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1839
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http://www.archive.org/details/attidellaprimariOOriun
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ATTI
DELLA
PRIMA RIUNIONE
DEGLI SCIEIVZIATl ITALMI
TEI¥IJXA IHf PI!§Jl
nell'ottobre del 1839
SECONDA EDIZIONE
AUMENTATA DELL'ORAZIONE DEL PROF. ROSINI PER l' INAUGURAZIONE
DELLA STATUA DEL GALILEO E DELLA BIOGRAFIA DEL CAV. PR. GERB!
PISA
1840
500
""35
RELAZIONE
2f32
PROF. F. CORREDI
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l'Italiani che applicano l'animo alle discipline che diconsi
naturali, possono esser lieti di avere a questi tempi conseguito
quanto v' ha di più degno tra le ricompense concesse agli studj ,
da che la reverenza verso le loro onorate fatiche e valsa a far
sorgere tra noi una istituzione nobilissima profìcua grandemente
alle scienze. Tale per vero si è la istituzione delle annuali Riu-
nioni dei naturalisti, che la Illuminata Sapienza di S. A. I. e R. il
Granduca di Toscana consentì che avessero cominciamento ne' suoi
Stali. Questa istituzione gioverà a promuovere le discipline na-
turali, non meno che a mantenerle nel debito onore , e ad impe-
dire che si allontanino dal loro fine, quale è quello di far tesoro
dei fatti per trarne poi conseguenze profittevoli alle arti. Che se
tali vantaggisi debbono tenere per certi, come lo sono veramente
per universale consentimento, io non saprei per quale altro modo
si potesse meglio giovare alle scienze, neper quale altra via fosse
dato incoraggiare viemaggiormente i loro assidui e generosi cul-
tori, cui sino a qui appena era concesso desiderare un tanto bene,
nonché sperarlo.
'fHZQa'3
IV
L' ufficio eh' ebbi a sostenere di Segretario della prima Riu-
nione scientifica italiana, la quale si tenne in Pisa nell' Ottobre
del mille ottocento trentanove, vuole ora essere pienamente adem-
piuto . Il perchè verrò parte a parte esponendo non tanto le cure
degli uomini valorosi che vi concorsero, quanto quello che la
munificenza del Principe ordinò per il lustro e decoro del loro
Consesso, e quello altresì che la Città volle disporre in tale occa-
sione. Quanto io narrerò come sarà per me gradita materia, slimo
che sarà insieme argomento dilettevole per gl'Italiani tutti a' quali
ogni cosa che torni a onore della patria che ci è comune deve
e per sentimento e per debito riuscire carissima.
L' Italia ricorderà per lungo tempo i nomi di sei chiarissimi
Uomini che furono i lodevoli promotori di questa prima scienti-
fica Riunione nazionale. Son dessi il Principe Carlo Bonaparte,
il Commendatore Vincenzio Anlinori, il Cav. Prof. Ciò. Battista
Amici, il Cav. Gaetano Giorgini, il Prof. Paolo Savi, e il Cav.
Prof. Maurizio Bufalini. Il giorno ventotto INIarzo del decorso anno
mille ottocento trentanove essi annunziarono come S. A. I. e R.
il Granduca nostro Signore avrebbe, per impulso di singolare
benevolenza, permesso che si tenesse in Toscana una Riunione
scientifica alla maniera di quelle che si ammirano principalmente
in Inghilterra e in Germania (1). Al Granduca Leopoldo II si
deve adunque l' immenso beneficio di aver fatta sorgere in Italia
questa lodevole istituzione. Ed in vero bene è ragione che quelle
cose le quali tornano a pubblica utilità si debbano intitolare del
nome del Principe cui piacque promuoverle o favorirle.
E qni conviene eh' io dica come pei suindicati Promotori
venissero confortati gli Scienziati tutti a riunirsi nel tempo delle
ferie autunnali dello stesso anno in Pisa, che gli splendidi titoli
riunendo di dotta, di gentile, di ricca d'ogni cosa profittevole al
.><»^
V
ben vivere, si reputava ciiià alta ad accogliere degnamente I
naturalisti italiani . Erano qualità volute per essere ascritto fra i
membri del Consesso il nome di cultore distinto delle scienze
matematiche e naturali, il grado di Uffiziale del Genio, quello
d'Ingegnere delle Miniere, in fine lo appartenere ad una delle
principali Accademie scieniifiche italiane o straniere.
Al ricordato annunzio altro ne successe il giorno tredici
Agosto, il quale aggiunse che S. A. I. e R. erasi degnata conce-
dere che le adunanze scientifiche avessero sede nel Palazzo della
Università degli Studj, che diciamo Sapienza (2). Per questa
guisa veniva splendore novello al luogo già fatto iUustre dal
Galileo, e da mille e mille uomini chiari. Per questo annunzio
si aggiunse eziandio che una Deputazione (la quale poscia si
compose dei Professori Giacomo Barzellotti, Ferdinando Foggi,
Paolo Savi e Francesco Puccinotti, e dei Signori Cav. Alessan-
dro Rosselmini e Antonio Del Rosso) sedente nel Palazzo sud-
detto, avrebbe accolti gli Scienziati e verificati i loro titoli per
istituirli membri della Riunione.
Tali sollecitudini riuscirono a ottimo fine. Nella prima metà
dell' Ottobre quattrocento ventuno Scienziati , fra italiani e stra-
nieri, erano in Pisa convenuti pel nobilissimo oggetto del quale
già dissi.
Il primo giorno del mese fu sacro agli atti del culto. Nella
Primaziale della città gli Scienziati Cattolici assisterono alla messa
solenne, colla quale invocavansi le celesti benedizioni sul dotto
Consesso. Celebrato il Sacrifizio divino, adunatisi nel Palazzo
della Università fu loro cura di proclamare a Presidente generale
il Prof. Ranieri Gerbi seniore dei cattedratici intervenuti (3); il
quale tosto si fece ad eleggere il Segretario generale della
Riunione.
Nel giorno appresso altre cure trattennero gli scienziati;
quelle cioè che si usarono onde il Consesso venisse partito, se-
condo r uso, in sezioni. Il numero e gli studj degl'intervenuti ne
VI
addimandarono sei: quelle della Chimica, Fisica e Matematica;
della Geologia, Mineralogia e Geografìa; della Botanica e Fisio-
logia vegetale; nonmenochè le altre della Zoologia ed Anatomia
comparativa; dell' Agronomia e Tecnologia; della Medicina. A
ciascuna sezione fu necessario destinare un Presidente, a questi
aggiungere talora un Vice-Presidente, sempre per altro uno o
più Segretari secondochè la sezione doveva o no essere suddivisa
in parti. I Presidenti eh' io dico, secondo l'ordine delle suindicate
sezioni furono: il Cav. Prof. Confìgliachi, il Prof. Sismonda, il
Cav. Prof. Gaetano Savi, il Principe Carlo Bonaparte, il Mar-
chese Ridolfì, il Cav. Prof. Tommasini. La loro elezione si fece
per schede segrete dai membri delle sezioni . Di queste sezioni
solo la botanica, la zoologica e 1' agronomica ebbero un Vice-
Presidente. Vice-Presidente alla prima fu il Prof. Giuseppe Mo-
retti, alla seconda il Cav. Giacinto Carena, all'ultima il Prof.
Giuseppe Gazzeri. I Presidenti poi chiamarono a Segretarj Lodo-
vico Pasini e il Prof. Gene, l'uno per la sezione di Geologia,
l'altro per quella di Zoologia; il Dott. Gera per la sezione agro-
nomica, il Prof. Puccinotti per la sezione medica. Quanto alla
sezione fìsico-chimico-matematica è a dirsi che il Cav. Prof, Con-
fìgliachi riputando utile di suddividerla in due sotto-sezioni, asse-
gnò come Segretario all' una di Fisica e Chimica il Prof. Paci-
notti, air altra di Matematica e Astronomia il Prof. Vincenzo
Amici. Lo stesso si praticò dal Cav. Prof. Gaetano Savi; il quale
partendo la sezione da esso presieduta nelle due sotto-sezioni di
Botanica, e di Fisiologia vegetale, dette ad esse respettivamente
come Segretarj il Dott. Bìasoletto, e il Prof. Narducci .
I Presidenti delle sezioni lostochè furono eletti constitui-
ronsi congiuntamente al Presidente generale in consiglio perma-
nente; il quale, tenendo quotidianamente le sue adunanze, ve-
gliava al buon andamento della Riunione. Da esso muovevano
gli ordini e i provvedimenti dal bisogno richiesti; da esso pen-
deva ogni cosa che potesse risguardare l'intero Consesso degli
VII
Scienzlali. Il perchè prima cura del Consiglio fu la compilazione
dei Regolamenti generali per le annue Riunioni, de' quali a suo
luogo mi occorrerà ragionare .
Olire la divisione del Consesso in sezioni, nel secondo gior-
no del mese si fece tale solennità, che tornò a grande onore dei
Cittadini da cui fu generosamente promossa. Molte anzi infinite
parole di lode si debbono a quei benemeriti , i quali posero ogni
cura perchè sorgesse tra noi, col sussidio di volontarie oblazioni,
e mercè la Sovrana Munificenza, un monumento che facesse
fede per lunghissima età come qui nacque e insegnò il massimo
Galileo, e ricordasse insieme i tempi più gloriosi della Università
nostra. Al cospetto del monumento, che in quel giorno la prima
voltasi discuopriva, il Prof. Rosini celebrò le lodi del divino
Filosofo (4) . Gli eloquenti detti dell' illustre Oratore interrotti
di frequente dagli applausi de' molti che udivano, l'aspetto del
simulacro scolpito dal Demi che seppe in esso riunire i più bei
pregi dell'arte, la frequenza degli Scienziati e dei ragguardevoli
Cittadini, il luogo nobilitato dagl'insoliti adornamenti, gli ar-
monici concenti musicali, infine la pompa con che pei savi prov-
vedimenti de' civici Magistrati e de' Cittadini zelanti venne fe-
steggiato quel giorno, fecero ben vedere quanta sia la reverenza
nostra verso il massimo Filosofo, che primo sorse ad additare la
via del vero nelle discipline naturali . Gli Arcadi della Colonia
Alfea non lasciaron trascorrere una tale occasione senza offerire
in omaggio ai membri della prima Riunione scientifica che si
teneva in Italia le loro rime, che bene si adattavano a tanta so-
lennità (5).
Ma eccomi a ciò che più dappresso risguarda il consesso
degli Scienziati. Il giorno terzo di Ottobre fu quello della prima
adunanza solenne. Bello era il vedere nell'Aula maerna della
Università decorosamente apparecchiata i chiarissimi Uomini di
che la patria nostra si onora, e molti illustri Stranieri, e le
Autorità governative, ecclesiastiche e municipali, non che eletta
vili
parte del sesso gentile, che reverente anch' esso alle scienze fa-
ceva leggiadra corona all' assemblea . Era questo tale e siffatto
spettacolo da suscitare negli animi una profonda quanto inespli-
cabile commozione. Forse questo dolcissimo sentimento muoveva
dalla considerazione, non avere gli studj degl' Italiani nelle di-
scipline naturali mai ricevuto, sino a qui, omaggio di pubblica
reverenza siccome questo.
Il Presidente generale con mirabile semplicità di parole e di
modi sorse a dire una orazione, ben atta a svegliare negli ani-
mi degli ascoltanti generosi e nobili sentimenti; perocché ricor-
dava e mostrava con istorica verità, e con sentita carità verso
la Patria, quanto fu operato dai nostri a prò delle scienze. Ed
invero in un primo consesso di Scienziati Italiani il rammentare
quanto v' ha di glorioso per noi nella istoria delle discipline natu-
rali era non solo dilettevole, ma utilissimo tema, nò saprei dire
se altro ve ne avesse alla circostanza ed al luogo più conveniente .
Incominciando dal Galileo, da quegli cioè che operò la restau-
razione della Filosofia, e nel quale, come notò un solenne Stori-
co de' nostri tempi, riluce quanto di nobile abbia mai prodotto
la natura umana, l'Oratore, tenendo l'ordine de' tempi, fece de-
gl'Italiani illustri ed operosi cultori delle scienze cosi savia e di-
ritta ricordanza, da convincere ognuno che sebbene la nostra più
avventurosa età sia oggimai trascorsa, nullameno perchè un tem-
po fummo maestri, e perchè quando la Filosofia riluceva tra noi
altrove erano tenebre, possiamo a buon dritto riputare la patria
nostra madre della odierna sapienza. Narrare come grande fosse
il Gahleo sarebbe stata nonché perduta opera, gravissima onta
pei sapienti Uomini ai quali il Presidente volgeva le sue parole;
perciocché tutti sanno eh' ei fu quell' altissimo ingegno che primo
giovandosi dell' osservazione e dell' esperienza, e sprezzando i
sistemi ideali, dette vita alle discipline scientifiche. Il perchè
r Oratore solamente mostrava come allo studio infinito che pose
quel Grande nelle speculazioni geometriche si deve il segnalato
IX
beneficio della restaurazione della Filosofia, e quella libertà di
pensiero che infranti i legami dei sistemi scolastici dette all' Italia
il Torricelli, il Viviani, il Redi, il Magalotti, ed altri molti che
da Firenze difìfusero luce per tutta Europa. Così il Presidente
ravvisando in Galileo il misuratore del moto degli astri, lo scuo-
pritore de' satelliti di Giove e delle macchie del Sole, della bi-
lancia idrostatica e del compasso di proporzione, quegli insomma
che per trovati ammirabili dischiuse nuove vie agi' indagatori
dell' economia dell' Universo, richiamava le menti alla contem-
plazione di cose, che certo più divine che umane agli occhi nostri
appariscono. Volendo poi dimostrare quanto quel sovrumano in-
telletto valesse nel ridurre i più alti concetti a pratica utilità
venne partitamente esponendo le sue sublimi scoperte, le cose
cioè per le quali durerà eterno il suo nome» Tanto l'Oratore
ebbe a dire intorno al Galileo, e perchè tornasse vano il rim-
provero che lo Storico d'Inghilterra (David Hume ) osò fare
agl'Italiani, e perchè sebbene trascorressero più secoli, pur tut-
tavia le dottrine di quel massimo Ingegno si fanno ogni giorno
più salde, ben altrimenti di quelle del Cartesio, del Gassendo
e del Leibnitz .
Erano questi i prcludj della orazione; nella quale il chia-
rissimo Presidente venne mano a mano svolgendo l'intero siste-
ma della filosofìa naturale, narrando e dimostrando come tutte
le parti di essa fossero con buon successo promosse o perfezionate
dagl'Italiani. Tre poi furono le parli nelle quali ad esso piacque
dividerla; l'una delle scienze matematiche, l'altra delle scienze
che dipendono dall'esperienza, rnliiraa di quelle che stanno
tutte nella osservazione. Le scienze matematiche sono tra le di-
scipline naturali, perchè dagli oggetti esternisi dipartono, e solo
da essi, come tengono i più, prendono le nozioni fondamentali
del numero e della estensione. Vero è che le matematiche da
quelle nozioni all' infuori sono scienze meramente razionali, e
nieni' altro che speculazioni dell' intelletto .
b
X
Parlando l'Oratore di quesie scienze toccò in prima delle
matematiche pure, e fra i molti geometri accortamente distinse
il Cavalieri, al quale deve l'Europa i primi germi di quel trovato
che al dire del D'Alembert segna V altissimo grado di perfezione
cui r intelletto umano può giungere. Agevole è per ognuno il com-
prendere come per tali parole si accennasse a quella scoperta che
Germania e Inghilterra tuttor si contendono, e che attendeva la
spiegazione, e la illustrazione più vera dall' italiano Lagrange. Ne
discorrendo questa materia tralasciava il Presidente di ricordare
il Mascheroni, il Riccati, il Gagnoli, Maria Gaetana Agnesi che
tanto lodevolmente lesse le matematiche nella Università di Bolo-
gna 5 non tacque del Lorgna cui dobbiamo l'istituzione di quel
celebratissimo consesso di Scienziati che del nome di Società Ita-
liana s' intitola ; non tacque di Pietro Paoli onore delle Scuole
toscane; ne lasciò indietro il Brunacci, il Bordoni, il Fossombro-
ni, il Giorgini, il Libri, il Magistrlni, il Mainardi, il Mossotti, il
Piola, il Plana, il Rangoni, il Tramontini, e più altri pregiatissi-
mi autori di profonde opere matematiche.
Questo delle matematiche pure. Quanto alle miste, d'uopo
era il rammentare i principi, le dottrine fondamentali, le utili il-
lustrazioni che esse debbono ai nostri. Così dicendo della Mecca-
nica giovavagli di ricordare, dopo il Galileo, i suoi discepoli, e
l'aureo libro della Meccanica analitica, e le applicazioni che già
fece il Lagrange del principio delle velocità virtuali. Rispetto al-
l' Idromeccanica piacquegli di richiamare la nostra attenzione sul
discorso del Galileo intorno alle cose che stanno in su l'acqua o
che in quella si muovono, nel quale si contengono i veri e saldi
principi della scienza dell'equilibrio e del moto dei fluidi; dopo
diche egli fece onorevole menzione del Castelli, del Torricelli,
del Viviani e d' altri insigni che rivolsero i loro siudj alla Idrauli-
ca teorico-pratica; ricordò il Guglielmini , il Manfredi, il Grandi,
il Polenijil Frisi, il Perelli, lo Zendrini, lo Ximenes; nò, per
venire ai tempi nostri , tralasciò di rammentare il Fossombroni ,
XT
il Paoli, il Lorgna, il Mengoui, il Bidone, il Venluroll, il Ma-
selli e il Cavalieri San-Bertolo, i quali lutti scrissero opere loda-
tlssime sulla scienza idraulica .
Scendendo poi a dire dell'Acustica, dopo Galileo che in
essa pure fu primo quanto allo studiare le oscillazioni delle cor-
de, ricordò gli Accademici del Cimento per le sperlenze sulla
celerità del suono da quei benemeriti tentate, e parlò insieme del
Tarllni che molto contribuì a stabilire un sistema matematico di
musica, del Lagrauge, e per ultimo del Riccati che mirabiU
menle scrisse intorno ai fenomeni del suono.
Poste tali cose, veniva alla Fisica celeste: ed a mostrare che
in Italia nacquero o s'istruirono quelli che ne gettarono i fonda-
menti, uopo fu al Presidente il parlare degli studj che qui fece
un tempo il Copernico, e dire insieme come sia ritrovamento
degl'Italiani non solo il telescopio diottrico lasciatoci dal Galileo,
ma ben anche il caiadioitrico idealo e costrutto dallo Zucchij co-
me il Newton a stabilire il principio della gravitazione univer-
sale delle dottrine del Galileo si giovasse^ e come poi, venendo
a tempi più prossimi, il Cassini, il Piazzi, l'Oriani, il Carlini, il
Plana, il Santini, ringhlrami abbiano grandemente contribuito
ad elevare la Fisica celeste e l'Astronomia a queirallisslmo grado
di perfezione in cui è di presente .
Passando poi alle Scienze sperimenlali ragionò della Chi-
mica, la quale ebbe nel Sala da Vicenza il primo che filosofìca-
menle l'esponesse, e che per le sperlenze del Redi su i sali, e
di altri Accademici del Cimento giunse ad acquistare forma di
vera scienza. Ne trascurò di far parole di lode del Brugnatelll ,
del Dandolo, del Gazzeri, del Taddei, del Branchi, le opere
de' quali hanno giovato non solo a vantaggiare la Chimica, ma
sibbene a renderne piìi agevole e piià sicuro lo studio.
Così fu della Fisica sperimentale. Sorta con alcune sperlenze
del Galileo avanzò non poco per gli Accademici del Cimento,
che a ragione può dirsi creassero l'arte di sperimentare. Accolta
XII
quest'arte, e di nuovi mezzi arriccliiia dagli stranieri, operò to-
sto nelle mani del Boyle ed in quelle del Guerick e del Marlotte
le utili cose che ognim sa. Ma noi ahbiam tale che lutti avanza,
Alessandro Volta, il quale per gli apparali elettrici, per l'elet-
tromotore, e per le sue nuove dottrine, veramente può dirsi quel
sommo dei nostri tempi che preparò all'Italia una novella età
per la Fisica. Ed invero sorsero al fianco di lui quel valente suo
iuterpetre il Confìgliachi, e vennero ancora a fare sempre più
ricca la Fisica, il JMarianini, il Nobili, il Be'lani, il Belli, ed
il Melloni, quegli cioè cui dobbiamo la teorica del calorico rag-
giante, e molle altre originali scoperte, e Tinvcuzione di maravi-
gliosi strumenti .
Che se dalla Fisica sperimentale si passa a quelle discipline
che tulle muovono dalla osservazione, ed a quelle che dalla os-
servazione insieme e dalla esperienza dipendono, facile si e lo
scorgere quanto desse ancora avanzassero per opera degl'Italiani.
Era difatti, come avvisò l'Oratore, promossa per gl'Italiani la
Botanica, che Italiani furono il Dondi, Ermolao Barbaro, il Mat-
tioli, il Cisalpino di cui anche i moderni hanno accolli e seguiti
i principj, o criterj che si vogliano dire, per la classazione delle
piante: era per gl'Italiani promossa la Fiiografia, che nostri fu-
rono il Micheli, il Malpighi, il Targioui; e sono nostri Gaetano
Savi, il Bertoloni, il Moris, il Tenore, il Yiviani, e il Moretti.
Che se la Fisiologia vegetale slette per lunga pezza senza avven-
turoso cultore in Italia, tempo alla perfine venne nel quale un
Italiano, Giovanni Ballista Amici, con strumenti mirabili, e con
pii^i mirabili osservazioni si fece anche in questo maestro agli
Stranieri .
Ne dissimile sorte ebbe presso di noi l'Agricoltura, la quale
ne' moderni tempi non deviò dalla strada segnatale dall'insigne
Crescenzio. Incoraggiata da savi ordinamenti governativi, pro-
mossa da scrittori chiarissimi, il Landeschi, il Paoletti, il Lasiri,
il Dandolo, il Re, il Targioni, l'Acerbi; il Lambruschini, il Riccij
XIII
il Carmlgnani, il Mari, il Malenolti, ed altri non pochi; promossa
ancora da Accademie di Scienziati (da quella de' Georgofili so-
prattutto), fatta ricca di utili sperienze, fra le quali sono ben
degne di memoria le non poche del Marchese Ridolfì, chiara-
mente apparisce che negl' Italiani non venne mai meno 1' amore
per la più necessaria delle arti.
Con non minore evidenza l'Oratore mostrò come gl'Italiani
ponessero l'ingegno e promovessero ancora con fortunato suc-
cesso la Storia Naturale nelle altre sue parti, l'Anatomia e la Fi-
siologia umana, la Medicina. Chiari sono i nomi del Mattioli,
dell'Aldovrando; chiara l'Accademia de' Lincei j illustre il Redi
che per l'ingegno e per la copia delle dottrine, e per il diritto
osservare e accorto giudizio nel conchiudere, avanzò ogni altro
della sua età. Ne dissimili da questi il Malpighi, il Yallisnieri,
lo Spallanzani che nella Zoologia tanto si profondarono; ne poco
illustri l'Aldovrando, il Fontana, il Manetti, il Rossi, Paolo Savi,
il Principe di Musignano, il Bonelli, il Ranzani, il Rusconi, il
Gene che presero in ispecial esame alcune parti della Zoologia, e
riuscirono ad airicchirle di nuovi fatti, e ad avanzarle grande-
mente. Che se da questi si volga la mente a coloro i quali si det-
tero alla Geologia, facilmente avverrà d'incontrare molli altri
uomini insigni. Ben lo notò il Presidente quando ad afforzare i
suoi detti ricordò lo Stenone, che come il Fabroni egli pure
pose fra i nosiri, l'Arduini, il Targioni che primi davano esem-
pio di utili osservazioni geologiche; nonmenochè il Breislack, il
Brocchi, il Marsari, il Sismonda, Paolo Savi, il Pasini e altri non
pochi che cjuesli nobili studj tanto felicemente coltivarono . Uo-
mini illustri al pari dei già ricordati furono ben anche quelli
che l'Oratore noverò quando prese a dire dell'Anatomia e della
Fisiologia umana. Ed invero i dotti tengono siccome sommi
l'Achillini, l'Eustachio, il Mondino, l' Aselli, il Borelli, il Mer-
curiale, il Bellini; come ancora, per venire a tempi recenti, il
Mascagni, il Rolando, lo Scarpa, il Panizza che le speculazioni
XIV
anatomiche condussero a maravigllosa perfezione . Erano essi
chiari, e ben degni di stare allato al Raraazzini, al Morgagni
che posero sommo studio nell'Anatomia patologica , ed a quelli
altresì che volti ugualmente a giovare all' umanità fecero loro
studio della Chirurgia. Però se dicendo degli scrittori di Medi-
cina lodò il Redi, il Baglivi, il Cocchi, nonmenochè il Borsierì,
il Rasori, il Borda_, il Tommasioi, il Bufalini, il Barzellotti, il
Puccinotti pei quali tutti a somma eccellenza pervennero le
Scienze Mediche, sapientemente fece dicendo ancora di Fabrizio
d'Acquapendente, di Alfonso Ferri, di Berengario da Carpi, del
Bertrandi, del Palletta insigni nell'Arte chirurgica, e che poi
furono emulati dal Nannoni, dallo Scarpa, dal Vacca, dal Re-
gnoli, uomini che il sommo dell'Arte loro toccarono.
Queste ed altre cose che nella orazione solenne discorse il
chiarissimo Presidente dovettero per certo convìncere ognuno
che sebbene nei tempi presenti la Francia, l'Inghilterra, la Ger-
mania e più altre nazioni abbiano vanto di grandi nella Filosofia
naturale, anche l'Italia conta non poche glorie, e non pochi il-
lustri uomini e valorosi.
Il vero di cui parlo, e che apparve ad ognuno degli ascol-
tanti per le parole dell'Oratore, riceveva novello conforto da un
fatto, del quale adesso conviene ch'io dica. Le molte lettere
a noi inviale da dotti stranieri a' quali doleva di non potere es-
ser parte della Riunione, e che dal Segretario generale furono
comunicate a tutti i Membri di essa all'occasione della prima
Adunanza solenne, furono veramente bellissima prova che gl'Ita-
liani si hanno tuttora presso i popoli pili culti come sapienti in
ogni maniera di fìsiche speculazioni.
E qui stimo opportuno il notare come tra le lettere stesse
alcune ve ne abbiano degne di particolare menzione . Il perchè
ricorderò quelle del Consiglier Fossombroni e del Conte Cesare
Saluzzo indirizzate al Prof. Sacchetti, quella del Segretario della
Società Italiana dei Quaranta al Cav. Prof. Giovanni Battista
XV
Amici, nonmenochè l'altra del Beaumond Membro dell' Isiitnio
di Francia al Prof. Sismonda, oltre a quelle dirette al Principe
di Musignano dal Decandolle, dall' Oavarofìf Ministro della Istru-
zione pubblica a Pietroburgo , dal Dupin, dai due Jeoffroi Salnt-
Hilaire, dall'Hekel, dal Muller e dal Principe Massimiliano di
Wrede : per ultimo non tacerò di quelle dell' Herschel e del
Babbage al Cav. Antinori, ne di quella del Dott. Bellingeri al
Segretario generale: dalle quali tutte apparisce che universale fu
il consenso dei dotti quanto al riconoscere la utilità di queste
scientifiche Riunioni.
Comunicate le lettere, il Segretario a nome del Presidente
generale si fece a proporre che fossero votati solenni ringrazia-
menti a S. A. I. e R. il nostro Munificentissimo Sovrano, come a
quello sotto i cui auspicj si riunivano per la prima volta gli
Scienziati in Italia. Le acclamazioni vivissime ed unanimi dei
molti adunati fecero ben conoscere quanto all'universale giun-
gesse gradita la doverosa proposta; dopo la quale non meno
grata fu l'altra che s'inviassero Deputati all'I, e R. A. S. onde
si adempisse per essi a quanto il desiderio di tutti voleva. E i
Deputati, che furono il Presidente generale ed i Presidenti
delle Sezioni, vennero accolli nel giorno sei di Ottobre da
S. A. I. e R. con queUa Clemenza, che delle sue molte virtù non
è la men bella .
