiche  figurate  nella  grand'  Opera  del  Padre  Soldani. 
Egli  fa  vedere  alla  Sezione  molte  singolari  specie  di  questi 
minutissimi  esseri. 


Le  due  sezioni  di  Geologia  e  di  Fisica  si  uniscono  nel- 
r  Anfiteatro  Chimico,  dove  il  Prof.  Orioli  espone  una  sua  nuova 
ipotesi  sul  calore  centrale  della  terra,  argomento  che  interessa 
egualmente  i  Fisici  ed  i  Geologi.  Il  Prof.  Orioli,  rammemorate 
le  varie  ipotesi  o  teorie  finora  proposte  su  questo  argomento, 
e  persuaso  che  i  calcoli  dell'Ampère  e  del  Poisson,  abbiano 
dimostrato  l'impossibilità  che  esista  ancora  nell'interno  della 
terra  un  forte  calore  iniziale,  ed  uno  stato  di  fusione  ignea, 
suppone  per  spiegare  e  la  causa  dei  Terremoti,  e  quella  della 
crescente  temperatura  della  terra  dall'esterno  all'interno,  che 
vi  sieno  nelle  sotterranee  regioni  certi  composti  chimici,  dai 
quali  tali  effetti  si  producano.  Questi  composti,  secondo  il  Prof. 


85 

Orioli,  sarebbero  stati  formati  nelle  viscere  della  terra  antica- 
mente, sotto  particolari  condizioni,  cioè  di  alta  pressione  e  di 
alta  temperatura,  i  quali  composti  non  potrebbero  conservarsi 
quali  sono  alla  superfìcie  della  terra  stessa ,  e  sarebbero  poi 
soggetti  a  decomporsi  e  a  sviluppare  in  conseguenza  calore  e 
sostanze  gazose,  tutte  le  volte  che  dalla  superficie  terrestre 
arrivassero  fino  ad  essi  o  l'aria  o  l'acqua.  Da  ciò,  secondo 
il  Prof.  Orioli,  la  causa  dei  Vulcani,  dei  Terremoti,  e  della 
temperatura  della  terra  crescente  dall'esterno  all'interno. 

Questa  ipotesi  del  Prof.  Orioli  sembra  al  Pasini  insuffi- 
ciente onde  spiegare  tutti  i  fenomeni  geologici,  e  poco  in  ar- 
monia con  altri  fatti  generali  di  cosmologia.  Il  Pasini  fa  osser- 
vare come  i  calcoli  del  Poisson  abbiano  tutt'altro  che  rovesciata 
la  teoria  del  calore  centrale  ed  iniziale  della  terra,  e  come  anzi 
colla  nuova  ipotesi,  che  il  Poisson  ha  voluto  sostituirvi,  si 
giungerebbe  di  necessità  ad  una  conclusione,  che  i  più  avve- 
rati principj  della  scienza  rendono  inammissibile.  Secondo 
questa  ipotesi  per  effetto  di  un  condensamento  prodotto  dalla 
pressione  dei  fluidi  elastici,  il  raffreddamento  e  consolidamento 
del  Globo  terrestre  avrebbe  avuto  principio  al  centro,  e  si 
sarebbe  inoltrato  grado  a  grado  fino  alla  superficie.  Ora  non 
solo  molti  fatti  geologici  dimostrano  che  la  superficie  della 
terra  si  è  consolidata  prima  delle  parti  sottoposte,  dalle  quali 
si  sollevarono  poi  delle  masse  fuse  che  l'hanno  sconvolta  ed 
attraversata  in  più  direzioni,  ma  coli' ipotesi  stessa  del  Poisson, 
anche  ammettendo  che  sia  stato  il  centro  della  terra  il  primo  a 
consolidarsi ,  si  deve  insieme  ammettere  che  alcune  zone  fluide 
abbiano  in  qualche  tempo  esistito  al  disotto  della  superficie 
terrestre  già  consolidata^  perchè  l'effetto  della  pressione,  sem- 
pre minore  quanto  più  lontano  dal  centro,  dovette  essere  ad 
un  certo  punto  bilanciato  e  poi  superato  dalle  altre  cause ,  che 
tendevano  a  raffreddare  la  superficie  terrestre  ;,  fra  le  quali  cau- 
se si  deve  assegnare  il  primo  posto  al  calorico  raggiante .  Può 


86 
dunque  esservi  ancora  nell'  interno  della  terra  un  resto  di  ca- 
lore proprio  ed  iniziale,  che  sia  la  causa  di  molti  fenomeni 
geologici. 

Altre  cose  aggiunse  su  questo  argomento  il  Pasini ,  ed 
altre  il  Prof.  Orioli,  ciascuno  in  appoggio  delle  proprie  ipotesi: 
alcune  considerazioni  furono  anche  fatte  dal  Canonico  Bellani 
e  dal  Prof.  Botto ,  ma  la  discussione  per  mancanza  di  tempo 
rimase  indecisa. 

Il  Segretario  della  Sezione  —LODOVICO  P ÀSINI . 
Il  Presidente  -  PJIOF.  ANGELO  SISMONDjÌ  . 


TENUTA  IL  DI  12  OTTOBRE  1839 


Jil  Segretario  legge  il  processo  verbale  della  precedente  adu- 
nanza, che  resta  approvato. 

Il  Dott.  Attilio  Zuccagni  Orlandini  mette  sotto  gli  occhi 
della  Sezione  tutte  le  parti  già  pubblicate  della  sua  Corografia 
dell'Italia^  e  la  raccolta  dei  documenti  originali  che  hanno 
servito,  e  serviranno  per  la  compilazione  del  suo  gran  lavoro. 
Due  volumi  di  testo ,  e  più  di  cento  tavole  sono  già  escite  alla 
luce. 

Il  Dott.  Zuccagni  indica  il  piano  che  ha  seguito  dapprima 
in  quest'opera,  le  modificazioni  che  dipoi  ha  creduto  conve- 
niente di  adottare,  e  fa  particolare  menzione  degli  ajuti  che 


87 
ebbe  dalle  Amministrazioni  pubbliche  e  da' privati,  per  adu- 
nare tanti  materiali^  la  Sezione  eccita  lo  Zuccagni  a  condurre 
a  fine  il  suo  lavoro  sollecitamente. 

Il  Pasini  presenta  alla  Sezione  una  raccolta  delle  princi- 
pali Rocce  delle  Alpi  Lombardo-Venete  da  esso  deposta  nel 
Museo  di  Pisa,  e  dà  il  sunto  di  un  suo  quadro  geologico  delle 
Alpi  meridionali,  dal  Friuli  al  Lago  Maggiore. 

Un  terreno  di  INIicaschisto  serve  di  base  in  queste  monta- 
gne alle  formazioni  secondarie:  certamente  è  questo  Micaschi- 
sto il  prodotto  di  Rocce  sedimentarie  più  antiche  metamorfo- 
sate, ma  questa  alterazione  o  metamorfosi  fu  prodotta  avanti 
il  deposito  delle  formazioni  secondarie.  Ciò  si  può  vedere  con 
chiarezza  nella  Val  Trompia  nel  Vicentino,  nella  V alsugana 
nell'Agordino  ec.  dove  la  linea  di  separazione  fra  il  INIicaschisto 
e  l'Arenarie  che  gli  stanno  sovrapposte  è  distintissima,  e  dove 
queste  Arenarie  sono  per  lo  più  inalterate,  e  formate  in  gran 
parte  di  frammenti  del  medesimo  Micaschisto  e  di  Quarzo. 

E  chiaro  che  questa  antica  alterazione  del  INIicaschisto  non 
si  può  distinguere  con  facilita  in  que'  luoghi  dove  nuove  alte- 
razioni hanno  subito  tanto  gli  antichi  che  i  moderni  terreni , 
come  sui  Laghi  di  Lugano  e  di  Cotno^  nella  Valle  Seriana  ^ 
nella  Val  Cainonica  ec,  e  in  generale  lungo  tutto  l'asse  cen- 
trale cristallino  delle  Alpi,  ma  si  rileva  benissimo  in  altre  loca- 
lità, e  in  quelle  specialmente  dove  il  Micaschisto  fondamentale 
fu  colle  posteriori  formazioni  sollevato  per  brevi  tratti,  senza 
che  un  corrispondente  sollevamento  sia  avvenuto  nella  massa 
calcarea  che  lo  circonda.  In  queste  masse  isolate  di  Micaschisto 
(^Val  Trompia ^  Vicentino ,  Agordo^  emerse  nel  mezzo  della 
gran  zona  calcarea,  la  Roccia  fondamentale  non  sembra  aver 
subito  alcuna  nuova  alterazione:  forse  ciò  si  collega  colla  causa 
stessa  del  sollevamento,  che  sembra  essere  stata  molto  meno 
energica  in  questi  punti  isolati,  e  dovuta  solo  a  qualche  eje- 
zione  di  Porfido  nero,  mentre  lungo  l'asse  centrale  fu  certa- 


88 

niente  più  violenta,  e  prodotta  probabilmente  dall'apparizione 
di  altre  Rocce  ignee. 

Gli  antichi  terreni  secondar]  delle  Alpi  meridionali,  che 
servono  di  base  alla  gran  massa  calcarea  secondaria,  sono  da 
studiarsi  in  que'  luoghi  dove  la  Roccia  fondamentale  non  ha 
subito  nuove  posteriori  alterazioni^  e  dove  per  conseguenza 
anclie  gli  antichi  terreni  secondar]  si  conservano  in  gran  parte 
inalterati,  o  si  può  almeno  studiarne  la  natura  e  la  successione 
con  chiarezza.  Sui  Laghi  di  Lugano  e  di  Como,  nella  Valle 
Serìana,  nella  Val  Camonica  ec.  non  si  può  determinare  con 
precisione  questo  terreno  secondario  antico  delle  x\lpi ,  o  met- 
terlo in  parallelo  coi  terreni  analoghi  degli  altri  paesi:  si  pos- 
sono invece  colà  studiare  le  sue  alterazioni,  e  dedurre  dalle  sue 
varie  metamorfosi  quelle  forme  originarie,  che  si  sono  meglio 
conservate  negli  altri  punti  della  catena. 

Il  Pasini  annovera  in  dettaglio  i  vari  membri  del  terreno 
calcareo-arenaceo  antico,  e  crede  che  gli  strati  arenacei  infe- 
riori non  solo  rappresentino  l'Arenaria  rossa,  ma  possano  an- 
che ritenersi  per  i  rappresentanti  dell'  Arenaria  carbonifera,  la 
quale  avrebbe  qui  avuto,  e  specialmente  verso  l'asse  della  ca- 
tena, un  piccolo  sviluppo.  Egli  non  crede  che  si  possa  trovare 
un'esatta  corrispondenza  fra  questi  banchi  calcareo-arenacei 
delle  Alpi ,  e  gli  antichi  terreni  secondar]  della  Germania , 
tanto  più  che  gli  sembrano  essere  in  complesso  una  sola  e 
grande  formazione  di  Arenarie  e  Calcarle  insieme  alternanti, 
in  cui  le  Arenarie  siano  predominanti  al  basso  e  le  Calcarle 
superiormente.  Crede  però  che  per  facilitarne  lo  studio  si  pos- 
sano adottare  alcuni  rapporti  fra  queste  formazioni  e  quelle  del 
Nord,  se  dessi  specialmente  siano  appoggiati  a  caratteri  che 
rimangano  costanti  in  molti  punti  della  catena.  Trova  perciò 
che  il  Calcare  rosso  oolitico  riferibile  all'Arenaria  variegata,  si 
riproduce  in  tutte  le  valli  del  Tirolo  e  delle  Provincie  Venete, 
nelle  quali  apparisce  la  massa  calcareo-arenacea  secondaria,  e 


89 

così  pure  ha  egli  osservato  in  tutti  questi  luoghi  quel  calcare 
conchio-lifero  riferibile  al  Muschelkalk  ^  che  è  bene  caratteriz- 
zato  dalla  presenza  di  alcune  conchiglie. 

Gli  strati  inferiori  di  questo  sistema  Calcareo-arenaceo ,  i 
quali  sono  al  basso  molto  quarzosi,  di  colore  grigio  bianco,  con 
frequenti  benché  leggeri  indizi  di  Litantrace  e  con  piante  fossili 
proprie  della  formazione  carbonifera,  e  nella  parte  superiore 
quasi  costantemente  argillosi,  schistosi  e  di  color  rosso,  con 
marna  subordinata,  egli  crede  che  debbano  essere  i  rappresen- 
tanti dell'Arenaria  rossa  e  del  Terreno  carbonifero,  questi  ter- 
reni si  assottigliano  da  uno  all'  altro  paese ,  ma  non  sempre  af- 
fatto spariscono . 

Osserva  dopo  il  Pasini  che  il  sistema  Arenaceo-calcareo 
delle  Alpi  meridionali  va  gradatamente  ingrossandosi  proce- 
dendo dai  Laghi  Milanesi  verso  la  Carnia^  nel  quale  ultimo 
paese,  com'egli  fece  già  osservare  in  altra  adunanza,  assume 
caratteri  differenti  e  meglio  determinati^  cosicché  si  può  quasi 
credere  senza  alcun  dubbio  che  rappresenti  un  terreno  piìi  an- 
tico dell'Arenaria  rossa.  Nella  Gamia  queste  antiche  arenarie 
hanno  una  potenza  quasi  doppia  che  nel  Vicentino^  e  molto 
maggiore  di  quella  del  corrispondente  terreno  dei  Laghi  Mi- 
lanesi . 

Siccome  il  terreno  calcareo-arenaceo  antico  s' ingrossa 
procedendo  dall'Ovest  all'Est,  crede  il  Pasini  che  possa  assu- 
mere una  maggiore  potenza  anche  discostandosi  dall'asse  cen- 
trale della  catena.  Di  ciò  ne  sarebbero  un  indizio  anche  i  de- 
positi della  F al  Trompia  e  del  Vicentino^  emersi  a  qualche 
distanza  dal  detto  asse  centrale  :  in  questo  caso  potrebbero  esi- 
stere a  grande  profondita,  sotto  la  pianura  Lombarda,  quei 
terreni  dei  quali  si  ravvisa  ora  soltanto  un  debole  prolunga- 
mento lungo  l'asse  della  catena. 

Sopra  il  sistema  Calcareo-arenaceo  antico  giace  la  grande 
massa  calcarea  delle  Alpi  meridionali  che  viene  dal  Pasini  di- 


12 


90 

visa  in  più  bancFii,  i  quali  sia  per  l'effetto  di  qualche  meta- 
morfosi, sia  per  differenza  originaria  di  forme,  non  si  corri- 
spondono in  tutti  ì  loro  caratteri  da  un  punto  all'altro  della 
catena.  Dal  Lago  d'Iseo  fino  alla  Carnia  egli  annovera  dal 
basso  all'alto: 

1."  Un  Calcare  sovente  cristallino  e  cavernoso,  di  colore 
or  bianco,  or  bigio,  or  rosso  languido,  nel  quale  si  distingue  a 
stento  la  stratificazione.  Contiene  del  carbonato  di  Mas^nesia, 
e  somiglia  sotto  certi  rapporti  alla  Dolomite  :  vi  si  trovano  im- 
pronte di  conchiglie  dei  generi  Pecten,  TrocJiuSy  T arri  teli  a  qc^ 
il  Cardium  trìquetriim^  un  Cydarites^  dei  Zoofiti  ec.  E  molto 
potente ,  ed  alterna  nella  sua  parte  superiore  con  un  Calcare 
compatto  a  frattura  liscia . 

2.°  Un  Calcare  oolitico  che  alterna  inferiormente  col 
precedente  Calcare  compatto  a  frattura  liscia ,  e  superiormente 
con  alcuni  strati  di  Calcare  compatto  conchiglifero,  con  una 
Breccia  calcarea ,  con  Lumachelle  ec. 

5."  Un  Calcare  con  Ippuriti^  Sferuliti^  Volute^  JYum- 
miditi  e  Zoofiti  che  alterna  con  un  Calcare  compatto  a  frat- 
tura liscia,  ed  ha  talvolta  inferiormente  un  Calcare  a  fram- 
menti conchigliacei  ed  un  Calcare  a  frattura  concoidea,  mac- 
chiato di  rosso  e  di  verde.  Si  trovano  pure  talvolta  in  questo 
banco  degli  strati  di  Marna  e  di   Arenaria  gialliccia. 

4."  Un  Calcare  costantemente  rosso  ed  argilloso,  con 
Ammoniti i  T erehr alide ^  Aptycus  lamellosus^  ossa  di  Cocco- 
drillo ec. 

5.°  Un  Calcare  biancastro  alquanto  argilloso ,  a  frattura 
liscia  e  concoidea ,  che  si  chiama  volgarmente  Biancone  quan- 
do i  suoi  strati  inferiori  sono  alquanto  potenti^  Scaglia  allor- 
quando i  suoi  strati  diventano  nella  parte  superiore  più  sottili 
e  spezzati.  In  ambedue  questi  ultimi  banchi  si  trova  il  Pi- 
romaco . 

Nelle  montagne  del  Milanese ,  e  specialmente  sul  Lago  di 


9i 

Como  e  nella  Valle  Seriana  i  banchi  inferiori  della  precedente 
massa  calcarea  si  presentano  più  di  sovente  di  color  nero,  sono 
attraversati  da  frequenti  vene  di  Spato  calcareo,  e  sono  anche 
talvolta  bituminosi:  potrebbero  forse  essere  anteriori  alla  for- 
mazione del  Lias,  come  opina  il  Dottor  De  Filippi:  s'incontra 
peraltro  per  grandi  tratti  delle  montagne  Lombarde  il  Calcare 
cristallino  del  primo  banco  sopra  indicato,  identico  con  quello 
delle  Alpi  Venete^  vi  sono  ancoragli  strati  colitici,  il  Calcare 
rosso  ammonitico,  e  la  Scaglia. 

Il  Pasini  referisce  al  Lias  ed  alla  formazione  oolitica  i  due 
jDrimi  banchi^  il  terzo,  quarto  e  quinto  alla  formazione  del 
Green  sancì  e  della  Creta,  coll'avvertenza  però  che  tutti  questi 
terreni  si  trovano  in  generale  così  concatenati  ed  allacciati  fra 
di  loro,  che  sarebbe  oltremodo  difficile  il  distinguere  il  confine 
assoluto  dell'uno  o  dell'altro.  Accenna  le  differenti  opinioni 
di  altri  geologi,  e  in  particolare  del  Dott.  De  Filippi  sulla  clas- 
sificazione di  questa  massa  calcarea  . 

Il  terreno  terziario  medio  ricopre  la  Scaglia  nelle  Provin- 
cie tenete,  ed  è  qua  e  là  susseguito  dal  terreno  terziario  sub- 
apennino.  Di  quest'  ultimo  il  Pasini  ne  accenna  una  lunga 
zona,  quasi  non  interrotta  per  quaranta  miglia,  dalle  rive  della 
Brenta  fino  al  Friuli^  la  quale  è  connessa  quasi  da  per  tutto 
col  terreno  terziario  medio. 

>el  Milanese  vi  ha  qualche  traccia  del  terreno  terziario 
subapennino,  trovata  dal  Dott.  De  Filippi  nei  contorni  di  Va- 
ldese. A  Como^  in  vari  punti  della  Brianza  ed  altrove,  vi  sono 
depositi  del  terreno  terziario  niedlo ,  e  crede  ora  il  Pasini  che 
possano  almeno  in  parte  riferirsi  a  questo  terreno,  quelle  Rocce 
Calcareo-psammitiche  del  Lago  d'Iseo,  del  Bergamasco  ec. 
che  hanno  una  grande  rassomiglianza  mineralogica  col  JMa- 
cìgno  degli  Apennini,  ma  che  somigliano  ancora  a  quel  ter- 
reno terziario  oholitico  con  strati  di  Pudinga  e  con  Lignite, 
descritto  dal  Professor  Savi,  e  che  nella  Toscana  si  trova  fra  il 
Macigno  e  le  Marne  subapennine. 


92 

Il  Pasini  si  riserva  di  far  conoscere  nella  prossima  adu- 
nanza la  distribuzione  geografica  di  questi  terreni,  e  le  Rocce 
ignee  che  li  hanno  sconvolti  o  alterati,  col  mostrare  la  Carta 
geologica  del  Regno  Lombardo-Veneto. 

Il  Prof.  Savi  offre  alla  Sezione  un  suo  lavoro  sulle  Rocce 
ofiolitlche  della  Toscana,  la  cui  pubblicazione  fu   condotta  a 
termine  in  questi  ultimi  giorni.  In  detto  lavoro,  data  un'idea 
della   disposizione   geografica  delle  masse    serpentinose   della 
Toscana,  passa  il  Prof.  Savi  a  descriverne  l'aspetto  e  la  com- 
posizione mineralogica.  La  Diorite,  l'Ofite,  la   Serpentina  o 
Ofiolite,  FEufotide,  la  Pirossenite  e  la  Sienite ,  sono  le  Rocce 
plutoniane  che  egli  ha  trovato  insieme  riunite,  e  che  in  conse- 
guenza riguarda  come  dipendenti  le  une  dalle  altre .  Pei  fatti 
osservati  nella  Toscana,  il  Prof.  Savi  è  stato  condotto  a  stabi- 
lire che  la  comparsa  di  queste  Rocce  sìa  posteriore  al  deposito 
del  terreno  del  Macigno,  e  anteriore  a  quella  dei  terreni  ter- 
ziarj ,  giacché  trovansi  questi  ultimi  terreni  non  alterati  dalle 
masse  serpentinose,  le  quali  hanno  invece  estremamente  alte- 
rato e  modificato  quelle  porzioni  de'  terreni  del  Macigno  che 
incontrarono  nella  loro  comparsa.  Dai  vari  gradi  di  alterazione 
di  questi  terreni,  secondo  il  Prof.  Savi  si  originarono  alcune 
specie  di  Galestro  e  di  Diaspro^  e  fu  prodotto  il  Gabbro  rosso. 
Con  questo  nome  egli  designa  una  Roccia,  che  potrebbe  dirsi 
quasi  l'effetto  di  un  generale  rammollimento,  se  non  di  una 
fusione  del  terreno  di  Macigno ,  cosicché  in  questo,  ove  è  con- 
vertito in  Gabbro  rosso,  oltre  ad  essere  quasi  intieramente  spa- 
rito ogni  indizio  di  stratificazione,  vedonsi   in  molti   luoghi 
indizi  di  fusione,  e  colà  la  Roccia  è  divenuta   sovente   una 
Amigdaloide.  Anzi  ne'  vacui  di  una  tal  roccia  egli  ha  trovato 
una  specie  di  minerale  simile  alla  Leumonìte^  ma  che  per  al- 
cuni essenziali  caratteri  ne  differisce^  cosicché  egli  ha  creduto 
di  doverne  fare  una  specie  nuova  col  nome  di  Caporcianite. 
Dopo  aver  dato  un'idea  delle  masse  serpentinose  e  delle 


95 

alterazioni  che  queste  indussero  nei  terreni  secondar],  passa  il 
detto  Professore  ad  esaminare  le  altre  Rocce,  e  specie  minerali 
che  si  trovano  in  filoni  dentro  queste  masse  ,  le  quali  in  conse- 
guenza debbon  considerarsi  come  colà  introdotte  o  formate  in 
epoca  posteriore  al  consolidamento  della  massa  stessa.  I  filoni 
che  egli  annovera  come  proprj  alle  Ofioliti  toscane  sono  Gi^a- 
nitìciy   Opalini^    Calcedoniosi^  Feldispatici^    Siliceo-calcarei^ 
Miemmitìci ^  Cupriferi,  I  Granitici  e  gli  Opalini  li  ha  trovati 
nelle  Serpentine  di  San  Pietro  in  Campo  nell'Isola  dell'Elba:  i 
Calcedoniosi  nel  Volterrano  a  M.  Rufoli:  i  Feldispatici  a  M. 
Vaso,  e  M.  Castelli  nel  Volterrano  ,  all'  Impruneta  presso  Fi- 
renze: i  Siliceo-calcarei  a  M,  Castelli:  i  Miemmitici  nel  Vol- 
terrano  presso   Memmo:  i  Cupriferi  poi  sono  frequenti  nelle 
masse  serpentinose  toscane,  e  su  questi  specialmente  egli  si 
fermò,  giacché  interessano  non  solo   la  Geologia,  ma   anche 
l'industria  nazionale ,  essendosi  in  essi  intraprese  ultimamente 
varie  utili  escavazioni  di  minerale  di  Rame .  I  filoni  di  Monte 
Castelli^  di  M,  Vaso,  di  Rocca  Tederighi^  di  M.  Catini^  sono 
quelli  che  specialmente  prese  in  esame ,  e  sui  quali  fece  varie 
deduzioni.  Così  dall' osservare  che  alcuni  filoni  cupriferi  non 
solo  si  estendono  nella  massa  ofiolitica,  ma  penetrano  e  tra- 
versano ancora  le  Rocce  secondarie  modificate,  che  loro  sopra 
incombono,  e  dall'esame  della  struttura  dei  filoni  medesimi, 
egli  ne  dedusse  che  la  comparsa  dei  detti   filoni  sia  accaduta 
dopo  la  perfetta  consolidazione  delle  masse  ofiolitiche.  Lo  stato 
poi  delle  materie  contenute  in  que' filoni,  gl'indizi  di  stritola- 
mento, la  consumazione  degli  angoli,  graffiatura  e  lustratura 
della  superficie,   gli   diedero  motivo  di  stabilire  che  le  pareti 
dei  filoni  abbiano  sofferto  un  movimento  dopo  la  loro  forma- 
zione, e  siccome  d'altronde  l'esame  dei  terreni  stratificati  so- 
vrapposti a  queste   Rocce    ignigene   gli  aveva  somministrato 
argomento  di  determinare  che  le  masse  di  tali  ultime  Rocce 
dopo  la  loro  consolidazione  fossero  state  sollevate  e  rotte,  credè 


di 

di  poter  dedurre  da  quanto  gli  mostrano  i  filoni,  una  nuova 
prova  di  un  simile  posterior  sollevamento. 

In  conseguenza  di  tutto  ciò,  secondo  il  parere  del  Prof.  Savi 
le  masse  ofiolitiche  della  Toscana,  dopo  la  loro  comparsa  fu- 
rono prima  un  poco  mosse  ed  alterate  dalle  injezioni  dei  filo- 
ni, e  posteriormente  da  un  altro  movimento,  che  non  solo 
modificò  meccanicamente  i  filoni  medesimi,  ma  spaccò  le  in- 
tere montagne  che  da  quelle  rocce  son  formate,  e  sollevò 
non  solo  tutti  i  depositi  secondar]  e  terziarj  sovrapposti ,  ma 
ancora  i  Pluto-Neutoniani.  Suppone  il  Professor  Savi,  che 
quest'ultimo  sollevamento  possa  essere  stato  contemporaneo  o 
dipendente  dalla  comparsa  delle  Rocce  Trachitiche  e  di  Selagite. 

Il  Prof.  Savi  finalmente  comprova  le  sue  asserzioni  sotto- 
ponendo all'esame  della  Sezione  la  numerosa  raccolta  delle 
relative  Rocce  da  lui  formata,  e  conservata  nel  Museo  Pisano. 

Il  Segretario  comunica  un  Quadro  figurato  della  strut- 
tura minerale  del  Gloòoy  del  Geologo  parigino  Nereo  Boubée, 
che  l'Autore  ha  mandato  al  Consesso  scientifico,  per  far  cono- 
scere alcune  sue  nuove  idee  sul  modo  con  cui  si  formarono 
gli  strati.  Ogniqualvolta  si  osservano  parecchi  strati  di  mate- 
riali differenti  sovrapposti  gli  uni  agli  altri ,  non  è  sempre 
vero,  secondo  il  Boubée,  che  siano  prima  stati  deposti  gli 
strati  inferiori,  e  mano  a  mano  sopra  di  questi  gli  strati  su- 
periori, ma  possono  essere  stati  formati  tutti  contemporanea- 
mente,  Le  alluvioni  portate  dai  fiumi  nel  mare,  sono  dai  mo- 
vimenti delle  onde  marine  distribuite  con  una  certa  regola 
sopra  le  spiagge  .  I  ciottoli  e  i  frammenti  più  grossi  sono 
rigettati  sulla  spiaggia  e  sospinti  fino  al  punto  ove  arrivano 
le  più  alte  maree:  le  sabbie  vengono  in  parte  distribuite 
più  sotto,  all'altezza  delle  maree  ordinarie,  ed  in  parte  sono  tra- 
scinate dai  venti ,  entro  terra .  Inferiormente  alle  sabbie  si  di- 
spongono le  Argille  sabbiose,  poi  le  Argille  marnose,  e  fi- 
nalmente più  a  basso  e  più  discosto  dalla  spiaggia  la  fanghi- 


95 

glia  più  tenue  ed  i  precipitati  chimici.  Tutti  questi  vari 
depositi  di  Ciottoli,  Arene,  Argille,  ec.  continuando  a  rice- 
vere un  aumento  progressivo,  possono  dare  origine  ad  una  se- 
rie di  strati  parallelli  fra  loro ,  e  sovrapposti  gli  uni  agli  altri , 
ma  nulladimeno  contemporanei^  ed  ogni  singolo  strato  resul- 
tante dalle  varie  sopraindicate  materie  sarebbe  invece  prodotto 
in  epoche  differenti,  il  più  antico  sarebbe  quello  che  tocca  la 
spiaggia,  ed  il  più  recente  quello  che  si  estende  verso  il  mare. 

Queste  idee  del  Boubée  sul  modo  con  cui  si  possono  for- 
mare gli  strati ,  non  sembra  a  parecchi  membri  della  Sezione 
che  siano  applicabili  alla  spiegazione  della  formazione  degli 
strati  quali  si  osservano  nelle  montagne.  Il  Prof.  Savi  fa  anche 
osservare,  che  nella  supposizione  stessa  del  Boubée,  non  si  ot- 
terrebbe una  serie  di  strati  individualmente  omogenei,  esten- 
dentisi  orizzontalmente  verso  il  mare,  bensì  una  serie  di  strati 
inclinati  parallelamente  alla  spiaggia,  i  quali  in  un  punto  sa- 
rebbero formati  di  ciottoli  e  in  altri  di  sabbie,  di  argille  ec. 

Il  Prof.  Savi  comincia  la  lettura  di  alcune  sue  Considera- 
zioni sulla  Cattiv'  aria  delle  Maremme  Toscane^  che  per  man- 
canza di  tempo  resta  interrotta,  e  viene  rimessa  al  giorno  14. 

Quest'adunanza  fu  onorata  dalla  presenza  di  S.  A.  I.  e  R. 
il  Gra.]sduca. 

Il  Segretario  della  Sezione  —  LODOVICO  PASINI. 
Il  Presidente  -  PROF.  ANGELO  SISJWND^i. 


96 

AL  MONTE  PISANO 

FATTA     IL     GIORNO      13     OTTOBRE     1839 


xIl.  quest'escursione,  fatta  sotto  la  scorta  del  Prof.  Paolo  Savi, 
prendono  parte  l'Ingegnere  delle  Miniere  Baldracco,  il  Cav. 
Berardi,  l'Ingegnere  Ridolfo  Castinellì,  il  Professor  Domnan- 
dos,  G.  Heywood,  Prof.  Kloeden,  Prof.  Linck,  .Tonas,  Con- 
sole Matthiessen,  Cav.  Prof.  Mazzi,  Prof.  Oken,  Orsini,  Puliti 
Leto,  Dottor  Tito  Puliti,  Repetti,  Rovis,  il  Prof.  Sismonda 
Presidente,  ed  il  Pasini  Segretario ,  alcuni  dilettanti  si  uniscono 
inoltre  ai  precedenti 

La  comitiva  si  dirige  da  prima  ai  Bagni  di  S,  Giuliano^ 
ed  alle  vicine  Cave  dì  pietra  da  Calcina  forte^  ove  osserva  un 
Calcare  di  color  bigio  a  strati  inclinatissimi,  nel  quale  si  ve- 
dono segni  evidenti  di  una  forte  alterazione .  Alcuni  filoncini 
e  straterelli  ed  anche  arnioni  di  una  sostanza  bianca,  talvolta 
quarzosa,  talvolta  polverulenta,  che  lo  intersecano  quasi  sem- 
pre parallelamente  agli  strati,  sembrano  a  taluni  resti  di  Pi- 
romaco  molto  alterato .  Il  Prof.  Savi  non  rigetta  questa  opi- 
nione, che  fu  anche  un  tempo  la  sua,  ed  aggiunge  che  nel 
gruppo  delle  Panie  presso  Monzone  ed  Ajola^  si  rivede  in  con- 
simile giacitura  questa  medesima  sostanza,  dove  però  sembra 
essere  collegata  colle  Rocce  ignee.  L'Ingegnere  delle  Miniere 
Baldracco  osserva  in  questi  medesimi  filoni  del  quarzo  talora 
confusamente  cristallizzato,  e  àeì  Braunspath. 

Alla  base  delle  masse  calcaree ,  dove  esse  sorgono  dalla 
pianura,  la  comitiva  osserva  le  sorgenti  delle  acque  termali  che 
alimentano  i  Bagni  di  S,  Giuliano, 


97 

Da  questo  luogo  fino  alla  Valle  di  Calci  si  passa  a  fianco 
di  grandi  masse  alterate  della  suddetta  Calcarea,  la  quale  pre- 
senta in  qualche  tratto  (  Bagno  della  Duchessa  )  una  singolare 
pseudo-stratificazione  ,  che  peraltro  si  può  ben  riconoscere  per 
le  vere  divisioni  degli  strati  che  chiaramente  veggonsi  correre 
in  senso  opposto . 

Gli  strati  superiori  delle  masse  calcaree  da  ambo  i  lati  dei 
Bagni  di  S.  Giuliano,  sembra  ad  alcuni  che  possano  essere  ri- 
feriti al  terreno  cretaceo,  come  avea  già  supposto  il  Prof.  Savi, 
però  senza  che  il  limite  dei  due  terreni  si  possa  distinguere 
con  chiarezza . 

Più  avanti,  nella  Valle  d'Asciano^  si  vede  il  terreno  del 
Verrucano  colle  sue  moltiplici  varietà  di  rocce  più  o  meno 
alterate,  dal  mezzo  delle  quali,  presso  il  villaggio  d'Asciano, 
scaturiscono  quelle  eccellenti  acque  potabili,  che  vengono  con- 
dotte a  Pisa.  Finalmente  al  M,  d'Oliveto  la  comitiva  potè  os- 
servare, nei  grandi  e  pittoreschi  tagli  praticati  nella  rupe,  un 
Calcare  cristallino  e  talvolta  di  aspetto  frammentare,  nelle  cui 
fenditure  si  trova  la  celebre  Breccia  ossìfera. 

Prima  però  di  arrivare  al  M,  d' Oliveta^  si  osservano  fra 
Asciano  ed  A  guano  ^  alla  base  di  alcune  masse  calcaree,  for- 
mate in  gran  parte  di  Calcare  cavernoso,  le  varie  sorgenti  di 
Acqua  acidula,  che  scaturiscono  dal  terreno  alluviale,  vicinissi- 
mo alla  roccia  in  posto . 

Ritornando  per  la  Valle  di  Calci^  verso  la  Certosa^  si  esa- 
mina la  disposizione  generale  delle  masse  del  Verrucano,  ed 
il  singolarissimo  aspetto  sotto  cui  si  presentano  in  que'  dintor- 
ni, e  specialmente  nel  M,  della  Verruca^  sopra  il  Convento 
di  Nicosìa .  Considerato  in  grande  il  Calcare  del  Monte  d'Oli- 
veto  apparisce  adagiato  sopra  il  Verrucano,  e  tutte  poi  queste 
masse  mostrano  di  essere  state  violentemente  sollevate. 

Il  Prof.  Savi  si  riporta,  per  la  classificazione  geologica  di 
queste  Rocce,  ai  lavori  da  lui  pubblicati,  ed  all'esposizione  già 
fatta  in  altra  adunanza,  della  geologia  del  Monte  Pisano. 

13 


98 

Il  Prof.  Sismonda,  anche  dietro  l'esame  delle  Rocce  con- 
servate nel  Museo  Pisano,  e  riguardanti  altre  località  della 
Toscana,  crederebbe  di  ravvisare  nel  Verrucano  il  Terreno  ari'^ 
tracitosOy  V Oxford  Clay  delle  Alpi  Piemontesi,  e  nel  Calcare 
sovrapposto  al  Verrucano^  Y Argilla  terrosa  con  coralli .  Che 
se  sotto  il  Verrucano  si  riscontrassero  altri  strati  calcarei ,  gli 
sembra  eh'  essi  potrebbero  essere  ragguagliati  all'  Oolite  infe- 
riore .  Il  Pasini  ritiene  invece  che  il  Calcare  del  M,  d'Oliveto 
come  quello  delle  Alpi  Apuane,  corrisponda  al  banco  inferiore 
della  gran  massa  calcarea  delle  Alpi  Lombardo-Venete^  cioè  al 
Calcare  cristallino  e  cavernoso,  o  all'ultimo  e  più  basso  mem- 
bro del  Lias .  Il  Verrucano  sarebbe  in  conseguenza  più  antico 
di  questa  formazione .  Ma  nuovi  esami  e  confronti  delle  Rocce 
chiariranno  meglio  se  si  possa  ammettere  alcuna  analogia  fra 
questo  terreno  della  Toscana  e  quelli  delle  Alpi ,  o  se  queste 
varie  catene  di  montagne  presentino  ciascuna  una  fisonomia 
così  distinta  da  non  ammetter  fra  loro  nessuna  fondata  cor- 
rispondenza . 

Per  giovare  intanto  a  questi  studj  della  Geologia  d'Italia, 
i  tre  sovra  indicati  membri  della  Sezione  avrebbero  compilato, 
dopo  l'odierna  conferenza,  un  Quadro  sinottico  delle  forma- 
zioni delle  varie  parti  d'Italia,  desunto  dalle  loro  proprie  osser- 
vazioni, e  da  quelle  pubblicate  fino  a  questo  giorno  da  altri 
geologi;  il  quale  sottoposto  poi  all' esame  dei  cultori  di  questi 
studj,  essi  sperano  che,  ove  il  bisogno  lo  richieda,  saranno 
proposte  le  convenienti  rettificazioni . 

Verso  sera  la  comitiva  ritorna  a  Pisa. 

Il  Segretario  della  Sezione  —  LODOYICO  PASINI- 
Il  Presidente  -  PROF.  ANGELO  SISMONDA. 


99 


TENUTA   IL   DI    14   OTTOBRE    1839 


Il  Segretario  legge  il  processo  verbale  della  precedente  adu- 
nanza e  della  escursione  geologica  al  Monte  Pisano,  che  viene 
approvato. 

Il  Prof.  Paolo  Savi  finisce  la  lettura  delle  sue  Considerazioni 
sulla  Cattìv' aria  delle  Maremme  Toscane.  In  questa  memo- 
ria in  primo  luogo  egli  cerca  di  mostrare  con  fatti,  tolti  spe- 
cialmente dalle  basse  vallate  del  Volterrano,  composte  di  Mat- 
tajone^  e  dalle  Salmastra] e  delle  provincie  marittime,  1."  che 
non  solo  1'  aria  cattiva  è  prodotta  dalle  acque  stagnanti ,  ma 
ancora  dall'  azione  delle  piogge  e  delle  acque  straripate  sopra 
alcune  qualità  di  terreni,  dopo  che  furono  nella  state  esposti 
per  lungo  tempo  all'  azione  del  sole,  in  secondo  luogo  che  le 
acque  minerali  sono  anch'  esse  spesso  sorgenti  di  miasmi ,  la 
quale  opinione  egli  appoggia  in  specie  su  quanto  osservò  nel 
La^o  di  Rimigliano ^  in  terzo  luogo  che  gli  ammassi  d'Aliga, 
bagnati  dall'  acqua  dolce ,  producono  essi  pure  emanazioni  in- 
salubri, come  accade  a  Vada^  a  Piombino  ed  in  altre  consi- 
mili località.  Annunzia  finalmente  di  credere,  che  anche  il  Gas 
idrogeno  solforato  possa  avere  una  parte  attiva  nei  moltiplici 
effetti  dell'aria  maremmana.  Su  tutti  questi  punti  egli  richiama 
l'attenzione  degF indagatori  delle  cose  naturali,  per  suggerire 
al  caso  nuovi  mezzi  di  salubrità,  e  perchè  siano  coronati  da 
sempre  migliore  successo  quei  grandiosi  lavori  che  la  Munifi- 


100 

cenza  del  Principe  fece  intraprendere  pel  risanamento ,  e  boni- 
ficazione delle  Maremme  Toscane. 

In  appoggio  della  precedente  supposizione  del  Savi  sulla 
possibilità  che  la  mal' aria  s'ingeneri  talvolta,  per  l'azione  delle 
acque  straripate  o  di  pioggia,  su  certi  terreni  esposti  prima  per 
lungo  tempo  all'  azione  del  sole  estivo ,  il  Segretario  Pasini  ri- 
corda, che  in  alcuni  punti  della  pianura  veneta  sogliono  ap- 
punto ingenerarsi  le  febbri ,  al  cadere  delle  prime  piogge  dopo 
lunga  siccità ,  in  terreni  di  natura  non  paludosa ,  e  il  Conte  Da 
Rio  e  il  Gav.  Balbi  confermano  con  esempj ,  tolti  da  altri  luo- 
ghi ,  questo  medesimo  fatto . 

Il  Segretario  rende  conto  di  un  libro  mandato  in  dono 
dal  Dott.  Gio.  Domenico  Nardo  di  Venezia,  e  intitolato  Di- 
scorso o  Programma  per  la  formazione  di  una  completa  sto- 
ria naturale  dello  Stato  Veneto^  ossia  di  una  Raccolta  cen- 
trale de'  suoi  prodotti  in  Venezia . 

Il  Prof.  Leonhard  di  Eidelberga  manifesta,  in  una  sua 
lettera ,  il  desiderio  che  sia  fatta  conoscere  al  Consesso  la  sua 
Geologìa  popolare^  della  quale  si  sta  ora  stampando  una  tra- 
duzione in  lingua  francese . 

Il  Dott.  Orazio  Scortegagna  fa  dono  a  tutti  i  membri  della 
Sezione  della  sua  Memoria  geologica  sulle  ossa  fossili  di  Cocco- 
drillo trovate  nel  Colle  della  Favorita^  provincia  di  Vicenza. 

Il  Dott.  Jacob  Gorinaldi  Conservatore  dell'Accademia 
Valdarnese,  manda  in  dono,  per  essere  dispensate  a  tutti  i 
membri  della  Sezione,  le  Notizie  storiche  sulla  detta  Accade- 
mia, e  quelle  relative  alla  storia  naturale  che  si  contengono 
negli  Atti  della  medesima,  finora  pubblicati. 

Il  Presidente  dell'Accademia  d'Arezzo  manda  in  dono  alla 
Sezione  le  quattro  annate  finora  pubblicate  àeìY Almanacco 
Aretino. 

Il  Dott.  Gio.  Rampinelli  presenta  un  saggio  di  Stallattite 
di  ferro  dell'  Isola  dell'Elba. 


101 

11  Conte  Giovanni  Scopoli  di  Verona  manda  alla  Sezione 
alcuni  saggi  di  Lignite  del  Vicentino  e  del  Veronese^  con  una 
memoria  ad  essi  relativa,  che  non  si  può  leggere  per  mancanza 
di  tempo. 

Il  Segretario  rende  conto  alla  Sezione  di  quanto  ha  fatto 
la  Commissione  nominata  per  compilare  un  Progetto  di  no- 
menclatura geologico-mineralogica  Italiana.  Tutti  i  membri, 
secondo  le  basi  d'accordo  convenute,  prepareranno  i  materiali 
di  questo  lavoro  per  comunicarseli  vicendevolmente  e  poi  as- 
soggettarli alla  sezione  di  Geologia  nella  futura  Riunione  di 
Torino.  I  Geologi  che  avessero  comunicazioni  o  osservazioni 
da  fare  su  questo  argomento,  potranno  dirigerle,  secondo  il 
luogo  della  respettiva  dimora ,  al  Presidente  Prof.  Sismonda  in 
Torino,  al  Prof.  Paolo  Savi  in  Pisa,  ed  al  Segretario  Pasini  in 
Schio  presso  Vicenza. 

Il  Segretario  annunzia  pure  come  alcuni  membri  della 
Sezione  si  siano  fra  di  loro  concertati  per  impiegare  nelle  loro 
Carte  geologiche  un  sistema  uniforme  di  colorazione  e  di  se- 
gni convenzionali:  i  lavori  che  intraprenderanno,  tornati  alle 
loro  case,  saranno  condotti  con  un  piano  uniforme  e  regolare, 
e  diretti  a  procurarci,  il  più  sollecitamente  possibile,  una  de- 
scrizione ed  una  Carta  geologica  dell'Italia.  Il  Prof.  Savi  ha  di 
già  levato  la  Carta  geologica  di  parecchie  parti  della  Toscana, 
il  Marchese  Pareto  della  Liguria,  il  Cavaliere  La  Marmora 
della  Sardegna,  il  Professor  Sismonda  di  tutto  il  Regno  Sardo 
continentale,  ed  il  Pasini  di  molte  porzioni  del  Regno  Lom- 
bardo-Veneto, altri  in  altre  parti  della  penisola  si  occupano 
di  questi  lavori.  Possiamo  dunque  sperare  di  avere  in  breve 
una  Carta  geologica  dell'  Italia  settentrionale  e  centrale,  la 
quale  si  unirà  da  un  lato  alla  gran  Carta  geologica  della  Fran- 
cia che  sarà  in  breve  pubblicata,  e  dall'altro  ai  molti  e  bei 
lavori  di  questo  genere,  già  compiti  o  intrapresi  negli  Stati 
della  Germania. 


102 

Antonio  Orsini  fa  vedere  alla  Sezione  alcuni  saggi  di  Rocce 
e  di  fossili  da  esso  raccolti  nei  contorni  di  Ascoli^  nel  M.  Cor- 
no,  e  in  altri  punti  degli  Apennini.  Si  riscontra  che  una  parte 
almeno  della  massa  calcarea  di  M,  Corno  è  composta  di  calcare 
con  Ippuriti.  I  depositi  di  acque  dolci  che  si  vedono  nelle  vici- 
nanze à^ Ascoli  sarebbero  di  solo  Travertino,  cioè  del  terreno 
Nettuno-plutoniano  del  Savi. 

Il  Segretario  Pasini  mostra  alla  Sezione  la  sua  Carta  geolo- 
gica del  Regno  Lombardo-Veneto^  e  paesi  adiacenti,  non  an- 
cora condotta  a  fine,  ma  nella  quale  egli  riportò  tutti  i  rilievi 
geologici  che  ha  fatto  fino  a  questo  momento,  e  quelli  di  alcu- 
ne parti  delle  x\lpi  già  pubblicati  da  altri  geologi.  Fa  vedere 
r  estensione  geografica  delle  diverse  Rocce,  e  i  differenti  punti 
della  catena  ove  si  trova  il  Micaschisto  fondamentale  ed  il  ter- 
reno arenaceo-calcareo  secondario  antico.  Indica  la  distribuzione 
generale  dei  depositi  cretacei  verso  la  parte  esterna  della  catena, 
mentre  talvolta  si  trovano  anche  adagiati  negli  altipiani  e  nelle 
vallate  interne.  I  terreni  terziarj  formano  ai  piedi  delle  Alpi 
una  serie  quasi  continua  di  depositi  dal  Friuli  fino  presso  il 
Lago  di  Garda ^  dove  soffrono  una  forte  interruzione,  o  si  tro- 
vano almeno  sepolti  sotto  grandi  ammassi  di  ghiaje .  Parecchi 
depositi  terziarj  sono  poi  disposti  nelF  interno  delle  montagne 
secondarie,  come  quelli  àeW Alpago^  di  Belluno^  di  Feltri^  di 
Alano^  della  Valsa gana^  di  Roveredo^  di  Arco  ec.  Il  terreno 
terziario  subapennino  non  si  trova  che  in  cinque  o  sei  punti 
isolati  dal  Veronese  fino  alla  Brenta^  mentre  all'  Est  di  questo 
fiume  forma,  a  ridosso  del  terreno  terziario  medio,  delle  zone 
assai  lunghe.  Sei  Milanese  si  vedono  qua  e  là  dei  tratti  di  ter- 
reno terziario  medio,  ben  determinato,  e  qualche  traccia  del 
terreno  subapennino,  ma  alcune  Rocce  arenacee  del  Bergama- 
sco restano  ancora  indeterminate. 

Il  Pasini  fa  osservare  le  varie  masse  di  Rocce  porfiriche 
sorte  in  varie  epoche  nelle  Alpi  Lombardo-Venete  e  nel  Tirolo^ 


103 

e  quelle  specialmente  del  Tirolo  meridionale,  del  Vicentino^ 
della  Valsugaiia^  del  Logo  d'Idro^  della  Val  Trompia^  della 
Fai  Camonica^  della  Val  Seriana^  e  dei  Laghi  Milanesi:  mo- 
stra anche  le  numerose  masse  basaltiche  del  Roveretano  e  della 
zona  subalpina  posta  fra  \ Adige  e  la  Brenta. 

In  quanto  ai  sollevamenti  delle  Alpi  Lombardo- Venete, 
ritiene  il  Pasini  che  siano  accaduti  in  varie  epoche,  antiche  e 
recentissime,  ma  che  siano  pure  sempre  accaduti  inegualmente 
nelle  varie  parti  della  catena ,  e  in  modo  che  non  solo  per  tutta 
la  sua  lunghezza,  ma  neppure  per  tratti  alquanto  estesi, si  possa 
ammettere  una  medesima  serie  di  epoche  di  sollevamento . 
Avanti  il  deposito  del  sistema  calcareo-arenaceo  antico,  il  Mi- 
caschisto fondamentale  era  stato  alterato  e  sollevato:  degli  evi- 
denti sollevamenti  si  scorgono  durante  il  deposito  delle  antiche 
arenarie,  e  nuovi  e  più  forti,  dopo  il  deposito  della  Calcarea 
oolitica,  e  dei  terreni  cretacei.  In  alcuni  siti  il  terreno  cretaceo 
ed  oolitico  non  fu  più  sollevato  dopo  il  deposito  delle  attigue 
formazioni  terziarie,  ma  in  altri,  e  non  molto  discosti,  si 
trova  sollevato  il  terreno  terziario  medio,  il  terreno  subapenni- 
no,  e  forse  anche  il  terreno  alluviale.  I  sollevamenti,  special- 
mente nei  Monti  Trevigiani  e  del  Friuli^  non  sembrano  in 
rapporto  collo  sbocco  di  Rocce  ignee.  Non  si  può  dire  che 
la  catena  delle  Alpi  Lombardo-Venete  sia  emersa  dopo  la  Creta 
o  dopo  i  terreni  terziarj^  essa  era  già  sorta  ad  una  qualche 
altezza  da  epoche  più  antiche,  ed  ha  acquistato  la  sua  forma 
ed  elevatezza  presente,  con  una  lunga  serie  di  parziali  solle- 
vamenti, incominciata  nelle  più  antiche  epoche  geologiche,  e 
continuata  probabilmente  fino  dopo  la  deposizione  del  terreno 
alluviale . 

Il  Pasini  richiama  specialmente  l'attenzione  dei  membri 
sulle  grandi  e  strettissime  spaccature  della  massa  calcarea, 
lunghe  talvolta  venti  e  più  miglia ,  come  quelle  in  cui  scorro- 
no YAdige,  la  Brenta  ed  il  Cordevole^  e  perpendicolari  alla  di- 


104 

rezione  della  catena .  Nel  punto  dove  queste  spaccature  sboccano 
verso  la  pianura ,  si  osserva  sempre  una  singolare  contorsione 
e  disposizione  degli  strati  oolitici  e  cretacei .  Fa  anche  osservare 
i  rapporti  che  hanno  la  direzione  e  la  profondità  dei  laghi,  colla 
direzione  ed  altezza  delle  circostanti  montagne . 

Finalmente  il  Pasini  comunica  alcune  osservazioni  geolo- 
giche che  ha  fatte  nelle  valli  del  Boìtee.  del  Cordevole  (provin- 
cia di  Belluno).  Nella  prima  di  queste  valli  il  sistema  calcareo- 
arenaceo  secondario  antico  offre  per  vasti  tratti  un'arenaria 
talvolta  argillosa,  talvolta  compatta  di  color  nericcio  che  simula 
da  lontano  le  Rocce  porfidiche,  e  che  fu  da  qualche  geologo 
presa  per  Porfido  pirossenico  (  Giornale  di  Treviso  Decem- 
bre  1828,  Biblioteca  Italiana  M^diVzo  1858,  p.  554),  ma  che 
nulladimeno  lascia  distinguere  benissimo  la  sua  stratificazione, 
la  sua  alternazione  colle  Rocce  argillose  e  calcaree,  e  vi  si  tro- 
vano in  qualche  luogo  {Rà  della  Spondez^  presso  San  Floriano) 
delle  conchiglie. 

La  Pietra  verde  del  Peajo  e  di  altri  luoghi  del  Bellunese, 
descritta  dal  Prof.  Catullo,  è  una  marna  induratissima  del  detto 
sistema  calcareo-arenaceo ,  la  quale  passa  tanto  all'  arenaria  che 
al  calcare:  una  simil  roccia  si  trova  anche  nella  Val  Canio- 
nica.  Non  vi  ha  in  tutta  la  Valle  del  Boite  alcuna  massa  di 
Porfido  pirossenico  o  di  Rocce  di  analoga  natura . 

In  Agordo  non  esiste  certamente  lo  Schisto  coronante 
sopra  il  micaschisto  fondamentale,  come  supponeva  il  Conte 
Marzari,  e  supposero  dopo  di  lui  altri  geologi  (^Biblioteca  Ita- 
liana loc.  cit.  ) .  Un'immensa  massa  di  Pirite  cuprifera  sembra 
essere  stata  la  roccia  che  ha  sollevato  ed  alterato  non  solo  il 
calcare  del  M,  Imperina^  ma  le  Arenarie  ancora  ed  il  Mica- 
schisto. Si  trovano  colà  evidenti  indizi  delle  metamorfosi  delle 
Arenarie  quarzose  in  Gneis ,  ec. 

Ai  piedi  del  M.  Serva  nel  Bellunese  non  vi  ha  alcuna 
sorta  di  Schisto  siliceo  {Bib,  ItaL  loc.  cit.,  Ann,  di  Star,  Nat, 


lOo 

di  Bologna  18*29,  T.  I.),  giacché  sarebbe  questa  una  sede  poi 
anche  troppo  lontana  da  quella  che  ragionevolmente  dovrebbe 
avere,  ma  vi  si  osserva  solo  un  terreno  calcareo-cretaceo ,  con 
Piromaco, 

Emanuele  Repetti  legge  una  Notizia  geografico-statistica 
sulla  Val  d'Elsa  e  sull'Istituto  agrario  fondato  in  Meleto  dal 
Marchese  Ridolfi ,  la  qual  notizia  contiene  alcuni  cenni  sulle 
principali  varietà  di  Rocce  terziarie  che  si  riscontrano  in  quella 
valle . 

Il  Prof.  Domnandos  comunica  alcune  sue  osservazioni 
sulla  giacitura  geologica  dello  Smeriglio  noìV Isola  di  Naxos^ 
una  delle  più  grandi  e  fertili  isole  dell'Arcipelago  Greco.  E 
dessa  attraversata  dal  Nord  al  Sud  da  una  catena  di  montagne, 
le  quali  sono  composte  verso  1'  Ovest  di  Granito  e  di  Pregma- 
tite  schistosa,  che  passa  al  Quarz-rock  ossia  alla  Quarzite . 
Sopra  il  Granito  si  trova  il  Calcare  saccaroide  in  cui  si  anni- 
dano filoni  di  grande  spessezza  ed  ammassi  di  Smeriglio.  Non 
è  questo  minerale  il  Corindone  dei  mineralogisti,  ma  piuttosto 
Corindone  e  ferro  oligisto  combinati  assieme .  L' annua  esca- 
vazione che  ne  vien  fatta  ammonta  a  12000  quintali,  ma  se  ne 
potrebbe  ottenere  assai  più.  I  filoni  di  smeriglio  tagliano  gli 
strati  calcarei,  e  vi  sembrano  introdotti  come  per  sublimazione, 
tanto  sono  essi  immedesimati  colla  massa  calcarea.  Il  solleva- 
mento di  queste  montagne  non  sembra  che  sia  stato  prodotto 
dallo  Smeriglio,  ma  bensì  che  sia  avvenuto  in  altra  epoca. 
L'inclinazione  degli  strati  non  arriva  ai  40  gradi,  come  vien 
riferito  nell'  opera  intitolata  Eocpedition  Scientijìf/ue  de  Mo- 
rèe  ec,  ma  solo  ai  30  o  52^  questi  filoni  vanno  dal  Nord 
al  Sud . 

Il  Prof.  Domnandos  ricorda  come  il  ferro  oligisto  s' in- 
contri di  sovente  nella  Grecia.  In  quel  solo  tratto  di  paese,  che 
si  stende  dal  Laurio  al  Capo  Sunnio^  egli  ha  potuto  osservare 
le  tracce  di  oltre  trecento  escavazioni  del  detto  ferro,  intraprese 
dagli  antichi  Greci.  u 


106 

L'Ingegnere  delle  IMiniere  Baldracco  legge  alcune  notizie 
intorno  alla  fabbricazione  del  ferro,  e  riferisce  i  risultati  di  al- 
cune sue  esperienze  sulla  riduzione  del  ferro  ossidulato  della 
miniera  di  Azzane  in  Sardegna ,  fatte  in  una  delle  fucine  Ca- 
talano-Liguri,  attualmente  in  lavoro  nel  Genovesato.  Si  usava 
fondere  la  vena  di  ferro  oligisto  coli'  addizione  di  \  circa  di  fer- 
raccia^ ma  il  detto  Ingegnere  ottenne  un  miglior  successo,  im- 
piegando la  pura  vena  nella  proporzione  di  \  in  frantumi  ed 
1  in  polvere,  col  qual  metodo  ebbe  il  55  per  \  di  ferro,  ricono- 
sciuto in  Torino  di  eccellente  qualità.  Un  simile  esperimento 
istituito  anche  sul  ferro  oligisto  della  Miniera  di  Rio  del- 
l'Isola dell'  Elba ^  gli  diede  in  egual  modo  per  risultamento 
più  che  un  50  per  l  di  ferro  di  ottima  qualità,  mentre  col 
metodo  comune  di  mescolarvi  la  ferraccia,  non  se  ne  ottiene 
che  un  45  o  44  per  l  di  mediocre  qualità.  In  fine  l'Ingegnere 
Baldracco  consiglia  quelli  che  in  Italia  si  occupano  della  fab- 
bricazione del  ferro,  ad  introdurre  nelle  loro  officine  quei  mi- 
glioramenti che  hanno  fatto  tanto  progredire  in  altre  parti  di 
Europa  questa  industria,  come  sarebbe  l'impiego  della  fiamma 
che  inutilmente  svolgesi  dalle  bocche  dei  forni  fusorj,  e  dei 
fuochi  in  generale,  non  solo  pel  riscaldamento  dell'aria,  ma 
per  la  preparazione  a  un  tempo  del  combustibile ,  vale  a  dire 
della  legna  torrefatta  da  sostituirsi  con  gran  vantaggio  al  car- 
bone ordinario:^  la  concentrazione  col  mezzo  di  volte  sferiche 
del  calore  stesso  della  fiamma  dei  forni  fusorj  e  delle  fucine, 
r  impiego  della  fiamma  delle  rafiinerie  pel  riscaldamento  della 
ferraccia  destinata  alla  fabbricazione  del  ferro,  ec. 

Dopo  la  lettura  di  questa  memoria  il  Presidente  dichiara 
che  i  lavori  della  Sezione  sono  ultimati. 

Anche  quest'ultima  adunanza  fu  onorata  dalla  presenza 
di  S.  A.  I.  e  R.  il  Gra>duCxV. 

Il    SEGHETARrO    DELLA    SEZIONE  LODOVICO   PASINI. 

Il  Presidente  -  PROF.  ANGELO  SISMONDA. 


^"S^ 


:^^i»lf  Qp: 


DI 


BOTAMCA  E  FISIOLOGIA  VEGETABILE 


PROCESSI  ITRBALI 

DI  BOTANICA  E  FISIOLOGIA  VEGETABILE 


TENUTA   IL   DI    4    OTTOBRE    1839 


JWà  il  Presidente  principio  alla  sessione  col  ringraziare  la 
Provvidenza  d'avergli  concesso  di  viver  tanto,  da  vedere  in- 
trodotte in  Italia  le  Riunioni  scientifiche:  esterna  la  sua  rico- 
noscenza ai  Socj  per  l'onore  compartitogli  eleggendolo  Presi- 
dente, onore  che  dice  riconoscere  di  molto  superiore  al  suo 
merito,  e  di  voler  considerare  come  un  semplice  omaggio 
graziosamente  reso  alla  sua  accidental  qualità  di  Decano 
de'  Botanici  Italiani .  Fa  quindi  F  enumerazione  dell'  opere 
botaniche  stampate  in  Italia,  dopo  la  pubblicazione  della  sua 
Flora  Pisana^  cioè  in  poco  piti  d'un  mezzo  secolo:  e  dall' es- 
ser desse  in  numero  assai  maggiore  di  quelle  che  in  eguali 
spazj  di  tempo,  prima  di  quest'  epoca,  eran  comparse  alla 
luce,  ne  arguisce  che  il  genio  degli  Italiani  trovavasi  adesso 
favorevolmente  disposto  per  la  Botanica,  onde  con  tutta  ragio- 
ne potevasi  sperare  che  i  di  lei  progressi  fosser  per  essere  sem- 
pre maggiori,  tanto  più  che  potentemente  ci  avrebbe  coadiu- 


110 

vato  il  reciproco  incoraggiamento  prodotto  dalla  riunione  di 
tanti  studiosi  di  questa  e  delle  altre  parti  della  Storia  Naturale, 
e  che  consolato  da  tali  favorevoli  auspicj,  invitava  i  Socj  a  dar 
principio  alle  letture. 

Il  Prof.  De  Visiani  trovandosi  ad  avere  in  ordine  la  Flora 
Dalmatica^  che  quanto  prima  sarà  stampata  a  Lipsia,  trattiene 
r  udienza  colla  lettura  della  Prefazione  premessa  alla  detta  ope- 
ra, che  è  scritta  in  lingua  latina.  Fa  notare  l'importanza  che 
hanno  per  la  scienza  le  piante  della  Dalmazia,  nel  cui  territo- 
rio, quantunque  di  piccola  estensione,  giacche  non  eccede  le 
dugentoquaranta  leghe  quadrate,  confluiscono  le  piante  della 
Flora  Ungarica,  della  Flora  Sicula,  e  della  Flora  Greca.  Fa 
conoscere  la  Topografia  della  Dalmazia,  cui  unisce  molte  osser- 
vazioni generali  relative  alla  vegetazione  che  vi  è  propria,  ed 
enumera  i  Botanici  che  han  parlato  delle  piante  Dalmate.  Circa 
il  metodo  da  lui  tenuto  nelP  esposizione  delle  specie,  dichiara 
d'averle  disposte  in  Ordini  naturali,  aggruppati  in  Classi  simili 
a  quelle  del  Bartling,  con  alcune  modificazioni  bensì  che  gli 
eran  parute  necessarie:  di  aver  rinnovate  le  frasi  generiche  e 
specifiche,  traendone  i  caratteri  dalle  piante  da  lui  descritte:  di 
essersi  attenuto  alla  sinonimia  solo  di  quelli  autori  che  delle 
piante  di  Dalmazia  trattarono,  e  di  aver  citate  quelle  sole  figure 
che  avea  trovato  rappresentar  fedelmente  le  piante  di  cui  si 
occupava:  di  aver  conservati  quei  nomi  che  dagli  autori  erano 
stati  originariamente  dati  alle  specie,  quando  non  gli  aveva 
trovati  assolutamente  erronei,  e  di  avere  ad  ogni  specie  ag- 
giunto il  nome  vernacolo,  ed  indicate  l'epoche  della  fioritura 
e  fruttificazione,  e  la  durata  loro,  e  d'avere  in  fine  indicati  gli 
usi  medici  ed  economici.  Dichiara  di  aver  considerate  come 
Dalmate  le  sole  piante  che  esso  avea  trovate  vive  colà,  o  aveva 
vedute  negli  Erbarj  da  lui  diligentemente  esaminati,  di  tutti 
quei  Botanici  che  la  Dalmazia  percorsero,  escludendone  tutte  le 
altre  come  dubbiose,  o  come  falsamente  attribuite  a  quel  paese. 


Ili 

Questa  Flora  resultante  da  circa  dueinilaquattrocento  specie,  è 
accompagnata  da  molte  figure  che  rappresentano  specie  nuove, 
o  non  mai  figurate,  o  illustrano  specie  dubbie,  e  una  ventina 
di  tavole  son  sottoposte  all'esame  dell'adunanza,  che  le  trova 
di  buon  disegno  e  bene  incise. 

Il  Prof.  Moretti  espone  all'ispezione  de'Socj  una  pianta  di 
Valeriana  dioica,  nella  quale  due  cauli  si  eran  saldati  insieme, 
ed  avevan  formata  sotto  la  metà  della  loro  lunghezza  una  di- 
latazione infundibuliforme,  passata  la  quale  i  cauli  prosegui- 
vano subcilindrici,  e  le  foglie  in  essi  non  erano  più  opposte, 
ma  distribuite  in  spira.  Questa  mostruosità  dava  luogo  a  varj 
ingegnosi  discorsi,  tendenti  a  render  ragione  delle  cause  che 
potevano  averla  prodotta,  la  discussione  de' quali  fu  aggiornata 
ad  altro  tempo,  per  dar  luogo  ad  una  lettura  che  aveva  annun- 
ziata il  Dott.  Giuseppe  Meneghini. 

Questo  Socio  che  si  occupa  in  particolar  modo  dello  stu- 
dio dell' x\lghe,  presentava  al  Consesso  la  collezione  delle  spe- 
cie di  questa  famiglia  da  lui  raccolte  ne' monti  Euganei,  fralle 
quali  specie  molte  vi  son  delle  nuove,  e  presentava  pure  il  ma- 
noscritto contenente  le  loro  descrizioni,  quali  si  proponeva  di 
render  quanto  prima  di  pubblico  diritto.  Invitava  quelli  che  a 
preferenza  si  son  dati  allo  studio  di  questa  parte  di  Crittoga- 
mia, a  voler  esaminare  il  piano  del  suo  lavoro,  osservare  gli 
esemplari  autentici  su  i  quali  è  redatto,  verificare  la  novità  e 
la  bontà  delle  specie,  e  contribuire  in  tal  modo  ad  avvicinarlo 
sempre  più  alla  perfezione.  E  per  dare  un  saggio  del  modo  da 
lui  tenuto  neir  illustrare  queste  piante ,  tanto  difficili  a  deter- 
minarsi e  a  descriversi  con  chiarezza,  esponeva  una  dozzina  di 
specie  o  nuove  o  meritevoli  d' illustrazione,  le  quali,  quantun- 
que non  facenti  parte  delle  Alghe  Euganee,  pure  erano  da  lui 
collo  stesso  amore  descritte,  ed  egregiamente  figurate  in  dodici 
tavole  colorite,  quali  offriva  all'esame  delli  scienziati  quivi 
raccolti. 


112 

Tali  specie  erano 

Rivularia  Biasolettiana .  Prasiola  cespitosa, 

•  haematites .  Percur  saria  fucicola . 

mamillosa.  Dasjcladus  Cflindricus. 

Contareni.  Laminaria  uncinata. 


Calothrix  ambìgua.  Baillomnana  punicea. 

Bangia  latissima.  Microcystis  Parolinìana. 

E  passando  in  seguito  a  qualche  osservazione  organografica  e 
fisiologica  intorno  a  tali  specie,  parlava  della  struttura  e  delle 
affinità  della  Rivularia,  mostrando  come  questo  genere  sia  da 
collocarsi,  nella  serie  naturale,  più  da  vicino  alle  Lykgbyeae 
che  alle  NosTOCHmEAE,  fralle  quali  finora  è  ascritto^  e  come 
altri  generi  sempre  riguardati  dalli  autori  come  spettanti  alle 
NosTOCHiKEAE,  per  la  presenza  del  muco  che  avvolge  e  racchiude 
i  loro  fili,  siano  invece  per  la  struttura  e  le  condizioni  fisiolo- 
giche di  questi  medesimi  fili,  molto  affini  ad  altri  ordini  più 
elevati  di  Alghe.  Parlando  della  Calothrix  che  proponeva  come 
nuova ,  faceva  un  quadro  comparativo  de'  caratteri  che  fra  loro 
distinguono  i  generi  delle  Lyxgbyeae,  mostrando  come  malgrado 
una  somma  ragguardevole  di  note  differenziali,  nessuna  ne  esi- 
ste di  assolutamente  costante.  La  nuova  specie  di  Bangia  gli 
dava  occasione  di  trattare  della  struttura  propria  a  quel  genere 
la  quale  dimostra  l'affinità  di  esso  colle  Ulveae,  e  in  partico- 
lare col  genere  Prasiola,  cui  riconduce  alcune  specie  finora 
controverse.  La  Percurs  ari  a  fucicola,  dì  cui  descriveva  la  par- 
ticolar  maniera  di  fruttificare,  illustra  e  definisce  quel  genere 
proposto  dal  Bory  de  Saint- Vincent,  e  dagli  autori  più  recenti 
rigettato.  Il  Dasjcladus  cjlindricus  lo  mostrava  come  di  gran- 
de importanza,  perchè  una  sola  specie  di  quel  genere  finora 
si  conosceva,  e  questa  nuova  specie  meglio  si  presta  a  schiarare 
l'affinità  di  esso  colle  Siphoneae,  cui  l'aveva  già  inserito  il 
Delle-Chiaje.  La  Laminaria  uncinata  h  distinta  dalle  congeneri 
per  i  caratteri  della  vegetazione  e  della  fruttificazione,  e  giù- 


115 

stlfica  lo  smembramento  di  quel  genere  dalle  Chom)rieae  del- 
l'Agardh.  La  Bailloimana  punicea^  benché  non  ancor  trovata 
dall'Autore  in  fruttificazione,  mostra  forme  e  caratteri  così 
distinti,  da  meritar  certamente  l'analisi  esposta  nella  tavola 
decima.  Finalmente  la  Microcystis  Parolinìana  presenta  al- 
cune delle  più  interessanti  modificazioni  offerte  dal  tipo  di 
organizzazione  propria  a  questo  genere,  stabilito  dal  Kiitzing 
entro  limiti  un  poco  troppo  estesi,  e  che  il  Dott.  Meneghini 
propone  di  restringere,  a  ciò  persuadendolo  le  considerazioni 
organografiche  e  fisiologiche  da  lui  esposte. 

Il  Segretabio  della  Sezioe  —  D.   B.  BIÀSOLETTO . 
Il  Presideste  —  PROF.  CAF.  G.  SA  fi. 


TENUTA  IL   DÌ   5   OTTOBRE   1839 


ietto  ed  approvato  il  processo  verbale  dell'  adunanza  del  di  4 
Ottobre,  il  Presidente  invita  a  parlare  Angiolo  Comi  il  quale 
faceva  istanza  alla  Sezione,  acciò  ella  prendesse  in  esame  di- 
versi esemplari  di  piante  da  lui  presentati,  alcuni  compressi 
per  esser  disposti  negli  erbarj,  altri  in  mazzi  ritenenti  le  loro 
forme  naturali ,  per  esser  questi  tenuti  in  vasi  ad  ornamento 
di  stanze,  preparati,  gli  uni  e  gli  altri,  con  metodo  suo  parti- 
colare, che  tenne  segreto:  metodo  che  doveva  conservare,  per 
lunghissimo  tempo,  ai  fiori  e  alle  foglie  le  figure  e  i  colori  che 

15 


Ili 

hanno  in  stato  di  freschezza,  e  desiderava  che  la  Sezione  di- 
chiarasse se  tali  preparazioni  potessero  favorire  i  progressi  della 
Botanica.  Il  Presidente  incarica  i  Professori  Giuseppe  Moretti, 
Antonio  Targioni  Tozzetti,  e  Ruberto  de  Visiani  di  esaminare 
e  referire. 

Luigi  Calamai  fa  vedere  alcuni  Funghi  modellati  in  cera 
con  molta  naturalezza  ed  eleganza,  facenti  parte  d'una  più 
copiosa  collezione  da  lui  eseguita  fino  al  numero  di  centoventi 
specie:  fa  vedere  anche  de' modelli  di  frutti  parimente  in  cera, 
e  rende  conto  di  alcuni  lavori  da  lui  fatti,  e  di  altri  da  farsi, 
di  pezzi  tendenti  a  illustrare  la  teoria  della  Botanica  e  della 
Fisiologia  vegetabile . 

Il  Prof.  Giuseppe  Moretti,  all'occasione  di  parlare  d'un 
vecchissimo  individuo  femineo  della  Cycas  revoluta^  che  gli 
è  fiorito  nell'Orto  Botanico  di  Pavia,  di  cui  è  Direttore,  espo- 
neva i  suoi  dubbj  circa  al  posto  che  nella  serie  naturale  deve 
occupare  la  famiglia  delle  Cigadee,  e  mostrava  propendere  a 
collocarla  accanto  alle  Palme.  Il  Prof.  Pietro  Savi  prende  allora 
la  parola  per  fare  osservare  le  appresso  notabili  differenze  fralle 
Palme  e  le  Cigadee.  1.°  Che  le  Palme  hanno  annuale  l'accesso 
della  vegetazione,  e  le  Cigadee,  almeno  in  Italia,  l'hanno  bisan- 
nuale.  2."  Che  le  Palme  hanno  le  foglie  intieramente  distese, 
£  nelle  Cigadee,  almeno  per  la  massima  parte,  la  fogliazione  è 
arricciata,  carattere  per  cui  una  volta  si  collocavano  fralle  Felci. 
5."  Che  nelle  Palme  le  foglie  delle  gemme  si  sviluppano  suc- 
cessivamente l'una  dopo  l'altra,  mentre  nelle  Cigadee  si  svi- 
luppano tutte  contemporaneamente. 

In  quanto  agli  organi  riproduttori,  il  Prof.  Moretti  dimo- 
strava che  le  Cigadee  non  potevansi  tenere  per  piante  di  semi 
nudi,  quali  da  varj  Botanici  son  credute,  ma  esser  desse  dotate 
di  veri  frutti,  che  stanno  attaccati  ai  margini  delle  squame,  le 
quali  non  come  pericarpi  aperti,  ma  quali  brattee  legnose 
sono  da  considerarsi,  considerazione  che  gli  faceva  nascere  il 
dubbio  se  più  alle  Conifere  che  alle  Palme  fossero  affini. 


US 

Fu  ripresa  la  discussione  sull'  individuo  mostruoso  di 
Valeriana  dioica,  ch'era  stata  messa  in  campo  nella  seduta 
precedente.  Il  Prof.  Moretti  esponeva  in  succinto  le  opinioni 
che  erano  state  in  vigore  per  la  spiegazione  di  tal  mostruosità, 
quella  cioè  che  la  faceva  dipendente  dall'essere  stata  obbligata 
la  pianta,  nel  momento  del  suo  sviluppo,  a  passare  per  una 
stretta  apertura,  l'altra  che  la  vuole  effetto  d'una  di  quelle 
saldature  che  son  frequenti  fra  gli  organi  de' vegetabili,  alla 
quale  dichiarò  che  aderiva.  In  tale  occasione  il  Prof.  Narducci 
parlò  d'un  Opuscolo  da  lui  temp' addietro  pubblicato,  su  d'un 
individuo  di  Brassica  oleracea  affetto  da  simil  mostruosità,  e 
ne  mostrò  la  tavola  che  lo  rappresentava,  facendo  osservare 
che  nel  largo  e  compresso  caule  si  scorgevano  tante  strie  longi- 
tudinali subdiafane,  alternanti  con  altre  perfettamente  opache, 
munite  a  luoghi  a  luoghi  di  foglie,  aventi  all'ascella  un  rudi- 
mento di  gemma,  le  quali  foglie  ascendendo  andavano  a  di- 
minuire in  grandezza,  onde  chiaro  appariva  le  strie  opache 
essere  i  rami,  e  le  subdiafane  il  tessuto  cellulare,  che  si  era 
espanso  e  venuto  così  a  saldargli  insieme,  e  che  era  una  con- 
ferma della  saldatura  la  tendenza  de'  rami  a  dissaldarsi  lungo 
le  strie  diafane.  Su  tal  proposito  da  alcuni  de'Socj,  come  Luigi 
Calamai,  Luigi  INIasi,  Prof.  Pietro  Savi,  si  proponevano  delle 
ingegnose  ipotesi  per  spiegare  come  potesser  le  fibre  acquistare 
la  disposizione  spirale,  che  riscontravasi  nella  Valeriana  dioi- 
ca^ e  di  frequente  osservasi  ne' rami  di  Ginestra  e  di  Frassino: 
e  si  esaminava  se  la  sola  pletora  a  ciò  bastasse,  o  e'  influissero 
ancora  le  punture  cagionate  da  insetti. 

Pervenuti  all'  ora  prefissa ,  il  Presidente  annunziò  che  re- 
stava sciolta  la  seduta ,  ed  invitò  i  Socj  a  voler  profittare  della 
vacanza  del  giorno  seguente  per  portarsi  a  fare  un'  escursione 
botanica,  guidati  a  questa  dal  Prof  Pietro  Savi. 

Il  Seghetario  della  Sezione  —  D.  B.  BIASOLETTO . 
Il  Presideme  -  PROF.  CAV.  G.  SAVI. 