I plausi e i voti comuni non si arrestavano, nella prima
Adunanza generale, a quelli che indicammo di sopra; perocché
tutti assentirono ancora che si rendessero grazie al Corpo Mu-
nicipale per le cure datesi nell' accogliere e onorare il consesso
degli Scienziati; e che sì esprimessero sensi di gratitudine per
retribuire in qualche guisa i benemeriti pei quali oggi il simula-
cro del Galileo si ammira dove quel Sommo cominciò a spargere
le sue dottrine. A tali parole che il Segretario disse a nome del
Presidente, tennero dietro quelle del Principe di Musignano
Carlo Bonaparte, il quale fattosi innanzi all'Assemblea, chiesta
XVI
ed ottenuta la parola dal Presidente, per questa guisa si espresse:
« Il paese nel quale ha avuto orìgine ( mercè la protezione del
Sovrano Illuminato cui abbiamo ora votato cosi dovuti ringrazia-
menti ) la Riunione Italiana del dotti, dev'essere il paese dove
questa preziosa istituzione sia consolidata; e perciò ho 1' onore
di proporre a questa illustre Assemblea che la nostra Riunione
abbia luogo di qui a due anni, cioè nel mille ottocento qua-
rantuno, a Firenze; e che nell'anno mille ottocento quaranta si
tenga in Torino » . Tali proposte, perchè furono succedute da un
applauso dell'Assemblea, vennero tosto sanzionate dalla voce del
Presidente. 11 quale poco appresso chiuse l'adunanza con alcune
parole volte a confortare gl'intervenuti a non perdonare a fatiche,
affinchè ognuno cooperasse al felice riuscimento di quella Ria-
nione, che tante speranze a buon dritto avea suscitate. I voti e i
conforti del rispettabile Oratore ebbero l'effetto loro: perocché
potè ognuno vedere quanto gli uomini della scienza studiassero
di arricchirla, e con quanta nobiltà di animo e di parole ciascuno
aprisse e sostenesse il proprio avviso. Ciò mostra essere stalo in
tutti profondo il sentimento, che niente gio\ a alle filosofiche di-
scipline meglio che una libera, ingenua e pacifica discussione.
L'ordine del discorso mi consiglia frattanto a ragionare di
cosa, la quale non poco lustro ha recato alla prima Riunione de-
gli Scienziati. Avendo molte distinte Accademie, alcune Univer-
sità, e non poche altre Corporazioni scieiuifiche inviate al Con-
sesso Deputazioni di distinti Uomini da cui potessero essere rap-
presentate, uno splendido argomento si aggiungeva ai tanti
de' quali sopra dicemmo, della reverenza e insieme della devo-
zione che gli uomini sapienti sentono verso la lodevole istituzione.
Cominciando dalla capitale della Toscana noterò che dal
Collegio jAledico Fiorentino s'inviarono i meritissimi Professori
Cav. Andreini , Cav. Bufalini, Cav. Gazzeri, del Greco, Taddei,
Targioni, cui si aggiungeva il Chimico-farmacista Calamai, avendo
essi il Cav. Comm. Prof. Betti a Presidente, e il Prof. Zannetli
XVII
a Segretario. Il Corpo insegnante dell'I, e R. Arcispedale di
S. Maria Nuova nominava anch' esso il ricordato Prof. Betti per
Presidente della sua Deputazione, di cui gli altri membri erano
i ProfF. Bufalini, Andreini, Zannetti e Del Greco. La Società
Medico-Fisica Fiorentina sceglieva dieci deputati , fra i quali il
Prof. Archiatro Del Punta, e il Dott. Yannonì, nominando il
primo Presidente, Segretario il secondo (6). L'Università di
Siena al medesimo ufficio di deputati chiamava i ProfT. Tommi,
Pecchioli, Obici, Antolini, e Giuseppe Giuli. L'Ateneo Italiano
i Cav. ProiF. Tommasini e Carlini, più i ProfF. Del Chiappa e
Maestri. L'Accademia dei Georgofìli il Marchese Ridolfì, e i
Proft. Taddei e Targioni. L'Accademia Sanese de' Fisiocritici
il Cav. Prof. Mazzi, ed il Dott. Vaselli. L'Aretina i ProfF.
Paolo Savi e Francesco Giuli. La Valdarnese i ProfF. Sac-
chetti, Pietro Savi, e il Dottor Corinaldi. Quella degli Euteleti
di Samminiato i Dott. Berni e Lottini. La Pistojese i ProfF. BafFo
e Biagini . La Labronica il Prof. Studiati, e i Dott. Lavagna
e Sforzi. La Volterrana il Dott, Amidei, e il Cav. Bardini.
Il Collegio Medico di Siena inviava al medesimo fine i ProfF.
Giuseppe Giuli, Tommi, Antolini, Pecchioli, Centofanti. L' Ate-
neo di Brescia il Genedella, e il Dott. Gera . L' Università Jonia
residente a Corfù il Prof. Orioli . Per ultimo 1' Università Elle-
nica stabilita in Atene i ProfF. Domnandos e Bouros.
I nomi di queste rispettabili Corporazioni scientifiche e
quelli non meno dei loro Inviati mossero il Consiglio dei Pre-
sidenti a deliberare che il Segretario generale ordinasse nel
modo che egli poteva migliore le onorificenze che a quei distinti
Inviati si addicevano: il perchè egli stimò doverli ricordare con
parole di onore negU Atti della Riunione; e dispose eziandio che
nelle Adunanze generali venisse loro assegnato un luogo di di-
stinzione. Si dette poi cura di proclamarne gli onorevoli nomi
alla occasione della seconda Adunanza generale, di cui adesso
imprendo a favellare.
XVIII
Tale adunanza si tenne il giorno ottavo del mese. Dopo il
discorso del Segretario intorno alle Deputazioni sullodate, e ad
altre cose ancora volute dal Consiglio de' Presidenti, venne fatta
lettura di cinque memorie da cinque illustri membri del Con-
sesso .
La prima memoria fu recitata dall'Abate Lambruschini in-
torno a cose di agricoltura. Piacque ad esso ragionar degli ufficj
del terreno nel preparare e porgere i sughi alimentari alle piante,
confermando con nuovi fatti la teorica già da lui fatta nota in-
torno al terreno guasto. La terra a suo avviso non è soltanto tale
da serbare i sughi alimentari prodotti dagl'ingrassi, ma è tale da
perfezionarli e porgerli gradatamente alle piante. Utilissime al-
l'arte agraria sono le conseguenze che egli ne trasse, le quali e
al tempo di amministrare gl'ingrassi, e alla loro meccanica co-
stituzione, e all'importanza di quei perfetti lavori aratorj che
danno al terreno uniforme spugnosità, si riportano.
Le pregevoli cose che disse il Lambruschini furono succe-
dute da notizie di molto momento che andò esponendo in altra
memoria il Principe di Musignano . Dopo avere con eletta eru-
dizione narrato quanto sepper gli antichi intorno all'animale che
in nostra lingua diciamo torpedine, scese ad esporre tutte quelle
cose che stimava utili ad illustrare, e rendere evidenti le pro-
prietà elettriche di questo pesce, valendosi delle sperienze del
celebre Nobili ed altre aggiungendone del proprio. Per tal guisa
egli richiamava l'attenzione dei Fisici e dei Naturalisti su questa
utile parte della scienza elettrica, e faceva sorgere un vivo desi^»
derio che le lettere indirizzategli dal Nobili intorno a tale su-
bielto , rese più pregevoli ancora dalle sue nuove illustrazioni ,
veggano, quando si possa, la pubblica luce.
La formazione della grandine presto materia al Prof. Belli
di sorger terzo a ragionare . Dopo aver detto del modo con cui
l'atmosfera si suol disporre ad un gran temporale, descrisse il
Belli per qual maniera (giusta una ipotesi quasi obliata del Du
XIX
Carle) si forma e ingrossa la grandine. Espose quindi i resultali
di calcoli da lui istituiti, e quanto alla lunghezza del cammino
che debbono percorrere i pezzi di grandine per giungere alle
grossezze che hanno allorché cadono a terra, e quanto al tempo
richiesto non solo per tale cammino, ma perchè abbandonino la
quantità di calorico necessaria ad assumere lo stato solido.
Dette tali cose dal sagace Fisico, fu quarto a favellare il
Prof. Domnaudos, cui piacque togliere ad argomento del suo
dire le osservazioni geologiche istituite da esso nell'Isola di Sau-
torinij e per fatti meglio accertati di quelli che già si avevano,
venne egli a mostrare come quell'isola sia un cratere di solleva-
mento. Confermava di questo modo il Professore Ateniese la teo-
rica del Barone De Buch, che fu primo a distinguere i crateri di
sollevamento da quelli che dicono di eruzione .
Erano queste le nozioni scientifiche che ci forniva il Dom-
nandos, il quale, deputalo della Università sorta ai dì nostri ia
Alene, volle chiudere il suo applaudito discorso ricordando con
parole appropriate, come i Greci furono un tempo maestri ai po-
poli culti, e come per una serie di luttuose vicende chiedano del
presente a noi quella dottrina, della quale le menti degli avi no-
stri si fecero ricche nelle loro celebratissime scuole.
Quinto ed ultimo fra coloro che dissero fu il Cav. Prof.
Tommasini. L'influenza dell'abitudine nell'economia animale,
tanto nello stato fisiologico come in quello di malattia, fu il tema
ch'ei scelse, e che trattò con accomodata orazione . Dopo avere
dimostrato come per l'abitudine si diminuisca la forza delle fisi-
che impressioni, e l'uomo arrivi per gradi a sostenere l'applica-
zione di agenti fortissimi, che prima d'esservi abituato non avreb-
be potuto tollerare senza grave pericolo, mostrò pure come per
la medesima legge si affievoliscano a poco a poco le fisiche im-
pressioni che da prima erano sommamente desiderate e gradite,
e spesso per questa legge si estingua la fonte de' più vivi piaceri.
Sennonché domandava poscia a se stesso come avvenga, che
XX
mentre l'uomo si abitua a molte impressioni, altre invece, come
a modo di esempio la compagnia d'un amico, l'effetto d'una me-
lodia, lungi dall' infievolirsi divengano ogni giorno più vive, e
quasi per esso un bisogno. A risolvere il dubbio piacque al cele-
bre Professore distinguere le sensazioni dirette, o immediate, dalle
altre nelle quali più particolarmente interviene la riflessione, e
per ciò chiamate riflesse, che si compongono di vari elementi che
non entrano nelle sensazioni immediate; alla quale distinzione
fece egli succedere altri ragionamenti che stimava opportuni non
solo a risolvere il dubbio medesimo , quanto ancora a stabilire,
che l'abitudine domina solo le impressioni locali ed immediate.
A tali disquisizioni che fecero si importante la seconda Adu-
nanza generale, nel quindicesimo giorno del mese successero
quelle della terza. Dessa fu l'ultima, e a dir vero la più solenne
di tutte; perciocché ai pregi e magnificenze delle altre, veniva
S. A. I. e R. il Granduca, ad aggiungere nuovo ed inatteso splen-
dore, onorando il Consesso della sua Augusta presenza. Al co-
spetto del Principe Magnanimo che si degnava favorire e ono-
rare con mille modi di straordinaria generosità la prima Riunione
degli Scienziati in Italia, ninno certo fra i tanti della illustre
Assemblea potea non essere compreso da' più vivi sensi di
quella reverenza che non sa rimanersi tacita in petto; ond'è che
si udirono vivissimi, e reiterati applausi al primo comparire di
S. A. I. e R. nell'Aula.
Era quell'Adunanza principalmente ordinata alla lettura dei
rapporti dei Segretarj che dovevano esporre quanto dagli Scien-
ziati si fece durante il Consesso. Primo a dire fu il Segretario
generale; il quale narrò le cose che erano state operate nel primo
e nel secondo giorno di Ottobre, nonché nell'Adunanza generale
del giorno terzo, in quella del giorno ottavo, e più altre che era
debito suo il render palesi. L'orazione solenne del Presidente,
della quale ei dovè toccare ogni speciale argomento, e le memo-
rie lette nella seconda Adunanza generale tennero non poca parte
XXI
nella sua narrativa; dopo la quale 11 Prof. Gene, ragionando dei
lavori fatti nella sezione di Zoologia e Anatomia comparativa,
trattenne piacevolmente l'udienza.
Degli scritti che si lessero , e delle comunicazioni verbali
che si fecero a quella sezione in sette adunanze, piacque al chia-
rissimo Professore Torinese formare cinque parti diverse, secon-
dochè appartenevano alla filosofia zoologica, all'anatomia e fisio-
logia comparativa, alla zoologia sistematica e descrittiva, alla
storia delle abitudini degli animali, ed alla zoologia economica .
Proprj della filosofia zoologica erano i principi filosofici di che
tenne proposito l'illustre Oken, siccome basi della classificazione
degli animali. Attenenti all'anatomia e fisiologia, le osservazioni
comunicate dal Gav. Audouin , e dal Doit. Lippi; il primo
de' quali espose, colla giunta di parecchi fatti non ancora resi noti
per le stampe, il modo con che si opera negl'insetti, e special-
mente nella piralide della vite, la fecondazione delle uova: mo-
strò il secondo due testuggini terrestri da lui private di cervello
da circa un mese, e pur tuttavia viventi; tocche da paralisi agli
arti per quella cruda operazione, ma pur capaci di movimento;
offese profondamente ne' sensi, ma pur dotate ancora di quel-
r ultimo che basta alla vita interiore. Altra comunicazione d'ar-
gomento anatomico fece il Dott. Pacini di Pistoja, il quale un
nuovo genere d'organi stima di avere scoperto nel cellulare sotto-
cutaneo della faccia palmare e plantare della mano e del piede
dell'uomo ,
La zoologia sistematica e descrittiva, secondochè narrò il
Prof. Gene, ebbe dal Principe di Musignano una monografia dei
Leucisci europei, da cui si vide come l'Italia, fin qui stimata po-
verissima di pesci di codesta famiglia, ne abbonda forse più di
ogni altra contrada d'Europa; ed una monografia altresì com-
prendente la classificazione, la descrizione, la sinonimia di tutti
gli anfibi o rettili rinvenuti in Europa, e il cai numero ascende a
centosei: ebbe poi dal Dott. Nardo di Venezia quattro memorie;
XXII
delle quali una su i caratteri e su la storia di un nuovo genere di
spongiali silicei proprio del mare Adriatico; altra contenente una
rivista critica della famiglia dei pesci-mola, e dei caratteri che li
distinguono, la terza, che annunziava l'istituzione di un nuovo
genere di conchiglie bivalvi, proprio esso pure dell'Adriatico;
r ultima tendente a far conoscere varie particolarità del sistema
cutaneo, e i caratteri distintivi del suo ProtosteguSj altrimenti
chiamato dal Rafinesque Luvarus .
Rispetto alla storia delle abitudini o dei costumi di alcuni
mammiferi, uccelli, rettili e insetti, si fecero molte illustrazioni
di conto. Il Dott. Carlo Passerini lesse intorno alle larve, finqui
sconosciute, della Scolia Jlavifronsj e fece noto com' esse siano
parassite delle larve dell' Oryctes nasicornisj solite a trovarsi in
copia nella vallonea delle stufe: il Gav. Audouin poste alcune
distinzioni dei vari generi di parassitismo offerti dagl' insetti
(contro le quali il Gav. Bassi mosse parecchie obbiezioni ), espose
la storia di una Calcidite^ la cui larva a maniera di sanguisuga,
e perciò con maniera di parassitismo affatto nuovo, vive sulle
larve della piralide della vite, succhiandola a morte; dipoi l'illu-
stre Professore Francese riferì la scoperta da lui fatta di una
Sitaris humeralis perfetta entro il corpo dissugato di una larva
di antofora: quindi il Pecchloli a maggiore rischiaramento della
storia delle Sitaris mostrò alla Sezione alcuni rami di rosmarino,
su i quali trovavansi in piccoli mucchi le uova, e le giovani larve
di una specie di codesto genere, da lui creduta inedita. E dagli
insetti venendo ad altre cose, il Prof. Gene notò che il Dott. Pas-
serini espose notizie molto particolarizzate sulla propagazione ^
dell'uccello, detto cardinalino, ottenutasi a Firenze; che dal
Principe di Musignano si ebbero alcuni cenni desunti da lettera
del signor Owen celebre Anatomico inglese, intorno al primo
parto della giraffa che vive nel giardino della Società zoologica
di Londra, non tacendo delle cause per cui il novello che n' era
provenuto perì: quindi notò che dal Dott. Burroni fu presentato
XXIII
un blennio affine al Blennuis varuSj che vive copioso nelle ac*
que minerali, e termali di Caldana presso Campiglia; e che dal
Bruscoli di Firenze si ebbe la storia delle abitudini d'un boa che
visse dicioito mesi nell'I, e R. Museo di quella città.
Per ultimo, appartenente alla zoologia che il Prof. Gene
saviamente disse economica, fu una memoria del Conte Griiberg
da Hemsò intorno ai Dromedari esistenti a S. Rossore presso
Pisa 5 ed era essa una storia e una statistica molto accurata di
codesta razza di ruminanti , considerati soltanto come animali
utili alla privata e pubblica economia. Tali furono le cose prin-
cipali toccate dall'esimio Segretario della sezione zoologica; do-
po il quale prendendo a favellare il Dott. Gera dei lavori della
sezione di Agronomia e Tecnologia si ebbe molto dilettevole rag-
guaglio.
Tra le prime cure della sezione agraria fu la elezione di
due Commissioni composte di scelti suoi membri, acciocché re-
candosi 1' una a visitare l'agro pisano, l'altra le fabbriche e tutte
le cose attinenti alla industria, referissero quanto era degno di
nota, A ciò fare si mosse la Sezione invitata dal Gomm. Lapo
De Ricci, il quale bramoso di vedere retribuita in qualche guisa
la citta di Pisa per la gentile accoglienza fatta agli Scienziati,
disse niuna cosa poterle riuscire piià gradita d'un esatto conto
delle sue manifatture, nonché dello stato della sua agricoltura.
Le quali Commissioni ebbero dipoi a referire non poche cose che
tornarono a grande onore di Pisa, E perchè quello che v' ha di
più degno d'ammirazione fra noi in questo tempo presente non
si tacesse, la sezione agronomica fu sollecita ancora di eleggere
altra Commissione ad ottenere un ragguaglio di quanto la Sa-
pienza di S. A. L e R. volle che si facesse nelle toscane Ma-
remme. La qaal Commissione si fece per mezzo del Repelli al
racconto cui era chiamata per ufficio, con splendidi e molto ap-
plauditi modi .
Passando il Doit. Cera a favellare dei lavori fatti dai mem-
XXIV
bri, disse in prima d'una memoria del Cav. Prof. Carmignani
sopra un sistema di leggi rurali considerate quale agente morale
correttivo, e direttivo dei lavori della campagna. L'Avvocato
Maestri avvalorando co' suoi detti le opinioni del Carmignani,
parlò del Codice Civile parmense, il quale stabilendo un capì-
tolo intorno ai mezzajoli e coloni parziali ha fatto in parte ciò
che saviamente proponeva il benemerito Professore di Pisa,
Quattro membri della sezione agraria si volsero a ragionare
della istruzione popolare ne' suoi rapporti coli' agricoltura. Trat-
tarono essi questo argomento sotto diversi concetti , ma furono
concordi nel mirare al medesimo fine , quello d' un perfeziona-
mento, a così dire, agrario: perocché il Prof. Milano mostrò di
quanto conto sia la istruzione nell'agricoltura, come bisogno del
popolo 5 il Conte Serristori parlò del mezzo reputato il più effi-
cace per istruire praticamente i contadini; il Prof. Sbragia disse
della uecessita d'istituire Ispettori che si recassero nelle diverse
Provincie dello Slato, e dipendendo dagli ordini d' un superior
Consiglio facessero quanto si slimasse utile a corregger gli errori,
a perfezionare i sistemi, a diffondere l'istruzione; infine il Mar-
chese Riccardi Vernaccia sì studiò di giovare all'educazione agra-
ria argomentando intorno al bellissimo tema della necessità in
cui è la Toscana di possedere un pubblico siabìlìmento d'istru-
zione per l'agricoltura. Che al progresso dell'agricoltura si ri-
chieda altresì veder migliorata la condizione dei coloni, bene
lo rese manifesto il Comm. Lapo De Ricci, il quale provò quanto
sia pernicioso l'aggravare di responsione troppo forte i terreni,
ed il voler ritrarre da questi un utile maggiore di quanto le cir-
costanze ordinarie possono somministrare.
Ma venendo ai lavori attinenti propriamente all' agricoltura,
uopo è dire del Cav. Prof. Gazzeri che trattò del danno di far
fermentare, e scomporre gl'ingrassi innanzi di darli al terreno;
del Lambruschinì il quale ragionò del terreno in quanto serve a
conservare, preparare e porgere alle piante il sugo alimentare
XXV
cavato dagV Ingrassi, dando maggiore sviluppo alla materia da
esso discorsa nella seconda Adunanza generale^ d'uopo è dire del
Conte Gallesio che ragionò sulla teorica della riproduzione vege-
tale, nonmenochè di una dotta discussione fra i Professori Mo-
retti e Gazzeri sulla teorica dell'assorbimento delle radici, e
delle ruotazioni così dette agrarie. Rispetto alle disquisizioni in-
torno ai prodotti atti a render più ricca l'agricoltura sono da ri-
cordare il Marchese Piidolfi, il quale favellò di quella pianta che
dicono Poligonuni tinctoriunij tanto raccomandata agi' Italiani
siccome atta a dare in gran copia ottimo indaco; il Bosch e l'Ac-
cademia di Wirtemberga che inviarono non poche osservazioni
di conto sulla Madia salwa^ pianta oleifera coltivata al Chili;
quindi il Piccioli, il quale se intorno alle cose che espose sul
Phormiuni Lenax non fu nuovo, recò peraltro non poca utilità
ripetendo quanto disse il Prof. Targioni nel mille ottocento venti
all'Accademia dei Georgofili. Dopo le piante delle quali giove-
rebbe arricchire le nostre terre, cadeva in acconcio il dire, sic-
come fece l'egregio Segretario Gera, quanto era stato fatto e
proposto dalla sezione di Agronomia per migliorare ed estendere
quelle che possediamo : a questo luogo gli occorse di favellare
de' gelsi, e quindi si fece a parlare de' bigatti ; intorno al quale
argomento il Doti. Gera medesimo molte questioni avea savia-
mente mosse nella sua sezione, a cui presero grandissima parte
il Prof. Moretti, il Lambruschiui, il Marchese Ridolfi, il Dott.
Rampinelli e più altri ancora.
Fra tulli i prodotti che chiedono di essere migliorali avvi
certamente il vino ; del quale argomento trattò il Prof. Milano
entrando in gravi ed opportune discussioni coi Proff. Gazzeri e
Taddei .
Ma non basta , soggiungeva saviamente il sullodato Segre-
tario, estendere e migliorare i prodotti; fa di mestieri altresì stu-
diare diligentemente il modo di conservarli. E per ciò sono
da riputarsi utilissime le investigazioni su i morbi delle piante, e
XXVI
sulla distruzione degl'insetti nocivi. Il Cav. Prof. Configliachi ri-
chiamò l'attenzione della Sezione sulle ragioni per cui muoia
un gelso piantato laddove un altro era perito; lo che fece luo-
go a utili discussioni fra i ProfF. Moretti e Gazzeri. Ma perchè
da vari membri della sezione zoologica si dovevano toccare
alcune materie d'Entomologia rivolte specialmente a utilità del-
l'agricoltura, il giorno dodici Ottobre la sezione zoologica e
quella di Agronomia fecero adunanza comune . In questa il Prof.
Audouin tenne lungo e non meno elegante discorso sulla pira-
lide della vite; il Dolt. Gora per altro si asteneva dal renderne
minuto conto, stantechè quell'illustre membro dell'Istituto si è
accinto a pubblicare una grande opera su tal subietto, e perchè
la piralide della vite non nuoce mai alla coltura in Italia. Nella
stessa adunanza il Dott. Gera aggiungendo alle cure di Segre-
tario quelle dì operoso Accademico, espose alcune nuove osser-
vazioni intorno ai mangiapelle che guastano i bozzoli |, il Dott.
Passerini favellò del danno che in Maremma apporta alle patate
la Lytta verticalisj ed al gelso delle Filippine X Apale sexdentata,
E qui trapassando, per servire alla brevità, molte altre cose
operate nella sezione agronomica, verrò a dire dei suoi lavori
di Tecnologia, rispetto ai quali volle il Dott. Gera confessare che
pochi subietii furono toccati e di poco momento . Rammentò
bensì il Prof. Calamai che disvelò i metodi da seguirsi onde otte-
nere il così detto argentone; il Barsanti di Pietrasanta che mo-
strò una macchina da lui inventata all'oggetto di sgranare il
granturco, e di cui la Sezione volle che si facesse onorevole men-
zione ; per ultimo ricordò il Marchese Ridolfi, cui piacque pre-
sentare uno scritto dal Prof. Taddei letto nel mille ottocento
ventisette alla Società filojatrica di Firenze, dove si ragiona della
protezione che lo zinco spiega a favore del ferro e del rame, e
delle sue utili applicazioni intorno al modo di preservare gli
strumenti di ferro e di acciajo dalla ruggine.
Oltremodo gradila ai cultori dell'Agronomia riuscì poi la
XXVII
notizia colla quale il Segretario Gera chiudeva la sua narrativa.
Perocché avendo il Marchese Mazzarosa proposta la compila-
zione di un Dizionario delle pratiche agrarie usate in ogni terra
d' Italia, l'Avvocato Salvagnoli accogliendo il lodevole concetto,
dimostrò con accomodato discorso che innanzi a tutto era neces-
sario lo stabilire in Italia un metodo universale all'oggetto di dar
mano agli sludj pratici e sperimentali dell'Agronomia italiana. I
detti dell'Avv. Salvagnoli vennero con tanto amore accolti dalla
sezione agronomica, che subitamente stabilì doversi il programma '
di tali studj pubblicare, e doversi a un tempo scegliere in ogni
parte d' Italia persone , o Accademie che facendosi carico di di-
sporre quanto a tal uopo esigevasi, raccogliessero diligentemente
i risultati delle osservazioni . Per cotal modo poneva termine al
discorso il Segretario della sezione agronomica, ed a questo te-
neva dietro quello del Prof. Vincenzo Amici, che di ambedue le
parti della sezione fisico-chimico-matematica ragionò.
Il Segretario Amici fece noto che la Sezione avea nominata
una Commissione, acciocché, fatto esame delle pitture dell'insi-
gne Camposanto pisano, riferisse per quali mezzi sarebbe dato
preservarle da ulteriore deterioramento. Diversi furono i melodi
a tale oggetto proposti, e di cui fu fatta diligente enumerazione
in un'adunanza della sezione predetta. Rispetto ai non pochi la-
vori dei membri, il sullodato Segretario mosse il discorso da
quelli appartenenti alla Chimica. Egli rammentò in prima il
Prof. Branchi che prese ad esporre il metodo da lui seguito nelle
lezioni di Chimica; quindi il Cenedella che ragionò sugli azoturi :
il Conte Paoli che tenne discorso della forza catalitica; e Don
Luigi Bonaparte de' Principi di Canino, il quale espose in una
memoria un modo spedilo ed economico per la preparazione de-
gl' ioduri e bromuri insolubili; e che in altra memoria, partendo
egli dalla teorica atomistica, e prevalendosi di alcune idee del
Prof. Taddei, propose di stabilire una nomenclatura tale che dal
nome d'una sostanza fosse dato dedurre il numero degli atomi
XXVIII
de' suoi componenti; lo che fece luogo ad una uiillssima discus-
sione fra i membri Maestri, Gazzeri e Canobbio, che non assen-
tirono per intero alla opinione del proponente . Né mancò, secon-
dochè narrava il Prof. Amici, chi saviamente favellasse della
Chimica organica; perocché il Lavici fattosi a considerare il
frumento ed alcuni pezzi di pane rimasti per tremila anni
sepolti dentro un'urna egiziana, rilevò i caratteri fisici e chi-
mici che avevano conservato queste sostanze, prendendo poscia
a spiegare la cagione del color bruno di esse, il quale ei volle
ascrivere alla carbonizzazione prodotta successivamente dalla
umidità; spiegazione che sebben confortata dalle ragioni dei
Profìf. Targloni e Gazzeri, non ebbe la piena adesione del Prof.
Orioli. Attinenti alla chimica organica furono ancora quelle espe-
rienze del Dott. Luigi Mori, di cui egli mostrò i risultati, cioè
alcuni pezzi animali ridotti a consistenza cornea. Fra i più
utili lavori di Fisica sono poi da ricordare una memoria del Ca-
nonico Bellanl sul così detto spostamento dello zero nel termome-
tro; un galvanometro immaginato dal Prof. Majocchi e da lui
chiamato universale, il quale con semplicissimo congegno si può
rendere adattato a misurare quasi le più piccole correnti idro-
elettriche, non che quelle provenienti da un elemento di zinco
e rame che abbia pur anche otto e dieci piedi di superfìcie;
un ̣;rometro immaginato dal medesimo benemerito Professore
e da lui detto a tensione^ stantechè per esso si può determi-
nare quanta sia l' elasticità dei vapori esistenti nell'atmosfera cal-
colando l'elasticità del vapore che bisogna aggiungere per satu-
rare l'aria che vlen sottoposta a sperimento. Nò lavoro meno utile
è a dirsi la memoria del Cav. Commendatore Antinori colla quale
reclamando egli 11 perfezionamento di tutti gli strumenti di Me-
teorologia venne a ragionare della imperfezione di questa scienza,
e della necessità di rendere uniformigli strumenti non che i modi
di osservazione, ed il linguaggio da usarsi per designare lo stato
dell'atmosfera e del cielo; dopo le quali cose mostrando il blso-
XXIX
gno di stabilire la Italia un luogo centrale dove sì riunissero le
osservazioni meteorologiche di tutta la penisola, ali oggetto di
renderne conto nelle annuali Riunioni degli Scienziati, additò
Firenze di cui la geografica posizione, non che il IMuseo ricco di
pregiati strumenti convenienti all'uopo, e la meritata fama di
classica città, fanno che le si debba la scelta: savissimo divisa-
rnento che tutta la Sezione applaudì, invitando insieme il ricor-
dato Commendatore a distendere V opportuno programma . Fu-
rono poi esposte alla Sezione, dal Prof. Orioli un'analisi della
macchina elettrica a sfregamento , non in tema dogmatico, raa
solo ad oggetto di sottoporla alla discussione; dal Prof. Gassiani
altra analisi dei fenomeni elettrici che si osservano nel fare uso
del condensatore; dal Prof. Zantedeschi un'analisi delle forze
che si rinvengono sul filo congiuntivo d'una pila in azione, ag-
giungendo sperienze da mostrare le difficoltà che incontra lo am-
mettere la sola forza rivolutiva proposta dal Faraday . Quanto ai
lavori fatti dalla sezione fisico-chimica rispetto alla elettricità
animale, il Segretario espose che ad imitazione del Principe di
jMusignano si instituirono indagini sulla torpedine per ricono-
scere i nuovi fatti pubblicati dal Matieucci; e che dai Proff. Puc-
cinotti e Pacinolti si fecero accuratissime sperienze all'oggetto di
chiarire se esista una corrente elettro-vitale negli animali a san-
gue caldo, e in quelli non meno a sangue freddo, le quali spe-
rienze ripetute alla presenza di una Commissione a tal uopo elet-
ta, furono da essa stimate di molto conto. Relativamente all' Ot-
tica fu piacevol cosa il sentire che il Puliti di Firenze mostrasse
alla Sezione gli apparati da lui adoprati per riprodurre, siccome
fece con felicissimo successo, le apparenze fotogeniche secondo
i metodi di Daguerre: e fu di universale gradimento che il Cav.
Prof. Gio. Battista Amici tenesse discorso della camera lucida
eh' ei mostrò perfezionata di maniera, da essere oggimai atta a
presentare sott' occhio un quadro non meno esteso di ottanta
gradi in altezza, e pressoché cento ottanta in larghezza; della
XXX
quale proprietà egli ha potuto far godere eziandio un oculare
positivo ed acromatico da lui immaginato. A compire il racconto
di quanto si spetta alla Fisica restano a ricordarsi non solo il
discorso del Prof. Arcangioli sull'economia dell'Universo ne' suoi
rapporti colla Fisiologia, ma ben anche due memorie del Prof.
Casari; 1' una delle quali valse a mostrare com'egli abbia saputo
riprodurre lamine metalliche, mediante convenienti compressio-
ni, disegni somiglianti a quelli che si ottengono per la polarizza-
zione della luce; l'altra che aggirandosi sopra alcuni difetti
morbosi dell'organo della vista, portò i ProfF. Gìo. Battista Ami-
ci, orioli, Bufalini, Configliachi ed altri, a fare tre distinzioni fra
essi difetti, secondochè provengono da alterazione ne' liquidi, o
nella retina, o nelle membrane.
Quanto alla parte matematica è da notare che il Dott. Mon-
tucci lesse una memoria intorno al modo di formare tavole atte
ad agevolare l' inalzamento de' numeri al quadrato; che il Dott.
Cesana espose una regola aritmetica per abbreviare l'operazione
dell' inalzamento al cubo; che il Prof. Vincenzo Amici comunicò
il prospetto di un suo corso di Matematiche applicate , e che il
medesimo Professore avendo eziandio comunicata una lettera del
Dott. Gabrio Piola indirizzata al Prof. Venturoli intorno al moto
dell'acqua ne' vasi conici, prese da essa motivo di far nota una
maniera più semplice di enunciare le condizioni d'integrabilità
della equazione così detta delle forze sollecitanti . Oltre a ciò il
Cav. Prof. Carlini espose la risoluzione di un quesito propostogli
dal Municipio di Milano per determinare le ore in cui deve essere
illuminata quella città, affine di ottenere: 1.° che l'accensione e
lo spegnimento dei lumi si effettuassero in lutto l'anno nell'istante
in cui il Sole trovavasi all' istesso numero di gradi sotto l'oriz-
zonte, e quando la Luna e per la sua elevazione e per la gran-
dezza della fase desse sempre un eguale splendore; 2.° che la
somma delle ore di accensione in tutto il corso dell'anno ugua-
gliasse il medio di quello fin allora stabilito. Il Dott. Yalenliuo
y
XXXI
Amici lesse una memoria in cui egìi presentando il resultalo di
quasi due anni di osservazioni fatte dal di lui padre Cav. Gio-
vanni Battista nel mille ottocento ventuno e ventidue, venne a
conchiudere che il diametro polare del Sole supera l'equatoriale
di ottocento sessantotto millesimi di secondo . E qui non si dee
tacere che il Dott. Littrow offerse alla Sezione una pianta della
nuova Specola dell'I, e R. Collegio di Marina in Venezia, una
nota di astronomia nautica volta a render più facile l'osservazione
delle altezze meridiane del Sole in mare, ed inoltre una memoria
della quale lesse un breve sunto sulle osservazioni fatte all'I, e R.
Osservatorio di Vienna rispetto alle stelle cadenti. Ai lavori della
sezione fisico-chimico-matemaiica pose fine Tillustre suo Presi-
dente, cui piacque ragionare delle ultime sperienze del Melloni
sulla Diatermansiaj cioè sulla facoltà che hanno i corpi di dar
passaggio in certi casi ad alcuni raggi particolari contenuti nel
fascetto di calore incidente. Ei colse quella opportunità per ani-
mare i cultori delle fisiche discipline ad istituire indagini sopra
un nuovo ramo di fisica moderna, la Dlaelettromansiaj che a
buon dritto si stima ubertoso di fenomeni utili all' avanzamento
delle scienze naturali.
Alla lettura del Segretario Amici successe quella del Segre-
tario Lodovico Pasini intorno ai lavori fatti dalla sezione di Geo-
logia, Mineralogia e Geografia.
I lavori in Geografìa ( la quale a dir vero non ebbe la più
gran parte delle fatiche dei membri di quella sezione ) non furo-
no molti. Il Cav. Gràberg da Hemsò inviò un sunto dei recenti
progressi della Geografia; una notizia geografica e insieme stati-
stica lesse Emanuele Repetti sulla Val d'Elsa, e sull'Istituto agra-
rio di Meleto, nella quale egli toccò di alcune rocce che in quella
valle si osservano; allo Zuccagni Orlandini piacque di designare,
secondo l'avviso suo, il punto ove la catena degli Apennini si
distacca dalle Alpi; punto ch'ei pone in que' monti che s'inal-
zano tra la Bormida e il Tanaro : egli mostrò eziandio i docu-
XXXII
menti che debbono servire alla continuazione della sua Coro-
grafia italiana. ^
Una indagine gradita ai Toscani, e sulla quale non pocbi
scrittori si affaticarono invano, è quella della causa della mal'aria
nelle nostre Maremme, non meno che dei mezzi di risanarle. Il
Prof. Paolo Savi preso a svolgere questo argomento scese ad al-
cune conseguenze di non lieve conto, tali da rischiarare assai la
quistione . Alla Mineralogia in particolare appartiene la descri-
zione di un nuovo combustibile fossile, analogo alla cera fossile ,
scoperto dal Prof. Paolo Savi , e da lui chiamato Branchite in
onore del Prof. Branchi che ne fece accuratamente l'analisi.
Spettano poi alla Geologia ed alla Paleontologia insieme una
memoria del Dott. Scortegagna sulla formazione del Monte Dol-
ca, e dei pesci fossili che contiene; la descrizione inviata dal
Prof. Balsamo Crivelli d'un nuovo rettile fossile della famiglia
dei paleosauri , e di due pesci fossili trovati nella calcarea nera
sopra Varenna sul lago di Como; la monografia orittologica del
monte Venda ( che è la cima centrale dei colli euganei ) esposta
dal Cav. Da Rio; una serie di molto conto dei disegni di piante,
insetti, pesci, ed altri resti organici raccolti nelle gessaje del ter-
reno terziario di Sinigaglia dal Procaccini Rìcci; una carta geo-
logica presentala da Giacomo Heywood del distretto di carboa
fossile nel Lancashire meridionale, ove un deposito di tal com-
bustibile che ha piiì di quattrocento miglia quadre di superfìcie
si vede racchiuso al settentrione fra monti di un arenaria a grossi
grani, ed al mezzogiorno dall'arenaria rossa; i saggi delle rocce
calcaree e trachitiche dell'isola di Santorini offerti dal Prof. Dom-
nandos, e che servono di corredo alla memoria che già egli lesse,
. come sopra dicemmo, nella seconda Adunanza generale; una
notizia comunicala dal Professore medesimo intorno alla giacitura
dello smeriglio nell'isola di Naxos; le memorie inedite sulla Geo-
logia delle Alpi piemontesi, comunicale dal Prof. Sismonda, e
che fanno seguito a quelle da esso già pubblicate sullo stesso
XXXIII
argomenloj il quadro esposto dal Pasini del terreni da esso lui
riscontrati nelle Alpi lombardo -venete; la costituzione geologica
del Monte Pisano esposta dal Prof. Paolo Savi ; i risultati delle
indagini e degli studj fatti dal medesimo Professore intorno alle
masse serpentinose della Toscana; rispetto alle quali comunica-
zioni e memorie molti bellissimi discorsi e non meno utili si ten-
nero dalla sezione geologica. A queste cose è da aggiungere, che
avendo il Prof. Pilla di Napoli inviato alla sezione medesima due
spaccati geologici delFApennino presi nelle due estremità setten-
trionale e meridionale del Regno napoletano , dalla descrizione
ad essa unita si raccolse , che le formazioni geologiche di quel
regno sono pressoché identiche alle formazioni geologiche della
Toscana.
Passando a dire dei lavori della sezione geologica intorno
alla industria minerale, il chiarissimo Segretario Pasini ricordò
una memoria di Girolamo Guidoni sulle Alpi apuane, e sulle mi-
niere metalliche del Vicariato di Pietrasanta; uè passò in silenzio
le osservazioni che su quella memoria ebbe a fare il Baldracco
ingegnere delle miniere, il quale lesse altresì una notizia con
molte particolarità sul terreno alUiviale aurifero, sui filoni di os-
sido di ferro aurifero della valle del Gorsente (provincia di
Novi ), non che sulla fabbricazione del ferro. IMa l'argomento
che dalla sezione geologica fu trattato col più vivo zelo fu quello
dei combustibili fossili. Molte discussioni ebbero luoo;o intorno a
tale subietto. Parlò il Savi de' combustibili fossili della Toscana;
il Sismonda di quei del Piemonte; dal Pasini si trattò di quelli
del Regno lombardo-veneto; lo Zuccagni Orlandini richiamò
l'attenzione sopra la stipite della Valle del Taro; alcuni saggi di
ligniti toscane furono presentati dal Gav. Berardi, e di ligniti dei
paesi veneti a nome del Gav. Scopoli. La conclusione di tanti ac-
curati studj fu che ninna speranza fondata potea nutrirsi di rin-
venire nella Toscana, e nel rimanente della catena apennina il
XXXIV
carbone fossile, il quale al certo manca ugualmente per lunghi
tratti delle Alpi. Ne il Segretario della sezione geologica trala-
sciò d'illustrare un subietto di si gran conto colle sue osservazioni,
le quali io non ridico, dovendo esser breve. Mi corre l'obbligo
bensì di ricordare che il Conte Paoli parlò alla sezione di Geo-
logia del sollevamento ed avvallamento dei terreni, discorrendo
specialmente alcuni fatti concernenti all' Italia j i quali aggiunti ai
molti altri che si hanno bene accertati portano a tutta ragione a
stabilire che i sollevamenti ed avvallamenti della scorza terrestre
non solo accaddero in grande al formarsi delle catene di monta-
gne, ma continuano tuttora, e fanno in più luoghi variare il
livello delle spiagge e del mare.
Le due sezioni di Fisica e di Geologia vollero riunirsi In una
all'occasione in cui il Prof. Orioli si fece ad esporre una sua ipo-
lesi intorno al calore proprio della terra . Il Prof. Orioli stimando
che i calcoli di Ampère e di Poisson abbiano dimostrato f impos-
sibilità che nell'interno della terra esista ancora un forte calore
iniziale ed uno stato di fusione ignea , all' oggetto di spiegare la
causa de' terremoti, e quella della temperatura della terra crescente
dall'esterno all'interno, si appigliò alla supposizione che vi sieno
nelle regioni sotterranee certi composti chimici che non potreb-
bero conservarsi quali sono alla superficie della terra, e che an-
derebbero soggetti a decomporsi, e per conseguenza a sviluppare
calore e sostanze gassose ogniqualvolta dalla superfìcie terrestre
potessero insinuarsi e giungere sino ad essi o l'aria o l'acqua. Il
Pasini cui questa ipotesi sembrò insufficiente a spiegare lutti i
fenomeni geologici, e non coerente ad altri fatti generali di Co-
smologia, fece molte osservazioni in contrario, e sostenne che i
calcoli del Poisson non valevano ad abbattere la teorica del ca-
lore centrale della terra; ma la disputa rimanendo interrotta,
non portò allo scioglimento della quistione.
La sezione di Geologia fu sollecita di osservare quanto i din-
XXXV
torni della cillk di Pisa poteano offerire di curioso agli siudj geo-
logici. Diretta dal Prof. Paolo Savi, si recò a visitare quel
gruppo di montagne a noi prossime così detto Monte Pisano,
studiò le diverse rocce che esso presenta, e le loro singolari al-
terazioni.
Per ultimo non è da tacere che la sezione stessa volendo
provvedere ad un piano regolare ed uniforme di lavori che gio-
vino a procurarci una compiuta descrizione geologica dell'Italia,
stabilì quanto era necessario a conseguire con ogni possibile sol-
lecitudine tale intento. Così il Pasini encomiando questo savissi-
mo divisamente, favellando dei molti titoli che hanno i Toscani
alla benemerenza dei cultori della Geologia, facendo parole di
lode della Riunione di Pisa poneva termine al suo accuratissimo
rapporto, cui tennero dietro quelli de' Segretarj della sezione
botanica .
Il Dolt. Biasoletlo fu primo, e discorse quanto si operò dal-
la Sezione rispetto alla Fitografìa. Narrò che il Prof. Yisiani
dopo aver letta in lingua latina la prefazione della sua Flora dal-
mata, che in breve sarà fatta pubblica per le stampe, richiese il
parere della Sezione botanica intorno a siffatto lavoro : oltre a ciò
il medesimo Professore espose una sua notizia intorno alla osser-
vazione fatta dal Prof. Bertoloni negli Annali di Storia Naturale
di Bologna, che la Satureja montana di Linneo non sia quella
comunemente inserita negli erbarj, ma bensì l'altra descritta da
lui sotto il nome di Satureja suhspicata: su di che ottenne la
piena adesione del Prof. Moretti . Il Dott. Meneghini fattosi a
descrivere un'alga nuova, ne spiegò la organografia, e ne asse-
gnò i caratteri fitografici: inoltre, presentando l'intera collezione
della sua Algologia euganea, lesse lo scritto che serve ad essa di
corredo, e invitò coloro che danno opera ad un tal ramo di bo-
tanica a prendere in esame questo suo lavoro. Il Cav. Prof. Gae-
tano Savi prese a parlare di alcune specie di Origanum, e due
XXXVI
ne descrisse eh' eì tiene per nuove. Luigi Calamai illustrò ire
specie di china provenienti dalla nuova Granata; rispello alle
quali il Prof. Targioni volle presentare i fiori, con foglie e frulli
d' una Cinchona appartenente ad una delle specie suddette . Ciò
quanto alle memorie; ma le cure della sotto-sezione di Fitografia
non sì restrinsero a queste; perocché il Procaccini mostrò diverse
specie di filliti da lui trovate nelle colline sassose selenitiche delle
vicinanze di Sinigaglia; l'Orsini diede conto di molte sue peregri-
nazioni negli Abruzzi, non tacendo dell'abbondante messe bota-
nica che potè raccogliere in quei luoghi; il Doti. Gera mostrò il
manoscritto di un suo Dizionario dei funghi più comuni d'Italia;
il Calamai presentò alcuni funghi e frutti da lui falli maraviglio-
samente in cera; il Prof. Targioni chiese schiarimento di una
oscillaria trovala nelle terme di Vignone , non priva di ferro,
benché nelle acque dove essa vegeta sottoposte all'analisi la piiì
rigorosa non abbia potuto rinvenire alcuna minima parte di que-
sto metallo; finalmente il Doti. Corinaldi mostrò cinque specie
di fruiti indigene della Persia e delle ludie orientali , da lui ri-
trovate nelle farmacie del Cairo, e presentò altresì trentauove spe-
cie di alghe del mare labronico, due delle quali da lui perla pri-
ma volta rinvenute .
Rispello ai lavori falli dalla sezione botanica sulla Organo-
grafia e Fisiologia vegetale parlò il Prof. Narducci ; il quale inco-
minciando dal celebre Botanico prussiano, il Prof. Link, disse
avere egli esposte alcune sue microscopiche osservazioni intorno
ai semi delle orchidee che giovarono a farne conoscere la loro
vera natura. Quindi disse di una discussione che si fece fra i
ProfF. Liak e Gio. Ballista Amici intorno alla struttura degli or-
gani elementari dei vegetabili; e specialmente intorno alla natura
di quelle impronte che si osservano sulla parete dei vasi delle
piante , impronte ritenute per glandule dal Link, e per veri fori
dall'Amici. Ne pochi altri argomenti di Fisiologia vegetale furono
XXXVII
iraltatl dal Professor Modauese: egli espose la vera organica
struttura dell' £/retì?o della rosa; il fenomeno della fecondazione
delle piante fanerogame; quello della circolazione nella Chara;
e trattò dell'ascensione della linfa nelle piante, che slima sog-
getta a due forze, l'una di gravità, l'altra vitale esercitata dalle
membrane delle cellule. Oltre alle quali cose, di non poche al-
tre ebbe a tener discorso il suUodaio Segretario Narducci; pe-
rocché il Prof. Moretti ragionò sulla qualità del frutto della
Cycas revoluta; il Cav. Prof. Gaetano Savi, su i vari periodi di
accrescimento del cedro del Libano che vive da cinquanta anni
nel giardino botanico della Università pisana; il Marchese Ridolfì,
^\A\ Araucaria imbricata che sebbene non avesse mai fiorito sul
suolo italiano, uuUameno ha potuto ne' di lui giardini pervenire
sino a questo punto di prospera vegetazione; il Prof. Pietro Savi,
sulla struttura degli ovarj dell' Ambrosinia, e sulle aberrazioni
che in questa pianta si rinvengono. Ne dobbiamo tacere del Prof.
Botto che espose alcune osservazioni relative al movimento delle
molecole attive di sostanze inorganiche; del Conte Gallesio che
tenne discorso d' uua classificazione degli innesti, desumendola
da due diversi movimenti di sugo ch'ei crede avvenire nei vege-
tabili; del Prof. Agostino Sassi, il quale fece noto di avere ar-
ricchito la Flora italiana d'una specie di Antrocephalus apparte-
nente alla famiglia delle epatiche, e che tenne proposito altresì
della opinione fìao ad nm ammessa che nei generi delle crucife-
re, le rispettive specie presentino la figura medesima negli em-
brioni; opinione ch'ei volle per le sue proprie osservazioni al-
quanto modificare . Oltre a ciò deesi rammentare il Prof. Moretti,
il quale mostrò una espansione imbutiforme avvenuta nel fusto di
un individuo di Valeriana dioica^ derivante, come parve, dalla
saldatura di due o più cauli dell' individuo stesso, e che rese ma-
nifesto eziandio come valide ragioni si avessero da sospettare, che
non possa propagarsi ai soggetti quell' apparenza che dicono sere-
XXXVIII
ziatura: il Prof. Pietro Savi, che tenne proposito di certe sue
osservazioni, le quali renderebbero alquanto dubbiosa la teorica
generalmente abbracciata che l'incurvamento degli organi dei
vegetabili si faccia sempre verso quella parte dove sono maggior-
mente irradiati dalla luce : e per ultimo ricorderò il Dott. Biaso-
letto che ragionò di una nuova specie di alga rinvenuta in uno
stagno d'acqua dolce nell'Istria, e che trattò altres; di varie spe-
cie di alghe nate nell'acqua, si distillata che naturale, col solo
infondervi frammenti di alcune sostanze vegetabili.
Ultimo a ragionare delle fatiche scientifiche dei membri
della Riunione fu il chiarissimo Prof. Puccinotti, Segretario della
sezione medica; la quale fu operosissima, e si distinse dalle altre
per duepremj, stabiliti l'uno dal Consigliere Giuseppe Frank di
cinquecento franchi, l'altro dal Dott. Gio. Battista Thaon di cin-
quecento lire toscane; il primo da aggiudicarsi all'Autore di quella
memoria, che il Congresso del venturo anno in Torino giudi-
cherà la più degna, intorno alla Medicina Ippocratica, e che di-
mostrerà ben anche come le Scuole italiane ne abbiano sempre
conservato lo spirito; il secondo da destinarsi parimente nel
Congresso del venturo anno a quegli che avrà raccolte osserva-
zioni da comprovare l'efficacia di topici stimati capaci di sciogliere
gli scirri, e specialmente quelli delle mammelle.
E per venire alle memorie contenenti fatti ed esperienze,
giovi ricordare in prima, siccome foce li sullodato Segretario, i
ProfF. Corneliani o Polli, i quali esposero l'uno osservazioni, l'al-
tro osservazioni ed esperienze sul diabete, traendo da esse alcune
conseguenze, e di conto, intorno alla natura ed alla sede di tal
malattia; quindi il Prof. Taddei che comunicò le sperienze da
lui fatte sul sangue, e che espose il suo metodo particolare detto
à' interposizione j col quale pervenne ad ottenere pura Y ema^
tosìna. 11 Dott. Federici di Messina espose come dalle proprie
osservazioni intorno alla cangrena secca fosse indotto a credere
XXXIX
che essa consista in un moto autlperistaliico delle arterie. Il Dott.
Linoli lesse una memoria contenente fatti che escludevano la ri-
produzione ossea per effetto di flogosi nelle fratture;, memoria
che tornò utilissima alla discussione su tale argomento, ed a fis-
sare alcuni principj rispetto al fenomeno della riproduzione
ossea. Il Prof. Giuli favellò di alcune sperienze intorno al pre-
teso stato elettrico degli organi di molti individui sottoposti alla
cura delle acque minerali. Il Dott. Comandoli fece note le os-
servazioni da esso istituite in conferma di alcuni principj fonda-
mentali della COSI delta dottrina medica italiana. In questa cate-
goria di fatti debbono pure annoverarsi le ricerche anatomiche
del Dott. Pacini di Pistoja sulla esistenza di alcuni corpicelli ovo-
lari lungo i nervi sotto-cutanei del palmo della mano; le storie
cliniche comunicate dal Prof. Schina, dalle quali si apprese come
in alcune dissenterie abbia giovato, a preferenza di altri farma-
chi, il calomelano dato in alte dosi, e come in alcuni casi si ve-
rifichi una tale flogosi spinale ribelle al metodo antiflogistico, co-
me a qualunque altro metodo terapeutico opposto , ed a quello
che dicono misto : ed oltre a ciò, i fatti esposti dal Prof. Gariel ,
dai quali risulta la utilità dell' uso delle preparazioni mercuriali
per sospendere lo sviluppo della pustola vajolosa; la sinossi delle
litotomie eseguite dal Prof. Pecchioli di Siena: ed anche i fatti
risguardanti l'Ortopedia possono essere aggiunti ai già raccontati.
Il perchè diremo che il Dott. Pravaz di Montpellier accertò di
avere, per un suo metodo particolare ortopedico, ridotte a sana-
bili le lussazioni congenite della testa del femore, solite ad ab-
bandonarsi per incurabili , e che il Dott, Scalvanti presentò tre
individui come testimonj irrefragabili della utilità del metodo
meccanico ortopedico .
Tra le tesi di argomento generale il chiarissimo Prof. Puc-
cinotti notò quella del Prof. Giacomini, in cui egli prese a pro-
vare come erronei sieno i giudizi di identità d'alterazione tra il
XL
sangue estratto ( ove quelle si asseriscano sul fondamento dei
mezzi fisici e chimici) e il sangue circolante; notò i ragionamenti
del Dott. Terrario sulla utilità e necessità della statistica patolo-
gica, terapeutica e clinica, e sulla istituzione d'una statistica cli-
nica nazionale; ricordò la memoria del Dott, Passetta intorno
alla direzione morale delle mentecatte nell'Ospedale di Veneziaj
la memoria del Prof. Bouros che fece note per diligenti descri-
zioni geografiche e geologiche, ed analisi chimiche le principali
acque termo-minerali della Grecia, e i loro medici usi; e la me-
moria del Dott. Meneghini intorno alla Frenologia, dove egli di-
mostrò doversi dare a questa scienza, oltre alla base empirica
cranioscopica, una base anatomica, senza la quale e assurdo il
cavarne utili deduzioni sulle fuazioni dei singoli organi del cer-
vello. Il Segretario Puccinotti alle esposte cose aggiunse che il
Prof. Morelli fattosi all'esame delle teoriche del Forni rimase di
necessità titubante nel suo giudizio, facendo ben chiaro per altro
che quanto è facile il lodare astrattamente un vasto concetto, tanto
e duro, per la non manifesta utilità di esso, lo esprimere una
lode profittevole e procedente da vera ed intera convinzione ,
Le discussioni scientifiche che ebbero luogo all' adunanza
della sezione medica non furono poche, ne di lieve momento: né
altrimenti poteva avvenire laddove si riuniva gran parte della sa-
pienza medica italiana . Il Prof. Puccinotti disse di quelle di mag-
gior rilievo, e intorno a queste egli non volle esser breve: io, per
amore di brevità, mi ristringerò a dirne quanto basta per far co-
noscere i titoli delle quistioni, e gli scienziati fra cui si agitarono.
Sulla natura del sangue, e sulle primitive e secondarie alterazioni
di esso utili discussioni sostenne il Prof. Giacomini coi Proff. Bu-
falini. Del Punta e Betti, che il Prof. Tommasini si affaticò di
condurre a conciliazione . Altre discussioni che tornarono utili al
pari delle precedenti furono quelle sulla riproduzione delle ossa
sostenute dai Proff. Betti e Coraeliani. Non poco vantaggio arre^
XLI
carono le dotte avvertenze del Regnoll intorno ad alcuni stru-
menti cblrurgici presentati alla Sezione, nelle quali presero
molta parte i ProfF. Pacini e Pecchioli. Feraci altresì di utili co-
gnizioni patologiche e chimiche rese il Prof. Bufalini le sue di-
scussioni col Dott. Ferrario suU' ordinamento delle statìstiche me-
diche, nelle quali valenti interlocutori pur si mostrarono il Tom-
masini ed il Betti. Di non pochi clinici schiarimenti fu pure
occasione quanto dissero il Bufalini e il Del Chiappa, e quindi lo
Schina e il Tommasini intorno alla natura, ed alla terapia delle
dissenterie. Per ultimo il Puccinotti notò che la discussione te-
nuta neir ultima adunanza col Dott. Comandoli valse a compro-
vare che le massime fondamentali della Patologia in Italia non
sono difformi, e che su questa concordia di principi, ^^^lle adu-
nanze di Pisa, come egli si espresse, consacrata, si appoggiano i
voti e le speranze sull' ulteriore avanzamento e decoro di questa
scienza .