116 


FATTA     NEL     DI     6     OTTOBRE     1839 


JLi  invito  fatto  dal  Presidente  nelF  adunanza  passata ,  per 
un'erborizzazione,  fu  ben  accolto,  e  quelli  fra  i  Socj  cui  il 
disimpegno  d' altri  incarichi  non  poneva  ostacolo ,  fra  i  quali 
contavansi  i  Professori  De  Visiani ,  Jan,  Pietro  Savi,  Pasquali^ 
i  Dottori  Meneghini,  Amidei,  Riboli,  Carlo  Porro,  Orsini, 
Durando,  ed  altri  studiosi,  la  mattina  del  6  Ottobre  si  misero 
in  campagna ,  e  scelsero  per  le  loro  ricerche  le  falde  meridio- 
nali del  Monte  Pisano,  quelle  in  specie  che  si  estendono  fra 
Nicosia  e  i  Bagni  di  San  Giuliano.  Se  la  troppo  inoltrata  sta- 
gione non  permise  loro  di  fare  una  ricca  messe,  furono  non 
ostante  ricompensate  le  loro  fatiche  dall'  aver  potuto  osservare 
e  raccogliere  varie  specie  assai  interessanti,  come  sarebbero:  Se- 
necio  erraticus^  Thrincia  tuberosa^  Bellis  sylvestris^  Centau- 
rea  solstitialis  y  Galactites  tomentosa y  Festuca  serotina^  Mi- 
liuni  coerulescensy  Trìfolium  Bocconi^  Pterogoniwn  Smitliii^ 
Pterogonium  sciuroides ^  Neckera  Jieteroniallay  Shapagnwn 
capillifoliumy  Poljtrichum  nanum^  Encaljpta  vulgaris  j  Grim- 
mia  apocarpa^  Ljcopodium  denticulatum^  Grammìtis  leptO' 
pliylla^  Liliuni  bulbiferwny  Genista  pilosa^  Ei^ica  scoparia  ^ 
Pìiillirea  angustifolia^  Neottia  spiralis.  Conomitrium  Julia- 
nwUy  Roccella  phjcopsis^  Roccella  fuciforniis^  Ramalina  fa- 
stigiata^  Endocarpon  ininiatum^  Gyropliora  pustulata^  Par- 
melia  Acjuilay  Parnielia  periata^  Targionia  hjpophjllay  Sai- 
vinia  natansy  Trapa  natans. 


117 

Si  trattennero  nella  loro  gita  ad  esaminare  le  copiose 
sorgenti  d'acqua  acidulato-carbonica,  che  scaturiscono  dalla 
pianura  alla  base  del  Monte  d'Agnano,  ed  ivi  poterono  racco- 
gliere delle  Oscillarle^  e  fralle  altre  1'  Ose,  labyrinthiformis, 
che  in  larghe  falde  galleggianti  copre  quell'acque.  Poterono 
osservare  i  caratteri  della  vegetazione  pertinente  al  terreno 
Calcareo,  e  quelli  della  propria  al  Verrucano:  poiché  sul  primo, 
di  cui  son  formati  i  Monti  d' Agnano  e  de'  Bagni ^  scorsero 
copiosi  i  Cistus  incanuSy  Cistus  sahnfoliiis^  Cistus  monspeliensis^ 
Myrtus  comnninis ,  Pistacia  Lentiscus  y  Eiiphoròia  spinosa , 
Euplioròia  CharaciuSy  Satnreja  Juliana^  Satureja  montana y 
Osyris  alba-y  mentre  che  sul  Verrucano  del  quale  son  formati 
il  Monte  d' Asciano  e  quelli  che  dalla  Verruca  dipartendosi 
col  divergersi  a  settentrione  abbracciano  tutta  la  vallata  di 
Calci,  trovaron  copiosa  /'  Erica  scoparla y  Genista  pilosay 
Daphne  Gnldiuniy  Hieraciwn  praealtiun  y  Pinus  P master y 
Phjlllrea  mediay  Pliyllirea  angustlfolla . 

Finalmente  ai  Bagni  di  S.  Giuliano,  ove  fu  il  termine  della 
gita  scientifica,  si  trattennero  ad  osservare  quelle  magnifiche 
Terme,  e  trovarono  anche  nelF  acqua  di  quelle  di  che  arricchire 
la  loro  collezione  di  x\lghe  |,  ma  attesa  la  piccolezza  di  questi 
esseri  novellamente  acquistati,  non  poterono  per  il  momento 
determinare  il  posto  che  loro  si  spetta  nella  serie  degli  esseri 
viventi . 

Quest'escursione  oltre  l'aver  dato  occasione  ai  rammen- 
tati Botanici  d' acquistare  un'  idea  della  Flora  di  questa  parte 
della  Toscana,  offri  loro  nel  comune  cousorzìu  occasioni  per 
trattenersi  sopra  soggetti  di  scienze,  e  riunì  il  vantaggio  di 
servir  di  ricreazione  alli  spiriti  degli  scienziati  in  quel  giorno 
festivo,  e  di  porger  loro  motivi  di  nuova  istruzione. 

Il  Secoetario  della  Sbzio:?b  —  D,  B.  BIÀSOLETTO . 
Il  Presidejcte  -  PROF.  CAF.  G.  SAVI. 


118 

TEKCTÀ    IL    Di    7    OTTOBRE    1839 


<etto  il  processo  verbale  della  sessione  precedente  ed  appro- 
vato, apertasi  dal  Presidente  la  sessione,  il  Prof.  Cav.  Gio.  Bat- 
tista Amici  comincia  colla  lettura  d'una  memoria  sul  processo 
col  quale  gli  ovuli  vegetabili  ricevono  l'azione  fecondante  del 
polline:  memoria  ricca  per  la  copia  de' fatti  da  lui  osservati, 
che  volle  esporre  coli' ordine  de' tempi  in  cui  le  osservazioni 
furono  eseguite,  onde  stabilire  il  diritto  d'anzianità  che  a  lui  si 
perviene  in  questa  interessantissima  serie  di  scoperte. 

Rammentava  come  nel  1821  egli  aveva  veduto  un  granello 
di  polline  della  Portulaca  oleracea  caduto  in  cima  a  uno  delli 
stimmi,  scoppiare  a  un  tratto  e  mandar  fuori  una  specie  di 
budello  assai  trasparente,  che  si  distese  sullo  stimma  e  vi  aderì 
lateralmente:  che  questo  budello  era  un  semplice  tubo,  compo- 
sto d'una  sottilissima  membrana,  e  pieno  di  minutissimi  cor- 
piccioli,  de'quali  una  parte  esciva  dal  granello  pollinico  e  l'altra 
ci  entrava,  dopo  aver  fatto  il  giro  lungo  il  budello,  e  che  un 
movimento  confuso  di  corpiccioli  anche  nell'interno  del  gra- 
nello si  riscontrava,  e  che  verificò  la  costanza  dell'egresso  del 
budello  da  qualunque  altro  globulo  di  polline  della  Portulaca^ 
e  la  circolazione  de' corpiccioli  contenutivi,  sempre  che  rin- 
novate fossero  le  condizioni  fisiologiche  del  polline ,  relativa- 
mente all'epoca  della  fecondazione  della  pianta. 

Diceva  come  in  seguito,  Adolfo  Brongniart,  ripetendo  le 
stesse  osservazioni,  giunse  a  vedere  nel  1826  l'esito  de' budelli 


119 

pollinici,  cioè  il  loro  ingresso  nello  stimma ,  e  da  questo  nel 
tessuto  o  dutto  conduttore  dello  stilo,  nel  qual  tessuto  gli  parve 
vedere,  che  apertisi  nella  cima,  da  essi  budelli  escissero  i  gra- 
nellini,  i  quali,  per  un  movimento  in  loro  insito,  progredendo 
per  i  meati  tracellulari,  giungessero  per  la  placenta  fino  agli 
ovuli . 

Ricordava  come  quest'  ultima  parte  dell'  osservazione  del 
Brongniart  era  stata  da  lui.  Amici,  contradetta  con  nuove  ulte- 
riori osservazioni,  esposte  in  una  lettera  al  Prof.  Mirbel,  scritta 
nel  Luglio  1830,  ed  inserita  nel  Tomo  XXI  degli  Annali  di 
Scienze  Naturali,  nella  quale  rendeva  conto:  che  da  quanto 
aveva  osservato  ne'  fiori  àoìV  Hibìscus  syriacus^  e  della  Zucca 
{Pepo  macrocarpos)  restava  provato  ad  evidenza,  che  il  budello 
pollinico  penetrato  nel  tessuto  conduttore  continua  ad  allun- 
garsi fin  a  dentro  l'ovario,  ove  si  abboccava  coll'esostomo  degli 
ovuli,  senza  rompersi  entro  il  tessuto  conduttore,  e  che  era  una 
riprova  della  conservazione  del  budello  nella  sua  integrità,  l'os- 
servarsi la  retrocessione  de'granellini  per  Io  stesso  budello,  fino 
al  grano  di  polline  restato  sullo  stimma:  che  ad  ogni  ovulo  giun- 
geva un  budello:  e  che  siccome  in  diverse  piante  la  distanza 
frallo  stimma  e  gli  ovuli  è  assai  grande,  e  non  si  può  supporre 
che  nel  granello  di  polline  vi  sia  contenuta  una  membrana  suf- 
ficiente a  dar  origine  a  un  budello  di  tal  lunghezza,  egli  aveva 
opinato  che  il  budello,  una  volta  entrato  nel  dutto  conduttore, 
ricevesse  da  questo  nutrimento  e  aumento  di  materia,  capace  di 
dargli  tutta  l'estensione  requisita:  che  era  osservazione  pure  a 
lui  dovuta,  non  esser  sempre  unico  il  budello  che  esce  da  uno 
stesso  granello  pollinico,  ma  escirne  anche  due  e  tre,  e  che 
questo  numero  estendesi  qualche  volta  fino  a  venti  e  trenta. 

Diceva  come  l'Osservator  francese,  il  quale  dapprima  avea 
sospettata  la  preesistenza  di  cellule  tubulate  nello  stilo,  prolun- 
gate fino  agli  ovuli,  le  quali  avessero  indotto  i'x4mici  in  errore 
e  portatolo  a  credere  che  fossero  i  budelli  emessi  dai  granelli  di 


120 

polline,  era  finalmente  convenuto  dell'allungamento  dei  detti 
budelli  pollinici  fino  alla  metà  della  lunghezza  dello  stilo,  e 
qualche  volta  fino  presso  la  cavità  dell'ovario:  e  come  le  sue 
osservazioni  fossero  state  confermate  da  quelle  del  Brown. 

Riferiva  come,  secondo  Treviranus,  il  supposto  budello 
pollinico  membranoso  altro  non  sarebbe  stato  che  un  filamento 
mucoso  escito  dal  granello,  e  contenente  entro  di  se  la  materia 
fecondante:  tal  filamento  non  arrivare  mai  fino  agli  ovuli, 
ma  la  materia  fecondante  amalgamarsi  a  de'pacchetti  di  fibre , 
che  dalle  papille  stimmatiche  si  estendono  fino  all'ovario,  le 
quali,  al  dir  di  Treviranus,  avrebbero  illuso  l'Amici  e  portatolo 
a  credere  esser  desse  il  budello.  E  qui  faceva  riflettere  il  nostro 
Socio  potersi  abbattere  di  fatto  l'objezione  del  Naturalista  ale-; 
manno,  col  solo  isolare  un  granello  di  polline  della  pianta  me- 
desima da  lui  osservata,  ed  esaminarlo  alquanto  dopo  di  averlo 
messo  nell'acqua,  nella  qual  circostanza  vedrassi  allora  l'egresso 
del  budello  ed  il  suo  allungamento,  senza  pericolo  d'imbro- 
gliarsi colle  supposte  fibre  stilar! . 

In  quanto  poi  alla  accennata  ipotesi  della  preesistenza 
de'  tubi  nel  tessuto  cellulare  conduttore,  originariamente  traspa- 
renti, e  visibili  soltanto  quando  nell'atto  della  fecondazione  il 
polline  v'abbia  versato  il  proprio  liquido  granelloso,  diceva:  che 
una  tale  opinione  era  stata  motivata  dal  fenomeno,  che  talvolta 
presentano  i  budelli  pollinici  di  alcune  specie,  consistente  nel 
distaccarsi  essi  budelli  dal  granello  nel  posto  ove  su  questo 
s'inserivano,  nel  qual  caso  detti  budelli  incassati  nel  tessuto 
conduttore  per  tutto  il  loro  tratto,  e  abboccati  nell'estremo  infe- 
riore coir  apertura  dell'ovulo,  sembrano  quasi  formare  a  questo 
un  lungo  collo,  e  possono  da  uno,  non  ben  pratico  in  tali  ricerche, 
esser  creduti  appartenenti  al  tessuto  conduttore  suddetto.^ 

Riportava  finalmente  un'esperienza  che  distrugge  affatto 
anche  il  dubbio  che  preesistano  de' tubi  nel  tessuto,  e  dimostra 
chiaramente  l'andamento  de'budelli  pollinici  per  cui  giungono 


121 

agli  ovuli,  quale  esperienza  è  la  seguente.  Si  tolgano  uno  o  due 
lobi  allo  stimma  d'un  fiore  di  zucca,  non  ancora  perfettamente 
sbocciato,  e  però  prima  della  fecondazione:  è  chiaro  che  con 
tale  amputazione,  se  esistono  i  tubi,  si  vengono  così  a  mutilare 
tutti  gli  appartenenti  al  lobo  o  lobi  operati,  e  che  gli  ovuli  cor- 
rispondenti a  questi  lobi  non  dovranno  restar  fecondati:  eppure 
tutti  lo  sono,  tutti  passano  allo  stato  di  semi,  che  l'Amici 
ha  veduto  germogliare,  segno  evidente  che  non  per  tubi  spet- 
tanti al  tessuto  passa  la  materia  fecondante,  ma  che  i  budelli 
pollinici  dessi  sono  che  la  portano  fino  agli  ovuli,  e  il  Prof. 
Amici  dichiarava  aver  veduti,  in  tal  caso,  i  budelli  pervenire 
agli  ovuli  facendo  de' giri  tortuosi,  sempre  nell'otricolar  tessuto 
conduttore,  come  se  avessero  cercate  e  trovate  delle  vie  di  com- 
penso per  supplire  all'ordinarie,  casualmente  mancanti. 

Manifestava  il  Prof.  Amici  il  desiderio  che  tutti  gli  ascol- 
tanti potessero  sincerarsi,  osservando  da  loro  medesimi  al  mi- 
croscopio, della  verità  delle  sue  asserzioni,  ma  atteso  l'esser 
dessi  in  numero  troppo  grande,  non  potendosi  ad  una  tale  inspe_ 
zione  ammettere  che  un  limitato  numero  d'osservatori,  suppliva 
col  mettere  in  vista  un  modello  in  cera,  superiormente  eseguito 
dal  prelodato  Calamai,  rappresentante  con  tutta  la  verità  un 
ramo  con  foglie  e  fiori  di  zucca  al  naturale:  le  parti  sessuali,  più 
una  sezione  dell'ovario  della  stessa  pianta,  della  grandezza  in 
cui  si  presentano  veduti  a  un  forte  ingrandimento  del  micro- 
scopio, preparazione  che  in  conseguenza  dava  chiarissima  idea 
de' granelli  del  polline  con  i  respettivi  loro  budelli,  del  viaggio 
che  questi  fanno  per  lo  stilo,  e  che  proseguono  fino  alla  placenta, 
munita  d'una  porzione  di  tessuto  conduttore,  disposto  in  varie 
lamine,  fralle  quali  i  budelli  passano  per  imboccarsi  negli  ovuli^, 
ed  in  due  pezzi  a  parte  eseguiti  con  ingrandimento  anche  mag- 
giore, dai  quali  si  dimostrava  1."  una  porzione  di  stimma  con 
granello  di  polline  dal  quale  emerge  in  varj  punti,  in  forma 
d'ernia,  la  membrana  interna  del  granello  dopo  d'aver  sollevato 

16 


122 

il  corrispondente  operculo,  che  sulla  sommità  di  ciascuna  di 
dette  ernie  si  osserva:  2."  la  parte  apicilare  d'un  ovulo  con  tutto 
il  sacco  embrionario,  e  coli' estremità  del  budello  pollinico  in 
parte  penetrato  nel  dutto  che  conduce  dall' esostomo  al  sacco 
embrionario. 

Finita  la  lettura,  il  Principe  di  Musignano  dimandava  al 
Prof.  Amici  se  credesse  di  poter  sostituire  al  termine  budello 
altro  termine  più  filosofico,  e  che  potesse  esser  corrispondente 
a  qualche  teoria  da  abbracciarsi  per  spiegare  la  formazione  del- 
l'embrione  nelle  piante.  Ad  una  tal  dimanda  rispose  il  Prof. 
Amici  non  avergli  mai  l'osservazione  dimostrato  qual  cosa  accada 
nell'ovulo  allorquando  s'è  imboccato  nel  budello,  e  non  avere 
per  conseguenza  teoria  alcuna  da  proporre,  né  termine  filosofico 
che  le  corrisponda:  ed  aver  prescelto  quel  vocabolo  organogra- 
fico  attenendosi  al  solo  aspetto  dell'organo,  che  è  membranoso, 
cavo  e  flessibile  nel  tempo  medesimo,  proprietà  che  meglio  non 
possono  esprimersi  che  col  detto  termine  budello^  termine  eh' è 
stato  adottato  anche  da' Botanici  francesi.  —  Altra  dimanda 
aggiungeva  il  predetto  Principe  di  IMusignano,  ed  era,  se  il 
Prof.  Amici  dalle  sue  osservazioni  potesse  rilevare  alcunché  in 
appoggio  dell'opinione  di  cui  sono  stati  autori  in  Germania 
Schleiden  e  Wydler:  alla  qual  dimanda  il  Prof.  Amici  replicava 
di  non  poter  abbracciare  una  tale  opinione,  perchè  a  lui  non 
era  mai  riescito  distinguere  il  budello  pollinico  penetrare  oltre 
la  metà  del  canaletto  che  dall'esostomo  conduce  al  sacco  embrio- 
nario, e  perchè  credeva  che  onde  poter  verificare  il  fatto  asserito, 
si  richiedesse  l'osservazione  replicata  sullo  stesso  organo  in  due 
epoche  differenti,  l'una  quando  il  budello  pollinico  fosse  pene- 
trato nel  sacco  embrionario,  l'altra  quando  questo  stesso  budello 
pollinico  fosse  convertito  in  embrione*,  osservazioni  le  quali,  a 
suo  parere,  non  si  posson  ripetere  sullo  stesso  organo,  atteso 
che  al  momento  in  cui  questo  si  prepara  viene  a  mortificarsi, 
e  cessano  in  lui  tutti  i  fenomeni  della  vita. 


125 
Il  Prof.  Giuseppe  Domenico  Botto  leggeva  un  discorso  sul 
movimento  da  lui  osservato  delle  molecule  attive  di  Brown, 
esponendo  che  ne  aveva  prese  in  esame,  tanto  di  sostanze  inor- 
ganiche, che  di  emulsioni  e  sughi  vegetahili,  e  che  su  queste 
aveva  dirette  particolarmente  le  sue  indagini  microscopiche. 
Il  Prof.  Targioni  Tozzetti  presentava  per  parte  di  Eugenio 
Reboul,  per  esser  dispensate  ai  Socj  presenti,  varie  copie  d'un 
opuscolo  da  questi  pubblicato  nel  1822  col  titolo  Nonnullarum 
specierwn  Tuliparum  in  Agro  Fiorentino  sponte  nascentium^ 
propriae  notae,  unitevi  due  Appendici  stampate  in  seguito,  che 
una  nel  1825,  l'altra  nel  1858.  I  Socj  se  ne  mostrarono  gra- 
tissimi . 

La  sessione  fu  onorata  dalla  presenza  di  S.  x\.  Le  R.  il 
Grat^ducaj  e  questo  benefico  Principe,  sempre  premuroso  di 
favorir  le  scienze,  esaminata  avendo  la  nominata  preparazione 
in  cera,  e  convinto  dell'utilità  della  medesima  in  varie  dimo- 
strazioni di  Fisiologia  vegetabile,  fattone  acquisto  dall'artefice 
Calamai,  insieme  con  altre  tre  rappresentanti  VErinewn  Vitis^ 
VUredo  Rosae,  e  gli  organi  maschi  della  Marchantia  polymor^ 
pha,  preparate  esse  pure  a  un  forte  ingrandimento,  ed  eseguite 
sotto  la  direzione  del  Prof.  Gio.  Battista  Amici,  generosamente 
le  donò  al  Museo  per  uso  delle  lezioni  di  Botanica,  e  per  tenersi 
in  ostensione. 

Il  Segretario  della  Sbzioitb  —  PROF.  FILIPPO  NÀRDVCCI . 
Il  Presidente  -  PROF.  CAV.  G.  SAVI. 


124 


TENUTA   IL    DI    9    OTTOBRE    1839 


(etto  ed  approvato  il  processo  verbale  della  sessione  prece- 
dente, Luigi  Calamai  trattiene  l'udienza  coli' informarla  delle 
qualità  sensibili  delle  tre  sorta  di  China  che  in  commercio  por- 
tano il  nome  di  China  Pitaya,  China  aranciata,  e  China  rossa, 
delle  quali  aveva  già  fatta  conoscere  al  pubblico  l'analisi  chi- 
mica, eh' è  inserita  nel  N."  17  del  Giornale  di  Commercio  di 
Firenze,  24  Aprile  1859.  Dice  dunque  che  si  riscontra  nelle 
scorze  di 

China  Pitaya.  Figura  più  o  meno  accartocciata:  volume 
medio:  spessezza  non  maggiore  di  due  o  tre  linee:  superficie 
esterna  increspata,  o  screpolata,  con  macchie  irregolari:  tatto 
non  ruvido,  ma  cotonoso  e  farinoso:  superficie  interna  unita: 
rottura  fibrosa:  colore  giallo-ranciato ,  al  di  fuori  più  chiaro: 
sapore  amaro-aromatico,  alquanto  stittico,  ma  piacevole:  odoì^e 
grato  e  fragrante. 

China  rossa.  Figura  più  o  meno  accartocciata:  volume  ^m 
che  medio:  spessezza  non  maggiore  di  tre  linee:  superficie 
esterna  increspata,  o  screpolata,  spesso  con  macchie  sinuose, 
scudiformi  o  rilevate:  epidermide  spessa:  tatto  morbido:  super- 
ficie interna  iin'itiì:  frattura  fibrosa:  colore  giallo-ranciato-scuro: 
sapore  molto  amaro,  e  molto  aromatico:  odore  gratissimo  e 
fragrantissimo. 

China  aranciata.  Figura  accartocciata,  ma  e  spessissimo 
piana:  volume  massimo:  spessezza  fino  in  cinque  linee:  super- 


123 

fide  esterna  molto  increspata,  talvolta  screpolata,  e  sempre 
macchiata:  tatto  morbido:  fidati ura  fibrosissima:  colore  giallo- 
ranciato-pallido:  sapore  amarissimo  ed  assai  stittico:  odore  non 
disgustoso:  ed  aggiunse  credere  appartenere  esse  a  tre  piante 
diverse  del  genere  Cinchona,  Fece  parola  anche  della  Chena 
Guacco,  che  opinava  provenire  dalla  Cinchona  glanduUfera  di 
Ruitz. 

Il  Prof.  Targioni  Tozzetti  espone  all'esame  della  Sezione 
due  rametti  d'una  specie  di  Cinchona  venuti  d'America,  muniti 
di  foglie  e  fiori,  ed  alcuni  frutti  della  medesima.  Si  giudica  po- 
tessero appartenere  alla  Cinchona  ovata  a  var.  foliis  utrinque 
^labris  di  Xees :  esso  gli  dona  all'Erbario  dello  stabilimento. 

Lo  stesso  Professore  presenta  uiiOscillaria  da  lui  raccolta 
nell'acque  de' 5<7^/2i  di  Vignone^  e  narra  d'aver  coli' analisi 
chimica  trovato  il  ferro  fra  i  componenti  àeWOscillariay  mentre 
di  questo  principio  neppur  un  atomo  avea  potuto  trovare  nel- 
l'acqua in  cui  ella  nasce,  vegeta,  e  muore,  saggiata  con  i  rea- 
genti i  più  sensibili,  narrazione  che  dà  motivo  a  discussioni, 
ed  a  varie  ipotesi  fra  i  Socj,  per  assegnar  la  causa  di  questa  dif- 
ferenza di  componenti.  Alcuni  pensavano  che  il  ferro  fosse 
contenuto  nell'  acqua  in  quantità  cosi  infinitamente  piccola  da 
sfuggire  all'analisi  la  più  scrupolosa,  e  che  ciò  non  esclu- 
desse la  possibilità  che  il  ferro  diventasse  un  componente  sen- 
sibile neW  OsciUariay  col  continuo  e  successivo  deposito  ne' fi- 
lamenti di  quella.  Eravi  taluno  che  in  verun  modo  approvava 
una  tale  spiegazione,  facendo  osservare,  le  Oscillarie  esser 
piante  cosi  fugaci,  e  di  vita  cotanto  breve,  da  mancare  il  tempo 
per  potersi  in  esse  formare  il  deposito  d'una  sostanza,  che  non 
è  sensibile  nel  mezzo  in  cui  vivono.  Altri  poi  de' Socj,  dichia- 
rando d'esser  persuasi  che  gli  esseri  organizzati  abbian  la  facoltà 
di  dare  origine  ai  principj  inorganici,  non  trovavano  alcuna 
difficoltà  nel  render  ragione  di  ciò  che  il  Professor  Targioni 
aveva  osservato.  Intanto  il  Presidente  incaricò  il  Dott.  Mene- 


126 

ghini  di  prendere  in  esame  V Oscillarla  à^^ Bagni  di  Figjione, 
per  poi  riferire  sulla  specie  cui  apparteneva,  e  sulle  particola- 
rità che  in  essa  gli  venisse  fatto  di  rinvenire. 

Il  Prof.  Pietro  Savi  comunica  alcune  sue  osservazioni  sugli 
ovarj  deW^mòrosinia  Basii,  dalle  quali  resulta  che  questi  pre- 
sentano una  struttura  differente  da  quella  degli  altri  ovarj  fino 
a  qui  noti. 

Nella  sua  comunicazione  faceva  avvertire  che  detti  ovarj 
di  Ambrosinia,  all'  epoca  della  fecondazione,  hanno  molti 
ovuli  ortotropi,  all'apice  de'quali  può  giungere  la  materia  fe- 
condante per  la  via  più  corta,  mediante  il  tessuto  conduttore 
che  dallo  stilo  si  prolunga  nell'interno  dell'ovario,  riempien- 
done intieramente  la  cavità  rilasciata  dagli  ovuli,  e  giungendo 
fino  tramezzo  ai  loro  funicoli  ombelicali. 

Annunziava  come  per  questa  struttura,  gli  ovarj  delF^m- 
hrosima  differiscono  da  quelli  dell'altre  specie  in  generale, 
1."  perchè  sono  ovarj  multiovulari  che  contengono  ovuli  orto- 
tropi:  2.°  perchè  il  tessuto  conduttore  giunge  direttamente  pri- 
ma all'apice  loro,  che  alla  loro  base:  5.°  perchè  il  tessuto  con- 
duttore riempie  intieramente  la  cavità  dell'ovario  formando 
una  polpa,  nella  quale  gli  ovuli  sono  immersi. 

Quanto  disse  fu  dimostrato  in  seguito,  mediante  figure 
rappresentanti  in  grande  la  struttura  degli  ovuli  e  quella  degli 
ovarj.  E  siccome  dalle  figure  si  rilevava  che  gli  ovuli  ortotropi 
in  semi  ortotropi  si  convertivano,  senza  che  la  loro  sommità 
potesse  comunicare  collo  stimma  altro  che  per  il  tessuto  con- 
duttore, che  dallo  stilo  si  estende  in  polpa  a  riempir  l'ovario, 
cosi  senza  stare  a  esporre  il  processo  della  fecondazione  conclu- 
deva, che  questa  deve  giungere  per  detto  tessuto  all'apice  degli 
ovuli,  tenendo  la  via  più  corta,  ed  arrivandovi  per  una  parte 
opposta  a  quella  per  cui  vi  giunge  il  nutrimento,  e  diceva,  come 
l'osservazione  de' fatti  comprovava  un  tale  asserto.  Terminava 
il  suo  discorso   coli' esternare   la  sua  opinione,  che  gli  ovarj 


i27 

degli  Ari  e  degli  Arlsari  convenissero  per  la  struttura  con 
quelli  àelV  Amòrosìnìa,  e  ciò  perchè  i  semi  loro  quantunque  in 
ovarj  multiovulari  sono  ortotropi,  e  perchè  negli  ovarj  à^WAri- 
sarum  avea  trovato,  come  in  quello  A^ Amhrosiaia^  una  polpa 
proveniente  dallo  stilo,  e  involvente  la  sommità  degli  ovuli. 

Il  Prof.  Cav.  Amici,  terminata  la  seduta,  si  esibiva  di  ripe- 
tere, al  microscopio,  le  osservazioni  comprovanti  i  fatti  da  lui 
esposti  nella  seduta  precedente,  ammettendoci  un  numero  di- 
screto di  Socj^  ed  a  tale  oggetto  si  sceglievano  i  Professori  Mo- 
retti, Visiani,  Sassi,  Narducci,  Pietro  Savi,  e  Dottori  Meneghini, 
Biasoletto  e  Corinaldi,  i  quali  attestarono  con  rapporto  da  loro 
sottoscritto,  d'aver  chiaramente  veduto  il  budello  escire  dal 
granello  di  polline,  il  suo  estendersi  fino  all'ovulo,  l'imboc- 
carsi nella  cavità  di  questo,  ed  il  moto  circolatorio  della  ma- 
teria granellosa. 

Il  SKCnrr.vRto  della  Sezione  —  D.  B.  BIASOLETTO . 
Il  Pp.EsiDErfTE  -  PROF.  CAV.  G.  SJVI. 


TENUTA   IL    DI    10    OTTOBRE    1839 


(etto  il  processo  verbale  della  precedente  adunanza  e  rimasto 
approvato,  il  Prof  Presidente  G.  Savi  apriva  la  sessione  con 
esporre  alcuni  altri  lavori  da  lui  fatti  in  illustrazione  delle 
specie  di  Origanum,  dopo  quelli  inseriti  nel  Tomo  XXXVIII 
delle  Memorie  della  R.  Accademia  di  Torino,  anno  1855.  Fa- 
ceva notare  le  diiiicoltà  fitografiche  che  dette  specie  presenta- 
no, difficoltà   che  dipendono  dall'insufficienza,   inesattezza  e 


128 

oscurità  delle  frasi,  dalla  sinonimia  non  bene  applicata  o  non 
bene  interpetrata ,  come  pure  dalla  variabilità  delle  forme , 
cui  gl'individui  della  stessa  specie  talvolta  vanno  soggetti^  ci- 
tandone per  esempio  VOriganum  smjrneum^  in  cui  talvolta 
avea  riscontrati  gli  stami  tutti  fra  loro  eguali  in  lunghezza,  ed 
altre  volte  le  brattee  piccole,  strette,  distanti,  lasse  e  patenti  al 
segno  di  lasciare  i  calici  allo  scoperto  e  ben  visibili,  in  nessun 
modo  disposti  in  spiga  strobiliforme,  e  in  conseguenza  man- 
canti del  carattere  generico  dell' Or/^a/zwm. 

Passava  poi  a  presentare  due  specie  che  a  lui  comparivano 
come  nuove .  Una  che  egli  chiamava  Origanum  confertum^ 
analoga  all'  Origanum  Majorana  per  la  struttura  del  calice,  per 
il  colore  e  per  l'odore,  ma  diversa  per  la  ramificazione,  l'in- 
fiorazione, la  figura  delle  spighe,  e  per  la  proporzione  delle 
brattee  con  i  calici.  L'altra,  che  diceva  chiamarla  Origanum 
fortidtum  per  essergli  comparsa  a  caso,  inaspettatamente  fra 
piante  nate  da  una  sementa  diOriganuin  Majorana,  Dessa  ha 
della  somiglianza  coVi  Origanum  syriacum^  ma  ne  differisce 
per  aver  le  spighe  non  cilindrico-tetragone  e  sottili,  ma  crasse 
e  ovato-conoidee,  di  minor  lunghezza  che  in  quello,  oltre  va- 
rie altre  differenze  nelle  brattee,  nel  color  de'  fiori  e  de'  calici . 
Mostrava  di  tutte  le  specie  di  cui  avea  parlato  gli  esemplari 
freschi  e  secchi,  e  le  figure,  quali  annunziava  che  si  disponeva 
a  pubblicare,  unitamente  alle  descrizioni. 

Il  Dottor  Meneghini,  cui  era  stato  addossato  l'incarico 
d'esaminar  l'Oscillaria  raccolta  dal  Prof.  Targioni  Tozzetti  nel- 
r  acqua  de'  Bagni  di  Vignone^  referiva  appartener  dessa  alla 
specie  detta  Oscillaria  lahyrinthiformis^  e  comunicava  le  sue 
idee  sul  modo  col  quale  i  fili  di  questa,  due  a  due  gli  uni 
sopragli  altri  si  avvolgono,  formando  come  un  cordone.  La 
spiegazione  di  questo  fenomeno  la  deduceva  dai  due  moti  sco- 
perti dall'Amici  ne' fili  AeW Oscillaria^  quando  sono  nel  loro 
stato  di  semplicità  :  che  uno  di  rotazione  sul  proprio  asse,  l' al- 


129 
tro  di  progressione  nel  senso  della  loro  lunghezza,  per  i  quali 
moti  accade,  che  trovandosi  due  di  questi  fili  paralleli  e  conti- 
gui ,  in  faccia  ad  un  ostacolo  che  li  arresti ,  per  quella  forza 
che  cerca  di  portar  avanti  tutte  le  loro  parti  e  per  la  loro  fles- 
sibilità s' incrociano ,  ed  incrociati  che  sono  per  l'altro  moto 
per  cui  cercano  di  rotare  sopra  loro  stessi ,  si  avvolgono  e  si 
attorcigliano  insieme.  Mostrava  il  Dott.  Meneghini  una  tavola 
ancora  inedita  della  sua  Algologìa  Euganea^  nella  quale  una 
figura  era  destinata  all'  analisi  di  questi  movimenti,  e  sotto- 
poneva all'ispezione  de'  Socj  una  copiosa  collezione  delle  varie 
forme  che  presenta  la  stessa  Oscillarla  labyrintìdformis  nelle 
Terme  Euganee. 

Leggeva  in  seguito  il  Prof  Cav.  Amici  un  suo  scritto 
sulla  circolazione  che  si  osserva  negli  internodi  della  Cìiara^  ed 
in  tale  occasione  parlava  d' una  Memoria  di  M.  Dutrochet  sullo 
stesso  soggetto,  inserita  negli  Annali  di  Scienze  Naturali,  fa- 
scicolo del  Gennajo  e  Febbrajo  1838,  e  faceva  osservare  che 
mentre  il  Dutrochet  dichiara  che  la  ciclosi  di  Schultz  è  una 
circolazione  ben  diversa  da  quella  che  ha  luogo  nella  Chara^ 
mostra  con  tale  espressione  di  credere  che  la  nominata  ciclosi 
sia  una  vera  circolazione .  Ora  a  una  tale  opinione  si  mostrava 
contrario  l'Amici,  e  dichiarava  che  la  ciclosi  non  poteva  tenersi 
per  un  effetto  prodotto  da  un  agente  fisiologico,  perchè  eli' è 
un  mero  effetto  d'un  agente  fisico,  cioè  del  calore,  mentre  la 
ciclosi  cessa  o  s' inverte  nella  sua  direzione  ,  al  cessare  o  all'in- 
ver tersi  dell'applicazione  dell'azione  calorifica,  come  difatto 
dimostrava  coli' osserva/Ziorie  rnìcroscupica  a  parecchi  membri 
della  Riunione  scientifica .  E  continuava  dicendo ,  che  se  il 
Mirbel  credè  di  dover  obiettare  a  quanto  esso ,  Amici,  sul  pro- 
posito ciclosi  asseriva,  per  aver  veduto  due  correnti  di  liquido 
che  in  senso  contrario  muovevansi  entro  due  tubi  paralleli, 
una  tale  objezione  non  era  di  peso  alcuno,  perchè  i  vasi  inflet- 
tendosi per  ogni  verso,  è  molto  naturale  che  partendone  due 

17 


150 

dal  luogo  medesimo  cui  è  applicato  il  calore ,  possano  questi, 
dopo  varj  serpeggiamenti,  passare  sotto  il  campo  del  microsco- 
pio paralleli,  ed  in  direzioni  contrarie  relativamente  a  quella 
del  liquido  che  essi  contengono . 

Ritornando  poi  il  Prof.  Amici  a  quella  parte  della  Memo- 
ria del  Dutrochet ,  che  concerne  la  causa  del  moto  circolatorio 
della  linfa,  faceva  osservare,  ohe  l'esperienze  dal  detto  Fisico, 
insieme  con  Becquerel  instituite,  non  provano  che  l'elettricità 
non  ci  abbia  influenza ,  e  che  F  unica  conseguenza,  la  quale  da 
esse  legìttimamente  se  ne  possa  dedurre  si  è ,  che  l'elettricità 
non  faccia  sentire  l'azione  sua  traverso  le  membrane  formanti 
i  tubi,  conseguenza  la  quale  era  facile  il  dedurre  da  quanto 
esso  Amici  avea  già  osservato  e  pubblicato  fino  dal  1822,  al- 
lora quando  avendo  egli  ammesso,  che  dall'elettricità  dipen- 
desse la  suddetta  circolazione,  osservava,  che  questa  e  nella 
Cliara  e  nella  Cauliiiia  fragilisy  continua  indifferentemente  in 
ogni  tubo  per  il  verso  stesso,  e  per  il  verso  contrario  a  quello 
che  tiene  ne' tubi  adjacenti  e  ne' sottoposti ,  e  perciò  senza  che 
quella  causa  producente  il  moto  circolatorio  nelle  cellule  conti- 
gue influisca  nulla  sul  moto  del  liquido  nella  cellula  in  osser- 
vazione . 

Diceva  inoltre  che  il  distaccarsi  di  qualche  porzione  di 
coroncina  dalla  respettiva  serie,  il  contorcersi  di  questa  stessa, 
e  il  tornar  poi  a  collocarsi  parallela  e  adjacente  alla  serie  cui 
apparteneva,  non  son  fatti  sutìicienti  ad  ammettere  una  miste- 
riosa forza  vitale  come  vorrebbe  il  Dutrochet,  potendosi  tali 
movimenti  benissimo  far  derivare  dall'azione  elettrica  prodotta 
dalle  serie  delle  coroncine  fìsse  all'interna  parete  della  mem- 
brana de' tubi,  giacché  la  nominata  porzione  di  coroncina  di- 
staccata, trovasi  per  un' accidental  posizione  in  mezzo  a  due 
correnti  di  liquido  contrarie ,  e  deve  da  queste  ricever  diversi 
urti,  e  concepire  per  conseguenza  movimenti  variatissimi,  come 
accade  in  un  filo  flessibile  in  balia  d'un  vortice  d'acqua. 


151 

Veniva  poi  ad  esaminare  l'asserzione  del  Donne  (  Annales 
d'Histoire  Naturelle^  Novemhr,  1858).  Questi,  appoggiato 
ad  alcune  sue  osservazioni,  attribuisce  la  circolazione  della 
Chara  alla  presenza  di  cigli  vibratili^  simili  a  quelli  degli  ani- 
mali infusorj,  cigli  che  esso  ammette  sopra  i  globuli  verdi 
formanti  le  coroncine  parietali,  e  de'  quali  l'esistenza  è  stata 
supposta  ancora  da  Purkinje  e  Valentin,  senza  che  alcuno  di 
loro  gli  abbia  potuti  vedere  (^Institut.  IO  Medi  1858).  L'Ami- 
ci, non  avendo  con  i  suoi  squisiti  strumenti  riscontrato  giam- 
mai tali  organi,  non  crede  ammissibile  quella  opinione,  la 
quale  d'  altronde  fu  già,  Venti  anni  sono,  concepita  e  pubbli- 
cata da  un'Italiano,  ma  che  però  neinmenu  fra  i  suoi  compa- 
triotti  ebbe  favorevole  accoglimento,  imperocché,  fralle  altre 
ragioni,  l'Amici  notava  come  improbabile,  che  occorra  l'azione 
d'un  essere  animale  per  compire  una  funzione  appartenente 
alla  vita  de' vegetabili .  Passava  finalmente  il  Cav.  Amici  a 
confutare  l'asserzione  dello  Slack,  riportata  nella  ^Memoria  del 
Dutrochet,  relativamente  ai  due  tubi,  che  uno  interno  all'altro, 
ammette  negl' internodi  della  Nitella  flexilis  (Chara  flexilis), 
non  avendo  mai,  esso  Amici,  col  suo  microscopio  potuto  rin- 
venircene che  uno  solo. 

Terminata  questa  lettura,  il  Prof.  Pietro  Savi,  presa  la 
parola,  dimandava  come  accader  possa  la  circolazione  entro 
quelle  cellule  de' vegetabili,  delle  quali  sulle  membrane  non 
riesce  scoprire  serie  alcuna  di  coroncine.  Alla  qual  dimanda  il 
Prof.  Amici  rispondeva  :  che  dal  non  esser  visibili  le  coroncine 
parietali,  non  se  ne  può  trarre  la  conseguenza  che  non  vi  sie- 
no:  e  che  considerato  il  rapporto  fra  il  diametro  de' globuli 
delle  coroncine  della  Chara  con  la  dimensione  de'  tubi  o  cel- 
lule della  medesima,  e  considerata  la  dimensione  delle  cellule 
dell'altre  piante  in  cui  vedesi  il  moto  circolatorio,  per  conser- 
vare il  rapporto  medesimo,  i  globuli  dovranno  essere  d'un 
diametro  cosi  esiguo  da  non  esser  visibili,  qualunque  sia  il 
mezzo  ottico  di  cui  si  faccia  uso. 


152 

Dimandava  poscia  l'istesso  Prof.  Pietro  Savi,  qual  creda 
il  Prof.  Amici  che  sia  la  vera  composizione  dell'  apparecchio 
elettromotore,  dall'azione  del  quale  dipenderebbe  la  circola- 
zione del  liquido  nel  tubetto  vegetabile ,  alla  qual  dimanda  la 
risposta  dell'Amici  fu:  che  in  alcune  specie  di  Chara  e  nomi- 
natamente nella  Chara  uhoides  Bertol.,  la  quale  per  la  lun- 
ghezza degli  internodi  e  per  il  diametro  de' tubi  può  chiamarsi 
gigantesca,  egli  aveva  osservato,  come  referi  in  uno  scritto 
destinato  a  far  parte  del  Tomo  primo  delle  Memorie  della  R . 
Accademia  di  Modena,  stampato  nel  1827,  che  ciascun  glo- 
bulo paripfalR  resultava  da  due  globetti  minori  posti  a  rontat- 
to,  uno  di  color  rosso-scuro,  e  bianco  l'altro,  involti  in  una 
sorta  di  muco  verde,  che  dessi  essendo  di  natura  diversa,  forse 
resinoso  il  rosso ,  e  feculaceo  il  bianco ,  vengono  a  formare  i 
requisiti  elementi  elettromotori:  e  dichiarava  in  fine  che  la 
spiegazione  da  lui  proposta  della  causa  del  moto  del  liquido 
ne'  tubi  della  Chara  la  reputava  sempre  una  semplice  congettu- 
ra, da  ritenersi  solamente  perchè  niun'  altra  spiegazione  fisica 
migliore  di  essa  se  ne  può  ideare,  non  volendo  attribuire  un 
tal  fenomeno  all'influenza  della  vita. 


BOri.  BÀRTOLOMMEO  BIÀSOIETTO. 
I  Segretari  della  Sezione 

PROF.  FILIPPO  NÀRDVCCI. 


Il  Presidente  -  PROF.  CAr,  G.  SAVI. 


TENUTA   IL    DI    11    OTTOBRE    1839 


<etto  ed  approvato  il  processo  verbale  dell'adunanza  prece- 
dente e  apertasi  la  sessione,  i  Professori  Moretti,  Targioni,  e 
Visiani  incaricati  d'esaminare  le  piante  secche  preparate  e  pre- 
sentate da  Angiolo  Comi  riferiscono,  che  quelle  conservanti  le 
loro  figure  e  disposte  a  mazzi  potevano  essere  impiegate  per 
ornamento  di  stanze,  per  dilettar  l'occhio  ai  non  intelligenti 
della  scienza,  ma  che  in  nessun  modo  né  queste,  né  le  altre 
potevano,  con  qualche  utilità,  servire  per  le  collezioni  botani- 
che, né  favorire  l'avanzamento  della  scienza. 

Il  Segretario  Prof.  Carducci  legge  in  seguito  una  lettera 
scritta  di  Milano ,  il  26  del  decorso  Settembre,  dal  Barone  Vin- 
cenzo Cesati  al  Prof.  Gaetano  Savi ,  nella  quale  si  trattava  delle 
cause  che  avean  potuto  limitare  verso  settentrione  F  estensione 
dell'  abitazioni  delle  medesime  specie  di  piante  nelle  due  Ri- 
viere, orientale  cioè  ed.  occidentale  del  Golfo  ligustico,  in  modo 
che  iieir  occidentale  giungono  a  latitudine  più  boreale  che  in 
quella  d'oriente.  In  questa  lettera,  dopo  avere  indicate  quali 
sieno  le  specie  su  cui  meglio  può  farsi  una  tale  osservazione, 
quali  le  circostanze  fisiche  locali  in  cui  si  trovano  le  due  Riviere, 
emette  la  sua  opinione,  consistente  nel  supporre  che  origina- 
riamente queste  specie  si  partissero  dall'Atlante,  e  verso  set- 
tentrione si  dirigessero,  nella  quale  emigrazione  fossero  arre- 
state dal  subissamento  de'  terreni  interposti,  subissamento  da 


154 

cui  ebbe  origine  il  Mediterraneo,  e  che  non  essendosi  operato 
contemporaneamente  su  tutto  il  tratto  di  quei  paesi,  né  ovun- 
que per  egual  larghezza,  mentre  la  penisola  iberica  di  poco 
rimase  disgiunta  dall'opposta  Affrica,  da  ciò  ne  nascesse  che 
le  specie  per  più  lungo  tempo  e  con  maggior  facilità  per  il 
lato  occidentale  potendo  passare,  da  questo  lato  più  oltre 
progredissero. 

Parlava  poscia,  in  questa  lettera,  il  Baron  Cesati  del  biso- 
gno che  e'  è  per  li  scienziati  Italiani  d' accordarsi  tra  loro  per 
redigere  Annali  di  Fisica  e  di  Storia  Naturale^  l'oggetto 
de' quali  sia  il  render  conto  sollecitamente  di  tutte  le  nuove 
Opere,  e  di  quelle  in  specie  che  per  il  loro  costo  difficilmente 
verrebbero  a  notizia  de' meno  agiati  cultori  delle  scienze^  come 
pure  il  raccogliere  e  pubblicare  le  nuove  scoperte  e  le  nuove 
osservazioni  che  ovunque  si  van  facendo,  dandosi  spesso  il  caso 
che  più  d'una  ne  vada  in  oblivione  per  mancanza  di  mezzo 
facile  onde  renderla  nota. 

Terminava  finalmente  col  pregare  il  Consesso  a  voler 
gradire  la  dedica  d'un  Opuscolo,  che  si  dispone  a  pubblicare 
col  titolo  di  Rariores  vel  novae  stirpes  italicae  descriptionibuSy 
iconiòusque  illustrataei  dedica  che  la  Sezione  di  Botanica  ac- 
cettò con  chiari  segni  di  gradimento. 

Il  Cav.  Prof.  Enrico  Federigo  Linck,  con  una  sua  lettura 
informava  la  Sezione  d'aver  osservato,  che  alcune  Orchidee 
esotiche,  tre  specie  di  Angraecum^  son  mancanti  di  vero  seme, 
giacché  il  rappresentante  del  seme  non  contiene  in  esso  veruno 
embrione,  ma  un  bulbo  resultante  da  un  nucleo  globoso  e 
parenchimatoso,  dal  quale  per  il  germogliamento  si  sviluppano 
le  radici  e  il  caule ^  e  d'aver  veduto  i  budelli  pollinici  penetrare 
in  questi  simulacri  d'ovarj:  osservazione,  ei  concludeva,  che 
fa  contro  l' ipotesi  di  Schleiden  e  Widler,  giacché  se  il  polline 
veramente  si  convertisse  in  embrione,  l'embrione  ne' semi  di 
queste  piante  avrebbe  dovuto  formarsi. 


Il  Dott.  Jacob  Corinaldi  presenta  una  serie  d'Alghe  ma- 
rine da  lui  raccolte  nel  mare  di  Livorno,  ed  elegantemente 
preparate   su  carte,  ad  oggetto   di  dare  un'idea  della  Flora 
marina  delle  nostre  coste.  Presentava  ancora  l'elenco  di  dette 
Alghe,  ove  ad  ogni  nome  di  specie  è  aggiunta  una  limitata, 
ma    ben  intesa  sinonimia,   e   l'indicazione  delle   località  ove 
furon  raccolte .   Fra  esse  son  da  notarsi  lo  Sphaerococcus  plì- 
catus   Agardh. ,  che   secondo   lo  Sprengel  è  proprio   de'  mari 
settentrionali,  e  la  HutcJiìnsia  pinnata  Agardh.,  e  la  Confeiva 
parasitica  Hudson,  che  secondo  il  mentovato  Autore  appar- 
tengono all'Atlantico,  e  tutte  e  tre  mancanti  nell'opere  de' Bo- 
tanici che  hanno   scritto  particolarmente   sull'  Alghe  del  Me- 
diterraneo. Quest'elenco  fa  parte  d'un  volumetto  di  Memorie 
scientifiche  dell' x\ccademia  Valdarnese,  stampato  a  spese  del 
Dottore  Jacob  Corinaldi,  rappresentante  al  Congresso  l'Acca- 
demia suddetta ,  e  dal  medesimo  regalato  a  tutti  i  componenti 
le  sezioni  di  Botanica,  Geologia,  e  Fisica.  Ed  in  questa  occa- 
sione il  Prof.  Pietro  Savi  distribuiva  degli  esemplari  disseccati 
d'una  pianta  da  lui  creduta  nuova,  e  descritta  nel  menzionato 
volume  sotto  il  nome  di  Sarothra  Blentineiisis^  e  contempo- 
raneamente indirizzava  ai  membri  del  Consesso  la  dimanda: 
se  ancor  essi  credessero  una  tal  pianta  esser  nuova  specie,  di- 
manda alla  quale  non  fu  data  risposta. 

Il  Conte  Giorgio  Gallesio  legge  un  estratto  di  due  Memo- 
rie sulla  Teoria  degli  innesti  e  sulla  loro  classificazione , 

Egli  distingue  due  movimenti  di  sugo  presentati  dalla 
vita  attiva  delle  piante:  il  primo  lo  chiama  sugo  circolante y 
l'altro  sugo  in  travaso. 

Il  sugo  circolante  scende  dalle  gemme  alle  radici,  e  dalle 
radici  risale  alle  gemme,  e  nell' ascendere  e  nel  discendere  cir- 
cola nel  tessuto  de'  vasi  in  tutti  i  sensi .  Il  sugo  in  travaso  esce 
dai  vasi  della  circolazione,  quando  ne  rigurgitano,  si  sparge 
fra  il  libro  e  l'alburno,  li  distacca,  li  divide,  e  si  organizza  fra 


136 

loro  in  nuovi  strati  di  libro  e  d'alburno,  destinati  ad  aumen- 
tare il  diametro  della  pianta,  e  preparare  de'  nuovi  organi  per 
la  vegetazione  dell'anno  successivo. 

Gl'innesti  in  due  modi  si  fanno:  1."  a  combaci  amento  di 
corteccia  ^  2.°  a  contatto  di  libro  coli' alburno .  Il  primo  è  l' in- 
nesto a  spacco  con  tutte  le  sue  modificazioni,   e  si  fa  «  sugo 
circolante^   in  primavera  quando  la   circolazione  comincia  a 
risvegliarsi^   e  anche   nell'inverno,  se   si    tratta  di  piante   di 
climi    in   cui  la  vita  latente  conservi    alcun   poco    di    movi- 
mento. L'altro  innesto  poi,   quello  cioè  a  contatto  di  libro 
coir  alburno y  conosciuto  sotto  i  nomi  d' innesto    a  marza  fra 
legno  e  corteccia  ^  d' innesto  a  scudetto^  d' innesto  a  cannellino^ 
si  fa   a   sugo  in  travaso  nelle  stagioni  nelle  quali  il   sugo  in 
rigurgito  esce  dai  vasi,  per  spargersi  fra  il  libro  e  1'  alburno  e 
rinnovare  gli  strati.  Egli  infine  dice  che  le  piante  monocline 
cominciano   tutte  la  loro  vegetazione  in  primavera  col  sugo 
circolante ,  e  non  passano  al  sugo  in  travaso  che  nel  principio 
della  state,  quando  lo  sviluppo  de'  rami  è  giunto  al  suo  com- 
pimento, o  per  una  repetizione  incostante  e  fugace  suU' entrar 
dell'autunno,  quando  la  vita  è  per  cessare,  e  però  all'aprirsi 
della  vegetazione  queste,  come  il  Pero  e  simili,  non  si  prestano 
ad  altro  modo  d' innesto  che  a  quello  detto  a  spacco.  Che  le 
piante  diclini  poi  aprono  la  loro  vegetazione  col  sugo  in  tra- 
verso, o  per  meglio  dire  con  una  simultaneità  di  movimenti 
che  li  spinga  ambidue,  e  queste,  come  sarebbe  il  Castagno, 
si  prestano  ^innesto  a  scudetto. 

Il  Prof.  Amici  espone  quanto  da  lui  era  stato  osservato 
suir  Uredo  Rosae^  servendosi  della  preparazione  che  il  Cala- 
mai, da  lui  diretto,  aveva  eseguita.  Parla  dello  sviluppo  e  del- 
l'organizzazione  di  questa  pianta  microscopica,  mostrando, 
1.°  come  le  appendici  bianche,  periferiali  ad  ogni  pustula 
à'Uredoy  si  debbono  riguardare  come  organi  involventi:  2."  che 
i  globettini  gialli,  i  quali  copiosi  compariscono  all'aprirsi  degli 


157 

organi  involventi,  si  debbon  tenere  per  veri  granelli  di  polline, 
dai  quali  vide  per  l'azione  prolungata  dell'acqua,  prodursi, 
sugli  angoli  sporgenti  di  cui  son  provveduti,  i  budelli  pollini- 
ci: 3.°  che  i  corpi  del  centro,  resultanti  da  cassule  pedicellate, 
tereti,  mucronate,  tri-quinque-loculari,  formanti  secondo  Per- 
soon  una  specie  di  Pucci nia  (JPuccinia  mucronata  var.  Rosae^ 
sono,  secondo  le  sue  osservazioni,  organi  feminei  della  mede- 
sima Uredo, 

Il  Prof.  Sassi  comunica  delle  osservazioni  sulla  struttura 
dell'embrione  d'alcune  Crucifere,  da  lui  trovata  diversa  da 
quella  attribuita  loro  dagli  autori  che  fin  qui  n'  avevan  trattato. 
Queste  osservazioni  riguardano  le  Carclamine^  che  essendo  po- 
ste fralle  Pleurorizee  dovrebbero  avere  i  cotiledoni  piani,  com- 
bacianti,  colla  radicina  piegata  e  appoggiata  sopra  un  tratto 
della  loro  commettitura.  La  Cardamiiie  CUelldonia  invece,  ha 
i  cotiledoni  piegati  lungo  i  margini,  colle  ripiegature  che  si 
gettano  addosso  reciprocamente  all'altro  cotiledone,  cosi  che 
son  cotiledoni  abbracciantlsi  per  i  margini,  presso  a  poco  come 
son  le  foglie  nelle  gemme  de'  Dianthus^  Salvia  ec.  che  Linneo 
chidinò  folla  semieqidtantia^  e  la  radicina  non  è  distesa  sulla 
commettitura,  ma  bensì  sulla  porzione  piegata  d'  uno  dei  co- 
tiledoni, e  però  una  tal  pianta,  rigorosamente  parlando,  non 
può  riguardarsi  come  una  Pleurorizea,  ma  piuttosto  come  una 
pianta  intermedia  fralle  Pleurorizee  e  le  Notorizee,  che  formi  il 
passaggio  fralle  une  e  l'altre,  e  per  la  particolar  disposizione 
embrionale  propone  il  Prof.  Sassi  di  formar  con  essa  una  se- 
zione al  genere  Cardaminey  ossia  un  sotto-genere,  col  nome 
Plectilobium,  Una  tal  disposizione  dell'embrione  non  la  trova 
per  altro  che  nella  sola  specie  Cardamìne  Chelidonia^  e  le  C«r- 
damine  inipatiens^  asarifolia^  hirsiita^  thalictroides  e  resedifo- 
lia^  annunzia  d'averle  riscontrate  Pleurorizee. 

Nelle  Dentarie  poi  pinnata^  bulbifera,  e  poljphjlla^  espo- 
ne che  i  cotiledoni  hanno  pure  le  piegature  marginali  del  lem- 

18 


158 

bo,  ma  che  queste  si  gettano  sulle  loro  facce  interne,  i  cotile- 
doni non  si  abbracciano,  e  la  radiclna  è  appoggiata  sopra  un 
tratto  della  commettitura:  son  vere  Pleurorizee,  ma  col  margine 
de' cotiledoni  piegato  indentro,  e  pensa  il  Prof.  Sassi  che  que- 
sto sia  il  vero  carattere  per  distinguere  le  Dentarie  dalle  Car- 
damine^  piuttosto  che  quello  indicato  da  varj  Autori  della  sili- 
qua lanceolata  e  non  lineare,  e  de'  funicoli  ombelicali  dilatati, 
e  che  però  non  debbano  riunirsi  alle  Carclamine^  come  aveva 
fatto  il  Brown. 

Passa  in  seguito  il  Prof.  Sassi  a  render  conto  d' una  Epatica 
da  lui  trovata  nel  suolo  ligure,  pianta,  cui  non  rinvenendo 
posto  fra  i  generi  stabiliti,  avea  pensato  servirsene  per  formare 
un  genere  nuovo,  che  avrebbe  chiamato  Dichlamis^  per  essere 
in  tal  pianta  lo  sporangio  formato  da  doppia  membrana,  ma 
conosciuto  poi  che  era  stata  descritta  e  figurata  da  Lehmann 
negli  Atti  dell'Accademia  Cesareo-Leopoldina  dell'anno  1858, 
benché  presentata  nel  1850,  col  nome  di  Antroceplialus  iiepa- 
lensisy  avea  deposta  l' idea  di  fare  il  genere  nuovo,  e  solo  si  era 
permesso  di  mutare  il  nome  specifico,  giacché,  da  quanto  dice 
lo  stesso  Lehmann,  l'individuo  da  questi  descritto  proveniva  da 
un  Erbario  acquistato  dal  fu  Prof.  Colsman  che  portava  il  tito- 
lo, Piante  del  Nepal  mandate  dal  Dottor  FTallich^  onde  non 
puossi  assicurare  positivamente  che  provenga  da  questa  località, 
e  ciò  aveva  indotto  il  Prof.  Sassi  ad  assegnarli  un  nome  speci- 
fico, indicante  una  località  che  sicuramente  gli  appartiene,  e 
chiamarlo  Antroceplialus  italicus^  e  poiché  nell'  esaminarne 
molti  individui  freschi  avea  riscontrata  qualche  differenza  nelle 
forme  della  pianta,  da  quelle  che  Lehmann  aveva  notate,  ne 
aveva  fatta  l'appresso  nuova  descrizione  che  consegnava  alla 
Sezione  perchè  s'inserisse  nel  processo  verbale. 


159 

ANTROCEPHALUS  Lehm. 

Car.  Gen.  Capitula  sporangifera  p  e  dune  alata  in  niedìetate 
superiori  frondis .  Caliptra  ad  basini  capitali  e  pilis  simplici- 
òus  liberis,  Sporanglum  apice  stylìgeram^  e  duahas  menihranis 
constans y  basi  tantum  connatis y  medio  longitudinaliter  ruin- 
pens^  valvis  aecpialibus .  Sporulae  in  membrana  interna  nume- 
rosaey  elateribus  praeditae^  initio  ad  parietes  ajfirae.  Capitula 
mascula  in  medietate  superioris  faciei  frondis  nascentia  ^  ses- 
siliay  ovato-globosa^  superficie  papillari  praedita:  calyptra  e 
pilis  liberis .  Antherae  clavatae  in  texta  celluioso  capitali 
immersae  ^  ad  singulam  papillam  respondentes . 

A>'TROCEPHALUS  iTALicus.  Pianta  gregarie  super  terram  na- 
scens^  Marchantiam  simulans,    Froas   membranacea   viridisy 
subdichotoma^  laciniis  subimbricatisy   extremitate  rotundatis ^ 
saepe  emarginatisi   nen^o  mediano  et  marginali  nullo^   subtus^ 
ad  latera^  squamellis  purpureis  imhricatis  ut  in  Targionia  hy- 
pophylla.  Radices  tenues  numerosissimae^  e  medietate  paginae 
inferiori s  frondis  erumpentes ,  Calyptra  pilis  pluribus  Inter  se 
liberis  constanSy  pritnam  totum  capitulum  tegens^  demum  api- 
cem  pedunculi  circulariter  cingens.  Pedunculi  modo  brevissimi^ 
modo  quatuor  ad  quinque  lineas  longi^  albidi^  primum  erecti^ 
maturitate  incurvi^  apice  sporangia  ovata^  modo  solitaria  modo 
duo  vel  tria  vel  quatuor  sustinentes^  apice  stylo  mucronato  in- 
structa.  Sporangium  e  membraais  duabus  ejformatum^  quarum 
exterior  oblonga^  alba^  longitudinaliter  medio  deJdscens^  iute- 
rior  fusca^  cum  externa  basi  connata^  ceterum  libera^  longitu- 
dinaliter pari  modo  dehiscens  in  lamìnas  irregulariter  denta- 
tasi intus  sporis  elaterio  donatis  foeta , 

Capitula  masculina  sessilia^  tuberculata^  calyptrata. 
Locus  natalis:  in  plani tie  Albinganensi ^  et  prope  Finale 
in  Liguria  occidentali.  Floret  Octobri^  et  Novembri . 

Sorge  poscia  il  Prof.  Moretti,  e  trattiene  l'adunanza  par- 


140 

landogli  dì  quella  Clorosi  parziale  per  cui  tutte,  o  porzione  delle 
foglie,  divengono  in  tutta  la  superficie  loro,  o  solo  in  parte, 
incolore  o  bianche,  facendosi  in  tal  modo  variegate  o  screziate, 
affezione  considerata  come  una  malattia,  di  cui  non  è  facile 
render  ragione  persuadente^  e  in  particolar  modo  prende  egli  in 
esame  l'opinione  di  quelli  che  la  credono  malattia  contagiosa, 
capace  di  comunicarsi  da  uno  a  un  altro  individuo  mediante 
l' innesto,  opinione  che  ha  per  base  il  fatto,  citato  già  da  lungo 
tempo  dal  Blair,  dal  Bradley,  da  Lawrence,  d'un  innesto  di 
Gelsomino  a  foglie  variegate  eseguito  su  d'un  Gelsomino  uni- 
colore, in  conseguenza  del  quale  anche  le  foglie  nel  soggetto 
variegate  comparvero,  ed  un  altro  fatto  osservato  in  Brescia 
nel  1855,  come  a  lui  riferito,  cita  il  Prof.  Moretti,  d'un  nesto 
di  Nerìum  0/eanrler  a  foglie  variegate ,  sopra  un  Nerìum 
Oleaiider  comune,  tagliato  a  due  piedi  circa  sopratterra,  in  cui 
perito  casualmente  il  nesto,  le  nuove  messe  prodotte  dalla 
superstite  porzione  del  soggetto  avevano  le  foglie  variegate. 
Un  tal  fatto  ben  verificato,  avrebbe  deciso  in  favore  del  con- 
tagio, e  provata  l'influenza  de' nesti  su  i  soggetti,  da  alcuni 
sostenuta,  e  da  molti  negata:  ma  il  Prof.  Moretti,  non  volendo 
ragionare  che  fondato  sulle  proprie'  osservazioni,  narra  di  aver 
eseguiti  varj  innesti,  a  marza  e  a  contatto,  di  varie  specie  di 
alberi  e  arbusti  a  foglie  variegate,  sopra  soggetti  della  stessa 
specie  a  foglie  unicolori,  e  che  quantunque  i  nesti  felicemente 
riescissero  e  prosperosi  movessero  nuovi  rami  con  foglie  varie- 
gate, le  produzioni  al  di  sotto  del  nesto  furon  sempre  di  foglie 
unicolori.  Egli  infine  terminava  dicendo,  che  quantunque  ben 
persuaso  della  niuna  influenza  del  nesto  sul  soggetto,  pure 
invitava  i  cultori  di  Botanica  e  d'Agricoltura  a  voler  tentare 
nuove  esperienze,  onde  togliere  ogni  dubbio  sopra  una  simil 
questione. 

Finalmente  dal  Segretario  leggesi  una  lettera  del  Marchese 
Ridolfi  Presidente  della  Sezione  agraria  diretta  al  Presidente 


141 

Prof.  Savi  per  invitarlo  a  proporre  ai  Membri  della  Sezione 
botanica  di  voler  concorrere  a  una  volontaria  oblazione  in 
favore  degli  Asili  infantili  di  Pisa,  per  coronare  con  un  atto 
di  beneficenza  la  prima  Riunione  scientifica  Italiana,  ed  atte- 
stare ai  Cittadini  la  riconoscenza  delli  Scienziati  per  la  cordiale 
ospitalità  loro  accordata.  La  proposizione  fu  accolta  con  uni- 
versale consentimento,  e  restò  disciolta  l'adunanza. 

Il  Segretario  della  Sezione  —  PROF.  FILIPPO  NARDVCCl . 
Il  Presidente  -  PROF.   CAV.  G.  SAVI. 


TENUTA  IL   DI    12    OTTOBRE    1859 


ietto  ed  approvato  il  processo  verbale  dell'adunanza  prece- 
dente, da  principio  il  Marchese  Ridolfi  con  leggere  una  rela- 
zione sopra  un  individuo  di  Pino  del  Chili  (^Araucaria  imhri- 
catcì)  vivente  allo  scoperto  nel  Giardino  suo  di  Bibiani,  e  per  la 
prima  volta  fiorente  in  quest'anno.  Dice  come  quest'albero  vi 
fu  piantato  nel  1826,  che  aveva  allora,  non  bene,  quattro  piedi 
d'altezza,  e  quattro  pollici  di  circonferenza  alla  parte  inferiore 
del  fusto,  e  che  vi  ha  vegetato  prosperosamente,  essendo  ora 
giunto  all'altezza  di  sedici  piedi,  e  ad  averne  quasi  due  di  cir- 
conferenza nel  tronco  alla  distanza  di  mezzo  piede  dal  terreno: 
che  nel  decorso  Febbrajo  cominciò  a  mostrare  gli  amenti  ma- 
schili e  femminini:  che  questi  ultimi  convengono  con  quelli 
à^\C Araucarìa  hrasiliensis .  descritti   dal   Raddi  nel  Tomo  V 


142 

degli  Atti  dell'Imperiale  e  Reale  Accademia  dei  Georgofili  di 
Firenze,  ma  che  i  maschili  ne  sono  alquanto  diversi.  Di  fatto 
gli  amenti  staminiferi  àeW  A  rane  ari  a  brasìliensis  son  solitarj, 
diritti,  perfettamente  cilindrici,  e  formati  da  squame  imbricate 
dure  e  legnose,  che  ingrossano  e  si  allargano  dalla  base  al- 
l'apice, ove  terminano  in  una  linguetta  un  poco  oncinata,  lunga 
circa  una  linea  e  mezza.  La  linguetta  è  una  continuazione  della 
stessa  squama,  e  questa  è  circondata  da  una  diecina  d'antere 
piuttosto  lunghette,   lineari  e  solcate   longitudinalmente.  Gli 
amenti  maschili  poi  ài^VC  Arane  aria  imbricata^  come  appariva 
dagli  esemplari  esibiti  dal  Marchese  Ridolfì,  son  geminati,  non 
retti,  ma  curvi,  e  colle  squame  niente  affatto  mucronate.  Diceva 
come  gli  amenti  femminei  erano  in  florida  vegetazione,  e  in 
stato  di  incremento,  avendo  di  già  acquistato  una  lunghezza  di 
quattro  pollici,  e  una  circonferenza  di  sette,  e  che  questi  non 
sottoponeva  all' inspezione  del  Consesso,  avendo  prudentemente 
risoluto  di  non  toccarH  per  non  perdere  la  ben  fondata  spe- 
ranza di  ottenere  de' semi   maturi  onde  propagare  fra  di  noi 
quest'albero  interessantissimo  ed  utilissimo,  di  cui  la  moltipli- 
cazione per  propaggine  non  si  ottiene  che  difficilmente,  e  non 
da  se  non  che  individui  di  meschina  e  difforme  vegnenza.  Di- 
ceva ancora  come  malgrado  che  dei  semi  d  Arane  ari  a  hrasilien- 
sìs  portati  dal  Raddi  nessuno  avesse  germogliato,  pure  da  altri 
semi  venuti  posteriormente  due  individui  eran  nati,  de'  quali 
uno  presto  mori,  e  che  il  superstite  era  attualmente  giunto  ad 
avere  due  piedi  d'altezza,  e  vegetava  in  vaso  prosperamente. 

Il  Dott.  Jacob  Gorinaldi,  ad  illustrazione  de'  caratteri  car- 
pologici  di  varie  specie  esotiche  e  segnatamente  della  Termina- 
li a  procera ^  Corjpha  umbracn tiferà^  Hellenia  alba^  Sapindns 
Mukorossiy  e  Lagonjchinm  Sleplianiannm^  ne  mostrava  i  frutti 
da  lui  acquistati  al  Cairo,  e  ne  distribuiva  a  diversi  Dotti  della 
Sezione,  regalando  loro  anche  la  Memoria  stampata  ov'essi  son 
figurati. 


Ii3 

Vito  Procaccini  Ricci  fa  una  comunicazione  relativa  alla 
Flora  fossile  d'Italia,  e  nominatamente  de' contorni  di  Siniga- 
glia,  accompagnata  dall'ostensione  d' un'interessante  raccolta 
d'impressioni  di  parti  di  vegetabili  nella  Marna  selenitica,  che 
forma  quelle  colline,  i  di  cui  terreni  appartengono  ai  terziarj 
medj,  e  dall'ostensione  d'un  maggior  numero  di  disegni  rap- 
presentanti impronte  della  stessa  località.  Da  tutto  questo  si 
viene  in  cognizione,  che  in  questa  parte  della  nostra  Penisola, 
tempo  già  fu,  restaron  sepolte  ne'  depositi  d'acqua  dolce,  frondi 
di  Alghe,  di  ^luschi  e  parti  di  piante  fanerogame,  e  fralle  im- 
pressioni mostrate  dal  Procaccini  ben  si  distinguono  Pilliti  ap- 
partenenti a  Laurine^  altre  a  delle  Conifere,  fralle  quali  una 
rappresentante  una  foglia  di  Gingko  o  Saìishuria^  una  che 
risveglia  l'idea  d'avere  appartenuto  a  un  Liriodendron^  altre 
al  genere  Nerium^  alcune  che  sembrano  del  genere  Castanea^ 
oltre  alcune  Carpoliti,  di  cui  una  che  pareva  d'un  Citiso.  Di- 
mostrano insomma  queste  impronte  tale  e  tanta  pluralità  e  di- 
versità di  forme,  da  far  conaretturare  che  la  Flora  d'Italia  fosse 
ricchissima  di  specie  anche  in  quelli  antichissimi  tempi. 

Il  Prof.  Cav.  Gio.  Battista  Amici  rammentando  la  sua 
opinione  relativa  all'ascensione  della  linfa  nelle  piante,  quale 
egli  pensa  che  segua  traversando  il  tessuto  cellulare,  e  che  in 
tale  ascensione  sia  spinta  dalla  forza  vitale  delle  numerosissime 
membrane  colle  quali  si  trova  a  contatto,  riporta  un  suo  espe- 
rimento eseguito  con  due  rami  staccati  da  una  Thuja^  ne'  quali 
il  Cambium  aveva  già  incominciato  a  svilupparsi.  Tagliatili  in 
ambedue  le  estremità,  con  taglio  retto,  li  immerse  per  egual 
porzione  nell'acqua,  in  modo  tale  però  che  uno  tuffasse  per  la 
parte  organicamente  inferiore,  e  per  la  parte  organicamente 
superiore  l'altro  ramo.  Dopo  un  certo  tempo  quest'ultimo  ra- 
mo era  seccato  nella  parte  emersa,  e  mantenevasi  sempre  fresco 
il  ramo  primo,  quello  cioè  che  tuffava  per  la  parte  inferiore. 
Tolto  allora  questo  dall'acqua  e  capovoltatolo,  erasi  osservato 


144 

lo  sgorgo  d'una  certa  porzione  di  liquido  dal  taglio  dell'apice, 
che  era  stato  emerso,  e  nessuno  sgorgo  da  quell'altro  ramo,  che 
era  stato  immerso  rovesciato,  in  qualunque  situazione  lo  tenesse. 
Or  riflettendo  su  questo  fatto  il  Prof.  Amici,  crede  di  poter  de- 
durre che  l'acqua  la  quale  per  la  forza  vitale  è  introdotta  nelle 
piante,  sia  soggettata  a  due  forze:  l'una  di  gravità  per  cui  discen- 
derebbe o  resterebbe  stazionaria:  l'altra  dipendente  dalla  vita- 
lità delle  membrane,  che  tende  a  trasportare  il  liquido  dalla  base 
all'apice.  Crede  che  di  poco  la  forza  vitale  superi  quella  di  gra- 
vità, e  che  per  tal  motivo  l'acqua  non  escisse  dal  taglio  del- 
l'apice del  ramo  che  tuffava  in  situazione  retta,  mentre  capo- 
voltato, l'acqua  non  più  trattenutavi  dalla  forza  di  gravità,  ma 
anzi  da  questa  sospinta,  concomitante  anche  l'azione  delle 
membrane,  dovesse  esser  tutta  versata:  e  che  l'altro  ramo  tuf- 
fante per  l'estremità  organicamente  superiore,  cioè  il  ramo  ro- 
vesciato, non  potesse  esser  mantenuto  invita,  poiché  le  mem- 
brane per  l'azione  loro,  invece  di  farvi  ascendere  il  liquido, 
dovevano  anzi  farlo  discendere. 

La  narrazione  di  tali  esperienze,  e  le  riflessioni  fattevi 
dal  Professore  Amici,  inducono  una  discussione  fra  esso  e  il 
Professor  Linck  sulla  struttura  del  caule  delle  Conifere.  Ri- 
cusava il  Professor  Linck  di  ammettere  che  i  vasi  di  queste 
piante  fosser  porosi,  ed  opinava  doversi  piuttosto  attribuire 
alla  presenza  di  glandole  quell'apparenza  di  linee  circolari 
a  largo  cercine,  che  il  Professore  Amici  ripeteva  dalla  pre- 
senza di  pori. 

Onde  convincere  il  Botanico  Prussiano,  il  Prof.  Amici 
esponeva  l'esatta  descrizione  de' suddetti  pori,  dicendo: 

Essere  i  pori  delle  Conifere  di  due  sorti:  alcuni  senza  cer- 
cine, altri  col  cercine.  I  pori  col  cercine  trovarsi  ordinaria- 
mente nelle  facce  de' vasi  corrispondenti  alle  sezioni  che  pas- 
sano per  l'asse  del  caule:  essere  il  cercine  un'apparenza  e  non 
una  realtà. 


ìVò 

Onde  far  comprendere  tutto  questo,  egli  premesse  trovarsi 
sempre  il  poro  d'un  vaso  combaciante  con  un  altro  poro  d'un 
vaso  contiguo:  essere  ciascun  poro  situato  nel  fondo  d'una  sco- 
dellina  scavata  nella  grossezza  della  parete  del  vaso,  dalla  parte 
esterna  di  questo:  l'abboccarsi  delle  scodelline  appartenenti  alle 
pareti  combacianti  di  due  vasi  contigui,  produrre  fraile  due 
pareti  tante  cavità  quante  sono  le  coppie  de' pori,  cavità  di  fi- 
gura lenticolare,  le  quali  coll'interno  de'pori  sono  in  comuni- 
cazione mediante  i  fori,  che  a  guisa  di  canaletti  si  aprono  nel 
loro  fondo,  e  che  coli' altra  estremità  fanno  capo  nell'interno 
del  vaso:  tali  scodelline  finalmente  esser  quelle  che  con  il  loro 
contorno  producono  l'apparenza  d'un  orlicelo  o  cercine  intorno 
ai  fori  nel  loro  mezzo  situati. 

Il  Prof.  Linck  poi,  all'oggetto  di  far  ben  comprendere  le 
sue  idee  su  questa  parte  d'organografia  microscopica,  si  prevale 
delle  figure  annesse  alla  sua  insigne  opera  intitolata  Icones  ana- 
tomico-botanicae j  che  lascia  in  dono  alla  Biblioteca  dell'Uni- 
versità, unitamente  agli  Elementa  Philosophiae  Bolanicae. 