Qui ebbero termine le relazioni dei Segretarj; dalle quali si
raccolse eziandio che tutti i Presidenti dettero principio alle adu-
nanze col rivolgere ai membri delle loro sezioni parole di aff*et-
luosa esortazione, affinchè per le cure di tutti la Riunione scien-
tifica riuscisse ad un fine utile insieme e glorioso per l'Italia.
Dalle relazioni medesime si apprese ancora che S. A. I. e R. erasi
degnata di assistere non una volta sola alle adunanze delle Se-
zioni: della qual cosa il Segretario generale (come gli correva
l'obbligo) fece speciale ricordanza negli Atti; ne' quali notò al-
tresì che all'I, e R. A. S. piacque per bene due volte di trasfe-
rirsi a Pisa al fine di vedere da vicino le cose di quella Riunione,
che volle de' più segnalati fregi del suo patrocinio onorare. E
perchè di tutte le dimostrazioni di questo patrocinio medesimo
rimanesse memoria negli scritti, egli non lasciò di notare che il
Muuificentissimo Principe si degnò di chiamare alla regale sua
mensa i Presidenti e i Segretarj, e poi i sei Promotori di tanta
/
XLII
isiituzione, e di ordinare ancora che nella sua assenza da Pisa,
il Governatore della Città nel suo Real Nome un lauto e sontuoso
convito facesse apprestare a quanti erano membri della Riunio-
ne; perlochè il giorno dieci di Ottobre tutti essendo convenuti
nel Reale Palazzo si stettero lungamente in gran festa, e colsero
siffatta occasione per esprimere voti di lunga felicità al Magna-
nimo Principe, a S. A. I. e R. la Granduchessa di Toscana,
all'Erede del Trono, a tutta la Reale Famiglia: ne si tralascia-
rono gli applausi e i brindisi alla Città ed Università di Pisa,
non che al Consesso scientifico, con ogni possibile allegrezza,
ed onesto trasporto di giubbilo.
Resta ora ch'io dica di quanto si fece nella finale Adunanza
solenne dopo le letture dei Segretarj. Il Segretario generale rese
noti a tutta l'Assemblea i Regolamenti per le annuali Riunioni
( pag. Lii), che debbono tenersi a buon dritto come necessarj
affinchè questa scientifica istituzione, che a somma ventui'a nel
paese nostro ebbe la prima sede, possa in Italia, come altrove,
prosperar lungamente. Tali Regolamenti furono compilati, come
già dissi, dai Presidenti; l'Assemblea uditane la lettura, gli ap-
provò . E perchè il Consiglio dei Presidenti medesimi doveva
eleggere il Presidente generale della futura Riunione, il Consiglio
medesimo facendosi a questa cura, volle che la scelta cadesse sulla
persona del Presidente della Reale Accademia delle Scienze di
Torino, nel quale tutti i nobili titoli si trovarono riuniti per essere
chiamato a sì degno ufficio. Questa elezione fu dal Segretario an-
nunziata all'occasione dell'adunanza suddetta. Per ultimo egli
appalesò che la Civica Magistratura di Pisa, a perpetuare la me-
moria della Riunione ordinava che si coniassero medaglie (*)
colla effigie del Galileo, da distribuirsi a lutti i componenti il
(*) Il conio della testa del Galileo fu fatto da Cinganelli; 11 rovescio da
Niderost. La medaglia è simile a quella che vedesi nel frontespizio. [Gli Edit.)
XLIIl
Corpo scientifico; il quale allo dì generosità, e insieme di be-
nevolo animo mosse i Presidenti a proporre per mezzo del Se-
gretario (e tutta l'Assemblea lo sanzionò) che fossero solenne-
mente registrate negli Atti parole di viva gratitudine, e di devo-
zione sentita verso questa illustre Città. Ciò fatto, il Presidente
generale disciolse il Congresso con appropriato e commovente
discorso, nel quale al certo niana cosa mancava, da che S. A.
I. e R. il Granduc.y, la Città e gli Scienziati, ebbero dal vene-
rando Oratore parole di reverenza, di affetto, di gratitudine.
Di questo modo si pose termine alle studiose fatiche che
tanti valorosi Uomini vollero sostenere per il bene delle scienze,
e per l'incremento della gloria nazionale italiana. Ognuno che fu
spettatore ebbe ad esser compreso di maraviglia. Mirabile fu ia
vero l'ordine col quale procederono sempre le funzioni accade-
miche j lo che si deve alla gentilezza delle eulte persone che a
quelle intervenivano, ed alla saviezza non meno dei Presidenti,
i quali vigilantissimi si davano pensiero di rimuovere prudente-
mente ogni ostacolo che si fosse parato innanzi al buono e paci-
fico andamento delle cose.
Qui, se non temessi di oltrepassare i limiti dell' ufficio mio,
ben altre cose direi affine di mostrare lutto quello che si fece a
questa occasione nella Città, non tanto per onorare quanto per
trattenere convenientemente gli Scienziati: direi delle serali con-
versazioni che si tenevano nella Biblioteca della Università, e che
per cura del Bibliotecario Cav. Prof. Rosellini riuscivano oltre
ogni dire dilettevoli; ricorderei i trattenimenti che avevano luogo
nelle Stanze Civiche; direi di un gradito spettacolo che si dava
nell'Arno a diletto degli Scienziati (7), pei quali si apprestò sulla
ricurva sponda comodo e distinto luogo; ne tacerei infiue delle
mense comuni sontuosamente imbandite nel Collegio di Santa
Caterina (8), a cui assistevano lietamente, oltre agli Scienziati,
cittadini e forestieri d'ambo i sessi. Queste cose, delle quali per
XLIV
esser breve mi passo, rendono per certo ragione del rammarico
che in tutti si appalesò lostochè il Consesso scientifico fu ridotto
al suo termine .
Il Provveditore della Università pisana apponendo una iscri-
zione dettata latinamente dal Cav. Prof. Cantini (*), alle pareti
dell'Aula magna della Sapienza, volle eternata, anco per questa
guisa, la memoria del faustissimo avvenimento . Il quale ben si
può dire che per la saviezza degli ordinamenti Sovrani, per la li-
beralità della Civica Magistratura (9), ugualmentechè per l'opera
degli Scienziati, riuscisse ad un fine si splendido e glorioso, da
rendere oggimai non equivoca l'utilità che si arreca a' buoni ed
utili siudj culle annuali Riunioni scientifiche .
C)
ANNO • M • DCCC • XXXVIUI • FAVSTO • FELICI
MENSE • OCTOBRIS
QVOD • ITALORVM • DOCTISSIMI
AD • NAT VR ALI VAI • DISCIPLlNARViM • SPLENDOREM
VTILITATEMQVE • FROMOVENDAINI
C0NVENTV3I • SINGVLIS • ANNIS
PER • 1TALL\ÌM • HABENDVìM • CONSTITVERINT
ET • RITE • PRIMVM • IN • HAC • AVLA • PEREGERINT
VIRIS • CLARISSIMIS
E • NATIONIBVS • EXTERIS • ACCEDENTIBVS
Avspiciis • LEOPOLDI • fl • M • E • D •
OPTDIORV.M • STVDIORVM
ADSERTORIS • IVIVNIFICENTISSIMI
QVI • CONCIONES • PRAESENTL\ • SVA
IIONESTAVIT • EREXIT
CELEBRATA • L\ • HOSPITV.M • HONOREM
STATVAE • GALILAEII • NOSTRI
DEDICATIONE • SOLLEMNI
CAIETANVS • GIORGINIVS • EQ • STEPIi •
PRAEFECTVS • ATHENAEI
TITVLVM • TANTI • MEMOREM • INCEPTI
L • M • PONI • CVRAVIT
( Gli Edit. )
XLV
E prima che il Congresso prendesse il suo scientifico atteggia-
mento fu cura del Cav. Operajo Vincenzo Carmignani di fare apporre
nell'interno del Campanile della Primaziale pisana la seguente Iscrizione,
onde rammentare a chi recasi a visitare quelle insigni fahhriche che gli
esperimenti fatti dall' immortai Galileo sulla caduta dei gravi furono da
quella cima diretti. (^GU £dit.^
GAIILEVS • GAIILeIvS
EXPERIMENTIS • E • SVMMA • HziC • TVRRI
SVPER • GRAVIVM • CORPORVM • LAPSV • INSTITVTIS
LEGIBVS • MOTVS • DETECTIS
MECHANICEN • CONDIDIT
INGENTIBVSQUE • SVIS • POSTERIORVMQVE • SOPHORVM • INVENTIS
PRAELVSIT
IN • CVlVS • REI • MEMORIAiM
\TNCENTIVS • CARMIGNANIVS • EQ • AVR •
AEDITVVS • TEMPLI • MAXIMI • PISANORVM
MARMOR • INSCRIPTVM • DEDICAVIT
KAL • OCTOBR • AN • MDCCCXXXVIIII
QVO • DIE • AVCTORITATE • AVSPICIISQVE
LEOPOLDI • II • MAGNI • DVCIS • ETRVRIAE
STVDIORVM • OPTIMORVM • FAVTORIS • PROVIDENTISSLAIl
PRIMORES • DOCTORVIM • EX • VNIVERSA • EVROPA
PISIS • AD • CONVENTVM • MAXIMVM • COEViNTES
DISCIPLINIS • ET • ARTIBVS • ITALORVM • FAVSTA • INCREMENTA
POLLICENTVR
r
IN O T E
(i) i^ HtJRissiMO SiGyORE. — La fama ognov crescente delle Riunioni annue
che i Professori e Cultori Tedeschi delle Scienze naturali sogliono tenere
in una città della Germania per ciascun congresso diversa, invitandogli ezian-
dio gli Stranieri, venne in Italia viemaggiormente diffusa per un Articolo
relativo avidamente letto, non ha guari, nella Biblioteca Italiana (Tom. 91,
pag. 267 ) . // desiderio perciò di vedere una simile istituzione fra noi, de-
siderio che già in molti dei nostri Scienziati allignava, si accrebbe in loro,
e in non pochi altri si propagò di maniera, che ai voti nostri sonasi riuniti
quelli di persone riputatissime nelle suddette facoltà, le quali accennarono
altresì che la città di Pisa estimavano opportunissima a congregarvisi la
prima volta colle semplicissime norme della Germania, e quindi provvedere
in quale altra città d' Italia potesse rinnuovarsi la convocazione per l'anno
avvenire .
Se ramare del luogo natio non rende sospetto il pensiero di alcuno
tra i soscrittori al presente foglio, se il dritto veder dei nostri Colleghi non
può interpretarlo diversamente, bene ci sembra che si apponesse chi giudicava
doversi incominciare da Pisa. Perche questa città che fiorisce nel centro
della nostra Penisola in ogni maniera di studi, è pure assai vasta ed op-
portuna ad albergare molti forestieri di ogni grado, è amena, tranquilla e
ricca di Musei; ed a perenne e scambievole onore della Religione, della
Filosofa e delle Belle Arti, mostra altera la Torre da cui sì bene esplo-
rava le maraviglie del cielo il maggior dei Filosof naturali dato dalla
Toscana alla comun patria.
Se finora i Principi della Germania gareggiarono nelV offerire cospi-
cue città dei loro Stati per colali Riunioni, cui piace rimaner libere nella
scelta, come per esempio ( senza ritornar molto indietro ) abbiam veduto che
S. A. R. il Granduca di Baden desiderasse di averla nell'amena Friburgo,
dopo che la Cesarea Maestà dell' Imperatore d'Austria e Re del Regno
XLvm
Lombardo- y^eneto aueala volentieri accolta nella capitale della Boemia, co-
me S. M. il Re di Wartemberg albergatala prima nella stessa Stoccarda ,
e come in quest'anno S. yi. il Principe di Tf^aldeck invitolla in Firmante y
chi potrà dubitare che S. A. I. e R. il Serenissimo Granduca di Toscana
non sarà per godere assai di questo nostro invito nella sua dotta Pisa? A
niuno forse degli Scienziati cui scriviamo giunge nuovo che VA. S. I. e R.
piacesi di possedere nella sua inestimabile Biblioteca privata qualunque bel'
l'opera che tratti di scienze naturali, e che le ama e le coltiva a segno,
che la severa Società Reale di Londra, con raro esempio, lo aggregava
tra' suoi .
Seguendo pertanto il consiglio di molti, e l'approvazione di altri, nh
di scostandosi punto dalle pratiche tanto felici in Germania, veniamo ad an-
nunciare che nel bel mezzo delle ferie autunnali del corrente anno iSSq,
dal dì primo al quindicesimo di Ottobre inclusive, sarà aperto in Pisa il
Consesso dei Professori e dei Cultori delle scienze fisiche in Italia y com-
prese la Medicina e l'Agricoltura sì utili alla umanità. E ciò conseguen-
temente ci affrettiamo di partecipare ai Professori delle scienze suddette
nelle varie Università degli stati italiani, ai Direttori degli studi delle me-
desime, ai Capi e Direttori dei Corpi del Genio, degli Orti botanici, dei
Musei di storia naturale, ai Lincei di Roma, ai Membri dell' I. e R. Isti-
tuto di Milano, della R. Accademia delle Scienze di T'orino, della Società
Italiana di Modena, dell'Istituto di Bologna, della R. Accademia delle
Scienze di Napoli, della Gioenia di Catania, e dell' I. e R. de' Georgofli
di Firenze; non senza darne anche contezza oltremonti ai Capi delle più.
famose Accademie, afinche possano comunicarne la notizia ai rispettabili
Soci, che tra noi saranno meritamente accolti, esibendo i loro respettivi
diplomi .
È superfluo il trattenersi qui sul vantaggio che può derivare dal com-
mercio delle peculiari idee dirette in specie al perfezionamento delle arti,
poiché Voi, chiarissimo Signore, siete persuaso che questo mezzo è uno de' piti
efficaci a diffondere utili cognizioni, ed a conseguire sì nobile scopo .
Al Cattedratico italiano, seniore tra' presenti in Pisa nel primo
giorno di Ottobre, toccherà aprire l'Adunanza della quale sederà Reggitore
in tutta la sua durata; ed il Segretario sarà scelto di suo genio tra' Pro-
fessori della Università di Pisa . L'Assemblea generale si dividerà il secondo
giorno in quante sezioni verranno suggerite dal riscontro delle diverse bran-
che scientifiche, coltivate dagli intervenuti; ed i Membri di ciascuna sezione
sceglieranno a loro stessi un Presidente ed un Segretario italiano. U As-
semblea generale medesima deciderà nel settimo giorno come e dove sarà per
adunarsi nell'anno futuro .
XLIX
Al cominciare del mese di Agosto si spediranno nuove lettere circo-
lari, dalle quali verranno indicati i provvedimenti locali, non meno per gli
alloggi che per tutto ciò che riguardar possa la comoda, lieta e pacifica
dimora di tutti coloro che si compiaceranno d' intervenire .
Firenze, 28 Marzo 1839,
Principe CARLO L. BONÀPÀRTE.
Cav. ViyCEyziO ANTiyORI,
Dirett.dell'I. e R. Museo di Fisica e Storia Naturale di Firenze.
Cav. GIO. BATTISTA AMICI,
gastronomo di S. A. I. e R. il Granduca di Toscana,
Cav. GAETANO GIORGINI,
": Provfeditor Generale dell'I, e R. Vniuersilà di Pisa;
Dott. PAOLO SAVI,
Professore di Storia Naturale nell'I, e R. Unii/ersith di Pisa.
Dott. MAURIZIO BUFALINI,
Prof, di Clinica e Medicina nell'I, e R. Arcispedale di Firenze .
(2) Chiarissimo Signore. — Quando colla nostra Circolare del 28 Mar-
zo 1839, annunziavamo essere conceduto all' Italia di raccogliere in alcuna
sua città il Consesso dei Cultori delle Scienze Naturali, e Pisa essere la
prima prescelta a sì nobile divisamento, promettevamo altresì di render noti
con una seconda Circolare i provvedimenti già presi, onde procacciare a
quella Riunione ogni più dovuta facilità e convenienza . Ora però, nel-
V adempire alla nostra obbligazione, siamo assai lieti di poter dare certezza
che da ogni parte d' Italia, e anche di oltremonti , avemmo non dubbia
prova del gradimento col quale accolsero il nostro annunzio tutti coloro che
pongono amore negli studi delle Cose Naturali. E dobbiamo pure a nostra
maggior letizia accennare che il benignissimo nostro Principe, degnossi con-
cedere che la sede delle Adunanze scientìjìche sia nelle sale stesse dell' Uni-
versità degli Studi ; e quindi possiamo gloriarci che esse comincino realmente
sotto i pili desiderabili auspicj, quali sono quelli che ne promette la sapiente
Bontà .
Però l' epoca e il modo e lo scopo della Riunione saranno veramente
siccome fu dichiarato nella prima nostra Circolare. Se non che siamo ades-
so in grado di aggiungere che ognuno, il quale fosse deliberato di farne
parte, portandosi direttamente al palazzo dell' Università di Pisa vi troverà
a maggior comodo, e l'uffizio de' passaporti, e le persone incaricate di som-
ministrare le notizie necessarie alla sua dimora in quella città, e qualunque
schiarimento relativo all'ordine della Riunione medesima. Quivi pure, a co-
minciare dal giorno 28 del mese di Settembre, dalle ore 9 alle 1 2 della
mattina saranno reperibili i signori Deputati all'Ammissione ed Iscrizione
L
di quelli che comporranno il Consesso scientifico', al che sarà ragione suffi-
ciente la qualità di Professore, a di distinto Cultore delle Scienze Mate-
matiche e Naturali, o il grado di Ufficiale Civile o Militare del Genio, od
Ingegnere delle Miniere, o infine il diploma di una delle principali Società
scientifiche italiane o straniere .
^ togliere il dubbio in alcuni insorto se gli argomenti da trattarsi
debbano essere limitati a quelli delle Scienze Naturali, intese nel loro più
stretto significato, crediamo anche opportuno in questa occasione d' indicare
che le Scienze delle quali si occuperà il Consesso saranno le seguenti : Ma-
tematica, astronomia, Fisica, Chimica, Zoologia, Mineralogia, Geologia,
Geografia, Botanica, Agricoltura, Medicina, Tecnologia; e queste potranno
essere quindi riunite o suddivise in sezioni secondo il numero degli intervenuti,
Firenze, i3 Agosto 1889,
Principe CARLO L. BONÀPARl'E.
Cav. VINCENZIO ANTINORI ,
Direit. dell'I, e R. Museo di Fisica e Storia Naturale di Firenze.
Cav. GIO. BATTISTA AMICI,
Astronomo di S. A. 1. e R, il Granduca di Toscana .
Cav. GAETANO GIORGINI,
Proui'editor Generale dell'I, e R. Uitii^ersita di Pisa.
Dolt. PAOLO SAVI,
Professore di Storia Naturale nell'I, e R. Unit^ersità di Pisa,
Cav. MAVRIZÌO BVFALINl ,
Prof, di Clinica e Medicina nell'I, e R. Arcispedale di Firenze,
(3) Questo distinto Professore che illiislrò per il corso (ii quaranlanove anni
l'Università di Pisa, cessò di vivere il dì 20 Decembre in età di anni 76 universal-
mente compianto («) .
(4) Pe/' r inaugurazione solenne della statua del Galileo . Orazione di
Giov. Rosini detta al Consesso degli Scienziati Italiani il 2 Ottobre iSSq,
Fisa, Tipografia Nistri (*).
(5) Nella solenne inaugurazione della statua del Galileo. Rime degli
Arcadi della Colonia Alfea offerte in omaggio agli Scienziati Italiani nel
loro primo Congresso in Pisa nell'Ottobre 1839. Pisa, presso i FF. Nistri (<-').
(6} Vengono omessi i nomi degli altri otto Deputati della Società Medico-
iìsica Fiorentina, poiché mancava l'indicazione di essi nella lettera del Segretario
della Società medesima .
(a) Ved. la Biografa a pag. 297. (Gli Edit.)
(5) Ved. pag. 271. — Si è creduto far cosa grata agli studiosi delle Scienze, inserendola in
questa nostra seconda edizione. (Gli Edit.)
(e) Fu pubblicato anco il seguente componimento: — Nel solenne consesso in Pisa delti
Scienziati Europei nell'autunno dell'anno iSSg. Canzone del Prof. Cay. Aud. Baccio Dal Borgo,
Tipografia Nistri .
LI
(y) 11 palio delle fregate^ che cosi chiamano i PUaul questo spettacolo
d' antichissima istituzione*
(8) Ciò si dovè in gran parte alla liberalità di S. A. I. e R.
(9) È debito il ricordare a questo luogo anche la Deputazione composta
di S. E. il SIg. Cav. Gran-Croce A. Humbourg Governatore della città di Pisa ,
dell'Illustrissimo Sig. Cav. Siraonelli Gonfaloniere della Magistratura Cìvica, dell'Il-
lustrissimo Sig. Cav. Gaetano Giorginl Provveditore della Università, e dell' Illu-
strissimo Sig. Commend. Conte Lelio Franceschi , i quali per speciale incarico
avuto dall'I, e R. Governo si dettero ogni possibil cura per apparecchiare ed ordi-
nare le cose necessarie al Congresso.
y. OF «W« USv
REGOIAMEIVTO GENERALE
PER
:ti .aiiiFASi iiirsriBii iiaiiam'^
DEI CULTORI DELLE SCIENZE NATURALI
I.
Il fine delle Riunioni dei cultori delle scienze naturali si è di giovare ai
progressi, ed alla diffusione di tali scienze, e delle loro utili applicazioni.
A conseguir questo fine gli scienziati si adunano ogni autunno
in una delle città d'Italia, per un periodo di tempo che non dovrà
mai oltrepassare i quindici giorni .
IL
Hanno diritto di essere membri delia Riunione tutti gl'Italiani
ascritti alle principali Accademie o Società scientifiche istituite per
l'avanzamento delle Scienze naturali , i Professori delle Scienze fisiche
e matematiche, i Direttori dea;li alti studi o di stabilimenti scientifici
a».i Trtij oiaii a Italia, e gl'Impiegati superiori nei Corpi del Genio e
dell'Artiglieria . Gli esteri compresi nelle categorie precedenti saranno
pure ammessi alla Riunione .
UI.
Ogni annua Riunione avrà un Presidente generale, due Asses-
sori, ed un Segretario generale. Nella prima Adunanza si procederà
alla divisione dei membri in più sezioni, comprendenti ciascuna una o
più scienze secondo il numero, e gli studi degl'intervenuti. Nello stesso
giorno ogni sezione nominerà a schede segrete, ed a pluralità assoluta
di voti, uno dei suoi membri alle funzioni di rispettivo Presidente, e
questi dovrà poi scegliere altro fra i membri medesimi a Segretario
della sezione stessa. Tutti questi diversi ufizi dovranno essere affidati
a membri italiani della Riunione.
IV.
Il Presidente generale, i due Assessori , i Presidenti delle Se-
zioni , ed il Segretario generale comporranno per tutta la durata della
Riunione un Consiglio, che prowederà alla buona direzione , e al buon
successo della medesima .
LUI
V.
Avanli lo sciosHtnento della Riunione, da tutti i membri ita-
liani costituiti in adunanza generale, si procederà col mezzo di schede,
ed a pluralllà assoluta di voti, alla scelta della città ove tenere la
Riunione dopo due anni.
VI.
Il Consiglio elegge il Presidente generale per la Riunione del-
l'anno prossimo seguente, il quale dovrà avere il suo domicilio in
quella stessa città ove deve esser fatta la Riunione . Al Presidente ge-
nerale spetta la nomina dei due Assessori, e del Segretario generale da
scegliersi fra gli scienziati del medesimo paese, almeno sei mesi prima
della Riunione.
VII.
L'eletto Presidente generale dovrà fare le dovute pratiche, perchè
la Riunione possa aver luogo in modo regolare nella città che sarà stata
prescelta, ed egli dovrà darne avviso a tempo debito agli scienziati.
Vili.
I due Assessori coadiuveranno il Presidente generale, nel pren-
dere tutte le disposizioni occorrenti pella Riunione: ad essi spetterà il
decidere ne' casi dubbj se uno scienziato cleljba o :.^o oo<,o..« ''nmnreso
fra i membri della Riunione, in conformità all'Art. II. In mancanza del
Presidente, faranno le sue veci i due Assessori, in ordine di anzianità.
IX.
Nell'ultima generale adunanza il Segretario generale farà un rap-
porto sull'andamento della Riunione, ed i Segretarj particolari legge-
ranno ciascuno un breve sunto di quanto sarà stato operato nelle ri-
spettive Sezioni. In questa pubblica adunanza sarà proclamato il Presi-
dente generale eletto dal Consiglio per la successiva Riunione.
X.
Dopo questa adunanza il Presidente generale, i due Assessori ed
il Segretario generale lasciano i loro ufizi . Sarà per altro loro cura
il trasmettere al Presidente proclamato pella successiva Riunione l'e-
lenco degli scienziati intervenuti, ed il sunto dei processi verbali.
XI.
Nel caso di mancanza del Presidente generale eletto pella Riu-
nione prossima seguente, prima ch'egli abbia nominati i due Assessori,
dovrà il Presidente generale dell'ultima Riunione consultare per una
LIV
nuova scelta i Presidenti delle Sezioni, e, raccolte le loro proposizioni,
fare sollecitamente la nomina di un altro Presidente. In mancanza poi
del suddetto Presidente generale dell'ultima Riunione, farà le sue veci
il più anziano dei Presidenti di sezione.
XII.
Agli Atti di ciascuna Biunione sarà data quella pubblicità, che
si giudicherà utile al progresso delle naturali discipline, e delle loro
applicazioni. Il Consiglio prima di sciogliersi, nominerà a quest'oggetto
un'apposita Commissione.
xin.
Gli orsetti ed i libri che fossero offerti in dono a ciascuna Riu-
nione saranno dati a quei pubblici scientifici stabilimenti del luogo ove si
tenne la Riunione, che verranno designati dal Presidente generale .
XIV.
Previo il grazioso Sovrano permesso, gli Atti originali delle Riu-
nioni saranno di anno in anno trasmessi, e conservati nell'I, e R. Museo
di Fisica, e Storia Naturale di Firenze, città centrale dell'Italia, e capi-
tale di quello Stato, in cui sotto gli auspicj di Leopoldo II quest'utile
istituzione ebbe principio.
Il Direttore dell'I <> ^- M^-'co aaik il Conservatore degli Attiy
va al suo zelo per le Scienze resta questa istituzione raccomandata.
Prof. RANIERI GERBI, Presidente Generale.
Carlo L. Bonaparte Principe di Musignano,
Presidente della Sezione di Zoologia e Anatomia comparativa.
Cav. Prof. Pietro Configliachi,
Presidente della Sezione di Chimica, Fisica e Matematiche.
March. Cav. Cosimo Ridolfi,
Presidente della Sezione di Agronomia e Tecnologia.
Cav. Prof, Gaetano Savi,
Presidente della Sezione di Botanica e Fisiologia vegetabile.
Prof. Angelo Sismonda,
Presidente della Sezione di Geologia, mineralogia e Geografia .
Cav. Prof. Giacomo To.mmasini,
Presidente della Sezione di Medicina .
Prof. Filippo Corridi, Segr. Gen.
Approvalo dalla prima Riunione degli Scienziati tenutasi in Pisa,
e nell'Adunanza generale del dì \^ Ottobre i83g.
Per copia conforme all'originale — Prof. Filippo Corridi.
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DI
FISICA, CHIMICA, MATEMATICA
PROCESSI VERBALI
DI FISICA, CHIMICA, MATEMATICA
TEXUTA IL DI 4 OTTOBRE 1839
.presi l'adunanza con un breve discorso del Presidente
analogo all'occasione, e parlando egli dello scopo generale del
nostro consesso esorta gli scienziati a riunirsi in dotte conver-
sazioni nei luoghi a tal uopo destinati. Verificato quindi
r elenco dei componenti la sezione , annunziate le ore per le
successive adunanze , pregati i socj a dar nota delle Memorie ,
estensioni, o comunicazioni da essi preparate, onde poterle
distribuire nel modo il più conveniente, invita a dar principio
alle letture, al finir di ciascuna delle quali verrà concessa la
parola a chi sarà per chiederla.
Il Prof. Giuseppe Branchi leggendo, espone il metodo da
lui seguito nell'insegnamento della Chimica nell'Università di
Pisa. Il breve tempo assegnato al suo corso è cagione che
egli debba fare una scelta fra le tante materie che appartengono
alla scienza^ quindi preferisce la dimostrazione dei fatti ben
provati^ e dichiara di astenersi quanto può dalle spiegazioni
ipotetiche de' fenomeni^ finalmente conclude coli' invitare i
colleghi ad unirsi per istabilire fatti , riserbandosi in seguito a
basarvi con maggior sicurezza le teorie. Aperta la scientifica
discussione intorno alla letta memoria , il Prof. Francesco
Orioli domanda la parola, e dice che le ipotesi le quali colle-
gano moltissimi fatti , o son base della nomenclatura debbonsi
insegnare se false per confutarle, se vere per porre i giovani a
livello della scienza, e a schiarimento di questa opinione
porta in esempio il sistema atomistico. E replicato avendo il
Prof. Branchi, che di tali teorie fa egli pure la conveniente
menzione, il Presidente riconosce un sufficiente accordo tra i
socj che interloquiscono, mentre ambedue saviamente inten-
dono allontanarsi dagli opposti estremi, usando dell'ipotesi
nell'insegnamento , come il Newton principalmente ne aveva
dato l'esempio.
Legge dipoi il Conte Domenico Paoli sull'azione cata-
litica dei corpi, e provata l'importanza di far ricerche circa a
questa, mostra quanto sarebbe dannoso attribuirla ad una forza
sui generis^ riportandone perciò la causa alle forze universali
fra queste presceglie l'elettrica, e propone due quesiti, 1." se
l'azione elettrica secondo le sue note leggi possa veramente
accagionarsi di questo, 2.° se i fatti vi corrispondono, e se
conducono ad una tal conclusione. Circa al primo osserva la
corrispondenza tra l'azione catalitica, e l'elettricità, partico-
larmente quella dinamica, che invade tutta la massa dei corpi.
Ma non dissimula che pel secondo quesito si presentano dei
casi di difficile soluzione , e dopo aver riportati alcuni fenomeni
dipendenti da azione catalitica, come il germogliamento, le
fermentazioni, le secrezioni animali e vegetabili, fa osservare
che acquista probabilità la supposta dipendenza fra l'azione
catalitica e la polarità elettrica.
Avendo l'Autore presa a considerare l'azione catalitica
nel platino spugnoso, offre occasione al Canonico Angiolo
Bellani di chiedere la parola per fare osservare, essere egli
5
stato il primo a dare una spiegazione del fenomeno che pre-
senta il platino spugnoso nelFaria atmosferica quando è sotto-
posto ad una corrente di gaz idrogene. Il Presidente poi ag-
giunge che in quanto ai segni elettrici che accompagnano quel
fenomeno, e de' quali ha fatto menzione il lodato Conte Paoli,
la scuola fìsica di Pavia fu la prima a rilevarli.
In appresso il Prof. Orioli, alludendo alla stessa memoria
del Conte Paoli , ed al luogo ove parlasi della fermentazione ,
mostra desiderio che siano prese in considerazione le osser-
vazioni e scoperte fatte di recente su questo argomento , e
principalmente quelle di Cagniard-Latour e Turpin, e che il
Prof. Giov. Battista Amici manifesti le sue idee sul medesimo.
La terza lettura spetta al Canonico Angiolo Bellani, e
verte sullo spostamento del mercurio osservato al punto del
ghiaccio nei termometri. Dopo aver egli richiamati i lavori che
su tal soggetto in diversi tempi ha pubblicati, e dopo aver de-
scritto il fenomeno accuratamente, prende ad esaminare, e
confutare le obiezioni opposte dal Berzelius, e da altri fisici,
alla sua spiegazione tratta dal successivo ristringimento del
globo del termometro 5 mostra che il medesimo fenomeno
dello spostamento del zero deve verificarsi anche nei termo-
metri ad alcool avuto rÌ2:uardo alla diversa dilatabilità de' li-
quidi termometrici: avverte che i due distinti fisici Legrand e
Desprez hanno in parte adottata la sua spiegazione, e in quelle
cose che dalle sue diversificano sono fra loro in contradizione,
né combinano con i resultati delle sperienze da lui ottenuti.
Molta differenza ritrova il I.egrand tra il vetro duro e il vetro
tenero^ mentre il nostro Fisico non si è mai accorto che una
differenza notabile possa provenire dalla diversità del vetro,
cristallo, o smalto. Rigetta l'Autore come almeno poco prati-
cabile il ricuocere il termometro dopo averlo chiuso, e si attiene
al suo metodo di correzione che consiste nel lasciare stagionare
i termometri circa un anno prima di fissarne la scala . Non tra-
6
lascia poi il Canonico BellanI di dar ragione delle molte irre-
golarità nelle mutazioni delle scale indicate dal Desprez, e
coglie quest' occasione per reclamare l'anteriorità, che ben gli
si deve, relati v^amente al Flaugergues. Finalmente ricorda che
il non ritornare diversi corpi solidi alle loro dimensioni subito
dopo il raffreddamento, serve d'appoggio a quanto espose^ ed
esclude la supposizione del Dott. Fusinieri, che un tal feno-
meno si riscontri anche nel mercurio.
Aperta la discussione il Prof. Giov. Alessandro Malocchi
riferisce il seguente fatto. Costruiti quattro tubi da termome-
tro, ripieni di mercurio, fattovi il vuoto e chiusi, prima di
graduarli, ne pose due in una mescolanza frigorifica di cir-
ca — lo." R. e lasciò gli altri alla temperatura ordinaria, di
poi graduò i quattro tubi, e ne' primi non ebbe spostamento
dello zero;, nei secondi lo riconobbe.
Il Canonico Bellani soggiunge che oltre d'essere troppo
piccolo il raffreddamento di — 13.° R. per produrre il feno-
meno, potrebbe a priori riguardarsi cagione ancora d'effetto
contrario .
Quindi ritenuto come cognizione di un fatto la partecipa-
zione del socio Malocchi, il Presidente dichiara che i modi
usati dal Bellani per la correzione della scala sono finora più
sicuri d'ogni altro per diminuire almeno quanto è possibile
quel notabile difetto ai termometri, e principalmente ricorda
che la diversa pasta de' vetri vi prende parte, rammentando
altresì che in questa parte la scienza fisico- pratica va assai debi-
trice al socio Conte Paoli per l'opera che pubblicò sul moto
intestino de' solidi.
Riguardo alle mutazioni che in processo di tempo acca-
dono nel vetro l'Astronomo Professor Carlini parla dell'effetto
che ne viene in certi livelli a bolla d'aria, e negli obiettivi
degli strumenti astronomici. Il Prof. Orioli riferisce che alcune
alterazioni negli obiettivi erano state già riconosciute dal Bu-
rattini. E il Prof. Giovan Battista Amici dice essergli spesso
avvenuto che volendo nei vetri lavorare due facce piane paral-
lele, nel fare la seconda ha trovato guastato il piano della
prima .
E poiché il Bellani nella sua lettura ha asserito non svol-
gersi dal mercurio del termometro niuna quantità d'aria, il
Prof. Luigi Pacinotti domanda la parola, e dichiarando di
convenire esser principal cagione dello spostamento dello zero
il ristringimento del gloho di cristallo, nota in primo luogo
aver egli pure riscontrato (conforme ha letto il sullodato
Canònico) che lo spostamento dello zero è maggiore di quello
degli 80." R., in secondo luogo che nei termometri meglio co-
strutti, quando si capovoltano cadendo il mercurio fino alla
sommità del tubo, lascia una porzione vuota nel bulbo, ed
ivi quando si addirizza lo strumento, se esso è costrutto da
poco tempo, si riserra il mercurio senza lasciarvi alcuna trac-
cia: ma quando il termometro è vecchio vi lascia come una
piccolissima bolla d'aria appena percettibile. E da questi due
fatti il Pacinotti deduce che una piccola porzione d' aria si
svolge coir andar del tempo dal mercurio, e che anche questa
qualche cosa influisce sullo spostamento dei diversi gradi della
scala termometrica.
Il Prof. Giov. Battista Cassiani dice di avere osservati i
medesimi fenomeni . E questi fatti sono dal Prof. Orioli consi-
derati come particolari e come dipendenti dalla diversa e dif-
ficile maniera di costruire que' delicati strumenti. Ma in con-
ferma dello svolgimento, almeno in generale, dei gaz dal mer-
curio, Luigi Bonaparte de' Principi di Canino rammenta la
difficoltà somma colla quale si depura dal gaz ossigeno il
mercurio allorché viene estratto colla distillazione dal bios-
sido. Ed esposto dal Prof. Taddei in maniera dubitativa, che
al fatto dello spostamento dello zero nei termometri possa,
dopo lungo tempo dalla loro costruzione, concorrere il vapore
8
mercuriale : ricordate da altri le più recenti osservazioni di Fa-
raday sul vapore mercuriale nelle camere barometriche, come
non producente danno alla continuata esattezza di quelli stru-
menti, essendo terminato il tempo assegnato, il Presidente
chiude l'adunanza.
( PROF. LUIGI PÀCINOTTI.
I Segretauj della Sezio?(e V
{ PROF. riyCENZO AMICI.
Il Presidente - CAV. CONFIGLIACHl.
TENUTA IL Di 5 OTTOBRE 1839
.Apre la seduta il Presidente coli' annunzio ai socj, che
questa come tutte le altre seguenti si incomincerà colla lettura
del processo verbale della seduta precedente da approvarsi dai
socj stessi. Letto dunque il processo, dopo fattevi le opportune
correzioni, venne approvato. Il Prof. Giuseppe Botto brama
frattanto di ricordare il sentimento del Berzelius in aggiunta a
ciò che aveva detto nella decorsa adunanza il Conte Paoli sul
non essere la catalìtica una nuova forza.
Dopo questa breve osservazione sono dal Presidente invi-
tati i socj che hanno rappresentanze personali di qualche corpo
accademico o scientifico a darsi in nota ad uno dei segretarj
della sezione. E partecipato il dono fatto dal Prof. Giuseppe
9
Colizzi di alcune copie delle Osservazioni sullo stato attuale
della Chimica, e l'altro del Prof. Domenico De Vecchj consi-
stente in copie di un Programma sul perfezionamento dell'arte
di estrar Folio dalle ulive in Italia, hanno principio le letture.
Leg^ge Luigi Bonaparte de' Principi di Canino l'esposi-
zione di una nomenclatura di Chimica, che egli ha imaginata,
atta a dare il rapporto atomico dei componenti i corpi. Il desi-
derio di rendere familiare ed utile agli studiosi la teoria atomi-
stica, e di potere, sol che si sappiano i pesi atomici delle so-
stanze indecomposte, determinare la quantità dei componenti
chimici , aveva instigato l'xVutore al ditiicile lavoro, clie ab-
braccia, ad eccezione di pochi, la numerosa serie dei prodotti
chimici, il qual lavoro egli si propone di pubblicare.
Pervenuta la lettura all' ultima parte dell'oggetto trattato,
r Autore ne rimette il compimento ad altra seduta, e se ne diffe-
risce del pari la discussione.
Il Prof. Francesco Zantedeschi comincia ad intrattenere
la Sezione con un discorso sulle leggi fondamentali dell' elet-
tro-magnetismo . Premesso brevemente un quadro delle ipotesi
affacciate da altri Fisici, egli dice: ce Allorché mi appHcai all'elet-
cc tro-magnetismo la sentenza universalmente seguita dai Fi-
cc sici era quella della forza rivolutiva Ricercando per ogni
ce verso il filo congiuntivo mi venne fatto costantemente di
fc vedere il filo congiuntivo percorso da una corrente elettrica
ce fornito in determinate posizioni di otto forze che operano sopra
ce dell' ago calamitato'ii. E qui mostra le attrazioni e repulsioni
che esistono tra il filo congiuntivo e l'ago calamitato. Per far
comprendere la realtà di queste forze egli aggiunge: ce Io ho
ce esperimentato con calamite isolate , e colla pretesa virtù rivo-
ce lutiva, io non ho potuto ottenerne effetto di sorta 5:). Qui con
un certo suo apparato mostra che egli non ottiene la rotazione
della calamita attorno al filo congiuntivo. Fa poi osservare, spe-
rimentando, quali sono le attrazioni e le repulsioni quando si
10
presentano in tutte le direzioni i fili di un'elica ad un polo del-
l'ago calamitato, e conclude: (sono sue precise parole) ce 1/Fara-
cc day in un filo rettilineo percorso da una corrente elettrica
ce avvisò due forze attrattive e due repulsive per ciascun polo^
ce io in quella vece co' miei esperimenti ne ravvisai otto per
ce ciascun polo disposte simmetricamente in tutta la lunghezza
ce del filo di qualunque forma egli sia, e ne tracciai la lor di-
ce rezione in ordine alla direzione della corrente. 2/ Colle quat-
cc tro forze di Faraday era impossibile pensare alcun magne-
cc tismo incrociato in un filo rettilineo^ colle otto forze osservate
ce da me la sentenza del ma2:netismo incrociato in un filo retti-
ce lineo può esser pensata e sostenuta in confronto di quella delle
ce polarità superficiali. 3.° Nelle spirali si conoscevano le pola-
ce rità, o l'azione contraria ai due lati opposti secondo i due
ce piani^ ma non si era prima di me sperimentalmente stabilita
ce r azione contraria dall' interno all' esterno secondo le normali
ce all'asse della spirale j né che la forza di un piano si debba
ce distinguere dall'omologa dell'esterno adiacente presa nelle
ce direzioni delle perpendicolari all'asse, e che abbia un anda-
cc mento uniforme, e regolare. 4." Dagli esperimenti fatti dai
ce Fisici appariva che il polo boreale di un ago messo in un'elica
ce elettro-magnetica si forma alla sinistra della corrente, e il polo
ce australe alla diritta, e ciò nella direzione dell' asse: io aggiunsi
ce quello secondo iraggi^ e quindi ho potuto stabilire la sintesi
ce che tuttavia mancava alla scienza*, vale a dire che un ago
ce prende sempre le polarità dell' imboccatura attigua , e del-
cc l'esterno adiacente della spirale elettro-magnetica. S.° La sen-
ce tenza del magnetismo incrociato nelle eliche e negli aghi cala-
ce mitati ha pure il suo fondamento nelle mie esperienze. 6^."
ce II sistema dell' azione rivolutiva dopo i miei esperimenti pare
ce non potersi più ammettere w.
Dopo questa lettura e queste sperienze, decorse l'ore asse-
gnate all'intrattenimento scientifico, il Pi^esidente differisc^3 ad
\
11
altra occasione il dar la parola a chi la chiedesse, sì intorno ai
fatti, che alle conseguenze dedotte, e scioglie l'adunanza.
f PROF. LUIGI PÀCiyOTTl.
I Segretari della Sezione )
( PROF. riycENzo Ama.
Il Presidente - CJF. CO^FIGLIACHl.
TEMUTA IL DI 6 OTTOBRE 1839
msssBUM'^B r- a^v» fé©?, fistio a®nF3^iLm(siinr.
adunanza, onorata dalla presenza di S. A. I. R. il Gran-
duca, si apre colla lettura del processo verbale della seduta an-
tecedente, che viene approvato.
Comincia quindi il Presidente un breve discorso, con cui
nuovamente richiama i socj alla considerazione, che lo scopo
della presente riunione è ben diverso da quello che si pro-
pongono le Accademie scientifiche, e che perciò conviene aste-
nersi dalle letture troppo lunghe, o relative a fatti noti alla
generalità degli uditori, e guardarsi parimenti dal rendersi re-
sponsabili dei giudizj delle opere presentate e delle comunica-
zioni ed estensioni fatte tanto dai socj quanto dai semplici
amatori. Egli è per questa ragione che ad una lettera scritta
da Muzio Muzzi, colla quale dimanda all'adunanza di vo-
lergli destinare un locale ove possa egli solo accedere, per
fare preparativi in segreto onde dimostrare nei giorni succes-
12
sivi a una deputazione di scienziati un suo progetto di Areo-
nautìca, il Presidente ha proposto, e l'adunanza ha annuito di
rispondere: che in conformità delle massime adottate dalla
Sezione il INIuzzi è invitato a fare un'esperienza in sua casa,
compiacendosi di avvertire un numero di socj a sua scelta, i quali
ben volontieri vi assisteranno, ed all'uopo riferiranno.
Dopo l' annunzio dell' adunanza generale fissata per il di
otto Ottobre, Luigi Bonaparte de' Principi di Canino termina la
lettura che fu sospesa nell'antecedente seduta. Risponde egli in
questa seconda parte ad alcune obbiezioni che da se stesso si
era proposte contro la sua nomenclatura atomica, discute i casi
in cui conviene sopprimere le particelle uni-uni^ bi-bi qc, ed
avverte le cagioni per cui ha preferito di prendere dal latino
piuttosto che dal greco le particelle che indicano il numero
degli atomi costituenti i corpi.
Terminata la lettura, il Prof. Taddei dichiara che la diver-
genza d'opinione tra lui e Bonaparte, di cui quest'ultimo
parlò nell'antecedente seduta, non è di tale importanza da
far sì che essi non convengano nel principio, prega però l'adu-
nanza a ritenere che egli ha dato il primo l'idea di questa mo-
dificazione al linguaggio chimico, non per uno spirito di inno-
vazione, ma solo in vista dell' utilità che ne deriva, e ad esempio
di Guyton Morveau che anche egli propose una nuova nomen-
clatura, la quale p^rò colle recenti teorie si rende insufficiente,
essendo essa qualificativa^ e non quantitativa.
Il Presidente Configliachi fa osservare che i cambiamenti
dei linguaggi scientifici non possono ottenersi che a poco per
volta, quando, cioè, molte ed accreditate opere si comincino a
scrivere col linguaggio medesimo, ed adduce in prova ciò che
avvenne, ormai sono cinque lustri, della nomenclatura termo-
ossigenea .
L' Avvocato Maestri chiesta ed ottenuta la parola dichiara,
che come semplice amante di queste scienze, interloquisce
15
nel discusso soggetto , trattandosi di una questione filosofica^
ed oppone: che le tavole sinottiche si possono avere con facUità
sempre pronte, quando si debba operare sopra le sostanze chi-
miche, o quando interessi conoscere le proporzioni dei compo-
nenti: che il nuovo linguaggio porterebbe alla compilazione
di un nuovo dizionario senza sopprimere l'antico, necessario
air intelligenza delle opere finora pubblicate: chela lingua è
destinata a designare non a definire le cose: che si deve facili-
tare la memoria, e non già distinguere troppo gli individui,
verità riconosciuta da chi stabilì le classi i generi le specie: che
infine, se la tavola sinottica riuscisse inutile a conoscere la pro-
porzione degli atomi , diverrebbe necessaria ad ajutare la me-
moria per ritrovare i nomi, giacché i numeri rappresentati dalle
particelle riferendosi a idee astratte, sono più difficili a ritenersi
che i nomi delle sostanze.
Luigi Bonaparte soggiunge che egli non ha inteso di dire
che la sua nomenclatura debba necessariamente adottarsi, ma
soltanto che la ritiene utilissima, perchè utile fu pure quella di
Guyton Morveau:^ perù non essendo egli tra i Professori inse-
gnanti lascia a questi il giudicare se la memoria degli scolari
ne sarebbe troppo aggravata. E il Prof. Taddei asserisce che
la proposta nomenclatura ha servito mirabilmente all' intelli-
genza de' suoi alunni, trattandosi massimamente di composi-
zioni e decomposizioni chimiche.
Per viste filantropiche, ed a scanso di dannosi equivoci il
Prof. Gazzeri desidera, che ai gruppi di corpi che hanno un
nome volgarmente conosciuto, altri non se ne sostituiscano,
che abbiano volgarmente differenti significati, conferma la cosa
con due esempj, e conchiude che forse sarebbe più conveniente
il crear per tali corpi nomi totalmente nuovi.
Terminata così la discussione , il Prof Pacinotti chiede la
parola sulla memoria del Prof. Zantedeschi, letta nell'adunanza
del dì 5, ed osservando che i fatti da lui mostrati erano stati
14
presentati come cose nuove, e che realmente una certa novità
si ritrovava nella mancanza della rotazione della calamita at-
torno al filo congiuntivo, domanda, che invece della discussione
che su tal soggetto doveva aver luogo in quel giorno, sia tra i
socj eletta persona per giudicare dell' interesse di quelle sperien-
ze. Anche il Canonico Bellani sembra voler parlare su tal pro-
posito, quando il Presidente propone d'invitare il Prof. Zan-
tedeschi a ripetere le sue sperienze davanti tutti i Professori di
Fisica propriamente detta, che sono ascritti alla nostra sezione,
e a tale oggetto trova conveniente che la loro unione abbia
luogo nel Gabinetto Fisico dell' Università nel giorno 9 cor-
rente all'un' ora pomeridiana.
Il Prof. Zantedeschi dichiara di non aver avuto altra inten-
zione fuorché quella di presentare de' fenomeni mediante i quali
si assegna il numero e la posizione di forze senza pronunciarsi
sulla loro natura, la quale non si conosce. Conchiude però che
si presterà all'invito del Presidente, e quindi rimane stabilita
la repetizione delle sperienze.
Il Professor Favini incomincia la lettura delle sue osserva-
zioni sopra un frumento ed alcune fettucce di pane trovate in
un'urna sepolcrale egiziana, ed espone queste stesse sostanze
alla vista de' socj .
Dopo aver citati alcuni risultamenti dell' analisi fatta sopra
i grani maturi ed immaturi, risultamenti consegnati negli Atti
dell'Accademia Reale di Torino, si propone di ricercare quali
variazioni sono avvenute ne' presentati grani rimasti sepolti
per più di 5000 anni. Si mostrano essi anneriti, probabilmente
da un incipiente carbonizzazione, alcuni sono tarlati o forati o
corrosi, e altri sono totalmente vuoti*, tutti poi appariscono
friabili. Frammisti ai medesimi avvi qualche grano di avena
rivestito, qualche pagliuccia, e della polve bruna che forse è
prodotta dalla tarlatura. I polli non li mangiano per il cattivo ,
odore che esalano, se prima non restano esposti all'aria. Non l
I
13
germogliano*, maciuati somministrano farina da cui non può
separarsi la crusca.
Quantunque le apparenze potessero far propendere alla
opinione di Raspail che credè di scorgere in grani d'orzo
trovati in una tomba egiziana una torrefazione anteriore alla
loro deposizione nell'urna, pure il Prof. Lav ini è disposto a
credere che il principio di loro carbonizzazione sia soltanto do-
vuto all'azione dell'umidità, aderendo cosi all'opinione già
emessa da Braconot. Procede quindi l'Autore a descrivere l'a-
nalisi delle sostanze sunnominate, esponendo come dalla farina
dell'antico frumento egiziano non possa separarsi il glutine,
perchè l'acqua lo scioglie subito, e come l'alcool non ne estragga
che una sostanza resinosa di gusto amaro e nauseoso, ed infine
come r amido contenuto in questa farina si sciolga in tutte le
proporzioni nelF acqua .
Facendosi in seguito ad esaminare il pane, egli giudica che
non abbia subito una torrefazione anteriore, presentando i ma-
teriali principali inerenti alla farina suddescritta, eccettuatane
una sostanza animale che è evidentemente prodotta dagli avanzi
degli insetti da cui si trova tarlato. Aggiunge infine un'ana-
lisi del limo egiziano che riscontra fertilissimo, e servibile per
eccellente concime, essendo composto di iV di acqua, -~ di
materia organica, ~ di humusy e infine di silice, calce, allu-
mina, ossido ferrico, e d'alcune tracce d'ossido manganico.
Il Prof. Targioni in conferma dei parere del Prof Lavini
porta in esempio il grano che trovasi sepolto nelle vicinanze di
Certaldo, che ha sofferto a cagione dell'umidità una vera carbo-
nizzazione. Egli ritiene che ciò accada in modo analogo a quello
con cui i legni si convertono in hgniti.
In appoggio dell' opinione del medesimo Professor Tori-
nese, il Prof. Gazzeri esclude la possibiUtà di un incendio che
abbia carbonizzati gli ammassi di grano sepolti a Certaldo,
perchè vi si trova unito dello zolfo, e perchè un calore capace di
16
carbonizzare il centro di questi ammassi, avrebbe certamente
bruciati i grani prossimi alla superficie.
Il Prof. Orioli senza negare che generalmente l'umido
possa essere una causa di carbonizzazione, dubita che in questo
caso lo sia stato ^ imperocché le tombe egiziane sono situate
a molta profondità ed in luoghi asciuttissimi . Quindi pensa
che sia provenuta dalla partenza dell' idrogene che facilmente
sfugge , unito forse a qualche altra sostanza, abbandonando il
carbonio. Prega poi il Prof. Lavini a spingere più oltre le os-
servazioni microscopiche e le analisi chimiche delle sostanze in
questione.
Replica il Prof. Lavini; che egli non crede provenire la
carbonizzazione dalla umidità dell' atmosfera, ma bensì da quella
umidità che certamente esisteva ne' corpi colà racchiusi, e da
quella che poteva formarsi colla combinazione dell'ossigeno
all' idrogene rimasto libero: e che le osservazioni microscopi-
•che non gli hanno mostrato nulla di particolare nella struttura
del grano egizio.
Il Prof. Targioni fa osservare che l' acqua di vegetazione
può avere in parte somministrata l'umidità richiesta, ed il Prof.
Cazzeri avverte che non vi ha secchezza assoluta.
Il Prof. Orioli mostra pure di dubitare che queste quantità
d'acqua siano sufficienti per potere ad esse attribuire il feno-
jneno osservato .
Chiusa questa discussione, il Prof. Littrow comunica
I. Una pianta della nuova Specola nell'I. R. Collegio
di Marina in Venezia colla spiegazione annessavi.
II. Un' aggiunta all' astronomia nautica per facilitare
r osservazione delle altezze meridiane del sole in mare .
IIL Osservazioni dì stelle Jllantì (cadenti) fatte all'I. R.
Osservatorio di Vienna.
E procedendo alla lettura di un estratto di quest' ultime,
narra che alla Specola di Vienna dal Novembre 1837 in poi si
17
sono osservate più di 2003 stelle cadenti mediante un piccolo
strumento di legno fatto a guisa di Teodolite, e di cui offre
un disegno.
Per mezzo del descritto strumento si sono potute for-
mare delle carte di stelle cadenti con diversi sistemi di proje-
zioni delle linee da esse percorse.
Dall'insieme delle osservazioni fatte in varie notti, in
alcune delle quali se ne videro persino 580 l'ora, risulta
quanto segue.
1." Sono da attendersi annualmente moltissime stelle
cadenti verso il 10 di Agosto ed il 15 Novembre.
2. Le stelle cadenti dei mesi di Agosto e Novembre sono
d'origine cosmica.
5.° Queste stelle cadenti dei mesi suddetti sono da di-
stinguersi bene dai fenomeni ordinar] che si vedono ogni notte.
4.' Le stelle cadenti di Agosto differiscono da quelle di
Novembre, apparendo in parti quasi opposte del cielo;, quelle
andando incontro, queste procedendo a seconda del moto an-
imo della terra.
La singolarità di tali osservazioni fa sì, che si debba ri-
sguardare cosa utile il ripeterle regolarmente nella prima notte
chiara di ogni settenario di novilunio, formato da tre giorni
prima, e tre giorni dopo il novilunio stesso, e a tale oggetto ne
fa formale invito aoli Astronomi Italiani.
Il Gav. Carlini accetta l'invito, e nello stesso tempo crede
di dover fare onorevole menzione del Colla di Parma, che si
è dedicato da qualche tempo a simil genere di ricerche, aggiun-
gendo che già si usa alla Specola di ÌNIilaao un istrumento ese-
guito sul disegno del Professore Littrow. Ed in seguito il Prof.
Botto comunica, che anche a Torino si erano fatte da alcuni anni
a questa parte delle simili osservazioni .
Il Prof. Vincenzo Amici rende noto, che il di lui padre
Prof. Giovan Battista fino dal 1825 avverti una straordinaria
18
comparsa eli stelle cadenti nella sera del 10 Agosto^ poscia da
un succinto ragguaglio delle osservazioni di più di 520 stelle
cadenti fatte alla Specola del R. INIuseo di Firenze in quattro
ore della sera del 10 Agosto dell'anno corrente^ avvertendo
però alla generale differenza delle direzioni di quelle, che ap-
parivano nell'uno o nell'altro emisfero.