Il  Prof,  de  Visiani  legge  una  INIemoria  concernente  l'osser- 
vazione del  Prof.  Antonio  Bertoloni,  inserita  negli  Annali  di 
Storia  Naturale  di  Bologna,  sulla  Saturej a  montanu  di  Linneo, 
tendente  a  provare  una  tal  pianta  non  esser  già  quella  che  con 
tal   nome    trovasi  comunemente  ne' Giardini  botanici  e  negli 
Erbarj,  ma  quella  bensì  che  il  Bartling  chiamò  Satureja  subspi- 
cata^  e  di  cui  esso  Prof,  de  Visiani  die  la  figura  nello  Specimen 
Stirpiwn  Dalmaticarum^  ed  essere  stato  indotto  il  Prof.  Berto- 
Ioni  in  questa  credenza  dall'ispezione  della  figura  della  Satureja 
montana^  data  dallo  Smith  nella  Flora  Graeca^  figura  che  al 
prelodato  Prof.  Bertoloni  parve  identica  a  quella  della  Satureja 
subspicata.  Diceva   pertanto   su   tal   proposito   il   de   Visiani: 
l."  Che  la  figura   di   Smith   non  rappresenta  già   la  Satureja 
subspicata  del  Bartling,  ma  bensì  la  Satureja  montana  di  tutti 
i  Botanici,  la  quale  ora  il  Prof.  Bertoloni  propone  di  chiamare 

19 


146 

Sature] a  hyssopifolia.  2."  Che  quand'anche  la  rappresentasse, 
ciò  per  se  solo  non  basterebbe  a  provare  che  questa  fosse  la 
specie  che  Linneo  intese  di  descrivere  per  Satureja  montana^  e 
non  quella  che  tutti  i  Botanici  anteriori  e  posteriori  a  lui  tenner 
per  tale.  5.°  Finalmente,  che  la  patria  assegnata  da  Linneo  alla 
sua  specie,  di  luoghi  cioè  ne' quali  non  cresce  la  Satureja  sub- 
spicata^  ed  i  sinonimi  da  Linneo  alla  Satureja  montana  appli- 
cati, che  non  appartengono  sicuramente  alla  Satureja  suhspi^ 
cata^  e  le  figure  per  quella  citate,  rappresentanti  senza  equivoco 
la  Satureja  montana  di  tutti  i  Botanici,  provano  concorde- 
inente  esser  questa  la  vera  specie  che  Linneo  descrisse  col  sud- 
detto nome. 

Il  Vice-Presidente  IMoretti  presa  allora  la  parola,  appro- 
vando le  osservazioni  del  de  Visiani,  aggiungeva  a  maggiore 
illustrazione  dell'argomento,  che  la  Satureja  suhspicata  Bartling 
fu  già  descritta  e  figurata  dal  Mattioli,  sotto  il  nome  di  Simfito 
petreo p  come  pianta  crescente  presso  Vipacco  e  presso  Trieste, 
ove  appunto  trovasi  la  specie  del  Bartling,  ma  che  il  Camerario 
neW Epitome  da  lui  fatto  all'opera  del  Mattioli,  non  conoscendo 
la  vera  specie  vi  sostituì  la  figura  della  Coris  monspeliensis^ 
lasciandovi  i  luoghi  nativi  indicati  dal  Mattioli  stesso,  il  che 
essendo  contrario  al  vero,  perchè  la  Coris  non  cresce  in  quella 
località,  procurò  al  Mattioli  una  taccia  d'inesattezza,  che  con 
maggior  diritto  al  Camerario  dovevasi . 

Il  Segretario  della.  SEZIo^E  —  PROF.  FIUPPO  NARDUCCI. 
Il  Vxce-Pbeside-Nte  -  PROF.  MORETTI  . 


i47 


TENUTA   IL    DI    14    OTTOBRE    1839 


iliunitisi  i  Socj  nel  Giardino  Botanico,  e  letto  ed  approvato 
il  processo  verbale  della  precedente  adunanza,  il  Presidente 
imprendendo  a  far  la  storia  del  magnifico  Cedro  del  Libano 
sotto  del  quale  la  Sezione  si  era  raccolta,  narrava  come  que- 
st'albero era  stato  piantato,  lui  presente,  nel  1787;,  che  la 
pianta  venuta  d'Inghilterra  era  allora  alta  poco  più  d'un  braccio, 
che  da  quell'anno  in  poi  era  giunta  a  superare  le  venticinque 
braccia,  e  che  ad  altezza  maggiore  sarebbe  di  già  pervenuta,  se 
da  parecchi  anni  non  avesse  perduta  la  vetta.  Descriveva  e 
faceva  osservare  gli  amenti  maschi  prossimi  ad  emettere  il  pol- 
line, i  teneri  amenti  femmine  ed  i  coni  maturi.  Indicava  le 
qualità  che  rendono  raccomandabile  quest'albero,  e  come  facil- 
mente si  riproduce  per  seme,  e  dava  notizia  di  varj  individui 
figli  del  Cedro  pisano,  che  prosperano  felicemente  in  varj  luo- 
ghi della  Toscana  in  terreni,  esposizioni,  e  climi  diversi,  e  non 
obliava  di  parlar  dell'altezza  cui  essi  in  un  dato  numero  d'anni 
erano  pervenuti,  notizie  tutte  che  fanno  sperare,  il  Cedro  del 
Libano  poter  essere  un  giorno  uno  de' più  belli  alberi  boschivi 
dell'Italia. 

Antonio  Orsini  per  dare  un'idea  della  qualità  e  della  ric- 
chezza della  Flora  delli  Abruzzi,  paese  tante  volte  da  lui  per- 
lustrato, ricche  messi  raccogliendone,  le  quali  con  ammirabil 
generosità  distribuisce  ai  Botanici,  presentava  un  Erbario  for- 
mato colle  principali  piante  da  lui  raccolte  nel  tratto  degli 


Ii8 

Apennini  abruzzesi,  Erbario  stimabilissimo  non  tanto  per  la 
sua  ricchezza  quanto  per  il  modo  con  cui  eran  preparati, 
e  ben  conservati  gli  esemplari.  Alla  presentazione  dell'Er- 
bario, che  lasciò  in  dono  allo  stabilimento  botanico  del- 
l'Università, faceva  precedere  la  lettura  d'un  breve  discorso, 
nel  quale  narrava  come  si  fosse  sentito  nascere  l'amore  per  la 
Botanica  in  faccia  alla  lussurieggiante  vegetazione  delle  cam- 
pagne a  lui  native,  e  come  ci  fosse  stato  confortato  dai  valenti 
Botanici  italiani,  cui  fece  copia  di  parecchie  specie  da  lui  rac- 
colte, non  poche  delle  quali  furon  trovate,  e  ad  esse,  per  grati- 
tudine, conferito  il  nome  triviale  à^Orsìniana. 

Il  Vice-Presidente  Moretti,  ritornando  su  quanto  nella 
seduta  del  dì  5  aveva  esposto  sulle  Cicadee,  faceva  vedere  un 
frutto  maturo  della  Cjcas  revoluta^  e  dimostrava  esser  questa 
una  vera  Drupa,  così  che  dovendosi  dar  molto  peso  al  carattere 
del  frutto,  questa  pianta  sarebbe  meglio  collocata  in  una  fami- 
glia prossima  alle  Drupacee,  anziché  alle  Conifere  o  alle  Palme, 
ed  aggiungeva  la  notizia  che  quando  la  Cycas  di  Pavia  era  in 
fiore,  scolò  dal  tronco  una  sostanza  gommosa,  che  avea  l'ap- 
parenza di  Gomma  Dragante,  escrezione  accidentale  analoga  a 
quella  che  in  vecchiaja  e  in  stato  patologico  danno  i  PrunuSy 
le  Mimose  ec,  verificando  così  quanto  aveva  annunziato  il 
Brongnìart  nel  Tomo  XVI  degli  Annali  di  Scienze  Naturali, 
circa  la  presenza  d'un  sugo  mucilaginoso  in  alcuni  spazi  in- 
tercellulari cilindrici,  e  regolari  nel  parenchima  midollare  e 
corticale  di  questa  specie  di  Gjcas^  sugo  che  si  condensa  in 
forma  vermicolare,  in  ragione  che  scola  lentamente  dall'ori- 
fizio de' vasi. 

Il  Dott.  Francesco  Gera  rendeva  noto  all'adunanza  che 
quanto  prima  avrebbe  pubblicato  un  Dizionario  micologico j 
ove  registrate  si  troverebbero,  se  non  tutte,  almeno  un  gran  nu- 
mero delle  specie  di  Funghi  tanto  mangerecci  che  venefici,  colle 
respettive  loro  sinonimie  e  col  novero  di  que'nomi  vernacoli.,. 


149 

che  dalle  diverse  provincie  d'Italia  aveva  raccolti  e  sperava  rac- 
coMiere.  Intanto  ne  mostrava  il  manoscritto,  e  faceva  istanza 
ai  Botanici  acciò  volessero  coadiuvarlo  in  questa  polinomica 
collezione. 

Il  Prof.  Antonio  Targioni  Tozzetti  annunziava  che  stava 
occupandosi  d'un' opera  botanico-medica,  corredata  di  figure 
al  naturale,  alcune  delle  quali  sottoponeva  all'ispezione  degli 
astanti,  che  le  giudicarono  bellissime- 

Sopra  un  fenomeno  vitale  degli  organi  composti  vegeta- 
bili prendeva  a  parlare  il  Prof.  Pietro  Savi.  Il  suo  discorso  si 
aggirava  su  quell'opinione  del  Decandolle,  che  è  generalmente 
seguitata,  per  spiegare  la  direzione  che  prendono  i  cauli  delle 
piante,  quando  nella  loro  vegetazione  si  trovano  ad  avere  una 
parte  più  illuminata  dell'altra,  nel  qual  caso  essi  piegansi  tanto, 
da  porre  la  loro  estremità  nella  direzione  per  la  quale  loro 
giunge  la  luce.  La  spiegazione  che  dà  il  Decandolle  di  un  tal 
fenomeno  partesi  dal  fatto,  che  la  luce  fissa  il  carbonio  nel  tes- 
suto delle  piante,  e  che  col  carbonio  ivi  fissato  ci  si  formano 
tutti  quei  principi  immiediati  nella  composizione  de' quali  entra 
per  gran  parte  questo  principio  primitivo,  come  sarebbe  ligni- 
na, cromula,  gomma,  ec.  Dalla  fissazione  della  lignina  nei  tes- 
suti ripetesi  il  loro  irrigidimento  e  la  sospensione  d'ogni  accre- 
scimento ulteriore. 

Premesso  questo,  il  Decandolle  fa  rilevare  come  in  un 
caule  in  cui  una  parte  sia  illuminata  più  dell'altra  deve  aversi 
ineguale  fissazione  di  carbonio,  e  però  maggior  quantità  di 
lignina  debb' esser  depositata  nella  parte  più  illuminata,  di  quel 
che  contemporaneamente  se  ne  depositerà  nell'altra  parte,  onde 
l'accrescimento  più  presto  si  arresterà  in  quella  parte  che  in 
questa,  cioè  nella  meno  illuminata,  la  quale  coli' aumentarsi  la 
sua  estensione  s'incurverà,  e  continuerà  a  incurvarsi  fino  a 
tanto  che  il  caule  abbia  presa  la  stessa  inclinazione  de'  raggi  di 
luce  che  l' investono ,  nel  qual  caso  essendo  da  tutte  le  parti 


loO 

egualmente   illuminato,  col  cessar  la  causa  dell'inclinazione 
cessa  ancora  l'effetto. 

Contro  questa  teoria,  di  cosi  sana  critica  e  di  universale 
accettazione,  sembrava  al  Prof.  Pietro  Savi  che  facciano  obie- 
zione il  fatto  già  noto  della  radichetta  del  Visco,  la  quale  per 
quanto  sia  verde  e  tale  si  mantenga  sul  principio  del  suo  accre- 
scimento, pur  si  dirige  verso  l'oscuro,  quantunque  per  ciò  fare 
sia  costretta  a  deviare  dalla  direzione  a  lei  propria,  cioè  dalla 
verticale  discendente,  e  il  fatto  seguente  da  lui  osservato  sopra 
un  individuo  di  Caladimn  nympheaefoliain.  Questa  specie 
d'Aroidea  manda  al  di  sotto  d'ogni  inserzione  di  foglie  un  ver- 
ticillo di  cinque  asci  radici  semplici,  tereti,  capaci  d'accrescersi 
in  lunghezza,  anche  ne'  tratti  di  già  formati,  e  che  oltre  all'in- 
durire si  coloriscono  in  verde  per  l'azione  della  luce.  Per  i 
caratteri  pertanto  di  formar  la  lignina,  colorarsi  in  verde  ed 
allungarsi  anche  ne' tratti  già  formati,  tali  radici  sono  analo- 
ghe ai  cauli,  e  però  secondo  la  teoria  di  Decandolle  dovrebbero 
incurvarsi  e  dirigersi  verso  la  luce,  quando  questa  da  un  solo 
lato  le  investa.  JMa  questo  appunto  è  quello  che  non  accade, 
come  fu  pienamente  dimostrato  dalla  pianta  presentata  alla 
Sezione,  la  qual  pianta  per  esser  lungamente  vissuta  in  una 
stufa  in  situazione  tale  da  essere  illuminata  soltanto  da  un  solo 
lato,  avea  diretto  verso  questo  lato  il  caule  e  le  foglie,  e  le 
radici  si  eran  tutte  piegate  verso  il  lato  opposto  più  oscuro. 

Ora  siccome  le  cause  cui  si  attribuisce  la  direzione  de'cauli 
illuminati  più  da  una  parte  che  dall'altra,  militano  ancora  per 
le  radici  di  questo  Caladio,  e  desse  presentano  un  effetto  tutto 
diverso,  però  il  Professor  Savi  ne  concludeva  non  poter  esser 
quelle  le  cause  vere  d'una  tal  direzione. 

Faceva  ancora  considerare,  come  dalla  durezza  del  legno 
delle  radici,  eguale  a  quella  del  legno  de' loro  cauli,  resti  dimo- 
strato ad  evidenza  che  il  depositarsi  della  lignina  non  sia  un 
fenomeno  locale  direttamente  indotto  dalla  luce,  fatto  quale 


151 

ognun  vede  quanto  stia  contro  alla  sopraccitata  ipotesi  di 
Decandolle,  che  si  appoggia  unicamente  sul  principio  che  la 
luce  fissi  la  lignina  localmente  dove  ella  agisce. 

Il  Dott.  Meneghini  esponeva  la  descrizione  d'un'  Alga  che 
egli  crede  nuova,  trovata  dal  sopraccitato  Antonio  Orsini  in 
un'acqua  minerale  contenente  l'acido  idrosolforico  in  dose  tale, 
da  esser  non  solamente  capace  di  arrossire  la  tintura  di  lacca- 
muffa, ma  da  alterare  ancora  l'epidermide  delle  mani,  e  pren- 
deva da  essa  motivo  per  parlare  sull'intima  organizzazione  della 
di  lei  membrana,  senza  la  vitalità  della  quale  non  potrebbe  la 
debole  e  fugace  materia  che  la  compone,  resistere  all'azione  di- 
struggi trice  del  liquido  nel  quale  abita.  Tale  Alga  diceva  di  aver- 
la chiamata  dal  nome  del  ritrovatore  CoccocJt/oi^is  orsiniana. 

Il  Segretario  Dott.  B.  Biasoletto  parlava  d'una  nuova  spe- 
cie di  Alga  appartenente  al  genere  Hjdrodjction ,  trovata  in 
uno  stagno  d'acqua  dolce  nell'Istria  presso  Rovigno.  Alla  de- 
scrizione di  questa  specie  aggiungeva  una  tavola,  ove  la  pianta 
e  i  varj  suoi  organi  eran  delineati  a  forte  ingrandimento,  ed 
annunziava  d'aver  assegnato  a  questa  pianta  il  nome  à' Ifydro- 
djction  graniforme y  perchè  si  presenta  sotto  la  forma  d'un 
granello.  Tratteneva  poi  la  Sezione  con  esporre  alcune  sue 
osservazioni  microscopiche  concernenti  i  prodotti  di  varie  de- 
composizioni organiche,  mediante  le  quali  era  giunto  a  cono- 
scere che  mettendo  in  infusione,  tanto  nell'acqua  naturale,  che 
nella  distillata,  de'  frammenti  di  Sphaerococcos  confervoides^ 
insieme  con  altre  sostanze  vegetabili,  ne  resultavano  varie 
nuove  specie  appartenenti  ai  generi  Leptomjtus ^  Hjgrocrocis 
ed  Oscillarla^  di  cui  mostrava  le  piante  ed  i  loro  ingrandimenti 
in  apposite  figure,  e  ne  leggeva  le  loro  respettive  descrizioni. 
Dai  fatti  esposti,  ed  altri  consimili,  credeva  in  fine  il  Dott.  Bia- 
soletto di  poter  concludere,  essere  ammissibile  l'idea,  che  i 
vegetabili  i  più  infimi  si  possano  riprodurre  anche  per  gene- 
razione spontanea . 


152 

Due  specie  appartenenti  alla  Flora  Etrusca  presentava  in 
seguito  alla  Sezione  il  Prof.  Pietro  Savi,  all'oggetto  di  sapere 
se  desse ,  come  opinava,  potevan  considerarsi  come  piante  non 
descritte .  L'una  era  un  Thynius^  della  sezione  degli  AcìnoSy 
trovato  sul  Calcareo  dolomitizzato  de'  monti  di  Giumeglio  nel- 
l'xlpennino  Pistojese,  che  il  Savi  proponeva  di  chiamare  Thj- 
rnus  Puccìnellianus  in  onore  di  Benedetto  Puccinelli  attuai 
Professore  di  Botanica  in  Lucca:  l'altra  era  una  Malva ,  che 
aveva  trovata  nell'Isola  dell'Elba,  a  prima  vista  affine  alla 
Malica  sylvestris^  ma  che  ne  diversificava  per  varj  caratteri,  e 
fra  gli  altri  per  una  peluria  stellata  da  cui  era  coperta .  —  Il 
Prof.  Linck  disse  sembrargli  che  né  l'una  né  l'altra  fossero 
state  descritte.  Il  Thymus  non  averlo  mai  veduto,  e  restargli 
difficile  il  poter  dare  giudizio  esatto  sopra  di  esso  a  motivo 
dell'unico  esemplare  che  se  ne  possedeva.  L'altra  poi  averla 
già  osservata  in  varie  parti  della  Grecia  tanto  insulare  che 
continentale,  ed  aver  avuto  in  animo  di  descriverla  e  chia- 
marla Malva  meonantlia . 

Il  Prof.  Visiani  distribuiva  in  dono  ai  componenti  la  Se- 
zione una  sua  Memoria  storica  sull'Orto  Botanico  di  Padova^ 
e  il  Conte  Gallesio  li  regalava  del  Quadro  sinottico  degli  Agru- 
mi de' Giardini  hotanico-agrarj  di  Firenze, 

Cosi  chiudevasi  la  sessione,  e  i  Socj  lasciavano  il  Giar- 
dino, dolenti  per  la  circostanza  del  prossimo  scioglimento  della 
Riunione  scientifica,  ma  ben  soddisfatti  per  essere  stati  ono- 
rati anche  in  questo  giorno  dalla  presenza  di  quel  benamato 
Principe 

Che  le  contrade  di  Toscana  ajfrena. 

Redi,  Leu. 
Il  Segretario  dblla  Sezione  —  PROF.  FILIPPO  ISARDVCCI. 
li.  Presidente  —  PROF.  CAV.  G.  SAFl. 


M 


DI 


ZOOLOGIA  ED  AlVATOMIA  COIUPARATIYA 


20 


PROCESSI  VERBALI 

DI  ZOOLOGIA  ED  AMTOMIA  COMPARATIVA 


TENUTA  IL  DI  4  OTTOBRE  1859 


Jll  Principe  di  Musìgnano  apre  la  seduta  con  una  breve  allo- 
cuzione ,  colla  quale  ringrazia  innanzi  tutto  la  Sezione  che  lo 
nominò  suo  Presidente^  si  congratula  di  vedere  ascritti  ad  essa 
due  celeberrimi  Scienziati  stranieri,  il  Cav.  Audouin,  membro 
dell'Istituto  di  Francia,  Professore  amministrator  del  Giardino 
delle  Piante  di  Parisri,  e  il  Prof.  Oken,  fondator  dei  Consrressi 


._,.,     V.      »X^XV.X.      V^.^V..., . ^.^^X      V..V..      ^^^..^. 


scientifici  di  Germania,  ed  eccita  tutti  a  concorrere  attivamente 
all'utilissimo  scopo  di  questa  istituzione,  or  per  la  prima  volta 
trasportata  in  Italia. 

Dopo  di  ciò  il  Presidente  medesimo  avverte  la  Sezione, 
che  le  sue  adunanze  si  terranno  sempre  dalle  ore  otto  alle  dieci 
del  mattino  in  una  delle  sale  del  JMuseo  di  Storia  Maturale ^ 
invita  i  membri  di  essa  a  riunirsi  alla  sera  nelle  Stanze  Civiche 
per  godervi  dei  vantaggi  delle  reciproche  comunicazioni  ami- 
chevoli e  scientifiche,  e  fa  sapere  essere  stato  deciso  dal  Con- 
siglio dei  Presidenti  che  nissuno  desrli  Scienziati  venuti  al  Con- 
gresso  possa  inscriversi  in  più  d  una  sezione,  libero  per  altro 


156 

rimanendo  ad  ognun  di  loro  di  assistere  alle  adunanze  di  qual- 
sivoglia altra.  Da  ultimo  offre  in  dono  a  ciascuno  degli  Scien- 
ziati presenti  una  copia  d'  un  suo  lavoro  stampato,  intitolato 
Sjnopsis  vertehratoriun  sjsteinatìs. 

Il  Dottor  Carlo  Passerini,  Aggregato  al  Professore  di 
Zoologia  dell'I.  R.  Museo  di  Storia  Naturale  di  Firenze,  legge 
una  memoria  sulle  larve  e  ninfe  della  Scolla  fi avifrons .  De- 
scritte e  fatte  vedere  codeste  larve  colle  loro  ninfe  e  co' loro 
bozzoli,  non  solamente  rappresentate  da  eccellenti  disegni,  ma 
ben  anche  conservate  nello  spirito  di  vino,  il  chiarissimo  Au- 
tore fa  sapere  che  esse  larve  di  Scolia  sono  parassite  delle  larve 
àaW  Orjctes  nasicornìs^  solite  a  trovarsi  in  copia  nella  vallo- 
riea.  E  siccome  gli  avvenne  di  trovare  un  bozzolo  di  terra  fatto 
da  una  larva  di  Oritte  nel  quale  è  contenuto  il  bozzolo  d'  una 
Scolia,  a  cui  è  aderente  la  spoglia  dissugata  dell' Oritte  mede- 
simo, così  sospetta  che  le  larve  delle  Scolie  a  fronte  gialla  siano 
parassiti  interni  delle  larve  degli  Dritti.  Il  Prof.  Gene,  il  quale 
dichiara  d'avere  osservato,  or  sono  molti  anni,  le  larve,  le 
ninfe,  i  bozzoli  e  la  trasformazione  della  specie  medesima  di 
Scolia ,  nei  mucchi  di  segatura  di  legno  in  decomposizione  , 
dissente  dal  Dott.  Passerini  circa  il  genere  di  vita  di  codeste  lar- 
ve, egli  le  riguarda  bensì  come  parassite  delle  larve  degli  Drit- 
ti, ma  crede  che,  a  somiglianza  di  tutte  le  larve  finora  cono- 
sciute degli  altri  Imenotteri  scavatori,  se  ne  pascano  suggendole 
o  rodendole  dal  di  fuori  al  di  dentro,  crede,  cioè,  che  ne  siano 
parassiti  esterni.  Il  Cav.  Audouin  abbraccia  l'opinione  assoluta 
del  parassitismo ,  ma  non  si  pronunzia  né  pel  parassitismo 
interno,  né  per  l'esterno,  essendovi,  secondo  lui,  casi  dell'uno 
e  dell'altro.  Ad  ogni  modo  egli  è  persuaso,  come  lo  pensa  pur 
anche  il  Prof.  Gene,  che  pel  caso  del  parassitismo  esterno  deb- 
ba precedere  da  parte  della  Scolia  madre  una  offesa  fatta  alla 
larva  dell'  Dritte,  la  quale  tolga  a  questa  la  facoltà  di  sottrarsi 
colla  fuga  o  di  resistere  alla  larva  divoratrice.  Del  resto,  trat- 


lo7 

tandosi  di  un  fatto  che  agevolmente  può  essere  chiarito  con  ul- 
teriori osservazioni,  il  Presidente  eccita  il  Dott.  Passerini  a  con- 
tinuare le  ricerche  da  lui  già  sì  bene  incominciate  intorno  alla 
storia  curiosa  ed  importante  di  codesto  Imenottero  nostrale. 

Il  Prof.  Filippo  Pacini  di  Pistoja,  ammesso  dal  Presidente 
a  leggere,  quantunque  non  ascritto  alla  Sezione,  legge  una  sua 
breve  memoria,  accompagnata  da  disegni,  intorno  a  un  nuovo 
genere  di  organi,  da  lui  scoperti  nel  corpo  umano.  Son  essi  certi 
piccoli  corpi  ovoidi,  o  globetti  bianco-opalini,  lunghi  due  milli- 
metri circa,  che  esistono  normalmente  in  considerabile  quan- 
tità nel  cellulare  sotto-cutaneo  della  faccia  palmare  e  plantare 
della  mano  e  del  piede.  LWutore  desidererebbe  di  dimostrare 
alla  Sezione  codesti  organi  con  apposite  incisioni  sul  cadavere, 
e  col  microscopio ,  ma  il  Presidente  gli  fa  sentire  che  codesta 
dimostrazione  riuscirebbe  più  opportuna  e  piìi  utile,  ove  egli 
ottenesse  di  farla  alla  Sezione  di  Medicina,  alla  quale  per  con- 
seguenza egli  lo  consiglia  di  rivolgersi ,  non  senza  ringraziarlo 
d'aver  fatto  alla  Sezione  di  Zoologia  una  comunicazione,  la 
quale  non  può  a  meno  d'esser  risguardata  siccome  importante 
anche  per  la  Zootomia . 

Il  Segretario  della  Sezio!«e  —  PROF.  G.  GJE^È. 
Il  Presidente  -  PRINCIPE  C  L.  BOyjPJRTE. 


138 


TENUTA   IL   DI   5   OTTOBRE    1839 


Il  Segretario  legge  Fatto  verbale  della  precedente  adunanza, 
il  quale  dopo  alcune  modificazioni  richieste  dal  Dott.  Passerini 
e  dal  Cav.  Audouin,  e  consentite  tanto  dal  Presidente  che  dal 
Segretario,  rimane  approvato. 

Essendosi  sollevate  alcune  nuove  discussioni  sul  genere  di 
parassitismo,  se  interno  od  esterno,  delle  larve  della  Scolla 
fla^^ìfrons^  il  Prof.  Paolo  Savi  mostrasi  d'avviso  che  la  questione 
potrebbe  forse  venir  rischiarata  dall'  attento  esame  delle  spoglie 
di  larve  d' Oiyctes  che  veggonsi  aderenti  ad  alcuni  dei  bozzoli 
di  Scolia  presentati  alla  Sezione  dal  Dott.  Passerini.  Il  Presi- 
dente concorre  nel  sentimento  del  Prof.  Savi,  e  lo  deputa  col 
Cav.  Audouin  e  col  Cav.  Bassi  all'esame  suddetto,  pregandoli 
di  comunicarne  il  risultamento  alla  Sezione  in  una  delle  suc- 
cessive adunanze. 

Il  Presidente,  e  per  esso  il  Segretario,  invita  quelli  Scien- 
ziati ascritti  e  presenti  alla  Sezione,  che  avessero  missione  di 
rappresentare  presso  al  Congresso  Corpi  Accademici  od  Uni- 
versità, a  dichiarare  i  nomi  loro  e  quelli  dei  loro  Committenti 
al  Segretario,  colla  produzione  delle  loro  credenziali.  In  seguito 
a  questo  invito  i  Professori  Paolo  Savi  e  Francesco  Giuli  si 
annunziano  per  deputati  dell'Accademia  Aretina  ;,  il  Cav.  Prof. 
Gaspero  INIazzi  e  il  Dott.  Giuseppe  Vaselli  per  deputati  dell'I.  R. 
Accademia  dei  Fisiocritici  di  Siena. 


159 

Il  Presidente  fa  conoscere  alla  Sezione  un'importante  opera 
testé  pubblicatasi  a  Liegi  dal  Selys  De  Longchamps,  intitolata 
Micro-mammalogie^  nella  quale  sono  diligentemente  esaminate 
e  descritte  le  piccole  specie  di  mammiferi  europei.  Poscia  legge 
un  suo  proprio  lavoro  inedito  intitolato  Tentamen  monogra- 
phiae  Leucisconim  Europae.  L'Autore  incomincia  coli' esporre 
i  caratteri  della  numerosa  e  difficile  famiglia  dei  Ciprinidi^  alla 
quale  appartengono  i  Leucisci,  e  dopo  aver  accennato  il  posto 
che  secondo  le  naturali  affinità  deve  occupare  nel  metodo  ittio- 
logico, la  divide  in  due  sotto-famiglie,  eh'  egli  chiama  dei 
Ciprinini  e  dei  Leuciscini.  Caratteri  della  prima  sono  il  corpo 
mucoso  con  isquame  profondamente  radicate,  ma  rare,  e  la 
bocca  il  più  delle  volte  cirrosa:  caratteri  della  seconda  invece 
sono  il  corpo  pochissimo  mucoso,  le  squame  superficiali  e  nu- 
merose ,  e  la  bocca  non  mai  fornita  di  cirri.  Indica  come  appar- 
tenenti alla  prima  sotto-famiglia  diciassette  generi  già  stati  pro- 
posti quali  dall' Agassiz,  quali  dal  Cuvier,  quali  dal  Ruppel,  ec: 
i  generi  poi  che  a  parer  suo  devono  comporre  la  seconda  sotto- 
famiglia, o  sia  quella  dei  Leuciscini,  sono  sette  ^  cinque  de' qua- 
li, cioè  LeuciscLis  RI.,  Chondrostoma  et  Aspiiis  Agass.,  Ahran- 
cis  Cuv.  e  Pelecus  Agass. ,  hanno  tutti  de'  rappresentanti  nelle 
acque  dolci  d'Europa. 

Il  genere  Leuciscus^  cui  mirano  unicamente  gli  studj 
monografici  dell'Autore,  conta  troppe  specie  in  Europa  perchè 
non  chieda  d'esser  diviso  in  più  gruppi.  Egli  infatti  lo  sparti- 
sce in  quattro  sotto-generi,  distinti  tra  loro  da  caratteri  che 
paiono  quasi  tanto  importanti,  quanto  lo  son  quelli  che  distin- 
guono 1  uno  dall'  altro  i  generi  propriamente  detti ,  e  a  codesti 
sotto-generi  dà  i  nomi  di  Telestes,  Leiiciscus^  Sqiialius  e  Scar- 
diiiiiis.  Al  Telestes  riferisconsi  dall' ^Autore  tre  specie,  quindici 
al  gruppo  dei  Leucisci  genuini,  cioè  al  secondo  sotto-genere*, 
quattordici  allo  Scpialins^  e  sei  allo  Scardiiiius:  in  tutto  sono 
trentotto  Leucisci  che  l'Autore  viene  descrivendo,  diciotto  dei 


160 

quali  reputansi  da  luì  specie  affatto  nuove  per  la  scienza.  La 
maggior  parte  di  coteste  specie  nuove  appartengono  alla  peni- 
sola nostra,  la  quale  fu  creduta  sin  qui  poverissima  di  Leucisci, 
altre  vivono  nella  Senna  a  Parigi,  ove  fa  maraviglia  che  siano 
sfuggite  all'attenzione  degli  Ittiologi^  altre  nelle  varie  acque 
della  Svizzera,  ec.  Dal  riscontro  poi  delle  provenienze  rispettive 
delle  specie  ricordate  dall'Autore  sembra  emergere  un  fatto 
assai  singolare,  ed  è  che  i  Giprinidi  in  generale,  a  differenza  di 
quanto  avviene  dei  Salmonidi,  sono  abitatori  di  ristrettissime 
patrie,  giacché  egli  è  raro  che  le  specie,  le  quali  si  trovano  in 
un  dato  lago  o  in  un  dato  fiume,  s'incontrino  in  altri  laghi  o 
in  altri  fiumi,  benché  posti  nelle  stesse  o  in  analoghe  contrade. 
Dopo  la  lettura  di  questo  scritto,  il  Presidente  dichiara 
sciolta  l'adunanza. 

Il  Segretario  della  Sezione  —  PROF.  G-  GEiyÈ, 
Il  Vresweste  -  PRINCIPE    C.   L.   BONJPARTE . 


TENUTA   IL    DI    7    OTTOBRE    1839 


Mi  Segretario  legge  l'atto  verbale  della  precedente  adunanza, 
il  quale  viene  approvato . 

Il  Presidente  informa  la  Sezione  che  domani,  giorno  8, 
alle  ore  10  del  mattino,  si  terrà  nella  grande  Aula  della  Sa- 
pienza la  seconda  Adunanza  generale  degli  Scienziati. 

Il  Presidente  medesimo,  prevedendo  di  dover  forse  per 
uno  o  due  giorni  lasciar  Pisa  prima  che  la  Riunione  si  sciolga, 


IGl 

e  usando  della  facoltà  stata  attribuita  ai  Presidenti,  prega  il 
Prof.  Paolo  Savi  di  volere  accettare  la  carica  di  Vice-Presi- 
dente .  Ma  siccome  il  Savi  dichiara  di  non  potersi  per  varj  mo- 
tivi prestare  a  quest'ufficio,  così  il  Presidente  lo  offre  al  Cav. 
Giacinto  Carena,  il  quale  accetta  e  ringrazia. 

Il  Segretario  legge  parte  di  lettera  del  De  Selys  Longchamps 
indirizzata  al  Presidente,  nella  quale  confessando  d'aver  male 
fin  qui  conosciuti  i  veri  caratteri  della  JMotacilla  ciiiereo-ca- 
pilla  del  Savi,  la  riguarda  ora  e  ritiene  per  buona  e  ben  di- 
stinta specie.  Il  dotto  Zoologo  di  Liegi  termina  coli' esprimere 
iJ  suo  rincrescimento  di  non  poter  intervenire  alla  Riunione 
in  Pisa . 

Il  Dott.  LuÌ2:i  Nardo  ìe^ZQ  una  memoria  del  Dott.  Gio- 


'OO 


vanni  Domenico   suo  fratello,  intorno   a  un  nuovo  genere  di 
Spongiali  silicei y  il  quale  vive  nelV interno  delle  pietre  e  dei 
gusci  mariniy  perforandoli  in  mille  guise.  E  noto  come  il  chia- 
rissimo Autore  chiami  Spongiali  silicei  quelli,  le  di  cui  parti 
solide  sono  costituite  da  piccoli  aghetti  di  natura  selciosa.  Xel 
nuovo  genere  ch'egli  vien  descrivendo  sotto  il  nome  di  Vioa, 
codesti  aghetti,  semplici  e  sottilissimi,  sono  riuniti  insieme  ir- 
regolarmente e  vestiti  da  una  sostanza  sarcoidea  non  mucosa, 
di  color  giallastro,  gialloranciato   o  purpureo,  permanente  o 
fugace,  secondo  le  specie.  A.à  uno  stadio   determinato  della 
loro  vita  i  minutissimi  esseri  costituenti  lo  Spongiale  in  di- 
scorso emettono  de' piccoli  germi,  però  visibili  ad  occhio  nudo, 
i  quali  asportati  dalle  correnti  si  attaccano  ai  sassi  o  gusci  ma- 
rini, e  cominciano  propagandosi  a  farsi  strada  nell'interno  di 
essi,   finché  i   fori  prodotti   dagli  uni  incontrandosi  coi    fori 
prodotti  dagli  altri,  riducono  il  sasso  ad  un  vero  cribro,  od  an- 
che lo  distruggono  totalmente,  risultandone  allora  lo  Spongiale 
isolato  e  libero.  Le   specie  osservate   dal   chiarissimo   Autore 
sono    quattro,    tutte  deirAdriatico,    e  chiamansi  da  lui  Fioa 
tjpuSy  T  ioa  coccinea^  T  ioa  Clio  e  Vioa  Pasichea. 

21 


162 

La  lettura  di  questa  importante  memoria  eccita  in  alcuni 
membri  della  Sezione  il  desiderio  di  varie  notizie  rischiarative, 
ma  il  Dott.  Luigi  Xardo,  scusatosi  di  non  poter  fare  in  ciò  le 
parti  del  fratello  assente ,  prega  tutti  coloro  che  il  volessero,  di 
porsi  con  esso  in  corrispondenza  di  lettere  per  questo,  come 
per  qualunque  altro  argomento  che  possa  riferirsi  alla  storia 
naturale  deirx\driatico . 

Il  Dott.  Passerini  legge:  Notizie  relative  alla  propagazione 
in  Europa  dell'uccello  americano  P a ìvai^i a  cuculiata.  Le  os- 
servazioni del  eh.  Autore  furono  fatte  sopra  una  coppia  di  que- 
sti bellissimi  uccelli,  che  possedesi  da  S.  A.  I.  e  R.  la  Gratsdu- 
CHESSi  di  Toscana.  Egli  narra  com'essi  andassero  per  la  prima 
volta  in  amore  nella  primavera  del  1857,  e  come,  posti  in  op- 
portuno recinto,  fabbricassero  fra  i  rami  centrali  d'un  albe- 
retto  di  leccio  un  nido  con  foglie  e  culmi  di  graminacee .  nel 
qual  nido  la  femina  depose  tre  uova»  Dopo  io  giorni  (alla 
metà  di  Luglio)  nacquero  tre  pulcini,  ma  o  fosse  la  naturai 
freschezza  di  quel  recinto,  o  vi  contribuisse  ancora  un  conside- 
rabile raffreddamento  dell'atmosfera  accaduto  in  quel  tempo, 
uno  dei  pulcini  morì  nello  stesso  giorno  della  nascita^  gli  altri 
due,  non  essendo  né  covati  nò  imbeccati  dai  padri,  e  vana  es- 
sendo riuscita  la  prova  sia  di  farli  imbeccare  da  una  Canarina, 
sia  di  cibarli  a  mano  con  pasta  d'uovo  e  ciambella,  due  giorni 
dopo  la  nascita  anch'essi  morirono.  Meglio  riuscì  una  seconda 
covata  fatta  da  quella  coppia  trasportata  in  recinto  migliore;  a 
di  li  Agosto  ne  nacquero,  come  dalla  prima,  tre  pulcini,  i 
quali,  nutriti  dapprima  con  cuore  di  montone,  giacché  i  padri 
non  gì" imbeccavano,  poscia  imbeccati  da  essi  con  insetti  in- 
trodotti appositamente  nella  stanza,  prosperarono  e  crebbera 
tanto  sollecitamente,  che  non  più  di  quindici  giorni  dopo  la 
loro  nascita  cominciarono  ad  uscire  dal  nido  e  poco  stante  a 
volare.  Se  non  che  uno  fu  divorato  da  un  topo,  e  gli  altri  due 
morirono  ad  una  considerabile  rinfrescata  sopravvenuta  nel- 
l'Ottobre. 


163 

Dal  ]Marzo  all'Agosto  dell'anno  1858  quella  medesima 
coppia  fece  quattro  covate,  ciascuna  delle  quali  di  due  o  tre 
uova,  ma  non  ne  nacquero  che  pochi  pulcini,  e  solamente  tre 
di  essi  vissero  e  prosperarono.  Usatasi  alle  rinfrescate  d'Ottohre 
la  precauzione  di  riscaldare  la  stanza,  quei  giovani  uccelli  pas- 
sarono benissimo  l'autunno  e  l'inverno,  ed  hanno  dipoi  conti- 
nuato a  stare  in  buona  salute. 

In  quest'anno  la  coppia  primitiva  ha  fatto  cinque  covate 
di  due,  tre,  ed  una  di  quattro  uova,  ma  non  se  ne  schiusero 
che  pochi  figli,  cinque  de' quali  prosperano  tuttavia.  Le  belle 
osservazioni  del  Dott.  Passerini  non  solamente  porgono  un 
fatto  nuovo  per  se  stesso,  ma  fanno  anche  conoscere  le  uova  e 
la  livrea  dell'anno  delia.  Pcitv  ari  a  cuculiata^  di  che  non  ave- 
vasi  notizia  dai  Zoologi .  E  codeste  uova  e  codesta  livrea  ven- 
gono dal  diligentissimo  Osservatore  rappresentate,  in  un  col 
nido,  colla  femmina  covante  ec,  in  un  elegante  disegno  co- 
lorito . 

Il  Prof.  Oken  comunica  alcuni  suoi  pensieri  su  i  principj 
filosofici  della  classificazione  del  Regno  animale.  Egli  fonda 
ogni  classe  sopra  un  sistema  o  un  organo  anatomico ,  e  am- 
mette tante  classi  quanti  sono  i  sistemi  della  organizzazione  e 
gli  organi  degli  animali. 

Il  Cav.  Audouin,  previe  alcune  osservazioni  sul  parassiti- 
smo degl'insetti,  e  dopo  aver  dichiarato  come  egli  non  riguardi 
per  veri  insetti  parassiti  se  non  quelle  specie  che  vivono  in 
istato  di  larva  entro  il  corpo  d'altri  animali,  o  stabilmente 
aderenti  a  un  punto  della  sua  superficie,  a  modo  di  sanguisu- 
ghe ,  fa  conoscere  la  larva  di  un  Proctotrupio,  la  quale,  unica 
finora  per  quanto  egli  sappia,  offre  l'esempio  di  quella  seconda 
maniera  di  parassitismo  da  lui  distinta.  Codesta  larva  succia  le 
larve  della  piralide  della  vite,  cotanto  dannosa  ai  vigneti  di 
Francia,  né  da  essa  si  distacca  che  al  momento  di  trasformarsi 
in  crisalide .  E  l' illustre  Scienziato  mostra  disegnate  e  colorite 


164 

su  Lellissima  tavola  le  forme  del  singolarissimo  insetto  qua! 
egli  l'osservò  pel  primo  in  istato  eli  larva,  di  crisalide  e  d'in- 
setto perfetto. 

Il  Segretario  della  Sezionb  —  PROF.  G.  GEyÈ. 
Il  Presidente  -  PRISCIPE    C.   L.    BOyAPARTE . 


TENUTA    IL    DÌ    9    OTTOBRE    1839 


Jl  Segretario  legge  l'atto  verbale  della  precedente  adunanza, 
il  quale  viene  approvato  . 

Il  Dott.  Passerini  distribuisce  in  dono  ai  membri  della 
Sezione  la  descrizione  stampata  di  una  nuova  specie  d'Arvicola 
[^Arvicola  Savii)  fatta  dal  De  Selys  Longcbamps  di  Liegi,  ed 
inserita  nel  volume  XVII  degli  Atti  delfl.  R.  Accademia  dei 
Georgofili . 

Il  Presidente  legge  una  lettera  a  lui  stata  indirizzata  dal 
celebre  Anatomico  inglese  Owen,  il  quale  dopo  aver  espresso 
il  suo  rincrescimento  di  non  poter  assistere  alla  Riunione,  fa 
sapere  die  la  Giraffa,  la  quale  vive  nel  Giardino  della  Società 
Zoologica  di  Londra,  partorì  dopo  una  gestazione  di  45  mesi 
lunari:  il  giovane  animale  mostrava  una  robustezza  e  uno  svi- 
luppo di  parti  corrispondente  al  lungo  periodo  della  sua  esi- 
stenza uterina,  giacché  era  alto  sei  piedi  j  e  24  ore,  circa,  dopo 
la  nascita  correva  già  bene.  La  giovine  madre,  alla  quale  non 
erano  ancora  spuntati  i  denti  permanenti,  non  ebbe  sufficiente- 


105 

secrezione  di  latte  ,  e  mancandole  questo  stimolo  non  die  segni 
d'istinto  materno.  Il  novello  mori  nel  nono  giorno. 

Il  Dott.  Luigi  Nardo  legge  una  memoria  del  fratello  suo 
Dott.  Giovanni  Domenico  sulla  famiglia  dei  Pesci-mola,  e  su  i 
caratteri  che  li  distinguono.   D'accordo  col  Prof.  Ranzani  di 
Bologna,  il  quale   pubblicò,  non   lia  molto,    un  esteso  lavoro 
sulle  IMole,  l'Ittiologo  di  Venezia  riguarda  questi  pesci  come 
formanti  una  propria  e  distinta  famiglia,  ma  non  riconosce 
per  buoni  generi  il  Cephalus^  il  Timponomium^  YOzodura  e  il 
Trematopsis  del  Professore  bolognese,   non  che  il  Diplanchia 
di  Rafinesque,   che  egli  crede  essere  composti  di  specie  tutte 
riferibili  al  genere  Ortliagoriscus .  Invece  crea  un  nuovo  genere 
per  la  Mola  di  Fianco^  riposta  dal  Ranzani  fra  gli  Ortagorisci, 
chiamando  Ranzania  codesto  nuovo  genere,  e  Ranzania  tjpus 
la  specie,  per  la  quale  è  istituito.  Manifesta  il  dubbio  che  an- 
che àelV Ortliagoriscus  Idspidiis  Cuv.  abbiasi  a  fare  un  genere 
a  parte,  nel  qual  caso  egli  vorrebbe  si  chiamasse  Paìlasia^  in 
onore  di  Pallas.  Da  ultimo  rifiuta  il  vocabolo  Ortliagoriscus  che 
a  lui  pare  men  felice  e  men  proprio  di  Mola  come  appellativo 
del  genere,  e  riferisce  a  una  tribù  le  vere  Mole^  a  un'  altra  il 
genere  Ranzania^  intitolando  tribù  degli  Osteomori  la  prima, 
e  tribii  dei  Chondromori   la  seconda,  colle  quali   appellazioni 
l'Autore  intende  accennare  1'  affinità,  che  le  specie  contenute 
nell'una  e  nell'altra  hanno  rispettivamente  coi  pesci  ossei  e 
coi  pesci  cartilaginosi  nel  riguardo  dello  scheletro. 

A  questa  dotta  memoria  il  Principe  di  Musignano  oppo- 
ne alcune  poelie  considerazioni  ,  le  quah,  secondo  che  egli  pro- 
testa,  non  ne  scemano  nò  il  merito  nò  l'importanza.  Solo 
avverte  che  il  lavoro  del  Prof.  Ranzani  poteva  essere  dal  Nardo 
richiamato  a  più  critico  esame,  perchò  abbondante  di  false 
specie,  create  sopra  inesatte  indicazioni  d'Autori  e  su  figure 
di  nessuna  o  assai  dubbia   autorità. 

11  Dott.  Regolo    Lippi   presenta  due  testuggini    viventi 


1G6 

della  specie  detta  Testudo  graeca^  alle  quali  egli  asportò,  sul 
finire  dello  scorso  mese  di  Settembre,  il  cervello.  Egli  narra 
come  al  momento  dell'operazione  questi  poveri  animali  pares- 
sero morire,  e  come  poco  dopo  ripigliassero  sensi  e  movi- 
mento^ questo  però  imperfetto,  non  movendosi  più  che  circo- 
larmente, siccome  veggonsi  far  ora,  con  evidentissimi  segni 
di  paralisi  agli  arti.  Ad  uno  dei  due  individui  fu  soppressa 
l'emorragia  con  bottoni  di  fuoco  e  con  mastice,  e  die  segni  di 
patimento  grandissimo,  all'altro  con  gesso,  e  parve  patire  as- 
sai meno  :  ambidue  poi  mangiarono  di  quando  in  quando 
zucchero  e  bucce  di  fichi,  ma  non  resero  mai  escremento  al- 
cuno. In  seguito,  a  proposta  del  Prof.  Orioli,  il  quale  stima 
importante  che  si  esplori  lo  stato  dei  sensi  di  questi  animali 
sì  profondamente  offesi,  e  si  determini  in  modo  preciso  la 
quantità  o  porzione  di  cervello  che  veramente  fu  loro  tolta, 
il  Presidente  deputa  per  codeste  esplorazioni  il  Prof.  Orioli,  il 
Dott.  Regolo  Lippi ,  il  Cav.  Carena,  e  il  Bruscoli. 

11  Cav.  Bassi,  ottenuta  la  parola  per  esporre  alcune  sue 
opinioni  sulla  comunicazione  verbale  fatta  dal  Cav.  Audouin 
sul  finire  dell'ultima  adunanza,  che  l'ora  già  troppo  inoltrata 
non  aveva  permesso  di  discutere,  osserva  che  quantunque  non 
sia  nuovo  il  caso  di  larve  aderenti  come  sanguisughe  al  corpo 
d'altri  insetti,  pur  devesi  riguardare  siccome  molto  importante 
il  fatto  osservato  dal  Cav.  Audouin  sulle  larve  della  piralide 
della  vite  :  egli  non  può  per  altro  convenire  nelle  idee  dall'  Au- 
douin espresse  intorno  al  parassìtisino  dpgl' insetti,  non  ve- 
dendo fondata  ragione  per  cui  abbiansi  a  dir  parassite  le  specie 
che  depongono  1'  uovo  entro  la  larva  o  sulla  larva  d'altro  in- 
setto, ed  abbiansi  invece  a  chiamar  altrimenti  quell'altre  che 
depongono  l'uovo  in  vicinanza  della  larva  destinata  ad  essere 
vittima  e  pasto  della  loro  prole,  e  che  il  Prof.  Audouin  noma 
semplicemente  specie  carnivore.  Il  Cav.  Bassi  non  vede  essen- 
ziale differenza  fra  questi  tre  modi  di  pascersi,  dacché  ciascuno 


/^ 


167 

di  essi  è  causa  necessaria  di  morte  all'insetto  che  serve  d'ali- 
mento. Volendo  però  stabilire  un  certo  qual  sistema  dei  varj 
generi  di  parassitismo  negl'insetti,  il  Cav.  Bassi  inclinerebbe 
piuttosto  ad  escludere  dal  novero  dei  parassiti  le  specie  che 
vivono  nei  tre  sopra  indicati  modi ,  chiamandole  indistinta- 
mente specie  cariiii>ore^  ed  applicherebbe  il  nome  di  veri  pa- 
rassiti a  quelle  specie  soltanto ,  le  quali  vivono  bensì  a  carico 
d'altri  insetti,  ma  in  modo  da  non  offenderne  essenzialmente 
l'organismo,  in  modo  cioè  da  non  cagionarne  la  morte. 

11  Prof.  Audouin  non  rifiuta  le  idee  del  Cav.  Bassi,  ma 
dichiara  che  le  distinzioni,  da  lui  fatte  nell'ultima  adunanza, 
non  avevano  altro  scopo  che  quello  di  facilitare  la  discussione, 
e  non  già  di  stabilire  seriamente  un  sistema  ordinato  dei  varj 
generi  di  parassitismo,  che  la  classe  degl'Insetti  somministra. 

11  Dottor  Passerini  è  d'avviso  che  debba  riuscire  di  molta 
utilità  allo  studio  della  Entomologìa  e  all'esattezza  delle  de- 
scrizioni lo  specificare  con  appropriati  vocaboli  i  diversi  modi 
di  parassitismo,  in  quanto  che  è  assai  probabile  che  ad  ognuno 
di  codesti  modi  debba  corrispondere  una  differenza  speciale, 
più  o  meno  grande,  di  organizzazione  delle  larve. 

Il  Cav.  Audouin  presenta  alcune  osservazioni  sul  modo, 
col  quale  si  opera  la  fecondazione  negl'insetti. 

Dopo  aver  ricordato  parecchi  esempi,  i  quali  provano  che 
le  femmine  di  questi  animali  non  depongono  le  uova  imme- 
diatamente dopo  l'accoppiamento,  ma  che  esse  lo  fanno  tal- 
volta molti  giorni,  molte  settimane  e  molti  mesi  dopo,  e  non 
di  rado  a  più  riprese,  l'Audouin  fa  sentire  come  sarebbe  diffi- 
cile di  dare  una  buona  spiegazione  di  questo  fenomeno ,  se  si 
ammettesse  che  la  fecondazione  delle  uova  si  operi  nel  corpo 
della  femmina  nell'atto  medesimo  dell'accoppiamento. 

Per  altra  parte,  l'inspezione  anatomica  degli  organi  ge- 
neratori rende  difficilissimo  il  comprendere  in  qual  modo  le 
uova  che  sovente  stanno  collocate  in  serie  le  une  dopo  le  altre 


168 
-entro  sorta  di  tubi,  e  che  hanno  necessariamente  volumi  diffe- 
renti e  perciò   differenti  gradi  di  maturità,  potrebbero  esser 
tutte  e  per  un  solo  atto  fecondate. 

Finahìiente  ammettendo  che  tutte  le  uova  siano  fecondate 
nell'atto  dell'accoppiamento,  invano  cercherebbesi  di  spiegare 
come  avvenga  che  la  deposizione  di  esse  possa  talvolta  effet- 
tuarsi subito,  e  talaltra  assai  più  tardi. 

L'esame  che  il  Prof.  Audouin  aveva  fatto  anteriormente 
delle  parti  genitali  interne  della  Melolonta  volgare  nell'istante 
della  congiunzione  dei  sessi,  gli  aveva  dimostrato  che  in  que- 
st' insetto  la  femmina  era  munita  di  un  serbatojo  che  riceveva, 
nell'atto  dell'accoppiamento,  l'organo  del  maschio,  il  quale  vi 
versava  il  liquore  seminale,  che  scorrendo  poscia  nell'ovidutto 
fecondava  le  uova  al  loro  scendere  per  esso.  D'allora  in  poi  il 
Prof.  Audouin  rinnovò  questa  osservazione  curiosa  sopra  un 
gran  numero  d'altri  insetti,  ma  in  nissuna  specie  ebbe  egli  a 
ravvisare  una  struttura  tanto  e  si  bene  appropriata  a  questa 
maniera  particolare  di  fecondazione,  quanto  nella  piralide 
della  vite ,  o  Pyralls  vitana  Fabr. 

Infatti  l'ovidutto  non  serve,  in  questa  farfalla,  al  doppio 
uso  di  dar  prima  il  passaggio  all'organo  del  maschio,  e  poscia 
alle  uova,  ma  serve  soltanto  alla  uscita  di  queste.  Un  altro  ca- 
nale riceve  l'organo  del  maschio,  e  ciascuno  di  codesti  due 
condotti  offre  all'estremità  dell'addome  un'apertura  distinta. 
Sì  fatta  disposizione  ritrovasi  in  tutti  i  Lepidotteri  che  il  Prof. 
Audouin  ebbe  opportunità  di  notomizzare,  ma  presenta  nella 
piralide  della  vite  molte  particolarità  importanti.  L'Autore  ne 
traccia  la  figura,  e  fa  vedere  come  esista  una  comunicazione 
tra  r  ovidutto  pel  quale  passano  le  uova  e  l'apparecchio  che 
riceve  l'organo  del  maschio  e  il  liquor  seminale.  Codesto  ap- 
parecchio ,  com'egli  dimostra ,  si  compone  : 

1.°  di  un  canale  che  innanzi  tutto  dà  passaggio  all'or- 
gano  del  maschio , 


169 

2.°  di  una  borsa  o  vescichetta,  indicata  col  nome  di 
vescichetta  copalatrice ,  alla  quale  tende  e  nella  quale  penetra 
il  pene  che  vi  versa  il  liquor  seminale^ 

5.°  di  un  serbatoio,  ove  questo  liquore  va  a  raccogliersi^ 
4.°  di  due  piccoli  canali,  i  quali  mettono  in  comunica- 
zione da  una  parte  la  vescichetta  copulatrice  e  il  serbatojo,  e 
dall'altra  il  serbatojo  e  l'ovidutto. 

Egli  è  in  questo  ovidutto ,  nel  sito  ove  mette  capo  il  pìc- 
colo canale  che  parte  dal  serbatojo,  che  si  opera  la  fecondazione 
delle  uova.  E  codesta  disposizione,  come  ognun  sente,  spiega 
tutti  i  fenomeni  che  vengonci  offerti  dalla  deposizione  delle 
uova  deo-r insetti. 

Il  Cav.  Audouin  stabilisce  da  ultimo,  che  nella  piralide 
della  vite  l'accoppiamento  non  potrebbe  effettuarsi  più  d'una 
volta.  Egli  lo  prova  col  far  conoscere  in  questa  specie  una  di- 
sposizione anatomica,  che  rende  impossibile  l'uscita  del  pene, 
e  sta  in  ciò,  che  quest'organo  è  armato  di  molte  piccole  spine 
cornee,  sorta  di  dardi,  che  ravvicinati  in  un  fascetto  al  mo- 
mento della  intromissione,  si  allargano  poscia  a  maniera  di 
raggi  nell'interno  della  vescichetta  copulatrice  della  femmina . 
Il  pene  non  può  per  conseguenza  essere  ritratto  dal  maschio,  e 
vien  troncato  nella  sua  parte  membranosa  dalla  femmina.  La 
Melolonta  volgare,  l'ape  ed  altri  insetti  offrono  questo  mede- 
simo fatto. 

Vittorio  Pecchioli  di  Pisa  presenta,  e  dimostra  come  si 
adoperi,  una  specie  di  trivella  stata  inventata  dal  De  Selys 
Longchamps  per  iscavar  buche,  entro  le  quali  pigliare  piccoli 
mammiferi,  specialmente  rosicanti  o  topo-ragni.  Accenna  in 
che  questo  stromento  possa  essere  migliorato,  e  fa  vedere  pa- 
recchi animaletti  già  da  lui  stati  presi  nelle  buche  scavate  con 
esso  ne'  campi . 

Il  Dott.  Chiesi  e  Vittorio  Pecchioli  invitano  gli  Entomo- 
logi ascritti  alla  Sezione  a  recarsi  nelle  loro  case  per  vedervi 


=)=> 


170 

Je  collezioni  d'insetti  ch'essi  posseggono,  offerendone  loro  i 
duplicati. 

Da  ultimo  il  Presidente  propone,  e  tutti  annuiscono,  che 
Sabato  prossimo,  alle  ore  otto  del  mattino,  la  Sezione  abbia  a 
sedere  in  adunanza  mista  colla  Sezione  di  Agronomia,  sotto 
la  presidenza  del  Marchese  Cosimo  Ridolfi,  per  udirvi  una  co- 
municazione entomologico-agraria  del  Prof.  Audouin,  non 
che  una  memoria  ugualmente  entomologico-agraria  del  Dott. 
Passerini . 

Il  Segretario  della  Sezio:»b  —  PROF.  G.  GENE. 
Il  Presidente  -  PRINCIPE  C.  L.  BONJ PARTE. 


TENUTA  IL  DI  10  OTTOBRE  1839 


»  'u  a  o  a  «* 


Jl  Segretario  legge  l'atto  verbale  della  precedente  adunanza, 
la  di  cui  approvazione  riman  sospesa  fino  a  domani,  per  dar 
tempo  ai  Cav.  Audouin  e  Dottor  Passerini  di  formulare  in 
iscritto  quanto  essi  annunziarono  verbalmente  nell'adunanza 
di  jeri^  il  primo  sul  modo  col  quale  si  opera  la  fecondazione 
delle  uova  negl'insetti,  il  secondo  su  i  caratteri  organici,  che 
forse  potrebbero  valere  a  far  distinguere  le  larve  parassitiche 
che  vivono  nell'interno  d' altre  larve,  da  quelle  che  vivono 
all'esterno  di  esse. 

Il  Barone  Du  Bus,  pregato  dal  Presidente,  legge  una  me- 
moria stata  inviata  da  Firenze  alla  Sezione  dal  Conte  Cav.  Già- 


171 

corno  Gràberg  da  Hemsò.  Essa  ha  per  titolo  Notice  sur  la  race 
de 5  Dromédaires  existant  a  San  Rossore,  près  de  Pise,  en  To- 
scaney  e  contiene  le  notizie  storiche  relative  alla  esistenza  di 
codesti  animali  in  Toscana,  se  non  dal  primo  loro  arrivo,  del 
quale  non  è  rimasta  alcuna  precisa  memoria,  almeno  dal  1690, 
nel  qual  anno  cominciansi  ad  avere  positive  notizie  intorno  ad 
essi,  che  diconsi  tratti  dal  regno  di  Tunisi.  L'Autore  indica  il 
podere  nel  quale  furono  messi,  e  ne  accenna  le  favorevoli  con- 
dizioni di  suolo  e  di  clima,  grandemente  analoghe  a  quelle 
dell'  Africa  boreale  e  soprattutto  del  regno  di  Tunisi,  scende  a 
dire  di  varie  particolarità  rispetto  al  tempo  in  cui  entrano  in 
calore,  sulla  durata  della  gestazione,  sulle  condizioni  di  svi- 
luppo e  di  forza,  nelle  quali  nascono  i  novelli,  e  nega  che  la 
razza  sia  né  punto  ne  poco  degenerata  sotto  al  cielo  di  Tosca- 
na 5  fa  conoscere  le  cure  che  si  hanno  sì  per  le  madri  prima  e 
dopo  il  parto,  che  pei  novelli  fino  all'età  nella  quale  si  doma- 
no^ enumera  le  malattìe ,  alle  quali  i  giovani  e  gli  adulti  vanno 
soggetti,  e  i  rimedj  che  loro  si  amministrano^  descrive  i  modi 
con  cui  si  avvezzano  a  ricevere  e  a  portar  docilmente  la  somaj 
tratta  della  utilità  che  l' Amministrazione  di  San  Rossore  trae 
da  questi  animali,  e  da  ultimo  offre  la  statistica  attuale  di  essi , 
dalla  quale  si  raccoglie  che  il  presente  loro  numero  è  di  171, 
diviso  come  segue: 

N.°    1   stallone. 

w  66  individui  di  varia  età  adoperati  al  lavoro. 

53  58  femmine  di  razza ,  ugualmente  di  varia  età . 

5J  16  novelli  di  tre  anni,  fra  i  quali  otto  maschi  e  otto 
femmine. 

w  12  novelli  di  due  anni,  otto   maschi  e  quattro  fem- 
mine. 

M  11  novelli  di  un  anno,  cinque  maschi  e  sei  femmine. 

5>     7  da  latte,  tre  maschi  e  quattro  femmine. 
La  maggior  durata  della    vita  di  questi    animali  è,  secondo 


172 

l'Autore,  di  51  anno,  e  quanto  alla  proporzione  delle  na- 
scite e  delle  morti  egli  fa  osservare  che  nelF  ultimo  decennio 
nacquero  158  individui  e  ne  morirono  104,  per  modo  che, 
fatta  una  media,  ebbervi  per  ogni  anno  comune  circa  16  na- 
scite e  un  po'  più  di  dieci  morti. 

Alla  lettura  di  questa  memoria  tengon  dietro  alcune  os- 
servazioni del  Prof.  Paolo  Savi ,  il  quale  mette  specialmente  in 
dubbio  F  asserzione  del  Cav.  Gràberg  che  i  Dromedari  di  San 
Rossore  non  siano  punto  degenerati,  e  cita  come  indizio  di 
qualche  degenerazione  l'impotenza,  confessata  dal  Gràberg 
istesso,  in  cui  sono  i  novelli  nei  primi  giorni  della  loro  vita  di 
accostarsi  da  se  alle  poppe  materne,  cosa  che  il  Prof.  Savi  non 
sa  di  certo,  ma  suppone  che  sappian  fare  i  neonati  di  questa 
specie  nei  loro  paesi  natali. 

Il  Dott.  Luigi  Nardo  di  Venezia,  a  nome  del  Dott.  Gio- 
vanni Domenico  suo  fratello,  legge  un  programma  nel  quale 
sono  indicate  le  basi  della  Fauna  adriatica  ch'egli  vorrebbe  e 
formare  e  pubblicare.  Però  sentendo  tutta  la  gravità  di  tant' ope- 
ra, invoca  il  concorso  e  l'ajuto  di  tutti  i  Naturalisti  italiani,  e 
specialmente  di  quelli  che  o  per  essere  abitatori  dei  lidi  adria- 
tici, o  per  avervi  fatto  viaggi  di  ricerche,  possono  fornirgli  e 
materiali  e  consigli. 

Dopo  la  lettura  del  programma  il  Dott.  Nardo  legge  un 
brano  di  lettera  di  suo  fratello,  il  quale  dichiara  d'aver  ora 
gravissimi  motivi  di  credere  che  la  Diplanchia  di  Rafìnesque, 
genere  da  lui  ricordato  nella  memoria  su  i  Pesci-mola,  non  sia 
altrimenti  un  genere  riferibile  agli  Ortagorisci,  ma  sibbene  un 
falso  genere  fondato  sopra  una  specie  guasta  di  Chimera, 

Il  Burroni  mostra  un  Blennio  eh'  egli  dice  essere  molto 
comune  nelle  acque  minerali  term.ali  di  Caldana,  presso  Cam- 
piglia,  e  considera  come  degno  d'attenzione  questo  fatto,  che 
un  Blennio  viva  nelle  acque  dolci.  Il  Prof.  Gene,  il  Principe 
di  Musignano  e  il  Prof.  Paolo  Savi  citano  parecchi  altri  esempi 


175 

di  Blenni  propri  ai  fiumi  e  ai  laghi  italiani  e  delle  sue  isole. 
Quanto  alla  specie  cui  si  debba  riferire  quello  che  il  Burroni 
presenta ,  e  che  il  Carboncini  di  Campiglia  chiamò  Vetuloni- 
cus,  lo  vedrà  il  Principe  di  Musignano  il  quale  si  occupò  più 
particolarmente  di  qucòii  animali,  e  ne  ha  già  fatti  disegnare 
alcuni  per  essere  pubblicati  nell'Iconografia  della  Fauna  italiana. 
Il  Dott.  Ofterdinger  ottiene  la  parola  per  alcune  comuni- 
cazioni verbali  intorno  ai  progressi  fatti  ultimamente  in  Ger- 
mania dalle  scienze  zootomiche  e  zoologiche^  ma  l'ora  già 
inoltrata  e  il  desiderio  della  Sezione  di  recarsi  alla  Sezione  di 
Fisica ,  nella  quale  devonsi  fare  sperienze  e  ricerche  anatomi- 
che sopra  una  Torpedine,  fanno  si  che  lo  si  preghi  di  rimet- 
tere ad  altra  seduta  le  annunziate  comunicazioni,  e  l'adunanza 
si  scioglie. 

Il  Segretario  della  Sezione  —PROF.  G.  GENE. 
Il  Presidente  -  PRINCIPE   C   L.   BONAPARTE  . 


TENLTA    IL    DI    11    OTTOBRE    1859 


Il  Segretario  legge  Fatto  verbale  della  precedente  adunanza, 
il  quale  è  approvato. 

Viene  del  pari  riletto  ed  approvato  l'atto  verbale  dell'adu- 
nanza del  giorno  9 ,  la  di  cui  approvazione  era  stata  differita, 
per  dar  tempo  ai  Cav.  Audouin  e  Dott.  Passerini  di  formulare 
in  iscritto  il  sunto  di  quanto  essi  avevano  verbalmente  comu- 
nicato alla  Sezione  nell'adunanza  suddetta ,  il  primo  sul  modo 


174 

col  quale  si  opera  la  fecondazione  delle  uova  degl'insetti,  e 
specialmente  di  quelle  della  piralide  della  vite,  il  secondo  sulla 
opportunità  di  specificare  con  appropriati  vocaboli  le  diverse 
qualità  di  parassitismo  degl'insetti. 

Il  Presidente  presenta  e  distribuisce  ai  membri  della  Se- 
zione varie  copie  del  primo  fascicolo  di  un  Giornale  scientifico 
intitolato  //  Politecnico^  che  il  Dott.  Cattaneo  di  Milano  ha 
preso  a  pubblicare  in  quella  città,  e  per  la  cui  buona  riuscita 
invoca  il  concorso  dei  Dotti  italiani  riuniti  in  Pisa. 

Il  Segretario,  pel  Cav.  Bassi  momentaneamente  assente, 
legge  il  parere  steso  da  questi  a  nome  anche  del  Cav.  Audouin 
e  del  Prof.  Paolo  Savi,  intorno  a  quanto  essi  ebbero  a  racco- 
gliere dall'  esame   attentissimo  della  spoglia  di  una   larva  di 
Orjctes  stata  presentata  in  precedente  adunanza  dal  Dott.  Pas- 
serini. Ufficio  della  Commissione  era  principalmente  di  vedere, 
se  un  foro ,  che  quella  spoglia  offeriva,  fosse  tale  per  avventura 
da  rivelare  il  modo,  con  cui  era  stata  dissugata  dalla  larva  di 
Scolia^  era,  cioè,  di  ricercare  e  conoscere,  se  la  larva  parassita 
fosse  per  quel  foro  penetrata  dall'esterno  nella  larva  dell' Or^- 
ctes  per  succhiarla,  e  se  per  esso  ne  fosse  soltanto  uscita  fatta 
matura  e  prossima  a  incrisalidarsi-,  con  che  sarebbersi  tolti  i 
dubbi  sul  genere  di  parassitismo,  se  interno  od  esterno,  delle 
larve   di   Scolia,    Ma  i  Commissarj   fanno  sentire  non  essere 
dalle  loro  osservazioni  derivata  alcuna  prova  positiva  in  favore 
dell'uno,  piuttosto  che  dell'altro  di  quei  due  modi  di  vivere 
creduti  propri  delle  larve  di  Scolia,  e  conchiudono  col  rimet- 
tere la  soluzione  di  codesti  dubbi  alle  osservazioni  di  fatto  che 
dal  Dott.  Passerini  e  da  altri  Entomologi  della  Sezione  si  fa- 
ranno certamente  nel  venturo  anno  su  codeste   larve,  tanto 
comuni  nella  vallonea  delle  stufe  e  nella  segatura  di  legno. 
(^F.pag.  179). 

11  Principe  di  Musignano  pone  sotto  gli  occhi  dei  membri 
della  Sezione  una  tavola,  sulla  quale  sono  disegnati  e  colorati 


17d 

tre  Blenni  d'acqua  dolce.  Dal  confronto  di  queste  specie  con 
quella  che  il  Dott.  Burroni  presentò  jeri  siccome  abitatrice 
delle  acque  minerali  termali  di  Caldana,  risulta  che  se  essa  non 
è  affatto  identica  al  Blennius  varus.  certamente  gli  si  avvicina 
di  molto.  Il  Dott.  Burroni  si  esibisce  di  fornire  esemplari  di 
questo  pesce  ai  Dotti  che  amassero  possederlo  nelle  loro  colle- 
zioni, e  si  propone  altresì  di  studiarne  le  abitudini:  pei  quali 
propositi  egli  vien  molto  lodato  e  ringraziato  dal  Presidente, 
a  nome  di  tutti. 

Il  Dott.  Scortegagna  coglie  questa  opportunità  per  an- 
nunziare eh'  egli  possiede  un  Blennio  fossile ,  che  vorrebbe 
sottomettere  all'  esame  della  Sezione  in  una  delle  prossime 
adunanze.  Il  Presidente  lo  accerta  che  codesta  presentazione 
riuscirà  gratissima  alla  Sezione  medesima. 

Il  Dott.  Luigi  Nardo  di  Venezia  legge,  pel  fratello  suo 
Dott.  Giovanni  Domenico,  una  memoria  intorno  a  un  nuovo 
genere  di  Conchiglie  bivalvi,  proprio  dell'Adriatico.  Codesto 
genere,  che  il  Nardo  chiama  Cuspidaria^  appartiene  alla  fa- 
miglia degli  acefali  inchiusi  di  Cuvier,  e  devesi,  secondo  che  a 
lui  pare,  riporre  tra  le  Mye  di  I^amarck  e  le  Anatine  del  mede- 
simo autore,  alle  quali  si  parifica  pel  modo  d'inserzione  del 
legamento  e  per  un'  unica  costola  che  osservasi  sul  margine 
anteriore  del  cardine  della  sola  valva  sinistra.  Le  specie  che  vi 
appartengono  hanno  il  nicchio  quasi  cuoriforme,  globoso, 
simmetrico,  prolungato  anteriormente  a  maniera  di  rostro 
tubuloso,  d'onde  esce  il  sifone  dell'animale  ,  ed  aperto  (^hians^ 
posteriormente  :  vivono  in  fondo  al  mare  nelle  regioni  spon- 
gifere  ed  argilloso-calcari ,  e  chiamansi  dall'Autore  Cuspidaria 
typus  e  Cuspidaria  radiata.  La  prima  fu  già  descritta  dal- 
l' Olivi  col  come  di  Tellina  cuspidata^  e  dallo  Spenglero  con 
quello  di  Mya  rostrata^  l'altra  è  inedita. 

Il  Bruscoli  legge  una  sua  memoria  intorno  alle  abitudini 
d'un  Boa  che  visse  per  i8  mesi  all'I.  R.  Museo  di  Firenze.  Il 


176 

fatto  più  importante  che  l'Autore  ebbe  ad  osservare,  durante  la 
vita  di  codesto  animale,  consiste  nel  modo,  cui  più  volte  ebbe 
ricorso  per  mutarsi  di  pelle:  esso  era  solito  per  si  fatta  opera- 
zione introdurre  il  capo  in  qualche  angusto  foro  d'un  panno- 
lano  che  stava  nella  sua  gabbia^  ma  il  pannolano  essendo  stato 
tolto  di  là,  vi  suppliva  col  fare  di  porzione  del  proprio  corpo 
un  anello,  nel  quale  introducendo  la  testa  e  spingendosi  innanzi 
si  dispogliava.  Mangiava  ogni  otto  giorni,  ed  erano  suo  pasto 
cinque  o  sei  piccoli  mammiferi  per  volta;,  ma  perchè  rendesse 
gli  escrementi  era  d'uopo  riporlo  in  un  bagno  d'acqua  tiepida. 

Alla  lettura  di  questa  memoria  tengono  dietro  alcune 
osservazioni  dei  Cav.  Audouin,  Barone  Du  Bus,  e  Principe  di 
Musignano  sulle  abitudini  di  varj  Boa  da  loro  veduti  vivi  in 
Francia,  nel  Belgio  e  in  Inghilterra. 

Il  Principe  di  Musignano  legge  per  sommi  capi  un  suo 
lavoro  manoscritto  contenente  la  distribuzione  metodica  e  la 
descrizione  degli  xVnfìbi  europei.  Questo  lavoro  si  compone, 
1."  dello  spartimento  generale  della  classe  degli  Anfibi  in  sotto- 
classi, sezioni,  famiglie  e  sotto-famiglie,  rolla  esposizione  dei 
loro  caratteri  distintivi^  2."  della  enumerazione  e  dei  caratteri 
dei  generi  europei^  3."  del  quadro  sinottico  e  diagnostico,  non 
che  della  sinonimia  delle  specie  in  essi  comprese.  Sessantasei 
sono  i  generi,  undici  de' quali  creati  o  modificati  dall'Autore, 
centoquattro  le  specie,  appartenenti  per  metà,  circa,  all'Italia 
e  alle  sue  isole. 

Il  Cav.  Audouin  annunzia  verbalmente  una  osservazione 
da  lui  stata  fatta,  che  sembragli  spargere  non  piccola  luce  sulla 
storia  finora  oscurissima  dei  Trachelidi  in  generale.  Aprendo 
un  nido  di  Antofora  egli  vi  trovò  una  larva  morta  ed  essiccata, 
ridotta  press' a  poco  alla  forma  di  una  ninfa  di  Dittero,  e  in 
codesta  larva  rinvenne  già  trasformata  in  insetto  perfetto  una 
specie  di  Sitaris^  il  che  significa  necessariamente  che  la  pelle 
della  larva  d'x\ntofora  finì  per  servire  di  bozzolo  o  d'invoglio 


177 

alla  ninfa  della  Sitaiis  che  internamente  l'aveva  divorata.  Dopo 
ciò  aggiugne  che  Vittorio  Pecchiolì  trovò  sul  Rosmarino  ^  arj 
mucchi  d'uova,  che  egli  crede  esservi  state  deposte  da  una 
specie  forse  inedita  di  Sitaris^  e  dalle  quali  mostra  già  uscite 
le  larve,  offerendo  alla  vista  dei  membri  della  Sezione  i  rami 
di  Rosmarino,  su  cui  stanno  tuttavia  raccolte.  Da  questi  fatti, 
e  da  altri  del  tutto  analoghi  stati  dal  Prof.  Gene  osservati  negli 
Apali  e  nelle  Cantaridi  in  Lombardia,  nei  Meloe  e  nelle  Zoniti 
in  Sardegna,  il  Prof.  Audouin  trae  argomento  di  vieppiù  con- 
fermarsi nell'idea,  che  le  giovani  larve  dei  Trachelidi  non  si 
arrampichino  già  sul  corpo  degl'Imenotteri  per  succhiarli,  ma 
sibbene  per  farsi  portare  nei  loro  nidi,  ove  penetrano  poi  nelle 
larve  e  le  divorano. 

Il  Dott.  Passerini  ricorda  com'egli  abbia  veduto  sul  corpo 
di  una  larva  di  Scolia  certi  corpicciuoli,  che  a  prima  giunta 
sospettò  non  fossero  altro  che  uova  o  grumi  di  trasudazione,  ma 
che  poi  gli  furono  fatti  riconoscere  dal  Prof.  Audouin  per  ani- 
maletti pedati.  L'Audouin  prende  la  parola  e  dice  che  essi 
erano,  secondo  ogni  probabilità,  individui  d'  una  specie  di 
Aracnide,  già  stata  da  lui  osservata  sopra  altri  insetti^  la  quale 
specie  offre  la  strana  forma  di  un  grossissimo  addome  e  d'un 
piccolissimo  tronco.  Del  resto  il  Prof.  Audouin  fa  osservare 
essere  questa  la  forma  che  assumono  le  zecche  degli  animali 
domestici,  le  femmine  di  alcuni  crostacei  e  quelle  di  parecchi 
insetti,  parassiti  delle  piante.  Pei  crostacei  cita  l'esempio  delle 
Lernee,  i  maschi  delle  quali  vivendo  vita  libera  offrono  forma 
n^tanale,  mentre  le  femmine  fisse  immobilmente  sul  corpo  dei 
pesci  vi  acquistano  forma  tanto  mostruosa  da  essere  state  per 
lungo  tempo  riguardate  e  descritte  dai  Naturalisti  siccome  ani- 
mali spettanti  alla  classe  dei  vermi.  Quanto  agl'insetti  parassiti 
delle  piante,  il  Prof.  Audouin  cita  le  Cocciniglie,  che  ognuno 
conosce. 