Il Presidente ricorda che venne indicato altro pr-riodo ana-
logo ai precedenti anche nell'Aprile^ il che da altri è pur con-
fermato.
Sul finire dell'adunanza Tito Puliti mostra l'apparecchio
mediante il quale ha potuto ottenere molti saggi d'impres-
sioni sopra i plaqiiè d'argento seguendo il metodo del Daguer-
re. L' ahhassamento di tono prodotto dall' azione della luce sui
veli sottilissimi corrispondenti alle varie tinte dei primi quat-
tro anelli di Newton, e ottenuti colla metallocromia, come anche
la screpolatura osservata nei veli stessi e precisamente nelle parti
su cui la luce ha più o meno agito, sono fatti esposti dal Pu-
liti, all'oggetto soltanto di facilitare ai Fisici la spiegazione
teorica della scoperta del Daguerre, alla quale spiegazione può
ancora giovare quanto su tal rapporto ha pubhlicato il Donne.
Il Presidente prega il Puliti a recarsi il mercoledì pros-
simo 10 Ottobre al mezzo giorno in una sala dello Spedale
per prendere coli' istrumento da lui reso ostensibile, la prospet-
tiva di qualcuno de' famosi edificj che si trovano nella piazza
della Primaziale Pisana, al che graziosamente aderisce il Puliti,
e con ciò resta chiusa l'adunanza,
,' VT.OF. VINCENZO AMICI.
I Skghetap.j della Srzjone
( PROF. LUIGI PACINOTTI.
Ik Presidente - C^^T. CONFIGLUCHI.
19
TENUTA IL DI 9 OTTOBRE 1859
J-Popo la lettura, correzione, e approvazione del processo ver-
bale , viene dal Presidente annunziato avere il Muzzi comuni-
cato il modo tenuto nelle sue prime ricerche areonautiche con
alcuni libretti da passarsi a coloro tra i socj che avessero bra-
mato di esser presenti ai di lui sperimenti ', ed ancora che a
disposizione dei socj stessi si ritiene dalla Direzione in depo-
sito la lettera del Frate Prof. Giov. Giuseppe Matraia riguar-
dante alcuni strumenti astronomici, ed insieme una copia del-
l' opera del Colizzi altra volta rammentata . Legge il Segretario
la lettera del Prof. Matraia.
In aggiunta alle cose dette nella precedente seduta circa
il so2;2:etto trattato dal Prof. Lavini, il Canonico Bellani avvisa
di avere nella opera sulla longevità delle piante narrato, essere
stata trovata nelle mani di una INIummia una cipolla che poi
aveva germogliato, ed altri fatti del pari prodigiosi, come quello
che i capelli di Mummie erano stati riconosciuti buoni per ser-
vire negli igrometri, e interpella i socj sulla credibilità di
queste asserzioni.
Ottenuta la parola, il Prof. Orioli fa prima osservare che
un equivoco poteva essere occorso nel modo di spiegare l'umi-
dità nelle urne e2:iziane, di cui fu tenuto discorso nell'antece-
dente seduta: convenire egli che gli elementi dell'acqua si po-
tevano ben ritrovare in quell'urne, e soltanto obiettare contro
quella che comunemente suol dirsi umidità: secondariamente
20
rileva che i fatti portentosi esposti dal Canonico Bellani men-
tre avrebbero bisogno di verificazione, mal resistono invece ad
una rigorosa critica. Contuttociò in prova che quei misteriosi
fatti non debbono rigettarsi reca diversi esempj consimili, e fra
questi, che nel Museo Vaticano si conserva intatta una chioma di
una donna, mentre tutto il suo corpo è ridotto in polvere.
Altri esempj sulla difficile alterazione dei capelli son rife-
riti dal Prof. Giuseppe Gazzerij ed il Professor Taddei aggiunge
conservarsi in Arezzo dal Fabbroni dei pezzi animali petrifi-
cati dal tempo, e che pur contengono sostanze gelatinose. 11
Presidente fa avvertire che la incrostazione che ricevono alcuni
corpi coll'andar del tempo basta a preservarli dalla successiva
alterazione .
Terminato questo il Prof. Francesco Zantedeschi ritorna
sul suo soggetto: dichiara di non aver voluto recare nella lettura
alcuna cosa di nuovo, e che avrebbe fatto torto alla Sezione
se dopo gli applausi ricevuti nella esposizione delle esperienze,
le avesse ripetute alla presenza di una Commissione, come era
stato stabilito nella seduta passata. Il Presidente gli fa avvertire
che l'applauso non si può considerare tutto al più che come
un voto degli individui plaudenti, non mai come quello della
Sezione, e che recusandosi egli a ciò che aveva già convenuto
veniva ad impedire la fissata discussione. Imperocché questa
essendo mancata a cagione dell'ora già tarda nel giorno di
sua prima lettura, doveva soltanto tenerne luogo quella Riu-
nione d'individui che era stata destinata a rivedere l'esperien-
ze, ed a ragionarvi seco lui. Ed aggiunge che in tal modo ope-
rando viene a concedere che ciascuno a suo talento giudichi
sulle cose da lui comunicate. Contuttociò persiste il Zante-
deschi nella sua ultima risoluzione, e si oifre piuttosto a mo-
strare privatamente l'esperienze a chi esternerà desiderio di
vederle .
Allora il Professore Orioli rileva che più volte egli aveva
21
dichiarate nuove quelle sue cose , e lo invita a dire qual risposta
aveva dato a ciò che ne scrisse il Fusinieri . A questi replicando
il Prof. Zantedeschi, come anche al Prof. Malocchi, ed al Ca-
nonico Bellani, i quali preser parola sul medesimo soggetto,
avverte che non ha mai pubblicate quelle sue idee , e perciò
non possono a queste alludere le cose del Fusinieri.
In ultimo il Prof. Gazzeri fa sentire che la opinione della
maggior parte dei Fisici componenti la nostra Sezione è, che
le cose esposte dal Zantedeschi sono note ed evidenti deduzioni
delle dottrine ricevute nelle scuole.
Cominciate le letture espone il Dott. Enrico Montucci
un modo di formare i quadrati dei numeri, che appoggiato
alla considerazione di essere il quadrato di un polinomio com-
posto dalla somma dei quadrati , e dalla doppia somma delle
combinazioni a due a due di tutti i termini, consiste nel rac-
cogliere agevolmente in un sol numero la somma dei quadrati,
e le dette combinazioni in altri numeri, che si ottengono con
facilità mediante tavola appositamente costruita, e che nella
disposizione del calcolo danno una figura piramidale la quale
ha per base il primo numero. Termina coli' annunziare che ha
preparato un simil lavoro per la formazione de' cubi dei nu-
meri^ e deposita la tavola già compilata a comodo dei socj.
Sopra il modo di disporre, e di regolare le acque nelle
campagne p'^r approfittarsi delle torbe legge l'Ingegnere Corsi,
e stabilisce quella che egli chiama teorica delle linee di pen-
denza, e dei piani o linee orizzontali, rimettendo ad altra se-
duta la lettura dell'ultima parte del suo scritto.
Il Cav. Prof. Francesco Carlini fa conoscere un suo lavoro
sulla applicazione delle formule astronomiche al regolamento
dell'accensione e dello spengimento delle lampade per la
pubblica illuminazione. Comincia con un erudito cenno sto-
rico sull'origine delle civiche illuminazioni, e principalmente
di quella di Milano, notando che quando essa fu bene stabilita
22
venne incaricato della direzione il celebre Padre De Ricca, dei
lavori del quale non è rimasta traccia: furon fatte da altri
delle tabelle, ma si riconobbero imperfette ed erronee, giac-
che servendosi di esse non tornavano le naedesime ore nel
periodo di 19 anni. Perciò il Municipio ricorse alla Direzione
dell'Osservatorio astronomico, onde avere regole esatte per
l'accensione dei lumi. Le condizioni del problema erano:
1.^ Per la luce crepuscolare che l'accendersi o spengersi dei
lumi avvenisse in tutto l'anno nell'istante in cui il Sole tro-
vavasi allo stesso numero di gradi sotto l'orizzonte. 2.^ Ri-
spetto alla Luna si osservasse che la grandezza della fase, e
la sua elevazione dessero alla luce una costante intensità.
3.^ Che la somma delle ore di accensione in tutto il corso
dell'anno eguagliasse il medio di quelle fin allora stabilite.
Circa la prima, riconosciuto che gli ordinar] metodi avrebber
portato a due equazioni a differenze finite delle quali riesce
impossibile ottenere l'integrale, che deve dare la somma delle
ore di accensione in tutto il corso dell' anno^ e assicuratosi
ancora che lo svolgimento in serie non avrebbe potuto con-
durre ad un resultamento approssimativo-, ravvisa che per il
clima di Milano non molto boreale la serie degli angoli orarj
corrispondenti alle immersioni del Sole sotto l' orizzonte di
zero gradi, e di diciotto gradi: può con sufficiente approssima-
zione essere espressa da un termine costante congiunto ad
uno periodico, ed equivalente ad un coefficiente parimente co-
stante moltiplicato pel seno della longitudine del Sole, e nella
ricerca del valor numerico del coefficiente usando del metodo
de' minimi quadrati raggiunge il suo scopo. Assai più com-
plicato presentandosi il problema nella parte die riguarda
l'intensità della luce lunare, per miglior partito gli conviene
cercare una formula empirica la quale sia adattata a rappre-
sentare l'intensità della luce lunare in funzione dell'elonga-
zione del Sole, e soddisfi a certe condizioni necessarie, ma
à
25
contuttociò la forza assoluta della luce proverebbe dal calco-
lare co' noti principi ottici la di lei estensione nell'atmosfera,
e farebbe uopo gettarsi di nuovo nella complicazione dei cal-
coli elle si son voluti evitare. Pensa quindi l'Astronomo di
Milano allo espediente di rappresentare immediatamente con
altra formula empirica e contenente dei coefficienti indeter-
minati l'altezza, a cui in diverse fasi debbe giungere la Luna
affinchè la sua luce ci pervenga egualmente intensa, e trovata
questa formula dietro l'esperienza di due anni, supera ogni
difficoltà I, e con apposite tabelle può assegnare una regola
facile a tenersi per l'accensione e spengimento.
Dopo breve lettura sul bisogno di munirsi nei Gabinetti
di Fisica di più galvanometri che abbiano differente sensi-
bilità, e sul vantaggio che dà l' imperniamento dell'ago con
fulcro verticale , e la semplicità dell'apparato, mostra il Pro-
fessor Maiocchi di INIilano il suo Galvanometro universale, e
con esperienze stabilisce che quello strumento può misurare
tutte le correnti elettriche da quelle di un elemento di rame
e zinco, esteso un pollice circa, fino a quelle provenienti da
un elemento voltaico di molti piedi di superficie.
Su tal galvanometro il Prof. Orioli rammenta che po-
trebbero diminuirsi le oscillazioni dell'ago formando il piano
metallico^ ed il Presidente osserva essere interessante, che
supposto già corretto l'effetto dell'inclinazione magnetica, vi
sia una riga divisa che indichi la distanza tra il filo congiun-
tivo, e l'ago calamitato, e quindi un modo di apprezzare la
forza relativa della corrente elettrica.
Parla infine il Professor Cassiani suU' aderire fra loro
le paglie dell'elettrometro del Volta, o l'incrociarsi quando
si scarica lo strumento, e domanda ai socj se per spiega-
zione del fenomeno servirebbe dire non essere le paglie buoni
conduttori, e non scaricarsi quelle quando è scarico il cappel-
letto. 11 Prof. Belli osserva che devono le paglie avere diffe-
\.
24
rente elettrizzazione fra loro affinchè possano aderire per la
propria coibenza, ed il Presidente fa in conferma avvertire che
siccome le pagliette investono i fili metallici, in confronto
dotati di quasi immensa conducibilità elettrica, così il feno-
meno meglio si produce quando si scarica tutto ad un tratto
lo strumento già caricato di elevata tensione, generandosi la
nota aderenza elettrica .
Domanda la parola Carlo Bonaparte Principe di Musigna-
no, e propone che sia eletta una Commissione la quale as-
sista alle ricerche anatomiche relative al quarto lobo del cer-
vello che egli è per fare sulla Torpedine, ed il Presidente
deputa a ciò i Professori Orioli, Casari, Maiocchi, Zantedeschi,
Belli, e Pacinotti, non perchè abbiano a proferir giudizio su
quelle , ma solo ne debbano render noti alla Sezione i resulta-
menti^ e dopo scioglie la seduta.
PROF. LUIGI PÀCiyOl'TI.
I Segretarj della Sezione
PROF. VINCENZO AMICI.
Il Presidente - CJr. COy FIGLI A CHI.
TENUTA IL DI 10 OTTOBRE 1839
.A-pre l'adunanza il Presidente, coli' avvertire che una por-
zione di socj assiste alle sperienze della Torpedine che in quel
medesimo tempo si eseguiscono: quindi fa leggere il processo
25
verbale il quale vien prima corretto, giusta le osservazioni fatte
e discusse da vari socj, ed è poscia approvato.
C. Attilio Cenedella, premessa brevemente una esposizione
delle cognite proprietà chimiche dell'azoto, e dei composti che
lo contengono, si propone di osservare qual è il risultamento
dell'azione dell'ammoniaca secca sul deutossido di rame a diffe-
renti temperature, e dice di aver notato, che agendo per lungo
tempo su di esso a freddo si forma una combinazione solubile
in totalità nell'acqua, la quale resta tinta in bellissimo azzurro.
Replicato quindi l'esperimento a 100^ centigradi, ha veduto
annerirsi l'ossido, ed escire poca acqua vaporosa, e conti-
nuando l'azione fino al cessar del vapore il risultamento che
ottiene è una sostanza di colore oscuro che in parte sciogliesi
nell'acqua distillata, lasciando insolubile del deutossido di
rame. Fatta poi l'esperienza con un tubo di porcellana reso
rovente, entro cui era posto l'ossido di rame, e attraverso il
quale passava l'ammoniaca, ha osservato per la parte opposta
del tubo escir in copia del vapor acqueo misto a gaz azoto ed
idrogene in varie proporzioni j ma però l'ultimo scemava a
misura che l'operazione si inoltrava. Raffreddato l'apparecchio
ha ottenuto per risultamento una polvere granulosa, lucente,
di color rosso di rame, inalterabile all'aria. L'Autore esami-
nando l'azione dell'ammoniaca sull'ossido di rame, ed osser-
vando che questo è composto di un atomo di rame e di uno
di ossigene, quella di un atomo di azoto e di tre di idrogene,
pensa che ne risulti, formarsi l'acqua coli' ossigeno e idrogene,
l'azoto libero combinarsi col rame, e l' idrogene trovarsi nel
gaz residuale ove aumenta a misura che il rame si satura di
azoto. Enuncia quindi altro esperimento tendente a compro-
vare l'esistenza dell'azoto nel prodotto, e termina la sua
lettura.
Il Commendatore Vincenzio Antinori facendo un erudito
quadro dello stato attuale della scienza meteorologica in esatta
4
2G
relazione colle scienze fisiche e chimiche, ed avvertendo all'in-
sufficienza, o alla mancanza totale di esatte e comparabili os-
servazioni che possano dar lume alla spiegazione de' fenomeni
meteorologici, accenna le recenti scoperte che riescir debbono
vantaggiose al progresso di questa scienza. Profittando poi
della favorevole occasione in cui sono riuniti per la prima volta
in Pisa gli Scienziati Italiani, propone di stabilire in vari punti
della nostra penisola un piano di osservazioni contemporanee,
fatte con istrumenti comparabili e descritte con un linguaggio
comune, affinchè i risultamenti possano più facilmente sotto-
porsi a calcolo, riuniti che siano in un posto centrale. ccPo-
cctrebbe (egli dice) quel luogo centrale essere il R. Museo di
«Firenze, per la geografica posizione, per la meritata fama di
ce cui gode, come monumento parlante di gloria italiana, nel
ce quale si conservano i primi strumenti di fisica sperimentale,
ce e di meteorologia immaginati dall'ingegno de' nostri mag-
ccgiori, e quei più moderni che servirono di base, e norma
ce nella determinazione de' nostri pesi e misure eseguita sotto
ce l'impero francese: come i quattro Termometri comparabili
cedi Trougthon, e la Tesa ivi depositata dallo stesso La Gonda-
cc mine dopo il suo viaggio al Perùw.
In conseguenza del generale applauso fatto dalla Sezione
al progetto del Commendatore Antinori, il Prof. Maiocchi
invita il Presidente a nominare una Commissione, tra i membri
della presente Unione, la quale designi degli strumenti, fissi
un linguaggio, e formi delle tabelle da distribuirsi ai diversi
Osservatorj, perchè nell'anno venturo le riportino compilate
alla seconda Riunione in Torino, ove si stabilirà invariabil-
mente il desiderato piano di osservazioni.
Il Presidente facendo notare la brevità del tempo che
rimane a questa prima Riunione, pensa che giovi affidare
piuttosto al solo Commendatore Antinori la compilazione del
progetto di cui si tratta, ritenendo che egli sarà certamente
27
coadiuvato dai socj che si compiacerà di interpellare, perchè
tanto egli che tutti gli altri riconoscono quanto sia utile il far
progredire lo studio della IMeteorologia, la quale scienza ha
finora tenuto un andamento inverso delle altre, cominciando
ad essere teorica prima di essere stata bastantemente descrittiva.
Il sentimento del Presidente riceve T approvazione dell'adu-
nanza, ed il Commendatore Antinori accetta l'onorevole inca-
rico. Sono in questo intervallo annunziati dal Prof. Canobbio
e dal Professor Cassiani alcuni fatti di meteorologia, ed il Prof.
Maiocclii avverte la convenienza di stabilire gli Osservatori
magnetici nelle città marittime.
Il Prof. Vincenzo iimici legge, in seguito, un prospetto
di un suo nuovo corso di Matematiche applicate, il cui primo
volume è ora sotto i torchi. Dividesi questo trattato in tre
parti. La prima contiene la Meccanica teorica, la seconda
l'Idraulica, e la terza è destinata alle applicazioni più utili delle
scienze suddette. Dopo aver dichiarati quali sono i principi
generali meccanici e analitici, su cui è basato il sistema della
sua opera, passa a ragionare delle teorie esposte nel primo
volume, e accenna quali ha rifuse, modificate, o conservate fra
quelle che dagli altri scrittori sono generalmente adottate. E
dando ragguaglio delle cose contenute nelle note che appone
a questo stesso volume, fa osservare che il metodo in esse te-
nuto per ritrovare le variazioni delle derivate delle funzioni di
una sola variabile, può, senza aver ricorso alle variabili ausi-
liarie come fa il Poisson, e in modo più spedito di quello usato
dall' Ostrogradsky, servire alla ricerca delle variazioni delle
derivate di qualunque ordine delle funzioni di un numero qual-
sivoglia di variabili indipendenti.
L'ultima lettura accompagnata da un'estensione è del
Dott. Luigi Mori, maestro di Farmacia nello Spedale di Pisa.
Fa conoscere essere egli stato il primo, dopo Segato, ad occu-
parsi deir indurimento delle sostanze animali impropriamente
28
detto petrifìcazione. Persuaso che il segreto processo del Segato
altro non fosse che una chimica reazione, ha sottomesso ai
processi chimici vari organi animali, e segnatamente nel Luglio
del 1853 la lingua, il cuore, e l'arco dell'aorta di una giovane
vitella, egualmente che il coagulo sanguigno, una porzione di
fegato, e della cute umana, e gli ha cosi ridotti di una consi-
stenza cornea, e con volume , colore e configurazione più o
meno diversi dallo stato loro naturale , conforme mostra fa-
cendo ostensione dei pezzi stessi. E poiché nuli' altro in questi
processi ritrovasi di vantaggioso che l'indurimento, e l'inal-
terabilità nello stato che han ricevuto le sostanze dopo la pre-
parazione, conclude che finora l'arte dell'indurimento de'pezzi
animali non ha raggiunto la sua perfezione, e domanda che a
sola mira di stabilire un ordine nell'epoche dei tentativi di
simil genere, sia data notizia della sua partecipazione alla
sezione di Medicina, alla quale da altro soggetto sono state pre-
sentate consimili preparazioni . La Direzione ha annuito di
eseguire questo incarico.
Era per terminare la seduta quando concessa la parola ai
Professori Orioli, e Lippi, il primo di questi rende conto delle
sperienze fatte sopra una Torpedine quasi inorta. L'animale
non dava più scosse sensibili, posti li scandagli del galvano-
metro moltiplicatore alla parte ventrale e alla parte superiore
dell' organo elettrico ha mostrato qualche piccola scarica di cor-
rente elettrica, ma con egual facilità, in qualunque parte del
cervello fosse irritato. Rotta la cassa cerebrale, ed esaminato
accuratamente il cervello è stato riconosciuto il quarto lobo di
cui parla il Matteucci, ma sebbene questo non abbia dato alcun
risultamento a preferenza degli altri, il Prof. Orioli crede che
da una sola esperienza sopra animale ridotto in sì cattivo stato
non possa nulla concludersi. Il Dott. Lippi ha fatta l' osten-
sione dei quattro lodi del cervello: sono i primi due ben di-
stinti, il terzo è un piccolo prolungamento, e il quarto consi-
29
ste in una prominenza di materia giallastra, al di sotto della
quale esistono, come ha mostrato il detto dissettore, due gangli,
da ogni parte dei quali partono alcuni fasci nervosi degli or-
gani elettrici. Dopo questo la seduta è stata sciolta.
PROF. VINCENZO AMICI.
I Segretari della Sezione
PROF. LUIGI PÀCmOTTI.
Il Presidente - CJF. CONFIGLIACHI.
TENUTA IL DI 11 OTTOBRE 1839
ietto secondo il consueto il processo verbale, e ricevutane
dai socj r opprovazione, il Presidente fa noto che alcuni de' no-
stri colleghi eransi portati ad esaminare il meccanismo areo-
nautico del Muzzi, e chiede al Prof. Belli, che riferisca le loro
osservazioni ed opinioni.
Questi espone che per la direzione dei globi areostatici
si sono a parer suo imaginati tre diversi metodi 5 1.° di adattare
lateralmente al globo due ali, le quali spingendo l'aria all'in-
dietro mandino la macchina in avantÌ5 2.° di formare l'areostato
in guisa che col salire e scendere si trasporti obliquamente, e
non si allontani molto dal piano orizzontale, come imaginò
Adolfo Curti, dando ai palloni una figura di ellissoide assai
compressa, 5.° di inalzare la macchina sino a quella regione
atmosferica, ove trovasi nell'aria il movimento che si vuol dare
50
al pallone. Ad uno di questi tre metodi si riferisce il mecca-
nismo del Muzzi, che per desiderio dell'Autore deve tenersi
segreto. Contuttociò può dirsi avere esso merito per semplicità,
ed in gran parte per novità, senza al certo garantirne l'effetto,
massime passando da un piccolo modello ad un grandioso
areostato, e dal mezzo dell'acqua in cui fu provato, come
osserva poi il Professor Maiocchi, a quello aereo nel quale
dovrebbe agire.
In seguito, dopo aver fatto sapere al Dott. Luigi Mori,
che è stata eseguita la domandata partecipazione de'suoi pezzi
preparati alla sezione di Medicina, il Presidente invita il Prof.
Casari a leggere.
Intrattiene il detto Professore di Vicenza sopra un feno-
meno di compressione meccanicamente operata in un metallo,
e confronta questo coli' altro, che la luce polarizzata presenta
in un cubo di cristallo temperato nell'atto che lascia scorgere
la croce nera. Egli prende un quadrato, tagliato in piastra di
un metallo alquanto elastico, e ne comprime contemporanea-
mente verso il centro i quattro angoli, mentre le due superfìcie
son frenate da piani resistenti convenientemente collocati: in
tal modo riduce il quadrato ad un cerchio, nel quale si fanno
vedere in rilievo quattro sistemi di curve volte colla loro con-
cavità al luogo degli angoli, e questi sistemi presentano grande
analogia con quelli che sono formati dalle frange colorate nel
cubo di cristallo. Mostra in diversi pezzi i risultamenti già
ottenuti da questa esperienza, ed accenna le relazioni che de-
vono esistere nella disposizione molecolare delle particelle del
metallo compresso, e di quelle degli strati del cubo temperato.
I Professori Botto e Conflgliachi aggiungono alcune osser-
vazioni in conferma delle cose esposte, e relative ad altre appli-
cazioni che possono farsi dei medesimi principj scientifici.
Prosegue l'intrattenimento il Prof. Giovan Battista Cas-
siani col porre la Sezione a parte di molti suoi esperimenti
51
sullo sviluppo dell'elettricità, eseguiti per mezzo del condensa-
tore. Egli in questi ottiene le medesime elettricità, per quanto
diversifichi lo stato igrometrico dell'atmosfera, ed ha elettricità
differenti mediante il contatto dei medesimi corpi eterogenei:
quindi è portato a concludere, che non l'azione chimica né il
contatto, ma un minimo sbilancio di temperatura è la cagione
della elettrizzazione da lui riscontrata. Anche esperienze dirette
lo confermano in questo sentimento, e gli fan conoscere che
non può lo sviluppo dell' elettricità provenire dalla confrica-
zione tra il piatto collettore, e il disco del condensatore, o tra
gli altri pezzi adoprati negli esperimenti, nò tampoco dalla
pressione che fra questi può aver luogo . Replica al Prof. Luigi
Pacinotti che lo aveva addimandato, di essersi egli accertato,
che il fenomeno non nasce dal fregamento che l'aria produce
sul collettore quando si solleva dal disco sottoposto.
Coglie quest'occasione il Presidente per richiamare l'atten-
zione sul pericolo che vi è d'aver dubbj risultamenti operando
col condensatore nelle ricerche di minima elettricità, e conclude
che le osservazioni ed esperienze fatte sull'influenza termo-
elettrica meritano special riguardo, e conviene che sian conti-
nuate prima che si possa stabilire un'azione termo-elettrica
estrinseca sul condensatore.
In appresso legge Giovan Battista Canobbio alcune osser-
vazioni circa la convenienza di adottare nel pubblico insegna-
mento la teorica atomistica, e sulla nuova nomenclatura ato-
mica progettata da Luigi Bonaparte de' Principi di Canino. In
queste, dopo avere approvato il metodo praticato dal Professor
Branchi nell'insegnamento della Chimica, che fu già comunicato
alla Sezione, sostiene essere utile la teorica atomistica per lo
studio dei corpi inorganici, non però rispetto agli organici, che
sarebbe intempestivo e dannoso per ora nell'insegnamento cat-
tedratico l'uso per questi corpi di una tal teorica, e l'adozione
della nomenclatura proposta da Bonaparte, mentre non hanno
U, OF 1U« Lia
52
peranche convenuto i Chimici sulla composizione della mole-
cola organica elementare. Nota in fine che è di sommo inte-
resse nello stato attuale della Chimica instituire esatte e com-
parative analisi dei carburi d'idrogene che valgano a migliorare
la teorica atomistica nelle sostanze organiche.
Questo dà luogo ad una discussione tra Luigi Bonaparte
e il Canobbio. Espone il primo che se la sua nomenclatura non
può essere applicabile oggidì ai prodotti del regno organico ,
presto però potrà divenirlo, e che già sono abbastanza analiz-
zati e noti i carburi d'idrogene. Replica l'altro che intanto non
è questo il tempo di usare quella nomenclatura, e facendolo,
verrebbero probabilmente introdotte delle inesattezze nelle
scuole j ed insiste pur anco sulla sua opinione, che poche no-
tizie si hanno su' carburi d'idrogene.
Chiede la parola il Prof. Orioli, e fatta una solenne protesta
dell'alta stima che ha per il Prof. Branchi, e dichiarando in
generale che le sue riflessioni sono dirette alle cose, non alle
personej sostiene che oggi deve essere nelle scuole fatta base
della scienza chimica la dottrina atomistica, la dottrina elettrica,
quella dell'isomerismo, eie altre tutte della moderna Chimica,
poiché senza prendere in considerazione l'essere o no ben fon-
data la teorica atomistica, tutti i giornali tutti i libri e memorie
di chimica contengono l'aritmetica della scienza, e sono ispidi
di formule atomiche, né possono in alcun modo venir letti da
coloro che ignorano tali dottrine. Ed è poi principale scopo
delle scuole, porre gli alunni in grado di leggere i libri della
scienza .