23 


178 

Intanto  che  l'Audouin  ha  la  parola,  l'Abate  Raffaello 
Lambruschini,  annun/ìandosi  inviato  del  Presidente  della  Se- 
zione d'Agronomia,  consegna  una  lettera  del  Presidente  mede- 
simo al  Principe  di  Musignano.  La  lettera  è  del  tenore  seguente: 
ce  La  Sezione  di  Agricoltura  che  io  ho  l'onore  di  presiedere,  ha 
risoluto  di  fare  fra  i  suoi  Membri  una  colletta  in  favore  delle 
Scuole  infantili  di  Pisa.  Sembrando  alla  sezione  medesima,  che 
un'opera  di  beneficenza  sia  il  miglior  compimento  della  Prima 
Riunione  italiana  dei  Cultori  delle  scienze  naturali^  e  che  sia 
insieme  il  miglior  modo  di  attestare  ai  Pisani  la  nostra  ricono- 
scenza per  le  loro  cordiali  ospitalità,  essa  crede  che  le  Sezioni 
tutte  vorranno  concorrere  a  quest'opera  caritatevole,  e  perciò 
mi  affretto  a  dar  parte  a  Voi,  Principe  gentilissimo,  della  riso- 
luzione da  noi  presa,  e  a  pregarvi  che  ne  vogliate  proporre 
l'adozione  alla  Sezione  da  Voi  meritamente  presieduta». 

La  Sezione  manifesta  la  volonterosissima  sua  adesione 
all'invito  con  prolungato  applauso,  per  modo  che  il  Presidente 
rivoltosi  al  Lambruschini  lo  prega  di  portare  alla  Sezione 
d'Agronomia  e  al  degnissimo  suo  Presidente  i  ringraziamenti 
della  Sezione  zoologica  per  l'iniziativa  loro  presa  in  opera  tanto 
lodevole,  e  già  desiderata  da  molti^  aggiugnendo  esserci  siffatto 
annunzio  riuscito  a  mille  doppi  più  caro,  in  quanto  che  recato 
da  persona  che  le  Scuole  infantili  venerano  come  altro  dei  loro 
più  illustri  ed  operosi  benefattori. 

Il  Segretario  della  Seziojce  —  PROF.  G.  GENE. 
Il  Presidente  -  PRiyCIPE  C.  L.  BOSAPARTE . 


179 


De gV injr ascritti  Comniissarj  iiicaiicati  d' esaminare  gli  oggetti  presen- 
tati dal  Do  tt.  Ciii'lo  Passerini  a  coi'redo  d'ima  sua  ìiienioi ia  sulle 
abitudini  della  Scolta  flavifrons  . 


Jl  Dottor  Passerini  di  Firenze,  in  una  dotta  memoria  da  lui 
letta  alla  prima  riunione  di  questa  nostra  Sezione,  arricchì 
d'un  nuovo  fatto  la  scienza  entomologica,  col  far  conoscere  le 
abitudini  e  lo  sviluppo  della  Scolia  Jlavìfrons^  imenottero  della 
famiglia  degli  scavatori,  della  cui  vita  non  era  finora  conosciuto 
che  l'ultimo  periodo,  quello  cioè  dell'insetto  allo  stato  perfetto, 
ma  il  cui  modo  di  propagazione  era  tuttavia  rimasto  avvolto 
nelle  più  profonde  tenebre. 

Risulta  dalle  osservazioni  del  Dott.  Passerini  che  l'insetto 
di  cui  si  tratta  depone  le  sue  uova  sotto  terra,  e  fu  la  vallonea 
delle  stufe  che  offrì  all'Autore  il  campo  di  numerose  ricerche. 
La  larva  uscita  dall'uovo  vive  a  scapito  delle  larve  àoìV Orjctes 
nasiconiis  ivi  abbondantissimo,  e  giunta  ad  ottenere  l'intiero 
suo  sviluppo  si  prepara  un  bozzolo  entro  il  quale  passa  allo 
stato  di  ninfa,  indi  a  quello  d'insetto  perfetto.  La  spoglia  dis- 
seccata della  larva  à^Orjctes  che  servi  di  nutrimento  alla  cre- 
scente Scolia  rimane  esteriormente  aderente  in  direzione  lonsri- 
tudinale  ad  un  lato  del  bozzolo  di  Scolia,  ed  il  tutto,  in  un 
esemplare,  trovossi  rinchiuso  in  un  bozzolo  terroso  fatto  dalla 
larva  di  Oryctes.  Sono  questi  i  fatti  che  in  modo  assoluto  potè 
asserire  e  dimostrare  il  Dott.  Passerini,  perchè  di  questi  soltanto 
potè  ottenere  positiva  certezza. 


180 

Rimane  intanto  ancora  dubbioso  il  modo  di  deposizione 
delle  uova  della  Scolia,  e  specialmente  si  presentano  da  se  i 
seguenti  dubbj  : 

1/  Se  la  Scolia  femmina  introduca,  mediante  puntura  o 
con  altro  mezzo  qualsiasi,  l'uovo  nel  tessuto  sottocutaneo  della 
larva  deìVOrjcteSy   entro  cui  a  somiglianza   degl' Imenotteri 

pupivori  la  larva  uscita  dall'  uovo  otterrebbe  il  suo  incremento. 
2/  Se  l'uovo  venga  invece  deposto  sulla  esterior  super- 
ficie della  larva  d'OrjcteSy  a  cui  l'insetto  nato  dall'uovo  rimar- 
rebbe aderente  succhiandone  l'alimento  al  par  d'una  sangui- 
suga, per  poi  fors'anco  introdurvisi  con  parte  del  corpo,  all'og- 
getto di  distruggerne  del  tutto  i  visceri  prima  di  passare  allo 
stato  di  ninfa,  a  seconda  di  quanto  il  Professore  Audouin  asse- 
risce avvenire  d'una  larva  di  Calcidite  dannosa  alla  piralide 
della  vite . 

5.°  Se  r  uovo  non  venga  piuttosto  collocato  in  vicinanza 
della  larva  dCOrjctes,  o  questa  portata  dalla  Scolia  femmina 
vicino  al  luogo  in  cui  depose  l'uovo,  però  sempre  in  modo 
che  detto  uovo  non  trovisi  aderente,  e  molto  meno  innestato 
alla  larva  stessa,  ferma  però  sempre  la  supposizione  che  la 
Scolia,  quando  sia  nata,  succhi  la  larva  nei  primi  tempi  della 
sua  vita,  e  la  divori  poi  del  tutto  poco  prima  di  cambiarsi  in 
istato  di  crisalide. 

4.°  Se  infine,  in  qualunque  delle  tre  suddette  ipotesi, 
la  Scolia  femmina  scelga  per  depor  l'uovo  la  larva  d'un  Oryctes 
che  abbia  già  formato  il  proprio  guscio,  o  d'un  Orjctes  che 
stia  per  accingersi  a  tale  lavoro. 

Nella  generale  impazienza  d'attendere  che  il  ritorno  della 
state  venisse  a  dilucidare  un  fatto  di  tanto  interesse,  fu  vostro 
divisamento,  o  Signori,  che  una  Commissione  avesse  ad  isti- 
tuire minuto  esame  sopra  alcuni  degl'individui  presentati  in 
natura  dal  Dott.  Passerini,  e  formanti  corredo  alla  sua  memoria, 
per  vedere  se  mai  per  qualche  insperata  ventura  si  potesse  in 


181 

quelli  riscontrare  carattere  alcuno  che  desse  qualche  fonda- 
mento a  credere  che  piuttosto  per  Funa  o  per  l'altra  ipotesi 
s'avesse  a  propendere.  La  Commissione  che  trovasi  da  voi  ono- 
rata di  tale  incarico,  chiamato  ad  assisterla  nel  proprio  seno 
anche  lo  stesso  Dott.  Passerini,  che  gentilmente  si  prestò  a'suoi 
desiderj,  prese  in  accurato  esame  le  spoglie  delle  larve  d^O/yctes 
rimaste  aderenti  ai  bozzoli  formati  dalle  Scolie,  ed  osservò  che 
esse  sembravano  tutte  intieramente  vuote,  meno  la  parte  po- 
steriore, del  tutto  disseccata  e  raggrinzita,  e  contenente  por- 
zioni degli  organi  di  quella  regione,  in  un  colf  ammasso  delle 
materie  fecali.  Queste  spoglie  inoltre,  formate  d'una  pelle  som- 
mamente sottile  e  delicata,  mostrano  tutte  varie  lacerazioni, 
soprattutto  in  corrispondenza  alla  detta  parte  posteriore  della 
larva:  che  anzi  nel  più  degl'individui  osservati  trovossi  affatto 
staccata,  il  che  è  chiaramente  attribuibile  al  maggior  peso  di 
quella  parte,  ed  all'estrema  delicatezza  della  pelle  in  generale, 
poco  atta  a  sostenerla.  Fatta  rammollire  una  di  dette  spoglie 
con  acqua  tiepida,  e  più  minutamente  osservata,  si  trovò  che 
una  delle  aperture  che  in  essa  si  riscontrano  non  è  del  tutto 
accidentale,  ma  da  ritenersi  invece  fatta  prima  del  suo  dissec- 
camento. Trovasi  questa  nella  parte  inferiore  del  corpo  della 
larva,  in  corrispondenza  al  quinto  anello,  e  quantunque  veg- 
gasi  allargata  da  una  accidentale  lacerazione,  che  evidentemente 
accadde  dopo  il  disseccamento  della  spoglia  stessa,  e  per  cause 
estranee,  pure  vi  rimangono  chiari  indizi  d'un  foro  originaria- 
mente circolare,  e  fatto  ad  arte,  avente  cioè  il  margine  liscio 
ed  intero,  ossia  non  offrente  quelle  frange  ed  irregolarità  che 
sono  chiaro  indizio  d'un'avvenuta  lacerazione,  e  grande  quanto 
è  il  diametro  maggiore  della  larva  adulta  di  Scolia. 

Nessun  dubbio  rimase  alla  Commissione  vostra,  o  Signori, 
che  tale  apertura,  anziché  dal  caso,  s'abbia  a  ritenere  opera  della 
larva  di  Scolia  che  visse  a  scapito  di  quella  deWOry^ctes:  ma, 
come  bene  era  a  temersi,  nessun  argomento  fu  in  caso  di  de- 


182 
durre,  per  giudicare  quale  sia  il  modo  di  sviluppo  della  Scolia 
stessa.  Giacché  ove  ella  passi  il  primo  periodo  della  sua  vita 
nell'interno  della  larva  diOrjctes^  quel  foro  è  poco  necessario 
per  darle  sortita,  allorquando  deve  disporsi  a  preparare  il  boz- 
zolo. Se  invece  vive,  a  modo  di  sanguisuga,  aderente  esterior- 
mente al  corpo  della  larva  ò^Orjctes  suddetta,  non  è  impossi- 
bile che,  come  osservò  il  Cav.  Audouin  a  proposito  dell' 0/?/i/o« 
Dositheae,  questa  pure,  prima  di  filare  il  bozzolo,  s'introduca 
per  quel  foro  con  parte  del  suo  corpo  nella  spoglia  àeWOrycteSj 
per  toglierne  quelle  parti  che  col  semplice  succhiamento  non 
ne  erano  state  staccate:  e  se  infine  la  larva  di  Scolia  non  fa 
che  nutrirsi  esteriormente  di  quella  àeWOrjctcs,  senza  esservi 
per  nulla  aderente,  è  d'uopo  ancora  che  nell'ultima  epoca  dello 
stato  di  larva,  allorché  si  dispone  a  far  pasto  di  tutte  le  interne 
parti  àeìVOrjcteSy  ne  intacchi  l'integumento,  e  nulla  ripugna 
a  credere  che  ciò   accada  in  un  solo  punto  e  per  un'unica 
apertura. 

Mancano  poi  del  tutto  alla  Commissione  dati  per  decidere 
se  l'uovo  venga  deposto  prima  o  dopo  la  formazione  del  gu- 
scio terroso,  e  difficilmente  si  potrà  ottenere  una  dilucidazione 
su  tale  punto  senza  che  in  pari  tempo  s'abbia  lo  scioglimento 
dell'intero  problema. 

Eccovi,  o  Signori,  quanto  la  Commissione  vostra  era  in 
dovere  di  comunicarvi,  dolente  che  le  sue  ricerche  non  abbiano 
potuto  condurla  ad  alcun  più  plausibile  risultato.  In  lei  quindi 
non  rimane  che  il  vivo  desiderio  che  le  indagini  che  molti  fra 
voi  saranno  certo  per  istituire  sopra  si  interessante  argomento 
abbiano  fra  non  molto  a  fruttare,  come  punto  non  ne  dubita, 
quelle  soddisfacenti  conclusioni,  che  a  lei  soltanto  fu  dato  di 
desiderare,  ma  non  di  ottenere. 

CAV.  BASSI  Relatore. 
CAV.   AL' DO  LI. \. 
PROF.  PAOLO  SAVI. 


183 


TENUTA  IL  DI  14  OTTOBRE  1839 


-Assiste  a  questa  adunanza  S.  A.  I.  e  R.  il  Granduca  di  Toscana. 

Il  Segretario  legge  Fatto  della  precedente  seduta,  il  quale 
viene  approvato. 

Il  Prof.  Orioli,  a  nome  della  Commissione  creata  addì  9, 
fa  verbale  rapporto  dell'esame  e  degli  sperimenti  stati  istituiti 
su  le  due  testuggini  che  il  Dott.  Lippi  privò  di  cervello.  Le  cose 
principali  che  il  Relatore  vien  esponendo  sono  le  seguenti: 

Nissuna  traccia  di  polpa  cerebrale  fu  rinvenuta  sia  nella 
cavità  del  cranio,  sia  nel  principio  dello  speco  vertebrale.  La 
testuggine  che  era  stata  cauterizzata  era  più  vivace  di  quella, 
cui  fu  soppressa  l'emorragia  con  semplice  gesso:  ambedue  ave- 
vano il  moto  spontaneo  e  di  traslazione:  ma  siccome  gli  arti 
sinistri  erano  tocchi  da  paralisi,  così  ogni  loro  tentativo  di  moto 
di  traslazione  risolvevasi  in  moto  di  rotazione,  o  in  moto  cir- 
colare, da  destra  a  sinistra.  Quanto  ai  sensi,  il  solo  tatto  parve 
inferissimo:  l'olfatto  sembrava  spento  del  tutto:  veramente, 
essendo  stato  insinuato  nelle  nari  della  testuggine  non  caute- 
rizzata alquanto  alcool  concentrato,  questa  gridò,  si  mise  a 
roteare  e  a  dar  segni  evidentissimi  di  eccitata  vitalità^  ma  ciò 
sembra  al  Prof.  Orioli  doversi  piuttosto  attribuire  a  eccitazione 
prodottasi  sul  sistema  nervoso  in  generale,  che  non  su  i  soli 
nervi  olfattorj.  Non  si  ebbero  indizi  certi  di  gusto,  giacché  non 
pigliavan  cibo  e  non  parevano  sentirne  la  qualità:  introdotto 


184 

però  dello  zucchero  nell'esofago,  si  dall'  una  testuggine  che  dal- 
l'altra  veniva  inghiottito.  I  tentativi  fatti  dalla  Commissione 
per  aver  prove  di  udito  e  di  vista  riuscirono  vani^  quelli  ani- 
mali non  si  riscossero  ad  alcun  suono,  né  i  raggi  solari  diretti 
su  i  loro  occhi,  abitualmente  chiusi,  parvero  operarvi  impres- 
sione o  sensazione  di  sorta.  Sottoposti  variamente  all'azione 
della  elettricità,  non  fecero  conoscere  altri  fenomeni  che  quelli, 
i  quali  in  uguali  circostanze  si  ottengono  dalle  rane,  ec. 

Il  Prof.  Orioli,  per  convalidare  a  quanto  sembra  l'opi- 
nione d'alcuni,  che  l'asportazione  del  cervello  sia  causa  del 
moto  rotatorio,  cita  l'esempio  di  un'anitra,  nella  quale,  privata 
di  cervello  dal  Lippi  come  le  testuggmi,  si  osservò  lo  stesso 
fenomeno^  ma  il  Prof.  Zannetti  fa  osservare  bastar  talvolta  una 
semplice  lesione  di  quell'organo  per  produrre  il  moto  rotatorio, 
siccome  gli  avvenne  di  vedere  in  un  falcone  stato  ferito  nel 
capo  da  un  colpo  d'archibugio.  Del  resto  il  Prof.  Zannetti,  il 
Cav.  Carena,  il  Principe  di  Musignano  e  il  Prof.  Gene  ricor- 
dano le  numerose  osservazioni  e  sperienze  già  state  istituite  su 
questo  proposito  dai  Sigg.  Flourens,  Magendie,  Bellingeri,  Ro- 
lando ec,  delle  quali  si  dolgono  che  la  Commissione  per  istret- 
tezza,  anzi  per  assoluto  difetto  di  tempo,  non  abbia  fatto  men- 
zione e  citazione  comparativa. 

Il  Prof.  Oken  ripiglia  e  finisce  la  sposizione  dei  principj 
filosofici,  su  i  quali  dovrebb' esser  fondata,  secondo  che  egli 
pensa,  la  classificazione  del  Regno  animale.  Come  si  è  già 
accennato  nell'atto  del  giorno  7,  quanti  sono  i  sistemi  d'organi 
che  compongono  il  corpo  della  più  perfetta  tra  le  creature, 
cioè  r  Uomo,  tante  sono  le  classi,  nelle  quali,  a  parer  suo,  deve 
spartirsi  il  Regno  animale,  giacche  egli  crede  e  cerca  di  dimo- 
strare che  i  tipi  di  diversa  organizzazione  che  l'anatomia  ha 
fatto  conoscere  nei  diversi  gruppi  d'animali,  non  sono  in  fine 
altro  che  successive  modificazioni  di  qualcuno  dei  sistemi  orga- 
nici dell'uomo,  indotte  da  un  corrispondente  maggiore  svi- 


185 
luppo  dì  uno  o  più  altri  di  codesti  sistemi:  in  altre  parole,  gli 
animali  non  sono,  pel  Prof.  Oken,  se  non  che  divisioni  del- 
l'anatomia umana,  e  l'Uomo  nella  sua  anatomia  comprende 
tutti  gli  animali.  Così  i  Mammiferi  che  si  avvicinano  all'uomo 
per  la  intelligenza,  sono  caratterizzati  dai  sensi,  gli  Uccelli, 
ne' quali  l'intelligenza  è  minore,  ma  più  energica  la  vita  ani- 
male, lo  sono  dal  sistema  nervoso^  i  Rettili,  ne' quali  il  sistema 
muscolare  predomina  sugli  altri  sistemi  organici,  distinguonsi 
pei  muscoli,  i  Pesci,  deboli  di  sensi,  di  vita  animale  e  di  mu- 
scoli, ricevono  carattere  distintivo  e  qualificazione  dal  sistema 
osseo,  ec.  E  di  questo  passo  procedendo,  cioè  pigliando  ad 
esame  quando  il  sistema  vascolare,  quando  il  generativo,  quan- 
do i  materiali  di  composizione  o  le  forme  embrionali,  giugno 
a  fare  del  Regno  animale  tredici  grandi  classi  distinte,  ch'egli 
risolve  poi  in  famiglie  e  divisioni  minori,  qualificate  dal  predo- 
minio d'altri  organi  o  d'altri  sistemi  d'organi  secondar).  Come 
ognun  vede,  l' unità  di  composizione  organica  è  il  fondamento 
della  classificazione  del  Prof.  Oken^  le  modificazioni  cui  va 
soggetta  nella  specialità  o  nella  totalità  dei  sistemi,  ne  costitui- 
scono l'edifizio  e  gli  scompartimenti. 

11  Dott.  Luigi  Nardo  legge  pel  fratello  suo  Dott.  Giovanni 
Domenico  una  memoria,  nella  quale  si  fanno  conoscere  varie 
particolarità  del  sistema  cutaneo  e  i  caratteri  distintivi  del  Lu- 
varus  di  Rafinesque,  che  l'Autore  descrisse  in  altra  sua  me- 
moria col  nome  di  Protostegus. 

Sul  foglio  d'ordine  sono  inscrìtte,  per  esser  fatte  alla  Se- 
zione, 1.°  alcune  osservazioni  del  Marchese  Carlo  Durazzo  sopra 
due  nuove  Emherìze  della  Liguria^  2."  varie  comunicazioni  del 
Principe  di  Musignano,  relative  a  un  manuale  di  Ittiologia  ita- 
liana, già  da  lui  condotto  a  termine^  5."  le  descrizioni  di  pa- 
recchi animali  nuovi  di  Sardegna  e  di  Corsica,  un  prospetto 
generale  della  Zoologia  sarda,  e  la  presentazione  di  un  Voca- 
bolario manoscritto  dei  nomi  scientifici,  di  lingua  comune  e  di 

24 


186 

dialetto,  degli  uccelli  italiani,  del  Prof.  Gene,  4."  la  descrizione 
di  un  Pesce  fossile,  del  Dott.  Scortegagna:  ma  l'ora  già  troppo 
avanzata  obbliga  il  Presidente  a  sciogliere  l'adunanza. 

It  Segretario  della  Sezione  —  PROF.  G.  GENE. 
Il  Presidente  -  PRÌNCIPE  C.  L,  BONAPARTE . 


t 


grouwfi; 


DI 


MEDICIIVA 


PROCESSI  ATRBALI 

DELIA  SEZIONE  DI  MEDICINA 


TESCTA   IL   DI    4    OTTOBRE    1839 


isa  rendeva  solenne  Faprimento  del  Congresso  dei  Scien- 
ziati col  nome  di  Galileo:  nel  nome  di  Ippocrate  aprivasi  inau- 
gurata la  Sezione  dei  Medici.  Che  avendo  il  Professor  Presi- 
dente avanti  a  tutto  notificato,  come  il  Consigliere  Giuseppe 
Frank  proponeva,  per  Memorie  da  premiarsi,  l'argomento 
=  Delia  JledicÌJia  Ippocratica y  e  "*/  dimostrare  che  in  Italia 
se  ne  era  sempre  consen^ato  lo  spirito  =  (*),  tutti  i  conve- 
nuti con  entusiasmo  plaudendo,  dimostrarono  che  il  venera- 
bile Palladio  della  scienza  loro  per  tal  modo  innalzato  nel 
Teatro  anatomico  dove  essi  sedevano,  appagava  que'  voti  del 
senno  e  dell'animo,  coi  quali  ciascheduno  parca  volesse  inco- 
minciata una  medica  assemblea ,  lieta  di  più  saldi  propositi  e 
di  nuove  speranze. 

E  rispetto  alle  Memorie  sopraddette  e  al  premio  da  con- 
ferire alla  migliore  di  esse,  il  Frank  faceva  conoscere  le  diffi- 
coltà che  il  Congresso  del  1840  avrebl>e  incontrato  per  la  ri- 
strettezza del  tempo  nell'esaminarle,  e  proponeva  di  affidarne 
il  giudizio  al  Collegio  Medico  del  luogo.  Il  Professor  Presidente 


190 

avvertiva  essere  coavenìente,  che  il  giudizio  appartenesse  agli 
Scienziati  componenti  il  Congresso,  e  che  questi  avrebbero 
allontanata  la  difficoltà  preveduta  dal  benemerito  Institutore 
del  Premio,  nominando  a  tal  fine  una  particolare  Commissione. 
Rivoltosi  quindi  il  Prof.  Tommasini  con  eloquente,  e 
affettuoso  discorso  all'illustre  Consesso,  toccando  della  utilità 
delle  Riunioni  scientifiche,  e  facendo  voti  per  la  loro  prospe- 
rità, utilità  e  continuazione  in  Italia,  e  manifestando  il  più 
forte  zelo  nel  cooperare  anch' egli,  dal  canto  suo,  per  cotesto 
mezzo  all'incremento  delle  scienze  mediche,  invitò  i  rispettabili 
Colleghi  a  comunicare  osservazioni  chiare  ed  esatte,  e  racco- 
mandò che  le  induzioni  partissero  sempre  da  fatti  interi  e 
ripetuti^  e  conchiusa  che  le  nostre  Riunioni  dovevano  sempre 
esser  dirette  ad  un  fine  unico  e  principalissimo,  al  progresso 
della  scienza . 

Scendeva  dipoi  il  Prof.  Giacomini  a  leggere  uno  scritto,  che 
avea  per  argomento  =Della  natura  e  della  vita  del  sangue  =^ 
nella  qual  memoria  l'illustre  Autore  si  propose  di  dimostrare: 

1."  Che  il  sangue  finché  è  vivo  e  circolante  è  un  tutto 
omogeneo,  e  con  caratteri  fisici  poco  suscettibili  di  essere  de- 
terminati: e  ciò  gli  parve  resultare  dall'ambiguità  de' caratteri 
assegnati  finora  ai  così  detti  globuli  di  esso  sangue,  e  vesci- 
chette e  nuclei  e  globetti  rossi  albuminosi  e  trasparenti,  e  in- 
clusive gli  stessi  animaletti  essere  caratteri  discernibili  soltanto 
nel  sangue  morto,  e  probabilmente  anche  altrettante  ottiche 
illusioni. 

2.°  Che  la  chimica  non  ha  ancora  determinato  nulla  di 
positivo  intorno  ai  principj  costituenti  il  sangue:  che  i  risultati 
discordi  delle  esperienze  de' chimici  moderni  escluderebbero 
persino  la  divisione  tra  il  sangue  venoso,  e  l'arterioso:  che  le 
separazioni  del  sangue  in  siero,  fibrina,  albumina,  ferro  ec. 
non  si  ottengono  nel  sangue  vivo,  e  circolante^  ma  che  tanto 
cotesti  elementi,  come  i  moltiplici  altri  principj  dai  chimici  in 


191 

esso  sangue  trovati,  probabilmente  non  sono  che  un  effetto 
dell'influenze  chimiche  degli  agenti  della  natura  esterna  sopra 
un  corpo  privo  di  vita,  ovvero  anche  prodotti  de' diversi  pro- 
cessi chimici  impiegati. 

5.°  Che  il  fluido  mesenterico,  il  sangue  del  sistema  della 
vena  porta  è  un'altra  specie  di  fluido  sanguigno  da  doversi 
considerare  a  parte,  e  da  non  confondersi  col  vero  umore 
sanguigno  venoso  e  arterioso,  il  qual  umore  solamente  pare 
ch'egli  riguardi  per  sangue  propriamente  detto» 

4.°  Che  né  lo  Scorbuto,  né  il  Tifo,  né  il  Diabete,  né 
il  Cholera  mostrano  oggidì  alla  chimica  un  sangue  diverso 
ne' suoi  principi  costituenti  dal  sangue  sano  o  di  altri  morbi: 
e  con  tutto  ciò  è  evidente  che  il  sangue  si  altera. 

5.°  Che  il  sangue  vivo,  fluido  di  massa  integrale  omo- 
genea, ha  tre  principali  otfìcj^  di  eccitare  il  sistema  vascolare, 
di  svolgere  la  temperatura  animale,  e  comunicarle  il  carattere 
di  speciale  indipendenza,  di  mantenere  nell'organismo  equili- 
brata l'economia  nutritiva . 

6."  Che  il  sangue  non  contiene  in  se  i  principj  costi- 
tuenti i  diversi  tessuti,  ma  ha  soltanto  una  speciale  attitudine 
a  trasformarsi  in  quelli. 

7/  Che  il  sangue  non  ha  vita  propria,  ma  vive  perchè 
è  un  prodotto  della  vita  di  che  godono  i  tessuti. 

8."  Che  le  alterazioni  del  sangue  non  possono  essere, 
generalmente  parlando,  che  secondarie,  e  che  il  pervertimento 
del  fluido  essendo  la  conseguenza  del  pervertimento  anteriore 
del  solido,  ne  consegue  il  corollario  terapeutico  che  a  riordi- 
nare il  turbamento  de' tessuti,  e  non  a  correggere  le  altera- 
zioni del  sangue,  deve  essere  quasiché  sempre  diretta  ogni 
clinica  operazione. 

Terminata  la  lettura  della  Memoria,  in  quanto  alle  discus- 
sioni, la  Società  rigettò  il  progetto  di  differirle  al  giorno  dopo 
la  lettura   delle   Memorie,    né    accettò   l'altro  che  gli   autori 


192 

potessero  dichiarare  innanzi  alla  lettura  se  volevano,  o  no  la 
discussione,  ma  invece  adottò  quello  di  discutere  subito  dopo 
ascoltate  le  letture,  o  le  verbali  proposizioni  fatte  all'adunanza 
medesima. 

Il  Segrktawo  della  Sezione  —  PROF.  FRANCESCO  PUCCINOTTl. 
Il  Presidente  -  CAr.  PROF.  GIAC03I0  TOMMJSINI. 


(*)  PROGBAIfOIA 


^^"^i  <S2'®S^^^^  SJ^^S^a 


Ija  sezione  medica  del  Congresso  degìi  Scienziati  italiani  in  Pisa,  accorda  un  premio 
di  cinquecento  franchi  a  chi  presenterà,  nella  Riunione  che  avrà  luogo  nell'Ottobre 
dell'anno  i84o,  la  più  soddisfacente  risposta  al  quesito  ** Intorno  alla  Medicina 
Ippocratica,  ed  allo  spirito  di  essa  conservatosi  sempre  in  Italia  ■», 

Si  domanda  una  succinta  esposizione  di  ciò  che  essenzialmente  caratterizza  la  dot- 
trina ippocratica,  ed  una  breve  menzione  delle  Opere  di  quegl'Iialiani  (giacché  troppo 
lungo  sarebbe  di  estendersi  anche  alle  altre  nazioni),  i  quali  col  seguire  l'esempio  d'Ip- 
pocrate,  e  prendendo  conseguentemente  per  guida  l'osservazione,  l'esperienza,  ed  una 
sana  logica,  contribuirono  in  eminente  grado  a  perfezionare  la  medicina  pratica. 

Le  Memorie  destinate  a  tale  concorso  dovranno  essere  scritte  leggibilmente  in 
lingua  italiana,  suggellate,  munite  di  un'  epigrafe,  ed  accompagnate  da  un  viglietto 
egualmente  suggellato  ed  iscritto,  contenente  il  nome  dell'autore  ed  il  luogo  della  di 
lui  residenza*  Saranno  le  medesime  rimesse,  franche  di  spesa,  al  Presidente  della  Riu- 
nione degli  Scienziati  in  Torino,  prima  che  comincino  le  loro  sedute.  Le  Memorie 
non  premiate  coi  rispettivi  viglietti  saranno  consegnate  alle  fiattime,  a  meno  che  gli 
autori  non  le  reclamino.  L'autore  premiato  indicherà  poi  in  quale  città  commerciale 
egli  desidera  ricevere  il  premio. 

Giuseppe  Frank. 


193 


TENUTA  IL  DI  5  OTTOBRE  1839 


M-ibbe  incominciamento  questa  seconda  adunanza,  la  quale 
venne  onorata  dalla  presenza  di  S.  A.  I.  e  R.  il  Granduca 
Leopoldo  II,  dalla  lettura  del  Rapporto  della  seduta  dei  4  Ot- 
tobre e  dalla  discussione  intorno  alcuni  punti  della  Memoria 
letta  dal  Prof.  Giacomini  il  giorno  innanzi,  sulla  natura  e  la 
vita  del  sangue. 

Il  Cav.  Prof.  Bufalini,  al  concetto  dell'Autore,  non  potersi 
ricavar  nulla  di  utile  dall'esame  fisico-chimico  del  sangue  per 
la  impossibilità  di  esaminarlo  in  stato  di  vita,  opponeva: 

1."  Che  quasi  alla  medesima  condizione  stanno  le  alte- 
razioni de'  tessuti  organici.  Anche  in  queste  vi  ponno  essere 
guasti  avvenuti  dopo  la  morte,  e  nondimeno  il  loro  esame  è 
utilissimo,  perocché  in  quelle  alterazioni  si  possono  rinvenire 
alcuni  dati  che  siano  riferibili  all'anteriore  stato  degli  organi 
stessi.  E  se  valesse  la  ragione  della  morte  per  escludere  la  detta 
probabilità  di  utili  trovamenti,  i  vantaggi  dell'anatomia  pato- 
logica sarebbero  perduti. 

2."  Che  l'esame  microscopico,  o  chimico  del  sangue, 
sebbene  non  più  legato  colla  vita  de'  solidi,  non  lascia  di  poter 
essere  sorgente  di  criterj  utili,  e  riferibili  allo  stato  morboso,  o 
alle  cause  che  lo  promossero,  in  quella  guisa  che  il  processo 
più,  o  meno  rapido  della  putrefazione  di  un  cadavere  è  pure 
di  frequente  apprezzabile  indizio  della  qualità  dello  stato  mor- 
boso anteriore . 

25 


194 

3."  Che  quella  facile,  e  frequente  mutabilità  del  sangue 
che  l'Autore  adduceva  come  prova  della  sua  tesi,  proverebbe 
piuttosto  la  sua  maggiore  facilità  ad  alterarsi,  e  la  suscettibi- 
lità maggiore  di  quella  de' solidi  di  risentire  gli  effetti  degli 
agenti  morbosi.  Ed  ove  ciò  fosse,  altri  ajuti  non  avrebbe  la 
scienza  che  i  fisici  ed  i  chimici  per  ricercare  se  coteste  muta- 
zioni non  fossero  mai  le  cause  più  comuni  delle  umane  in- 
fermità . 

4."  Che  ]'  animale  economia  potendosi  riguardare  sotto 
la  duplice  serie  di  azioni  dinamiche,  e  di  azioni  chimiche,  seb- 
bene tali  azioni  non  seguano  leggi  del  tutto  uniformi  a  quelle 
della  inorganica  materia,  nondimeno  a  rendersi  ragione  di 
entrambe  non  basta  l'astratta  idea  della  vitalità,  ma  doversi 
ricorrere  a  quelle  luminose  analogie  che  spesso  sommini- 
strano i  mezzi  adoperati  nelle  scienze  fìsiche,  e  chimiche. 

5.°  Che  se  lo  stesso  Autore  concede  che  miasmi,  e  con- 
tagi entrano  nel  torrente  della  circolazione,  chi  può  decidere 
che  questi,  ed  altri  principj  una  volta  entrati  rispettino  le 
chimiche  affinità,  e  si  limitino  ad  agire  solo  dinamicamente, 
e  chi  potrebbe  determinare  quale  sia  la  principale  alterazione, 
se  quella  de'  fluidi,  o  quella  de' solidi? 

6.°  Del  resto  concludeva  l'illustre  Clinico  di  Firenze 
raccomandando  caldamente  la  utilità  de' tentativi  fisici,  e  chi- 
mici nelle  ricerche  sulla  natura  del  sangue,  che  se  l'umano  or- 
ganismo è  composto  di  solidi  e  di  fluidi ,  e  se  hanno  eguale 
importanza  nelle  ragioni  di  vita,  eguale  importanza  debbono 
pure  avere  ove  si  facciano  argomento  delle  nostre  esperimen- 
tali considerazioni  relativamente  allo  stato  sano,  o  morboso 
del  corpo  umano. 

7."  Che  qualunque  siasi  la  contradizione  delle  espe- 
rienze fìsiche,  e  chimiche  sul  sangue,  siccome  adduceva  l'Au- 
tore, ciò  non  esclude  la  possibilità  che  perfezionati  i  mezzi 
d'indagine  non  sian  conseguibili  dei  risultamenti  positivi^  giac- 


195 

che  le  grandi  verità  nelle  scienze  sono  pur  troppo  spesso  pas- 
sate attraverso  grandi  contradizioni . 

Alle  quali  avvertenze  l'egregio  Autore  della  Memoria  re- 
plicava: non  aver  dichiarato  l'inutilità  delle  ricerche  fisiche, 
e  chimiche  in  quanto  al  sangue  morto,  e  ai  suoi  prodotti,  ma 
avere  soltanto  dimostrato  che  per  tali  ricerche  non  si  può  co- 
noscere la  condizione  del  sangue  quale  era  mentre  esso  circo- 
lava colla  vita^  e  tutto  ciò  che  si  riferisce  all'esame  del  sangue 
morto  è  di  vera  chimica,  laddove  ciò  diesi  riferisce  al  sangue 
vivo  è  di  altra  sfera  di  leggi . 

Aggiungeva:  che  esatto  non  sembravagli  il  paragone 
tra  le  alterazioni  mutabili,  e  fuggevoli  d'un  fluido,  e  le  al- 
terazioni grossolane,  e  permanenti  degli  organici  tessuti^  quin- 
di la  osservazione  su  queste  ultime  resta  sempre  nella  pie- 
nezza della  sua  validità  e  utilità ,  essendo  per  questa  princi- 
pale ragione  l'anatomia  patologica  il  saldo  fondamento  della 
scienza  nostra. 

E  qui  il  Professor  Bufalini  interrompendo  fece  avvertire, 
che  l'analogia  da  lui  esposta  avea  solo  riguardo  all'essere  tanto 
il  sangue  fuori  dei  vasi,  che  i  tessuti  alterati  nel  cadavere, 
ambedue  parti  morte,  e  che  questa  condizione  di  morte  co- 
mune ad  entrambi  come  non  escludeva  l'utilità  delle  ricerche 
ne' tessuti,  sembravagli  non  dovesse  escluderla  nemmeno  nel 
sangue . 

Il  Giacomini  continuando  sulla  utilità  da  lui  non  negata 
alla  chimica,  aggiungeva  che  appunto  la  chimica  ha  mostrato 
col  progredire,  che  quelle  stesse  deduzioni  che  ne' tempi  pas- 
sati si  credevano  stabilite,  più  non  reggono  oggi^  e  che  nella 
chimica,  e  ne' suoi  avanzamenti  odierni  egli  riconosce  l'inesti- 
mabile beneficio  di  averci  disingannati  sulla  speranza  di  potere 
per  quella  via  internarci  nel  secreto  della  vita  ,  e  doverci  rivol- 
gere ad  altre  ricerche  per  acquistare  cognizioni  meno  oscure, 
ed  erronee  intorno  alla  natura  del  sangue. 


196 

Troncata  la  discussione,  il  Professor  Presidente  invitò  il 
Corneliani,  Professore  di  Clinica  nell'Università  di  Pavia,  alla 
lettura  della  sua  Memoria,  la  quale  consistette  in  due  storie  di 
Diabete,  nel  ragguaglio  de' chimici  esperimenti  fatti  sugli 
umori  di  due  diabetici,  nella  esposizione  di  molta  parte  zucche- 
rina ottenuta  dal  sangue,  dalle  urine,  e  dalla  pasta  chimosa 
dello  stomaco  di  detti  infermi,  i  quali  prodotti  contenuti  in 
vasi  di  vetro  il  benemerito  Professore  rese  ostensibili  all'  as- 
semblea^ e  dalle  dette  storie,  ed  esperienze  traeva  l'illustre 
Clinico  alcuni  patologici,  e  terapeutici  corollarj,  tra  i  quali 

i.°  Che  la  condizione  essenziale  del  Diabete  sembra 
consistere  in  uno  stato  abnorme  dello  stomaco. 

2/  Che  a  questo  stato  morboso  dello  stomaco,  e  non 
ai  reni  sia  dovuta  la  morbosa  separazione  dello  zucchero  in 
questa  malattia.  ' 

5."  Che  l'uso  del  Creosoto  sia  indispensabile  in  questa 
malattia  per  togliere  la  turbata  innervazione  dello  stomaco,  e 
per  fissare  l'albumina  nel  sangue,  e  impedire  il  decadimento 
della  nutrizione. 

4."  Che  l'uso  contemporaneo  della  dieta  animale  sia 
altresì  necessario  per  restituire  materiali  omogenei  alla  speciale 
attitudine  assimilativa  del  viscere  affetto . 

5."  Le  quali  ultime  proposizioni  terapeutiche  sembra- 
vangli  provate  dalla  osservazione  fatta,  che  l'uno  dei  suoi  ma- 
lati tenuto  a  vitto  animale  presentava  albumina  e  non  zucchero 
nelle  urine,  l'altro  del  pari  sotto  Fuso  esclusivo  del  vitto  ani- 
male presentava  assai  minore  la  forma  diabetica  con  deficienza 
notabile  dello  zucchero,  il  quale  si  vedea  ricomparire  si  tosto 
che  si  passava  al  vitto  vegetabile. 

Dopo  di  che  la  Sezione  fu  sciolta ,  comunicando  una  let- 
tera del  Presidente  generale  colla  quale  si  invitavano  tutti  i 
rappresentanti  de' Corpi  scientifici,  come  Collegi,  Università, 
Accademie,  a  dare  i  loro  rispettabili  nomi  al  Segretario  gene- 


197 

rale  al  più  presto  possibile,  onde  ne  fosse  fatta  menzione  nella 
prossima  generale  Adunanza. 

Il  Segretario  della  Sezione  —  PROF.  FRANCESCO  PUCCINOTTl. 
Il  Presidente  -  C^T.   PROF.   GIACOMO    TOM3IASINI. 


TENUTA   IL    DI    7    OTTOBRE    1859 


11  Presidente  comunicò  all'adunanza,  che  a  cagione  del  nu- 
mero eccedente  delle  INIemorie,  e  della  necessità  di  dare  spazio 
sufficiente  alle  discussioni  si  era  disposto,  che  oltre  alle  due  ore 
consuete,  una  altr' ora  sarebbe  stata  destinata  alle  discussioni, 
e  quindi  le  sedute  si  sarebbero  protratte  dalle  12  alle  5  pome- 
ridiane. 

Lettosi  quindi  il  processo  verbale  della  seduta  dei  3  Ot- 
tobre, il  Professor  Presidente  invitò  il  Dottor  Giuseppe  Terra- 
rio, Medico  di  Milano,  a  leggere  la  sua  Memoria  intitolata 
=  Ragionamenti  sulV utilità  e  necessità  della  Statistica  pato~ 
logica^  terapeutica  e  clinica^  e  pensamenti  sulla  istituzione  di 
una  statistica  clinica  nazionale  e  magistrale^  consentanea  alla 
filosofia  medica  del  secolo  XIX  =8. 

Quanto  alla  statistica  patologica  ricordava  il  Ferrarlo 
come  anche  il  Bufalini  la  raccomandi  ne'  suoi  Fondamenti 
di  Patologia  analitica. 

La  terapeutica  e  clinica,  allorché  trattisi  di  contagio  epi- 
demico esotico  di  cui  si  ignori  la  cura,  dovrebbe  consistere 
neir  instituire  con  parecchi  rimedj  una  sperienza  di  compara- 


198 
zione  clinica  sopra  oOO,  o  600  malati,  onde  da  queste  com- 
parazioni resultasse  infine  la  prova  de'  mezzi  inutili,  o  dannosi, 
e  de' proficui.  Ciò  che  si  fa  per  i  rimedj,  doversi  e  potersi  fare 
anche  pei  Metodi  indicati  dai  diversi  sistemi  vigenti.  Sotto- 
porre cioè  anche  questi  ad  una  statistica  clinica  comparativa. 
E  proponeva  a  questo  fine  che  ne' grandi  Ospedali  si  apparec- 
chino tre,  o  quattro  sale,  ciascuna  delle  quali  sia  capace  per 
lo  meno  di  50  malati  da  riceversi  per  turno  senza  scelta .  Po- 
sti alla  direzione  delle  cure  degl'  infermi  di  queste  diverse  sale 
Medici  di  sistemi  fra  loro  diversi,  doversi  tenere  esatto  conto 
dei  risultamenti  clinici  di  ciascuno,  notando  i  guariti,  morti, 
rimasti,  cronici,  recidivi,  insanabili  ec.  E  cotesti  direttori  do- 
vrebbero essere  sorvegliati  da  una  Commissione  composta  di 
INIedici,  e  di  altri  scienziati  d'integra  fede. 

Intanto  che  questo  grande  sperimento  clinico-comparativo 
si  organizzi  proponeva  infine  il  Terrario  di  incominciare  col 
raccorre  un  gran  numero  di  nudi  fatti  stampando  le  Tavole 
cliniche  mensili ,  ed  annuali  delle  Infermerie  degli  Ospedali  ^ 
delle  quali  tavole  egli  fu  cortese  di  presentare  all'adunanza  un 
modello  da  lui  immaginato,  e  concluse  la  sua  Memoria  col  far 
voti  perchè  da  cotesto  incominciamento  fosse  possibile  infine 
ottenere  la  istituzione  d'una  Statistica  clinica  nazionale. 

Appresso  il  Professor  Menici  sottopose  al  giudizio  degli 
esperti  Chirurgi  che  onoravano  F  assemblea  tre  istrumenti  chi- 
rurgici da  lui  immaginati .  Il  primo  era  un  Frangi-pietra,  de- 
stinato a  introdursi  in  vessica  dalla  parte  del  perineo,  allorché 
il  calcolo  voluminoso  non  può  essere  estratto  dalla  fatta  in- 
cisione . 

Il  Prof  Pecchioli  osservò  che  le  labbra  della  ferita  pote- 
vano rimaner  lacerate  insieme  col  collo  della  vessica  per  la 
mole  dell' istrumento. 

Il  Professor  Regnoli  avvertiva ,  che  la  ipertrofia  della  ves- 
sica spesso  associata  al  calcolo  voluminoso  era  di  impedimento 


199 

per  abbracciare  il  calcolo,  e  segarlo:  potersi  ottenere  il  mede- 
simo intento  servendosi  dello  strumento  dell'Hourteloupe  senza 
danno  delle  pareti  vessicali:  che  non  potendosi  valere  della  ci- 
stotomia  perineale  né  della  litontrizia,  meglio  sarebbe  ricor- 
rere in  tali  casi  all'alto  apparecchio.  Richiese  infine  che  seb- 
bene le  condizioni  della  vessica  di  un  cadavere  siano  diverse 
da  quelle  dell'individuo  calcoloso,  l'illustre  Inventore  speri- 
mentasse il  suo  strumento  sul  cadavere,  onde  apprezzarne  giu- 
stamente il  valore . 

Al  che  il  Prof.  Menici  acconsentiva. 

Il  secondo  istrumento  presentato  consisteva  in  una  specie 
di  Faringotomo  falcato,  col  quale  l'Autore  proponevasi  di  ese- 
guire la  cistotomia  vagino-vessicale . 

Al  che  pure  si  fece  dai  ProfF.  Regnoli  e  Pecchioli  notare, 
che  con  un  bisturi  ben  diretto  si  poteva  ottenere  lo  stesso  in- 
tento che  r  Inventore  si  era  proposto . 

Il  terzo  istrumento  fu  un  Erniotomo  destinato  esclusiva- 
mente per  le  ernie  crurali  sull'uomo,  onde  incidere  il  liga- 
mento  del  Gimbernard  senza  offesa  dell'  arteria  otturatrice 
quando  nasce  dall'epigastrica. 

Sull'uso  del  quale  istrumento  i  Professori  Regnoli,  Pacini 
e  Pecchioli  fecero  osservare  la  difficoltà  della  sua  introduzione 
tra  il  collo  del  sacco  erniario  e  il  viscere  abdominale,  la  diffi- 
coltà che  il  ligamento  suindicato  per  la  sua  morbosa  spessezza 
possa  entrare  nella  lieve  apertura  dell' istrumento,  e  la  necessità 
di  dovere  ricorrere  a  più  bisturi,  onde  ottenere  l'intento  che 
l'iVutore  si  era  proposto. 

Le  quali  opposizioni  non  andarono  però  disgiunte  da  un, 
benché  tacito,  general  sentimento  di  gratitudine  verso  l'illu- 
stre Autore  per  la  sua  plausibile  industria  nell'  aver  immagi- 
nato, e  fatto  costruire  gl'indicati  istrumenti  coli' egualmente 
plausibile  scopo  di  facilitare ,  e  meglio  assicurare  certe  chirur- 
giche operazioni. 


200 

Fu  quindi  invitato  a  leggere  il  Prof.  Geromini,  la  di  cui 
Memoria  si  aggirò  intorno  una  parte  di  Programma  di  un 
Giornale  da  lui  intitolato  11  Misontologo .  Ma  la  lettura  di 
questo  erudito  lavoro,  nel  quale  l'Autore  proponevasi  un  esa- 
me critico  delle  principali  patologie  si  antiche  che  nuove, 
dovette  rimanere  sospesa  per  la  necessità  di  dare  lo  spazio  di 
un'ora  alle  discussioni. 

Apertesi  in  questo  le  controversie,  il  Giacomini  riprese  la 
difesa  di  alcuni  punti  della  sua  Memoria,  convenendo  essere 
possibile  un  inquinamento  negli  umori  anteriore  alla  comparsa 
del  morbo  nei  solidi;  ma  come  nelle  malattie  contagiose,  o  di 
incubazione,  la  terapia  non  comincia  a  mostrarsi  efficace  che 
quando  l'affezione  è  nei  solidi,  cosi  restava  fermo  il  suo  con- 
cetto che  a  questi,  e  non  a  quelli  dovevano  dirigersi  le  azioni 
medicamentose. 

Il  Prof.  Bufalini  concluse,  che  quando  si  ammetta  una 
possibile,  e  frequente  alterazione  ne' fluidi  anteriore  a  quella 
de' solidi,  ogni  ulteriore  questione  rimaneva  superflua,  biso- 
gnando ammettere  insieme  la  necessità  di  correggere,  o  to- 
gliere, o  prevenire  la  detta  alterazione. 

E  qui  il  Giacomini  ritornando  sulle  cose  lette  sosteneva 
aver  provato  le  alterazioni  del  sangue  non  essere  malattie  es- 
senziali; ma  esistere  come  sintomi  dello  stato  morboso  degli 
organi:  e  come  tali  doversi  studiare;  e  questo  studio  istituito 
sul  sangue  estratto  rendeva  utili  le  ricerche  fisiche  e  chimiche 
del  sangue.  La  di  cui  inutilità  egli  protestava  non  aver  mai 
dichiarato  per  altro,  che  per  raggiungere  la  cognizione  del- 
l'essere del  sangue  durante  la  vita. 

E  il  Bufalini  alla  ripetuta  protesta  rendeva  una  risposta 
finale  col  seguente  dilemma:  o  la  Memoria  del  Giacomini  mi- 
rava a  provare  l'inutilità  degli  studj  fisici  e  chimici  del  san- 
gue, e  avrebbe  avuto  uno  scopo  utile;  o  mirava  solo  a  provare 
che  con  tali  studj  non  acquistavasi  la  cognizione  della  vita  del 


201 

sangue ,  ed  era  inutilissiina,  perchè  niuuo  aveva  mai  preteso 
di  raggÌLingere  con  quelli  una  cognizione  siffatta^  e  però  egli 
imprendeva  a  dimostrare  ciò  che  già  fu  sempre  nella  persua- 
sione d'ognuno. 

Il  Prof.  Del  Punta  Archiatro,  e  il  Cav.  Prof.  Betti  ripren- 
devano la  questione  sull'esempio  addotto  delle  malattie  sifiliti- 
che. Sosteneva  il  primo  esser  possibile  l'inquinamento  del 
sangue,  sebbene  questo  non  si  presenti  correggibile  dallo  spe- 
cifico rimedio  avanti  la  comparsa  dell'ulcera,  o  dello  scolo 
uretrale^  e  l'inelìicacia  del  rimedio  specifico  nel  periodo  di  in- 
cubazione non  esclude  che  l'ammesso  inquinamento  non  possa 
risentire  i  vantaggi  d'altri  mezzi  terapeutici. 

Il  Prof.  Betti  appigliandosi  al  fatto  della  innocuità  delle 
secrezioni  durante  il  periodo  d'incubazione,  sosteneva,  il  san- 
gue non  poter  essere  che  un  veicolo  del  principio  venereo,  e 
questo  principio  non  esistervi  in  modo  da  potersi  dire  inqui- 
namento o  discrasia,  altrimenti  si  dovrebbe  aver  lue  da  tutte  le 
secrezioni,  il  che  non  è. 

Fattosi  qui  il  Prof.  Tommasini  in  mezzo  a'  disputanti  di- 
mandava se  non  fosse  possibile,  die  il  non  comunicarsi  la  si- 
filide per  coito  impuro  finché  la  malattia  non  si  manifesta  nei 
solidi,  comprovasse  piuttosto  che  la  delitescenza  del  veleno 
avesse  luogo  nei  solidi,  e  la  malattia  comunicabile  non  esi- 
stesse se  non  quando  l'organo  ha  concepito  speciali  attitudini 
morbose.  Ciò  conceduto,  se  ne  potrebbe  inferire,  che  siccome 
la  malattia  locale  non  esiste  se  non  che  quando  si  è  creato 
quasi  un  organo  patologico,  lo  inquinamento  comunicabile 
consecutivo  fosse  un  effetto  di  ripetizione,  o  irradiazione  di 
condizion  patologica?  L'esempio  del  tetano  da  causa  trauma- 
tica parve  suggellare  la  proposizione  conciliatrice  del  Clinico 
illustre. 

Il  Segretario  della  Sezione  —  Pi?OF.  FRÀyCESCO  PVCCiyOTTI. 

Il  Presidente  -  C^T.   PROF.    GIACOMO    TOMMASISI. 

26 


202 


TENUTA  IL  Di  9  OTTOBRE  1859 


I 


1  Prof.  Presidente  annunziò,  come  il  Dottor  Pacini  di  Pi- 
stoja  avrebbe  dimostrato  sul  cadavere  alcuni  nuovi  corpicelli 
organici  da  lui  discoperti  lungo  i  nervi  della  mano,  e  nominò 
a  questo  fine  una  Commissione  composta  dei  Professori  Bufa- 
lini,  Regnoli,  Betti,  e  Del  Chiappa. 

Annunciò  del  pari ,  che  il  Prof.  Geromini  proponeva 
all'adunanza  un  Premio  consistente  in  un  Quadro  creduto  di 
Leonardo  da  Vinci,  a  quella  Memoria  intorno  alla  Dottrina 
delle  Febbri,  che  la  ventura  Riunione  de'  Dotti  del  1840  avesse 
giudicata  la  più  degna.  Il  Presidente  pregava  in  pari  tempo  il 
generoso  Professore  di  accompagnare  la  sua  offerta  con  docu- 
menti di  Accademie  di  Belle  Arti  intorno  alla  originalità  del 
Quadro  suddetto. 

Si  lesse  quindi  il  Rapporto  dell'adunanza  dei  7  Ottobre, 
e  venne  approvato. 

Invitato  il  Dott.  Giovanni  Polli  di  Milano,  lesse  una  Me- 
moria consistente  in  una  serie  di  Osservazioni,  Esperienze  e 
Ragionamenti  sulla  natura  del  Diabete,  e  la  formazione  dello 
zucchero  in  questa  malattia .  E  dalla  esposizione  di  tali  esperi- 
menti resultò  che  F  apparato  digerente  è  la  sede  morbosa  della 
malattia,  che  questa  consiste  in  una  speciale  morbosa  azione 
dello  stomaco,  per  cui  l'atto  digerente  va  quasi  a  convertirsi 
in  un  processo  di  saccarificazione:  che  cotesto  stato  morboso 
non  è  né  una  flogosi,  nò  una  irritazione,  né  una  debolezza^  ma  è 


205 

una  deviazione  del  modo  fisiologico  dell'organo  che  potrebbe 
^piuttosto  chiamarsi  neurosi  gastrica  di  speciale  indole,  e  che 
le  flos:osi,  le  con2:estioni,  ed  altro  che  si  associ  a  cotesto  stato 
primitivo  morboso  devono  riguardarsi  come  conseguenze,  o 
complicazioni   accidentali   della  malattia. 

Terminata  la  applaudita  IMemoria  del  Polli,  il  Comi  ro- 
mano presentò  alcuni  pezzi  anatomici  solidificati  come  quelli 
del  Segato.  Il  Professor  Presidente  a  esaminare  il  pregio  di  essi 
deputò  i  Professori  Betti,  Pecchioli,  e  Taddei.  I  due  primi  tro- 
varono i  pezzi  del  Comi  più  cornei,  o  cartilaginei  di  quello 
che  lapidei,  e  il  Prof.  Taddei  conchiuse  che  caratterizzarli  con 
esattezza  non  si  poteva,  se  non  se  ne  istituiva  confronto  con 
quelli  stessi  del  Segato . 

Si  passò  alla  lettura  della  Memoria  del  Prof.  Bouros  rap- 
presentante della  Università  d'x\tene.  Dette  egli  un  esatto  rag- 
guaglio sì  geografico,  che  geologico,  e  chimico,  e  diremo  an- 
che archeologico  delle  principali  acque  minerali  della  Grecia, 
indicando  di  molte  anche  gli  usi  medici,  e  presentando  inoltre 
all'adunanza  una  sua  Opera  pubblicata  in  Atene  in  lingua  la- 
tina e  greca,  intitolata  Farmacologia^  offrendo  ancora  varj 
numeri  d'un  Giornale  di  Medicina  che  colà  si  pubblica  intito- 
lato L'Esculapio,  e  dando  così  testimonio  all'Italia  del  rinasci- 
mento, e  progresso  delle  scienze  mediche  in  quella  classica 
terra . 

Apertasi  la  discussione  il  Prof.  Menici  dichiarò,  come  per 
gravi  motivi  egli  si  rifiutava  dal  procedere  all'esperimento 
pubblico  del  suo  Frangi-pietra  sul  cadavere,  e  lesse  due  lettere, 
una  del  celebre  Scarpa  e  l'altra  del  Palletta,  nelle  quali  si  pro- 
nunziava un  voto  favorevole  intorno  al  suo  istrumento. 

Quindi  il  Dott.  Turchetti  avendo  domandata  la  stampa 
della  modula  delle  Statistiche  negli  Ospedali  presentata  due  gior- 
ni innanzi  dal  Dott.  Ferrano^  sulla  utilità  della  detta  Tabella 
si  accese  una  dotta,  e  interessante  discussione  fra  i  Professori 


204 

Tommasini,  Del  Punta,  Betti,  ed  il  Dott.  Ferrano,  in  mezzo  ai 
quali  entrava  il  Bufalini  con  un  suo  ragionamento,  che  conte- 
neva le  seguenti  proposizioni. 

ce  Le  statistiche  si  possono  riferire  alle  cagioni  delle  malat- 
tie, o  ai  segni  di  queste,  o  ai  metodi  di  cura,  vale  a  dire  lo 
scopo  di  esse  può  essere  di  riconoscere  specialmente  o  l'una  o 
l'altra  delle  predette  pertinenze  delle  nostre  infermità. 

In  ogni  caso  lo  studio  nostro  intende  a  stabilire  un  rap- 
porto fra  la  causa  e  l'effetto.  Se  non  che  poi  una  grande  e  fon- 
damentale differenza  separa  la  scienza  dei  corpi  organici  da 
quella  di  molte  parti  delle  scienze  fisiche. 

In  queste  i  fatti  si  possono  ridurre  a  tale  semplicità  da 
non  avere  in  considerazione  che  una  causa  e  un  effetto,  e  scor- 
gere quindi  l'immediato  rapporto  fra  causa  semplice  ed  effetto 
semplice .  Allora  verificato  questo  rapporto  alcune  volte,  si  può 
inferirne  che  sempre  sarà  il  medesimo,  e  quindi  fissare  per 
legge  generale,  che  quella  è  la  causa  vera  di  quel  dato  effetto, 
o  che  questo  deriverà  sempre  da  quella. 

Nei  corpi  organici,  all'incontro,  i  fatti  da  considerarsi 
sono  composti:  molte  cooperanti  cagioni  scorgiamo  sempre 
come  possibili  generatrici  di  un  dato  fenomeno.  Così  noi  non 
esaminiamo  quasi  mai  il  rapporto  immediato  di  questo  con 
una  semplice  ed  immediata  cagione*,  ma  esaminiamo  soltanto 
un  rapporto  remoto  di  causa  ad  effetto.  Fra  la  cagione  che  noi 
possiamo  considerare  e  l'effetto  sensibile,  al  quale  la  riferiamo, 
esiste  una  serie  intermedia  di  occulte  azioni  che  non  possiamo 
valutare.  Ciò  verificasi  egualmente,  quando  riguardiamo  alle 
cagioni  esterne  genitrici  di  turbamenti  d'organi  o  di  funzioni, 
o  ai  sintomi  risultanti  da  un'interna  alterazione,  o  ai  metodi  di 
cura  dileguanti  gli  stati  morbosi .  Quindi  avviene  che  forse  non 
una  cagione  produce  costantemente  la  stessa  malattia,  non  un 
sintoma  costantemente  l'accompagna,  non  un  rimedio  costan- 
temente la  vince.  A  fronte  di  qualunque  gran  numero  di  volte. 


205 

nel  quale  siasi  trovato  costante  il  collegamento  di  causa  ed  ef- 
fetto nell'economia  animale,  può  non  di  raro  sopravvenirne 
l'eccezione.  Noi  vedemmo  la  virtù  delia  vaccinazione  confer- 
mata, si  può  dire,  da  milioni  d'osservazioni  concordi,  non  essersi 
poi  dimostrata  più  la  medesima.  Da  tutto  ciò  segue  per  mio 
avviso  una  regola  fondamentalissima,  ed  è,  che  le  osservazioni 
nostre  intorno  alle  malattie  umane  non  ci  possono  condurre  a 
conchiusioni  o  a  leggi  generali ,  ma  le  verità  della  nostra 
scienza  siamo  costretti  di  esprimere  colla  formola  seguente:  — 
Causa  A  congiunta  all'  effetto  B,  finora  in  ragione  di  tante 
volte   per  cento . 

Ciò  posto  apparisce  chiara  l'utilità  delle  statistiche,  anzi 
da  queste  sole  doversi  la  medicina  aspettare  quella  maggiore 
precisione,  di  cui  sia  suscettiva.  Nò  credo  che  le  verità  già  pos- 
sedute si  abbiano  dimostrate  per  altro  modo.  Che  se  non  furono 
compilate  statistiche  esatte,  ognuno  però  nella  propria  mente 
facendo  calcoli  approssimativi  conchiuse,  che  tale  cagione  il 
più  delle  volte  generava  la  tale  infermità,  il  tale  sintonia  il 
più  delle  volte  la  rappresentava,  il  tale  rimedio  il  più  delle 
volte  la  vinceva. 

Però  una  statistica  in  qualche  modo  esìste  di  già,  e 
quindi  ora  volendo  noi  compilare  statistiche  con  maggiore 
esattezza,  non  siamo  costretti  di  cominciare  a  compilarle 
come  a  caso. 

Le  già  fatte  per  modo  d'approssimazione  ci  danno  le  pro- 
babilità, colle  quali  dobbiamo  condurci  nei  metodi  curativi. 

Ove  queste  ci  manchino,  ci  sia  lecito  derivarle  dalle  ana- 
logie ricavate  dalla  considerazione  del  corpo  umano  in  istato 
di  salute  o  dalle  sperienze  sugli  animali. 

Tale  credo  sia  la  regola  coscienziosa,  colla  quale  il  Medico 
debba  procedere  nelle  sue  investigazioni  per  la  formazione  delle 
statistiche.  Per  le  quali  poi  non  credo  necessarie  particolari 
discipline^  ma  solo  che  i  Medici  s'intendano  bene  fra  loro  del 


206 

metodo  vero  di  compilarle,  e  della  forza  di  conchiusione  che 
possono  avere.  Al  che  principalmente  io  richiamo  l'attenzione 
di  questa  dotta  Riunione  w. 

Ma  a  questo  termine  il  Professor  Presidente  concludeva 
la  discussione  col  decidere,  che  per  sodisfare  alle  istanze  di 
molti  la  Tabella  del  Terrario  venisse  stampata,  e  distribuita  a 
que' componenti  l'adunanza  che  la  desiderassero,  onde  medi- 
tata, e  modificata  ancora  se  occorre,  potesse  essere  generalizzata 
negli  Ospedali  d'Italia  per  il  voto  eziandio  della  ventura  Riu- 
nione de'  Scienziati  del  1840. 

Il  Segretario  della  Sezione  —  PROF.  FRANCESCO  PXJCCiyOTTJ. 
Il  Presidente  -  CAV.  PROF.  GIACOMO  TOMMASINI. 


TENUTA   IL,    DI    10    OTTOBRE    1859 


roposte  dal  Prof.  Betti  e  dal  Dott.  Gaspare  Barzellotti  alcune 
opportune  emendazioni,  ed  aggiunte  da  farsi  al  Rapporto  della 
ultima  passata  adunanza,  fu  primieramente  riparato  ad  una 
omissione  in  quello  seguita ,  facendo  in  questo  menzione  del 
pregevole  dono  del  Prof.  Giacomo  Barzellotti  di  molte  copie 
della  sua  Memoria  stampata  Sulla  influenza  della  povertà  nelle 
epidemie^  e  di  queste  su  quella^  da  distribuirsi  a  tutti  i  rispet- 
tabili componenti  la  INIedica  Sezione,  ricordando  anche  la  Let- 
tera che  accompagnava  il  dono  suddetto,  nella  quale  il  Bar- 


207 

zellotti  esprimeva  il  suo  forte  rammarico  eli  non  potere,  per 
indisposizione  di  salute,  intervenire  e  prender  parte  alle  nostre 
scientifiche  adunanze. 

Venne  anche  indicata  altra  emendazione  all'articolo  ri- 
guardante i  pezzi  anatomici  presentati  dal  Comi,  là  dove  di- 
ceva che  i  detti  pezzi  erano  stati  solidificati  come  quelli  del 
Segato'^  dovendosi  invece  dire,  con  un  metodo  che  il  Comi  sup- 
pone simile  a  quello  del  Segato. 

In  seguito  si  comunicarono  all'adunanza  alcune  lettere 
di  Scienziati  assenti,  come  del  celebre  Prof.  Melloni,  del  Prof. 
De  Renzi,  del  Prof,  Rivaz  Medico  de' Bagni  d'Ischia,  del  Prof. 
Farrio  Medico  in  Venezia,  del  Prof.  Nardo,  del  Prof.  Strambio, 
colle  quali  mostravansl  dolentissimi  di  non  potere  intervenire 
alla  Riunione  Italiana^  e  si  presentarono  in  pari  tempo  le  Me- 
morie, e  le  Opere  che  essi  mandavano  in  dono  alla  Società. 

Il  Dott.  Thaon  lesse  un  Programma  di  un  Premio  che  egli 
medesimo  stabiliva  per  quella  Memoria  che  contenesse  il  mag- 
gior numero  di  osservazioni  intorno  all'uso  di  un  tal  metodo 
curativo  dello  scirro  delle  mammelle,  che  il  Dott.  Francesco 
Gentili  aveva  trovato  costantemente  profittevole.  Comunicato 
quindi  il  metodo  curativo  suddetto,  assegnava  per  premio  la 
somma  di  Lire  400,  che  egli  depositerebbe  nella  Cassa  di 
Risparmio  di  Pisa.  Una  Commissione  Medica  che  sarebbe  stata 
nominata  nella  Riunione  scientifica  del  1841,  dovrebbe  con- 
ferire il  premio  suddetto. 

Il  Prof.  Giulj  leggeva  il  Ragguaglio  di  molte  esperienze 
da  lui  fatte  sullo  stato  elettrico  di  quelli  infermi  che  prende- 
vano i  bagni  di  Montecatini,  e  sulle  relazioni  che  il  detto  stato 
elettrico  aveva  colle  malattie  de'  diversi  organi,  e  coll'aumen- 
tarsi,  o  decrescere  di  queste,  invitando  i  Medici  de' Bagni  a 
ripetere  le  sue  osservazioni . 

Il  Dott.  Valentino  Fassetta  lesse  un  Voto  medico-psicolo- 
gico aggirantesi  intorno  alla  direzione  morale  delle  mentecatte 


208 

del  Marocomio  femminile  di  Venezia,  sottoposto  alle  sue  medi- 
che cure,  e  ragguagliò  l'adunanza  intorno  alla  utilità  di  una 
Tabella  statistica  ch'egli  esibiva,  dimostrante  il  movimento  ge- 
nerale del  detto  Marocomio  negli  anni  1837  e  58,  riguardato 
sotto  l'aspetto  delle  Cause  delle  affezioni  mentali  disposte  in 
ordine  alfabetico,  desiderando  che  gli  altri  medici  addetti  a 
simili  ospizi!  adottassero  il  metodo  da  lui  proposto.  Il  con- 
fronto (diceva  concludendo  la  sua  applaudita  ^Memoria  il  Pas- 
setta) di  una  serie  di  Tavole  sinottiche  delle  cause,  e  corrispon- 
denti cifre  numeriche  degli  alienati  di  varii  luoghi  per  climi, 
costumi,  abitudini,  religioni,  leggi  e  cultura  diversi,  spande- 
rebbe senza  dubbio  una  luce  nuova  atta  a  dissipar  tante  tene- 
bre che  inviluppano  la  scienza  fisico-psicologica,  la  qual  luce 
benché  da  tutti  desideratissima,  si  ricerca  da  pochi. 

Il  Dott.  Pacini  Professore  nella  Università  di  Lucca  lesse 
intorno  all'efficacia  del  metodo  del  Tranchina  siciliano  per 
rendere  incorruttibili  i  cadaveri,  ed  esibì  due  Mummie  da  lui 
preparate  col  detto  metodo,  e  conservantesi  da  cinque  anni, 
concludendo  la  sua  lettera  col  proporre  all'adunanza  un  que- 
sito, cioè;  =  se  vi  possa  esser  pericolo  di  venefico  assorbimento 
per  l'anatomico  che  lavora  in  un  cadavere  imvebuto  di  liquidi 
arsenicali  = . 

Il  Dott.  Innocenzo  Federici,  Medico  di  IMessina,  lesse  sulla 
formazione,  e  natura  della  cangrena  secca.  A  lui  piacque  di 
considerare  il  morbo  in  genere  come  una  evoluzione  di  una 
potenza  in  sequela  di  fatti^  de'  quali  il  primo  dà  impulso  al 
secondo,  che  svol ferendosi  dal  canto  suo  2:uada2:na  individualità 
propria j  il  secondo  comunica  impulso  al  terzo,  e  cosi  via  di- 
scorrendo finché  non  sia  sviluppata  la  serie  de'  fatti,  che  in- 
divisa abbraccia  intera  l'essenza  del  processo  morboso.  Da  ciò 
procede,  secondo  il  Federici,  chiarissima  la  ragione  de'  periodi, 
del  corso,  della  conferenza  di  rimedj  diversi  in  un  medesimo 
male. 


209 

Il  primo  fatto  impercettibile  che  domina  il  processo  mor- 
boso, ma  che  noi  comprende  tutto,  potrà  venir  detto  germe 
dell' e^>ohizione^  e  la  manifestazione  del  quale  piìi  o  meno  visi- 
bile sarà  da  tenersi  formo  la  di  quella.  I  fattori  dinamici,  idrau- 
lici, chimici  presi  nella  comune  significazione  non  dovranno 
essere  considerati  rappresentanti  dell'essenza  sconosciuta  dei 
morbi,  ma  attributi  o  proprietà  di  questi. 

Dopo  aver  enunciato  tali  principj  il  Federici  si  volse  a 
cercare  \a  formo  la  della  cangrena  secca.  Da  prima  narrò  due 
storie,  in  una  delle  quali  avendo  trovato  vóto  lo  spazio  arte- 
rioso interposto  tra  il  grumo  che  chiudeva  la  poplitea  sinistra 
e  il  limite  dell'escara,  il  quale  spazio  vóto  era  in  stretto  rap- 
porto colla  secchezza  dell'escara  cangrenosa  e  l'iperemia  del 
viluppo  venoso-,  nell'altra  storia  non  rinvenendo  grumo  nelle 
arterie,  che  in  ambidue  erano  prive  le  pareti  di  traccia  di  flo- 
gosi,  egli  fu  condotto  a  congetturare,  la  formola  della  can- 
grena secca  essere  il  movimento  retrogrado  del  sangue  entro 
i  vasi. 

Invocò  egli  a  conforto  di  questo  concepimento  le  cause. 
L'azione  del  freddo  quale  ripercussivo  dei  fluidi  nell'interno^ 
l'associamento  frequente  delle  lesioni  organiche  del  cuore  e 
de'  grossi  vasi  con  quella  malattia  che  dà  a  divedere  dipendenza 
comune  da  comune  fattore,  tutte  queste  cose  a  parere  dell'Au- 
tore concorrevano  a  rinforzare  la  sua  congettura. 

Infine  il  Federici  tolse  a  sperimentare  la  segala  cornuta 
sugli  animali,  come  quella  che  cimentata  sull'uomo  suole  ge- 
nerare la  cangrena  secca^  e  quindi  l'azione  sua  sarebbe  stata 
identica  a  quella  della  causa  morbosa  che  questo  male  produ- 
ce. Provata  la  segala  cornuta  su  gli  anellidi  e  le  rane,  cjuesti 
nella  maggior  parte  hanno  presentato  il  movimento  anti-peri- 
staltico  delle  arterie. 

Per  le  considerazioni  su  i  due  casi  di  cangrena^  per  gli 
sperimenti  della  segala  cornuta  sugli  animali,  il  Federici  con- 

27 


210 

eluse:  il  monmento  anti-peristaltìco  delle  arterie  essere  la  for- 
mula probabile  della  cancrena  secca.  Da  ultimo  terminava  il 
suo  discorso  mostrando  desiderio,  che  altri  torni  a  ripetere 
quelle  sperienze^  e  seguitandole  negli  animali  di  ordine  supe- 
riore confermi  o  distrugga  il  suo  patologico  concetto. 

Il  Prof.  Pecchioli  di  Siena  fece  all'adunanza  un  Rendi- 
conto di  operazioni  di  litotomia  da  lui  eseguite  nello  spazio  di 
8  anni,  cioè  dal  Settembre  del  1851  al  Settembre  del  1839. 
Egli  ebbe  72  casi  di  Litiasi  vessicale.  Dei  quali  61  furono  sot- 
toposti a  chirurgica  operazione^  gli  altri  11  furono  lasciati  in 
balìa  di  se  stessi.  Dei  61  operati  o8  appartenevano  al  sesso 
maschile,  e  3  al  femminile.  Sopra  47  tra  gli  operati  fu  prati- 
cata la  Cistotomia  con  dodici  metodi  e  processi  operatorj  di- 
versi, e  sopra  14  si  praticò  la  Litotrizia.  Di  tutti  gli  operati  ne 
perirono  6^  cosicché  resulta  una  mortalità  minore  del  10  per 
cento.  Degli  undici  non  operati  non  guarirono  che  due  fem- 
mine, le  quali  emisero  spontaneamente  la  pietra.  Il  Prof.  Pec- 
chioli mostrava  in  pari  tempo  i  diversi  calcoli,  e  pietre  da  lui 
estratte. 

Apertasi  la  discussione  intorno  alla  Memoria  del  Prof. 
Giulj,  il  Dott.  Quglia  di  Reggio  e  il  Prof.  Puccinotti  opposero 
alcune  avvertenze,  intorno  alle  quali  il  Prof.  Giulj  oltre  alle 
cose  dette  in  propria  difesa,  indicò  che  la  prossima  stampa 
della  sua  Memoria  avrebbe  meglio  chiariti  i  punti  controversi. 

Il  Segretario  della  Sezione  —  PROF.  FRAyCESCO  PUCCINOTTI. 
Il  Presidente  -   CAF.  PROF.    GIACOMO    TOMJIASINI. 


211 


TENUTA   IL    DI    11    OTTOBRE    1839 


pprovavasi  il  processo  verbale  dell'anteriore  seduta,  e  il 
Prof.  Bufalini  proponeva  all'  adunanza  di  formare  una  Depu- 
tazione per  render  grazie  al  Prof.  Barzellotti  del  dono  fatto  della 
sua  Memoria  alla  Società^»  ed  a  tale  officio  riconosciuto  doveroso 
con  acclamazioni,  vennero  deputatili  medesimo  Prof.  Bufalini, 
il  Prof.  Regnoli,  e  il  Prof.  Betti. 

Fu  comunicata  una  lettera  dell'illustre  Marchese  Ridolfi, 
Presidente  della  sezione  di  Agricoltura,  nella  quale  si  invitavano 
i  componenti  le  singole  Sezioni  ad  un  caritatevole  tributo  a 
vantaggio  delle  Scuole  infantili  di  Pisa,  al  quale  invito  l'adu- 
nanza acconsentiva  con  acclamazioni. 

Fu  letto  un  rapporto  del  Segretario  della  sezione  di  Fisica 
intorno  alle  solidificazioni  di  parti  animali  ottenute  dal  Mori, 
e  presentati  alcuni  esemplari  di  esse. 

E  qui  il  Prof.  Targioni  fece  noto  all'  adunanza  come  il 
Prof.  Gozzi  di  Firenze  col  mezzo  del  silicato  di  potassa  era 
giunto  anch'esso  a  solidificare  varie  parti  animali^  di  che  aveva 
lo  stesso  Prof.  Targioni  fatto  rapporto  all'Accademia  di  Belle 
Arti  in  Firenze. 

Il  Prof.  Morelli  Clinico  di  Pisa  leggeva  un  suo  Esame 
delle  Teoriche,  che  il  Prof.  Forni  ha  esposte  in  varie  opere ^ 
avendo  quest'  ultimo  mostrato  desiderio  che  tali  teoriche  fos- 
sero fatte  in  qualche  modo  conoscere  all'adunanza.  Assuntosi 
il  Morelli  cotale  officio  ne  dette  esatto  ragguaglio,  concludendo 


212 

che  la  Teorica  del  Forni  traendo  basi  da  tutte  le  naturali  scien- 
ze, e  specialmente  dalla  Fisica,  e  dalla  Chimica,  e  potendosi 
intitolare  quasi  una  ZS'uova  Teoria  dell'Universo,  abbisognava 
di  diligenti  esami  fattivi  sopra  da  varie  altre  Sezioni  compo- 
nenti il  nostro  Congresso,  e  la  Sezione  Medica  non  poterla  per 
ora  riguardare  che  come  Teoria  sommamente  ingegnosa,  senza 
pronunziare  nessun  giudizio  sul  valore  assoluto  di  essa. 

11  Prof.  Linoli  lesse  una  Memoria  tendente  a  provare  il 
concetto,  che  la  infiammazione  non  rigenera  le  parti  organiche, 
e  prese  a  guida  de'  suoi  ragionamenti  varie  osservazioni  sulla 
pretesa  riproduzione  della  sostanza  ossea  nelle  fratture.  Con- 
cludeva rapporto  alle  ossa  che  tutto  dipende  da  trasudamento 
di  fibrina  ne' capillari  venosi,  e  da  consolidamento  consecutivo 
della  fibrina  stessa:  che  non  vi  sia  mai  un  nuovo  prodotto, 
ma  che  tutto  si  operi  a  spese  delle  ossa  fratturate,  per  cui  que- 
ste presentano  evidenti  tracce  di  assottigliamento. 

11  Dott.  Hodes  Chirurgo  alemanno  presentò  all'adunanza 
il  nuovo  Osteotomo  del  Prof.  Hacn,  facendone  conoscere  il 
modo  di  adoperarlo,  e  le  ultime  modificazioni  fattevi  dall'  illu- 
stre inventore.  Proposta  dal  Cav.  Presidente  una  Commissione 
per  esperimentarlo,  il  Prof.  Regnoli  avvertiva,  che  l' istrumento 
era  già  noto  da  sei  anni  all'Italia,  e  che  era  quello  stesso  che 
vedevasi  nell'armamentario  chirurgico  di  Pisa,  coli' aggiunta 
d'un  trapano  a  manubrio. 

Il  Prof  Betti  mostrò  tuttavia  desiderio  dì  vederlo  adoprato 
sul  cadavere  dallo  stesso  Hodes,  e  la  proposizione  fu  accolta. 

Il  Prof  Targioni  fé  noto  all'  adunanza  essersi  egli  accinto 
a  compilare  una  Fitografia  Medica^  descrivendo  in  essa  cia- 
scuna pianta  medicinale,  dopo  averne  data  la  più  diligente 
storia,  esponendo  le  sue  applicazioni,  trattando  gli  effetti  delle 
venefiche,  e  parlando  eziandio  degli  usi  tecnici,  ed  economici 
di  esse.  Offeriva  intanto  bellissimi  disegni  di  piante  come  mo- 
delli dell'  Atlante  che  doveva  decorare  F  Opera  sua ,  la  quale  si 


215 

lusingava  poter  venire  in  luce  verso  la  fine  dell'anno  venturo, 
con  300  tavole  disegnate  a  colori.  Per  la  difficoltà  della  im- 
presa, e  il  desiderio  che  riesca  la  più  completa  di  quante  ne 
sono  finora  state  prodotte,  implorava  da  tutti  i  componenti  la 
Sezione  di  essere  messo  a  parte  di  tutte  quelle  notizie,  che 
avessero  potuto  rendere  sempre  più  completo,  e  profittevole  il 
vasto  suo  divlsamento. 

Invitato  alla  lettura  il  Prof.  Pravaz  di  Montpellier,  questi 
fé  conoscere  con  una  sua  Memoria  le  cure  felici  che  aveva 
ottenuto  con  un  suo  metodo  particolare  ortopedico  di  alcune 
lussazioni  della  testa  del  femore  credute  congenite,  e  per  conse- 
guenza secondo  l'autorevole  sentenza  di  alcuni  sommi  Chirurgi 
stimate  incurabili.  Uni  il  Pravaz  alla  lettura  della  Memoria  la 
presentazione  di  alcuni  preparati  anatomici,  che  convalidavano 
le  emesse  proposizioni. 

Apertasi  quindi  la  discussione  fra  il  Prof,  Corneliani,  e 
il  Prof.  Linoli  intorno  al  nuovo  prodotto  osseo  nelle  fratture, 
sostenendo  il  primo,  appoggiato  a  molti  pezzi  esistenti  nel 
Gabinetto  Ticinese,  a  resultamenti  delle  sperienze  di  Scarpa  e 
Panizza,  e  alle  comunicazioni  del  Prof.  Peterkin,  darsi  la  ri- 
produzione organica  delle  ossa^  insistendo  il  Linoli,  appoggiato 
a'  proprj  fatti  e  alle  proprie  osservazioni ,  nella  sua  opposta 
tesi,  il  Prof.  Betti  dopo  aver  rammentate,  e  descritte  alcune 
parti  ossee  le  più  notabili,  e  rare  per  caratteri  anatomico-pato- 
logici, che  trovansi  nel  Gabinetto  patologico  dell'Ospedale  di 
S.  Maria  Nuova  di  Firenze,  e  molte  sue  osservazioni,  dichiarò 
non  potersi  indistintamente  stabilire  nò  1' una  nò  l'altra  delle 
proposizioni  controverse.  Doversi  distinguere  il  differente  cam- 
mino che  la  natura  tiene  nella  riproduzione  della  sostanza  os- 
sea, 1."  a  seconda  della  forma  delle  ossa  stesse:  2."  a  norma 
della  sostanza  ossea  perduta  nella  meccanica,  o  morbosa  lesio- 
ne: 5.°  a  norma  del  modo  di  ricongiungimento  che  tra  osso  ed 
osso  si  effettua.   Talché  nelle  ossa  piane  dove  andò  perduta 


214 

una  grande  quantità  dì  parti  ossee,  i  fatti  da  lui  osservati  non 
gli  permettevano  di  ammettere  nuovo  processo  di  ossificazione: 
nelle  ossa  lunghe  fratturate  doversi  distinguere  i  ricongiungi- 
menti in  sito  da  quelli  che  avvengono  per  soprapposizione. 
Ne'  primi  le  sue  osservazioni  non  escluderebbero  un  qualche 
grado  di  nuova  osteogenesi,  specialmente  se  le  ossa  trovinsi  in 
esatto  combaciamento:  ne'  secondi  non  esservi  alcun  dubbio 
che  la  riproduzione  ossea  non  si  effettui,  essendo  questa  mani- 
festissima ne' pezzi  da  lui  preparati,  e  osservati:  essendo  incon- 
trastabile che  pure  lo  stampo  del  callo  che  in  questi  casi  si 
forma,  non  ha  la  stessa  conformazione  delle  altre  ossa,  non  ha 
la  medesima  durezza,  e  nemmeno  conserva  gli  stessi  caratteri 
chimici^  imperocché  in  questi  prodotti  di  nuova  formazione  è 
pììi  abbondante  la  quantità  delle  sostanze  salino-terree  che  li 
compongono. 

Qui  il  Prof.  Corneliani  prometteva  all'  adunanza  che  per 
chiarire  l' importante  questione  avrebbe  mandato  il  modello  in 
cera  del  pezzo  che  trovasi  nel  Museo  Ticinese,  dove  apparisce 
il  fenomeno  della  riproduzione  effettuatasi  nelle  ossa  piane. 

Il  Presidente  Prof.  Tom  masi  ni  avvertendo  come  le  opera- 
zioni fisiologiche  che  ritornano  alle  parti  malate  si  toccano 
colle  patologiche,  ricordava  l'interessantissimo  caso  della  Osteo- 
gena  del  Friuli,  che  presentò  lo  stupendo  esempio  di  ossee 
riproduzioni  sino  al  numero  di  150  pezzi  d'osso,  che  previa 
una  suppurazione  sortivano  successivamente  da  varie  parti  del 
suo  organismo,  e  pregò  gli  onorevoli  disputanti  a  prenderlo 
in  considerazione. 

La  seduta  fu  sciolta. 

II.  Sbgbetarìo  delia  Sbziosb  —  PROF.  FR4NCESC0  PVCCINOTTI. 
Il  Presidekte  -  CJV.   PROF.   GIACOMO   TOMMAS1NI, 


213 


TENITA    IL    DI    12    OTTOBRE    1839 


iropo  la  lettura  del  processo  verbale  dell'adunanza  degli  11 
Ottobre,  il  Prof,  Presidente  invitava  i  Cav.  Frank,  Cav.  Bufa- 
lini,  Prof.  Taddei,  e  Prof.  Arcangioli  a  voler  unirsi  alla  Com- 
missione della  sezione  di  Fisica  per  assistere  ad  alcune  Espe^ 
rienze  Elettì^o-Jisiologiche  che  sarebbero  state  eseguite  nel  Ga- 
binetto fisico  della  Università. 

Avendo  il  Prof.  Betti  domandato  il  prolungamento  delle 
discussioni  a  due  ore,  il  Professor  Presidente  fé  conoscere  che 
gl'impegni  contratti  con  quelli  che  avevano  Memorie  da  leg- 
gere non  gli  permettevano  di  cangiare  l'ordine  consueto. 

Le  letture  cominciarono  dalla  Memoria  del  Prof.  Schina, 
Clinico  della  Università  di  Malta  =  sulle  Dissenterìe ^  e  sul 
Tetano  =  .  Quanto  alle  prime  asseriva,  che  le  forti  dosi  di  pro- 
tocloruro  di  mercurio  dato  a  mezza  dramma  per  volta  con 
prudenti  sospensioni  in  40  casi  di  dissenterie  osservati  nello 
spazio  di  6  anni  nella  sua  clinica  aveangli  corrisposto  supe- 
riormente a  qualunque  sia  altro  rimedio:  quanto  al  Tetano, 
istruito  da  12  casi  osservati,  dai  metodi  di  cura  tenuti  contro 
essi,  e  dalle  sezioni  cadaveriche,  inclinava  a  pensare,  che  la 
natura  del  Tetano  fosse  flogistica,  e  che  la  sede  ne  fosse  nel 
midollo  spinale^  esibendo  in  prova  di  questi  ultimi  concetti 
due  disegni  colorati,  rappresentanti  insigni  iniezioni  vascolari 
sopra  r  aracnoide  spinale  ,  osservate  ne'^suoi  tetanici . 


216 

Le  letture  vennero  interrotte  da  due  annunzi  importanti. 
1.°  Che  il  Dott.  Oken  si  proponeva  di  dare  nel  Museo  di  Storia 
Naturale  alcuni  schiarimenti  sulla  Organogenia  per  applicarla 
alle  classificazioni  degli  esseri  organici.  2.°  Che  il  Calamai, 
celebre  preparatore  di  pezzi  anatomici  in  cera,  avevali  esposti 
a  jDubblica  vista  nel  Museo  suddetto. 

Il  Dott.  Meneghini  lesse  intorno  alla  Frenologia,  e  fatta 
succinta  esposizione  della  struttura  dell'encefalo  dimostrò  (ren- 
dendo palesi  alcune  tavole  litografiche  relative  all'  argomento) 
che  lo  sporgere  delle  varie  regioni  del  cranio ,  invece  di  essere 
prodotto  dalle  circonvoluzioni  immediatamente  sottoposte,  può 
derivare  più  spesso  da  uno  straordinario  sviluppo  delle  parti 
profondamente  collocate.  Così  l'eccedente  volume  della  mi- 
dolla allungata  può  allargare  il  capo  dietro  alle  orecchie,  e  un 
cervelletto  molto  grande  può  rendere  prominente  il  capo  alla 
regione  sua  posteriore  e  superiore,  indipendentemente  dagli 
emisferi  cerebrali.  Appoggiato  a  tali  fatti  egli  concludeva,  che 
l'osservazione  empìrica  de' crani  non  bastava  alla  frenologia, 
e  che  questa  non  avrebbe  mai  somministrato  utili  deduzioni 
sulle  funzioni  spettanti  ai  singoli  organi  encefalici,  se  non  era 
guidata,  e  non  si  teneva  inseparabile  dall'anatomia. 

La  Memoria  che  quindi  si  fece  a  leggere  il  Prof.  Taddei 
aggiravasi  Sulla  materia  colorante  del  sangue^  o  Ematosina  . 

Ciascuno  dei  chimici  che  fin  qui  si  accinse  ad  ottenere  la 
materia  colorante  seguì  un  suo  metodo  particolare  :  ma  la  /??«- 
teria  colorante  comparve  in  tanti  aspetti  diversi,  quanti  furono 
i  metodi  o  processi  adoperati.  E  poiché  nessuno  l'ottenne  priva 
d'albumina,  così  le  proprietà  di  questa  furono  attribuite  a 
quella.  Che  anzi  avendo  l'una  per  l'altra  cotanta  affinità,  si 
giunse  ad  asserire  che  se  la  materia  colorante  si  distingue  dal- 
l'albumina,  ciò  è  perchè  essa  è  più  coagulabile  di  questa  j  del 
pari  che  si  asserì  (avuto  riguardo  al  modo  di  comportarsi  di 
entrambe  coi  reagenti  chimici)  dover  l'una  essere  una  sen^-»- 
plice  modificazione  dell'altra. 


217 

Tutto  ciò  non  è  vero.  La  materia  colorante  o  ernatosina 
è  essenzialmente  diversa  si  dall' albumina  che  dalla  fibrina  .  E 
se  finora  parve  esserne  somigliante,  ciò  è  perchè  non  si  ottenne 
mai  pura.  L'albumina  con  cui  trovasi  costantemente  promi- 
scuata  n'ecclissa  e  ne  maschera  le  genuine  sue  proprietà. 

Un  metodo  o  processo  diverso  deve  esser  seguito  per 
ottenerla  pura:  il  metodo  che  è  riuscito  a  tal  fine  è  quello  così 
detto  dall'Autore  (<. metodo  d' interposizione ^^i. 

La  materia  colorante  cosi  ottenuta  è  pura,  e  le  sue  pro- 
prietà non  sono  pii^i  quelle  che  le  erano  state  assegnate,  ma 
vengono  rivoluzionate .  Infatti  si  predicò  e  si  proclamò  coagu- 
labile per  mezzo  del  calore,  e  solubile  nell'acqua^  ma  all'op- 
posto coagulabile  non  è  nò  da  calore,  nò  da  acidi,  nò  da  alcool: 
è  insolubile  nell'acqua  ma  solubile  in  alcool  e  in  etere,  so- 
prattutto in  alcool  acidulato  da  acido  nitrico:  solubile  è  pure 
negli  alcali,  ove  diventa  di  color  verde  cupo,  e  tale  da  somi- 
gliar la  bile^  mentre  è  sempre  rossa  se  mirasi  per  refrazione . 
Si  unisce  volentieri  a  diversi  sali,  e  precipita  con  essi  dalle  di- 
verse soluzioni,  più  che  mai  si  unisce  all'albumina  e  altre  ma- 
terie concrescibili,  senza  che  la  si  possa  più  staccamela .  Si  sco- 
lora dal  carbone:  ci  dimostra  il  ferro  che  in  copia  contiene 
dopo  averla  trattata  col  cloro^  ma  se  sciolta  ò  colla  potassa  o 
soda,  il  cloro  non  più  vale  a  dimostrarne  o  renderne  solubile 
il  ferro,  venendo  questo  ritenuto  dalla  stessa  materia  coloran- 
te, che  si  precipita  non  più  colorata  in  rosso,  ma  bianca. 
Questo  curioso  fatto  merita  esame  dal  chimico ,  e  non  è  forse 
senza  interesse  per  il  fisiologo. 

Il  metodo  d'interposizione  è  così  detto  perchè  valendosi 
di  un  acido  potente  qual  è  il  solforico,  per  separarne  la  mate- 
ria colorante^  si  procura  di  moderare  l'azione  troppo  energica 
dell'acido  predetto  colle  varie  materie  interposte.  Tali  sono 
prima  il  carbonato  di  soda,  e  poi  il  solfato  di  rame.  Frattanto 
interponendo  tali  sostanze  fra  le  molecole  della  materia  colo- 

28 


218 

rante  e  quelle  dell'albumina  (onde  la  massa  del  cruore  è  com- 
posta dopo  averne  separata  la  fibrina)  viensi  a  disgregarle  in 
modo  da  potere  coli' alcool  sciogliere  la  prima,  e  lasciare  in- 
dietro la  seconda  sotto  l'aspetto  di  una  materia  avente  tutta  la 
somiglianza  colla  mollica  di  pane. 

La  vera  e  pura  materia  colorante  ha  un  potere  colorante 
molto  considerevole,  ed  è  in  una  proporzione  piccolissima  di 
confronto  agli  altri  materiali  componenti  del  sangue . 

L'Autore  fece  conoscere  —  il  suo  metodo  d'interposi- 
zione —  la  materia  colorante  pura  od  esente  affatto  da  albu- 
mina —  e  ne  dimostrò  essere  le  proprietà  caratteristiche  ben 
differenti  da  quelle  comunemente  assegnatele  sino  dal  Marzo 
del  1856,  facendo  di  tutto  ciò  subietto  di  4  consecutive  Le- 
zioni, e  ostensive  nel  suo  corso  pubblico  di  Farmacologia . 

Sul  fine  del  1857  Le  Canu  pubblicò  una  tesi  sostenuta  alla 
Facoltà  di  Medicina  di  Parigi ,  ove  indica  un  processo  nuovo 
per  ottenere  la  materia  colorante  '^  processo  però  che  non  è 
appoggiato  all'interposizione,  per  quanto  si  faccia  uso  dell'aci- 
do solforico,  e  che  nei  risultamenti  differisce  da  quello  esposto 
al  nostro  Congresso  dei  Naturalisti  nel  dì  12  Ottobre  1859,  per 
ciò  che  la  ematosina  di  Le  Canu  non  presenta  tutti  i  caratteri 
che  ha  presentato  quella  ottenuta  dal  Taddei  in  Firenze  nei 
primi  mesi  del  1856. 

Terminate  le  letture,  e  fatta  nuova  istanza  dal  Comi  sul 
valore  de' suoi  pezzi  anatomici  lapidefatti,  il  Prof.  Betti,  invi- 
tato dal  Prof.  Presidente  avvertiva,  che  innanzi  di  dare  il  suo 
parere  credeva  indispensabile  che  il  Comi  dichiarasse  cosa  in- 
tendeva per  durezza  lapidea. 

Al  che  il  Comi  —  durezza  come  di  pietra  —  possibilità  di 
ripulimento  col  mezzo  della  pomice  —  non  potersi  attaccare 
coir  ugna  —  aumento  di  peso  —  suono  lapideo  _. 

11  Prof.  Betti  non  trovò  i  detti  pezzi  dotati  di  alcuno  dei 
caratteri  asse2:nati  dal  Comi. 


219 

Il  Prof.  Del  Chiappa  disse,  che  durezza  lapidea  era  frase 
usata  per  comparazione  approssimativa. 

Il  Prof.  Bufalini  a2:2:iunse,  che  l'adunanza  doveva  attenersi 
alla  massima  ricevuta  di  non  proferire  giudizi  formali. 

Il  Principe  di  Musignano  insorse  spargendo  qualche  dub- 
bio sulla  approvazione  e  giudizio  dell'Accademia  dei  Lincei  in 
favore  dei  detti  pezzi  del  Comi,  essendo  fuori  delle  consuetu- 
dini di  quel  rispettabile  Corpo  Accademico  lo  spacciare  docu- 
menti di  approvazione. 

Il  Presidente  troncò  la  discussione,  invitando  l'Adunanza 
a  rivolgerla  sulle  Memorie  lette. 

Il  Prof.  Del  Chiappa  intorno  alla  Memoria  del  Prof. 
Schina  sull'efficacia  del  calomelano  ad  alte  dosi  nelle  Dissen- 
terie,  avvertiva  che  non  d'un  rimedio  solo,  ma  di  metodi  con- 
viene occuparsi  in  terapia:  essere  generalmente  ammesso  che 
le  dissenterie  dipendono  da  fondo  infiammatorio:  quindi  la 
cura  diretta  esserne  il  salasso,  anziché  un  solo  farmaco  dotato 
di  speciali  azioni:  che  nulla  di  speciale  vi  ha  nel  mercurio  se 
non  che  la  sua  azione  elettiva  sul  sistema  linfatico,  che  la  sua 
azione  dinamica  deprimente  può  essere  emulata  da  molti  altri 
presidj  medicamentosi  nel  morbo  in  questione:  essere  a  te- 
mersi d'altronde  gli  effetti  nocivi  delle  alte  dosi  di  un  farmaco 
che  rade  volte  si  trova  ben  preparato,  e  che  può  riuscire  an- 
che caustico. 

Il  Prof.  Schina  dichiara  non  aver  escluso  i  salassi  nella 
cura  de' suoi  dissenterici:  che  i  nocumenti  temuti  dalle  dosi 
da  lui  proposte  svaniscono  nelle  sue  osservazioni,  trattandosi  di 
guarigioni  complete  :  che  non  un'azione  specifica,  ma  quasi 
specifica  egli  concedeva  al  mercurio  in  simili  affezioni. 

II  Prof.  Bufalini  —  Non  potersi  contrastare  allo  Schina  i 
suoi  pratici  risultamenti,  ma  se  questi  davano  a  lui  una  gua- 
rentigia clinica,  non  la  davano  egualmente  a  tutte  le  dissente- 
rie, le  quali  non  sono  malattie  costantemente  identiche,  e  la 


220 

flogosi  che  le  accompagna  non  è  sempre  la  medesima.  Sono 
malattie  soggette  all'impero  delle  costituzioni  epidemiche  sta- 
zionarie. 

Lo  Schina  aggiungeva,  le  sue  dissenterie  non  aver  pre- 
sentato nulla  di  epidemico,  essere  state  sporadiche  sempli- 
cemente . 

Il  Bufalini  insisteva  sulla  necessità,  che  queste  cliniche 
osservazioni  siano  connesse  colle  influenze  delle  costituzioni 
epidemiche  stazionarie. 

Il  Prof.  Presidente  convenendo  sulla  utilità  di  queste  con- 
nessioni, aggiungeva  chele  credeva  poi  indispensabili,  quando 
si  trattasse  di  desumerne  canoni  generali  terapeutici  intorno 
all'utilità  d'un  rimedio  che  fosse  opposto  a  quel  sistema  ge- 
nerale di  cura  che  si  tiene  in  tali  malattie,  come  sarebbe,  per 
esempio,  il  trattarle  coli' oppio.  —  La  seduta  fu  sciolta. 

Il  Segretario  della  Sezionb  —  PROF.  FRANCESCO  PVCCINOTTl. 
Il  Presidente  —  C'Ar.    FROt.    GIACOMO     TOMMASINI. 


TENUTA  IL  Di  14  OTTOBRE  1839 


<a  distribuzione  a  tutti  i  convenuti  delle  già  pubblicate  Ta- 
vole statistiche  del  Ferrarlo  apriva  quest'ultima  adunanza  della 
Sezione  Medica. 

Contemporaneamente  il  Professor  Vannoni  offeriva  in 
dono  varie  copie  del  suo  Compendio  d'Ostetrìcia  recentemente 


221 

stampato:  il  Prof.  Biagini  di  Pistoja  due  Memorie  di  chirurgico 
aro-omento:  il  Fattori,  il  Bellini,  il  Nardo  altre  loro  Memorie 
parimenti  pubblicate. 

Il  Segretario  dopo  letto  il  processo  verbale  dell'ultima 
passata  adunanza,  annunciava,  che  il  Prof.  Strambio  di  Milano 
inviava  al  Congresso  un  suo  scritto  sul  cholera  morbus^  nel 
quale  accennando  ad  una  interessante  osservazione  fatta  in 
Milano  stesso  mentre  vi  dominava  il  cholèra,  cioè  che  alcuni 
individui  che  avevano  sofferto  il  morbo  petecchiale  ne  erano 
restati  immuni,  dimandava  se  per  avventura  altri  si  fossero 
incontrati  ne' medesimi  casi,  e  dava  questo  fatto  come  oggetto 
di  meditazione  e  di  ricerca,  ove  pure  il  morbo  asiatico  avesse  a 
ricomparire  fra  noi. 

Il  Cav.  Prof.  Quadri  inviava  da  Napoli  una  Memoria  sulla 
Iritide,  scritta  appositamente  per  il  Congresso,  nella  quale 
appoggiato  a  lunga  esperienza  dimostrava,  che  cotesta  in- 
fiammazione, meglio  che  qualunque  altra,  provava  come  av- 
visino follemente  que' Medici,  che  credono  potersi  trattare  le 
flogosi  tutte  ad  un  modo.  Egli  sostiene  che  tolta  Finfiamma- 
zione  traumatica  dell'occhio,  tutte  le  altre,  come  le  reumatiche, 
le  catarrali,  le  sifilitiche,  le  scrofolose,  le  intermittenti  tutte 
abbisognano  di  trattamento  speciale.  L'uso  delle  frizioni  alle 
piante  de' piedi  con  10  o  20  acini  di  pomata  del  Cirillo  ha 
benissimo  corrisposto  in  molti  casi  alle  sue  mire  terapeutiche , 
a  preferenza  dell'uso  del  calomelano  ad  alte  dosi  preso  inter- 
namente, o  solo  o  con  diagridio,  siccome  praticano  Inglesi  e 
Tedeschi.  Una  intermittente  oftalmica  ostinatissima  fu  da  lui 
felicemente  vinta  colle  gocce  arsenicali  del  Fowler. 

Continuando  il  Segretario  le  sue  comunicazioni,  avvisava 
che  il  Dott.  Rivelli  di  Bologna  aveva  esposte  nel  Gabinetto 
patologico  dell'Ospedale  di  Pisa  le  sue  molte  preparazioni 
della  vessichetta  del  Graaf,  e  che  la  Commissione  che  aveva 
assistito  alla   dimostrazione   anatomica  del   Pacini  di   Pistoja 


222 

eli  alcuni  corpi  ovulari  esistenti  lungo  i  nervi  della  mano,  aveva 
confermata  la  loro  esistenza^  ma  che  non  sapeva  decidersi  se 
piuttostochè  nuovi  organi  non  fossero  espansioni  tendineo- 
aponeurotiche:  annunciava  che  il  Dott.  Merlo  vicentino  aveva 
immaginato  una  nuova  tanaglia  per  Festrazion  verticale  dei 
denti,  e  ne  presentava  il  modello:  che  il  Dott.  Giovanni  Dini 
di  Pistoja  presentava  un  Manoscritto  Sulle  febbri  endemiche 
della  Maremma  toscana  per  sentire  di  Proemio  alla  Statistica 
medica  di  quella  provincia  :  che  il  Dott.  Ripoli  ne  presentava 
altro  Sulla  non  esistenza  della  Diatesi  ipostenica:  che  altro 
ne  offriva  pure  il  Dott.  Luigi  Pampana  Sul  modo  dì  osser- 
vare di  Ippocrate  e  di  Sydenliam^  e  su  quello  seguito  dal  Ra- 
sari  e  dal  Tommasini , 

Tre  illustri  stranieri  consegnavano  anch'essi  importanti 
Memorie  manoscritte.  In  quella  del  Dottor  Carlo  Augusto 
Oftertinger  era  un  ragguaglio  del  nuovo  metodo  seguito  in 
Allemagna  dal  Dott.  Giorgio  Luigi  Oftertinger  nelle  sue  ricer- 
che sulla  struttura  degli  organi^  dalle  quali  resulta  che  gli  or- 
gani si  degli  animali  che  de'  vegetabili  hanno  una  struttura 
elementare  porosa  e  non  vascolare.  In  quella  del  Dott.  Des- 
maisons  Dupalland  erano  osservazioni  sul  volume  del  cranio 
dei  Cretini,  e  tavole  di  misure  comparative  tendenti  a  dimo- 
strare che  la  creduta  testa  enorme  dei  Cretini  è  un  errore,  e  che 
il  volume  del  loro  cranio  di  poco  differisce  da  quello  d'uomini 
bene  organizzati  e  di  piccola  statura.  In  quella  del  Professor 
Mondat  di  Parigi  erano  considerazioni  sulle  recenti  riforme  fatte 
in  Francia  alle  dottrine  del  Broussais  e  in  Italia  a  quelle  del 
Rasori,  e  sulle  differenze  che  presenta  Fattuale  Patologia  in 
ambedue  le  nazioni,  da  quella  dei  sullodati  sistematici. 

Il  sig.  Giuseppe  Poli,  chimico  in  S.  Vito  al  Tagliamento, 
comunicava  anch' egli  per  lettera  al  nostro  Presidente,  che 
avendo  analizzate  le  materie  gastro-enteriche  emesse  dai  cho- 
lerosi  vi  aveva  trovato  V  acido  fosforico  in  stato  libero,  che  al- 


225 


l'azione  deleteria  di  tale  sostanza  credeva  dovuta  la  fenome- 
nologia del  cholòra,  e  che  il  trattamento  curativo  doveva  con- 
sistere nel  largo  e  pronto  uso  di  carbonati  alk alini . 

Volgevasi  quindi  il  Segretario  a  dar  ragguaglio  all'adu- 
nanza dei  resultamenti  delle  Esperienze  Elettro-fisiologiche 
eseguite  avanti  alla  Commissione  dei  INIedici  e  Fisici  nel  Ga- 
binetto fisico  della  Università.  Intorno  alle  quali  sarà  qui 
permesso  in  via  di  annotazione  qualche  schiarimento,  ritor- 
nando sulle  risposte  date  al  Rapporto  della  Commissione  me- 
desima, che  leggesi  pubblicato  in  questo  volume  a  pag.  45-44 
della  sezione  di  Fisica. 

Coteste  esperienze  furono  intraprese  nel  Giugno  e  nel 
Luglio  del  1859  in  Pisa  dai  Proff.  Pacinotti  e  Puccinotti.  Que- 
st'ultimo ripetevale  nel  R.   Museo  di  Firenze.  Riprendevansi 
quindi  durante  il  Congresso  de' Scienziati .  Può  affermarsi  senza 
iattanza  ch'esse  sono  le  prime  per  le  quali  sia  finalmente  riu- 
scito di  ottenere  la  corrente  dalle   masse  nervee  e  muscolari 
degli  animali  a  sangue  caldo  in  istato  di  vita.  Le  correnti  otte- 
nute dal  Donne  e  dal  Matteucci  sono  elettro-chimiche,  date  dai 
prodotti  delle  secrezioni  acide  e  alkaline  della  pelle,  delle  mu- 
cose, o  delle  superficie   epatiche  irrorate  di  bile.  La  corrente 
neuro-muscolare  è  di  diversa  natura,  ed  è  la  sola  cui  possa  com- 
petere il  carattere  di  corrente  propria ,  o  vitale,  o  di  scarica.  Il 
Matteucci   in  un'  ultima  sua  INIemoria  sulla  corrente   propria 
della  rana  aveva  detto  ce  Le  tracce  della  corrente  propria  non 
s^ incontrano  solo  nella  torpedine  e  nella  rana.  Ho  instituito 
varie  esperienze  sopra  altri   animali    subito  dopo   uccisi,  e  la 
corrente  si   è  mostrata   in  tutti  e  nella  medesima  direzione  53 
(^V.  Bibl.  Vnis^.  di  Ginevra.  Maggio  e  Giugno  1858,  yf?.  167). 
Ma  oltre  alle  differenze  che  questa  dichiarazione  presenta  nel 
metodo,    avendo   noi    esperimentato    sopra   animali    nel  loro 
pieno  stato  di  vita,  il  Matteucci  non  ha  mai  reso  conto  di   tali 
esperienze,  e  una  semplice  assertiva  non  poteva  aver  altro  va- 


22i 

lore  per  noi,  che  l'assicurarci  sulla  fede  dell'illustre  Fisico  che 
le  correnti  vi  eranoj  ma  bisognava  pur  sempre  immaginare 
un  modo  di  ottenerle,  e  ottenerle. 

Il  nuovo  metodo  per  isprigionarle  parte,  secondo  noi,  da 
questa  regola  ^ccìie  lo  strumento  destinato  a  raccogliere  la 
corrente  sia  anche  il  feritore  e  il  produttore  di  forte  improvvisa 
e  profonda  sensazione^  che  determini  istantanea  reazione  auto- 
matica 0  volontaria  nelV animale^  la  qual  reazione  sprigioni  la 
corrente  e  la  spinga  fuori  degli  organi  con  una  specie  di  moto 
eccentrico^  o  di  scarica  w.  La  esperienza  si  eseguisce  introdu- 
cendo nel  circuito  di  un  galvanometro  a  moltiplicatore  lungo 
e  finissimo,  ossia  più  sensibile  alle  correnti  idro-elettriche  che 
alle  termo-elettriche,  un  animale  vivo  nel  suo  stato  fisiologico 
perfetto^  e  gli  si  immergono  contemporaneamente  due  forti 
lancettoni  di  platino  appuntati  a  fronda  d'oliva,  l'uno  nel 
cervello,  l'altro  in  un  muscolo  delle  estremità,  e  cotesti  lan- 
cettoni sono  congiunti  co' capi  di  un  filo  galvanometrico.  Nel- 
l'atto dell'immersione,  e  della  scossa  dell'animale  ne  sortono 
correnti  di  15,  25,  40,  ed  anche  60  gradì.  Siccome  però  dalle 
diverse  parti  organiche  dell'animale,  e  tanto  in  vita  che  in 
morte,  possono  ottenersi  altre  specie  di  correnti  da  non  con- 
fondersi colla  corrente  neuro-muscolare,  gli  sperimentatori  che 
per  isolare  quest'ultima  hanno  eseguito  molte  sperienze  com- 
parative ne  presentano  i  seguenti  caratteri  differenziali . 

Le  correnti  elettro-vitali ^  che  potrebbero  anche  essere  di 
eterogeneità  essenziale  alla  vita^  1."  Non  si  ottengono  né  im- 
mergendo fili,  né  applicando  placche  sui  nervi  o  sui  muscoli 
a  semplice  contatto.  2."  Si  ottengono  valide  e  pronte  destando 
una  valida  reazione  contemporanea  nell'animale  vivo.  5.°  Le 
preparazioni  anatomiche  con  strazio  dell'animale,  e  emorragie 
le  indeboliscono  notabilmente.  4."  Hanno  un  procedimento 
impulsivo  in  qualche  relazione  con  le  scosse  dell'animale.  S.° 
Con  più  forte  è  lo  scuotimento  istantaneo  dell'animale,  e  mag- 


22o 


giore  ne  scaturisce  la  corrente  nella  prima  immersione.  6.°  La 
forza  della  corrente  decresce  e  si  spegne  col  decrescere  e  spe- 
gnersi della  vita  neuro-muscolare.  7."  Sempre  nella  medesima 
direzione. 

Le  correnti  di  eterogeneità  nei  prodotti  delle  secrezioni  di 
natura  acida  e  alkalina  durante  la  vita,^  1."  Si  ottengono  ap- 
plicando placche  sulle  membrane  o  sulle  superfìcie  degli  organi 
a  semplice  contatto .  2."  Si  ottengono  senza  nessuna  reazione 
nell'animale,  così  in  vita  che  dopo  la  morte.  5.°  Le  prepara- 
zioni anatomiche  non  influiscono  punto  a  indebolirle,  e  ne  è 
esempio  la  corrente  che  si  ottiene  dallo  stomaco  al  fegato  dopo 
la  vivisezione.  4."  La  impulsione  di  queste  correnti  è  sempre  la 
stessa,  senza  alcuna  relazione  con  le  scosse  dell'animale.  3.'  La 
forza  della  corrente  ai  primi  contatti,  e  quella  dei  contatti  suc- 
cessivi presenta  poche  differenze.  6."  Non  ha  nessuna  relazione 
colla  vita:  si  può  indebolire  lavando  le  irrorate  superfìcie 
membranose.  7.'  Le  direzioni  sono  variabili,  a  seconda  delle 
eterogeneità.  8."  xlltera  gli  scandagli  e  s' inverte  da  se  me- 
desima . 

Le  coiTenti  di  eterogeneità  nelle  parti  organiche  dopo  la 
morte^  1."  Si  ottengono,  ma  non  sempre  e  debolissime,  appli- 
cando comunque  sulle  parti  dissimili  i  conduttori.  2."  Se  le 
parti  non  sono  irrorate  da  prodotti  acidi  e  alkalini  di  forte  ed 
evidente  natura,  le  correnti  sono  prima  appena  calcolabili, 
talora  nulle,  talora  di  due  o  tre  gradi.  5.°  Si  aumentano  di 
qualche  grado  se  i  contatti  si  fanno  più  estesi  cogli  scandagli. 
4.'  La  prossimità  degli  scandagli  facilita  anch'essa  la  debole 
corrente,  o."  Accrescendo  lo  spazio  fra  gli  scandagli  la  corrente 
s'infievolisce  e  si  annienta.  6.'  La  corrente  va  crescendo  di 
maniera  che  progredisce  l'alterazione  della  parte  morta.  7.°  E 
sempre  notabilmente  minore,  anche  nel  suo  massimo  aumento 
prima  della  putrefazione,  che  non  sono  le  altre  due  avvisate 
correnti.  8."  Direzione  e  inversioni  variabili. 

29 


226 

La  illustre  Commissione  dichiarò  vere^  e  importantissime 
siffatte  esperienze.  Invitò  gli  sperimentatori  a  pubblicarle,  e 
continuare  in  esse  coraggiosamente.  Volle  non  pertanto  affac- 
ciare il  dubbio,  che  la  notabile  differenza  degli  effetti  in  vita 
ed  in  morte  poteva  dipendere  da  cause  fisiche  e  chimiche  per 
le  condizioni  mutate  nella  temperatura,  nella  qualità  degli 
umori  ec.  Al  che  gli  sperimentatori  rispondono,  che  gli  sbi- 
lanci di  temperatura  più  facili  e  più  gravi  poco  dopo  la  morte 
dovrebbero  dare  correnti  maggiori  in  questo  stato  che  in  vita, 
ma  la  corrente  neuro-muscolare  è  sempre  di  gran  lunga  più 
forte  in  vita  che  dopo  la  morte,  dunque  non  è  termo-elettrica. 
L'eterogeneità  supposta  tra  cervello  e  muscolo  è  permanente 
tanto  in  vita  che  in  morte  dell'animale.  Dunque  se  v'ha  una 
causa  per  la  quale  la  prima  dà  corrente  più  valida  assai  che 
la  seconda,  dessa  non  può  essere  che  la  vita^  ed  in  questo  caso 
vita ,  ed  eterogeneità  ad  essa  essenziale  si  confondono  insieme, 
e  la  corrente  che  è  l'effetto  immediato  di  quest'ultima  tanto 
sarà  il  dirla  corrente  elettro-chimica  speciale,  o  corrente  di 
eterogeneità  essenziale  alla  vita,  quanto  sarà  il  dirla  e  il  ri- 
guardarla come  corrente  vitale.  Che  se  poi  ad  essa  si  aggiunge 
il  carattere  di  essere  compagna  della  reazione  automatica  o 
volontaria  dell'animale,  ogni  dubbio  intorno  alla  sua  natura 
vitale  sparisce,  e  non  resta  che  altri  sperimentatori  confermino 
quest'ultimo  fatto  perchè  la  verità  delle  deduzioni  nostre  sia 
pienamente  stabilita.  IN'è  pertanto  noi  riguardiamo  le  correnti 
ottenute  come  causa  della  vita,  ma  come  correnti,  che  le  dà 
una  materia  dotata  di  vita.  Le  quali  correnti  di  una  tale  ma- 
teria debbono  di  necessità  avere  proprietà  ed  usi  diversi  da 
quelle  che  si  svolgono  dalla  materia  bruta.  E  queste  proprietà 
ed  usi .  fossero  pur  anche  limitati  ad  un  solo  tessuto  primario, 
o  ad  una  sola  serie  di  primarie  funzioni  organiche,  trattandosi 
di  una  potenza  quale  è  la  elettricità  svolta  o  modificata  tra  i 
contatti  molecolari  eterogenei  dell'  organica  mistione  debbono 


227 

essere  immensi  e  di  primo  ordine.  E  sono  appunto  queste 
proprietà  ed  usi  che  restano  tuttavia  a  cercarsi  e  a  determi- 
narsi nella  corrente  vitale. 

Il  Professor  Presidente  invitò  alle  letture,  e  il  Dott.  Garìel 
padre  lesse  una  Memoria  del  Dott.  Gariel  figlio  Sul  modo  di 
arrestare  lo  sviluppo  delle  pustole  vajuolose .  Erano  in  esse  le 
seguenti  avvertenze. 

1.°  Le  preparazioni  mercuriali  in  generale  arrestano  Io 
sviluppo  delle  pustole  vajolose. 

2.°  Nessuna  delle  molte  sostanze  dall'Autore  impiegate 
nello  stesso  caso,  come  preparazioni  saturnine,  empiastro  di 
cicuta,  il  dyachilon,  il  carbone  porfirizzato  ec.  sa  produrre  il 
medesimo  effetto. 

5.°  Quando  le  preparazioni  mercuriali  sono  applicate 
il  giorno  innanzi  alla  eruzione  le  pustole  non  si  sviluppano:  se 
nel  4."  o  6."  giorno  dell'eruzione  fanno  retrogradare  la  suppu- 
razione tanto  più  sicuramente  e  prontamente,  quanto  la  loro 
applicazione  è  stata  più  prossima  al  giorno  dell'eruzione. 

4.°  La  soppressione  del  processo  suppurativo  lungi  dal 
rendere  la  malattia  più  pericolosa ,  sembra  anzi  che  la  renda 
più  semplice,  e  diminuisca  l'intensità  dei  sintomi  generali. 

5."  L'applicazione  degli  empiastri  mercuriali  sulla  faccia 
previene  la  formazione  de' butteri  più  o  meno  profondi,  che 
hanno  luogo  in  tutti  i  casi  di  vajolo  legittimo. 

Intorno  alla  maniera  di  adoprare  le  preparazioni  mercu- 
riali stabiliva, 

1.°  Che  servendosi  dell'empiastro  del  Vigo  con  mercu- 
rio bisogna  manipolarlo  fino  a  che  il  calore  delle  mani  l'abbia 
reso  glutinoso  e  molle.  Allora  col  dito  indice  se  ne  applica 
una  porzione  sulla  faccia ,  che  si  ricopre  con  faldelle  attaccate 
con  gomma  ai  bordi  del  capillizio. 

2.°  Si  può  adoprare  con  pari  utilità  il  protocloruro  di 
mercurio  formandone  unguento  con  sufficiente  quantità  di 
sugna  depurata. 


228 

5.°  Adoperando  i  trochlsci  di  minio  porfirizzati  e  uniti 
a  una  quantità  sufficiente  di  sugna  l'epidermide  si  solleva  in 
totalità  5  e  sembra  che  vi  abbia  un'azione  leggermente  esca- 
rotica . 

Udimmo  nell'adunanza  debili  11  Ottobre  l'interessante 
metodo  ortopedico  proposto  dal  Dott.  Carlo  Pravaz  nelle  lus- 
sazioni congenite  del  femore^  metodo  consistente  nel  rimediare 
dapprima  alla  curvatura  lombare  della  spina,  fenomeno  ch'egli 
non  tenne  per  effetto  secondo  la  generale  opinione,  ma  per 
causa  la  più  frequente  delle  predette  lussazioni 3  e  nel  prati- 
care una  trazione  graduata  e  continuata  a  lungo  con  i  debiti 
intervalli  di  tregua,  onde  i  muscoli  dell'arto  rattratti  ripren- 
dano il  loro  naturale  allungamento  .  In  questa  ultima  adunanza 
ritornò  l'Ortopedia  a  far  mostra  delle  sue  utili  applicazioni  per 
opera  del  Dott.  Scalvanti  Medico  pisano,  e  del  Canali  fabbrica- 
tore di  macchine  ortopediche.  Questi  presentarono  tre  indivi- 
dui nei  quali  la  cura  dei  piedi  torti  assai  bene  avanzata  rendeva 
un  testimonio  incontrastabile  e  commovente  ad  un  tempo  del- 
la utilità  in  alcuni  casi  del  metodo  meccanico  dello  Scarpa, 
utilità  di  tale  evidenza  da  soddisfare  anche  a  quelli,  che  par- 
teggiavano per  l'odierno  metodo  traumatico  in  simili  storpj . 

Il  Prof.  Comandoli  lesse  alcune  osservazioni  di  malattie 
da  lui  trattate  con  metodo  antiflogistico  felicemente,  con  lo 
scopo  di  confermare  alcune  massime  intorno  alla  dottrina 
della  Infiammazione  sostenute  dal  Tommasini. 

Il  Prof.  Cera  annunciò  ch'egli  stava  compilando  un  Di- 
zionario Botanico-medico  sui  Fungili  commestibili,  e  volge- 
vasi  con  preghiera  ai  componenti  la  Sezione,  onde  gli  comu- 
nicassero notizie  e  fatti,  riguardanti  specialmente  gli  effetti 
delle  specie  venefiche . 

Invitati  alla  lettura  delle  loro  Memorie  i  Dott.  Turchetti  e 
Pozzolini,  lesse  il  primo  una  parte  di  uno  scritto  sulla  infelice 
condizione  dei  Medici  di  Condotta ,  con  lo  scopo  di  richiamare 

V 


229 

l'attenzione  dei  Governi,  onde  prendano  per  il  bene  e  il  de- 
coro di  essi  qualche  pronto  ed  utile  provvedimento.  Incomin- 
ciava appena  l'altro  la  sua  lettura,  quando  l'assemblea  avendo 
chiesta  la  discussione,  il  Pozzolini  non  potè  che  consegnare  la 
sua  Memoria  manoscritta,  intitolata  Prospetto  d^  una  Storia 
della  Medicina  Italiana . 

Il  Segretario  si  assunse  la  discussione,  e  preso  motivo 
dalla  Memoria  del  Comandoli  si  provò  a  ridurre  ad  una  sintesi 
conclusiva  i  varj  concetti  esposti  nei  dibattimenti,  a  dare  un 
carattere  di  general  convenzione  ad  alcuni  punti  cardinali  che 
sostengono  la  Patologìa  odierna  in  Italia,  a  rammentare  che  chi 
la  crede  di  massime  fondamentali  difformi  non  la  conosce^  e 
che  su  questa  concordia  di  principj ,  nelle  adunanze  di  Pisa  si 
direbbe  quasi  consacrata,  s'appoggiavano  i  voti  e  le  speranze 
del  suo  ulteriore  avanzamento  e  decoro . 

Il  Prof.  Tommasini  scioglieva  l'ultima  seduta  con  un  ad- 
dio eloquente  ed  affettuoso,  e  gli  adunati  partivano  salutando 
rispettosi  l'iinfìteatro,  che  loro  ricordava  tra  molti  sommi 
italiani  maestri  un  Girolamo  Mercuriale,  che  fu  de'  primi  ad 
esporre  la  sapienza  di  quelF  Ippocrate,  nel  cui  nome  si  apri- 
vano inaugurate  le  adunanze  mediche  di  Pisa . 

Il  Segretario  della  Sezione  —  PROF.  FRANCESCO  PUCCL\01TI. 
Il  Presidente  -  CJF.  PROF.  GIACOMO   TOMJUSiyi. 


«m^Mr^g 


DI 


AGR0X01IIA  E  TECNOLOGIA 


sàeeo» 


PROCESSI  VERBALI 

ISSSik  S332D13 

DI  AGRONOMIA  E  TECA0106IA 


TENCTA   IL    DI    4    OTTOBRE    1839 


A 


pre  l'adunanza  il  Presidente  con  breve  allocuzione  diretta 
a  provare  come  la  vecchia  arte  agraria  sia  divenuta  una  scienza 
nuova,  e  quindi  come  possano  i  pratici  agricoltori  risentir 
vantaggio  dalle  ricerche  dei  dotti .  Osserva  quindi  che  bene  a 
ragione  nel  primo  Congresso  scientifico  Italiano  erasi  formata 
una  sezione  distinta  per  IWgronomia,  non  disgiunta  dalla 
Tecnologia  che  ha  con  quella  tanti  interessi  comuni . 

Invitati  i  membri  della  Sezione  dal  Presidente  a  scegliere 
il  giorno  che  reputano  più  opportuno  per  visitare  il  di  lui  Isti- 
tuto agrario  e  Podere  modello  esperimentale  di  Meleto,  viene 
a  ciò  prefisso  il  giorno  16,  al  cessare  cioè  dei  lavori  del  Con- 
gresso, ed  è  incaricato  il  Dott.  Cera  di  recarvisi  come  Segre- 
tario della  Sezione,  ed  a  preparare  un  Rapporto  su  quella  vi- 
sita da  inviarsi  al  secondo  Congresso  nel  prossimo  anno  come 
appendice  agli  Atti  della  Sezione  per  il  1859. 

Il  Prof.  Rocco  Ragazzoni  di  Torino  comunica  il  secondo 
Rapporto  di  nuovi  esperimenti  fatti  sui  bachi  da  seta  nutriti 

50 


254 

colla  foglia  di  Maclura  e  diretto  dal  Dott.  Rosnati  alla  R.  So- 
cietà Agraria  di  Torino,  e  conclude  che  sebbene  i  bozzoli  ot- 
tenuti appariscano  meno  ricchi  di  seta  al  paragone  di  quelli 
prodotti  da  bachi  nutriti  con  foglia  di  gelso  comune ,  pure  la 
maggior  finezza  della  seta  di  quelli  sembra  compensarne  il 
reddito  minore. 

Il  Dott.  Gera  avverte  come  la  Maclura  essendo  spinosa 
riesca  incomoda  a  sfrondarsi,  e  riflette  che  se  facile  alligna  tra 
noi,  è  poi  difficile  a  moltiplicarsi. 

Il  Presidente  ricorda  che  già  da  sei  anni  ne  aveva  fatto 
eseguire  lo  esperimento  e  ne  aveva  pubblicato  il  resultato  infe- 
lice nel  Giornale  Agrario  Toscano,  ed  il  Prof.  Moretti  aggiunge 
che  egli  ha  già  stampato  i  disgraziati  risultamenti  ottenuti  in 
grande  da  simili  esperienze,  le  quali  valsero  a  convincere  il 
Cav.  Bonafous  che  ne  prese  personal  cognizione. 

Il  Prof.  INIilano  vuole  attribuire  la  diversità  dei  resultati 
ottenuti  dal  Dutt.  Rosnati  da  un  canto,  e  dal  Ridolfi  e  dal  jNIo- 
retti  dall'altro,  alla  differenza  dtrlla  foglia  impiegata,  all'aver 
cioè  adoprato  gli  uni  quella  dell'individuo  maschio,  e  l'altro 
quella  dell'individuo  femmina  o  viceversa .  Il  Prof.  Ragazzoni 
soggiunge  che  la  Maclura  non  è  proposta  come  un  succedaneo 
del  gelso,  ma  solamente  come  l'ausiliario  forse  il  più  opportuno 
fra  tutti  quelli  successivamente  indicati  per  i  casi  nei  quali  i 
geli  tardivi  rapiscono  la  foglia  del  moro . 

L' Abate  Raffaello  Lambruschini  osserva  esser  sempre 
difficile,  e  raramente  innocuo,  il  determinare  i  bachi  da  seta 
a  cangiar  cibo,  ed  assicura  di  avere  osservato  che  i  filugelli 
avvezzi  ad  una  certa  varietà  di  foglia  di  gelso,  mal  soffrono 
persino  certe  altre  varietà  della  pianta  stessa. 

Il  Dott.  Gera  appoggia  l'osservazione  del  Lambruschini, 
e  dice  come  sia  opportuno  di  difendere  qualche  siepe  di  gelso 
dalle  brine  tardive  col  mezzo  di  un  largo  filare  di  Viburni,  di 
Ligustri,  di  Rovi  ec. ,  che  protegga  con  precoce  vegetazione 
i  gelsi  dal  lato  di  settentrione  e  si  curvi  in  arco  sopra  di  loro. 


Il  Prof.   Ragazzoni  richiama  allora  l'attenzione  dei  Socj 
intorno  alla  bellezza  e  finezza  della  seta  del  Dott.  Rosnati;  ma 
l'Abate  Larnbruschini  dice  che  la  finezza  straordinaria  è  dovuta 
alla  vita  languida  del  filugello,  all'esile  sviluppo  delle  sue  tra- 
file, alla  meschina  secrezione  della  materia  serica  nei  serbatoi. 

Il  Presidente  a2:i^iun2:e  che  a  cause  consimili,  è,  secondo 
lui,  da  attribuirsi  la  finezza  della  seta  ottenuta  dai  bachi  allevati 
con  foglia  di  gelso  delle  Filippine,  la  quale  non  sembra  così 
nutriente  pel  baco,  come  quella  del  gelso  ordinario.  Opina  però 
che  il  miglior  uso  che  far  si  possa  di  questa  foglia  consìsta 
nel  farla  mangiare  ai  bachi  nella  prima  età,  per  nutrirli  nelle 
ultime  con  foglia  nostrale.  Ed  a  proposito  dell'osservazione  già 
addotta  circa  alla  difficoltà  colla  quale  i  filugelli  passano  a  ci- 
barsi da  una  ad  un'altra  varietà  di  foglia,  aggiunge  avere  spe- 
rimentato che  colla  più  grande  spontaneità  il  baco  passa  dalla 
foglia  del  7?iultì caule  a  quella  del  gelso  comune,  mentre  l'in- 
verso passaggio  non  si  ottiene  che  a  stento. 

A  proposito  del  gelso  delle  Filippine,  insorge  la  discussione 
se  debba  ritenersi  per  una  specie  distinta  del  genere  3Iorus,  o 
se  abbia  da  considerarsi  per  semplice  varietà  del  Moj^iis  aìha. 
Si  fa  allora  menzione  dal  Dott.  Gera  di  un  individuo  di  gelso 
multicaiile  esistente  nell'Orto  Botanico  di  Padova,  dell'epoca 
della  di  cui  piantagione  non  vi  è  memoria  precisa.  È  certo  però 
che  una  tal  pianta  ivi  esisteva  molto  prima  del  1821,  anno  in 
cui  Perrottet  portò  in  Francia  il  suo  nuovo  gelso,  quindi  è  ere-/ 
dibile  che  il  gelso  padovano  possa  essere  provenuto  dalla  specie 
comune,  e  che  fosse  appunto  serbato  solamente  perchè  presen- 
tava col  suo  tipo  notabili  differenze. 

Il  Presidente  aggiunse  che  egli  ha  veduto  dai  semi  del 
gelso  delle  Filippine  nascere  delle  piante  affatto  diverse  da  lui 
pei  loro  caratteri  e  molto  più  somiglianti  al  gelso  bianco  che 
al  multicaule^  e  quindi  opina  doversi  ritenere  il  gelso  delle  Fi- 
lippine, a  cui  sì  conviene  meglio  di  ogni  altro  il  nome  di  cucul- 


256 

lata  datogli  dal  eh.  Bonafous,  come  una  varietà.  Inoltre  appro- 
fittando della  presenza  del  Prof.  Moretti  lo  richiede  se  il  gelso 
INIorettiano  fosse  mai  sempre  abbondante  di  frutti,  e  si  ren- 
desse cosi  poco  opportuno  a  nutrire  i  filugelli.  Il  Professor 
Pavese  risponde,  che  ciò  non  accade  giammai  nelle  siepi  di 
quel  gelso,  ma  educato  in  albero  s'incontra  qualche  indi- 
viduo femmina  abbondante  di  frutti  che  occorre  innestare  col 
gelso  comune. 

Il  Presidente  parla  della  pratica  utile,  secondo  lui,  di 
fasciare  il  tronco  dei  giovani  gelsi  per  difenderlo  specialmente 
dall'ardore  del  sole  estivo.  Nasce  discussione  su  questo  parti- 
colare^ ma  il  Dott.  Gera  ricordato  quanto  sta  in  favore  e  quanto 
sta  contro  ad  un  tal  sistema,  è  di  parere  che  debbasi  vestire 
il  tronco  della  giovane  pianta  nei  primi  cinque  anni  della  sua 
piantagione  con  treccia  di  paglia  o  altra  difesa.  Il  medesimo 
esamina  la  questione  se  debbasi  nel  trapiantamento  del  gelso 
recidere,  piegare,  o  lasciar  qual  è  la  radice  maestra  o  fittone,  e 
conclude  esser  certo  che  la  sua  recisione  è  dannosa  alla  pianta 
pei  guasti  che  certi  insetti  e  l'umidità  del  terreno  inducono  in. 
quella  piega. 

Il  Presidente  accenna  tutti  gl'inconvenienti  che  tengon 
dietro  all'uso  delle  comuni  .stufe  applicate  allo  schiudimento 
dell'uova  dei  filugelli,  e  propone  di  sostituir  loro  il  Termosi- 
fone di  Bonnemain,  intorno  al  quale  apparecchio  ha  pubblicato 
un  così  importante  lavoro  il  Professor  Saint-Martin. 

L'x\bate  Lambruschini  dice  essersi  già  servito  di  questo 
sistema  regolando  in  modo  la  lampada  da  mantenere  uniforme 
la  temperatura  dell'acqua  circolante,  e  quindi  quella  dell'am- 
biente in  mezzo  al  quale  si  trovano  le  uova  dei  filugelli.  Però 
soggiunge  non  esser  molto  economico  questo  apparecchio. 

Il  Segretario  della  SEzro^E  —  DOTT.  F.  GERA^ 
Il  Presidente  -  MARCH.    CAV.    COSIMO  lilDOLII. 


237 


TENUTA    IL   DI    5    OTTOBRE    1839 


mi  Prof.  ^Milano  tien  discorso  intorno  all'istruzione  popolare 
nel  suo  rapporto  colf  agricoltura,  richiamando  l'attenzione 
sulla  importanza  dell'educazione  agraria.  E  prendendo  di  mira 
i  bisogni  del  popolo  e  della  società,  accenna  il  cattivo  stato 
della  relativa  istruzione  in  molte  provincie  italiane.  Considera 
il  subietto  sotto  il  rapporto  del  metodo  che  vorrebbe  reciproco: 
sotto  quello  dei  lìòri  dì  testo  che  asserisce  mancare  nello  stato 
attuale,  e  sotto  quello  dei  maestri  che  non  reputa  abbastanza 
istruiti  per  insegnare  ad  altri  l'Agraria,  né  reputa  abbastanza 
retribuiti  per  ufficio  così  importante.  Nota  inoltre  il  INIilano 
come  l'Agraria  si  possa  far  progredire  coi  Poderi  modelli  e 
colle  istituzioni  agronomiche,  mostrando  in  che  differiscan 
tra  loro  simili  stabilimenti  ed  in  quali  circostanze  più  l'uno 
che  l'altro  convenga.  x\vverte  come  l'Agricoltura  italiana,  pel 
numero  maggiore  delle  piante  che  abbraccia,  per  la  più  variata 
indole  della  terra  e  del  clima,  sia  più  difficile  dell'oltramontana, 
e  ne  conclude  esser  per  l'Italiano  più  urgente  il  bisogno  di  co- 
noscerla per  principi .  Cerca  infine  come  si  possa  praticamente 
sciogliere  questo  problema*,  dice  che  i  buoni  libri  non  bastano, 
pur  vorrebbe  se  ne  scrivessero  ma  con  stile  facile  e  piano,  e  ter- 
mina lodando  l'Istituto  di  INleleto  come  il  primo  tentativo  con- 
genere nella  Penisola,  e  la  memoria  del  Dott.  Cera  sull'educa- 
zione agraria,  per  lo  spirito  col  quale  è  scritta  e  per  le  massime 
che  vi  sono  espresse. 


258 

Luigi  Calamai  legge  una  memoria  intorno  a  quella  lega 
metallica,  che  per  la  sua  gran  somiglianza  colF argento  comune 
è  volgarmente  chiamata  Argentana  o  Argentone.  Questa  lega, 
antichissima  presso  i  Cinesi,  ben  conosciuta  in  Europa  dopo  i 
lavori  di  Gaus,  è  fabbricata  estesamente  in  Francia,  in  Svezia, 
e  in  Germania.  Il  Calamai  assegna  le  proporzioni  de' suoi  veri 
componenti  che  sono  il  rame,   lo  zinco,  e  il  nichelio  possibil- 
mente puri,  e  ricorda  i  lavori  relativi  di  Robert,  Berzelius,  ec. 
Avverte  che  la  parte  più  difficile  in  questa  fabbricazione  si  è  la 
riduzione  del  nichelio  allo  stato  di  purità,  ed  insegna  il  miglior 
metodo  per  riuscirvi.  Passa  in   seguito  a  indicare  i  mezzi  per 
distinguere  facilmente  in  commercio  questa  lega  metallica  dal- 
l'argento,  e    differenziati   i  caratteri  fisici   delle   due    materie 
conclude   tornar   difficile   la   importante   distinzione  co'  mezzi 
usuali,  e  reputa  il  più  semplice  esser  quello  di  bagnare  il  me- 
tallo in  questione  con  piccola  quantità  di  acido  nitrico  puro  e 
concentrato.   L'ar2:entana  svol2:e,   così  trattata,    un  bel  color 
verde  smeraldo,  e  l'argento  si  tinge  di  color  bruno.  Il  Calamai 
accenna  i  pregi  tutti  della  lega  ch'ei  raccomanda,  consideran- 
done l'uso  affatto  innocuo  per  vasi  da  cucina  e  da  tavola.  Ma 
l'oggetto  importante  a  cui  vuole  il  Calamai  destinare  l'argen- 
tone si  è  quello  dell'incisione,  perchè  facile  si  presta  al  bulino, 
i  tagli  vi  riescono  nitidissimi,  e  tali  si  serbano  per  un  numero 
grandissimo  di  copie  che  la  calcografia  ne  ricava.  Crede  il  Ca- 
lamai che  l'incisione  in  acciajo,  per  molte  difficoltà  raramente 
usata,  possa  emularsi  da  quella  sulla  lega  proposta,  nella  quale 
vedonsi  riuniti  i  migliori  requisiti  del  rame  e  dell' acciajo.  Offre 
finalmente   un  saggio  d'intaglio  in  siffatta  materia,   eseguito 
dal  Prof.  Lapi. 

Enrico  Jonas  di  Berlino  osserva  che  a  valutar  meglio  il 
suggerimento  del  Calamai  avrebbe  desiderato  di  veder  delle 
copie  tratte  dalla  detta  incisione. 

L'Abate  Lambruschi ni  fa  notare  che  il  vapore  svolgentesi 


239 

nell'accensione  dei  cosi  detti  zolfanelli  fosforici  arrossa  tosto 
l'argentone. 

Il  Dott.  Gera  suggerisce  come  mezzo  facile  e  provato  di 
distinguere  la  lega  in  questione  dall'argento,  quello  di  acco- 
stare una  calamita  al  metallo  dubbioso  dopo  averlo  sospeso  in 
bilico  ad  un  filo.  Se  trattasi  d'argentone,  obbedisce  alla  forza 
magnetica  in  grazia  del  contenuto  nichelio. 

Sul  termine  della  seduta  si  dispensano  alcune  copie  di  una 
memoria  a  stampa  del  Professor  Domenico  De  Vecchj  intito- 
lata Del  perfezionamento  delVarte  di  estrarre  l'olio  dalle  olisce 
in  Italia^ 

Il  Segretario  della  Sezione  —  DOTT,  F.  GERÀ . 
Il  Presidente  -  MARCII.    CAV.   COSIMO  RIDOLFI. 


TENUTA  IL  Di  7  OTTOBRE  1839 


Successivamente  alla  lettura  del  processo  verbale  dell'  ante- 
cedente seduta  il  Prof.  Milano  osserva  non  essersi  fatto  parola 
dell'arsenico  contenuto  nell'argentone,  l'esistenza  del  quale 
può  render  dubbio  se  quella  lega  sia  da  introdursi  nel  servizio 
della  tavola  e  della  cucina. 

Il  Segretario  replica  averne  taciuto  perchè  l'arsenico  non 
entra  nella  lega  che  in  piccolissima  porzione  e  vi  rimane  come 
materia  accidentale,  per  lo  che  non  son  da  temerne  triste  con- 


seguenze. 


2iO 

Il  Prof.  Antonio  Targionl  Tozzetti  soggiunge,  che  essendo 
caduto  in  sospetto  lo  stagno  che  serve  alle  stagnature,  l'Acca- 
demia delle  Scienze  di  Parigi  nominò  una  Commissione  per 
esaminare  se  V  arsenico  contenuto  nella  stagnatura  dei  vasi  di 
rame  potesse  nuocere,  e  gli  Accademici  di  ciò  incaricati  dichia- 
rarono riuscire  innocuo  l'uso  del  detto  stagno.  Sodisfatto  il 
Prof  ^Milano,  il  processo  verbale  è  approvato. 

Il  Prof.  Giuseppe  Gazzeri  legge  intorno  agl'ingrassi  e  pre- 
cisamente sul  danno  di  farli  fermentare  e  scomporre  innanzi 
di  somministrarli  al  terreno,  e  narra  verbalmente  prima  di 
tutto  come  l'I.  e  R.  Accademia  de'  Georsrofili  a  di  lui  insinua- 
zione  proponesse  nel  1817  un  premio  a  chi  risolvesse  l'impor- 
tante questione ,  se  la  presidia  fermentazione  o  scomposizione 
degli  ingrassi  fosse  utile  o  dannosa  al  loro  impiego  in  agri- 
coltura. Rammenta  che  non  sodisfatta  1'  Accademia  dalle  me- 
morie venute  al  concorso,  il  quesito  fu  riproposto  pel  1819, 
nel  quale  intervallo  di  tempo  esso  Prof.  Gazzeri  intraprese  una 
serie  d'  esperienze  che  comprovando  la  verità  della  dottrina  da 
lui  professata,  esser  cioè  dannosa  la  previa  fermentazione  degli 
ingrassi,  credette  dover  pubblicare  una  memoria  relativa 
innanzi  che  1'  Accademia  conoscesse  gli  scritti  inviati  a  quel 
secondo  concorso,  nessuno  de' quali  venne  premiato. 

L'importanza  del  soggetto  impegnò  l'Accademia  a  ripro- 
porre nuovamente  il  quesito,  e  questa  volta  le  dottrine  già 
emesse  dal  Gazzeri  vennero  confermate  dagli  Accademici  Giu- 
seppe Lambruschini  e  Prof.  Giovacchino  Taddei,  che  ottennero 
dall'Accademia  quello  il  premio  e  questo  la  seconda  corona. 

Stabiliti  i  principi  teoretici,  restava  a  conciliare  la  pratica. 
Il  Prof  Gazzeri  narra  d'averne  prevedute  le  difficoltà,  ma  di 
aver  sempre  sperato  di  superarle  o  di  vederle  vinte  da  altri.  Io 
che  non  avvenne  mal2:rado  che  la  benemerita  Accademia  ac- 
cordasse  sette  anni  di  tempo  a  sperimentare,  e  offrisse  un  pre- 
mio generoso  a  chi  indicasse  il  modo  di  ridurre  alla  pratica  i 
principi  già  stabiliti. 


241 

Dopo  la  pubblicazione  della  sua  memoria  il  Prof.  Gazzeri 
astretto  da  gravi  occupazioni  lasciò  di  meditare  su  questo  sog- 
getto, e  solo  da  pochi  mesi  tornò  a  pensarvi  ed  a  sperimentare^ 
e  credendosi  oramai  condotto  a  conclusioni  che  gli  fanno  con- 
siderare come  trovato  il  mezzo  di  sottrarre  alla  fermentazione 
i  letami  di  stalla,  che  sono  gl'ingrassi  più  generalmente  ado- 
prati  in  agricoltura,  viene  a  comunicarle  alla  Sezione. 

L'x\utore  indica  come  prima  cagione  dell'errore  che  fa 
considerare  ai  contadini  utile  e  necessaria  la  scomposizione 
degli  ingrassi,  questa,  che  incapaci  di  farsi  una  giusta  idea  del 
peso  specifico  dei  varj  corpi,  ne  giudicano  la  quantità  dal  vo- 
lume, e  COSI  apprezzano  molto  i  letami  di  stalla  che  sono  un 
miscuglio  degli  escrementi  colla  lettiera  degli  animali,  miscu- 
glio che  presenta  con  poco  peso  un  gran  volume.  Ed  a  questa 
lettiera  formata  di  paglione  e  d'  altri  strami  sacrificano  la  tanto 
più  preziosa  materia  escrementizia ,  poiché  col  farla  strumento 
della  macerazione  degli  strami  ne  disperdono  almeno  la  metà, 
pel  conseguimento  illusorio  ed  efimero  di  un  vantaggio  spro- 
porzionato alle  perdite  che  cagiona. 

Quindi  propone  come  primo  precetto  di  spurgare  frequen- 
temente le  stalle  dal  letame,  di  separare  immediatamente  lo 
strame  dall'escremento,  disseccando  prontamente  l'uno  e  l'altro 
con  varj  mezzi  che  passa  a  indicare,  e  prevedendo  le  opposi- 
zioni che  gli  agricoltori,  schiavi  delle  loro  abitudini,  potrebbero 
affacciare  su  tali  pratiche,  il  Prof.  Gazzeri  oltre  a  farvi  conve- 
niente risposta  dimostra,  che  sottoponendo  gli  strami  a  lenta  e 
quindi  soffocata  combustione,  si  ricaverà  da'  medesimi  il  50  per 
cento  di  carboniglia  che  può  considerarsi  come  eccellente  in- 
grasso, sia  che  si  sparga  isolata  o  si  affidi  al  terreno  commista 
ad  altre  sostanze.  E  finalmente  soggiunge  che  quelli  i  quali 
non  volessero  usare  della  combustione  indicata  troverebbero  il 
loro  conto  ammassando  gli  strami,  innaffiandoli  e  facendoli 
fermentare  separati  dall'escremento,  perchè  la  sola  separazione 


31 


242 

di  questo  da  quelli  porta  un  utile  di  un  50  per  cento  di  fronte 
al  sistema  della  fermentazione  simultanea  della  lettiera  e  degli 
escrementi. 

Il  Presidente  invita  il  Prof.  Gazzeri  a  Meleto,  onde  esporre 
cotali  discipline  agli  Agronomi  che  vi  si  troveranno  riuniti  il 
16  Ottobre^  mail  Professore  si  scusa,  dolente  clieimperiose 
circostanze  lo  impediscano  dall'  assistere  alla  indicata  Riunione 
Agraria. 

11  Presidente  fa  quindi  leggere  al  Segretario  una  memoria 
inviata  dal  Drummond  intorno  all'agricoltura  dell'Inghilterra, 
giudicando  che  possa  giovare  il  diffondere  la  cognizione  di 
alcune  interessanti  pratiche  di  quel  paese. 

11  Segretario  comunica  una  lettera  del  Commendatore 
Lapo  De  Ricci,  colla  quale  invita  il  Presidente  a  nominare 
nella  Sezione  due  Commissioni  incaricate  di  visitar  Pisa  ed  i 
suoi  contorni,  per  quindi  riferire  intorno  all'agricoltura  ed 
alle  arti  utili  quanto  crederanno  opportuno. 

La  Sezione  approva  il  progetto,  ed  il  Presidente  prega  di 
far  parte  della  prima  Commissione  il  Prof.  Targioni,  Luigi 
Calamai,  Dott.  Gaetano  Cioni,  e  Abate  Raffaello  Lambruschini, 
ed  a  compor  la  seconda  il  Commendator  Lapo  De  Ricci,  Pietro 
Onesti,  Dott.  Francesco  Gera,  ed  i  Professori  Moretti  e  Milano, 
i  quali  tutti  accettano  l'incarico. 

Il  Segretario  della  Sezioe  —  DOTT.  F.  GERA. 
Il  Presidente  -  MARCH.   CAV.   COSIMO  RIDOLFI. 


245 


TENUTA   IL   DÌ    8    OTTOBRE    1839 


-Il  Commendatore  Lapo  De  Ricci  espone  alcune  considerazioni 
che  reputa  atte  ad  allontanare  i  mali  che  V  avidità  del  proprie- 
tario terriero  potrebbe  arrecare  all'arte  agraria  ed  insieme  alla 
comune  ricchezza,  e  quel  che  più  importa  alla  pace  ed  alla  pub- 
blica morale.  Ammesso  che  in  generale  il  possesso  terriero  offre 
un  prodotto  annuo  minore  sebben  più  certo  di  quello  che  dan- 
no tutti  gli  altri  capitali ,  è  naturale  che  i  capitalisti  una  volta 
che  impiegarono  i  loro  denari  in  terreni  siano  tentati  di  anga- 
riare i  mezzajoli,  i  fittuarj ,  e  livellar]  con  patti  e  responsioni 
gravose.  Contro  siffatte  misure  declama  il  Ricci  e  prova  quanto 
sia  dannoso  di  aggravare  con  responsioni  onerose  i  terrieri  per 
ricavar  da  loro  un  utile  superiore  a  quello  che  le  terre  in  circo- 
stanze ordinarie  possono  somministrare.  Rammenta  come  la 
Legge  di  Leopoldo  I  intorno  agli  affitti  perpetui  dei  beni  sog- 
getti alle  Amministrazioni  Regie,  Comunitativeec.  più  valse  ad 
accrescere  la  ricchezza  agricola  toscana  di  quello  che  le  fortu- 
ne individuali,  e  nota  che  lo  stesso  accadde  nelle  grandi  alie- 
nazioni di  beni  seguite  sotto  il  Governo  Francese.  Deplora  la 
mania  di  prendere  a  livello  dei  terreni,  la  quale  se  troppo  si 
diffondesse  fra  noi  farebbe  temere  alla  Toscana  F  ingruenza 
dei  mali  pei  quali  geme  l'Irlanda.  Tratta  finalmente  la  causa 
de'  coltivatori  e  quella  de'  proprietarj ,  facendo  conoscere  che 
dando  a  livello  un  fondo  contro  la  somma  della  rendita  media 
ricavatane  colla  comune  industria  e  coi  soliti  capitali  possono 


2U 

prosperare  egregiamente  gli  affari  dei  contraenti^  e  chiude  il  suo 
discorso  suggerendo  di  avvantaggiare  la  condizione  reciproca 
dei  possidenti  e  de' lavoratori  col  diifondere  nuove  e  più  utili 
pratiche  perla  via  dell'esempio,  piuttostochè  col  mezzo  delle 
parole. 

li  March.  Gav.  Francesco  Riccardi  Vernaccia  tratta  della 
necessità  che  ha  la  Toscana  di  possedere  un  pubblico  Istituto 
di  Agricoltura.  Dice  che  l'Agricoltura  fu  lungamente  negletta 
fra  noi  perchè  tutta  in  potere  della  ^Nobiltà  e  delle  Corpora- 
zioni religiose.  Crede  che  la  prima  generalmente  sdegnasse  di 
prendersi  cura  dell'agronomia  facendosi  rappresentare  da  sem- 
pHci  contadini  dichiarati  fattori,  e  che  le  seconde  iinpoltrite 
nell'ozio  di  una  vita  beata  consumassero  improduttivamente  i 
redditi  de' loro  terreni.  Dice  esser  venuto  poco  vantaggio  alla 
pratica  agronomia  dall'Accademia  de' Georgofih ,  sebbene  sia 
sollecita  di  pubblicare  cogli  Atti  le  proprie  investigazioni.  Ri- 
conosce dalla  abolizione  dei  fidecommissi  operata  da  Pietro 
Leopoldo  e  dagli  sconvolgimenti  politici  che  più  tardi  divisero 
i  fondi  delle  religiose  Corporazioni,  l'arricchirsi  degli  indu- 
striali che  di  quei  beni  fecero  acquisto.  Ma  nuovi  guai  insorsero 
posteriormente  nella  toscana  agricoltura,  e  fu  allora  che  per 
rimediarvi  nacque  f  onorevol  desiderio  nei  possidenti  di  darsi 
alla  vita  campestre  e  di  erudirsi  nella  pratica  agraria .  Alcuni 
trassero  profìtto  vistoso  dalle  loro  cure,  ma  ad  ottenerne  uno 
più  generale  e  maggiore  crede  il  Vernaccia  necessaria  la  for- 
mazione di  un  vasto  Podere  modello  a  spese  pubbliche  ,  argo- 
mentando la  proporzionale  utilità  di  un  consimile  stabilimento 
da  quella  che  arreca  il  privato  Istituto  fondato  dal  Presidente. 

L'Avvocato  Vincenzio  Salvagnoli  replica  al  preopinante, 
osservando  che  alcune  sentenze  del  ìNIarchese  Vernaccia  potreb- 
bero dare  ai  non  toscani  qualche  idea  inesatta  delle  passate  e 
presenti  condizioni  dell'agricoltura  fra  noi.  Prende  quindi  a 
dimostrare  come  quest'arte  fu  qui  sempre  meno  infelice  che 


245 

negli  altri  paesi  d'Italia,  perchè  la  Nobiltà  toscana  sorta  dal- 
l'industria  sempre  versò  nella  terra  molti  capitali,  e  perchè 
le  Corporazioni  religiose  si  distinsero  spesso  nella  diligente 
cultura  del  suolo.  Adduce  varie  prove  di  ciò,  ed  accenna  va- 
rie cagioni  economiche  e  civili  le  quali  mitigarono  gli  effetti 
de'  pubblici  mali,  a  cui  dopo  il  1500  soggiacque  l'Italia.  Prova 
come  all'antiche  consuetudini  di  una  agricoltura  diligente  si 
unirono  studj  sperimentali  e  insegnamenti  pregevoli  non  solo 
di  secolari  quanto  ancora  di  molti  ecclesiastici,  uno  dei  quali 
fu  il  fondatore  dell'Accademia  dei  Georgofili.  E  di  questa 
Accademia  enumera  successivamente,  il  Salvagnoli ,  le  fatiche 
ed  i  meriti,  e  dice  che  sotto  i  Principi  filosofiche  ci  governano 
molti  pensamenti  e  voti  di  lei  si  videro  convertiti  in  leggi. 
Passa  in  fine  a  mostrare  il  presente  stato  dell'agricoltura,  e 
conclude  che  l'ufficio  dello  Istituto  di  Meleto  e  del  suo  fondatore 
non  è  già  quello  di  creare  o  rigenerare  l'arte  agraria,  ma  1'  altro 
bensì  di  perfezionarla  accomodandola  soprattutto  alle  nuove 
necessità  dei  tempi  e  degli  uomini. 

Il  Marchese  Riccardi  Vernaccia  si  mostra  contento  di  aver 
dato  luogo  alle  parole  dell'Avvocato  Salvagnoli ,  e  protesta 
che  non  ha  inteso  parlare  in  modo  indecoroso  dell'Accademia 
de'  Georgohli ,  ma  che  anzi  ha  voluto  biasimare  quelli  soli 
che  motteggiano  i  di  lei  utili  studj  e  le  sue  belle  ricerche. 