Il Prof. Branchi in replica ripete le ragioni altra volta
addotte per far comprendere, che non deve né può occuparsi
estesamente delle cose teoriche, e dice che per i giovani che
hanno le convenienti nozioni di calcolo ben poco abbisogna^ e
quello appunto che egli insegna delle rammentate teorie , per
porli in grado di poterle da per loro intendere e studiare in
esteso , gli sembra sufficiente .
oo
Il Presidente osserva che la questione si è un poco allon-
tanata dal soggetto della discussione promossa dallo scritto del
Canobbio, poiché in quello si prende di mira soltanto se ora
sia tempo, tanto per le sostanze organiche che per le inorga-
niche, di adottare una nomenclatura atomica, e fa riflettere
che presentandola solo qual progetto poteva contemplare pur
anche le sostanze organiche. Quindi passa ad invitare il Dottor
Isacco Cesana alla sua lettura.
Consegna il Dott. Cesana ai Segretarj diverse copie da
distribuirsi ai socj di un Cenno sulV estrazione della radice
cubica pubblicato nel 1858, e parlando di questo si fa strada
ad esporre una pratica per la elevazione al cubo, che da lui
era stata promessa nel rammentato opuscolo, e che ora parte-
cipa ad oggetto di non trovarsi prevenuto dal Dott. Montucci,
che mostrò nel suo metodo pe' quadrati di combinare seco lui
in qualche idea. Osserva esser più vantaggioso abbreviare le
regole coli' esecuzione delle operazioni che coli' uso delle tavole,
e fa conoscere come la sua pratica proviene dal porre {fi-^^y
sotto la forma cè^ìf-^{a-\-b)ha.'ò^ dal quale sviluppo, per
mezzo di un esempio particolare, egli desume le regole per il
suo metodo d'elevazione dei numeri a cubo, che rimane col-
legato con quello già proposto per l'estrazione della radice
cubica.
Dalla comunicazione che fa Luigi Bonaparte si apprende
un modo spedito ed economico per preparare gli ioduri ed i
bromuri insolubili.
Notifica in ultimo il Presidente ai socj, che il Cavalier
Gaetano Giorgini Provveditore dell' Università di Pisa ha con
lettera cortesissima accompagnato il dono della sua opera
Ragionamento sopra il regolamento idraidico della pianura
Lucchese e Toscana interposta fra l'Arno e il Serchio^ e che
in esecuzione della generosa volontà dell'Autore verrà dalla
Segreteria data una copia di quest'opera a ciascuno dei com-
5
54
ponenti la Sezione. Ed incaricandosi di fare i dovuti ringra-
ziamenti per questo dono, passa egli a partecipare altra let-
tera del Marchese Ridolfi, dalla quale rilevasi aver la Sezione
d'Agricoltura risoluto di fare fra i suoi membri una colletta
in favore degli Asili infantili di Pisa, e proporre alla nostra
di unirsi nel medesimo sentimento. La proposizione è con-
cordemente accettata, e termina l'adunanza.
E qui posto fine alle letture e discussioni sulle materie
speciali della Sezione, ha luogo altra adunanza composta delle
due sezioni di Fisica ec. e di Geologia, alla quale siede Pre-
sidente il Prof. Cav. Configliachi. Il soggetto di essa è la
esposizione fatta dal nostro socio Prof. Francesco Orioli di
una sua teorica sul calor centrale della terra, per cui tutta la
elevazione di temperatura che a quello si attribuisce verrebbe
prodotta dalle azioni chimiche, che continuamente han luogo
nelle viscere del Globo. Questa è seguita da una prolungata
discussione, cui prende principalmente parte Lodovico Pasini
opponendosi all'esposta teorica, e sostenendo l'altra da molti
adottata del calore iniziale. Ijasceremo però al Segretario della
sezione di Geologia render conto delle particolari ragioni ad-
dotte in sostegno dell' una e dell' altra dottrina, e diremo sol-
tanto che resta in dubbio a quale fra quelle debbasi la prefe-
renza, e si scioglie anche questa adunanza.
[ PROF. LUIGI PACINOTTI.
I Segretarj della Sezione
( PROF. VINCENZO AMICI.
Il Presidente - C^F. COy FIGLI JCHI.
3S
TENUTA IL DI 12 OTTOBRE 1839
letto ed approvato il processo verbale dell' adunanza pre-
cedente, il Presidente fa noto che è aperta la stabilita colletta
in favore degli Asili infantili della città di Pisa: quindi par-
tecipato il dono di due opuscoli offerti dal Dottor Giuseppe
Menici, dà la parola al Prof. Pacinotti.
Annunzia questi di avere, unitamente al suo collega
Prof. Puccinotti, istituite delle sperienze con galvanometri
delicatissimi, per assicurarsi della controversa esistenza delle
correnti Elettriche negli animali viventi a sangue caldo e
freddo, e di aver ottenuti dei risultamenti che stabiliscono la
realtà della presenza di quelle correnti negli animali , finché
conservano un certo grado di vitalità. 11 Presidente, ad istanza
del Prof. Pacinotti suddetto, prega i Professori di Fisica ascritti
alla Sezione, unitamente al Commendatore Antinori, a volere
assistere alle sperienze che sul rammentato soggetto saranno
ripetute nell' attiguo Gabinetto Fisico nel giorno successivo
alle ore dieci.
Il Dott. Montucci, che non si trovò presente alla lettura
del Dott. Cesana, crede di scorgere dal processo verbale poc'
anzi letto che il metodo tenuto da questi per la formazione
de' cubi numerici differisca dal suo, sicché non meriti la pena
di disputarsi una priorità. Dette poscia dal Dott. Montucci
alcune cose sulla utilità delle tavole , e messa questa in dubbio
dal Dott. Cesana relativamente al caso attuale, il Presidente
56
osserva che può sospendersi la loro incominciata discussione,
ed invita piuttosto i due socj ad esaminare le memorie de-
poste da ciascuno di essi presso i Segretarj, col qual mezzo
probabilmente si porranno d'accordo.
Legge in seguito il segretario Pacinotti una lettera diretta
al Presidente, nella quale il Prof. Branchi espone un metodo
di conservare le pitture a fresco con velatura di latte priv'ato
della materia butirrosa e allungato coli' acqua. Dice di aver
istituiti due volte degli sperimenti che hanno sempre sommi-
nistrati risultamenti favorevoli. Trattandosi però di estendere
questo metodo alla conservazione di tutte le famose pitture
del Camposanto di Pisa, chiede, anche in nome del rispettabile
IMunicipio di questa città, che sia nominata una Commissione
di Scienziati che portandosi sul luogo vegga lo stato in cui si
trovano quei freschi su' quali fu usato il proposto metodo da
più di due anni a questa parte. Il Presidente prega perciò i
socj Professori di Chimica, il Canonico Bellani, e Luigi Bo-
naparte de' Principi di Canino a recarsi al Camposanto nel
giorno seguente per secondare le ben giuste brame del Prof.
Branchi e per riferirne alla Sezione.
Non dandosi luogo a discussione sull'argomento della
precedente lettura, comincia tosto il Prof. Orioli ad esporre
verbalmente un' analisi della Macchina Elettrica a sfregamen-
to. Principia dal dichiarare che egli non intende parlare dom-
maticamente, e che nell'ignoranza della natura dell'Elettrico,
essendo indifferente il parlar col linguaggio francese ossia di
Symmer, o con quello di Franklin seguito dagl'Italiani, egli
preferisce di attenersi a quest'ultimo^ e si propone di esami-
nare se lo strofinamento del disco di vetro della macchina
elettrica, effettuato dai guancialetti, dia luogo a quel conside-
rabilissimo sviluppo di elettricità per mezzo di azione chimica
o puramente meccanica. Il Prof. Orioli considera la questione
siccome indecisa, quantunque però ei più volentieri sia condotto
57
a risguardare i fenomeni elettrici come in massima parte de-
pendenti da azioni chimiche. Le sperienze di Peclet fatte nel-
l'aria priva di ossigene non sono ritenute dal nostro Professore
abbastanza concludenti per escludere codesta chimica azione,
perchè vi sono altre sostanze fuor dell' ossìgene che possono
dar luogo alle azioni medesime. Infatti il disco è un composto
chimico in forma salina, di sostanze alcaline facilissime a di-
sgregarsi, e il guancialetto è formato di sostanze organiche in
cui vi è azoto, idrogene, carbonio, sali ec. , spalmato da un
intonaco di sevo e da un'amalgama. Accade dunque una con-
fricazione di due composti chimici i cui elementi sono molto
disgregabili, e quindi è ben naturale il supporre che abbiano
luogo delle combinazioni che diano origine a tanto sviluppo
di elettricità. E per rispondere a chi dubitasse se de' così pic-
coli fenomeni chimici potessero dare nascimento a effetti sì
grandi, richiama alcune sperienze di Faraday, le quali dimo-
strano che r azione di pochi atomi è atta talvolta a presentare
grandiosi fenomeni elettrici. D'altronde poi, osservando che
tutta la superficie del disco è successivamente strofinata , e che
la somma di continue azioni, benché piccole, può produrre un
effetto immensamente grande^ trova in tale osservazione una
plausibile ragione del perchè si sviluppi tanto fluido elettrico.
Premesse queste cose, il Prof. Orioli ritiene che non si
possa però escludere anche l'azione del semplice attrito, poiché
sapendosi che per sola pressione o scuotimento delle molecule
de' corpi si sviluppa il calorico, la grande analogia che passa
fra gli imponderabili ci porta a credere che vi possa essere
anche svolgimento di elettricità.
Tenuto quindi per probabile che 1' elettricità si produca
per azione mista meccanico-chimica, passa a considerare se
l'effetto principale è dovuto al sistema de' guancialetti o del
disco. Attribuisce egli un'azione così detta seceniente ai guan-
cialetti e un'azione condensante al disco, fondandosi suU'ipo-
58
tesi di una tal quale elettricità che dai guancialetti sia indotta
nel disco, la quale col girar del medesimo venga a ritirarsi
dalla presenza del guancialetto, dando così luogo a svilupparsi
nuova e maggior quantità di fluido elettrico, e a questo pro-
posito richiama alcuni sperimenti che tendono a comprovare
la di lui supposizione di un'induzione elettrica nel vetro.
Aperta la discussione, e risposto ad alcuni dubbj mossi
dal Prof. Pacinotti sulla realtà di questa induzione elettrica
ne' fenomeni descritti dal Prof. Orioli e della pretesa azione
chimica, il Presidente aggiunge alcune riflessioni intorno agli
effetti comparativi di elettrizzamento a motivo o delle diverse
amalgame, o de' diversi vetri sottoposti a sfregamento, con-
chiudendo che egli inclina all' ipotesi del Prof. Orioli che poi
si rifonde in quella dei Fisici, i quali alla chimica azione
attribuiscono ben anco ogni elettrico sviluppo per semplice
contatto. Fa quindi avvertire che il Volta scopritore della elet-
tromotricìtày da lui così detta, qual indagatore di nuovi fatti,
solo come espressione immediata dei medesimi, insegnava del
pari potersi riferire i fenomeni di elettricità per sfregamento
alla stessa causa cui si avrebbero ad attribuire quelli di sem-
plice contatto. Osserva però che sotto la generale espressione
di chimica azione talvolta si comprendono fenomeni che d' or-
dinario diconsi di semplice aderenza, perchè in essi la vera
chimica azione di composizione, o decomposizione de' corpi,
quantunque possibile, pure riesce ai nostri mezzi insensibile.
In ultimo il Prof. Botto fa avvertire esso pure, che nel
disequilibrio moleculare promosso dalla confricazione non si
può escludere anche un disequilibrio di fluido elettrico.
Finalmente il Dott. Valentino Amici legge una memoria
sopra la figura del disco solare. ]3escrive egli da prima il Te-
lescopio , munito di micrometro di nuova costruzione e a sepa-
razione d'immagine, che ha servito al di lui padre Prof. Gio.
Battista Amici per istituire fino dal 1821 una serie di osserva-
59
zioni dei diametri equatoriale e polare del sole, continuata per
due anni. Fra queste osservazioni scegliendone novanta di
quelle fatte nelle più favorevoli circostanze, sottoponendole a
calcolo, ed effettuandovi le opportune correzioni, giunge alla
determinazione della differenza dei due nominati diametri , e
trova che il polare supera 1' equatoriale di 0, " 868. L' accordo
notabile delle singole osservazioni che danno de' risultamenti
parziali che si allontanano dal medio di soli 0," 5 inspira gran
fiducia che la desunta differenza sia conforme al vero.
Ed essendo dopo ciò trascorso il termine assegnato alla
seduta, viene chiusa.
( PROF. VINCENZO ÀNICI.
I Segretarj della Sezione |
( PROF. LUIGI PÀCINOTTI.
Il Presidente - C^r. CONFIGLI^CHI.
TENUTA IL DI 14 OTTOBRE 1839
la. lettura del processo verbale, colla quale si apre la seduta,
dà occasione al Prof. Orioli di aggiungere qualche cosa sulle
esposte teorie della Macchina Elettrica, e di far rilevare contro
ciò che aveva detto il Prof. Configliachi, che le enunciate dot-
trine non sono già quelle del Volta. Al che replica il Professor
Presidente non avere egli inteso di dire che combinassero colle
cose del Volta che sono stampate, ma con quelle che egli in-
segnava nell'età sua avanzata.
40
Dopo di ciò viene approvato il processo, ed è invitato a
leggere il Prof. Carlo Arcangeli. Il suo scritto si aggira sul-
r applicazione della Fisica terrestre alla Fisiologia; ma per la
ristrettezza del tempo non può esserne letta che quella parte,
nella quale dopo aver 1' Autore fatta breve parola del Globo
terraqueo, e dell'atmosfera che lo circonda, accenna la gravi-
tazione universale, e parla dei vantaggi della luce e del calo-
rico e dei loro effetti su' corpi, facendosi strada a dire dei fe-
nomeni che si presentano nell' atmosfera .
Il Segretario partecipa una lettera del Dott. Gabrio Piola,
diretta al Professor Venturoli, la quale contiene una teoria
dell'efflusso dell'acqua da' vasi conici. Nella prima parte di
questo scritto si propone l'Autore di giungere ai medesimi
resultamenti che ottiene il Professor Venturoli, ma in modo
tale da porsi a coperto da ogni obiezione 5 e perciò parte dalle
condizioni d'integrabilità del trinomio lidx^vdy -^vv dz.^ an-
ziché da quelle del trinomio udx-\rvdy-\-wdz^ perchè il primo,
nel moto dei fluidi, deve sempre essere un differenziale esatto,
e l'altro può non esserlo. Nella seconda parte accenna un suo
nuovo metodo per determinare quella specie d' imbuto che si
forma nel vaso conico mentre si vuota, ed applica un proces-
so, insegnato da Lagrange, all'integrazione di un'equazione
differenziale di second' ordine non integrabile co' modi ordi-
narj, la quale gli si affaccia negli sviluppi del calcolo.
Il Prof. Vincenzo Amici dichiara di avere egli pure nella
scuola, all'occasione d'insegnare queste dottrine, fatte le stesse
avvertenze circa i trinomj rammentati, e di avere esposta una
trasformazione della così detta equazione delle forze solleci-
tanti, mediante la quale si può semplicizzare la condizione
d'integrabilità dell'equazione medesima.
Prosegue il Prof. Giov. Alessandro Malocchi con alcune
considerazioni sopra un apparato igrometrico da lui imaginato,
del quale presenta il disegno. L'oggetto di questo è misurare
41
l'umidità dell'aria atmosferica, o di un volume gazoso con
un principio differente da quelli finora usati in tali strumenti .
Egli infatti non si fonda né sugli effetti dell'assorbimento, né
sulla condensazione dei vapori acquei, ma esplora soltanto la
loro tensione, e chiama perciò igrometro a tensione quel suo
apparato. Per determinare la tensione, che ha il vapore misto
all'aria, cerca quanto la deve aumentare acciocché ella sia al
maximum^ e conosciuta la tensione compierne ntaria rileva
quella preesistente, e per conseguenza la umidità dell'aria
esplorata. E poiché l'Autore, nel determinare i vantaggi del
suo igrometro a confronto degli altri, e particolarmente di
quello accreditatissimo del Daniel detto a condensazione ^ rileva
a quest' ultimo alcuni difetti , il Canonico Angiolo Bellani so-
stiene la preferenza dello strumento inglese^ e molto in lungo
sarebbe andata la discussione alla quale avevano preso parte
anche altri scienziati, se il Presidente non avesse consigliato di
comunicarsi reciprocamente le idee dopo la seduta, nella quale,
essendo l'ultima, molti altri soggetti dovevano esser presi in
considerazione .
Tra questi é interessantissimo quello, che allora il Prof.
Cav. Giov. Battista Amici prende a trattare, relativo a due
macchine ottiche che egli ha di recente inventate. Principia da
una breve storia sopra i perfezionamenti che in diverse epoche
ha fatti alla Camera Lucida, e descrive e mostra quella che
ultimamente ha imaginata. Il pezzo principale di essa è un
prisma di cristallo triangolare isoscele, la cui faccia disuguale
é più larga delle altre, ed amalgamata a specchio 5 ed i suoi
pregi sono molta chiarezza nelle imagini , e notabile estensione
nel campo di vista. Quindi presentando l'Autore anche la Ca-
mera Lucida del Wollaston fa rilevare come i notati vantaggi
rendano la sua di gran lunga a questa preferibile. Seguita poi
parlando dell'altra sua invenzione, consistente in un oculare
della forma di quelli che si chiamano positivi, che ha saputo
42
rendere acromatico coli' uso di due vetri dotati di differente
dispersione, mantenendolo capace di abbracciare un angolo
visuale quasi doppio di quello che si ha negli oculari comuni.
In questo la sparizione dei colori si procura con un eccesso
cromatico della lente collocata presso l'occhio, tale da com-
pensare la dispersione inversa dell' altra lente che rimane alla
parte dell'obiettivo.
L'ora già avanzata non permette al Prof. Giov. Battista
Amici di descrivere il suo nuovo Microscopio di polarizzazione,
né a Tito Puliti di mostrare il Telegrafo magneto-elettrico
fatto costruire nelF I. e R. Museo Fisico di Firenze. Quindi
avendo il Presidente annunziate queste macchine all'adunanza,
fa sapere che l'ultima di esse potrà esser veduta dopo dai ri-
chiedenti, e giacché erano state nei giorni precedenti riprodotte
dal medesimo Puliti le apparenze fotogeniche di Daguerre,
invita Attilio Cenedella a fare su questo soggetto la partecipa-
zione che ha preparata.
Legge in conseguenza il Cenedella una lettera già stam-
pata, ove il Del Bue dà una spiegazione del fenomeno, in se-
guito della quale, aperta la discussione, vengono fatte a quella
teoria diverse obiezioni da alcuni socj , e principalmente dal
Prof. Orioli, e da Luigi Bonaparte, le quali possono per lo
meno renderla molto incerta.
Nel giorno precedente erano state dai Professori France-
sco Puccinotti e Luigi Pacinotti ripetute nel Gabinetto Fisico
le esperienze sulla corrente elettrica vitale negli animali a
sangue caldo, da questi discoperta, e già annunziata nella
passata adunanza. Si erano trovati presenti a quelle, siccome
fu stabilito, i componenti la Commissione eletta tra i Fisici,
ed i Professori Cav. Bufalini, Cav. Giuseppe Frank, e Carlo
Arcan gioii formanti l' altra Commissione della sezione di
Medicina \ ed inoltre erano state onorate quell' esperienze
dall' Augusta presenza di S. A. L e R. Leopoldo II Granduca
43
di Toscana. Lunghe discussioni tra i Professori intervenuti
avevano avuto luogo su quel soggetto, e sull'esame dei fatti
sperimentati: ed il Prof. Giuseppe Belli era stato incaricato
di referire i resultamenti alla nostra adunanza. Egli perciò
ne legge il seguente rapporto.
ce I nostri Commissari insieme con quelli della sezione
« Medica si sono jeri riuniti nel Gabinetto Fisico di questa
ce I. e R. Università per assistere alle belle sperienze dei Pro-
cc fessori Puccinotti e Pacinotti sopra le correnti elettriche
c< manifestantesi negli animali vivi, e per tentarne delle nuove,
ce Si eseguirono queste sperienze immergendo contemporanea-
cc mente, l'una nel cervello e l'altra in qualche muscolo, due
ce lancette di platino congiunte coi capi di un filo galvano-
cc metrico, e che servivano perciò nel tempo stesso a ferire e
ce irritare l'animale, e a condurre l'elettricità. E si riconobbe
ce che veramente all' atto dell' immersione di questi scandagli
ce si eccitava nel filo una corrente anche di 10, o di 15 e più
ce gradi del Galvanometro adoperatosi, dirigendosi essa corrente
ce dentro esso filo dal cervello al muscolo. Però si riconobbe
ce che di simiglianti correnti se ne eccitano altresì e pel mede-
cc simo verso, benché a dir vero notabilmente più deboli,
ce anche nell'animale morto, ed anche allorquando si cava-
cc va dall' animale una porzione di cervello ed una di mu-
ce scolo, e messe queste a vicendevole contatto si toccavano
ce e si premevano colle medesime lancette di platino. Perciò,
ce quantunque la maggior grandezza degli effetti nell' animale
ce vivente dia molta fiducia che sieno vere le deduzioni de' due
ce valenti sperimentatori, rimane però ancora il dubbio, che
ce questi effetti possano forse anche esser dovuti alle sole
ce azioni fisiche e chimiche delle parti materiali interessate, e
ce che la differenza dei detti effetti dallo stato di vita a quello
ce di morte e di separazione delle parti sia per avventura dipen-
cc dente dalle mutate condizioni delle parti materiali suddette.
44
ce p. e. dalla mutata temperatura, dalla cangiata qualità e
ce quantità degli umori ec. Il qual dubbio però non toglie
ce punto la probabilità delle conseguenze che i due sperimen-
cc tatori credono dedurne, ma soltanto mostra la convenienza
ce di ulteriori sperienze. Gonchiude adunque la Commissione
ce coir invitare i benemeriti Professori a continuare coraggio-
cc samente le loro belle indagini, a variarle in tutti i modi pos-
ce sibili, e a farle di pubblica ragione, affine di porre final-
ce mente la questione in pienissima luce, essendo l'oggetto
ce importantissimo, ed essendo un grandissimo passo nella
ce scienza quello che essi farebbero, quando giungessero a sta-
ce bilire pienamente la verità delle loro deduzioni w.
Neil' adunanza passata erasi pure stabilita altra Commis-
sione per visitare le pitture a fresco del celebre Camposanto di
Pisa, e referire sopra i saggi che sono stati fatti, e che potreb-
bero farsi in seguito ad oggetto di conservarle j, la quale, asso-
ciando a se il chimico Gaspero Mori, ed il pittore Prof. Biscar-
ra, aveva eseguito l'incarico, ed eletto a suo relatore il Canonico
Angiolo Bellani. Quindi questi espone: essere stati i componenti
di diverso sentimento : alcuni dopo avere osservato che i tenta-
tivi fatti finora col latte privato di butirro e allungato non riu-
scivano del tutto inefficaci , pensare doversi sugli altri quadri ri-
petere il metodo del Prof. Giuseppe Branchi: altri, e fra questi
il Bellani, opinare esser più utile adoprare il latte non allungato
per avere maggior effetto, non potendosi a lor giudizio temere
r accartocciamento dell' intonaco: pensare all' incontro Luigi
Bonaparte che convenisse tralasciare qualunque operazione sulle
pitture, giacché non sapevasi se maggior danno o vantaggio
avrebbe essa recato, e che fosse miglior partito arrestare il
guasto chiudendo con cristalli le aperture del loggiato, o nel
caso che qualche operazione sulle pitture si dovesse eseguire
fosse pili conveniente invece del latte usare l' albumina estratta
dal sangue, la quale pure preserva dall'umidità: essere final-
>é5
mente anche il Prof. Biscarra di sentimento di non toccare le
pitture, e difenderle con cristalli, ma posti a gran vicinanza
ad esse perchè sonovi molti luoghi ove l' intonaco si distacca ,
e si riduce in polvere.
Prende la parola il Prof. Giuseppe Branchi e si oppone
all'uso dell'albumina^ dal che nasce una questione tra questi
e Luigi Bonaparte sul contenersi o no lo zolfo nell' albumina
del sangue, e perciò sull'utile o danno che questa sostanza
può recare ai bei dipinti. Insiste per il metodo del Professor
Branchi il farmacista Gaspero Mori, ed in generale per l'uso
delle sostanze non azotate, tra le quali propone la destrina, o
una leggera soluzione d'amido. Il Prof. Orioli si oppone all' uso
del latte, non sembrandoli felicissimo il saggio di già eseguito,
e rammenta che gli Antichi usavano la cera punica, e che con-
verrebbe con analoghe composizioni fare dei tentativi su pitture
meno interessanti. Consiglia il Prof. Targioni a prender di
mira prima di tutto la causa del deperimento, la quale consiste
nel salnitro che distrugge il cemento, e nei venti di libeccio
che vi trasportano il sai marino. Onde è portato il Presidente
ad aggiungere come sia ottima cosa, quando la località lo
permette, tor l'umido col disfare l'arricciatura per due o tre
decimetri al di sotto del suolo, e darvi più mani di zolfo o
d'altre sostanze che impediscano l'umidità^ e detto ciò egli
conclude doversi con i differenti metodi proposti eseguire
qualche saggio in piccolo sulle parti già ridotte in cattivo stato.
A nuovo argomento richiama il Prof. Lorenzo Casari
leggendo sopra alcuni difetti dell' organo della vista. Considera
le macchie e i fiocchi che si presentano nell' occhio ad alcuni
individui, e il loro variare di forma, e di intensità: dice che
tali apparenze sono date da un insieme di piccoli globettini
natanti nell'umore del Morgagni, e però si presentano mobili,
e pili sensibili a luce viva: e conclude coli' invitare i Fisici a
prendere in esame questa malattia che è sì comune, e a deter-
46
minare se i raggi più o meno lucidi, e più o meno calorifici,
e la loro azione chimica possa contribuire ad aumentarla^ e se
per conseguenza sia utile far uso in tal caso di vetri colorati, e
quali fra questi debbano preferirsi.
Aperta la discussione il Canonico Angiolo Bellani dice
che egli è di sentimento non doversi usare alcun rimedio per
tal difetto. Ma il Prof. Orioli distingue in più specie le macchie
che si presentano nell' organo della vista , da riportarsi a ca-
gioni differenti^ e soggiunge il Prof. Giov. Battista Amici che
talvolta provengono da iniezioni di vasellini che sono nell'umor
vitreo, altre volte , per sentimento del Prof. Gonfigliachi, il vizio
è nelle membrane che involgono gli umori, altre volte la ca-
gione si ha da ripetere dal sistema nervoso, come accenna il
Prof. Bufalini. E così molte e diverse opinioni vengono affac-
ciate, non però completamente esposte o discusse per esser
trascorsa l' ora .
Onde è costrettoli Presidente a chiudere l'adunanza, e
ciò fa con un discorso, nella prima parte del quale rende noti
molti lavori già presentati, e che restano senza l'opportuno
sfogo per la mancanza del tempo. Fra questi sono da ram-
mentarsi una memoria del Dott. Basevi sulla conducibilità
elettrica del vetro: la storia dell'Accademia Valdarnese con
alcune memorie di scienze naturali , della quale ha regalate il
Dott. Corinaldi diverse copie da distribuirsi ai socj : un pro-
blema proposto dall' Accademia di Torino sul calorico specifico
dei gaz, di cui vengono dispensati i programmi^ un lavoro del
Peltier sulle pile termo-elettriche, e sopra i galvanometri a
moltiplicatore: un' analisi eseguita dal Prof. Giuseppe Branchi
d'un nuovo combustibile fossile solido salino e volatile, che
trovasi in una specie di lignite della Toscana, e che il Prof.
Paolo Savi ha chiamato Brancliite: ed uno di Macedonio Mel-
loni sulla diatermansia o colore apparente dei raggi calorifici,
già pubblicato, e inviato alla Sezione dall' x\utore, del qual
47
lavoro viene anche dato un succinto ragguaglio. Nella seconda
parte del discorso il Presidente invita i cultori della Fisica a
fare sulla elettricità ricerche analoghe a quelle, che il Melloni
ha con tanto vantaggio della scienza istituite sul calorico rag-
giante, e quindi con affettuose parole di congedo dirette aisocj
scioglie l'ultima adunanza.
( PROF. LUIGI PACINOTTI.
I Sbgrbtarj della Sezione |
( PROF. VINCENZO AMICI.