L'x\b.  Cav.  Professor  Pietro  Confì^liachi  Presidente  della 
sezione  di  Chimica,  Fisica  e  Scienze  Matematiche  avverte  come 
sia  frequente  lamento  che  dove  muore  un  gelso,  un  altro  pur 
vi  perisca  se  ripiantato  venga  nel  luogo  stesso,  comunque  nella 
nuova  piantazione  si  usino  tutte  le  cautele  prescritte  dai  migliori 
Agronomi.  Persuaso  egli  che  ben  poco  influisca  a  produrre  il 
male  e  la  cultura,  e  l'indole  del  suolo,  e  la  topografica  posi- 
zione, e  vedendo  che  a  cominciar  dalle  barboline  del  gelso  e 
salendo  di  mano  in  mano  alle  radici  più  grosse  e  da  queste  al 
tronco,  si  presentava  una  materia  bianchiccia  filamentosa  e  tal- 


246 

volta  pulverulenta  che  cresceva  in  quantità  ed  estensione  facen- 
dosi sempre  più  larga  strada  nel  tessuto  midollare  dell'albero 
fino  ai  rami  più  grossi  di  esso,  immagina  che  la  causa  morti- 
fera del  gelso  risieda  nello  sviluppo  di  un  vivente  nel  vivente, 
ossia  di  una  Crittogama  della  numerosissima  famiglia  delle 
Miicedineey  della  quale  è  ignorata  l'origine.  Esposte  queste  sue 
idee  passa  a  considerare  1'  andamento  del  morbo  che  percorre 
e  dura  tre  anni ,  facendosi  lo  sviluppo  di  questa  Crittogama 
parassita  del  gelso  causa  diretta  della  sua  morte.  Narra  quindi 
alcuni  pochi  esperimenti  volti  ad  investigare  i  rimedj  opportuni, 
e  crede  aver  raggiunto  lo  scopo  impiegando  l'acqua  di  calce 
ed  il  ranno  concentrato,  de'  quali  liquidi  inzuppa  il  terreno. 

Il  Prof.  Francesco  Orioli  avverte  che  non  il  gelso  solo,  ma 
altre  piante  ancora  muoiono  per  cause  consimili,  e  quindi  che 
giova  studiare  il  male  in  tutte  quelle  che  attacca  e  non  nel  gelso 
soltanto,  ed  insiste  sulla  necessità  avvertita  pure  dal  Prof.  Con- 
figliachi  di  ripetere  le  osservazioni  e  le  esperienze,  e  soggiunge 
essere  interessante  la  determinazione  della  nociva  Crittogama 
innanzi  che  gli  stranieri  se  ne  occupino  e  ci  rimproverino 
d'inesattezza. 

Il  Dott.  Cera  prende  la  parola  per  ricordare  come  l'Ac- 
cademia di  Bergamo,  fatto  soggetto  di  premio  l'argomento  ora 
trattato  dal  Prof.  Configliachi,  negasse  di  conferirlo  avendo 
trovato  inefficace  1'  acqua  di  calce  ed  il  ranno  proposto  dai 
concorrenti. 

Il  Prof.  Configliachi,  come  ognun  sa  a  più  severi  studj 
continuamente  rivolto,  dice  d'ignorare  il  fatto  enunciato  dal 
Segretario,  e  soggiunge  che  la  differenza  dei  resultati  è  una 
ragione  di  più  per  ripetere  queste  esperienze,  che  d'altronde  lo 
meritano  anche  supposto  efficace  il  compenso,  per  determinare 
dopo  quanto  tempo  convenga  di  ripiantare  il  gelso,  onde  le 
materie  alcaline  introdotte  nel  suolo  non  nuocano  alle  nuove 
radici. 


247 

Il  Prìncipe  di  Musignano  Presidente  della  sezione  di  Zoo- 
logia ed  Anatomia  comparativa,  propone  a  quella  di  Agrono- 
mia e  Tecnologia  di  riunirsi  in  uno  dei  giorni  seguenti  per 
discutere  intorno  ad  argomenti  entomologici  di  comune  inte- 
resse. 11  Presidente  preso  il  parere  della  Sezione  aderisce  al 
progetto,  ben  contento  che  sia  questa  una  prova  novella  del- 
l' amore  che  lega  tutti  i  dotti  Italiani  pel  progresso  delle  scienze 
e  dell'arti  utili. 

Dopo  di  ciò  il  Presidente  dichiara,  che  necessitato  ad 
assentarsi  dal  Congresso  per  le  cure  che  non  può  negare  al 
proprio  Istituto  agrario,  ha  nominato  a  rappresentarlo  come 
Vice-Presidente  della  Sezione  il  Prof.  Cav.  Giuseppe  Gazzeri, 
al  quale  spetterà  di  vidimare  il  processo  verbale  dell'attuai 
seduta,  quando  venga  approvato  nella  successiva. 

Il  Segretario  distribuisce  un  gran  numero  di  copie  di  un 
opuscolo  offerto  in  dono  da  un  anonimo,  che  ha  per  titolo 
Di  alcune  cose  die  potranno  tornare  a  utile  dei  contadini  in 
Toscana . 

Il  Segretario  della  Sezione —  DOTI.  F.  GERÀ. 
Il  Vice-Presidente  -  PROF.    CAV.    G.    GAZZERI. 


TENUTA   LL   DI   9    OTTOBRE    1859 


.ntonio  Piccioli  giardiniere  dell'  I.  e  R.  Museo  di  Fisica  e 
Storia  Naturale  di  Firenze,  tratta  del  Phormium  Tenax  o  Fino 
della  Nuova  Zelanda,  e  ricordando  che  il  Prof.  Targioni  Toz- 
zetti  ne  suggerì  la  cultura  all'Accademia  dei   Georgofili  fino 


248 

dal  1820,  conclude  che  ha  reputato  utile  di  nuovamente  rac- 
comandarla con  più  validi  argomenti  in  questa  occasione, 
reputando  che  possa  riuscire  di  molta  utilità  nelle  Maremme 
che  ora  tornano  a  nuova  vita ,  e  che  offrirebbero  al  Phormìum 
ogni  miglior  condizione  di  prosperità,  parendo  che  questa 
pianta  ami  a  preferenza  il  littorale  marino. 

In  questa  occasione  lo  stesso  Piccioli  trattiene  la  Sezione 
sull'utilità  di  alcuni  metodi  per  moltiplicare  le  piante  per  via 
di  margotto  e  di  innesto  che  non  sono  secondo  lui  conosciuti 
abbastanza,  e  dai  quali  non  i  soli  giardinieri  ma  gli  agricoltori 
ancora  potrebbero  ricavar  vantaggio. 

Il  Colonnello  Conte  Luigi  Serristorì  parla  del  mezzo  repu- 
tato il  più  efficace  per  istruire  praticamente  i  contadini,  argo- 
mento che  facendo  parte  di  una  molto  più  vasta  questione  quale 
si  è  quella  dell'istruzione  generale,  considera  come  una  grande 
e  urgente  necessità  dell'epoca  attuale.  Sostiene  che  gli  scritti 
non  giungono  giammai  fino  al  contadino,  e  pensa  che  possan 
soli  bastare  all'  uopo  dei  corsi  speciali  di  pratica  agronomia. 
Propone  che  i  giovani  contadini  vengano  radunati  e  posti  in 
grado  di  profittare  durante  un  solo  anno  di  quegli  esercizj 
agronomici  che  si  darebbero  in  luoghi  appositi,  che  offrissero 
cioè  circostanze  idonee  all'insegnamento.  Dopo  un  anno  altri 
villici  sottentrerebbero  e  così  di  seguito,  e  limitandosi  alla 
Toscana  reputa  sufficienti  due  grandi  stabilimenti  del  genere 
indicato,  che  l'uno  in  Val  di  Chiana  per  il  sistema  agrario  di 
mezzeria,  e  l'altro  in  S.  Rossore  presso  Pisa  per  il  sistema  di 
gran  cultura  a  comodo  della  Maremma. 

Pietro  Onesti  già  allievo  di  Ro ville  richiama  1'  attenzione 
della  Sezione  intorno  ad  una  memoria  da  lui  pubblicata  sul- 
r  argomento  ora  trattato  dal  Conte  Serristori.  Enumera  i  di- 
versi stati  della  Germania  ove  si  raccolgono  i  contadini  e  si 
istruiscono  teoricamente  e  praticamente  in  appositi  stabili- 
menti. Racconta  come  a  Roville  il  contadino  depositi  una  som- 


249 

ma  per  esservi  ricevuto,  la  quale  gli  vien  restituita  in  premio 
delle  sue  fatiche  se  vi  si  trattiene  un  anno  e  mostrasi  diligente 
al  lavoro.  Avverte  infine  che  in  Toscana  si  ricevono  gratuita- 
mente i  contadini  a  Meleto  e  si  addestrano  nel  maneggio  dei 
nuovi  strumenti  rurali-,  e  conchiude  che  non  si  possono  mai 
moltiplicare  abbastanza  le  scuole  della  Domenica  e  quelle  pro- 
gettate dal  Conte  Serristori. 

Il  Prof.  Milano  soggiunge  come  a  Biella  nelle  sere  festive 
si  istruisca  il  popolo  nel!'  Agraria,  come  quella  scuola  sia  molto 
frequentata  dai  campagnoli,  e  come  quel  Vescovo  Monsignor 
Losana  abbia  promesso  di  mandare  i  suoi  cherici  a  quelle 
lezioni . 

Lo  stesso  Prof.  Milano  volge  il  discorso  sulla  manifattura 
del  vino,  ed  osserva  come  non  solo  in  Toscana  ma  in  tutta 
Italia  occorra  migliorare  la  sua  qualità.  Esamina  le  varie  opi- 
nioni circa  al  tener  chiuso  o  aperto  il  tino  durante  la  fermen- 
tazione del  mosto,  e  dopo  aver  ricordati  i  diversi  apparati  in 
epoche  diverse  proposti  per  impedire  la  dispersione  durante  la 
fermentazione  di  vari  principi  utili  a  conservarsi,  conchiude: 
1."  che  il  tino  debba  star  chiuso,  e  chiuso  ermeticamente  per 
varie  ragioni  chimiche  che  enumera  ad  una  ad  una,  2.°  che  il 
tino  sia  ripieno  per  soli  nove  decimi  della  sua  capacità,  5."  e 
che  vi  sia  apposta  una  semplice  valvola  regolatrice. 

Il  Prof.  Taddei  approva  la  chiusura  de' tini,  l'apposizione 
della  valvola  regolatrice,  e  in  generale  tutti  i  principj  emessi 
dal  Prof.  Milano,  ma  si  mostra  dubbioso  se  la  non  conservabilità 
dei  vini  dipenda  dall'essere  stata  la  massa  fermentante  in  con- 
tatto coir  ossigeno  della  atmosfera.  Richiede  quindi  al  Prof. 
Milano  se  abbia  dei  fatti  in  proposito  chiari  e  ben  osservati  i 
quali  escludano  ogni  dubbiezza.  Ottenutane  affermativa  rispo- 
sta, si  conviene  essere  omai  fuor  di  dubbio  l'utilità  di  fabbri- 
care il  vino  in  vasi  chiusi. 

32 


i 


2o0 

Il  Prof.  Gazzeri  rammentate  alcune  considerazioni  da  lui 
già  esposte  altrove  e  dirette  a  spiegare  V  utilità  degli  avvicen- 
damenti agrarj,  e  perchè  in  un  terreno  nel  quale  ha  vissuto 
alquanto  tempo  una  specie  di  piante  periscano  o  non  prospe- 
rino nuove  piante  della  specie  stessa,  considera  tuttociò  dipen- 
dente da  due  fatti  noti,  cioè:  1."  che  la  vegetazione  di  una 
specie  di  piante  particolarmente  pratensi  o  da  foraggio  divenuta 
languida  in  un  terreno  in  cui  dura  da  molto  tempo,  si  ravviva 
prodigiosamente  spargendovi  sopra  una  quantità  discreta  di 
solfato  di  calce,  sale  che  l'analisi  ritrova  poi  nelle  ceneri  di 
quelle  piante .  E  ciò  induce  a  considerare  come  causa  dello  ac- 
cennato languore  l'esaurimento  nel  terreno  di  una  materia 
necessaria  per  esse,  2/  che  presso  le  radici  di  molte  piante 
ritrovasi  una  materia  organica  escrementizia  che  accumulatasi 
nel  suolo ,  col  tempo  deve  essere  infesta  alle  piante  congeneri  e 
può  giovare  a  quelle  di  specie  diversa. 

Il  Prof.  Gazzeri  invita  i  Fisiologi  presenti  all'adunanza 
a  dichiarare  se  queste  cose  da  lui  comunicate  all'Accademia 
de'  Georgofìli  molti  anni  sono  siano  tutt'ora  ammissibili,  o  se 
i  progressi  della  scienza  suggeriscano  migliori  spiegazioni  del- 
l'utile  che  tiene  dietro  alle  rotazioni  campestri. 

Allora  il  Prof.  Moretti  fa  osservare  che  questa  appunto  è 
la  teorìa  da  esso  lui  riportata  nella  sua  Biblioteca  Agraria,  ove 
dopo  aver  confermate  le  esperienze  del  Gazzeri  intorno  al- 
l'azione delle  radici  delle  piante  sui  corpi  organici  solidi  che 
decompongono  e  rendono  solubili  per  nutrirsene,  paragona 
r  esterna  superfìcie  di  quegli  organi  all'  interna  dello  stomaco 
degli  animali.  Egli  è  quindi  di  opinione  che  la  decomposi- 
zione, la  soluzione,  il  cangiamento  delle  sostanze  elementari  in 
sugo  nutritivo  delle  piante  si  debbano  alla  forza  vitale  delle  loro 
radici .  Pare  che  in  ciò  risieda  la  ragion  principale  per  cui  non 
ogni  concime  è  ugualmente  adatto  a  nutrire  ogni  specie  di 
piante,  e  per  cui  la  medesima  specie  non  alligna  nel  medesimo 


251 

suolo  una  seconda  volta  senza  una  precedente  letamazione , 
mentre  ci  prospera  una  specie  di  diversa  famiglia. 

Quanto  al  secondo  fatto  referito  dal  Prof.  Gazzeri,  conti- 
nua a  dire  il  Prof.  Moretti  che  desso  costituisce  appunto  il  prin- 
cipal  fondamento  della  teoria  da  lui  sostenuta  in  opposizione 
a  quella  del  De  Candolle .  Il  Botanico  Ginevrino  è  di  parere  che 
la  materia  escrementizia  della  pianta  sia  venefica  per  la  specie 
che  l'ha  prodotta,  e  sia  vantaggiosa  per  una  specie  diversa,  ed 
ammette  per  conseguenza  che  su  questa  base  riposi  1'  utilità 
degli  agrarj  avvicendamenti . 

Il  Prof.  Moretti  riconosce  parimente  che  tali  materie  escre- 
mentizie delle  piante  possono  nuocere  agli  individui  della  stessa 
specie,  ma  ritiene  che  le  piante  stesse  godano  di  una  particolar 
virtù  succhìante,  ossia  di  un  gusto  specifico  per  cui  decompon- 
gono e  si  appropriano  certi  elementi  a  preferenza  di  certi  altri, 
e  valgono  a  caricarsi  più  o  meno  di  alcuni  principj  secondo  la 
propria  costituzione  fisiologico-chimica,  ed  a  rifiutare,  per 
quanto  loro  il  permette  l'organico  potere  vitale,  l'introduzione 
ài  certe  materie  che  sarebbero  loro  nocive. 

Il  Segretario  delia  Sezione  —  DOTT.  F.  CERA, 
ih  Vice-Presidente  -  PROF.    CAV.    G.    GAZZERI. 


252 


TENUTA  IL  DI  10  OTTOBRE  1839 


Mi  Giardiniere  di  S.  A.  il  Re  di  Vittemberga  Giuseppe  Bosch, 
invia  una  sua  memoria  intorno  alla  Madia  satwa  considerata 
come  pianta  oleifera,  indicando  come  si  possa  intercalare  ne- 
gli agrarj  avvicendamenti,  e  quali  siano  i  pregi  del  suo  pro- 
dotto.  Espone  ogni  particolare  di  sua  cultura,  e  mostra  come 
il  reddito  di  questo  vegetabile  superi  quello  delle  piante  olei- 
fere erbacee  più  coltivate,  quali  sarebbero  il  ravizzone  e  il  pa- 
pavero . 

L'Accademia  di  Vittemberga  unisce  a  quelle  del  Bosch  le 
proprie  osservazioni  che  le  già  esposte  confermano,  e  il  Prof. 
Milano  asserisce  che  da  una  piccola  cultura  di  Madia  da  lui 
tentata  ebbe  i  vantaggi  descritti. 

Il  Prof.  Moretti  osserva  però  che  avendo  da  più  anni  in- 
trodotto quella  pianta  nell'Orto  agrario  pavese  ha  dovuto  con- 
vincersi che  la  maturazione  dei  semi  accadendo  da  Giugno  a 
tutto  Ottobre  ne  rende  imbarazzante  e  dispendioso  il  raccolto , 
lo  che  forse  impedirà  tra  noi  l' utile  introduzione  di  questa 
pianta. 

Il  Dott.  Gera  legge  una  memoria  diretta  a  provare  l'utilità 
di  un  più  esteso  allevamento  del  baco  da  seta  cinese,  il  quale 
se  da  un  lato  offre  minor  prodotto  del  filugello  comune,  con- 
suma dall'altro  meno  foglia  e  più  sollecito  compie  la  propria 
vita.  Dice  che  ad  allevarlo  prosperamente  occorre  tenerlo  in 
stanze  molto  aereate,e  nelle  ultime  tre  età  sotto  portici  ogal- 


<-v  tj  ar 


lerie  appena  difeso  dalle  più  grandi  vicissitudini  atmosferiche . 
Nota  alcune  altre  particolarità  dell'allevamento  conveniente 
per  questa  sorte  di  baco  da  seta,  e  termina  inculcando  di  fargli 
filare  il  bozzolo  in  quel  graticolato  che  venne  raccomandato 
ultimamente  come  un  nuovo  trovato,  mentre  esso  Gera  lo 
aveva  descritto  fino  dal  1827^  avvertendo  però  che  questo  gra- 
ticolato non  riesce  bene  come  lo  proposero  i  eh.  Agronomi 
P.  Ramon  de  la  Sagra  e  Gav.  Bonafous,  ma  dee  avere  le  ma- 
glie romboidali  cogli  angoli  acuti  disposti  verticalmente ,  e 
occorre  badar  soprattutto  che  le  reti  le  quali  lo  compongono 
si  trovino  sempre  disposte  due  a  due  alla  distanza  di  circa  un 
pollice  e  mezzo  fra  loro ,  e  che  nella  stanza  ove  i  bachi  filano 
in  questo  congegno  penetri  poca  luce . 

Si  annunziano  alcuni  libri  inviati  in  dono  alla  Sezione,  e 
sono  varie  operette  agrarie  di  Giuseppe  Rossi,  il  Catalogo  del- 
l'Orto Botanico  di  Firenze,  e  il  Viaggio  in  Maremma  di  Anto- 
nio Bottari. 

Il  Vice-Presidente  vedendo  come  ogni  comunicazione  re- 
lativa alle  Maremme  interessi  vivamente  la  Sezione ,  nomina 
una  Commissione  affinchè  rediga  un  Rapporto  sul  bonifica- 
mento di  quella  provincia,  e  questa  Commissione  vien  com- 
posta dei  signori  Emanuelle  Repetti ,  Avvocato  Vincenzio  Sal- 
vagnoli ,  e  Commendatore  Lapo  De  Ricci. 

Lorenzo  Barsanti  di  Pietrasanta  avendo  fatto  prevenire  la 
Sezione  che  desidera  farle  conoscere  una  sua  nuova  macchina 
per  sgranare  il  Granturco,  il  Vice-Presidente  incarica  Luigi 
Calamai  di  farne  Rapporto,  ed  autorizza  l'inventore  a  farla 
agire  dopo  lo  scioglimento  della  seduta. 

Il  Seghetario  della  Sezione  — DOTT.  F.  GERA. 
Il  Vice-Presidente  -  PROF.  CAV.  G.  GAZZERI. 


Sai 


TENUTA  IL   DI   11    OTTOBRE    1839 


Approvato  dalla  Sezione  il   precedente  processo  verbale  il 
Presidente  ci  appone  il  suo  visto . 

Luigi  Calamai  presenta  un  suo  Rapporto  sulla  macchina 
sgranatrice  del  Granturco  inventata  ed  eseguita  da  Lorenzo 
Barsanti ,  e  dopo  aver  notato  la  forza  impiegata  per  farla  agire 
e  la  qualità  e  quantità  del  lavoro  ottenutone  in  un  dato  tempo, 
avverte  come  non  tutte  le  spighe  riescano  sgranate,  e  molte 
siano  quelle  che  sono  ridotte  in  frantumi.  Ma  siccome  la  mac- 
china è  semplicissima,  solida,  e  facile  ad  accomodarsi  in  caso 
di  guasto,  il  Calamai  senza  istituir  confronti  con  altre  mac- 
chine analoghe,  propone  di  far  di  quella  del  Barsanti  onorevol 
menzione. 

Il  Calamai  stesso  invita  la  Sezione  ad  osservare  alcuni 
pezzi  patologici  da  esso  eseguiti  in  cera,  e  che  presenta  per 
quella  relazione  che  possono  avere  colla  Tecnologia . 

Il  Presidente  nel  favellare  intorno  al  Poljgonum  tìncto- 
riuni,  pianta  oggi  tanto  raccomandata  per  l'indaco  che  som^ 
ministra,  rende  conto  de' suoi  esperimenti,  dai  quali  risulta 
che  quel  vegetabile  malamente  tollera  l'aridità  e  non  dà  spe- 
ranza d'utile  esistenza  laddove  non  possa  essere  conveniente- 
mente adacquato.  Dice  che  se  il  Poirgonum  è  meno  facile  a 
prosperare  àoìV Isatis,  somministra  però  un  indaco  molto  più 
bello  e  di  più  facile  estrazione.  Offre  dei  saggi  di  questo  in- 
daco indigeno,  i  quali  presentano  tutti  i  caratteri  mercantili 


253 

desiderabili.  Termina  proponendo  d'impiegare  il  Poljgonum 
alla  maniera  del  guado,  sperimentando  se  ve  ne  sia  conve- 
nienza nelle  provincie  ove  coltivasi  V Isatis  a  quest'effetto. 

Parecchie  questioni  relative  al  setifìcio  son  proposte  e  di- 
scusse dai  Dott.  Gera,  Prof.  Moretti,  March.  Ridolfi,  Ab.  Lam- 
bruschini,  e  Dott.  Giovanni  Rampinelli  di  Bergamo.  Risulta 
da  esse  esser  pratica  vantaggiosa  quella  di  fare  schiudere  le 
uova  dei  bachi  presso  i  proprietarj  per  quindi  dispensare  ai 
contadini  i  filugelli  nati  nei  due  primi  giorni.  E  siccome  i  pic- 
coli bachi  stanno  riuniti  come  in  un  sol  corpo  mercè  la  bava 
che  spandono,  è  facile  ad  ognuno  imparare  quale  spazio  oc- 
cupino quelli  nati  da  un  dato  peso  di  seme ,  e  quindi  riesce 
agevole  di  dare  con  sufficiente  approssimazione  a  ciascun  mez- 
zajolo  il  quantitativo  che  può  e  deve  allevare.  Si  avverte  oc- 
correre nel  trasporto  degli  animaluzzi  molta  diligenza,  ed  es- 
sere indispensabile  di  deporli  in  luoghi  ove  la  temperatura  sia 
convenientemente  elevata,  ogni  negligenza  riesce  dannosa  al 
raccolto . 

Si  osserva  come  il  metodo  di  Rima,  pubblicato  già  da  pa- 
recchi anni  ed  ora  sotto  nuove  fogge  richiamato  in  vita,  pro- 
speri molto  in  certe  località  elevate  ed  asciutte  e  malamente 
riesca  nelle  altre.  Egli  ci  procura  un  raccolto  sollecito,  ma 
l'esecuzione  ne  è  difficile  e  non  esente  da  pericolo  per  gli  ope- 
raj.I  bozzoli  così  ottenuti  danno  al  trattore  minor  prodotto. 
Quindi  circa  al  metodo  di  allevamento  de'  bachi  da  seta  si 
conclude  che  debbono  tenersi  divisi  in  piccole  partite,  che  la 
temperatura  troppo  elevata,  quale  si  raccomanda  per  essi  da 
alcuni  scrittori,  è  men  vantaggiosa  di  una  mediocre,  che  dopo 
la  terza  muta  nei  paesi  asciutti  ed  elevati  debbon  vivere  in 
luogo  il  più  aereato  possibile,  che  il  cibo  deve  esser  loro  som- 
ministrato in  cinque  o  sei  volte  nelle  ventiquattro  ore,  ma 
sempre  in  quella  quantità  che  vien  dal  baco  richiesta  e  con- 
sumata. 


I 


256 

Si  parla  quindi  del  Calcino^  morbo  distruggitore  dei  filu- 
gelli se  non  venga  combattuto  con  quelle  pratiche  che  il  bene- 
merito Dott.  Bassi  di  Lodi  ha  descritte .  E  poiché  il  Professore 
Audouin  ha  presentato  un  Rapporto  letto  all'Accademia  di 
Parigi  e  steso  da  Dutrochet  a  nome  di  una  Commissione,  nel 
quale  si  dà  conto  dei  lavori  più  recenti  intorno  a  codesto  mor- 
bo, il  Segretario  prende  occasione  di  rivendicare  al  nostro  Ita- 
liano tutto  l'onore  della  scoperta  facendo  vedere  che  i  membri 
dell'Istituto  di  Francia  nulla  mostrarono  di  più  del  Dott.  Bassi, 
il  quale  ha  sostenuto  che  il  Calcino  è  dovuto  ad  una  Crino- 
gama  che  si  sviluppa  sotto  la  pelle  e  cresce  al  di  fuori  in  forma 
di  fungo  presentando  quella  patina  bianca  il  di  cui  aspetto  dà 
nome  alla  malattia,  e  che  il  Calcino  si  svolge  ora  per  contagio 
ora  per  altre  circostanze  particolari,  senza  essere  esclusivo  del 
baco  da  seta.  Ma  il  Bassi  è  cieco,  e  non  potè  determinare  con 
precisione  la  mucedinea  di  cui  si  tratta. 

Il  March.  Antonio  Mazzarosa  di  Lucca  propone  la  compi- 
lazione di  un  Dizionario  della  pratica  agraria  di  ogni  terra 
d'Italia,  e  addita  come  dovrebbero  raccogliersi  le  notizie  e  co- 
me dispersene  le  materie.  Un  lavoro  di  questo  genere,  dice 
egli,  offrirebbe  agl'Italiani  un  criterio  importante  sulle  cose 
rustiche  dell'intera  Penisola. 

L'Avvocato  Salvagnoli  avverte  che  questo  progetto  fa- 
rebbe parte,  secondo  lui,  di  uno  più  vasto  che  sottoporrà  alla 
Sezione  .  Frattanto  il  March.  Mazzarosa  dichiara  che  egli  ha  già 
ordito  il  proposto  lavoro  per  il  Ducato  di  Lucca,  ed  il  Presi- 
dente sulla  richiesta  di  molti  membri  della  Sezione  lo  prega  a 
porsi  tosto  in  corrispondenza  cogli  Agronomi  Italiani  ed  a  farsi 
promotore  di  così  utile  lavoro. 

Il  Prof.  Ab.  Sbragia  espone  alcune  sue  idee  sulla  utilità 
di  istituire  un  Corpo  di  Ispettori  agrarj  e  tecnologi  i  quali  di- 
pendendo dagli  ordini  di  un  superior  consiglio  si  rechino  di 
provincia  in  provincia  e  mostrino  sperimentalmente  nei  campi 


2o7 

e  nelle  officine  quanto  si  giudicasse  opportuno  a  correggere 
gli  errori,  a  perfezionare  le  pratiche,  a  spargere  l'istruzione. 
E  qui  il  Prof.  Sbragia  fidato  nello  spirito  di  vicendevole  asso- 
ciazione, propone  che  i  contadini  paghino  una  piccola  tassa 
annuale,  che  altrettanto  corrispondano  i  proprietarj  per  ciascun 
podere,  i  manifattori  per  ogni  officina  e  i  lavoranti  stessi  per 
proprio  conto^  e  reputando  sufficenti  questi  mezzi  alla  spesa, 
indica  approssimativamente  come  potrebbe  organizzarsi  questo 
genere  distruzione  e  l'indispensabile  sorveglianza  al  medesimo. 

Ma  l'Avvocato  Salvagnoli  e  quindi  T Abate  Lambruschini 
avvertono  che  all'istruzione  dei  contadini  potrebbe  almeno  in 
parte  provvedere  un  buon  libro  volgare  ove  in  mezzo  ai  santi 
precetti  si  trovassero  delle  massime  agrarie,  e  pensano  che  a 
tale  oggetto  ricavar  si  potrebbero  dalle  sacre  carte  quelle  pa- 
rabole, quelle  similitudini,  quelle  immagini  che  hanno  rap- 
porto colla  agricoltura.  Propongono  quindi  al  Prof.  Sbragia 
di  accingersi  a  compilarlo,  e  questa  proposizione  essendo  ap- 
poggiata da  quanti  son  presenti  alla  seduta ,  il  Prof.  Sbragia 
non  può  ricusarsi  ed  accetta  l'impegno. 

Dopo  di  ciò  Fx^b.  Lambruschini  propone  alla  Sezione  di 
aprire  nel  suo  seno  una  colletta  a  favore  delle  Scuole  infantili 
di  Pisa. 

La  Sezione  accogliendo  con  entusiasmo  la  proposizione, 
la  colletta  è  subito  aperta  dal  Presidente,  e  vengono  da  lui  in- 
vitate per  lettera  le  altre  Sezioni  a  fare  altrettanto,  ed  a  versa- 
re, come  farebbe  la  sezione  di  Agronomia  e  Tecnologia,  in 
mano  del  Presidente  generale  le  somme  raccolte  innanzi  lo 
scioglimento  del  Congresso. 

It  Segretario  delia  Sezione  —  DOTT.  F.  CERA. 
Il  Presidente  -  MJRCH.    CAV.    COSIMO    RIDOLFI. 


33 


2S8 


TENUTA   IL    DI    12    OTTOBRE    1839 


(a  sezione  di  Zoologia  e  di  Anatomia  comparativa  si  riuni- 
sce a  quella  di  Agronomia  e  Tecnologia. 

L'adunanza  è  onorata  dalla  presenza  di  S.  A.  I.  e  R.  il 
Granduca  . 

Il  Segretario  fa  lettura  di  alcune  sue  nuove  osservazioni 
intorno  a  quegl'insetti  che  guastano  i  bozzoli ,  che  son  cono- 
sciuti dai  trattori  col  nome  di  mangiapelle^  e  tutto  ciò  all'og- 
getto di  completare  quanto  ne  dissero  recentemente  nel  Gior- 
nale Agrario  Toscano  il  Dott.  Passerini  e  lo  Zauli. 

Dipoi  il  Professore  Audouin  trattiene  lungamente  la  Se- 
zione ripetendo  quanto  aveva  pubblicato  in  Francia  fin  dal- 
l'anno 1857  intorno  alla,  piralide  delle  viti,  e  mostra  le  tavole 
che  servono  di  corredo  al  suo  lavoro  su  tal  soggetto,  nelle 
quali  sono  maestrevolmente  espresse  le  varie  fasi  di  questo  in- 
setto danneggiatore,  e  dimostrati  i  guasti  che  da  lui  riceve 
la  vite. 

Venendo  a  parlar  dei  mezzi  di  diminuire  questo  flagello 
delle  vigne,  dopo  aver  descritto  le  abitudini  dell'insetto  ed 
aver  provato  quanto  sia  difficile  e  poco  vantaggioso  di  fargli 
la  caccia  allo  stato  di  larva,  racconta  come  riesca  oltremodo 
efficace  il  prenderlo  allo  stato  d'insetto  perfetto  con  un  sem- 
plicissimo ed  economico  artifizio.  Consiste  nel  lasciare  accesi 
dei  lumi  in  tempo  di  oscura  notte  in  mezzo  alle  vigne  infe- 
state, quando  già  le  pìralidi  sono  allo  stato  perfetto.  Sotto 


259 

quei  lumi  sta  un  recipiente  di  larga  apertura  ove  si  contiene 
un  sottilissimo  strato  d'olio.  La  farfalla  volando  intorno  al 
lume  descrive  delle  curve  che  la  conducono  a  toccar  l'olio  ove 
riman  presa  immediatamente.  In  questo  modo  in  una  notte  ,  e 
con  un  sol  lume  son  distrutte  migliaja  di  femmine  che  avreb- 
bero prodotto  milioni  di  uova. 

Dopo  questa  importante  comunicazione  annunzia  il  Prof. 
x\udouin  che  il  suo  viaggio  in  Italia  ha  per  oggetto  speciale  di 
studiare  gl'insetti  che  danneggiano  l'olivo j  mostra  a  questo 
proposito  alcune  tavole  originali  mirabilmente  eseguite  da 
Mad.  Audouin,  e  parla  con  elogio  dei  lavori  di  Gene  e  di  Pas- 
serini su  questo  soggetto. 

Il  Presidente  osserva  quanto  alla  piralide  della  vite,  che 
fortunatamente  questo  insetto  o  è  raro  o  non  esiste  in  Italia , 
e  certo  non  reca  danno  alle  vigne.  Dice  che  fra  noi  la  vite  è 
attaccata  dalla  Procris  ampelophaga^  e  ne  riceve  gran  danno 
specialmente  ove  coltivasi  a  palo.  Aggiunge  che  siccome  le 
larve  danneggiatrici  salgono  dalla  terra  pel  fusto  della  pianta 
a  rodere  i  teneri  germogli ,  si  è  trovato  utile  in  molti  luoghi 
impedirle  circondando  con  un  anello  di  pania  il  pedale. 

Il  Dott.  Mari  di  Campiglia  assicura  che  questo  compenso 
non  è,  disgraziatamente,  sempre  efficace  perchè  il  visco  non 
trattiene  le  larve  in  tempi  umidi,  e  perchè  al  sole  si  rammol- 
lisce e  cade. 

Il  Dott.  Carlo  Passerini  tuttoché  non  disapprovi  l'uso  della 
pania,  pure  ricorda  come  fin  dal  1829  leggendo  all'Accademia 
dei  Georgofili  su  questo  soggetto  consigliasse  di  dar  la  caccia 
alle  larve  le  quali  allorché  sono  adulte  si  raccolgono  sotto  le 
foglie,  e  di  questo  consiglio  ha  dopo  quell'epoca  sentita  ogni 
giorno  meglio  l'utilità. 

Il  Presidente  Principe  di  Musignano  espone  l'uso  esistente 
nelle  campagne  romane  di  apporre  alle  viti  certi  cannelli  ca- 
povolti, per  poi  uccidere  i  Cureulioni  che  ci  si  vanno  a  nascon- 


260 

dere.  Su  di  che  osserva  il  Prof.  Gene  che  il  dar  la  caccia  a  que- 
sti dannosi  insetti  mentre  sono  allo  stato  perfetto  è  utile  ma 
difficile,  e  quindi  che  deve  un  tal  mezzo  considerarsi  come  ac- 
cessorio alla  pratica  fondamentale  di  raccogliere  ed  abbruciare 
i  pampani  di  mano  in  mano  che  si  accartocciano  per  la  pun- 
tura dei  Cureulioni  che  vi  depositano  le  loro  uova. 

Il  Segretario  della  Sezione  —  DOTI.  F.  CERA. 
Il  Presidente  -  MARCH.     CAV.    COSIMO    RWOLFI. 


ii.3)mìaa2^    SDITA 

TENUTA   IL    DI    14    OTTOBRE    1859 


El  Dott.  Carlo  Passerini,  zoologo  aggregato  del  R.  Museo  di 
Fisica  e  Storia  Naturale  di  Firenze ,  legge  una  memoria  rela- 
tiva a  dei  nuovi  fatti  entomologici  interessanti  l'Agraria.  Prima 
di  tutto  parla  del  danno  considerabile  cagionato  ultimamente 
nel  Volterrano  alla  cultura  delle  patate  dalla  moltiplicazione 
insolita  di  un  Coleottero^  che  egli  determinò  esser  la  Lytta 
verticalis  (Fabr.  ).  Questo  insetto  della  famiglia  dei  vessica- 
torj  sfrondò  totalmente  molte  piante  del  Solanum  tuberosum^ 
e  facendone  seccare  le  parti  verdi  impedì  la  formazione  dei 
tuberi.  Aveva  già  il  Dott.  Passerini  consigliato  i  proprietarj  di 
falciare  e  bruciare  le  fronde  attaccate  e  per  distruggere  le  uova 
depositatevi  e  per  impedire  il  danno  che  forse  potea  arrecare 
ai  bestiami  il  destinare  a  loro  vitto  un  foraggio  sul  quale  ave- 


261 

vano  abitato  e  forse  esìstevan  tutt'ora  animali  trasudanti  cau- 
stici umori.  Raccomanda  iinalmente,  a  chi  si  trovi  in  circo- 
stanze opportune  per  intraprenderlo,  lo  studio  di  questo  insetto 
nei  primi  stati  di  sua  vita  che  non  son  conosciuti. 

Un'altra  osservazione  comunica  quindi  il  Dott.  Passerini 
sopra  un  diverso  insetto,  ma  sempre  dei  Coleotteri,  che  nella 
caduta  estate  danneggiò  moltissimo  nel  Modanese  i  giovani 
gelsi  delle  Filippine.  Prova  il  Passerini  esser  YApate  sexden- 
tata  il  danneggiatore  di  quei  gelsi,  e  racconta  come  ìq  un  in- 
vio di  porzioni  di  quelle  piante  attaccate  àAM Apate  fattogli  dal 
Dott.  Codelupi  di  Gasalgrande  trovasse  F  esistenza  di  uno 
Stfgiunus  il  quale  innocuo  per  la  pianta  dovea  aver  vissuto  a 
danno  delle  larve  à^VApate  o  più  probabilmente  di  quelle 
della  Ceratina  albilabris  che  pur  vi  si  vedeano  riunite . 

Indicando  i  costumi  del  nocivo  Apate  racconta  il  Dott. 
Passerini  i  danni  immensi  che  lo  Scoljtus  destructor  cagionò 
nel  1853  nei  contorni  di  Parigi  negli  alberi  d'alto  fusto,  ed 
accerta  che  secondo  il  Prof.  Audouin  cinquantamila  furono 
gli  alberi  che  perirono  attaccati  dagli  Scoljtus.  Cita  il  dubbio 
di  Feisthamel  che  gli  Scoljtus  fossero  attirati  sopra  a  que- 
gli alberi  da  un'alterazione  dei  loro  sughi,  ma  le  recenti  co- 
municazioni fatte  dal  Prof.  Audouin  par  che  dimostrino  che 
gli  Scoljtus  allo  stato  perfetto  danneggiano  di  fatto  alberi 
completamente  sani ,  i  sughi  dei  quali  si  alterano  poi  a  cagion 
di  quei  danni  e  richiamano  nuove  torme  di  quegl' insetti,  i 
quali  invadono  la  total  periferia  del  tronco  colle  loro  molti- 
plicazioni, ed  uccidon  la  pianta. 

11  Prof.  Carmignani  disserta  quindi  intorno  ad  un  sistema 
completo  di  Diritto  rurale,  come  legislazione  amministrativa, 
civile  e  penale,  applicata  esclusivamente  al  regime  del  mate- 
riale e  del  personale  agricola,  cioè  giurisdizione  appositamente 
agricola  distinta  dalla  civile  a  guisa  della  commerciale.  Ram- 
menta gli  Scrittori  italiani  di    giurisprudenza   agraria,    asse- 


262 

gnando  ai  loro  scritti  il  carattere  di  quelli  lasciati  dai  romani 
giureconsulti .  Non  tace  degli  statuti  municipali,  dà  la  dovuta 
lode  alle  leggi  Leopoldine,  e  accenna  le  recenti  opere  relative 
di  Francia  e  di  Alemagna.  Dimostra  poi  che  la  scienza  del  Di- 
ritto rurale  sente  il  bisogno  d'indagare  il  vero  criterio  caratte- 
ristico distintivo  di  questo  diritto.  Lo  sviluppo  dello  istinto 
industriale  dell'uomo  precursore  dell'impero  della  ragione  e 
della  legge  fece  nascere  gli  umani  interessi.  Allora  la  legge  fu 
prudenza  pratica^  ma  giunta  l'era  della  civiltà  moderna  le 
leggi  divennero,  al  dire  di  Leibnitz,  la  geometria  degli  atti 
umani^  e  la  divisione  di  esse  seguì  la  divisione  del  lavoro  e  i 
progressi  dell'  istinto  industriale.  Tuttavolta  per  grande  sven- 
tura gl'interessi  agrarj  d'ordine  privato  e  pubblico,  ormai  ben 
distinti  dagli  altri  interessi,  non  ebbero  legge  speciale  ne  spe- 
ciale giurisdizione.  Né  queste  esser  dovrebbero  d'eccezione,  ma 
proprie  ed  accomodate  a  subietti  formanti  una  specie  partico- 
lare :  la  qual  conclusione  venne  il  Professor  confermando  col- 
r  esempio  di  gravi  e  frequenti  mali  nella  economia  rurale  ab- 
bandonata alla  legge  e  giurisdizione  comune.  Dà  fine  al  suo 
dire  facendo  voti  affinchè  l'Accademia  dei  Georgofili  accolga 
il  suo  concetto  di  un  Diritto  rurale  applicato  ad  una  speciale 
giurisdizione. 

L'Avv.  Ferdinando  Maestri  di  Parma  si  affretta  a  dichiarar 
pur  egli  la  necessità  ed  utilità  di  leggi  e  provvisioni  rurali.  Fa 
menzione  del  Codice  civile  Parmense  il  quale  ha  eseguito  in 
parte  ciò  che  propone  il  Prof.  Carmignani,  collo  stabilire  un 
capitolo  intorno  ai  mezzajoli  e  coloni  parziali.  Ivi  è  assicurata 
al  colono  la  terza  parte  dei  raccolti.  E  come  taluno  nello  scorso 
anno  si  avvisò  di  dare  altro  colore  al  contratto  per  sottrarsi 
alla  legge,  ve  lo  ricondussero  i  Tribunali  di  prima  istanza  e 
di  appello. 

Ma  qualora  non  ci  fosse  la  legge  vi  si  dovrebbe  supplire 
col  patto ^  imperocché,  dice  il  Maestri,  egli  é  certo  che  Tinte- 


265 

resse  ben  inteso  del  proprietario  è  indivisibile  dall'interesse 
del  contadino,  e  lo  provano  le  due  specie  di  contratti,  quello 
cioè  dniì  famìgli  da  spesa  usato  in  alcuni  paesi  di  qua  dal  Po, 
e  quello  àe^  massari  in  uso  di  là  da  quel  fiume.  I  primi  son 
mantenuti  come  servitori,  e  ricevono  un'annua  provvisione  di 
grano,  uva,  altri  oggetti  alimentari  ed  un  piccolo  salario,  ma 
non  hanno  interesse  alcuno  alla  prosperità  del  fondo,  quindi 
il  terreno  è  mal  coltivato  e  poco  produttivo .  I  secondi  pagano 
una  specie  di  fitto  parte  in  danaro,  e  parte  in  una  determinata 
quantità  di  derrate.  Ciò  che  supera  quella  quantità  è  a  loro 
total  profitto,  quindi  avviene  che  non  siano  tentati  di  furti  ed 
abbiano  il  più  vivo  interesse  a  migliorare  il  terreno. 

Dopo  alcune  considerazioni  generali  sull'infecondità  della 
terra  coltivata  dagli  schiavi,  sugli  effetti  che  la  civiltà  crescente 
produce  a  vantaggio  dell'agricoltore,  su  quelli  chela  diffusio- 
ne dell'istruzione  promette  a  questa  classe  d'uomini  così  pre- 
ziosa, termina  il  Maestri  col  voto  che  un  segno  di  onoranza 
vada  a  collocarsi  sulle  abbronzite  carni  del  benemerito  asrricol- 
tore,  essendo  certissimo  che  con  questo  mezzo  l'arte  progredi- 
rebbe d' assai . 

L'Avv.  Vincenzio  Salvagnoli  raccogliendo  i  resultati  di 
tutte  le  sedute  della  Sezione  vede  uniformità  nel  fine  se  non  nei 
mezzi  per  ottenere  il  massimo  e  universal  vantaggio  dall'agri- 
coltura. Pure  considera  come  lenti  e  inadeguati  all'uopo,  di 
fondare  cioè  una  vera  agricoltura  Italiana,  gli  studj  individuali 
e  non  diretti  con  metodo  uniforme  ad  uno  scopo  comune.  Per 
il  che  propone  il  Salvagnoli  che  la  sezione  di  Agronomia  e 
Tecnologia  stabilisca  un  metodo  universale  in  Italia  per  intra- 
prendere e  compire  gli  studj  sperimentali  in  tutte  le  parti  della 
patria  Agronomia,  i  fatti  della  quale  vengano  referiti  a  cinque 
categorie  per  mezzo  di  opportune  ed  estese  dilucidazioni,  affin- 
chè chiunque  concorra  a  questa  impresa  sia  diretto  da  uguali 
princìpj. 


264 

In  primo  luogo  le  qualità  del  suolo  e  del  clima  vorreb- 
bero essere  minutamente  specificate,  formando  ancora  d'ogni 
provincia  accurate  carte  geologiche.  La  seconda  categoria  do- 
vrebbe comprendere  le  condizioni  tutte  della  proprietà  stabile 
e  mobile,  non  obliando  le  abitudini  e  le  capacità  de' proprie- 
tarj.  Tutte  le  leggi  economiche  e  tutte  quante  le  loro  influenze 
sulla  produzione ,  distribuzione  e   consumazione  dei  prodotti 
agrarj,  non  meno  che  sul  moto  industriale  di  ciascun  popolo, 
dovrebbero  essere  comprese  nella  terza  categoria.  Alla  quarta 
apparterrebbe  ciascuna  pratica  agraria  e  qualunque  manifat- 
tura aggiunta  o  da  aggiungersi  all'industria  agricola,  special- 
mente quella  de' vini  e  della  seta.  Invero  non  mai  abbastanza 
son  da  studiarsi  le  pratiche  inveterate,  perchè  nei  fatti  antichi 
una  qualche  ragione  d' utilità  deve  pure  esser  causa  della  loro 
ripetizione,  non  durando  sempre  la  pazienza  del  soffrire  o  la 
cecità  dell'errore.  In  fine  una  quinta  sede  dovrebbe  esser  ri- 
piena dalle  osservazioni  sullo  stato  morale,  intellettuale,  civile 
ed  economico  dell' operajo  agricoltore  o  mezzajolo  o  giorna- 
liero, o  piccolo  fittajolo.  Imperocché  fra  i  tanti  effetti  utili  di 
questa  indagine  quello  si  presenta  utilissimo   che  misurando 
il  grado  delfintelligenza  degli   agricoltori   può   assegnare  un 
miglior  modo  d'istruirli  e  educarli.  Oltreché  non  potranno  mai 
avvantaggiarsi  le  condizioni  de' salariati   fino  a  diventar  socj 
deir impresa  agraria,  se  non  quando  la  loro  morale  sarà  la  mi- 
glior garanzia  dell'unico  lor  capitale  dell'industria.  Finalmente 
il  Salvagnoli  propone  di  votare  e  pubblicare  un  Programma 
che  spieghi  il  metodo  e  gli  studj  sperimentali  da  imprendersi 
in  tutt' Italia,  invitando  gl'Istituti  economici  e  gli  Agronomi 
tutti  ad  assumere  l'incarico  non  meno  proficuo  che  glorioso. 
La  Sezione  accoglie  la  proposta,  sceglie  gl'individui  che 
per  ora  le  sembrano  bastare  all'opera,  e  incarica  il  Segretario 
di  pubblicare  al  più  presto  e  in  tutti  i  giornali  d'Italia  il  Pro- 
gramma occorrente  che  dovrà  far  parte  dei  di  lei  x\tti. 


265 


Il  Presidente  fa  rilevare  che  tra  le  tante  utilità,  dei  Con- 
gressi scientifici  quella  pure  vi  è  di  fissare  la  data  di  molti 
pensieri  che  non  si  fanno  sempre  di  ragione  pubblica  per  le 
stampe,  perchè  sul  loro  primo  apparire  non  se  ne  vede  tanta 
importanza  da  correr  subito  a  divulgarli  per  quella  via. 

Così  dopo  la  bella  applicazione  fatta  dal  Davy  delle  teorie 
Elettro-chimiche  alla  conservazione  della  fodera  di  rame  de'  ba- 
stimenti, cadde  in  mente  nel  1825  al  Prof.  Taddei  di  tentare 
se  un  processo  consimile  salvar  potesse  il  ferro  dalla  celere  di- 
struzione alla  quale  va  incontro  in  alcune  delle  sue  tante  ap- 
plicazioni alle  arti.  Riuscito  felicemente  nel  proprio  intento  il 
Taddei,  racconta  il  Ridolfi,  d'averlo  consigliato  a  recarsi  in 
Piemonte  ove  il  suo  metodo  poteva  essere  accolto  con  interesse 
pel  vantaggio  di  una  estesa  marina . 

Ma  il  Professor  Taddei  volto  l'animo  ad  altre  ricerche  più 
non  curò  quei  lavori,  e  contentossi  nel  20  Gennajo  1827  di 
comunicare  alla  Società  Filojatrica  alcune  felicissime  applica- 
zioni del  suo  ritrovato . 

Intanto  la  Francia  annunziò  recentemente  l'industria  della 
galvanizzazione  del  ferro  come  una  novità,  e  ne  fece  soggetto 
di  una  intrapresa  vastissima,  la  quale  tenta  di  sostituire  il 
ferro  al  rame  in  moltissimi  usi  con  vantaggio  massimo  della 
civil  società. 

Il  Ridolfi  termina  questa  tecnologica  comunicazione  po- 
nendo sotto  gli  occhi  della  Sezione  le  irrefragabili  prove  della 
priorità  d'invenzione  che  onora  il  Prof.  Taddei. 

A  nome  della  Commissione  di  ciò  richiesta,  Emanuelle 
Repetti  parla  del  bonificamento  delle  Maremme,  e  dice  come 
la  sapiente  jMunificenza  di  un  Priiscipe  e  Padre  apra  all'Agri- 
coltura, all'Industria,  al  Commercio  un  campo  vastissimo  con 
quella  benefica  impresa.  Passa  quindi  in  rivista  le  idee  che  si 
hanno  intorno  ai  vizj  dell'aria  maremmana,  dice  come  da  im- 
memorabil  tempo  si  tenga  per  insalubre,  e  non  a  questa  sola, 


34 


266 

ma  ad  altre  cause  ancora  riferisce  l'antica  e  progressiva  descri- 
zione di  quella  provincia.  Ragiona  dell'antica  e  dell'attuai  cul- 
tura locale ,  e  venuto  a  descrivere  le  operazioni  ora  eseguite 
per  bonificar  le  adiacenze  di  Grosseto,  di  Massa  ec,  ne  dà  i 
più  lusinghieri  ragguagli. 

Il  Conte  Giorgio  Gallesio  dice  come  in  mezzo  agl'immensi 
progressi  fatti  nella  Storia  Naturale  in  quest'ultimo  secolo  re- 
stassero ancora  due  problemi  da  sciogliere,  uno  risguardante 
l'origine  e  la  causa  delle  piante  mule  e  l'altro  la  vera  natura 
di  quei  gruppi  di  vegetabili,  distinti  col  nome  di  varietà.  Passa 
quindi  in  poche  parole  a  comunicare  il  largo  frutto  de'  molti 
suoi  studj  in  proposito,  accompagnando  con  una  breve  lettura 
sopra  la  relativa  teoria  che  gli  è  interamente  dovuta  il  dono 
di  un  opuscolo  appositamente  redatto  e  pubblicato,  ed  il  qua- 
dro sinottico  degli  Agrumi  dei  Giardini  botanico-agrarj  di  Fi- 
renze distribuiti  metodicanriente  secondo  i  principj  della  sua 
nuova  teoria  sulla  riproduzione  vegetale. 

Il  Cav.  Poidebard  Direttore  delle  grandi  bigattiere  del 
Conte  Demidoff  a  S.  Donato  presso  Firenze,  espone  con  poche 
parole  il  resultato  favorevole  da  esso  ottenuto  negli  ultimi  tre 
anni  ora  decorsi  allevando  i  bachi  cinesi,  e  pone  sotto  gli  oc- 
chi della  Sezione  degli  accurati  prospetti  dai  quali  si  rileva  il 
felice  andamento  dell'  industria  interessante  alle  sue  cure 
affidata . 

Il  Dott.  Gera  afferra  l'occasione  per  comunicare  le  ultime 
cose  che  egli  ha  da  dire  ancora  relativamente  all'industria 
serica,  e  parla  delle  macchine  del  Santorini  e  del  Galvani  per 
trarre  i  bozzoli,  ne  mostra  i  modelli,  indica  alcune  modifica- 
zioni da  se  e  da  altri  introdottevi,  e  conclude  col  provare  che 
la  macchina  Galvani  è  per  molti  rispetti  superiore  ad  ogni 
altra . 

Il  Dott.  Gaetano  Cioni  come  Relatore  della  Commissione 
incaricata  di  visitare  le  manifatture  Pisane  riferisce  che  non 


267 

molto  le  è  stato  concesso  di  vedere  stante  le  continue  occupa- 
zioni speciali  de' suoi  componenti,  le  quali  hanno  assorbito 
quasi  tutto  il  tempo  della  durata  del  Congresso.  Tuttavia  ra- 
giona dei  tessuti  di  cotone,  di  lana,  di  lino  fabbricati  in  Pisa^ 
delle  manifatture  di  vasellami,  di  calce,  di  terre  cotte,  di  mo- 
bilie, di  coralli,  di  guanti,  di  prodotti  chimici,  di  candele  stea- 
riche, di  sapone  oleico  ec,  e  dalla  floridezza  di  tutto  questo 
conclude  che  vi  è  luogo  di  rallegrarsi  per  quella  generale  della 
Città  che  le  tien  dietro  manifestamente. 

Il  Prof.  Milano,  Relatore  dell'altra  Commissione  incari- 
cata di  visitare  le  circonvicine  campagne,  riferisce  come  si  pre- 
stino all'olivo  molte  e  diligenti  cure  nelle  vicine  colline,  come 
si  diano  alle  terre  ripetuti  lavori,  come  alla  rotazione  agraria 
presieda  molta  intelligenza  in  più  luoghi,  e  si  prodighino 
molte  e  intelligenti  cure  alle  razze  degli  animali.  Né  solamente 
il  frumento  e  il  granturco  raccolgonsi  come  cereali  importanti 
nei  contorni  di  Pisa,  ma  dove  le  circostanze  il  permisero  anche 
il  riso  è  coltivato  e  sparge  la  ricchezza  ove  le  acque  paludose 
senza  quell'industria  farebbero  squallida  la  campagna.  Le  pa- 
tate, le  rape,  le  piante  leguminose  ed  altri  annuali  prodotti 
vengono  in  seconda  linea.  I  foraggi  non  son  trascurati.  Ma 
fra  l'olivo  e  la  vite  il  gelso  appena  si  mostra.  Adfsso  però 
sembra  che  a  lui  si  rivolga  l'attenzione  dei  possidenti,  e  lo 
attestano  la  bigattiera  e  la  filanda  di  Pugnano.  Da  per  tutto  la 
Commissione  vede  movimento  e  progresso.  Loda  i  giovani  e 
ricchi  possidenti  che  lasciano  gli  ozj  cittadini  per  darsi  alle 
campestri  sollecitudini,  e  poiché  il  Marchese  Dufour  Berte  dette 
il  primo,  e  sotto  gli  occhi  di  alcuni  membri  della  Commissione, 
l'esempio  di  una  collazione  di  premj  ai  più  destri  fra  i  suoi 
bifolchi  nel  maneggio  degli  strumenti  aratorj  perfezionati, 
sembra  che  si  possa  tener  per  vicino  il  momento  in  cui  l'in- 
troduzione dei  medesimi  si  farà  generale  nella  campagna  pi- 
sana, che  ne  risentirebbe  i  più  segnalati  vantaggi. 


268 

Dopo  di  ciò  il  Presidente  dichiara  che  i  lavori  della  Se- 
zione son  terminati. 

Il  Seghetario  della  Sezione  —  DOTT.  F.  CERA. 
Il  Presidente  -  MARCH.   CAV.  COSIMO  RIDOLFI. 

DELLA 

SEZIONE  DAGROmniA  E  TECNOLOGIA  DELLA  PRIMA  RIUNIONE  DEGLI  SCIENZIATI  IN  ITALIA 

PER  ISTITUIRE  UNIVERSALMENTE  GLI   STUDJ   SPERIMENTALI  NELl'  AGRICOLTURA  ITALIANA. 


erchè  lo  studio  dell' i^gricoltura  italiana  possa,  procedendo 
per  la  sicura  via  dell'esperienza,  divenire  completo  e  benefico, 
è  sembrato  che  debba  raccogliere  tutti  i  fatti  di  ogni  maniera, 
pe'  quali  sia  dato  a  chiunque  di  formare  un  retto  giudizio  sopra 
le  aggiunte  o  correzioni  da  farsi. 

A  cinque  sole  categorie  possono  referirsi  i  fatti  tutti  da 
raccogliersi.  E  son  queste: 

1.*  Condizioni  naturali. 

2.*  Condizioni  tutte  della  proprietà,  stabile  e  mobile. 

S.''  Leggi  economiche. 

4.''  Pratiche  agrarie. 

5.*  Condizioni  tutte  di  qualunque  operaio  agricoltore. 
Per  l'esecuzione  di  questa  raccolta  e  classazione  dei  fatti 
utili   e   necessari,   giovi  una   breve  dichiarazione  di  ciascuna 
rubrica  delle  cinque  categorie. 

Fra  le  condizioni  naturali  comprendiamo  una  descrizione 
topografica  d' ogni  provincia ,  unita  ad  una  carta  geologica 
come  quella  dei  monti  Pisani  disegnata  dal  Prof.  Paolo  Savi. 
Poi  l'elenco  delle  piante  coltivate  e  coltivabili^  le  influenze 
atmosferiche   e  d'ogni  agente  naturale    sopra  ogni  specie  di 


269 

produzione  agraria,  e  sulla  vita  dell'uomo  e  delle  bestie.  In 
fine  gli  animali  indigeni  e  quelli  da  naturalizzarsi. 

Le  condizioni  delle  proprietà  stabili  e  mobili  comprendono 
la  divisione  ed  i  cumuli  dei  possessi*,  se  le  terre  hanno  o  possono 
avere  i  sufficienti  capitali  fissi  e  circolanti,  se  i  proprietarj 
terrieri  hanno  le  doti  e  attitudini  morali  e  intellettuali  per  esser 
buoni  impresari  della  migliore  industria  agraria. 

Delle  leggi  poi  non  crediamo  utile  far  diligente  raccolta, 
se  non  di  quelle  che  direttamente  o  indirettamente  influiscono 
sul  valore  dei  fondi,  sulla  loro  commerciabilità  e  cultura,  e 
sul  traffico  dei  prodotti  agricoli. 

Le  pratiche  agrarie  non  potrebbero  esser  presentate  a 
dovere  senza  una  minuta  descrizione  di  ciascuna  cultura  in 
ogni  comune,  poiché  le  varietà  tante  e  sì  grandi  della  terra 
italiana  consigliarono  metodi  diversi  e  spesso  contrarj .  La  mi- 
glior disposizione  delle  notizie  sulle  varie  culture  sembra  quella 
in  forma  di  Dizionario,  poiché  sotto  un  vocabolo,  unendo  poi 
le  pratiche  varie,  avremo  un  repertorio  universale  dell'agri- 
coltura pratica  italiana. 

L'  ultima  rubrica  esprime  il  bisogno  delle  condizioni  tutte 
di  qualunque  operaio  agricoltore,  poiché  non  devesi  trascurare 
sullo  stesso  fisico  né  il  morale  né  l'intellettuale,  né  il  civile 
dell'operaio  agricoltore,  cioè  considerato  in  tutte  le  sue  specie 
o  di  mezzaiolo,  o  di  giornante,  o  di  piccolo  fittaiolo. 

Per  dirigere  sì  vasta  quanto  necessaria  inchiesta,  e  per 
raccoglierne,  disporne  e  pubblicarne  di  mano  in  mano  i  resul- 
tati, fu  creduto  opportuno  determinare  alcuni,  diremo,  centri 
in  vari  luoghi  d'Italia,  sperando  che  le  Accademie  e  persone 
designate  risponderanno  all'invito,  che  pure  é  fatto  agli  altri 
istituti  e  agronomi,  i  quali  spontaneamente  saranno  per  con- 
correre a  sì  utile  impresa,  costituendosi  in  altri  centri. 

Quelli  che  più  specialmente  si  designano  sono  i  seguenti: 
Nel  Ducato  di  Lucca,  il  Marchese  Mazzarosa. 


270 

Nel  Regno  di  Sardegna,  Rocco  Ragazzoni  di  Torino. 
Nelle  Provincie  Venete,  il  Dott.  Gera  di  Conegliano. 
Nelle  Provincie  Lombarde,  il  Prof.  Moretti  di  Pavia. 
Nei  Ducati  di  Parma  e  di  Modena,   il  Prof.  Brignole 
di  Modena. 

Nella  Toscana,  il  Marchese  Ridolfi  di  Firenze. 

Negli  Stati  Pontificii,  il  Conte  Paoli  di  Pesaro. 

Nel   Regno   di  Napoli    di    qua    dal  Faro,    la    Società 
d' incoraggimento  di  Napoli. 

Nella  Sicilia,  i  Redattori  del  Giornale  di  Statistica  di 
Palermo . 

Riserbasi  all'Avvocato  Salvagnoli  il  costituirsi  centro  e 
Segretario  generale  di  tutte  le  relative  operazioni. 

Inoltre  son  pregati  tutti  gli  Agronomi  a  perfezionare  que- 
sto piano  di  studj  sperimentali,  e  di  presentare  alla  seconda 
Riunione  degli  Scienziati  in  Italia  i  loro  consigli  e  lavori. 


e.    RIDOLFI  Presidente 


F.   GERA  Segretario  delia  Sezione, 


^-'5H:J>-5ì- 


PROSPETTO 

Delle  Sezioni  della  Riunione  degli  Scienziati,  colla  indicazione  delle 
respettive  residenze  e  delle  ore  in  cui  tenevano  le   loro  adunanze . 


SEZIONI 

RESIDENZA 

OKE    DELLE    ADUNANZE 

Fisica,  Chimica  e  Matematica 

Geologia,  Mineralogia  e  Geo- 
grafia   

Botanica  e    Fisiologia   vege- 
tabile   ,  . 

Gabinetto  Chimico 

Sala  del  Museo  di  Storia  Naturale 

Anfiteatro    del   Museo  di  Storia 
Naturale 

Dalle  10  ^nt.  alle  12  merid. 

Dalle  10  ant.  alle  12  merid. 

Dalle  13  merid.  alle  2  pom. 

Dalle  8  alle  1 0  anlim. 
Dalle  12  merid.  alle  3  pom. 
Dalle  8  alle  10  antim. 

Zoologia  ed   Anatomia  com- 
parativa  

Anfiteatro  del  Museo  di  Storia 
Naturale f  .  •  •  • 

Medicina 

Agronomia  e  Tecnologia  .  . 

Teatro  Anatomico 

Stufa  dell'Orto  Botanico  .... 

PER 

l' INAUGURAZIONE  SOLENNE 

BlIL    ©ÀILSILIE® 


2)32   S>lR(Dl?3S3(!)^3t 


GIOVANM    ROSIINI 


/ 


1 


ìi^'fp 


Oe  nel  corso  delle  umane  vicende,  al  continuo  aggirarsi  dì  pene  e  di 
diletti,  di  conforti  e  di  affanni;  avviene  talvolta  che  un  solo  giorno 
felice  sia  largo  compenso  di  reiterati  travagli;  ben  alte  grazie  debbo 
io  rendere  alla  Provvidenza,  che  tanto  mi  volle  concedere  di  vita, 
perchè  il  sommo  onor  mi  valesse  di  parlare  oggi  dinanzi  a  Voi;  cioè 
dinanzi  al  Consesso  più  reputato  e  più  degno  della  patria  comune;  di 
parlare  a  nome  d'una  Città,  che  fece  quanto  era  in  lei  per  mostrarsi 
degna  del  lustro,  che  da  Voi  riceve:  di  parlare  in  fme  di  si  alto  ar- 
gomento; a  petto  al  quale  non  è  vergogna  dichiararsi,  senza  finta  mo- 
destia, di  grandissima  lunga  minori. 

E  sia  lode  alla  verità,  chi  esser  potrebbe  mai  quel  temerario,  che 
ardisse  credere  di  valer  tanto,  da  potere  accrescere  con  ambiziose  pa- 
role, o  con  esagerati  concetti,  dignità,  fregio  e  splendore  al  nome  solo 
di  Galileo? 

Come  la  voce  dell'eco,  che  ripercossa  risponde;  pronunziato  ap- 
pena quel  nome,  s'ode  replicare  da  ogni  parte  Genio,  invenzione,  gran- 
dezza. 

O  s'inalzino  gli  occhi  al  Pianeta,  che  ogni  dì  rinnova  la  luce  alla 
terra;  o  s'abbassino  a  quell'artificioso  Istrumento,  che  segna  le  varietà 
del  calore  e  del  gelo;  o  si  tendano  le  orecchie  al  rimbombar  della 
squilla,  che  dall'alto  delle  pubbliche  torri,  all'oscillare  di  un  pendo- 
lo, annunzia  l'ora  che  passa:  o  si  riguardino  quei  tubi,  che  avvicinano 
le  disianze  ,  o  i  cristalli  che  ingrandiscono  i  più  impercettibili  oggetti: 

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274 

o  si  ponga  mente  in  fine  ai  corpi  che  si  movono,  e  a  quei  che  "al- 
leggiano; agli  astri  che  brillano,  e  alle  stelle  che  non  risplendono;  ai 
Gravi  che  cadono,  e  alla  Calamita  che  si  arma;  nel  concorde  loro  lin- 
guaggio tutti  ci  parlan   di  lui . 

Si  volge  quindi  il  pensiero  ai  Filosofi,  che  lo  precedettero;  e  non 
si  trova  che  tenebre,  incertezza  ed  errori:  si  scende  ai  sommi,  che  lo 
seguirono;  e  ci  si  mostra  luce,  metodo  e  verità:  se  non  che  risalendo 
sino  al  Newton  e  ponendoli  per  un  istante  al  confronto,  apparisce, 
che  quando  egli  dava  le  teoriche  a'  suoi  Britanni  per  avviarli  nello 
studio  delle  fisiche  scienze;  dietro  la  scorta  di  Galileo,  ne  avevano 
gl'Italiani,  da  quasi  un   secolo,  anticipata  la  pratica. 

Così  essendo,  o  Signori,  e  invialo  dinanzi  a  ^oi  nel  giorno  solenne, 
in  cui  s'inalza  il  suo  Simulacro  (i):  quale  ufficio  mi  rimane,  oltre  le 
grazie  che  la  Città  nostra  vi  rende;  oltre  i  plausi,  che  Italia  vi  serba; 
oltre  l'approvazione,  che  a  darvi  apprestasi  Europa? 

Nessun  altro  certamente  se  non  quello  di  ricondurre  alla  vostra 
reminiscenza  una  parte  delle  tante  maraviglie,  sulle  quali  meditando, 
nel  raccoglimento  e  nel  silenzio,  si  resta  in  forse  talora,  se  così  alto 
spirito  appartenga  interamente  alla  umana  natura. 

Effigiava  il  gran  Michelangelo,  con  sublime  concetto,  l'Eterno,  che 
in  mezzo  al  Caos  divide  la  luce  dalle  tenebre:  ed  io  dovrei,  sull'e- 
sempio di  tant'  uomo,  dipingervi  Galileo,  che  di  sua  mano  riunisce  la 
terra  col  cielo . 

Ma  sarò  forse  da  tanto?  E  la  luce  vivissima,  che  da  quel  Simula- 
cro si  ditfonde,  accrescerà  splendore  alle  mie  parole;  o  le  assorbirà 
ne'  suoi  raggi  ? 

Chi  lingua  mi  darà,  chi  man  pittorica, 
sicch'io  possa  degnamente  ai  vostri  occhi  rappresentare  il  Genio,  senza 
impiccolirlo;  e  mostrar  l'uomo,  senza  snaturarlo?  Ora  aggirandosi  in 
cielo  fra  i  pianeti  e  le  stelle  per  disvelarne  i  misteri;  ora  trattando 
in  terra  di  musica  e  di  poesia,  per  eccitarne  l'incremento,  o  per  trat- 
tenerne la  corruzione:  insegnando  agli  scienziati  come  interrogar  la  na- 
tura per  intenderla  e  spiegarla;  e  rivolgendo  le  menti  della  moltitudine 
Al  decente,  al  gentile,  al  raro,  al  bello, 

(1)  Questa  statua  del  Galileo  è  il  capo-lavoro    del   sìg.  Emilio   Demi,  scultore 
del  merito  che  ognuno  conosce . 


Udo 

fonti  perenni  d'imaginì  e  d'ispirazioni,  nelle  Arti,  come  di  piaceri  e 
di  affetti,  nel  consorzio  della  vita  sociale. 

Difllcile  assunto,  ma  inevitabile,  poiché  questa  è  l'espettazione 
comune:  assunto,  o  Signori,  che  accettato  con  fiducia  io  non  avrei;  se 
altri  Voi  foste  da  quello,  che  siete. 

rs'è  credo  che  m'inganni  la  vanità  di  mal  concepite  speranze,  osella 
difficoltà  somma,  che  presenta  un  subietto  in  chi  parla,  maggiore  in- 
dulgenza si  spera  in  chi  ascolta:  ma  della  vostra  in  quest'oggi  io  son 
certo;  perchè  l'indulgenza  non  andò  mai  scompagnata  dalla  vera  dot- 
trina . 

Questa  nostra  città  diede  la  culla  al  grand' uomo.  Da  Firenze, 
dove  esercitava  la  mercatura,  qui  venne  il  padre  suo,  per  cercar  fortuna 
mialiore.  E  siccome  il  mercadante  là  stabilisce  il  suo  domicilio  dove 
trasporta  i  suoi  traffici;  pare  che  a  giusto  titolo  si  potrebbe  il  figlio 
chiamar  nostro;  ma  lunge  da  noi  qualunque  ombra  di  gare  municipali. 

Egli  qui  nacque,  e  ciò  basta  .  Sicché  dolce  cosa  in  questa  mattina 
sarà  il  ricordare,  che  l'aura  che  respiriamo,  e  la  luce  che  c'illumina, 
fu  l'aura  che  respirò  la  prima  volta;  e  la  luce  fu  che  la  prima  volta 
brillò  ne^li  occhi  del  fanciullo  immortale. 

!N'è  delle  circostanze,  che  accompagnarono  la  sua  nascita  terrò  lungo 
discorso:  ma  come  passar  potrei  sotto  silenzio,  che  nel  giorno  mede- 
simo, in  cui  fra  il  cordoglio  di  quanti  riempievano  la  città  regina  del 
mondo,  esalava  l'ultimo  fiato  colui,  che  aveva  scolpito  il  Mosè  ,  inal- 
zato il  ^  alleano,  e  dipinto  il  Giudizio:  nel  medesimo  giorno,  e  pres- 
soché nella  medesima  ora,  in  Pisa  vedeva  il  giorno  quel  fanciullo  (2), 

(-2)  Il  17  febbraio  1364,  e  fu  battezzato  il  19. 

Suo  padre  fu  Viucenzo  Galilei  Mobile  fiorentino,  discendente  da  Michele  Galì- 
leij  stato  Priore  nel  1431,  e  1438.  Xato  nel  1520,  sposò  nel  1562  Giulia  Ammannati 
Nobile  pistojese.  Egli  fu  autore  di  quattro  opere,  il  Fronimo:  il  Dialogo  sulla  musica 
antica:  il  Canto  de' Contrappunti  a  due  voci:  e  il  Discorso  intorno  alle  Opere  del  Zar- 
lino.  Un  uomo  di  questo  sapere;  e  che  sposò  una  zittella  nobile,  non  può  essere  stato 
a  44  anni  Decurione  (comandante  di  10  uomini,  o  sia  Sargente  )  in  una  compagnia 
di  soldati,  come  alcuni  vorrebbero,  al  nascere  del  gran  Galileo. 

Compari  al  Battesimo  furono  il  Sig.  Pompeo  e  Messere  Averardo  de'  Medici  :  e 
in  quei  tempi  due  personaggi  di  si  cospicua  Famiglia  non  poteano  verisimilmente  te- 
nere al  sacro  fonte  il  figlio  di  un  sargente. 

In  fine  dell'Estratto  battesimale,  si  dice  ch'egli  nacque  in  Chapella  (parroc- 
chia) di  Sant'Andrea;  e  nuli' altro. 


276 

che  dovea  prestamente  superarne  la  gloria!  Ma  ohimè!  questa  gloria 
SI  pura ,  immensa,  perenne,  da  quanti  sudori  non  doveva  esser  prece- 
duta ;  da  quanti  ostacoli  accompagnata  ;  e  da  quanti  giorni  di  dolore 
susseguita!  ...  ma  non  circondiamo  anticipatamente  di  nebbia  lo  splen- 
dore della  sua  infanzia  . 

Nell'umile  suo  ricetto,  all'agitar  della  culla  per  farne  cessare  i  va- 
giti, o  per  lusingare  i  suoi  sonni,  tutto  era  canti,  suoni  ed  armonia.  Pe- 
rito il  padre  nei  musici  modi  al  di  là  di  quanti  si  vantavano  maestri 
a  quell'età;  doveva  il  fanciullo,  crescendo  cogli  anni ,  assuefar  gli  orec- 
chi per  tempo,  a  quant'era  numero,  proporzione  e  misura  . 

Narra  il  Viviani,  che  quando  potè  rivolgere  gli  occhi  con  rifles- 
sione agli  oggetti,  che  gli  si  paravano  innanzi  ;  e  le  membra  si  presta- 
rono a  seguitare  gì'  impulsi  della  volontà,  le  sue  prime  esercitazioni  fu- 
rono strumenti  e  macchinette,  che  di  sua  mano  fabbricava;  e  che  di 
giocondo  trattenimento  si  facevano  ai  fanciulli  compagni  suoi:  poiché, 
imitava  e  poneva  in  modello  non  solo  quanto  vedeva  di  curioso;  ma 
quanto  passavagli  per  la  mente,  o  venivagli  dai    compagni  richiesto. 

Questo  fu  il  primo  segno,  dato  nell'  infanzia,  della  sua  naturale 
inclinazione  per  la  meccanica.  Venne  quindi  la  musica  (3);  poi  la  pro- 
spettiva e  il  disegno:  i  quali  studj   tutti  accompagnarono  i  princip]  della 


Due  erano  qui  le  Parrocchie  di  S.  Andrea,  come  due  erano  quelle  di  San  Lo- 
renzo. Le  due  grandi  di  qua  d'Arno,  le  due  piccole  di  là,  nel  quartiere  detto  di  Chin- 
seca.  Se  il  Galileo  fosse  nato  in  fortezza,  e  nella  piccola  Parrocchia,  l'Estratto  Battesi- 
male avrebbe  aggiunto  di  Chinseca,  come  vedesi  nel  libro  stesso,  di  lettera  C  a  carte  43: 
«  A'  23  Marzo,  Portia  di  Cosimo.  .  ..  nata  in  Chapella  di  S.  Lorenzo  in  Chinseca  p  ;  e 
ciò  per  non  confonderlo  col  S.  Lorenzo  di  qua  d'Arno . 

Non  avendolo  aggiunto,  è  prova  che  nacque  il  Galileo  nella  parrocchia  grande 
di  S.  Andrea,  ch'era  il  Quartiere  dei  Mei-canti. 

Tornato  Vincenzo  a  Firenze  molestò  per  un  Credito  di  drapperie  vendute 
(  queste  sono  le  parole  )  Beinardetto  de'  Medici .  Chi  vende  drapperie  è  mercante .  Il 
contratto,  rogato  da  Ser  Benedetto  Bellavita,  è  de' 21  Ottobre  1565;  ed  esiste  all'Ar- 
chivio generale  in  Firenze.  Il  contratto  è  stato  riscontrato,  e  dice  che  3  pezze  di  drappi 
erano  state  vendute  da  lui  Vincenzo;  sicché  è  terminata  ogni  questione. 

Dopo  l'esposizione  di  tali  fatti,  il  far  nascere  Galileo  in  fortezza  non  solo  è  un' 
illusione;  ma  la  conseguenza  ne  sarebbe  che  Pisa  non  potrebbe  dirsi  sua  patria;  perchè 
il  luogo,  dove  nascono,  non  è  mai  patria  ai  figli  de' soldati  esteri,  che  vi  stanno  in 
guarnigione. 

(3)  Imparò  a  suonare  diversi  istrumenti  a  corda . 


277 

tanto  nojosa  e  tanto  necessaria  grammatica;  di  quella  grammatica,  che 
ha  il  privilegio  di  seminar  le  spine,  per  raccogliere  i  fiori  . 

Ma  rivolgendo  i  dili  sulle  corde,  o  la  matita  sopra  la  carta,  non 
erano  quelle  arti,  come  spesso  avviene,  un  soggetto  di  distrazione  per 
lui:  ma  gli  servivano  come  di  piacevole  intermezzo  ai  duri  e  ostinati 
esercizi  della  sintassi. 

Da  quelli  peraltro  liberandosi  con  facilità  grandissima,  lant' era  la 
prontezza  dell'ingegno  suo,  diede  al  padre  speranza  d'avere  in  esso  un 
sollievo  pel  mantenimento  della  famiglia ,  che  andava  ogni  giorno  cre- 
scendo. E  conviene  anzi  credere  che  la  fortuna  non  gli  fosse  in  Pisa 
propizia:  poiché  verso  quel  tempo  lo  troviamo  tornato  in  Firenze. 

Là  il  giovinetto  Galileo,  conosciuto  avendo  il  gran  colorista  della 
nostra  Scuola,  Lodovico  Cardi  da  Cigoli,  col  quale  poi  strinse  sì  cara 
amicizia,  diedesi  anco  alla  pittura;  ne  studiò  con  profondità  le  vaghez- 
ze; sicché  in  età  più  matura ,  quando  avevala  da  molto  tempo  abbando- 
nata; i  suoi  giadizj  erano  reputati  al  paro  e  anche  sopra  quelli  dei  mae- 
stri dell'arte:  anzi  i  maestri  stessi  da  lui  sovente  si  conducevano,  chie- 
dendo il  suo  valevol  giudizio  sopra  le  opere  loro:  pregio,  che  nella  Storia 
delle  Arti  egli  divide  con  pochi.  E  siccome  dagli  ingegni  preclari  nulla 
a  mezzo  si  fa:  sapendo  egli  qual  misera  cosa  sia  un  pittore,  il  quale  altro 
non  conosce  che  i  procedimenti  dell'Arte  sua,  ne  accompagnava  lo  studio 
colla  ricerca  di  quelle  nozioni,  che  derivando  dalla  Storia  e  dalla  Fa- 
vola,  convenientemente  l'aiutavano  nel  cammino  dell'umane  lettere;  in 
cui  (lasciati  una  volta  i  giusti  ma  troppo  ripetuti  lamenti  di  Ovidio) 
posto  il  piede  nelle  Metamorfosi  e  nell'  Eneide,  non  è  più  che  un  paese 
d'incanti . 

Or  qui  sorge  una  considerazione;  la  quale  ci  conduce  a  riflettere 
quanto  profonda  fosse  la  sentenza  degli  antichi  Nosce  te  ipsum,  derivata 
dalla  somma  diflìcoltà  d'avere  una  piena  e  intera  cognizione  di  se  stessi . 

Narra  il  Vivlani  d'avere  inteso  dalla  sua  bocca  sovente,  che  se  a 
quella  età  gli  fosse  stato  permesso  di  scegliere  uno  stalo,  eletto  avrebbe 
di  farsi  pittore.  Ma  la  paterna  volontà  (spinta  dal  bisogno)  destinandolo 
alla  medicina,  salvò  il  mondo  dal  pericolo  di  restare  ancor  nelle  tenebre, 
dando  all'Arte  in  compenso  un  mediocre  pittore  di  più.  Misero  cambio; 
se  la  Provvidenza  non  l'impediva.  Ma,  compiuto  il  corso  delle  umane 
lettere;  e  posto  il  piede  in  Pisa,  si  trovò  nella  gran  via,  senza  timor  di 
smarrirla. 


278 

Versato  nell'esercizio  di  tant'Arli;  e  cogli  orecchi  assuefatti  ai  modi 
del  bello  stile  (di  cui  si  grandi  maestri,  e  ad  un  tempo  si  gelosi  furono 
i  nostri  maggiori)  Galileo  Galilei,  compiuto  l'anno  diciottesimo  dell'età 
sua,  giungeva  in  questa  Università  nel  Novembre  del  i58i:  èra  memo- 
rabile ,  e  per  i  nemici  della  filosofia  da  segnarsi  tra  le  nefaste . 

E  raro  che  un  giovine  di  qualche  speranza ,  o  non  venga  racco- 
mandato al  patrocinio,  o  da  se  stesso  non  rivolgasi  alla  protezione  e 
alla  familiarità  di  qualche  Professore.  Né  di  rado  è  avvenuto,  che  dal- 
l'appressarsi  di  un  giovine  a  questo,  piuttosto  che  a  quello,  ne  sia  deri- 
vata la  sua  buona,  o  mala  sorte,  negli  anni  avvenire  . 

Fortunato  il  Galileo;  il  quale  appena  qui  giunto,  cattivar  si  seppe 
il  favore  dell'uomo,  che  in  compagnia  del  Mercuriale  formava  l'onore 
di  questo  Studio! 

Era  esso  Jacopo  Mazzoni  da  Cesena,  stato  l'amico  di  Torquato 
Tasso  (che  allora  da  due  anni  languiva  prigione);  uno  dei  filosofi  più 
solenni  di  quell'età,  fra  i  pochi,  e  forse  il  solo,  che  ciecamente  non 
credesse,  o  giurasse  sull'autorità  d'Aristotile. 

Aveva  egli  sì  prodigiosa  memoria,  che  come  avveniva   con  Ennio 
Quirino  Visconti  (il  quale  ricordar  qui  mi  piace,    acciò    riconduciate 
il  pensiero  all'uomo  che  rappresentò  la  gloria  italiana 
In  quella  Gallia  (4)  d'ogni  vanto  altera  ) 
interrogar  non  potevasi  di  cosa,  ch'ei  non  sapesse,  o  che  non  indicasse 
i  fonti  dove  apprenderla. 

Nei  familiari  consorzj  (  che  dalla  cattedra  non  si  sarà  forse  atten- 
talo il  Mazzoni)  debbe  avergli  presto  fatto  comprendere,  che  ligio  non 
era  come  i  suoi  Colleghi  alle  Aristoteliche  dottrine:  e  questo  al  gio- 
vine bastò,  perchè  si  rivolgesse  di  proposito  ad  esaminarle. 

Ma  qaal  esser  dovè  la  sua  maraviglia,  quando  in  esse  rinvenne 
tante  incomprensibili  oscurità!  quando  trovò  falsi  ed  insussistenti  tanti 
assiomi  da  tutti  creduti  infallibili  ! 

Colla  forza  del  suo  raziocinio,  potè  dunque  concludere  che  le 
scuole  indicavano,  e  che  i  discepoli  tenevano  una  falsa  strada:  che 
n'era  un'altra  da  trovarne,  la  quale  conducesse  allo  scoprimento  del 
vero:  che  l'autorità  doveva  cedere  al  giudizio  della  ragione:  e  deter- 
minò quindi  contro  agli  assiomi  di  Aristotile,  di  porre  ad   esame  Pla- 

(4)  Parini. 


279 

Ione.  E  fu  questo  il  primo  passo,  per  la  scoperta  d'un  nuovo  mondo 
nelle  sconosciute  regioni  della  Sapienza.  Considerata  l'età  sua,  cfuesto 
passo  fu  da  gigante. 

Voi  sapete  che  Aristotile  in  quei  tempi  non  era  una  Potenza,  ma  un 
Idolo:  che  esaminarne  i  dogmi  tenevasi  per  irriverenza;  l'impugnarli  sa- 
crilegio: sicché  quanto  era  maggiore  il  pericolo,  tanto  più  debbe  ammi- 
rarsi l'ardimento  del  giovine,  a  cui  dobbiamo  che  ora  sia  Verità  quel 
eh' è  vero. 

Preso  in  mano  Platone,  stabilì  di  proceder  sempre  nella  novella  via, 
coirajuto  d'una  parola;  e  questa  parola  fu  Esperienza.  Ne  tardò  molto 
ch'ebbe  a  farne  luminosissima  prova.  Intendete  tutti,  ch'io  parlo  del- 
l'oscillar d'una  lampada  che  gli  apparve  nella  Cattedrale  di  questa 
città  . 

Poca  favilla  gran  fiamma  seconda, 
cantò  il  sommo  Poeta;  e  noti  vi  sono  gli  effetti  che  ne  derivarono:  sic- 
ché può  riguardarsi  quell'atto,  come  il  sassolino  da  cai  fu  rovesciato  il 
colosso,  che  da  tanti  e  tanti  anni  aduggiava  coU'ombra  tutto  l'umano 
sapere . 

Conduciamoci  dunque  per  un  istante,  o  Signori,  a  quella  memorabile 
età:  e  scorriamo  insieme  quest'Aule,  che  in  breve  si  apriranno  agli  utili 
vostri  consessi . 

Siamo  all'anno  i583.  Porgete  le  orecchie  al  profluvio  di  vuote  riso- 
nanti parole  che  a  vicenda  si  riversano  da  quattro  cattedre  di  filosofìa. 
Udite  le  false  conseguenze,  che  si  deducono  da  falsi  principj . 

Considerate  i  discepoli  intenti  ad  udirle:  i  più  valenti,  subitamente 
ad  apprenderle:  i  più  timidi  a  notarle;  se  non  che  uno  solo,  da  un  canto, 
cogli  occhi  cogitabondi,  ma  colla  fronte  elevata,  non  fa  verun  segno  di 
accordo  nel  concerto  comune. 

Chi  mai  detto  avesse  a  que'  tronfi  Archimandriti  del  Toscano  Peri- 
pato:  Vedete  voi,  colaggiù,  quel  giovine  non  ancor  quadrilustre,  a  cui 
non  degnate  di  rivolgere  un  guardo  benigno?  Quel  giovine  caccerà  dal 
mondo  le  larve  della  vostra  falsa  sapienza .  Di  voi  non  resterà  pur  l'om- 
bra del  nome.  E  in  questo  luogo  medesimo,  dove  con  tanto  orgoglio  in- 
segnaste, tutto  sarà  divenuto  per  voi  silenzio,  dimenticanza,  oscurità, 
quando  il  suo  Simulacro  s'inalzerà  maestoso,  venerabile,  solo;  come 
sorge  la  gran  Piramide  nel  silenzio  e  nella  vastità  del  deserto. 

Questo  é  quello,  che  avviene  oggi,  alla  vostra  presenza,   o  Signori; 


280 

avviene  fra  i  plausi  della  città  iiilera  ,  che  vi  vedete  d'intorno;  avviene 
nel  giorno  memorabile ,  che  apre  il  corso  dei  vostri  dotti  consessi  :  per 
lo  che  nutro  ferma  speranza  ,  che  possa  esser  questo  giorno  e  fors'  anche 
qualche  mia  parola  una  delle  più  care  e  soavi  memorie  nella  vostra  lunga, 
felice  ed  onorata  vecchiezza  . 

Trovato  l'oscillar  della  Lampada,  conveniva  farne  l'applicazione. 

E  poiché  nel  giovine  si  manifestavano  due  tendenze,  una  per  vo- 
lontà prepotente  del  padre,  alla  medicina;  l'altra  per  insuperabile  incli- 
nazione della  natura  verso  le  fisiche  Scienze:  si  mostrò  la  vastità  di 
quell'ingegno  sovrumano,  nell'applicazione  della  sua  scoperta  si  all'una 
come  alle  altre . 

Coir  eguali  là  delle  vibrazioni  d'un  corpo,  appeso  a  una  corda  che 
oscilla,  misurò  la  frequenza  dei  polsi  degli  ammalati:  e  sagacemente  in- 
ventò poscia  quella  semplice  e  regolar  misura  del  tempo,  per  mezzo  del- 
l'oscillazione del  pendolo,  che  segna  le  ore  in  tutta  la  terra. 

E  come  se  ciò  poco  fosse,  sapete  che  di  quella  si  valse  in  varie 
esperienze  e  misure  di  tempi  e  di  moti:  che  l'applicò  alle  osservazioni 
celesti:  e  più  direi,  se  il  dire  a  Voi  troppo  su  quanto  si  ampiamente 
sapete,  in  me  parer  non  potesse  arroganza. 

Era  dunque  dritto,  che  un  monumento  sorgesse  al  grand'uomo,  nella 
città  stessa,  dove  oscillò  quella  Lampada;  da  cui  partiva  la  luce,  che 
illuminò  r  Universo . 

Tornato  da  Pisa,  dopo  il  secondo  suo  anno,  ricco  di  questa  im- 
mensa Scoperta  ,  ma  povero  di  beni,  come  è  noto:  chiese  un  posto  di 
grazia  (5);  e  pur  non  l'ottenne?  Cosi  lo  avvertivano  gli  avvenimenti, 
che  se  ne^li  scritti  dei  filosofi  se  ne  lesae  la  sentenza,  nei  casi  della 
vita  civile  ricorre  anco  troppo  sovente  la  prova,  che  non  il  merito, 
ma  la   Fortuna  è   la  signora  del  mondo . 

Continuava  intanto  anche  in  Firenze,  nei  mesi  dell'estate  ,  ad  ornar 
sempre  l'ingegno;  mentre  studiava  la  medicina  per  necessità.  Ma  tratto 
però  dalla  veemenza  della  sua  anima  dove  la  natura  il  chiamava,  rivol- 
gevasi  alle  matematiche  e  ne  facea,  di  nascosto  al  padre,  il  prediletto 
suo  studio.  Lontano  il  buon  Vincenzo  dall' immaginare  a  quali  sublimi 
destini  doveva  inalzarsi  il  figliuolo,  non  con  spiedi  e  lance  come  l'A- 
riosto  cantò,  che    cacciavalo  il  padre  a   svolgere  i  Testi  e  le  Chiose; 

(5)  DI  quelli,  che  i  Francesi  chiamano  Bourses. 


281 

bensì  colle  avvertenze,  i  consigli  e  le  preghiere  spingevalo  incessanle- 
mente  allo  studio  di  quella  scienza,  che  utile  credea  maggiormente 
per  lui . 

Ma  non  si  vince,  come  dicevano  gli  antichi,  l'influsso  della  propria 
stella.  Fu  pittore  Cimabue,  fu  poeta  l'Ariosto;  a  dispetto  del  padre. 
Vedremo  avvenir  lo  slesso  al  Filosofo  nostro;  e  considereremo  che  le 
contrarietà  medesime,  le  quali  s'incontrano  nella  scelta  d'una  scienza, 
o  di  un'  arte,  giovano  a  farla  amare,  e  a  farla  più  tenacemente  colti- 
vare, di  quel  che  fatto  non  si  sarebbe  senza  opposizione  veruna. 

Frattanto  parea,  che  tutto  in  lui  cospirasse  per  formarne  uno 
de'  più  adorni  e  compiuti,  e  quindi  dei  più  ricercati  ed  applauditi 
seguaci  di  Ippocrate . 

Favellava  egregiamente;  scrivea  versi  non  ineleganti,  (  il  che  suole 
pressoché  sempre  andare  innanzi  alio  scrivere  con  eleganza  la  prosa  )  era 
dotto  nella  latina,  versato  nella  greca  favella:  e  a  questi  ornamenti  del- 
l'ingegno si  univano  le  doti  della  persona. 

Di  giusta  statura,  con  fronte  elevata,  con  occhi  vivissimi,  di  aspetto 
giocondo  e  giojale,  libero  nei  moti,  e  facilissimo  nelle  maniere,  cono- 
sciuto appena,  ispirava  la  più  gran  simpatia. 

A  tutto  questo  aggiungevasi  un  umore  scherzoso,  e  spogliate  le 
sembianze  di  quell'accigliata  severità,  la  qual  molte  volte  rende  odioso 
perfino  il  sapere,  sì  che  si  ripeterebbe  quello,  che  in  altro  senso  scrivea 
Giovenale: 

.  ...  si  cum  magnìs  virlutihus  affers 

Grande  supevcilium  .... 

....  cum  tota  Cartilagine  migra  . 

Con  tali  doti  s'intenderà  facilmente  come  da  ogni  grado  di  persone 
fosse  amato,  ricercalo  ed  accolto.  INIa  questa  non  era  che  la  scorza  del 
Filosofo  nel  sociale  consorzio.  A  ben  più  alti  concepimenti  quella  gran- 
d'anima  si  rivolgeva  in  secreto. 

Con  un  piccolo  Euclide  alla  mano,  facile  a  nascondersi,  e  tenuto 
mezzo  aperto,  all'ombra  di  un  gran  volume  di  Galeno,  che  sopravve- 
nendo improvvisamente  il  padre  ricoprir  di  subito  lo  potesse;  fece  si 
rapidi  progressi  da  sé  studiando  la  geometria,  che  Ostilio  Ricci  da 
Fermo  (il  qual  n'era  al  segreto,  perchè  spiegati  glie  ne  avea  gli  ele- 
menti )  dovè  maravigliato  con  efficacissime  ragioni  persuadere  a  Vin- 
cenzo di  lasciarlo  finalmente  in  libertà! 

36 


282 

E  come  l'xii'iosto  el  l'ottenne.  Sollevato  allora  da  un  gran  peso,  e 
gettando  Galeno  alle  Gemonie,  con  tale  ardore  si  diede  allo  studio  delle 
matematiche  ;  che  (  legata  corrispondenza  coi  geometri  più  solenni  del- 
l'età sua,  ricevendone  lodi  e  incoraggimenti  )  potè  a  venticinque  anni, 
cosa  straordinaria  in  quei  tempi,  esserne  eletto  Professore  in  questa 
Università. 

Se  lieto  allora  ei  ne  fosse,  lietissimo  il  padre,  glorioso  il  Mazzoni;  e 
se  plauso  facessero  gli  ammiratori  e  gli  amici  non  è  da  dirsi:  ma  saranno 
brevi  i  suoi  vanti,  e  il  magistero  più  breve. 

Le  condizioni  dello  stato  sociale  in  quei  tempi  si  possono  più  fa- 
cilmente compiangere,  di  quello  che  comprendere  agevolmente  si  pos- 
sano da  chi  gode  il  frutto  della  giustizia  e  della  moderazione  dei 
presenti. 

E  che  valse  al  grand' uomo  di  cominciare  le  sue  esperienze  dalla  ca- 
duta dei  gravi  ,  da  cui  venne  la  creazione  della  scienza  del  moto?  Che  gli 
valse,  quando  le  ripetè  dall'alto  del  campanile  di  questa  cattedrale  che 
Professori  e  Filosofi,  e  per  testimonianza  del  Viviani,  la  Scolaresca  tutta 
in  gran  folla  concorresse  ad  ammirarlo  a  ad  applaudirlo? 

Non  era  scorso  peranco  un  triennio,  che  dovè  chieder  commiato,  e 
partire.  Qual  ne  fu  la  cagione?  L'invidia.  Né  su  di  essa  occorrerà  far 
per  ora  parole,  come  di  cosa,  che  in  tutti  gli  scritti  si  aborre;  in  tutti  i 
discorsi  si  accusa;  e  pressoché  in   tutte  le  azioni  si  rinnova. 

La  verità  detta  con  aperto  animo  a  chi  gliela  richiese,  sul  mal 
uso  d'una  macchina  inventata  da  Don  Giovanni  de' Medici  fratello  na- 
turale del  Granduca,  gli  trasse  l'odio  di  quel  potente.  Gli  emuli  ne 
profittarono;  non  mancarono  le  adulazioni;  s'inventarono  le  calunnie; 
si  suscitarono  le  ire:  e  alla  vendetta  della  ignoranza  fu  sacrificato  il 
Filosofo . 

E  vero  ch'alia  prova  della  macchina,  più  grandi  comparvero  gli 
orecchi  di  Mida:  ma  che  prò?  La  gioventù  Toscana  perdette  per  di- 
ciotto anni,  cioè  per  quattro  generazioni  di  scienza,  tutta  quella  istru- 
zione, che  in  altri  lidi  ricevettero  dalle  sue  labbra  più  fortunati  di- 
scepoli . 

La  Repubblica  di  Venezia,  che  malgrado  dei  vizj  inerenti  alla  na- 
tura della  sua  Costituzione,  l'Alfieri  chiamò: 

Del  senno  uman  la  più  lojigeva  Jì glieli 
con  maggiore  stipendio  di  quello,  che  godeva  in  Pisa,    lo  condusse  a 


285 

Lettore  di  maternatiche  nella  Padovana  Università.  Gli  amici  partir  lo 
videro  con  dolore;  gli  ammiratori  con  rammarico:  i  Colleghi  con  gioja: 
il  Governo  con  indifferenza . 

Ospiti  Illustri,  e  qui  uniti  sotto  gli  auspicj  generosi  di  un  illu- 
minato Sovrano;  Voi  sapete  quello  che  Tacito  impone  agli  Scrittori 
dei  Principi  viventi.  Voi  chiamo  dunque  in  testimonio,  che  non  mac- 
chio di  adulazione  il  mio  discorso,  se  a  sua  grandissima  lode  alta- 
mente dichiaro  che  sotto  il  regno  di  Leopoldo  II,  il  Galileo  non  sarebbe 
partito. 

E  questo  è  il  luogo  di  scendere  a  parlare  d'uno  Scritto,  che  la 
sua  gran  fama,  nel  terminar  dello  scorso  secolo  trasse  in  luce  dalla  di- 
menticanza, in  cui  meglio  era  che  rimanesse  sepolto.  Intendo  delle 
Considerazioni  sulla  Gerusalemme  Liberata  del  Tasso. 

Esse,  quali  sono,  mostrano  acutezza,  critica  e  dottrina,  ma  sono 
ugualmente  il  più  delle  volte  ingiuste,  spesso  animose ,  talvolta  in- 
solenti . 

Molto  a  lungo  su  tal  materia  potrebbe  discorrersi:  ma  non  è  que- 
sta né  la  circostanza,  né  l'aspettazione,  né  il  tempo:  sicché,  riducendo 
in  breve  quello  che  a  dirsi  è  necessario,  comincerò  dall' impugnare 
quanto  il  Monti  ne  scrisse,  riferendole  agli  ultimi  suoi  anni  .  Troppo 
importa  il  lavarlo  da  una  macchia,  che  gravissima  sarebbe,  se  non  lo 
scusasse  la  gioventù.  Furono  scritte  nel  1690,  e  quando  il  Tasso  era 
libero  (6). 

Ciò  premesso,  in  primo  luogo  dirò,  che  fatte  furono  per  suo  uso 
proprio  e  particolare;  non  destinate  alla  stampa:  e  ciascuno  intende 
che  non  può  ad  uno  scrittore  intentarsi  pubblico  processo  de'  suoi  pri- 
vati   pensieri. 

In  secondo  luogo,  troviamo,  che  quando  nel  iG4o,  con  più  ma- 
turo giudizio,  egli  scrisse  dell'Orlando  e  della  Gerusalemme  al  Rinuc- 
cini,  si  mostra  tanto  savio  critico  e  ragionatore  assennato;  quanto  è 
passionato  e  sprezzante  nelle  Considerazioni . 

Farò  in  terzo  luogo  riflettere  che,  innegabile  essendo  aver  già  co- 
minciato nel  1690  la  cattiva  scuola  del  Marini:  egli  tentava  inculcando 
lo  studio  del  purgato  stile  dell'Ariosto  di  allontanare,  o  ritardare  al- 
meno la  irruzione  del  falso  gusto,  che  minacciava  l'Italia. 

(6)  Veggasi  Proposta,  T.  I,  pag.  xxxi,  e  Venturi,  T.  I,  pag.  9. 


284 

Restano  le  animose  frasi ,  e  gli  insolenti  sarcasmi  contro  il  gran- 
d' Epico;  quello,  che  superò  Virgilio  ed  Omero  nell'ordine;  che  li  emulò 
nei  caratteri;  ed  a  cui  fu  dato,  sopra  a  tutti  i  poeti  del  mondo,  di 
riunire  in  Clorinda  quanto  gli  uomini  han  più  di  soave,  tremendo,  ed 
arcano,  l'Amore,  la  Religione,  e  la  Morte. 

E  da  questo  ancora  difendere  il  Galileo  si  potrebbe,  risalendo  all'o- 
rigine vera.  Essa  fu  il  dispetto  e  lo  sdegno,  pel  disprezzo  dal  Tasso  mo- 
strato verso  i  Poeti  (7)  Toscani,  in  una  stanza  poco  nota,  e  che  savia- 
mente poi  tolse  dalla  Gerusalemme.  Non  per  questo  assolvere  lo  voglio: 
e  concedo  di  buon  animo  ch'egli  pagasse  in  quelle  Considerazioni  un  tri- 
buto all'umana  natura  . 

Verso  la  fine  del  i5<j3,  riverito  giungeva  ed  acclamato  alla  nuova 
sua  cattedra  . 

Rapidamente,  (perchè  i  più  felici  della  sua  vita)  per  lui  passa- 
rono gli  anni,  nei  quali  a  Padova  si  trattenne,  insegnando,  facendo 
esperienze,  scrivendo.  I  Trattati  di  Fortificazione  dettati  a  richiesta 
della  Veneta  Repubblica;  indi  quelli  di  Meccanica,  di  Gnomonica  e  di 
Sfera,   non   furono  che  preludj. 

Ben  altro  ritrovato  fu  quello,  dell' Istrumento,  con  cui  distinguere 
e  indicare  i  più  piccoli  gradi  delle  mutazioni  di  caldo  e  di  freddo;  e  del- 
l'invenzione  del  Compasso  Geometrico;  e  quello  d'armare  la  Calamita: 
ma  non  basta.  Occhio  più  acuto  della  lince,  e  ingegno  più  che  umano  si 
richiedea  quando  nel  160 f\,  all'apparire  di  nuova  stella,  nella  Costella- 
zione del  Serpentario,  la  mostrò  fuori  della  regione  elementare  (contro 
l'Aristotelica  dottrina  )  e  molto  al  di  là  dei  Pianeti  (8).  Queste  utili, 
mirabili,  e  imprevedute  scoperte  accrescevano  ogni  giorno  più  verso  di 
lui  la  slima,  la  venerazione,  il  rispetto. 

I  Principi  della  Veneta  Repubblica  non  solo,  ma  molti  e  molti  fra 
gli  stranieri,  si  conducevano  ad  udirlo;  e  presi  mostravansi  da  straordi- 
nario  incauto,    allorché  disceso  dalla  maestà   della  cattedra,  dove  per- 


(7)  È  la  Stanza,  che  comincia  :  E  ciò  sarà  ne'  secoli  maligni,  che  può  vedersi 
fra  le  rifiutate  del  Canto  XV. 

(8)  Viviani.  Sì  noti  che  non  intendo  di  render  conto  di  quanto  fece  il  Galileo 
rispetto  alle  Scienze,  che  coltivò:  molto  meno  di  farne  un  Elogio:  ma  di  accennare  le 
principali  scoperte,  ugualmente  che  i  fatti  più  memorabili  della  sua  vita,  e  quelli  spe- 
cialmente più  adattati  alla  circostanza . 


285 

messo  non  era  che  il  linguaggio  trionfale  dei  Latini,  s'interteneva  co'  suoi 
discepoli  nella  canora  lingua  dell'Arno. 

Ed  in  questa,  colla  occasione  di  esporre  i  proprj  pensamenti  in  giu- 
ste, chiare,  precise,  e  ben  accomodate  parole,  si  aprì  la  via  per  creare 
il  vero  linguaggio  della  scienza;  linguaggio,  che  usato  ed  accresciuto 
da'  suoi  famosi  discepoli,  serve  anch'oggi  di  modello  per  le  varie  tratta- 
zioni dei  dotti  . 

E  in  ciò  gli  furono  sommamente  d'ajato  gli  stud]  letterarj,  che  tanto 

facilmente  si  trascurano  da  chi  alle  lettere  per  professione  non  si  dedica; 
ma  che  tanto  giovarono  e  giovano  sempre  anche  alle  scienze  più  gravi, 
come  non  pochi  tra  ^  oi  ne  han  dato  in  Italia  l'esempio. 

Né  parlerò  della  censura  e  dell'insolenza  del  Capra,  che  a  sé  volea 
trasferire  l'invenzione  del  Compasso  Geometrico:  essendone  rimasto 
l'impostore  colla  vergogna  e  le  beffe. 

E  vero  che  dolente  se  ne  mostrò  da  prima  il  grand' uomo;  e  che  ne 
versò  nelle  carte  il  rammarico:  ma  dovè  poi  riflettere  che  questa  è  la 
crudele  ma  necessaria  condizione,  a  cui  debbano  assoggettarsi  le  grandi 
aniuie:  d'esser  cioò  tutte  fuoco,  per  esalar  le  fiamme  negli  scritti;  e  mo- 
strarsi di  gelo  alle  insolenze,  ed  ai  pomposi  sofismi  dei  tristi ,  Fortunati 
quegli  uomini,  che  han  la  forza  di  modificar  la  loro  natura! 

Tante  mirabili  scoperte,  tante  osservazioni,  tanti  studj  avevano  già 
di  che  dar  nome  ad  una  schiera  di  matematici,  non  che  ad  uno  solo;  al- 
lorché s'intese  da  un  capo  all'altro  d'Europa,  annunziare  la  scoperta 
più  stupenda,  come  anche  la  più  incredibile.  Ed  eccone,  in  parole  bre- 
vissime, il  modo. 

Udì  per  caso  il  Galileo,  che  da  un  Olandese,  riuniti  insieme  due 
vetri,  guardando  ad  essi  per  traverso,  si  eran  vedute  ravvicinare  le  di- 
stanze. Com'è  solito  degli  spiriti  eminenti,  d'indagar  le  naturali  cagioni 
di  effetti  straordinarj ,  medita  la  notte  su  quella  notizia;  nel  giorno  di 
poi  compone  l'istrumenlo:  nei  cinque  seguenti  lo  perfeziona;  e  nel  set- 
timo lo  arreca  trionfante  in  ^  enezia. 

Ed  in  vero  qual  città  riguardarsi  potea  come  più  degna  di  offrire  ai 
cristalli  (che  forzavano  gli  oggetti  ad  avvicinarsi)  le  sue  lontane  e 
disparate  maraviglie?  Dall'alto  del  campanile  di  S.  Marco  (al  mover 
del  magico  tubo,  che  or  di  qua,  or  di  là  s'aggirava)  e  i  Marmorei 
Murazzi  opera  degna  di  Roma;  e  il  Lido  colle  navi  prossime  a  posarsi, 
o  pronte  a   far  vela;  e  l'incresparsi    della  marina,  e  il  Sol  che  tremo- 


286 

landò  vi  brilla;  e  le  sparse    isolette   d'intorno  e  le  barche    sempre  in  i 

molo    che  loi*  fanno    corona;   con  ammirazione  tutta    nuova   e  sempre  r 

crescente,  venivano  a  posarsi  nell'orbita  del  doppio  cristallo:  finché, 
volgendolo  più  da  vicino,  vi  trionfavano  i  portenti  della  Italica  Ar- 
chitettura, che  nella  bella  Vinegia  vince  si  spesso  la  Greca. 

Stupivano  e  dotti  ed    indotti,  e  Senatori  e  Cittadini:  e    plaudiva  | 

la  moltitudine,  che  al  suo  discendere  dalla  sacra  torre,  lo  riguardava 
poco  meno,  che  una  Divinità. 

Ma  che  sono  le  maraviglie  della  terra,  di  contro  a  quelle  del  eie-  , 

lo?  Volge  il  suo  strumento  alla  Luna?  e  la  riconosce  di  superficie  in-  ' 

eguale,  piena  di  prominenze,  come  di  cavità,  a  somiglianza  della  terra. 
Scorre  la  via  lattea,  e  le  nebulose?  e  le  scopre  una  congerie  di  stelle 
fisse.  Altre  innumerabili  ne  discerne  incognite  e  sparse  per  l'immenso 
azzurro  del  cielo:  Saturno  gli  appar  tricorporeo.  Venere  falcata;  finché 
arrestandosi  all'Astro,  dove  l'Alighieri  pose  quei  beati  spiriti,  che 

giù,  prima 

Che  salissero  al  del  far  di  gran  voce. 
Sì  di  ogni  Musa  ne  sarebbe  opima  : 
«l'osservò  corteggiato  da  quattro  stelle,  che  gli  si  aggiravano  (9)  in- 
cc  torno,  per  orbi    determinati  e  distinti  m;  stelle,    che    dimenticando, 
come  fan  le  grandi  anime,  l'ingiuria  ricevuta  nella  sua  ritirata  da  Pisa, 
chiamò  con  eterna  fama  Pianeti  Medicei. 

Scossa  l'Europa  intera  all'annunzio  di  tante  novità;  chi  da  primo 
v'ebbe  ripugnanza;  chi  restò   nell'incertezza;  chi  cauto  apparse  a  con-  m 

tradirle    con  iscritture  private;    chi    temerario  insorse    con  pubbliche;  ^M 

chiamando  sogni,  delirj  e  vanità,   quanto  poi  credere   dovettero  senza  ^H 

restrizione,  confusi,  e  spinti  dalla  forza  di  ripetute  esperienze. 

Ma  perchè  l'ostinazione  sormonta  spesse  volte  anco  l'evidenza  più 
manifesta;  non  mancò  taluno,  che  per  negar  l'esistenza  di  quello  che 
gli  altri  vedevano,  ricusò  di  guardare.  A  questo  tempo  appartiene  l'in- 
venzione anco  del  Microscopio. 

Dato  a  quelle  stelle  il  nome  di  Medicee;  e  dedicato  a  Cosimo  II 
il  Nunzio  Sidereo,  che  ne  descrivea  la  scoperta  ed  i  movimenti;  ragion 
voleva  che  si  cercasse  di  riparare  all'antico  fallo;  e  si  richiamasse  in 
Toscana  il  grand' uomo.  Glie  ne  fu  dunque  inviata  l'offerta. 

(9)  Viviani. 


287 

Da  ornai  diclolto  anni  riguardalo  egli  era  come  l'onore  della  Pa- 
dovana Università,  come  decoro  delle  Scienze,  come  cittadino  della 
Veneta  Repubblica,  che  lo  teneva  per  figlio. 

Ma,  l'aura  che  si  è  respirata  nella  nostra  infanzia:  gli  oggetti  che 
per  la  prima  volta  si  offersero  ai  nostri  occhi;  i  suoni  che  primi  feri- 
rono i  nostri  orecchi,  ritornandoci  di  tempo  in  tempo  a  memoria, 
talmente  il  cuore  n'accendono  di  affetto  perla  terra  natale,  che  presi 
ci  sentiamo  e  trascinali  da  irresistibile  incanto.  Stabili  dunque  d'ac- 
cettarne l'offerta,    e  consapevoli  ne  fece  gli  amici. 

Invano  vin  uomo  savissimo,  del  quale  nei  primi  suoi  anni  era  stato 
precettore,  Francesco  Sagredo  patrizio,  cercò  distoglierlo,  essendo,  gli 
scrivea,  le  cose  niLos>e  incerte  e  dubbiose:  aggiungendogli  nell'effusione 
del  cuore,  che  nel  mar  tempestoso,  ch'egli  andava  a  percorrere,  nes- 
suno ce  polca  promettersi  di  non  essere  dai  furiosi  venti  dell' emulazio- 
«  ne,  travagliato  almeno  se  non  sommerso  (io)  w.  Parole  sventurata- 
mente profetiche;  ma  come  quelle  della  finta  Cassandra,  per  fatalità 
non  credute. 

Ed  ahi!  quante  volte  il  Filosofo  dovè  poi  ridursele  a  mente;  e 
sull'Arno  invidiare  la  Brenta;  e  nella  solitudine  di  Arcetri  rammentar 
l'attenzione  dei  discepoli,  e  la  frequenza  della  moltitudine,  e  l'ambi- 
zione dei  Principi  stessi,  che  viaggiando  in  Europa,  non  dimentica van 
mai  di  scendere  a  Padova,  per  istringere  quella  mano,  la  quale  avea 
fabbricato  gli  strumenti,  che  rivelavano  i  segreti  del  cielo  (n). 

Altamente  della  sua  partenza  e  si  adontarono  e  si  dolsero  i  Vene- 
ziani: che  tre  sentimenti  diversi  di  cordoglio  si  riunivano  in  loro:  l'a- 
marezza d'essere  abbandonali:  il  dispetto  d'esser  posposti:  la  certezza, 
o  il  timore  almeno,  che  avrebbe  in  patria  incontrato  la  sorte  di  Dante, 
o  di  Michelangelo:  di  INIichelangelo,  io  dico,  il  cai  mirabil  Davidde,  ap- 
pena scoperto,  e  biasimalo  dagl'invidiosi,  fu  fatto  segno  ai  sassi  della 
moltitudine  folle  ed  ignara:  obbrobrio  poco  noto,  ma  non  però  meno 
vero  (12). 

Larghe  furono  le  condizioni,  colle  quali  fu  richiamalo   in  Firenze 


(10)  Nelli,  pag.  266. 

(11)  Nelli,  e  Viviani. 

(12)  Si  trova  la  narrazione  di  questo  fatto  al  Voi.  VI,  anno  1504,  delle  Storie 
Fiorentine  di  3Iarco  Parenti  MSS,  nella  Magliabecliiana . 


2S8 

il  gran  Filosofo:  molte  le   accoglienze,  precedute  dal  donativi:   che  il 
Granduca  Cosimo  II  era  d'indole  benigna,  e  lo  riveriva  ed  amava. 

E  nell'afFetto  e  nella  stima  concorreva  Curzio  Picchena,  che  reg- 
geva i  pubblici  affari,  uomo  di  Stato  e  di  Lettere,  non  geloso  della  sua 
gloria:  e  la  Barbara  degli  Albizzi,  che  colla  avvenenza  della  persona  e 
colle  grazie,  compensava  la  mediocrità  del  poetico  ingegno:  e  il  Cieco 
Strozzi  elegante  e  puro  scrittore:  e  il  Rinuccini  valentissimo  nella  Lirica 
drammatica;  i  quali  tutti  fecero  a  gara  per  accarezzarlo  ed  applaudirlo. 
Parvero  dunque  in  Firenze  riaperti  al  suo  giungere  i  giardini  di 
Academo.  Nuovo  Platone  ei  presedeva  ai  banchetti;  e  alle  giovani  donne 
insegnava  come  adornare  lo  spirito:  agli  studiosi  di  filosofia  come  cercar 
la  verità  coli' esame:  ai  pittori,  come  dirigere  la  composizione  e  armo- 
nizzare il  colorito:  ai  poeti  ripeteva  che  lo  stile  è  arte,  né  vi  ha  poesia 
senza  stile:  agli  oratori  che  vana  è  la  facondia,  senza  la  chiarezza  e  la 
forza:  ai  musici,  che  le  note  accompagnar  debbono  e  non  dirigere  l'e- 
spressione della  parola:  mentre  avvolte  nelle  paterne  melodie  godeva  di 
udire  da' suoi  discepoli  le  grandi  scene  della  Divina  Commedia:  sicché  ac- 
compagnate dalla  musica,  più  grandi  e  maestose  apparivano  e  l'efferata 
disperazione  di  Ugolino,  la  profonda  querimonia  di  Pier  delle  Vigne,  e 
il  melanconico  e  direi  quasi  soave  dolor  di  Francesca  (i3). 

Tacquero  almeno  per  poco,  e  per  poco  dal  macchinar  si  ristettero 
gli  emuli  suoi:  lasciarono  che,  preceduto  da  molta  fama  nel  seguente 
anno  a  Roma  si  conducesse;  che  con  molto  favore  vi  dimostrasse  le  sue 
scoperte;  che  i  più  increduli  si  ricredessero;  che  con  onori  grandissimi 
ricevuto  fosse  tra  i  Lincei:  e  per  maggior  trionfo,  che  il  Cardinal  Bar- 
berini scrivesse  versi  latini  in  sua  lode  (i4)'  Ma  tutto  ciò  che  gli  valse? 
Gli  antichi,  che  avvolsero  le  morali  verità  nelle  vesti  della  Favola,  ben 
avrebbero  potuto  attribuire  i  cento  occhi  di  Argo  all'Invidia.  Essa  ve- 
glia sempre,  né  si  addormenta  giammai. 

Non  fu  appena  tornato  a  Firenze,  dove  fece  pubblico  il  suo  Di- 
scorso, ce  intorno  alle  cose,  che  stanno  sull'acqua,  o  che  in  quella  si  mo- 
cc  vono>i;  che  già  era  preparata  la  guerra:  le  armi  apprestate  e  scelti  i 
capitani;  e  (  poiché  la  guerra  era  a  parole  )  pronta  la  moltitudine  ad  ac- 
correre e  schiamazzare,  come  gli  augelli  notturni  all'annunziarsi  del  Sole  . 


(13)  Vincenzo  avea  posti  que' luoghi  in  musica. 

(14)  Trovansi  nell'edizione  di  Bologna,  e  nel  Venturi,  T.  II,  pag.   81. 


289 

Primo  fu  col  suo  libercolo  un  Corresio  greco  :  a  lui  succedette  un 
lungo  discorso  apologetico  d'un  Lodovico  delle  Colombe:  e  al  delle  Co- 
lombe venner  dietro  non  meno  nojose  considerazioni  d'un  Vincenzo  di 
Grazia  . 

Delle  Colombe  !  Vincenzo  di  Grazia  !  Corresio!  Trovasi  alcuno  tra 
Voi  che  abbia  studiato  i  loro  scritti?  che  abbia  in  memoria  uno  solo  dei 
loro  argomenti?  anzi  che  si  sovvenga  pur,  dove  stampati  furono  la  prima 
volta  i  nojosi  ed  insolenti  lor  libriciattoli?  Ebbene,  erano  essi  gli  osti- 
nati persecutori  del  grand'  uomo  .  Misera  condizione  degli  spiriti  emi- 
nenti !  Cotesti  sciagurati  eran  pure  uditi,  applauditi  e  protetti!  E  prova 
ne  sia,  che  un  più  sciagurato  di  loro,  detto  per  ischerno  Pippione, 
dettate  avendo  le  sue  stoltezze  in  latino  ,  furono  immantinente  non  so, 
se  con  istoltezza  o  iniquità  maggiore,  tradotte  in  italiano:  e  da  chi?  da 
un  tal  Monsignor  d'Elei,  Provveditore  indegno  di  questa  Università.  E 
come  se  piccola  fosse  stata  tanta  vergogna,  ei  ne  offrì  la  dedica  alla  Gran- 
duchessa Maddalena,  che  l'accettò  . 

Questo  dovea  mostrare  al  Galileo  quale  avvenire  gli  sovrastava  ;  ma 
sventuratamente  era  tardi . 

Rispose  alle  opposizioni  il  Padre  Castelli,  stato  già  suo  discepolo: 
vi  aggiunse  il  Filosofo  le  sue  postille:  le  ragioni  erano  evidenti:  la  ve- 
rità trionfante;  ma  che  valse  ella  mai,  contro  gli  od],  la  rabbia  e  la 
malignità? 

Or  contro  gli  od]  e  la  malignità;  contro  l'ira,  che  deriva,  o  derivar 
può  molte  volte  da  falsi  supposti,  e  da  mal  riferiti  giudizj  ;  con  ragio- 
ne, dai  Savj  dell'Alemagna  istituite  furono  queste  annuali  Scientifiche 
Radunanze;  di  cui  date  oggi,  o  Signori,  nella  città  nostra  per  la  prima 
volta  l'esempio.  Così  gli  uomini  fra  loro  avvicinandosi,  e  la  mano  strin- 
gendosi, e  perdonandosi  scambievolmente  i  difetti ,  pur  troppo  inerenti 
all'umana  natura,  sembra  che  (  posando  il  piede  nella  terra  eletta  all'a- 
raichevol  consorzio  )  seco  portino  la  condizione  di  tributare  la  stima 
debita  all'opere,  dove  i  pregi  superano  i  difetti;  e  rendere  alta  e  generosa 
giustizia,  dovunque  apparisca  il  sapere  ed  il  merito. 

Abbastanza  l' Italia  grandi  e  moltiplici  esempj  ebbe  ornai  del  con- 
trario !  Le  indagini,  le  ricerche,  le  osservazioni,  gli  utili  ritrovati,  e 
quanto  in  una  parola  forma  lo  scopo  delle  scienze  tutte,  da  qui  avanti  ot- 
tener dovrà  quella  dovuta  porzione  di  lode;  che  la  malevolenza  bastò 
per  contrastar  tante  volte! 

37 


290 

Quanto  minor  numero  di  letterarie  ingiustizie  nella  storia  si  legge- 
rebbe, se  più  antico  principio  avesse  avuto  questa  benefica  istituzione! 
Quanti  meno  dolori  avrebbero  ricevuto  le  anime  troppo  delicate,  offese 
da  ingiuste  ed   aspre  censure;   non  sapendo,  come  un  vecchio  soldato, 
sostener  animosi  nelle  guance  il  ribrezzo  della  bufera. 

E  poiché  (  come  Tullio  insegnava,  e  il  Galileo  dava  l'esempio  )  le 
Arti,  le  Scienze  e  le  Lettere  hanno  un  tal  qual  vincolo  di  cognazione  fra 
loro;  non  si  sarebbero  in  Italia  vedute  le  scandalose  dicerìe  del  Castel- 
vetro  e  del  Caro:  il  Mecenate  dell'Ariosto,  temendo  un  pronto  e  severo 
giudizio,  attentato  non  si  sarebbe  di  balestrare  quel  turpissimo  scherno  : 
gì'  Infarinati  e  gl'Inferrigni  avrebbero  assai  riflettuto,  innanzi  di  chiamar 
la  Gerusalemme  un  dormentorio  di  frati:  il  Bettinelli  ver^oanato  si  sa- 
rebbe  di  scrivere  le  Virgiliane,  il  Mollo  la  parodìa  dell'Alfieri  :  e  taccio 
di  altre  ingiustizie  a  noi  più  prossime,  per  risalire  al  delle  Colombe,  al 
Corresio  e  al  di  Grazia,  che  in  mezzo  di  Voi,  non  che  insorgere  contro 
un  Galileo,  non  avrebbero  osato  d'alzar  le  palpebre. 

Così  non  avveniva  in  quei  tempi  infelici:  e  dietro  ad  essi,  si  accre- 
sceva ogni  giorno  il  numero  de'  suoi  nemici  e  contradittori .  Vennero 
quindi  in  campo  e  un  Pomorance  professore  di  filosofia,  e  un  Paparoni 
di  fisica,  nomi  dimenticati,  disprezzati,  sepolti:  veri  Lilliputti  attorno 
ai  pie  d'un  gigante.  L'iniquità  solo  dei  tempi  obbligar  poteva  il  grand'uo- 
mo  a  udire  le  loro  ciance,  e  condannarlo  a  ribatterle. 

Ma  perchè  dovesse  prostrar  l'animo  a  queste  ree  controversie;  non 
tralasciava  di  cercar  sempre,  e  di  ottenere  nuovi  resultati  dalle  antiche 
scoperte,  come  d'indagarne  delle  nuove. 

Trovò  dunque  verso  questo  tempo,  che  delle  macchie  apparivano 
nel  Sole,  e  ne  scrisse:  inventò  poscia  un  nuovo  Occhiale  per  la  naviga- 
zione: come  per  essa,  investigato  avendo  varj  accidenti  nei  Pianetini  di 
Giove,  si  propose  di  applicarli  a  determinare  le  Longitudini  :  scoperta 
immensa  ed  inapprezzabile:  le  cui  Tavole  continuate  non  poterono  da 
lui  condursi  a  termine;  ma,  coH'ajuto  di  chi  venne  di  poi,  servirono  fino 
allo  scorso  secolo  di  norma  e  d'ajuto  ai  navigatori  . 

Le  censure  però  sulle  Galleggianti,  e  altri  che  susseguirono  sulle 
macchie  Solari,  non  eran  che  i  primi  principj  della  guerra,  la  quale  a 
morte  omai  dichiarala  gli  avevano  i  suoi  crudeli  nemici  . 

Udendo  essi  come  disputava  sovente  sul  Sistema  Copernicano;  sa- 
pendo che  fino  da  Padova   ne  aveva   scritto  al  Keplero  e  al   Mazzoni; 


l 


29i 

fidati  nel  senso  letterale  delle  sacre  Scritture,  pensarono  d'aver  trovato 
la  via  di  ruinarlo  ;  né  s'ingannarono  . 

Cominciò  il  Padre  Caccini,che  dal  sacro  pergamo  (  da  cui  non  debbe 
annunziarsi  che  la  divina  parola  )  osò  designarlo  con  insolenza.  Il  Galileo 
n'ebbe  scuse  dal  Generale  dell'Ordine  (i5):  né  d'altro  si  parlò  per  allora. 
Ma  quando  egli  scrisse  una  Lettera  al  Padre  Castelli,  e  due  quindi  a 
Monsignor  Dini  sul  Sistema  Copernicano  (16);  e  quando  poi  fece  pubblica 
l'altra  famosa  a  Madama  Cristina:  lacerandola  e  dilaniandola  i  suoi  ne- 
mici, egli  credè  bene  di  sottoporre  le  sue  dottrine  alla  Censura  Roma- 
na (17),  che  per  mezzo  del  Cardinal  Bellarmino  gli  fece  rispondere,  e 
n'ebbe  carta  da  lui  sottoscritta,  che  la  Dottrina  Copernicana  non  polca 
ne  tenersi,  tic  difendersi .  Ciò  avveniva  ai  tempi  di  Paolo  V. 

Voi,  tutto  questo  sapete:  come  sapete  ugualmente,  che  nel  \Gif\ 
passando  il  Cardinale  HohenzoUer  di  Firenze  (18),  gli  fece  intendere  che 
il  Cardinal  Barberini,  «  assunto  alla  tiara  sotto   il  nome  di  Urbano  Vili, 

(15)  Il  Padre  Maraffi,  Generale  dei  Domenicani,  scrisse  al  Galileo  ne'  10  Gen- 
najo  1615:  «  Dello  scandolo  seguito  ho  inteso  infinito  disgusto,  e  tanto  più  che  l'au- 
€  tore  n'è  slato  un  frate  della  mia  religione;  perchè,  per  mia  disgrazia,  sto  a  parte 
€  di  tutte  le  bestialità  che  posson  fare  e  che  fanno  trenta  o  quaranta  mila  frati.  An- 
«  Cora  che  io  sapessi  la  qualità  dell'uomo  attissimo  a  essere  smosso,  e  le  condizioni  di 
«  chi  l'ha  forse  persuaso,  ad  ogni  modo  non  avrei  creduto  tanta  pazzia  »  ec.  Venturi, 
T.  I.  pag.  219. 

(16)  Monsignor  Ciampoli  cosi  scriveva  al  Galileo,  nei  28  Febbrajo  1613:  «Il 
«  Cardinal  Barberini  (poi  Urbano  Vili)  il  quale,  com'ella  sa  per  esperienza  ha  sempre 
€  ammirato  il  suo  valore,  mi  diceva  jerisera  che  stimerebbe  in  queste  opinioni  maggior 
€  cautela  il  non  uscire  dalle  ragioni  di  Tolomeo,  o  del  Copernico,  o  finalmente  che  non 
e  eccedessero  i  limiti  fisici,  o  matematici  »  ec. 

E  Monsignor  Din!  gli  rispose;  a  II  Signor  Cardinal  Bellarmino  mi  disse  sponla- 
€  neamente  queste  parole:  Delle  cose  del  Signor  Galileo  non  sento  che  se  ne  parli  più: 
«  e  s'egli  seguiterà  a  farlo  come  malemaUco ,  spero  non  gli  sarà  dato  fastidio  .... 
ib.  pag.  220-21. 

(17)  Veggasi  per  tutta  la  storia  di  questi  avvenimenti  preliminari  il  Venturi 
T.  I.  pag.  257  e  segg. ,  premettendo  per  altro  (  ib.  pag.  220  )  che  il  Ciampoli  scrisse 
al  Galileo  ne'  21  Marzo ,  anno  stesso  :  a  Sono  stato  questa  mattina  con  Monsignor  Dini 
€  dal  Sig.  Cardinale  del  Monte,  il  quale  la  stima  singolarmente  e  le  mostra  affetto 
«  straordinario.  S.  S.  Illustrissima  diceva  di  averne  tenuto  lungo  ragionamento  col  Si- 
«  gnor  Cardinal  Bellarmino,  e  ci  concludeva,  che  quando  ella  tratterà  del  Sistema 
«  Copernicano ,  e  delle  sue  dimostrazioni  (  senza  entrare  nelle  Scritture  .  .  .  .  )  non  ci 
«  dovià  essere  contrarietà  veruna  »  ec. 

(18)  Venturi,  T.  II,  p.  178. 


292 

c<  grandissima  venerazione  portava  alla  memoria  di  Niccolò  Copernico»: 
e  gli  aggiunse,  avere  lo  stesso  Pontefice  (  cosa  confermatagli  poi  dal  P. 
Castelli  (19)  )  pronunziato  circa  la  condanna  dell'opinione  Copernicana 
queste  solenni  parole  :  «Non  fu  mai  nostra  intenzione:  e  se  fosse  toccato 
ce  a  noi,  non  si  sarebbe  fatto  quel  Decreto  ». 

Affidatosi  a  tali  notizie,  il  Galileo  prese  a  scrivere  i  Dialoghi  celebri 
sul  sistema  del  mondo,  che  prima  riveduti  e  approvati;  e  quindi  condan- 
nati e  proscritti  lo  involsero  in  un  mar  di  sventure  , 

Le  minute  particolarità  di  quella  controversia  dolorosa  sono  più 
proprie  del  Biografo  (20),  che  dell'Oratore:  ma  fermandomi  sui  resultati, 
mi  basterà  di  stabilire  due  grandi  verità;  per  le  quali  soffrite  che  invochi 
tutta  la  vostra  attenzione  . 

La  prima  si  è,  che  (  quantunque  il  Galileo  persuaso  fosse  della  verità 
del  Sistema  Copernicano)  considerando  l'infelicità  de' tempi  suoi  nell'u- 
niversale ignoranza;  non  avendo  in  mano  la  forza  per  costringere  le 
menti,  ma  sperando  che  i  progressi  delle  nozioni  astronomiche  avrebbero 
mostrato  la  fallacia  delle  opinioni  di  Tolomeo;  riflettendo  in  fine,  che 
non  trattavasi  d'una  dottrina,  da  cui  derivasse  un  grande  assioma  di 
morale,  né  da  cui  dipendesse  il  ben  essere  degli  uomini  :  savio  com'era, 
non  prese  mai  a  sostenere  e  difendere  la  Dottrina  Copernicana  come 
tesi,  ma  ne  trattò  come  ipotesi  sempre.  E  questo  è  un  fatto  impugna- 
bile, perchè  si  prova  non  già  con  deduzione  di  argomenti  lontani,  o  in- 
certi ;  ma  coli' espressione  chiara  e  semplice  delle  sue  stesse  parole  . 

E  queste  furono,  (  nella  Prefazione  dei  Dialoghi  )  che  intende  di 
procedere  in  pura  ipotesi  matematica  :  e  nella  Lettera,  ch'egli  scrisse  al 
Maestro  del  Sacro  Palazzo;  quando  sottopose  il  suo  MS.  alla  Romana 
censura  «  d'esser  pronto  a  nominar  quei  pensieri  col  titolo  di  chimere, 
et  sogni,  paralogismi,  e  vane  fantasie:  rimettendo  e  sottoponendo  tutto 
ce  all'assoluta  sapienza  e  certa  dottrina  delle  scienze  superiori  »  (21)- 

Dopo  la  qual  dichiarazione,  altamente  proclamata  innanzi  la  pub- 
blicazione dei  Dialoghi,  e  che  fu  l'ultima,  prima  della  sua  chiamata  in 
Roma;  nessuno,  che  abbia  sano  intelletto,  potrà  mai  asserire,  e  mollo  più 

(19)  Venturi,  Tom.  II,  pag.  115. 

(20)  Se  avrò  tempo  e  vita  mi  propongo  di  scrivere  un  Saggio  sulla  Vita  civile 
di  Galileo.  Per  ora  mi  limito  a  rimettere  i  miei  lettori  ai  Documenti  pubblicati  dal 
Venturi,  T.  II,  pag.  110  a  200. 

(21)  Venturi,  T.  II,  pag.  115. 


295 

accagionare  potrà  la  bell'anima,  e  l'ingenuo  carattere  del  Galileo,  d'es- 
sersi disdetto;  molto  meno  d'avere  abiurato:  perchè  uno  disdiisi  non 
può  di  quello  che  non  ha  mai  detto,  né  abiurare  una  dottrina,  che  non 
ha  mai  sostenuta .  Sì  lascino  dunque  queste  frasi  al  volgo  indotto;  o  alla 
gran  moltitudine  dei  dotti  volgari;  che  le  storie  non  leggon  col  senno, 
ma  ne  sfiorano  cogli  occhi  la  superficie  .  Quando  fu  chiamato  in  Roma 
dinanzi  al  Tribunale  Ecclesiastico  (  a  render  conto  più  dell'intenzio- 
ne (22),  che  del  senso  letterale  de'  Dialoghi  )  ripetendo  egli  che  inten- 
deva di  essere,  e  voler  continuare  ad  esser  cattolico  (20);  non  diede  che 
una  più  esplicita  conferma  di  quanto  aveva  protestato,  e  protestava  ;  di 
non  aver  cioè  mai  «  asserito  vero  il  Sistema  Copernicano,  ma  d'averne 
«  sol  disputato  33. 

L'altra  verità,  non  meno  importante,  si  è,  che  i  Dialoghi  furono  il 
pretesto,  non  la  causa  delle  sue  sventure.  La  causa  segreta  fu  un'atroce 
calunnia,  falsamente  appostagli,  e  creduta  vera.  Sicché  non  al  Sistema 
Copernicano,  ma  alla  perfidia  de'  suoi  nemici  si  debbe  imputar  quanto 
avvenne  . 

La  querela  non  insorse  tra  il  Filosofo  e  la  Chiesa,  che  non  ha  mai 
condannato  il  Sistema  Copernicano ,  (  perchè  l' Inquisizione  non  è  la 
Chiesa,  né  i  suoi  decreti  son  dogmi)  ma  tra  il  Galileo  calunniato  e  l'uomo 
potentissimo,  a  cui  si  fece  credere  d'essere  stato  offeso;  d'esserlo  stato 
indegnamente,  con  ingratitudine  (perchè  Urbano  Vili  lo  avea  beneficato, 
e  scritto  in  sua  lode  ):  d'esserlo  stato  nel  più  vivo  dell'animo,  col  dispre- 


(22)  Ecco  le  parole  originali  del  Decreto  :  a  Cura  vero  nobis  videretur ,  non  esse 
€  a  te  integram  veritatem  pronunciatam  circa  tuam  intentionem.  .  .  .  d 

(23)  Prosegue  il  Decreto:  «  Judicavimus  necesse  esse  venire  ad  examen  rigoro- 
«  sum  tui  .  .  .  .  in  quo  respondisti  Catholice  »  . 

E  il  Bonamici  nella  sua  Relazione,  clie  il  Venturi  riporta  (  T.  II,  pag.  178  ) 
scrive  a  Hanno  fatto  andare  il  Galileo  nella  Congregazione  del  S.  Ufizio,  ed  abjurare 
«  formalmente  l'opinione  di  Copernico,  ancorché  egli  non  ne  avesse  bisogno;  poiché 
0  non  l'asseriva,  ma  disputava .  Vedendosi  il  Galileo  astringere  a  quello  ,  che  non  avria 
a  mai  creduto  ....  supplicò  i  Cardinali ....  che  eccettuassero  due  punti ,  e  poi  faces- 
a  sero  dirgli  quanto  volevano.  L'uno,  che  non  facessero  dirgli  di  non  esser  cattolico, 
«  perché  era  e  voleva  esser  tale  a  dispetto  di  tutto  il  mondo;  l'altro,  che  non  poteva 
«  dire  di  avere  ingannato  nessuno,  e  specialmente  nella  pubblicazione  del  suo  libro,  il 
«  quale  aveva  sottoposto  alle  censure  ecclesiastiche,  e  conforme  all' approvazione,  fattolo 
«  stampare  »  ec. 


294 

glo  e  lo  scherno,  designandolo  nei  Dialoghi  sotto  il  personaggio  di  Sim- 
plicio (24). 

Le  calunnie  ,  anche  trionfantemente  ribattute ,  lascian  sempre  la 
margine  della  ferita:  ma  quando  ribatter  non  si  possono,  che  con  una 
semplice  denegazione  (  per  lo  più  non  creduta  )  mantengono  la  ferita 
sanguinosa  e  palpitante  sino  alla  morte  (^5)  . 

Ciò  posto,  e  considerate  le  umane  condizioni  a  quell'età,  si  com- 
prende come  insorger  doveva  contro  di  lui  cosi  furiosa  tempesta .  Si 
cercarono  i  modi  tutti  per  convincerlo  di  disubbidienza:  si  presero  i 
Dialoghi  come  fondamento  d'accusa:  si  scrutarono  a  fondo  sino  a' più 
intimi  nascondigli  delle  sue  segrete  intenzioni  (26):  e  in  quel  conflitto, 
poco  mancò  che  il  fulmine  ('27),  che  gli  ondeggiò  minaccioso  sul  capo, 
non  piombasse  a  colpire  quella   venerabile  fronte  canuta. 

Ed  era  pur  quella  fronte,  su  cui  l'Eterna  Sapienza  imposto  aveva 
la  sua  mano,  e  detto:  %a  nel  mondo,  ed  insegna. 

E  il  Newton,  e  l'Eulero  e  l'Eugenio  (per  non  parlar  dei  minori) 
sino  al  La  Place,  ed  al  Lagrange  nostro,  fanno  luminosa  testimonianza 
di  come  aveva  insegnato. 

Salvo  appena  dal  furore  di  tanta  procella;  senza  appoggio,  e  senza 
difesa;  impostogli  eterno  silenzio;  chiuse  le  labbra,  e  obbedì. 

(24)  Il  fatto  di  questa  calunnia  è  tanto  vero,  che  il  Padre  Castelli  cosi  scriveva 
al  Galileo,  il  22  Dicembre  1635;  ...  «  Ho  cominciato  a  sincerare  il  Sig.  Cardinale  An- 
«  ionio  (  e  ha  mostrato  d'averlo  avuto  caro  )  che  la  calunnia  data  a  VS.  ch'ella  nei 
a  suoi  Dialoghi  abbia  per  Simplicio  voluto  intendere  quella  Persona,  eh' è  degna  del 
«  sommo  onore,  ho  dico  sincerata  S.  E.  in  modo,  com'è  la  verità,  che  questa  calunnia 
a  è  falsissima:  ec.  »  Venturi,  T.  II,  pag.  191. 

(25)11  Papa,  sventuratamente  pel  Galileo,  credè  vera  la  calunnia.  Si  vegga  su  questo 
particolare  quanto  scrive  il  Venturi  a  p.  146  in  nota,  e  a  p.  193  e  195  del  Tomo  II.  Una 
lettera  poi  della  più  grande  importanza  trovasi  a  carte  191,  del  12  Luglio  1636,  del 
Padre  Castelli  al  Galileo,  dove  gli  dice:  a  Io  son  sicuro  che  VS.  leggerà  questa  mia  con 
«  franchezza  d'animo,  colla  quale  si  è  sempre  governata  ne' suoi  travagli.  Però  le  fo  sa- 
a  pere,  come,  dopo  aver  piìi  volte  .  .  .  sincerato  il  Cardinal  Barberini,  che  VS.  non  ha 
«  mai  avuto  pure  un  minimo  pensiero  di  offendere,  né  di  vilipendere  la  Santità  di  N.  S.... 
«  e  che  questa  macchina  de'  suoi  nemici  l'avea  trafitta  fino  all'anima  .  .  .  Jeri  mattina  il 
«  Sig.  Ambasciator  di  Francia  all'  udienza  di  Sua  Santità  fece  la  medesima  sincerazione  a 
€  N.  S.  ec.  ec.  ...Nostro  Signore  disse  queste  precise  parole:  lo  crediamo,  lo  crediamo  ». 

Dalla  qual  risposta  si  laconica  chiaramente  apparisce  che  poco  l'aveva  creduto  . 

(26)  Vedasi  sopra  nota  (22). 

(27)  Vedasi  sopra  nota  (23). 


295 

Ciò  da' suoi  nemici  oltenulo,  parea  che  cessar  dovesse  ogn'impeto 
d'ira.  Tanta  rassegnazione  e  tanta  bontà,  tanta  abnegazione  di  se  slesso 
e  tanta  pazienza,  avevano  di  che  disarmare  qualunque  collera,  ed  acque- 
tar qualunque  dispetto.  E  pure  s'infierì  nella  pena:  e  lo  sdegno  non 
si  disarmò  né  per  tempo,  né  per  casi.  In  punizione  di  colpe,  ch'egli 
era  conscio  a  se  medesimo  di  non  aver  commesse,  udì,  senz'aspettarlo, 
condannarsi  alla  rilegazione  e  all'esilio,  che  per  afflizione  maggiore, 
(poiché  in  lui  nutriva  la  speranza)  s'ingiunse  a  beneplacito,  allorché 
doveva  esser  perpetuo. 

Ma  le  tribolazioni  delle  grandi  anime  servono  sempre  di  slimolo 
alle  grandi  virtù;  le  quali  come  l'oro  nel  fuoco  si  fanno  più  risplen- 
denti e  più  pure.  Esse  ne  accompagnano  la  vita,  per  ammaestramento 
della  posterità:  esse  ne  illuminano  il  sepolcro,  come  emblema  di  quella 
luce,  che  le  circonda  in  un  mondo  migliore. 

E  dirò,  senza  timore  d'ingannarmi,  che  se  al  grand' Uomo  fosse 
mancata  questa  ultima  prova,  mancata  sarebbe  la  parte  più  splendida 
della  intemerata  sua  gloria. 

Trascorso  il  primo  istante  di  stupore;  dato  il  primo  sfogo  al  cor- 
doglio: sino  al  momento,  in  cui  piacque  all'Eterno  di  ricongiungere 
l'altissimo  spirilo  alla  parte  più  pura  del  cielo;  non  fuvvi  mese,  non 
giorno ,  non  ora  ,  in  cui  non  si  rinnovasse  la  lotta  fra  il  rigore  e  la 
sofferenza,  tra  la  durezza  e  la  magnanimità.  iSon  un  lamento  da  lui  si 
udì,  non  un'esclamazione,  non  un  sospiro:  e  ciò  dovrà  parer  più  mi- 
rabile,  quando  nuovi  eran  sempre  e  non  aspettati  i  rigori . 

Assegnatagli  la  sua  villa  d'Arcetri  per  carcere;  partendo  «  si  av- 
ce  verte,  dove  si  fermi  di  non  conversar  con    alcuno  53  (28). 

Si  fa  supplica  dopo  un  anno,  per  un  alleviamento  di  pena:  e  in  ri- 
sposta «gli  si  minaccia  un  gastigo,  se  oserà  chieder  permesso  d'uscirne". 
Vuol  di  nuovo  stampare  il  Discorso   notissimo    sulle   Galleggianti; 
e  gli  s'intima   ce  esservi  divieto  de  edilis  et  edendis,  per  lui  ». 

Sull'attestazione  di  medici  ,  gli  si  concede  di  farsi  a  Firenze  tra- 
sportare per  curarsi;  ma  non  é  appena  migliorato,  che  render  si  debbe 
al  confino.   S'invoca  la  pietà;  tutte   le  orecchie  son  sorde. 

Che  più?  quando  aggravato  dagli  anni,  dimanderà  del  Castelli, 
prediletto   discepolo,  per  comunicargli  i  suoi  pensamenti;  non  l'otterrà 

(28)  Tutte  le  particolarità  qui  accennate  possono  vedersi  nel  Nelli. 


296 

che  ce  a  condizione  di  fare  assistere  un  testimone  ai  loro  colloqiij  »:  e 
quando  sentirassi  alla  fine  de' suoi  giorni,  e  vorrà  dettare  le  sue  ultime 
volontà,  si  tenterà  d'impedirglielo! 

Tante  strettezze  e  contrasti,  e  nelle  più  lievi  cose  tante  opposizioni 
e  difficoltà,  aveano  di  che  stancare  qualunque  sofferenza,  e  vincere  ogni 
determinazione;  ma  impavido  sino  agli  estremi  sopportò  quel  lungo  e 
trionfai  martirio  della  filosofia. 

E  ciò  ,  che  debbe  accrescere  la  stima,  il  rispetto  e  la  venerazione 
per  tanto  uomo,  si  è  il  vederlo  non  intermettere  i  suoi  studj:  saper  che 
indefessamente  continuò  l'esperienze;  e  che  tornò  con  giovenile  ardore 
a  quel  mirabil  ritrovato  di  determinare  le  Longitudini  per  mezzo  dei 
Pianetini  di  Giove:  cosi  verificando,  dopo  Socrate,  Boezio  e  pochi  altri, 
la  verità  dell'antica  sentenza:  Non  esservi  spettacolo  più  sovrumano  di 
quello,  che  presenta  una  grande  anima  messa  a  contrasto  coll'avversilà. 

Parea  che  sino  al  fondo  egli  ne  avesse  vuotata  la  tazza;  ma  per  gli 
estremi  suoi  anni  rimanea  la  maggiore.  Quegli  occhi,  che  aveano  tante 
volte  interrogato  la  natura,  ed  a  cui  pressoché  sempre  ell'avea  fedel- 
mente risposto:  quegli  occhi  poco  a  poco  si  velano:  e  come  il  concerto 
d'una  musica,  che  a  grado  a  grado  dagli  orecchi  si  allontana;  lo  spetta- 
colo dell'universo  da  quelli  scomparisce  per  sempre. 

Ma  invano  è  travagliato  da  dolori  acerbissimi  per  le  membra,  sì  che 
gli  tolgono  il  sonno;  invano  gli  ardono  le  palpebre  con  insopportabil 
molestia.  Più  viva  sfolgoreggia  la  luce  della  mente,  che  ai  pochi  (  ai  quali 
è  dato  di  stargli  intorno  )  comunicava  innanzi  alla  morte  la  miglior  parte 
di  sé  . 

Ma  che  dissi?  Un  nome  vano,  e  vuoto  di  senso  è  la  morte,  per  chi 
lasciò  tanta  gloria.  Inestinguibile  come  una  stella,  la  bella  e  grande 
anima  sua,  tutta  restò  nelle  opere;  e  son  le  sembianze  in  quel  Simulacro. 
Ad  esso  dunque,  Voi  tutti,  appressatevi:  e  primi  Voi,  che  ve  ne  di- 
videste l'eredità.  Che  più  indugiate?  appressatevi.  Toccando  devoti  e 
riverenti  quel  marmo;  forse  ne  balzerà  qualche  scintilla,  che  spargerà 
nuove  fiamme  per  tutta  Italia;  alla  cui  gloria  è  consacrata  la  solennità 
di  questo  bel  giorno. 


BIOGRAFIA 


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DELLA 


PRDIA  RiniONE  DEGLI  SCIENZIATI  ITALIANI 


— =s©9ge€ 


38 


Jr  iniva  Ranieri  Cerbi  la  propria  carriera  con  uno  di  quegli  atti    su- 
blimi, che    soli  sono  suflicienti  a  segnalare  la  lode  di  tutta  la  vita,  ed 
in  gloriose  fatiche  a  prò  della   Patria    esauriva   le   languide  rimanenti 
forze  con  inaudito  coraggio.    Erano  ai    valorosi    sforzi    testimoni   tutti 
coloro  che  fiorirono  in  Pisa  il  primo  Consesso  degli  Scienziati  Italiani, 
e  questi  con  un  solo  detto  attestando  i  di  lui  meriti  faran  giudizio  che 
sarà  sanzionato  dalla  posterità.  Al  mio  cuore  che  co' doveri  di  concit- 
tadino, oltre  quelli  di  discepolo  ed  allievo,  ricorda  ancor  quei  di  col- 
lega ed  amico,  il  tentare  di    far    eco  al  giusto  elogio  che  tutta  Italia 
tributa  al  mancato  Presidente  è  ufficio  tanto  gradito  quanto  sensibile. 
Che  se  per  un  lato  il  debito  al  maestro  ed  all'amico,  mi  pone  in  dub- 
bio di  defraudarne  la  memoria    in  qualche  dovuta  lode,  per  l'altro   mi 
rinfranca  il  pensiero  che  le  opere  sue  parlano  manifestamente,  e  a  non 
tradire  il  vero  basta  che  io  mi  tenga  nei  confini  di  una  semplice  isto- 
rica  esposizione.  Vorrei  che  il  dir  mio  rilevasse ,  come  Egli  di  squisito 
gusto  fosse  dotato    per    le    cose  letterarie;    quanto    esatto    ragionatore 
nelle  scienze  apparisse,  ed  utile  all'insegnamento  della  Fisica,  e  come 
a  tanti  meriti  facesse  corona  la  più  esemplare    integrità  di  costumi  e 
di  vita.  Imperocché  della  perdita  di  sì  distinto  personaggio  le  lettere, 
le  scieme,  e  la  società  m' è  duopo  simultaneamente  compassionare. 

Nacque  Ranieri  da  Ciò.  Battista  Cerbi,  e  da  Maria  Matteini  nel- 
l'ameno villaggio  chiamato  Chiesina,  posto  alle  falde  dell'Appennino,  e 


500 

poco  distante  dalla  città  di  Plstoja,   Il   16  Luglio  1763.  La   condizione 
e  il  luogo  della  nascita   non   favorirono    l'educazione,  che   dovea  darsi 
alla  mente  del  giovine:  pure    non    sono    mai  questi  ostacoli  insupera- 
bili per  un  ingegno  che  si  ha  da  distinguere,  e  meno  lo  furono  allora 
essendo  il  buon  padre  disposto  a  valersi  della  comoda  posizione  in  che  la 
fortuna  l'avea  collocato,  e  a  non  risparmiare  spesa  per  coltivare  la  mente 
del  figlio,  che  fin  sulle  prime  agli  studj  mostrossi  pieghevole.  Saranno 
cjuelle  certamente  state    cagione  della  prima  direzione  che  gli  fu  data, 
giacché  come  porta   l'uso  comune  di  quei  genitori  campagnoli,    che   si 
sentono  mossi  da  gentil  tocco  per  l'educazione  de' figli,  videsi  il  nostro 
Ranieri  volto  alla  carriera  ecclesiastica .  Quindi  per  tempo  trovossi  Egli 
in  grado  di   abbellire  con   erudizione  la  mente,  e  di  addolcire  il  cuore 
con  sensi  di  carità;  qualità  che  sempre  dappoi  in  lui  rifulsero  eminen- 
temente. Nel    patrio    Seminario    vescovile,    che    allora    era    in  grandis- 
simo credito,  ricevè  insieme  coli' educazione  la  prima  istruzione  si  negli 
studj    dell'amena  letteratura,  che  nei    filosofici.   Mentre  in  quell'epoca 
si  andava  riformando  le  dottrine    sul    Calorico    con  vedute  più    speri- 
mentali e  meno  ipotetiche,  ed   alle  teoriche   di    Sihal  e   di   Boerahave 
si  sostituiva  le  belle  scoperte  di  Crawford,  di  Schede,  e  di  Lavoisier; 
per  quanto  fosse  la  Chimica  padrona   dello  spazioso  campo  delle  scienze 
naturali,  e    fuori    d' Ilalia    medici,   fisici,    botanici,   naturalisti  tutti  si 
occupassero   di    questioni  chimiche,  e  le    Accademie    tutte  ne  risuonas- 
sero; pure  la    nostra    Ilalia    che    aveva    anche  a  ciò  la  prima    date    le 
mosse   con    le    opere    del   Guglielmini,  del  Poli,  del  Beccari  e  di   altri 
non  partecipava  dell'entusiasmo  generale.   E   Ranieri  che   aveva  intesa 
la  mente  a  quelli  studj    che   maggior  merito    potevano   darli   nella  So- 
cietà, rivolse  alle  lettere  ogni  animo,  letterati  essendo  tutti  quelli  che 
godevano  maggiore  reputazione.  Non  lasciò  di  attendere  alla  Geometria 
e  alla   Filosofia   in  generale;   anzi  tanto  gustò    della   sublimità    dei  loro 
ragionamenti  da  invogliarsi  di  ritornare  a  quelle  appena  avesse   trovato 
modo  di  porvi  mano  estesamente.  L'opportunità  gli  si  mostrava  per  lo 
studio  della  letteratura,  e  ne  colse  il  frutto;  che  di  quanto  esso  ha  di 
bello,    soave    e  pregiabile   Egli    si    fece    esperto    conoscitore.    E  come 
allora  la  lingua  del  Lazio  era  la  parte  letteraria  a  preferenza  coltivata, 
in   quella    tanto    affinò    il    gusto    che    sommamente    slimato    ne   venne, 
non  tanto  in  quel  primo   periodo  di  vita,  quanto  nel  successivo  tempo 
finché  visse. 


501 

Questo  suo  genio  per  le  lettere  dette  la  prima  mossa  perchè  Egli 
si  occupasse  nella  pubblica  istruzione;  esso  valse  a  procurarli  il  favore 
dei  dotti;  e  sempre  qual  bell'ornamento  l'onorò  e  distinse.  Realmente 
fatta  già  nota  l'abililàdel  Gerbi  il  Vescovo  Scipione  Ricci,  personaggio 
eultissimo,  e  vigile  per  mantenere  in  credito  gli  studj,  e  arricchire  il 
Clero  pistojese  non  meno  che  il  Seminario  di  Sapienti,  lo  impegnò  ad 
assumere  la  carica  di  lettore  di  eloquenza.  Onorevolmente  Egli  in  questa 
diporlossi,  sebbene  solo  la  tenesse  quanto  servir  poteva  a  dimostrarlo 
espertissimo,  ed  a  pubblicare  il  suo  squisito  gusto  per  gli  ameni  studj. 
Era  destinalo  a  promovere  in  più  elevato  grado  la  pubblica  istruzione, 
e  gli  studj  che  all'ameni  là  e  piacevolezza  uniscono  il  severo  fdosofico  ra- 
gionamento. Astretto  pertanto  da  una  vacillante  salute,  e  da  una  gra- 
cile complessione  a  mutare  aria  e  modo  di  vivere,  lasciò  quella  lusin- 
ghiera situazione  nel  Seminario  di  Plstoja,  e  si  trasferi  a  Pisa  con  animo 
d'incontrarne  una  più  gloriosa,  e  di  provvedere  ad  un  tempo  alla  pro- 
pria salute.  Conosceva  la  lingua  greca,  sapeva  la  francese  e  l'inglese,  e 
in  generale  aveva  una  bella  raccomandazione  nella  cultura  letteraria, 
che  lo  facea  distinguere  fra  gli  altri  scolari,  e  gli  cattivava  a  prefe- 
renza l'amore  dei  maestri.  E  questa  credo  essere  stata  la  cagione, 
che  il  Bianucci  Professore  celebre  non  meno  per  la  Fisica,  che  per 
l'amore  alle  belle  lettere,  gli  si  affezionò  qual  padre,  e  lo  voleva  quasi 
sempre  presso  di  se  per  ragionare  delle  bellezze  della  letteratura, 
non  meno  che  delle  scientifiche  dottrine.  Nel  corretto  parlare  e  scri- 
vere del  Gerbi,  e  nella  erudizione  che  usò  non  ricercata,  compariva 
ai  men  veggenti  la  cultura  della  sua  mente  con  quella  forza  che  ai 
più  restii  impone  stima  e  rispetto.  Non  amò  gonjQezza  di  termini  o 
manierati  periodi,  ma  precisione  e  semplicità  in  quelli,  in  questi  flui- 
dità e  naturalezza.  Apprezzò  il  bello  da  qualunque  fonte  fosse  deri- 
vato, e  nella  sua  mente  fé' tesoro  dei  modi  più  pregiabili,  che  gli 
oratori  ed  i  poeti  antichi  e  moderni  ci  hanno  lasciati.  Leggeva  molto, 
e  nell'usare  con  persone  eultissime  utilmente  spendea  que' pochi  istanti, 
che  a  tanta  applicazione  erano  necessario  riposo  .  Per  cui  lo  vedeste 
sempre  attorniato  dai  dotti,  e  spesso  consultato  dai  suoi  contempo- 
ranei sul  pregio  di  opere  letterarie  (i).  Lo  udiste  in  modo  evidente 
ed  ornato  esprimere  le  sue  idee  non  solo  nel  conversare  familiare,  ma 

(l)  Ciò  si  rileva  anche  dalle  lettere  che  il  Gerbi  serbava  tra  i  suoi  fogli. 


502 

anche  quando  insegnando  svolse  i  più  difliclll  e  scabrosi  argomenti . 
Tutti  accorsero  con  sollecitudine  ed  animo  d' imparare  quando,  lasciati 
talvolta  quei  semplici  modi  convenienti  alla  scuola  che  d'ordinario 
soleva  seguire  per  facilitare  l'intelligenza  ai  suoi  discepoli,  trattò  dalla 
cattedra  coU'ldioma  nazionale  un  qualche  soggetto  scientifico,  o  quando 
si  produsse  al  pubblico  per  funzioni  accademiche  con  qualche  sua  la- 
tina orazione.  Saranno  per  mollo  tempo  rammentate  nell'Università 
di  Pisa  le  lezioni  del  Gerbi  sulla  teorica  pneumatica  del  Calorico, 
sulla  credibilità  delle  dottrine  del  Rumford,  sul  confronto  delle  due 
teoriche  Frankliniana  e  Simmeriana  nell'elettricità;  e  ricorderassi  come 
per  rilevare  i  pregi,  o  i  difetti  di  una  qualche  parte  di  scienza  a  grado 
a  grado  animandosi  l'energica  mente  spiegasse  quella  ingenita  forza 
che  il  gelo  della  vecchiezza  non  avea  potuto  sopprimere.  Ognuno  al 
sentire  i  discorsi  che  faceva  in  latino  ad  occasione  di  lauree  dottorali, 
avrebbe  detto  Egli  ha  il  bello  stile  del  romano  difensore  di  Marcello 
e  di  Ardila:  il  letterato  avrebbe  riconosciuto  nel  dir  suo  elegante 
dispersa  naturalmente  quella  larga  messe  di  classiche  avite  bellezze: 
avrebbe  l'erudito  notata  l'esattezza  e  l'abbondanza  delle  cognizioni 
istoriche  leggiadramente  disposte:  né  sarebbe  sfuggito  al  filosofo  l'in- 
teresse del  soggetto,  l'evidenti  conseguenze  delle  premesse,  l'unità, 
e  quant'altro  può  l'arte  oratoria  desiderare.  Erano  sì  la  lingua  latina 
che  l'italiana  nella  sua  bocca  piene  di  dolcezza  ,  e  di  voci  vivissime, 
atte  a  schiudere  con  tutta  precisione  e  chiarezza  i  penetrali  della  Fi- 
sica .  Fanno  senza  dubbio  onore  all'  Italia  le  sue  opere  stampate  ancor 
come  monumenti  di  scienza,  scritte  con  purissimi  termini  e  adat- 
tato stile  in  un  tempo  in  cui  il  bell'idioma  fu  guasto  dalla  corrut- 
tela francese:  quando  l'Accademia  Italiana  per  impedire  la  decadenza 
della  lingua  decretò  un  premio  a  chi  indicasse  le  cause  del  deperi- 
mento, ed  i  mezzi  per  impedirlo.  Bene  si  appose  il  dotto  che  n'ebbe 
la  palma  ponendo  fra  quelle  cause  «  il  subisso  di  tante  cattive  tra- 
ce dazioni  franzesi  che  inondarono  l'Italia,  nelle  quali  colle  sole  cadenze 
ce  italiane  riman  tutto  il  colore  e  il  costrutto  franzese  ....  ed  i  tanti 
ce  trattati  di  scienze,  e  delle  fìsiche  specialmente,  che  si  adoperano  per 
ce  le  scuole  »,  dei  quali  non  ve  n'avea  pur  uno  che  tenesse  della  toscana 
eloquenza .  Posso  io  dire  che  ne  uscisse  poi  in  Fisica  quell'uno  del  Gerbi, 
il  quale  è  valuto  in  questa  parte  a  mostrare  agli  amatori  delle  scienze 
come  è  concesso  astenerci  dal  total  precipizio  che  ci  minaccia  il  con- 


303 

llnuo  uso  delle  opere  francesi,  e  delle  loro  pessime  traduzioni.  Preci- 
pizio che  pur  si  arrestasse  alle  sole  parole;  ma  coli' abbandono  del  lungo 
periodare  nazionale,    toglie  il  solido  dello  scientifico  ragionamento! 

Dissi  che  Ranieri   tuttora   giovine    si    decise  di  recarsi  a  Pisa.    Lo 
che  fu  principalmente  per  curare  una  malattia  d'emottisi  che  fin  d'al- 
lora affliggevalo,  e  poi  sempre  lo  travagliò  menandolo  alla  vecchiaja  per 
continuata    incertezza    di    vita.    Null'oslante    abbandonata  la  direzione 
dello  stalo  ecclesiastico  altra  nuova  faticosissima  ne  intraprese  negli  studj 
filosofici,  che  già  nel  Seminario  aveva  iniziati  alla  scuola    del   Rettore 
Tommaso  Comparini.  Per  l'amore  che  ei  serbava  alle  scienze  naturali 
si   trovò  impegnato  a  seguire  nell'Università  gli  studj   pel  dottorato  di 
Medicina,  e  a  conseguire  nel  1789  la  laurea  medica  senz'animo  di  eser- 
citare la  professione.  Che  anzi  discepolo  affezionatissimo  del    Bianucci 
aveva  prescelto  a  sua  prima  occupazione  la  Fisica,  e  aveva  atteso  alle 
scienze   affini  a  solo  oggetto  di  potere  in  quella  liberamente  progredire. 
Siccome    poi    le  matematiche    con    bellissimi  modelli  di    ragionamento, 
con  intima  connessione  di  dottrine ,  e  con  importantissimi  teoremi  for- 
mano alla  fisica  i  più  adattati  preparativi;  il  Cerbi  non    solo    amò  di 
questi  compiutamente  munirsi  studiando  gli  elementi  di  tali  scienze,  ma 
come  quelli  che  avea  conosciuto  essere  le  cagioni  dei    fenomeni    natu- 
rali scritte  a  caratteri  algebrici,  e  le  regole  geometriche    reggere    l'u- 
niverso, strinse  anche  amicizia  col  Padre  Canovai,  distinto  matematico, 
per  prendere  occasione  in  una  epistolare  corrispondenza  con  lui  intra- 
presa di  trattenersi  maggiormente  nella  scienza  dei  numeri,  e  di  porre 
in  chiara  luce  le  interessantissime  questioni  del  Calcolo  Infinitesimale  (1). 
Per  tal  modo  fermata  nella  contemplazione  del  vero  la  mente,  che  più 
giovane  amava  di  spaziare  nel  vago  dell'imaginazione,  i  primi  studj  non 
furono  più  che  un   ornamento  dei  secondi  :  pregiabilissimo   ornamento, 
che  il  più  spesso  ancor  nell'abile  scienziato  per  la  vastità  acquistata  oggi 
dalle  scienze  siamo  costretti  a  desiderare.  Allora  essendo  il  Gerbi  in  età 
di  anni  ventisei;  subito  dopo  che  i  filosofi  di  Pisa  lo  ebbero  dichiarato 
dottore,  essi  stessi  lo  desiderarono  collega,  ed  il  Granduca  Pietro  Leo- 
poldo che  felicitava  la  Toscana,  lo  scelse  a  lettore  di  Matematiche  nella 
stessa  Università,  e  nello  stesso  anno   1789.    Epoca  chiara   nella  storia 
dei  popoli,  delle  arti,  e  delle  scienze;  che  mostrò  insorgere  la  Francia 

(I)  Notizie  rilevate  dalle  lettere  esistenti  tra  1  fogli  del  Prof.  Gerbi. 


304 

a  porre  i  regnanll  in  dubbio  degl'imperi  e  a  propagar  fuoco  in  tutta 
Europa;  che  recò  nelle  comunicazioni  nazionali  modi  a  dilatare  il  com- 
mercio,  e  nei  bisogni  incitamenti  a  perfezionare  le  arti;  e   che  stabi- 
lita corrispondenza  scientifica  fra  le  nazioni  per   mezzo  dell'introdotto 
uso  dei  Giornali,  mosse  il  gran  passo  della    generale    restaurazione,  e 
del  progresso .    Epoca   in  cui    sembrò    la   natura    rinvigorire   la  mente 
umana  ,  e  che  segnò  il  principio  dei  servigi  resi  dal  Gerbi  alla  società 
nel  Pisano   Ateneo,  e  insieme  la  data  della  prima  sua  opera  scientifica 
pubblicata.  Fu  questa  un'erudita  latina  dissertazione  sul  sistema  mondiale, 
la  quale  come  privala  della  parte  matematica  era  stata  fausta  inaugu- 
rale alla  Cattedra,  così  corredata  del  calcolo  servi  a  mostrar  l'Autore  ai 
dotti  del  pari  valente  nella  fisica  e  nelle  matematiche,   non  meno  che 
elegante  latino  scrittore.  Alla  esposizione  delle  varie  ipotesi,  introdotte 
nelle   scuole  sul  sistema  del  mondo,   tengono  hi  quella    dietro    i    prin- 
cipi  scientifici  sulle  forze  centrali,  e  sulla  dottrina  dell'urto,  e  la  loro 
applicazione  nel  sistema  Copernicano  al  moto  dei  pianeti.  Segue  la  de- 
terminazione delle  orbite,  e  delle  leggi  del  moto  colla   corrispondenza 
dei  fenomeni  che  possono  osservarsi  nel  cielo,  ne  sonovi  tralasciate  le 
perturbazioni  del  moto  lunare,    la  precessione  degli    equinoz] ,  la  nu- 
tazione dell'asse  della  terra,  e  le  loro  teoriche  secondo  le  opinioni  di 
diversi  Fisici.  Fra  queste  dottrine  si  leggono  interessantissime  osserva- 
zioni di  confronto  su'  metodi  di  calcolo,  e  sullo  spirito  nelle  applica- 
zioni del  medesimo  alla  fisica.  Che  se  molta  slima  procurava  al  Gerbi 
questa  sua  produzione  scientifica,  maggiore  d'assai  eragli  recata  per  la  no- 
vella decorosa  situazione:  giacché  a  suo  elogio  ed  onore  nelle  matema- 
tiche basta  dire  che    lesse  in  quella  Università  ove  fiorirono  in  questa 
scienza  tanti  uomini  illustri,  e  che  fu  scello  a  Collega  del  celebre  Pietro 
Paoli  cui   ognuno  per  dovuta  giustizia  assegna  uno  dei  primi  posti  tra 
i  matematici  del  secolo.    Né   solo    insegnava   il   Gerbi   contemporanea- 
mente col  Paoli,  ma  anche  nelle  stesse  dottrine,  rilenendosi  allora  per 
giudizio  del  Paoli  stesso  che  in  due  maestri  non  potesse  l' insegnamento 
dell'Algebra  reparlirsi .  Non  intendo  con  questo  a  tanto  illustre  personag- 
gio per  la  reputazione  di  matematico  confrontarlo  $  per  quanto  il  modo 
col  quale  disimpegnò  il  grave  uffizio,  e  la  buona  estimazione  che  il  Paoli 
stesso  sempre  poi  gli    conservò,  mi  dasser  nuovo  motivo  di   esaltarlo. 
È  qui  piuttosto  luogo  a  far   comprendere  come  il  modo  che  suol   te- 
nersi neir insegnare  il  calcolo,  non  sodisfacesse  al  genio  del  Gerbi.  Egli 


505 

era  portato  per  i  ragionamenti  che  sono  diretti  a  qualche  oggetto  esi- 
stente in  natura,  e  che  hanno  utile  ed  immediata  applicazione;  non  alle 
speculazioni  ed  alle  generalità,  che  si   fondano  sulle  astrazioni   mentali; 
alle  matematiche  applicate,  e  non  alle  matematiche  pure:  penetrato  dello 
scopo  per  cui  si  sono  ritrovate  tante  belle  dottrine,  non  voleva  trattare 
queste  da   quello   disgiuntamente,  ben  conoscendo  che  quando  l'uomo 
si  affida  agli   ideali   concetli  spesso  invece  di  Giunone  abbraccia  le  nu- 
vole. Difetto  che   sempre,  ed  in  quel    tempo    massimamente  a  sommo 
danno  e  discredito  della  scienza   matematica  si  è  ftitto  sentire,   e   tanto 
si  è  radicato,  che  poca  speranza  lascia  di  vederlo  dalle  scuole  estirpato. 
Si  fanno  spesso  studiare  le  matematiche  per  molti  anni,  e  spesso  anche  si 
dà  ad  intendere  agli  alunni  che  ne  è  terminato  lo  studio,  senza  che  essi  ne 
abbiano  gustate  le  utili  applicazioni:  si  parla  di  aritmetica,  di  geometria, 
di  algebra,  e  di  calcolo  infinitesimale,   senza   dire   come  negli  usi  sociali 
si  abbiano  delle  unità  da  sottoporre  a  computo,  senza  mostrare  come   la 
natura  presenti  le  figure  geometriche  da  misurarsi,   senza  far  conoscere 
come  le  leggi  dell'universo  possano  esprimersi  colle  formule  algebriche, 
senza  derivare  dai  fenomeni  del  movimento,  o  da  altre  simili  fonti  natu- 
rali l'origine  dei  differenziali:  in  una  parola  si  mostrano  le  matemati- 
che come  una  oziosa  invenzione  degli  uomini,  mentre  dovrebbero  presen- 
tarsi come  un  modo  per  sodisfare  ai  bisogni  sociali  e  per  spiegare  i  feno- 
meni naturali.  Quindi  si  videro  anche  i  più  sublimi  matematici  impiegare 
la  forza  del  loro  ingegno  per  occultare  con  studiati  ragionamenti  alcuni 
difetti  delle  scienze,  e  per  ricercare  artificiose  dimostrazioni ,  e  non  per- 
suadenti, o    inviluppare  in  intricatissimi   calcoli    le   cose    fondamentali 
della  fisica.  Ma  troppo   a   lungo  mi  devierei  se    volessi   dire  quanto  la 
mia  mente  concepisce  contro  si  mala  usanza;  non  direi  però  inutilmente 
mostrando  come  da  essa  ne  venga  l'aversione  che  tanti  hanno  alle  mate- 
matiche; per  cui  portati  all'estremo  opposto  bandiscono  dallo  studio  della 
fìsica  luttociò  che  assuefa  al  solido  ragionamento,  e  formano  della  scienza 
una   storia.    Questi  due  opposti    difetti  signoreggiavano  le   scuole,  e  le 
menti  dei  dotti,  non  però  quella  del  nostro  Professore  che  sempre  in  leso 
alla  Fisica    insegnava   come   il  calcolo  di  loquacissimo  si  faccia  vano  lin- 
guaggio se  tiensi  disgiunto  dalle  applicazioni  (i). 

(1)  Nel  ruolo  dei  Professori  dell'Università  di  Pisa  stampato  per  l'anno  1796  leg- 
gesi  ;  Ad  Algehram  universam  Exc.  D-  Rajnerius  Gerbi  Pistoriensis  =  Aget  de  cele- 
brioribus  Phisicce  ccelestis  problernatibiis.  Hora  2  pomerid.  Domi  vero  Cradet  InstUutio- 
nes  Analjseos  infinitoriim .  39 


506 

Tale  inclinazione  ad  accoppiare  il  calcolo  alla  fisica  è  attestata  da 
tutte  le  opere  da  lui  pubblicate,  e  molto  onore  gli  reca  perchè  in 
Italia  su  questo  allora  si  difettò,  e  perchè  con  retto  spirito  usando  il 
calcolo  lo  fé'  Egli  servire  alla  fisica,  all'opposto  di  tanti  autori,  che  per 
ogni  altro  titolo  rispettabilissimi,  esigono  che  la  fìsica  serva  al  calcolo,  e 
formano  nelle  loro  ipotesi  una  nuova  natura .  Io  non  lodo  una  certa  tra- 
scuratezza, che  il  Gerbi  usa  nel  presentare  le  formule  algebriche  senza 
quell'ordine  elegante  che  è  sì  utile  a  ben  comprenderle;  ma  credo  dovere 
ad  onor  suo  rammentare  come  stimando  le  matematiche  soltanto  attissi- 
mo strumento  per  ragionare ,  egli  non  credè  dover  preferire  come  si 
suole  i  segni  differenziali  ed  integrali,  ma  indistintamente  usò  quella 
parte  delle  matematiche  che  potea  sembrare  più  adattata  ad  esprimere  il 
suo  concetto.  Adopra  infatti  dimostrazioni  geometriche  in  quelle  parti 
che  devono  esser  lette  da  persone  meno  istruite,  o  che  semplici  per  loro 
natura,  si  complicherebbero  con  cifre  algebriche;  non  risparmia  anche 
il  calcolo  infinitesimale  ove  lo  richiede  l'interesse,  e  l'indole  del  sog- 
getto; sempre  poi  con  tanta  solidità  ragiona  che  ne'  suoi  detti  tutto 
esprime  il  rigore  matematico.  Ognuno  il  direbbe  educato  alla  scuola  del 
Galileo  e  del  Volta  al  sentirlo  esprimere  con  rigore  e  senza  segni 
matematici  complicatissimi  confronti,  e  deduzioni  intricatissime.  Sov- 
viene allora  il  discorso  intorno  alle  cose  che  stanno  sull'acqua,  o  su 
quella  si  muovono,  i  ragionamenti  sul  moto  de' gravi  ,  e  del  pendolo 
del  divino  Galileo;  ovvero  la  lettera  de  vi  atlractwa  ignis  electrici,o 
la  dottrina  della  pila  elettrica  del  sommo  Volta.  Siffatte  opere  di  ma- 
tematica, prive  di  segni  matematici  furono  ben  gustale  dal  nostro  Ger- 
bi, il  quale  ovunque  si  dimostra  seguace  delle  dottrine  del  Galileo  e 
del  Volta,  e  adattato  promulgatore  delle  medesime. 

Dalle  cose  precedenti  resulta  il  Gerbi  essere  stato  franco  mate- 
matico, e  commendabilissimo  per  la  cura  che  si  è  preso  di  porgere  le 
matematiche  come  soggette  alla  fisica;  ora  seguendo  la  sua  storia  devo 
mostrarne  il  valore  nelle  scienze  naturali.  E  prima  me  ne  offre  occasione 
l'opera  che  nel  J794  e'  pubblicò  intitolata  Storia  naturale  di  un  ìiuovo 
insetto .  Questo  lavoro  del  quale  anche  si  fecero  più  edizioni,  siccome 
è  in  tutte  le  sue  parti  compiuto  potrebbe  servire  di  modello  in  tal  ge- 
nere di  opere,  e  parmi  atto  ad  interessare  ad  un  tempo  le  scienze  na- 
turali, e  il  ben  essere  della  umanità.  Non  la  sola  storia  naturale  del 
nuovo  insetto,  ma  le  appartenenze  della  pianta    che  Egli  abita,   e   le 


307 

utili  proprietà  del  medesimo,  dalle  quali  l'Autore  gli  desume  il  nome 
di  Cureulione  antiodontalgico,  valgono  a  rendere  interessante  il  sog- 
getto, e  ad  offrire  all'Autore  slesso  ampia  materia  per  dimostrare  la 
sua  perizia  nelle  scienze  naturali.  Tratta  primieramente  di  una  nuova 
specie  di  scardiccionl  che  appella  spinosissima.  Passa  quindi  a  consi- 
derare le  galle  che  frequentemente  trovansi  nel  calice  di  questi  scar- 
diccionl, e  contengono  l'uovo  e  la  larva  dell'insetto.  E  ciò  fa  con 
tanta  maestria  che  le  cose  da  lui  discorse  sull'origine  delle  galle,  e 
sulla  teorica  della  loro  formazione,  preferibili  a  quelle  allora  conosciute 
comparvero  commendabilissime,  e  li  procurarono  le  lodi  degli  scien- 
ziati contemporanei  (i).  Viene  poi  all'insetto,  e  aggiunge  anche  la  de- 
scrizione della  notomia  delle  parti  interne  di  quel  piccolissimo  ani- 
male, introducendo  nella  scienza  un  uso  che  ninno  dei  naturalisti  aveva 
in  quei  tempi  compiutamente  seguito.  La  proprietà  più  ammirabile  del 
nuovo  cureulione  è  una  singolare  efficacia  di  guarire  spesso  le  più 
acerbe  odontalgie  provenienti  da  denti  cariati.  Ma  siccome  il  fatto  lo 
porta  a  stabilire,  che  col  solo  porre  sul  dente  malato  un  dito,  il 
quale  soffregando  j3  o  i4  larve  dell'insetto  ne  abbia  anche  un  anno 
avanti  assorbita  l'umidità,  si  ottiene  spesso  la  guarigione;  a  torre  l'ap- 
parenza di  cosa  misteriosa  e  poco  credibile  riporta  un  gran  numero  di 
fatti,  ed  estesamente  ragiona  sul  modo  di  agire  della  sostanza  compo- 
nente l'insetto  sovra  i  nervi,  e  sulla  carie  dei  denti.  I  resultati  di  un'ac- 
curatissima analisi  chimica  diretta  a  stabilire  i  principi  immediati  che 
costituiscono  la  pianta,  le  galle,  e  l'insetto,  insieme  con  quelli  di  molle 
esperienze  dirette  a  comprovare  l'azione  della  sostanza  imbevuta  dal  dito, 
formano  base  alle  sue  deduzioni;  e  tanto  l'analisi  quanto  l'esperienze  at- 
testano chiaramente  somma  abilità  nell'Autore;  l'una  per  le  cognizioni 
della  chimica  Lavoaseriana  allora  nuova,  e  per  la  difficoltà  che  il  regno 
organico  presenta  in  simili  ricerche;  l'altre  per  il  rettissimo  metodo  con 
cui  sono  condotte,  e  per  la  sagace  loro  scelta  .  Queste  inoltre  dimostrano 
che  non  mancò  al  Gerbi  la  richiesta  attitudine  per  avanzare  la  Fisica  an- 
cora con  ricerche  sperimentali .  Che  se  non  fu  annoveralo  fra  gli  inven- 
tori, ma  solo  fra  i  compilatori  di  fisica,  dee  ciò  ripetersi  dal  non  avere 
egli  avuto  nella  sua  gioventù  un  gabinetto  fisico  a  propria  disposizione  . 

(1)  Ebbe  per  quest'opera  diversi  diplomi   d'Accademie,  e  molte    lettere   di  con- 
gratulazione da  accreditati  Professori. 


508 

Così  sempre  alle  posizioni  sociali  devesi  la  comparsa  che  un  individuo  ha 
da  sortire  nella  socielà.  Le  cognizioni  e  disposizioni  naturali,  che  posse- 
deva il  Gerbi,  lo  avrebbero  potuto  luminosissimamente  distinguere  nel 
grado  dei  celebri  fisici,  se  invece  della  Cattedra  di  Matematiche  ne 
avesse  subito  coperta  una  di  Fisica.  L'ottimo  Bianucci  avea  ciò  ben  sen- 
tito, e  con  esemplare  segno  d'affetto  e  di  stima  lasciò  vuota  la  Cattedra 
perchè  egli  la  coprisse  .  Il  diritto  d'anzianità  fece  che  a  quella  del  Gerbi 
fosse  preferita  la  domanda  del  Comparini,  che  ho  sopra  rammentato;  e 
perciò,  come  dissi,  ebbe  il  Gerbi  l'Algebra,  e  solo  nel  1797  potè  ottenere 
la  Cattedra  di  Fisica  teorica,  allorché  nuovamente  il  Comparini  mutando 
occupazioni  prese  ad  insegnare  la  Geometria.  Rettamente  giudica  il  mae- 
stro dell'abilità  dello  scolare,  e  bene  sceglie  un  maestro  chi  conosce  la 
scienza.  Infatti  l'abilità  del  Gerbi  meglio  rifulse  nella  cattedra  di  Fisica 
che  in  quella  di  Matematiche;  e  bene  in  quel  tempo  ne  facea  bisogno 
perchè  occorreva  togliere  i  difetti  che  si  avevano  nell'insegnamento  della 
fisica  nella  Scuola  pisana,  e  perchè  faceva  duopo  tener  dietro  alle  grandi 
scoperte  che  doveano  enormemente  estendere  il  dominio  di  questa  prin- 
cipalissima  scienza.  Mancavano  allora  alla  Fisica  le  dottrine  dei  Lesile, 
Malus,  Davy,  Coulomb,  Fresnel,  Gay-Lussac,  Arrago,  Petit,  Dulong,  No- 
bili, Melloni,  e  mille  altre  che  tanto  ne  poterono  dilatare  i  confini.  Si 
erano  d'allora  fatti  udire  i  Coulomb,  Galvani,  Volta,  Herckel,  Rumford, 
Yong,  Saussure.  Non  si  avevano  che  corsi  di  fisica  antichi,  e  si  insegna- 
vano tuttora  nelle  scuole  le  cose  del  Muskembroek,  del  Nollet,  ed  a  fatica 
quelle  del  Beccheria.  Spesso  si  teneva  l'uso  di  dettare,  o  far  circolare 
tra  gli  scolari  gli  scritti  del  precettore  :  vero  modo  di  rilardare  l'inse- 
gnamento! Quest'uso  dannosissimo  dovrebbe  esser  bandito  da  tutti  i  luo- 
ghi d'istruzione.  Al  contrario  mille  circostanze  concorrono  per  mante- 
nerlo: l'avarizia  degli  scolari;  l'ambizione,  la  pigrizia,  e  talvolta  l'igno- 
ranza dei  maestri,  fan  sì  che  si  preferisce  1'  enorme  fatica  del  copiare 
alla  moderata  spesa  nella  compra  di  un  libro,  l'impiegare  nella  dettatura 
il  tempo  che  dovrebbe  nell'istruzione  occuparsi,  l'imporre  colle  conti- 
nue aggiunte  e  variazioni  che  possono  apporsi  agli  scritti,  il  circolare  fra 
pochi  quei  lavori  indigesti  che  dispiacerebbe  pubblicare.  Questo  difetto 
nelle  scuole  d'Italia  si  è  fatto  sentire  sommamente.  Ripetasi  da  questo 
l'essere  per  lunga  pezza  quasi  tutte  le  scuole  di  fisica  rimaste  arretrate 
nell'insegnamento  a  confronto  degli  avanzamenti  della  scienza,  ed  alcune 
tuttora  conservarsi  in  questa  posizione .  Al  nostro  Gerbi  si  deve  l'onore 


509 

dì  aver  sommamente  cooperato  per  togliere  questo  difetto,  e  per  ridurre 
nella  Scuola  pisana  l'istruzione  a  livello  della  scienza.  Che  solleci'.o  a  ciò 
fosse  lo  dimostra  non  solo  il  metodo  che  tenne  nell' insegnare,  quanto 
ancorala  premura  che  si  diede  per  acquistare  le  opere  più  accreditale  del 
giorno  (i).  Come  la  sua  perizia  nell'estrarie  da  quest'opere  le  più  sane 
dottrine,  e  rettamente  usarne  a  vantaggio  della  scienza  e  della  società, 
ci  è  mostrata  ancora  dall'operetta  sulle  rotte  dei  fiumi,  che  egli  fé'  nota 
nel  1807  P^*^*  S^^  '^^^^  dell'Accademia  Pistoiese.  Lo  richiamò  a  questo 
soggetto  l'aumentata  frequenza  delle  rotte  in  Toscana,  e  perciò  ivi  co- 
mincia dal  ricercarne  le  cause  primieramente  nel  genere  di  cultura  dei 
monti,  che  produce  un  riempimento  nell'alveo  dei  fiumi,  e  secondaria- 
mente nei  muri  a  piombo  o  quasi  a  piombo,  e  senza  alcun  bene  indicato 
riparo  alla  base,  che  di  frequente  si  sono  usati ,  o  per  contenere  le 
acque  senz'argine  dentro  l'alveo,  o  per  dare  agli  argini  maggiore  sta- 
bilità, e  per  impedirne  la  corrosione.  Assai  parla  dell'insufficienza  di  tali 
muri  ad  ovviare  le  rotte,  e  dei  danni  gravissimi  che  per  quelli  di  fre- 
quente avvengono.  In  seguito  espone  con  principi  scientifici,  e  con  re- 
gole di  pratica,  e  d'esperienza  come  si  possa  dare  agli  argini  la  necessaria 
stabilità;  con  qual  arte  abbiano  questi  a  difendersi  dalla  corrosione;  e 
qual  riparo  si  debba  aggiungere  alla  base  dei  muri  già  esistenti,  che 
per  loro  mala  costruzione  potessero  facilitare  l' escavazione  del  fondo 
del  fiume.  Penso  che  quest'opera  sarebbe  stata  tosto  seguita,  o  forse 
preceduta  dalla  pubblicazione  del  Corso  di  Fisica  del  Gerbi ,  se  i  più 
Professori  in  una  medesima  scienza,  come  allora  furono  nelF  Università 
di  Pisa,  non  fossero  d'impedimento  al  dispiegare  uno  di  essi  franca- 
mente le  sue  forze.  Perchè  le  altre  cagioni  che  tanto  fanno  penuriare 
l'Italia  di  corsi  elementari  non  avean  potere  a  distorne  la  mente  del- 
l'abile Professore,  che  ben  comprese  l'utilità  di  un  corso  adattato  alla 
scuola.  Infatti  non  solo  ridusse  in  scritto  per  tempo  il  Corso  di  Fisica, 
ma  tenne  anche  dietro  ai  minimi,  non  che  ai  più  grandi  avanzamenti 
della  scienza  per  corredarne  le  sue  lezioni.  Faceva  l'estratto  dei  più 
accreditati  giornali  scientifici  in  quella  parte  che  interessavano  la  fìsica 
elementare;  e  con  questo  metodo  ebbe  vita  la  sua  eruditissima  Opera 
che  per  la  prima  volta  fu  pubblicata  nel  1818,  e  che  nelle  edizioni 
successive  del  i8a5  e  del  j835  fu  grandemente  arricchita.  Seguitando 

(1)  Mori  il  Gerbi  lasciando  una  libreria  ben  corredata  di  opere  moderne. 


510 

poi  quest'uso  fino  all'ultimo  tempo  della   sua  vita,  aveva  egli  raccolte 
le  moclernissime  scoperte  con  animo  di  pubblicarle  in  un'Appendice  (i) 
da  apporsi  all'  ultima  edizione,  per  riportarla  al  pari  della  scienza.  Di 
queste  fatiche,  che  han  servito  per  render  nota  al  pubblico  sì  interes- 
sante scienza  dal   1818    fino    all'epoca  presente,  merito  immenso  gli  è 
dovuto,  mentre  per  molto  tempo  fu  Egli  il  solo  a  far  sapere  all'Italia 
intera  lo  stato  della  fisica.  Mi  sia  perciò  lecito  rilevare  i  pregi  di  que- 
st'opera, che  la  storia  della  scienza  dovrà  sempre  ricordare  qual  pre- 
zioso scientifico  documento. 

Io  non  esito  un  istante  a  dichiarare  che  il  Corso  elementare  di 
Fisica  di  Ranieri  Gerbi  ha  rilevantissimi  caratteri  particolari,  i  quali 
molto  da  ogn' altro  lo  distinguono,  e  mentre  in  certi  usi  lo  fanno  pre- 
giabilissimo ,  in  altri  meno  adattato  Io  rendono.  Siccome  poi  interessa 
che  i  vantaggi  e  i  danni  di  questi  sieno  posti  a  calcolo  da  coloro  che 
amano  darsi  a  simili  opere,  cercherò  di  farli  comprendere  trattando 
prima  del  metodo  istorico  tenuto  dall'Autore,  quindi  delle  teoriche  che 
ha  usate,  e  parlando  infine  del  modo  che  ha  seguito  nella  parte  spe- 
rimentale, e  nella  esposizione  dei  fatti.  Premetto  che  le  successive  edi- 
zioni di  quest'opera  differiscono  dalle  precedenti  non  solo  per  gli  ac- 
crescimenti che  si  sono  a  diverse  epoche  fatti  nella  Fisica,  ma  ancora 
per  variati  ragionamenti,  e  più.  corrette  dimostrazioni,  e  per  aumen- 
tate sperienze .  La  gran  differenza  fra  la  prima  e  la  seconda  edizione 
è  nella  parte  sperimentale;  quella  tra  la  seconda  e  la  terza  consiste  più 
nella  parte  matematica  e  di  ragionamento,  perchè  l'aumentato  volume 
della  fisica  particolare  si  deve  al  grand'  accrescimento  della  scienza  in 
quell'intervallo  di  tempo  accaduto.  Serve  adunque  che  io  parli  della 
sola  terza  edizione  ;  nei  due  primi  tomi  della  quale  è  contenuta  la 
fisica  generale.  I  fatti  fondamentali  di  questa  parte  di  scienza  dedotti 
dalle  sperienze,  e  confermati  col  ragionamento  danno  luogo  alla  for- 
mazione dei  principi  teorici,  che  sono  come  centri  dai  quali  con  con- 
nesse deduzioni,  e  con  opportuni  calcoli  derivansi  le  particolarità  e  le 

(1)  Quest'Appenclice,  tutte  le  lettere  soprarammentate,  e  altri  fogli  manoscritti, 
colla  libreria  del  Gerbi  appartengono  per  un  legato  fatto  dal  Professore  stesso  all'Ec- 
cellentissimo slg.  Dott.  Gaspero  Botto ,  il  quale  in  quella  guisa  che  mosso  dall'  affetto 
per  il  defunto  Maestro  si  è  graziosamente  prestato  per  comunicarmi  molte  notizie ,  cosi 
è  da  sperare  che  egualmente  mosso  dall'affetto  sommo  che  ha  per  la  scienza,  vorrà  re- 
galare il  pubblico  delle  cose  più  belle  che  tuttora  sono  inedite . 


511 

applicazioni  in  tanta  copia  da  formare  uno  de'  più  estesi  corsi  di  Mec- 
canica e  d'Idraulica.  Qui  non  apparisce  il  metodo  istorico,  come  negli 
altri  tre  tomi,  ove  leggesi  la  fisica  particolare,  divisa  nei  seguenti 
trattati:  Calorico,  Elettricismo,  Galvanismo,  Magnetismo,  Jluidi  elastici  e 
segnatamente  aria,  acqua,  suono  e  musica,  meteore,  luce,  preceduta  da 
una  introduzione  sulla  filosofia  chimica,  e  terminata  con  un'appendice 
sulle  induzioni  elettriche.  Ciascun  trattato  è  composto  di  due  parti,  una 
che  contiene  la  serie  o  storia  dei  fatti,  che  l'Autore  ha  creduti  più  con- 
venienti allo  scopo  tra  quelli  conosciuti,  l'altra  le  teoriche  e  spiegazioni 
dei  fenomeni  secondo  i  diversi  sistemi  più  reputati;  e  questa  divisione  è 
in  special  modo  distinta  nei  trattati  del  calorico ,  dell'  elettricismo,  del 
magnetismo,  e  della  luce.  Così  procedendo  sempre  dal  noto  all'ignoto  vi 
si  studia  come  siasi  accresciuta  a  poco  a  poco  la  catena  delle  nozioni 
scientifiche,  e  come  ad  alcuni  altri  fatti  si  sieno  da  celebrati  autori  ag- 
giunti. Vi  si  conosce  il  succedersi  delle  diverse  teoriche,  e  come  l'una 
l'altra  abbia  esclusa,  ovvero  come  amendue  si  possano  mantenere  in  cre- 
dito a  seconda  delle  regole  di  una  giusta  critica.  E  per  conseguenza  colla 
esposizione  delle  dottrine,  che  compongono  la  fisica,  vi  si  trova  l'istoria 
delle  scoperte,  e  quella  dei  nomi  benemeriti  alla  scienza.  Un  tal  metodo 
offre  anche  il  vantaggio  di  presentare  una  parte  della  scienza  composta 
dei  soli  fatti,  e  però  sempre  invariabile,  purché  soltanto  vi  si  aggiun- 
gano le  nuove  scoperte.  Quindi  ha  giovato  al  Gerbi  facilitandogli  in 
parte  la  riduzione  dell'opera  nelle  successive  edizioni  ;  e  sarà  pure  slato 
utile  a  quei  che  studiarono  la  fisica  su  questo  corso,  perchè  avrà  loro 
facilitato  il  distinguere  le  cose  di  fatto  che  sempre  sono  vere,  dalle  teo- 
riche che  quasi  continuamente  variano  in  scienza  di  tanto  incremento. 
Al  contrario  avrà  esso  resa  più  lunga,  e  meno  chiara  la  esposizione  della 
Fisica:  spesso  infatti  vedesi  costretto  l'Autore  a  riferire  molti  fatti  a 
diverse  epoche  scoperti  in  luogo  di  un  solo  fondamentale  che  ora  lo 
stato  della  scienza  ci  fa  conoscere,  ovvero  l'opinioni  di  più  fisici  sopra 
un  medesimo  fatto  anche  dove  la  scienza  permetterebbe  formare  una 
sola  dottrina  col  prendere  il  buono  che  ciascuna  di  quelle  opinioni 
presenta.  Passando  alla  parte  teorica  o  di  ragionamento  assai  dovrei 
dire  in  lode  del  Corso  del  Gerbi  per  molti  motivi,  e  prima  perchè  vi  si 
trovano  sempre  posti  in  evidenza  i  principj  cardinali  ,  e  da  quelli  per 
mezzo  di  rigoroso  ragionamento  sono  dedotti  i  soggetti  che  ne  dipendo- 
no. Talché  l'uso  di  siffatta   filiazione  d'idee  porla  il  lettore  da  uno  in 


512 

un  altro  soggetto  per  quelle  vie  che  formano  fra  di  essi  il  naturai  lega- 
me. Può  inoltre  dirsi  che  il  Gerbi  con  pari  amore  ha  raccolte  le  nozioni 
antiche  e  le  moderne,  e  non  si  è  lasciato  vincere  dal  prestigio  della  mo- 
da, la  quale  tanto  regna  anche  nelle  vedute  scientifiche.  Molto  si  è  trat- 
tenuto sulle  cose  di  fatto,   o  su    teoriche  di  somma  importanza,  meno 
sulle  osservazioni  incerte,  o  su  dottrine  poco  verosimili.  Sempre  le  ha 
esposte  con  semplicità  e  chiarezza,  e  sempre  quando  non  ha  potuto  com- 
piutamente esaurire  il  soggetto  ha   rimandalo  il  lettore  con  opportuna 
citazione  all'opera  originale.  Un  tal  uso  che  reca  sommo  vantaggio   per 
chi  studia  ,  accresce  notabilmente  il  pregio  del  lavoro,  rendendolo   un 
ordinato  e  sistematico  repertorio  di  scienza;  egli  dà  vanto  su'  tant' altri 
Corsi,  perchè  non  adottato  dai  lor  compilatori,  spesso  avviene  che  il  let- 
tore non  sa  ove  ricorrere  quando  gli  rimane  qualche  dubbio  sul  sogget- 
to. Io  credo  che  nessun  altro  corso  elementare  possa  dirsi  al  pari  di  questo 
abbondante  nella  parte  teorica.  La  Meccanica  e  l'Idraulica  presentano 
delle  eleganti  e  nuove  dimostrazioni  matematiche,  e  quello  che  più  rileva 
per  un  corso  di  fisica,  hanno  bene  esposti  e  confermati  dall'esperienza 
i  principi  della  scienza:  cosicché  ad  un  tempo  vi  si  apprendono  le  mate- 
matiche applicate,  e  la  fisica .   Vi  sono  a   completare  le  dottrine  delle 
forze  la   teorica  dell'Attrazione  universale,  e  l'esposizione  dei  principi 
fisici  dell'Astronomia .  Né  cessano  colla  fisica  generale  le  utili  applicazioni 
dell'algebra ,  ma  ritrovansi  anche  qua  e  là  per  lutto  il  corso  ove  il  biso- 
gno lo  richiede,  sia  per  dilucidare  il  soggetto,  sia  per  dargli   quella  gene- 
ralità che  è  necessaria  a  ben  comprenderlo.  Il  trattato  dell'Ottica  con- 
tiene diffusamente  esposte  le  parli  più  difficili,  come  la  polarizzazione,  e 
la  diffrazione  della  luce,  e  la  visione.  Ha  pregio  nell'Acustica  quella  parte 
principalmente  che  riguarda  la  musica ,  la  quale  suole  esser  quasi  trala- 
sciata negli  altri  corsi  di  fisica,  e  qui  è  posta  con  estensione  e  con  somma 
filosofia  facendo  manifesto  quanto  quel  trattato  nei  rapporti  dei  suoni  ha 
di  fisico  e  di  matemalico  .  La  dottrina  dell'atmosfere  elettriche  è  pure  un 
argomento  che  difettando  nella  più  parie  di  simili  corsi,  si  apprende  be- 
nissimo in  quello  del  Gerbi,  ove  può  dirsi  che   come  in  questo  cosi  in 
altri  soggetti  si  leggono  le  cose  del  Volta.  In    generale  meritano  elogio 
le  osservazioni  e  discussioni  sulle  ipolesi ,  e  sulle  teoriche  usate  per  spie- 
gare i  fenomeni  del  Calorico,  quelli  dell'Eleltricilà,  lo  sviluppo  dell'elet- 
tricità galvanica   ed   atmosferica,  i  fenomeni   magnetici  ed  elettro-dina- 
mici, quelli  della  luce,  e  le  meteore.  Che  se   non  sembreranno  tutte  di 


515 

egiial  forza,  pure  la  maggior  parte  compariranno  interessanti,  e  tutte 
capaci  di  addestrare    il  giovine    studente    alla    crilica  ,    Snoie  il  Gerbi 
esporre  una  teorica,  e  farla    ben  comprendere  spiegando  con    quella    i 
fatti,  e  spesso  dopo  la  indebolisce  con  argomenti  sulla  sua    credibilità 
e  convenienza,  e  talvolta  anche  la  rovina  per  mostrare  il  vuoto  della 
scienza,  onde  i  giovani   tengansi    in    guardia   contro   la    seduzione    dei 
sistemi  e  la  vaghezza  delle  ipotesi.   Tutta  questa  abbondanza  di  ragio- 
namenti mentre  reca  i  notati  vantaggi  fa    il  corso    poco   adattato   per 
un'  istruzione  elementare:    peraltro    il  suo    maggior    difetto    si  mostra 
nella  esposizione  dei  fatti  e  dell'esperienze;    terza    ricerca   che   io  mi 
son  proposto  di  farvi  e  che  ora  intraprendo.  Moltissimi  sono    i  feno- 
meni presi  in  considerazione,  e  moltissime  del  pari  sono    l'esperienze 
che  vengono  rammentate,  e    più    certamente   che    in    qualunque  altro 
corso  elementare  di  fisica.  Si  aggiunga  che  quest'esperienze  sono  d'or- 
dinario quelle  classiche    che    han  portato  gli    inventori    alle  scoperte. 
Molte  sono  le    figure    che    servono   per   le  dimostrazioni  geometriche, 
o  per  la  descrizione  dei  fatti,  o  per  rappresentare    macchine  e  appa- 
rati per  l'esperienze,  e  per  l'applicazioni.   Contuttociò  non  vi  rimane 
il   lettore  in  questa  parte  sodisfatto:  vi  desidera  una  più  estesa  descri- 
zione di  ciascun  fatto  e  di  ciascuna  esperienza:  vorrebbe  trovarvi  mag- 
gior numero  di  quelle  piacevoli  esperienze  che  sono  ad  un  tempo  gio- 
cose ed  istruttive,  con  il  processo  per  eseguirle.  Piacerebbe  che  le  fi- 
gure non  fossero  semplici  abbozzi ,  ma  con    più  precisione   rappresen- 
tassero i  fenomeni  descritti,  o  le  macchine  usate  nell'esperienze;  che 
si  scorgesse  nel  corso  una  esposizione  di  fatti  conveniente  ad  uno  che 
gli  abbia  vedati,  non  a  chi    narra  ciò  che    altri    ha  osservalo.   Queste 
sono,  come  ciascun  vede,  le  conseguenze  della  posizione  in  che  si  ritrovò 
il  Gerbi    nell'insegnamento  della  Fisica:   destinalo  a  dettare    la    parte 
teorica  della  scienza  mentre  altro  Professore   in  un  corso   separato  in- 
segnava la  Fisica  sperimentale,  non  ebbe  occasione  di  gustare  l'arte  di 
sperimentare,  né  le  parti    piacevoli  dell'  esperienze,    né    di    conoscere 
quali  fra  queste  sieno  più  adattate  a  ripetersi  in  un  corso  di  lezioni; 
si  attenne  a  corredare  l'opera  sua  di  bellissime   dottrine,  e    non  curò 
di  porre  co' suoi  naturali  vezzi  la  parte   più  lusinghiera  della  scienza. 
Quindi  il  suo  Corso  di  Fisica  sarà  sempre  apprezzato  per  la  somma  delle 
dottrine  e  per  la  sua  filosofia,  non  per  la  scelta  dei  fatti;   si  leggerà  con 
molta  utilità,  ma  non  col  diletto  che  suole  a  sì  bella  scienza  congiungersi. 

40 


514 

Abbastanza  ho  detto  per  quello  che  richiede  il  mio  discorso  di 
questa  interessanle  opera  del  nostro  Fisico,  e  ini  resta  solo  ad  accennare 
che  per  renderla  compiutamente  adattata  anche  ai  suoi  scolari  medici, 
nel  1818  si  die  cura  che  in  un  solo  volumetto  fosse  separatamente  pub- 
blicala la  parte  più  interessante  della  Fisica  generale,  e  per  questo  stesso 
oggetto  usò  due  caratteri  di  stampa  diversi  secondochè  le  cose  erano  in- 
teressanti per  un'istruzione  più  o  meno  elementare.  Si  insegnava  in 
quell'epoca  la  Fisica  teorica  da  due  Professori,  e  ciascuno  ftìceva  il  corso 
in  due  anni  istruendo  contemporaneamente  gli  scolari  di  medicina  3 
quelli  di  scienze.  Nel  182,6  uno  di  questi  Professori  fu  destinato  all'in- 
segnamento delle  matematiche  applicate;  e  così  dopo  questo  tempo  poco 
ebbe  il  Gerbi  ad  estendersi  nella  Fisica  generale.  Quindi  ne  ridusse  allora 
le  prime  nozioni  fondamentali  in  dodici  lezioni,  le  quali  soleva  premet- 
tere a  quella  parie  del  corso  di  fisica  particolare  che  nell'anno  cadeva,  e 
le  pubblicò  col  litolodi  Lezioni  elementcwi  di  Fisica  generale.  Co.m  Egli 
sempre  portava  i  suoi  lavori  a  tal  grado  di  perfezione  da  potergli  pubbli- 
care, né  mai  cercava  sodisfare  la  propria  ambizione,  o  l'interesse,  ma 
il  solo  bisogno  della  scuola.  Sono  taluni  tra  gli  scienziati  che  interro- 
gando la  natura  coli' arte  dell'esperienze  la  forzano  a  manifestare  le  più 
segrete  sue  operazioni:  souovi  altri  che  raccogliendo  i  ritrovati  de'primi 
gli  presentano  in  tale  aspetto,  che  fa  scoprire  la  legge  della  natura,  e  fa 
distinguere  la  retta  dalla  falsa  dottrina.  Quelli  hanno  certamente  il 
primo  grado,  e  sono  ingegni  prescelti  dalla  natura  istessa.  Questi  coope- 
rano co' primi  all' avanzamento  della  scienza,  facendo  una  giusta  critica 
delle  loro  scoperte,  e  pongono  nel  commercio  sociale  le  utili  cognizioni 
propagandole  colla  via  dell'istruzione,  o  colla  compilazione  di  opere  ele- 
mentari. Fra  quest'ultimi  in  posto  eminente  senza  tema  d'errare  dee 
porsi  il  Gerbi:  non  senza  attribuirgli  sommo  merito  per  qualche  suo  ori- 
ginale ritrovato  nella  rammentata  opera  dell'insetto,  e  per  tante  dimo- 
strazioni e  considerazioni  scienliGche  sovente  in  alcuna  parte  nuove  delle 
quali  sono  sparsi  gli  altri  suoi  lavori  .  Certamente  mentre  Egli  dalla  cat- 
tedra istruì  per  mezzo  secolo  non  solo  il  fiore  di  tanta  Gioventù  toscana, 
ma  anche  molti  forestieri,  dal  canto  suo  per  altrettanto  tempo  onorevol- 
mente sostenne  l'antico  credito  dell  Università  pisana.  Per  cooperare 
con  ogni  mezzo  all'onore  dell'Università  non  lasciò  d'occuparsi  anche  in 
quell'opere  minori  che  indicate  dall'occasione  del  giorno  sono  più  potenti 
ad  eccitare  nel  pubblico  il  rumore  della  lode.  Si  udirono  più  volle,  seb- 


31S 

bene  spesso  anonimi,   eruditi  articoli  del   Garbi   in   diversi   giornali,  e 
massimamente  nella  Biblioteca  Italiana,    della   quale  può   a  ragione  dirsi 
esso  collaboratore  (i).  Rese   volentieri  debiti  d'onore  ad  alcuni  sapienti 
dei  quali  aveva  dovuto  ammirare  le  dottrine,  e  qui  a  reverenza  del  som- 
mo Volta,  mi  giova  rammentare  la  Necrologia  che  scrisse  per  tanto  celebre 
Fisico  (2).  Allorché  fu  uopo  aumenlaigli  fatiche   nell'insegnamento,  Egli 
non  si  risparmiò,  ed  essendo  per  l'accaduta  morte  del  Prof.  Giuseppe 
Piazzini  rimasta  nel   i833  vacante  la  cattedra  d'Astronomia,  ne  accettò 
il  Gerbi  l'incarico,  e  seguitò  ad   insegnare    teoricamente    questa  scienza 
per    tutto  il  rimanente  della  sua    vita.  Nell'età   avanzata  in  cui  allora 
il  Professore  si  ritrovava  ,  avrebbe  recato  sorpresa  anche  l'aggravio  di 
un'altra  lezione  oltre  quella  di  Fisica,  più  poi  maravigliò  che  Egli  si 
dasse  a  questa  nuova  occupazione  con  alacrità  conveniente  a    vigorosa 
gioventù.  Per  adattarsi  infatti  alla   capacità  della  maggior  parte  di  co- 
loro che  bramavano  conoscere  i  fenomeni  celesti,  scrisse  un  trattatello 
elementare  d'Astronomia,  che  se  venisse  pubblicato  servirebbe  utilmente 
a  divulgare  le  nozioni  di  quella  scienza  (3).  Come  poi  anche  in  funzioni 
accademiche  straordinarie  si  prestasse,  e  come  gli  stasse  a  cuore  Tonor 
nazionale   manifestamente    dimostiollo    allorché   nell'autunno   del   i85g 
prima  del  tempo  consueto  moveasi  dai  patrii  lari  per  tenere  in  Pisa  l'o- 
norevolissimo e  non  men  gravoso  posto  di  Presidente    nella   prima  Riu- 
nione degli  Scienziati  Italiani.  Questo  fatto,  del  quale  parlerò  più  diffu- 
samente in  seguilo,  deve  esser  qui  da   me   ricordato    solo   ad   oggetto  di 
completare  ciò   che  volea  dire  sul  valor  del  Gerbi  nelle  scienze  col  suo 
ultimo  lavoro,  voglio  dire  lOrazione  che  aprì   la  prima  adunanza    gene- 
rale, e  ritornò   alla  memoria   dei  chiarissimi  ascoltanti    i  fasti   scientifici 
d'Italia.    Sapeva  l'Oratore  non  far  duopo  di  diiluse  cognizioni  isteriche 
parlando  agli  scienziati  riuniti,  ma  solo  di  eccitare  maggiormente  gli  animi 
con  nazionali  esempi;  e  per  questo  preso  argomento  dalla  scuola  di  Gali- 
leo, restauratore  della  Filosofia  naturale  in  Italia,  narrò  e  dimostrò  come 
tutte  le  parti  di  essa  sieno  dopo  quel  grande  con  molto  successo  stale  pro- 
mosse, ed  in  alcune  parti  ancor  perfezionate  dagli   Italiani.  Nel  discorso 


(1)  Diverse  lettere  inviate  al  Gerbi  dalla  Direzione  di  questo  giornale  gli  danno 
il  titolo  di  Collaboratore. 

(2)  Nuovo  Giornale  dei  Letterati  di  Pisa,  Tom  XIV,  p.  149. 

(3)  Anche  questo  esiste  fra  i  manoscritti  che  di  sopra  ho  rammentali , 


316 

trattò  prima  delle  scienze  matematiche,  poi  delle  scienze  che  dipendono 
dall'esperienza,  ed  in  fine  delle  scienze  che  stanno  tutte  nell'osservazio- 
ne. Quindi  fé'  parola  di  quelli  che  si  distinsero  nelle  matematiche  pure, 
nella  Meccanica,  nell'Idraulica,  nell'Acustica,  e  nell'Astronomia;  di  quelli 
che  per  quanto  in  minor  numero  scrissero  di  Chimica,  e  di  quelli  loda- 
tissimi  che  abbiamo  nella  Fisica  sperimentale.  Rammentò  i  distinti  cultori 
di  Botanica  e  di  Agricoltura  italiani.  Quei  che  onorevolmente  coltiva- 
rono la  Storia  Naturale,  l'Anatomia,  la  Fisiologia,  e  la  Medicina,  movendo 
sempre  in  tutte  queste  scienze  dal  tempi  più  prossimi  al  Galileo,  e  giun- 
gendo fino  a' dì  nostri.  Onorò  i  sapienti  Principe  Carlo  L.  Bonaparte, 
Cavt  V.  Anlinori,  Cav.  Prof.  G.  B.  Amici,  Cav.  G.  Giorgini  ,  Prof. 
Paolo  Savi,  Cav.  Prof.  M.  Bufalini,  che  furono  i  fondatori  del  Con- 
gresso Italiano,  e  (per  servirmi  d'espressioni  già  usate) 

Glie  con  sublimi  e  generosi  affetti 
Ridonavo  una  patria  agli  intelletti  (i). 

Richiamò  così  in  ognuno  quello  spirito  e  coraggio  nazionale  che  è  ca- 
jìace  delle  grandi  imprese,  e  dimostrò  che  il  credito  d'Italia  per  le 
scienze  tien  tuttora,  sebbene  si  sieno  fatte  celebri  nella  filosofia  natu- 
rale altre  nazioni,  un  posto  eminente  mercè  l'opera  di  tanti  uomini  il- 
lustri e  valorosi  . 

Conviene  che  io  adesso  ragioni  delle  qualità  morali  che  caratte- 
rizzavano il  nostro  Scienziato,  e  della  reputazione  e  onori  che  potè 
nella  società  conseguire,  poiché  in  questo  devo  aggiungere  non  poco 
a  quello  che  finora  n'ho  detto  come  uomo  di  lettere  e  di  scienze. 
Egli  ebbe  per  costume  di  menare  la  vita  lontana  dalle  grandi  conver- 
sazioni della  galanteria  e  della  moda,  per  quanto  cortese  si  dimostrasse 
di  visite  a  que'  che  stimava,  e  sempre  usasse  di  un  tratto  gentile,  ed 
aborrisse  la  solitudine.  Era  per  lui  favorito  il  conversare  con  persone 
scelte,  aliene  dalla  mormorazione,  e  da  ogni  modo  di  licenza,  e  se 
dovea  giudicare  di  altri  lo  faceva  con  somma  prudenza  e  moderazione, 
e  la  sua  critica  compariva  sana  ed  imparziale.  Si  astenne  dal  matrimo- 
nio, per  quanto  sensibilissimo  si  affezionasse  con  tanta  facilità  da  po- 
tersi anche    dir    soverchia .    Certamente    non    sfuggiva  i  pesi  di  quella 

(1)  Questi  versi,  e  quelli  con  i  quali  termino  la  Biografìa  son  tolti  da  due  com- 
posizioni poetiche  anonime  pubblicate  in  morte  del  Gerbi. 


317 

onorala  unione,  giacché  ullroneamenfe  si  incaricò  di  far  quasi  da  pa- 
dre con  esemplare  carila  cristiana  ai  lii^li  di  un  suo  atFezionato  servi- 
tore. Meno  poi  dovea  disprezzarne  i  sollievi,  perchè  io  l'ho  udilo  in 
eia  avanzala  sempre  lodare  e  consigliare  lo  sLato  matrimoniale,  e  sem- 
pre avvisare  il  poco  airello  delle  persone  mercenarie  lamentando  il  suo 
stato,  e  terminare  coli' esclamazione:  vce  soli!  Serbò  illibatezza  di  co- 
stumi, ed  ogni  più  severa  regola  d'onesto  vivere.  Con  profondo  rac- 
coglimento vedeasi  frequentissimamente  prostrato  avanti  i  Sacri  Altari, 
e  appena  dalle  cose  create  divertiva  la  mente  tosto  la  fermava  nel  Crea- 
tore pel  desio  di  poter  nell' eternità  meglio  contemplarne  la  stupenda 
sapienza  . 

Sommamente  questi  caratteri  contribuirono  ad  accrescere  nei  più 
la  slima  del  Cerbi,  e  fu  per  i  genitori  molto  teneii  verso  i  iìgli  gran 
conforto  a  lui  raccomandargli.  JN eli' occasione  che  gli  venne  alìidaia  la 
custodia  di  un  Signore  Pistojese  il  qual  dovea  per  istruzione  fare  un 
giro  per  l'Italia,  principiò  il  suo  viaggio  per  la  bella  penisola,  che  poi 
compì  in  altre  due  volte  approfittando  delle  lunghe  vacanze  dell' Lini- 
versila.  In  questi  viaggi  visitò  tutti  quei  luoghi  che  richiamavano  l'at- 
tenzione di  un  letterato,  e  di  uno  scienziato,  e  assaissimo  eslese  le  sue 
relazioni.  Godeva  l'affetto  e  la  stima  di  molle  persone  per  meriti  chia- 
rissime, alcune  fra  le  quali  lo  trattavano  come  amico,  o  almeno  gii 
usavano  sommi  riguardi;  mentre  anch'  Egli  corrispondeva  loro  con 
grandi  cure.  Fra  questi  mi  occorre  per  quel  che  dito  ricordare  il 
Nobile  sig.  Carlo  Fabbroni  di  Pistoja  letterato  e  filosofo  distinto,  il 
quale  amò  tenersi  attorno  le  più  erudite  persone  con  tal  rispetto  da 
mostrare  quanto  in  menle  ben  fatta  meno  abbia  a  stimarsi  la  ric- 
chezza della  sapienza.  Affinchè  io  dia  luogo  al  vero  mi  sia  lecito  av- 
vertire che  il  Cerbi  spesso  più  approfittava  del  servigio  degli  amici  di 
quello  che  essi  potessero  far  conio  di  lui.  Il  fiale  dell' umanità  devesi 
in  qualche  cosa  sempre  dimostrare,  ed  in  lui  sommamente  nell'amore 
per  i  propri  comodi  si  ravvisava.  Lo  che  adombrava  talvolta  quelle 
lanle  virtù  che  in  grado  eminente  e'  possedeva,  e  dava  ai  malignanti 
luogo  di  denigrare  il  di  lui  merito.  A'on  però  che  mai  in  disistima 
venisse  il  suo  nome;  anzi  da  tutti,  non  esclusi  quei  che  in  ciò  più  lo 
aggravavano,  riscosse  sempre  onori,  ed  attestati  di  rispetto  alla  sua 
abdiià,  e  di  ilducia  nella  sua  probità.  Il  Governo  gli  afiìdò  ingerenze 
di  somma    fiducia,  e   gravezza:  ed  a  cagion    d'esempio  nel  9  Gennajo 

40* 


518 

del   18  i3  da  quell'Impero   che  erge  vasi  come  modello  al  mondo  Intero 
essendo  stabilito  in  Pisa  il  Pensionato  Accademico,  luoao  come   oanun 
sa  ove  si  reclutavano  coloro  che  si  stimavano  degni  a  servir  la  patria 
nella  milizia  togata,  il  nostro  Professore  fu  scelto  a  Direttore  di   quello 
stabilimento.  Né  le  premure  che  Egli  per  essere  da  tale  ufficio  disimpe- 
gnalo fece  col  mezzo  del  suo  amico  sig.  Carlo  Fabbroni ,  membro  allora 
a  Parigi  del  Corpo  legislativo,  poterono  rimuovere  il  Gran  INIaestro  del- 
l'Università dalla  presa  deliberazione,  nel  Gerbi  riconoscendo  le  qualilà 
necessarie  alla  buona  direzione  del  Golleaio  che  dovea  raccogliere,  edu- 
care,  e  portare  al  perfezionamento  le  speranze  della  pubblica  istruzione. 
Confermò  poi  il  fatto  non  essersi  quel  Senatore   ingannato,    poiché   sotto 
la  direzione  del  Geibi  fiorì   sommamente  il  nuovo  stabilimento,  e  dimo- 
stro la  saviezza  ed  accortezza  somma   da   lui   usata    nello   scegliere  abili 
sottoposti,  e  alunni  di  molto  ingegno.  Nel  breve  tempo  che  questa  scuola 
normale  rimase  in  piedi  n'escirono   tanti  buoni  allievi  da   far   udire  non 
solo  dispiacere  generale  alla  soppressione  di  quella,  ma  rimanere  tuttora 
vivo  ne'  più  savj   il  desiderio  di    vederla    ripristinata  a   vantaggio    della 
pubblica  istruzione.  E  può  dirsi  che  le  vicende  de'  tempi  ne  imponessero 
l'abolizione,  poiché  il  nuovo  Governo  riconoscente  eli  ottimi  servigi,  eoa 
larghissima  pensione  attestò  al  Direttore  la  dovuta  gratitudine.  Mancato 
quello  stabilimento,  non  mancò  il  motivo  di    vedere  attorniato  il  Gerbi 
da' più  bravi  giovani;   e   come    avanti,    cobì    maggiormente   dopo  quello 
comparve  la  sua  casa  luogo  di  riunione   dei   distinti  scolari   dell'Univer- 
sità, e  di  altre  chiarissime  persone.  Non  sdegnava  Egli  patrocinare  presso 
i  più  elevali   superiori,   e    presso   lo    stesso   Regnante   i   meriti  nascenti 
della  gioventù,  ed  assumersi  mille  altre  premure  che  servirono  a  caratte- 
rizzarlo protettore  degli  studio;i.  Tanto  si  era  radicato  il  credito  di  una 
sua  raccomandazione,  che  ogni  postulante  per  cose    di   studio    voleva  es- 
serne munito,  e  ottenuta  la  raccomandazione  fidava  della  grazia.  A  questo 
avea  [  )rtalo   il   buon  esilo  che  spesso  per   lui  ì   supplicanti  ottennero, 
e  la  deferenza  che  molti   superiori    dimostrarono  al  savio  consiglio  del 
canuto  fdosofo .  Erano  da  tal  prudente  esperienza  diretti   i  suoi  consigli 
che  ben  rare  volte  apparvero  fallaci,  e  sempre  atti  a  persuadere  perchè 
appoggiali  al  ragionamento .  Quindi  a  buon   diritto  dovea   in   luì  per  gli 
atlari  dell' Università  comparire  un  Savio  che  senza  autorità,  e  colla  sola 
sua  reputazione  potea  impedire  gli  abusi,  e  sostenere  il  buon  ordine.  Che 
se  qualcuno  in  tanto  favore  al  vederlo  salilo  con  maledica  lingua  confuse 


319 

la  giusta  carità,  la  filantropia,  e  l'amore  per  l'Università  col  vergo- 
snoso  intriso,  ebbe  chiaro  motivo  di  tacersi  nell' essersi  il  Gerb«  tenuto 
lungi  da  accattati  onori,  e  da  pomposi  titoli.  Consegui  negli  ultimi  suoi 
anni,  mercè  le  benefiche  leggi,  un'annua  copiosa  provvisione,  pure  ne- 
anche menomamente  arricchì ,  e  solo  gli  rimase  da  poter  decorosamente 
sostenere  i  suoi  bisogni,  e  da  ricompensare  come  fece  col  suo  ultimo 
testamento  quelli  che  avevano  preo  cui'a  della  sua  domestica  vita. 
Per  le  altrui,  non  mai  per  le  sue  premure,  riteneva  non  meno  che  nove 
diplomi  di  Società  scientifiche,  fra'  quali  alcuni  di  molto  onore  (i); 
piccoli  premj  de' suoi  pregiati  lavori.  Fu  anche  dalla  Munificenza  di 
S.  A.  I.  e  R.  il  Granduca  di  Toscana  Leopoldo  II,  per  tanti  vantaggi 
resi  allo  Stato  nella  pubblica  istruzione,  decorato  della  Croce  del  Merito 
sotto  il  titolo  di  S.  Giuseppe  in  un  tempo  (2)  che  escludeva  ogni  sodi- 
sfazione  di  ambiziosi  desiderj,  e  nel  quale  ognuno  lo  avrebbe  voluto  ve- 
dere di  questo  e  di  ogni  altro  distintivo  d  onore  fregialo.  Egli  aveva 
ogni  animo  inteso  alle  pratiche  religiose,  ed  alla  esecuzione  degli  oneri 
del  suo  impiego;  e  fino  all'ultimo  anno  della  sua  vita  seguitò  a  so- 
disfare alle  due  cattedre  di  Fisica  teorica,  e  di  Astronomia  con  tale 
esemplare  diligenza,  che  sebben  vecchio  ed  aggravato  da  mille  incomodi 
di  salute  spesso  alla  fine  delTanno  scolastico  potea  notare  di  non  aver 
fatta  neppure  una  vacanza,  del  che  si  compiaceva  darsi  vanto  a  con- 
fronto di   altri  assai  meno  avanzali  in  età. 

La  vita  e  le  forze  sembravano  mantenersi,  e  neiili  estremi  in^aaliar- 
dirsi  acciocché   la  più   bella  corona  di   gloria  fosse  il  compimento  di  sì 


(1)  Fra  le  carte  del  Gerbi  ho  ritrovati  i  seguenti    diplomi,  che  portano  le  date 
qui  appresso  scritte  : 

Accademia  Etrusca  di  Cortona  .  1789. 

Regia  Società  di  Scienze  di  Gottinga.    1795. 

Accademia  di  Scienze  di  Pistoja.   1803. 

Accademia  dei  Georgofìli.  1804. 

Reale  Istituto  d'incoraggimento  di  Napoli.    1810. 

Reale  Accademia  di  Torino.   1820. 

Accademia  Labronica.   1821. 

Accademia  della  Valle  Tiberina  Toscana.  1832. 

Accademia  delle  Scienze  di  Palermo.   1835. 

(2)  Cioè   dopochò    ebbe   coperta  la  carica   di   Presidente  nella    prima    Riunione 
dogli  Scienziati . 


320 

decorose  azioni.  L'onore  che  ognuno  avrebbe  desiderato,  che  la  storia 
consegnerà  ai  secoli  avvenire,  era  riserbalo  a  quell'uno  che  di  vane  ono- 
rificenze mai  si  era  curato;  di  questo  però  onestamente  si  compiacque  e 
si  accese,  e  tutta  Italia  ne  lo  applaudi.  Il  primo  di  Ottobre  del  iSSg  ac- 
corsi in  gran  numero  in  Pisa  dotli  scienziati  da  tutte  le  parli  d'Italia, 
con  molli  esteri  rinomatissimi  alla  prima  Riunione  che  dovea  tenersi  per 
l'avanzamento  delle  scienze  naturali ,  perchè  era  slato  stabilito  che  pre- 
siedesse il  seniore  fra  i  cattedratici  italiani  allora  presenti,  fu  proclamato 
il  Gerbi  Presidente  generale  del  Congresso.  Con  quanto  piacere  si  inlese 
la  nomina  del  Fisico  di  Pisa,  con  altrettanta  sodisfazione  si  ammirò  l'ot- 
timo modo  da  esso  tenuto  nell' ordinare  e  ben  dirigere  le  cose  di  quella 
nobilissima  festa  nazionale.  Con  applaudila  virtù  Egli  cedendo  quasi 
porzione  della  propria  autorità,  polche  sapeva  che  l'onor  suo  sarebbe 
venuto  dal  conseguito  fine,  amò  di  unirsi  a  consiglio  coi  Presidenti  delle 
sei  sezioni  nelle  quali  fu  parlilo  il  Congresso.  E  per  tal  via  ottimamente 
seppe  vegliare  al  buon  andamento,  opportunamente  promuovere  gli  or- 
dini, e  1  provvedimenti  dal  bisogno  richiesti,  e  saviamente  compilare  i 
regolamenti  generali  per  le  annue  future  Riunioni.  Per  non  far  pompa 
del  suo  grado  guardossi  dal  comparire  nelle  adunanze  particolari  ove  di- 
scutevansi  i  soggetti  scientifici,  mentre  poi  la  fece  da  distinto  scienziato 
con  quel  dottissimo  lavoro  sulla  storia  delle  scienze  in  Italia  pieno  di 
savie  filosofiche  riflessioni,  che  già  ho  detto  essere  stato  da  lui  letto  nella 
prima  adunanza  generale,  e  aver  dato  cominciamento  al  Consesso.  Gran- 
dioso e  commovente  spettacolo  fu  il  vedere  nella  grand'  aula  dell'Univer- 
sità di  Pisa  raccolti  gli  Scienziati  naturalisti  d'Italia,  e  attenti  a  quei 
detti  che  il  buon  vecchio  proferia  più  animati  che  da  vigorosa  gioventù, 
e  che  altamente  suonavano  nel  cuore  dei  dotti.  Per  i  quindici  giorni  che 
ebbe  luogo  la  Riunione  instancabile  si  mostrava  in  ogni  azione  il  Presi- 
dente, e  ben  si  vedea  che  lo  spirito  sosteneva  lo  spossato  corpo,  perchè 
languente  si  fé'  il  suo  aspetto  all'ultima  adunanza  generale.  Venerando  per 
lunghi  e  grandi  servigi,  incuteva  rispetto  col  decoroso  sembiante:  grave 
di  corpo,  e  già  curvo  per  gli  anni,  cadenti  le  guance  che  già  fur  piene 
e  rotonde  nella  prima  gioventù,  bianco  come  neve  e  rado  il  crine,  ru- 
gosa la  fronte,  vivo  lo  sguardo,  mal  concia  la  bocca,  raccoglieva  le  lan- 
guide forze,  e  con  animo  commosso  pella  circostanza  mandava  dall'infer- 
mo petto  una  voce  tremante,  e  penetranti  parole  dirette  a  sciogliere  il 
Congresso.  Parole  di  reverenza,  di  affetto,   e  di  gratitudine  verso  i  Sa- 


521 

pienti  che  con  tanta  dottrina  avevano  dato  lustro  alla  Riunione,  verso  la 
Città  di  Pisa  che  aveva  con  pubbliche  feste,  e  in  mille  onesti  modi  ono- 
rati gli  illustri  Ospiti,  e  verso  S.  A.  I.  e  R.  il  Granduca  Leopoldo  II  che 
con  tanto  amore  per  le  scienze  aveva  dato  animo,  e  modo  d'intraprendere 
il  bel  costume,  che  due  volte  si  era  mosso  dalla  Capitale  per  illustrare 
colla  sua  presenza  le  particolari  adunanze  degli  Scienziati,  e  che  allora 
presente  accresceva  la  solennità  di  quell'ultimo  giorno  .  A  questo  magna- 
nimo Principe  dirigendo  il  detto  del  poeta  «  Semper  honos,  nomeU' 
que  tuwn,  laudesque  manebunt  ^3  (^i^  si  tacque  il  Savio.  Detto  memo- 
rando! Ultimo  che  Egli  proferi  in  pubblico,  e  con  tanta  solennità  e 
tanto  senno,  e  in  quella  Università,  ove  per  quarantanove  anni  si  era 
la  sua  voce  udita  ad  ammaestrare  la  gioventù  . 

Il  congedo  del  Presidente  era  per  lui,  e  per  gli  uditori  ben  diverso 
da  quello  dello  scioglimento  del  Congresso.  E  ben  coli' animo  presagi- 
vasi  da  ognuno   l'avvenire,   perchè    tanto    tempo  solo    gli    fu    concesso 
strascinare  il  cadente  corpo,  quanto  bisognò  a  ricevere  gli  omaggi  de' cul- 
tori delle  scienze  che  accorrevano  in  folla  alla  sua  casa  prima  di  partire 
da  Pisa.  Gli  convenne  guardare  dipoi  il  letto  della  morte,  per  lui  di- 
venuto a  sentimento  di   lutti  letto  di  gloria,  perchè  a  quello   l'avevano 
condotto  s\  nobili  fatiche.  La  sua  ultima  malattia  fu  un  accrescimento  di 
tutti  quegli  incomodi  che  continuamente  in  vita  lo  afflissero  :  si  aggravò 
il  petto:  cominciò  a  voler  lo  stomaco  poco  cibo:  ed  una  lenta   febbre 
consumò  le  forze.  Rimasero    assai  vigorose   quelle  della    mente  perchè 
potesse  seguitare  le  cose  relative  al  Congresso,  e  desiderare  la  presenza 
dei  suoi    più  cari,  e  attendere  i  soccorsi    della    religione,    ed    aspettar 
tranquillo  l'ora  estrema.  La  Croce  dell'Ordine  del  Merito,  conferitagli 
nel  a4  Ottobre,  era  dal  cristiano  Filosofo  stata  ricevuta  qual  ornamento 
del  funebre  suo  tumulo,  e  sol  quest'uso  lagrimevole  essa  avrebbe  avuto 
essendo  l'insignito  morto  nel  ao  Decembre  dell'anno  stesso    1809,    se 
non  fosse  valuta  a  sanzionare  pubblicamente  la  benemerenza    di  sì  di- 
stinto Professore. 

Giovani,  care  speranze  della  patria,  con  il  maestro  perdeste  il 
padre:  Colleghi  chiarissimi,  mancò  col  Cerbi  gran  lustro  e  grand' ap- 
poggio all'Università  di  Pisa.  Italiani    cultori  delle  scienze  naturali,  il 

(1)  Virgilio.  Egl.  V.  vers.  78. 


322 

gran  precettore  della  Fisica  non  è  più:  Voi  (mi  piace  di  essere  con  imo 
di  quei  che  sentirono  la  grave  perdita  ) 

ì^oi  lo  scontraste  quasi  al  passo  estremo, 
Itali  Soji .  ..  Il  venerando  Veglio, 
Cui  poc  anzi  corona 
Faceste,  giace  nel  sepolcro .  Speglio 
Ne  sia  de' fati:  un  grido 
Oggi  di  plauso,  domani  risuona 
Grido  feral  di  pianto  !  Addio  supremo 
Gli  deste  allor  ;  ma  fido 
Un  suo  ricordo  in  Voi,  che  spento  o  scemo 
Non  fia  dagli  anni  e  dall'  oblio ,  serbate, 
E  meco,  itali  Sofi,  lacrimate . 


X.UIGI    PACINOTTI. 


§J  2  St  '^ 


R 


ELAZ105E    DEL    SeGRETABIO    GENERALE pag.    m 


Regolamento  generale  per  le  anmali  Ricmom  Iialia>'B a 

Divisione  delle  Sezioni ■ 

Sezione  di  Fisica,  Chimica  e  Matematica » 

Adunanza  1.^ n 

o  a .  .     .„ 


o. 

^    3 


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1 

3 

8 
11 

19 
24 
29 

39 
49 
51 
34 
38 
61 
67 
75 
86 
96 
99 


Sezione  di  Geologia,  Mineralogia  b  Geografia .  » 

Adunanza  1.^ » 

2.» » 

» 

o/ 

6.» » 

7.* 

Escursione  geologica  al  Monte  Pisano » 

Adunanza  8.^ » 

Sezione  di   Botanica  e  Fisiologia  vcGEXABaE >  107 

Adunanza   1.^ »  109 

>         2.* »  115 

Escursione  botanica ill6 

Adunanza  ó.^ s  118 

.         4.* »  124 

.         5.' >  127 

»         6.' B  135 

7/ »  141 

.         8.* >  147 

Sezione  di  Zoologia  ed  Anatomia  comparativa »  133 

Adunanza   1/ »  153 

2.* »  138 

•  ó.^  .  .  .  .  ^ »  160 

.    4* »  164 

.    5.' »  170 

.    6.* »  173 

Relazione  dei  Comniissarj  incaricali  d'esaminare  la  Scolio  flavi frons »  179 

•  7.' 185 


524 

Sezione  di  Medicina pag.  187 

Adunanza  1.* »  189 

»         2.» »   195 

»         3.* »   197 

»         4.* 202 

>         5.» 206 

»         6.* .211 

»         7.» .215 

.         8.» «   220 

Sezione  di  Agronomu  e  Ticxologia •    % >  231 

Adunanza  1.* .     »  253 

.         2.» .237 

*         3.» 239 

.  4.» 243 

»         5.» »  247 

»         6.» 252 

»         7.» ,254 

»         8.» .238 

»         9.» 260 

Invito  a  tut(i  gli  Agronomi 268 

Indicazione  della  residenza  e  ore  di  adunanza  delle  Sezioni >  270 

Orazione  del  Prof.  Rosini  per  l'inaugurazione  della  statua  dei   Galileo 271 

Biografia  del  Prof.  R.  Gerbi »  297