Il Presidente - C^T. CONFIGLI JCHI.
^ ó iT^ Kì/'' Òr ui^ì* iij'^^ ci^
DI
GEOLOGIA, mXEMLOGIA E GEOGRAFIA
PROCESSI VERBALI
DI GEOLOGIA, IIIIMRALOGIA E GEOGRAFIA
TENUTA IL Di 4 OTTOBRE 1859
Il Presidente apre l'adunanza con un breve discorso, in cui
dopo avere accennato quale sia veramente lo scopo della pre-
sente Istituzione, invita ciascun membro a dar subito la nota
delle memorie da leggere, e dei lavori o notizie da comunicare.
Propone anche alla Sezione di occuparsi di un Progetto per
una nomenclatura geologico-mineralogica italiana, che giovi
a togliere l'attuale confusione, e l'impiego sovrattutto di più
nomi per indicare il medesimo oggetto. Per quelli che s'occu-
pano della descrizione e delle Carte geologiche dell' Itaha, gio-
verà ancora l'accordarsi sopra un sistema uniforme di colora-
zione delle mentovate carte .
Il Professore di Storia Naturale, e Direttore del Museo di
Pisa, Paolo Savi, fa una esposizione della struttura geologica
del Monte Pisano, cioè di quel gruppo di monti posto fra il
Serchio e l'Arno, e le due pianure di Lucca e di Pisa. La Carta
geologica di questo gruppo, fatta dal Prof. Savi, e le Rocce più
importanti sono messe sotto gli occhi della Sezione . Il terreno
52
più antico del Monte Pisano è un insieme di Rocce che il Pro-
fessor Savi ha indicato da qualche tempo sotto il nome di Ver-
rucano . Questo o si trova poco alterato dalle Rocce ignee , e
probabilmente dalle injezioni metalliche, ed è allora un'arena-
ria per la massima parte silicea e di colore gialliccio-ferrigno,
o una pudinga a cemento quarzoso, ed a grossi noccioli di
quarzo 5 ovvero si trova molto alterato, eh' è il caso più fre-
quente, ed è allora convertito in uno Steaschisto più o meno
quarzoso . Gli strati del Verrucano si trovano tutti sconvolti e
sollevati come intorno ad un centro, che sarebbe nella valle di
Calci. Sopra il Verrucano si osserva, nell'occidentale e meri-
dionale parte del Monte Pisano, un calcare bigio che in gene-
rale è mancante di resti organici , ma che per alcune analogie
si potrebbe ciononostante riferire alla formazione del Lias (*) .
A questo calcare succede il terreno cretaceo degli Apennini ,
composto di strati calcarei al basso, e di strati arenacei, chia-
mati Macigno^ superiormente. In mezzo agli strati dell'una e
dell'altra di queste rocce si trovano delle argille schistose . Il
Macigno propriamente detto che forma tanta parte della catena
apennina , non si mostra che per brevi tratti del Monte Pisano,
cioè presso Rìpaf ratta e Cerasomma nel territorio Lucchese. In
alcuni luoghi Fazione plutoniana ha alterato il calcare del Lias,
e questa alterazione si estese qua e là anche al calcare della
formazione del INIacigno ( Bagni di S. Giuliano ) . Il INIacigno
poi eh' è immediatamente a contatto col calcare del Lias si
trova fortemente alterato , di modo che gli strati schistosi sono
in alcuni luoghi convertiti in Galestro, in altri in Diaspro, ed
altrove ancora in una sorta di Schisto lucente . Grandi masse
(*) Riportando questo calcare al Lias non è già che si voglia accennare una
perfetta rassomiglianza di questa roccia col Lias dell'Inghilterra, della Normandia ec. ,
ma sì vuol solo indicare una formazione equivalente, che il Professor Savi chiamò ia
altri suoi scritti Lias apenninico .
S3
di calcare cavernoso analogo alla Carniola trovansi qua e là in
questo gruppo di monti, e sembrano esse pure una particolare
alterazione del calcare.
11 Prof. Savi, sia considerando la direzione generale degli
strati del Monte Pisano, sia i materiali ed il modo con cui sono
formate le colline Lucchesi, tiene per dimostrato che il solle-
vamento del IMonte Pisano e le alterazioni delle sue Rocce, siano
accaduti dopo il sollevamento della prossima catena apennina,
e dopo la deposizione del terreno terziario subapennino .
Richiesto il Prof. Savi dal Pasini se credesse di poter ri-
portare il terreno del Verrucano a qualcheduno dei terreni già
riscontrati nelle Alpi , come per esempio ?\^ Arenaria rossa^
ovvero 2)}^ Arkose dei Francesi , risponde che per ora non gli
sembra potersi istituire alcuna certa relazione di questo terreno
con quelli di altre località . Egli crede altresì che gli Schisti
silicei e le Lavagne del Genovesato si debbano ascrivere al ter-
reno cretaceo ed al Macigno, e non a quello del Verrucano,
Il Presidente Sismonda il quale ha di recente viaggiato per
que' monti, dichiara che ciò si accorda intieramente colle sue
osservazioni .
Il Pasini fa osservare che fra le interessanti Rocce del
Monte Pisano poste dal Prof. Savi sotto gli occhi della Sezione,
alcune varietà del Verrucano alterate e convertite in Schisto,
somigliano perfettamente ad alcune Rocce delle Alpi Lombardo-
Venete, poste in circostanze affatto analoghe, e dovute, come
quelle del Monte Pisano, ad una metamorfosi delle antiche
arenarie. I saggi di queste Rocce delle Alpi saranno in altro
giorno sottoposti all' esame della Sezione .
Il Presidente propone che sotto la direzione del Prof. Savi
si faccia, in uno de' consecutivi giorni, una corsa geologica al
Monte Pisano, per visitarne i punti più interessanti.
Infine si legge una lettera del Segretario perpetuo dell'Ac-
cademia Valdarnese del Poggio, con cui ella manda in dono
54
alla sezione di Geologia, Mineralogia e Geografia i due tomi
finora pubblicati delle sue Memorie, ed annunzia di aver dele-
gato tre de' suoi membri , come Deputati ad assistere al Con-
sesso scientifico. La Sezione vota ringraziamenti all'Accademia
Valdarnese .
Il Segretario della Sezione — LODOVICO PASINI.
Il Pkesidente - PROF. ANGELO SIS3I0NDA,
TENUTA IL Di 5 OTTOBRE 1839
"l Segretario legge il processo verbale dell'adunanza prece-
dente, che resta approvato.
Il Prof. Paolo Savi fa una esposizione delle condizioni geo-
logiche in cui trovansi i combustibili fossili finora scoperti nella
Toscana, e fa conoscere la somma improbabilità di poter tro-
vare in questo paese degli strati di vero Litantrace, mancando-
vi il terreno carbonifero , e non essendovi stata riscontrata
alcuna formazione più antica del Lias^ e del Verrucano. Egli
crede che se fosse anche possibile di spingere le indagini al di
sotto del Verrucano^ non si avrebbe probabilmente miglior
risultamento , attese le alterazioni a cui dev' essere stato sog-
getto ogni terreno inferiore, per l'azione delle Rocce ignee, del
calore centrale ec. Tutte le Rocce e i fossili della Toscana rela-
55
tivi a questo argomento furono posti dal Prof. Savi sotto gli
occhi della Sezione, ed eziandio i fossili analoghi di altri paesi,
per gli opportuni confronti.
In Toscana pertanto fra il terreno arenaceo schistoso della
formazione cretacea, si trovano alcuni straterelli di Stìpite^ i
quali se fossero meno sottili e più abbondanti, meriterebbero,
per la qualità del combustibile , qualche considerazione. Tutti
gli altri combustibili fossili finora scoperti nella Toscana si
debbono riferire alla Lignite, e si trovano in mezzo al terreno
terziario medio e superiore, che giace, con discordanza degli
strati, sopra il terreno cretaceo e del Macigno. Queste Ligniti
non hanno mai tutti i caratteri mineralogici del vero Carbon
fossile o Litantrace-, né i resti di piante fossili che le accompa-
gnano, somigliano a quelli del Litantrace, ma sono di piante
dicotiledoni arboree , analoghe al Castagno , al Salcio , al Piop-
po, air Olmo ec, e proprie ovunque dei terreni terziarj. An-
che le piccole conchiglie finora ravvisate in queste Ligniti, di-
mostrano la loro appartenenza al terreno terziario.
Il Pasini espone brevemente le condizioni geologiche delle
Alpi meridionali, fra il Lago maggiore e la Carnìa^ sotto il
rapporto dei combustibili fossili. Se in Toscana è vana cosa il
cercare il Litantrace per la mancanza del terreno carbonifero,
o di un suo equivalente , nelle Alpi suddette è invece assai im-
probabile di trovarne importanti depositi , per esservi il vero
terreno carbonifero rappresentato forse da alcuni strati are-
nacei, contenenti qualche traccia o straterello di Litantrace.
Ma codesto terreno carbonifero delle Alpi è così sottile, che
paragonato coli' analogo terreno della Francia e dell' Inghilter-
ra, può dirsi insignificante: giacché depositi considerevoli di
Litantrace né vi furono mai ritrovati (benché siano state fatte
in più tempi molte ricerche ) , né vi è ormai grande speranza
di ritrovarli, poiché tutta la massa del terreno arenaceo fu esplo-
rata nel doppio senso dell'estensione e della profondità, essen-
56
do questo terreno facilmcDte accessibile, e trovandosi sovente
solcato dalle valli, e posto a nudo per tutta l'ampiezza de' suoi
strati. Questo è quanto si può asserire, almeno per il terreno
arenaceo antico, emerso nel Vicentino, nel Tirolo meridionale,
nel Bresciano, nell' ingordi no ec, e solo resta da esaminar me-
glio il terreno arenaceo della Carnia alla sinistra del Taglìa-
mento, dove si mostra assai più potente, ed assume nuovi ca-
ratteri mineralogici, e dove furono trovati parecchi indizj di
Litantrace. E forse per altro possibile che tutto il terreno are-
naceo antico abbia un'assai maggiore grossezza e vada più
abbondantemente fornito di Litantrace a maggior distanza dalle
cime centrali della catena, ma ad una tale profondità sotto la
pianura subalpina, che non possa farvisi alcuna ricerca.
Il Prof. Sismonda osserva a questo proposito, che forse il
terreno arenaceo delle Alpi Lombardo- Venete non rappresenta
né il terreno carbonifero nò le antiche arenarie secondarie , ma
che potrebbe invece appartenere agli strati inferiori del Lias^
come accade nella Savoja, e nelle Alpi Piemontesi , dove il
Lias si appoggia alle rocce cristalline , e dove fu nulladimeno
riconosciuto che alcune piante fossili, proprie della formazione
carbonifera, si trovano insieme colle Belemniti in alcuni strati
inferiori, i quali appartengono appunto al Lias.
Il Pasini risponde che il terreno secondario calcareo-are-
naceo del Vicentino, del Tirolo, dell' Agordino ec. è troppo
bene caratterizzato dalla presenza del Litantrace, dall'Arenaria
variegata (^Gres bìgarré) con gesso, e dal Muschelkalk con
conchiglie ad esso proprie, perchè la proposta classificazione
non si debba mantenere.
Tutti i combustibili fossili attualmente escavati in molti
punti, fra l'Adige e la Piave, appartengono alla Lignite, me-
no quelli di alcuni luoghi del Tirolo meridionale, che il Cu-
rioni ha riferito alla Stipite^ e che si trovano rinchiusi nella
calcarea Giurassica ,
57
Alle Ligniti pertanto si debbono rivolgere le ricerche,
perchè sono desse abbondanti nei terreni terziarj , e talvolta di
COSI buona qualità, da supplire per parecchi usi al Litantrace.
I pochi lavori intrapresi nelle antiche arenarie ove si mostrano
segni di Litantrace, non sono di alcuna importanza.
A questo medesimo proposito finalmente, il Prof. Si-
smonda comunica dei cenni sommar] sulle condizioni geologi-
che del Regno Sardo, in rapporto ai combustibili fossili, e
mette sotto gli occhi della Sezione la sua Carta geologica di
quel Regno, condotta quasi a termine, perchè si possano se-
guire sopra di essa le date indicazioni. Dall'esame pertanto
della nominata carta, e dalle spiegazioni del Professore risulta,
che la pili antica formazione riconoscibile nel Piemonte sia il
Lias^ adagiato sopra le rocce cristalline, prodotte sovente dalla
metamorfosi di rocce più antiche, che adesso più non si potreb-
bero riconoscere. Vi mancherebbero le altre formazioni inter-
medie, e quella specialmente del Litantrace. Sembra dunque
che non vi sia fondata speranza di trovare neppure nel Pie-
monte questo tanto desiderato combustibile, e che là pure le
ricerche si debbano rivolgere alle Ligniti dei terreni terziarj,
che abbondano specialmente nella Savoja, ed all'Antracite, che
è poco abbondante nel Lias propriamente detto, ma assai più
in alcuni strati ad esso superiori, i quali il Prof. Sismonda
riferisce all' 0<r/br<i day.
Quest'adunanza fu onorata dalla presenza di S. A. L e R.
il Granduca.
U, Segretario della Sezione — LODOVICO PASINI,
th Presidente - PROF. ANGELO SISMOISDJ.
ss
TENUTA IL DI 7 OTTOBRE 1839
Il Segretario legge il processo verbale dell' adunanza prece-
dente, che viene dalla Sezione approvato.
Il Prof. Giuli chiede la parola per far conoscere, a propo-
sito dei combustibili fossili della Toscana, di avere già sottopo-
sto alla distillazione, secondo i noti metodi, i combustibili fos-
sili di questo paese, tolti da sedici differenti località, collo
scopo di ottenerne, per mezzo della distillazione, i sali nitrici
e specialmente il Nitrato di Naftalina, prodotto che caratterizza
il Litantrace, e non si ottiene dalle Ligniti. Al Prof. Giuli non
è riuscito di avere alcuna traccia di Naftalina, ed in conse-
guenza ritiene che tutti i combustibili fossili che egli assoggettò
a questa sorta di analisi, siano da riferirsi alla Lignite.
Il Dott. Scortegagna legge una memoria sopra la for-
mazione calcarea del Morite Bolca nel Veronese, e sopra gl'It-
tioliti che essa contiene. Rammemora come questa formazione
appartenga al terreno terziario, e gli strati vi siano inclinati
da 50 a 35 gradi, effetto probabile di un sollevamento operato
dalle Rocce ignee, delle quali parecchie masse si osservano nelle
vicinanze. Fra i varj Ittioliti del Monte Bolca, il Dott. Scorte-
gagna prende a considerare uno scheletro di pesce , di cui pre-
senta la figura e la descrizione. Aggiunge alcune idee sulle
cause probabili per cui alcuni pesci sono ben conservati, ed
altri invece mutilati e mancanti di molte parti .
59
Il Dott. Attilio Zuccagni Orlandini legge una nota geo-
grafico-geologica, contenente alcune sue osservazioni sul punto
di distacco dell'Apennino dalle Alpi. Riferite le opinioni di
parecchi Autori, sulla origine della denominazione Apennino^
e quelle ancora assai contradittorie dei Geografi sul vero punto
in cui si possa credere che abbia principio la catena apennina,
egli dall'esame si della configurazione geografica dei monti,
che della loro natura mineralogica, è condotto a collocare il
vero punto di distacco degli x\pennini dalle Alpi, in que' monti
che si alzano fra la Bormida ed il Tanaro, I Graniti ed i Cal-
carei della valle del Tanaro non proseguono nelle contigue
montagne poste verso levante^ il suolo dei monti che cingono
quella valle è del tutto diverso da quello delle due rive della
Bormida^ ed in vicinanza di Ceva discopresi manifestamente
un sensibilissimo distacco negli alti gioghi della gran catena.
Le Rocce analoghe a quelle delle ultime sommità alpine ricom-
pariscono soltanto nel Golfo della Spezia^ e nelle Alpi Apuane,
Laonde, secondo lopinione di questo Geografo, il Monte Cinco
sarebbe la prima cima dell' Apennino: dalle sue pendici volte
a mezzogiorno scende il torrente Pra^ che bagna le mura di
Finale. Per testimonianza poi di Flavio Vopisco, fin là si esten-
devano ^ Inganni y abitatori dell'estremo lembo delle Alpi
marittime: cosi che questa opinione dello Zuccagni si trove-
rebbe d'accordo con un documento dell'antica storia.
Il Se2:retario leo:£:e una memoria che Girolamo Guidoni
di Massa mandò alla Sezione, dolente di non poter intervenire
personalmente al Consesso. Questa memoria tratta della Geo-
logia generale delle Alpi Apuane^ e delle miniere metalliche
del Vicariato di Pietrasanta. Egli rammemora i diversi studi
intrapresi più volte su quelle montagne dal Prof. Savi, dal Dela-
bèche, dal Prof. Hoffmann e da lui medesimo, e fa vedere
come non appartengano al sistema dell' Apennino, ma a
quello che il Prof. Savi indicò sotto il nome di Sistema metal-
60
lifero della Toscana. Essendo stati riattivati o volendosi ora
riattivare in quelle montagne parecchi scavi minerali, l'Autore
manifesta il desiderio, che pel buon successo di queste imprese
vi siano impiegati tutti i capitali necessarj, e i lavori siano
affidati alla direzione di persone intelligenti, ed atte ad avvan-
taggiarsi di tutti quei lumi che può somministrare la scienza.
Jacopo Heywood comunica alla Sezione una sua Carta
geologica del distretto del Carbon fossile del Lancasliire meri-
dionale, e vi aggiunge alcune verbali spiegazioni. Colà un
vasto deposito di Carbon fossile, o Litantrace, copre più di
quattrocento miglia quadrate di superficie: è circoscritto nella
parte settentrionale da monti composti di un'Arenaria a grossi
grani ( Gritstone ) , e nella parte meridionale dall' Arenaria
rossa (^Redsandstone') . Gli strati del Carbon fossile del Lan-
casliire furono in varie guise dislocati: le principali linee di
dislocamento corrono verso il N. N. O. e conservano fra loro
un parallelismo singolare.
Vito Procaccini Ricci di Sinioraorlia comunica alla Sezione
una serie interessantissima di disegni di Filliti, ed altri resti
organici, trovati nelle Gessaje di Santangelo e di San Gaudenzio
presso Sinigaglia. Il Procaccini pubblicò già per lo passato
qualche parziale illustrazione di questi oggetti, e continuando
le ricerche, potè sempre più accrescere la sua raccolta, e pre-
parare i materiali di un vasto lavoro, il quale sarebbe utile per
la scienza geologica, che fosse condotto a fine. I disegni ora
presentati comprendono un migliajo circa di oggetti, dei quali
novecento almeno sono di Filliti. La raccolta poi del Procac-
cini è di circa ottomila pezzi. Tra le Filliti ed altri resti vege-
tabili, si distinguono con precisione le foglie di Ginko, di Acero,
di Quercia, di Salcio, di Pruno, e le frutta di alcune specie,
come Samare d'Acero e legumi di Citiso. Vi sono alcuni pic-
coli Pesci di acqua dolce. Rane, ossa e penne di Uccelli, ed
Insetti neurotteri ed ortotteri, come Nepe, Cimici, ali di Li*
01
bellule, e d'Ascalafì. Il Procaccini dà alcuni schiarimenti sulla'
giacitura di questi resti fossili, che si trovano non solo nelle
due colline summenzionate , ma anche lungo una zona dello
stesso terreno di Marna e Gesso, che si estende da quel lato al
piede dell' Apennino. Nelle IVIarne alle quali sta subordinato
il Gesso, è abbondantissimo lo Zolfo. Le impronte sono sempre
meglio conservate nelle Marne che nel Gesso. Non vi ha dub-
bio che questi depositi non siano da ascriversi al terreno ter-
ziario medio.
Il Prof Sismonda osserva che nel Piemonte si trova questo
medesimo terreno di Marna e Gesso, con impronte di piante
ed altri corpi organici, a Stradella^ Guarene^ Piobesi^ Mon-
cucco, Lamorra, il qual terreno secondo le ricerche finora da
lui istituite, gli sembra appartenere al terreno terziario medio.
Anche il Prof. Savi fa osservare che le impronte organiche del
Sinigagliese sono affatto simili a quelle che si trovano in To-
scana nel terreno terziario medio con Lignite, del Volterrano
e del Massetano.
Il Segretario della Sezione —LODOVICO PASiyi.
Il Presidente - PROF. ANGELO SISMONDA .
TENUTA IL dì 9 OTTOBRE 1859
j|l Segretario legge il processo verbale della precedente adu-
nanza, che viene approvato. Ma a proposito della memoria del
Guidoni letta in quell' adunanza sulle Alpi Apuane^ e sulle
62
miniere metalliche del Vicariato di Pietrasanta^ T Ingegnere
delle miniere Baldracco chiede la parola e dichiara, che a lui
sembra non fondato 1' asserto del Guidoni, cioè che per difetto
di sufficienti cognizioni i lavori della miniera di Piombo ar-
gentifero del Bottino^ nel Vicariato di Pietrasanta, non abbiano
ancora potuto prosperare j e pure non fondata sia la taccia
d'inerzia da esso data all'industria nazionale nella coltura delle
miniere. Il Guidoni dovea fare qualche cenno di una memoria
del detto Baldracco intorno la miniera del Bottino^ stampata
nel 1855, dalla Compagnia Mineralogica che la coltiva. In
quella memoria sono indicati i difetti che potevano presentare
i lavori preliminari, e vi è suggerito un piano di coltivazione,
tuttora seguito con alacrità. In quanto alla taccia che l'indu-
stria metallurgica sia poco attiva, il detto Ingegnere fa riflet-
tere, che anzi in Toscana ove si ravvisarono tracce di antiche
escavazioni , o indizj di sostanze metalliche, furono da intelli-
genti speculatori impresi molti lavori, e che nel breve giro
di pochi anni si fondarono le Compagnie Carbon fossile ^
quella Mineralogica d' industria minerale^ e quella di Porte^
ed altre più recenti per l'attivazione della cava di Lignite di
Caniparola^ delle miniere di Piombo argentifero del Bottino^
di Val di Castello^ di Montieri e di Campiglia^ e di quelle
di Rame di Monte-Catini ^ M. Castello^ di Rocca Tederighi^
di M. VasOy e di Massa marittima. Egli può far testimonianza
dell'attività metallurgica ora spiegatasi, anche per le varie in-
combenze avute da molte di quelle Compagnie, per le quali
stese parecchi Rapporti, ed uno specialmente intorno alle Mi-
niere della Toscana inferiore 5. contenuto in un manoscritto
rassegnato nel 1857, alla Compagnia Porte, ed a quella d'//2-
dustria minerale.
Il Prof. Cav. Gaspero Mazzi legge una breve notizia su i
terreni terziarj del bacino delVOmbrone, e mette sotto gli oc-
chi della Sezione i saggi delle Rocce e dei fossili ivi raccolti.
65
Siccome fra alcuni membri insorge una questione sulla classi-
ficazione geologica di questi terreni, il Prof. INIazzi si offre di
presentare in altra adunanza nuovi saggi di rocce e di fossili,
che valgano a rischiarare la questione : ed egli medesimo si
propone di fare in quel giorno nuove comunicazioni.
Il Conte Niccolò Da Rio legge una memoria intitolata
Monografia orittologica del Monte Venda, E questo monte
la cima più alta e centrale degli Euganei,, ed il Conte Da Rio
ne porge una dettagliata descrizione topografica, ed accenna le
principali varietà di Trachite, della qual roccia è quel monte
quasi intieramente composto. Il Calcare si trova qua e là a
fianco della Trachite, e l'Autore si mostra inclinato ad am-
mettere l'emersione della Trachite dopo che il Calcare era
stato formato. Gli sembra nulladimeno che i dirupi ed i ci-
glioni verticali o inclinatissimi di Trachite, che si scorgono
qua e là negli Euganei^ e de' quali egli presenta due vedute,
altro non siano che masse trachitiche un tempo più profonde,
e sollevate di poi all'altezza attuale dalla forza dei fuochi
interni .
Il Segretario Pasini non reputa ammissibile questa opi-
nione, ed osserva prima di tutto che negli Euganei la Trachite
si sollevò, tanto nel Calcare cretaceo {^Scaglia^ quanto nel
sovrapposto terreno terziario (formato di marna, tufo, e cal-
care a Xummuliti), ed in questi stessi terreni s'iniettò in fi-
loni. Le muraglie o scogliere trachitiche degli Euganei sono
grandi filoni di questa roccia , incassati nei terreni di sedi-
mento e talvolta nei conglomerati trachitici, e la loro forma
singolare proviene dall'essere restati essi isolati, dopo lo sfal-
damento e la distruzione della roccia che li racchiudeva. Que-
sto sfaldamento progredisce ancora ai piedi di alcune fra queste
scogliere trachitiche, e si può osservare al Monte delle Forche
ed a Bajanionte,
Il Prof. Paolo Savi, dal modo con cui alcune Rocce analo-
64
ghe sì comportarono nella Toscana, ammette egli pure che U
Trachite Euganea sia da reputarsi posteriore alla deposizione
dei terreni terziarj , avendo osservato a Monte Catini e ad Or-
ciatico nel Volterrano, che le argille terziarie contenenti fos-
sili sono state sollevate ed aUerate dalla Trachite, non restando
delle conchiglie altro che le forme vuote, o riempite da Calce
carhonata fetida.
Il Conte Domenico Paoli legge una7Yo^« sul sollevamento
ed avvallamento dei terreni^ nella quale alle tante illustrazioni
da lui già puhhlicate su questo importante argomento , ag-
giunge nuovi fatti concernenti la maggior parte d' Italia , e
quello particolarmente dell'avere egli osservato presso Fano
un fondo marino riferibile ad epoche storiche, il quale trovasi
ora elevato metri 7, 53 sopra il livello del mare. Così vedonsi
al Capo Circeo ed al Promontorio di Gaeta i fori dei Mitili a
considerabili altezze ec.^ dalle quali cose tutte, come da altri
fatti geologici, si può credere ora dimostrato che i solleva-
menti ed avvallamenti della scorza terrestre, non solo siano
accaduti su grandi proporzioni al formarsi delle catene di mon-
tagne, ma continuino tuttora sur una scala minore, e facciano
in molti luoghi variare il livello respettivo delle spiagge e
del mare .
Il Prof. Savi cita a questo stesso proposito un'osservazione
che egli fece presso Ansedonia al Promontorio Argentaro . Ivi
per un certo tratto gli scogli calcarei forati dai Mitili si tro-
vano presentemente a un metro circa di altezza sopra il mas-
simo livello a cui giunge la marea . Sopra questi scogli calcarei
era fondata la città etrusca di Cosa: in altri punti non molto
distanti di questa stessa spiaggia , vi sono chiarissimi indizi
di abbassamento del suolo, avvenuto dopo i tempi storici.
Il Conte Paoli manifesta l'opinione che nelle Maremme
Pontine^ alcuni tratti del suolo siano, fino dagli antichi tempi,
in lento ma progressivo stato di abbassanjento ,
65
Emanuelle Repetti fa dono ai membri della Sezione degli
articoli Livorno^ e Grosseto^ estratti dal Dizionario geografico
fisico storico della Toscana^ che egli sta pubblicando, e trae
motivo dalla Nota precedente del Conte Paoli , per proporre
alcuni quesiti, il cui scioglimento sarebbe interessante per la
storia fisica della terra. Riguardano questi quesiti gl'interra-
menti causati dai fiumi, dalle maree, e tutti gli altri varj acci-
denti che possono produrre qualche variazione nel livello o
nella forma delle spiagge e del mare. Un'esatta e progressiva
osservazione, descrizione, e misurazione di queste variazioni
fatte con segnali ben collocati intorno a tutti i littorali , è
quanto il Repetti raccomanda ai Geologi ed ai Fisici. Altri
quesiti riguardano particolarmente il suolo Pisano , e sono i se-
guenti .
1." Qual fosse il livello del suolo in Pisa ai tempi in cui
la bocca dell'Arno, per asserto di Strabone, non era più che
due miglia toscane lungi dalla stessa città^ o quando almeno
fu edificato sotto gli Antonini il Tempio Pagano, di cui re-
stano in posto le parti superiori di due colonne con i capitelli,
alla parete esterna della chiesa di San Felice, lungo la strada
che porta alla piazza dei Cavalieri.
2." Quale rialzamento sia accaduto, ed in qual propor-
zione dell'alveo dell'Arno, dentro la città di Pisa, dalle preac-
cennate due epoche fino ad oggi .
5.° Quali indagini si potrebbero istituire col concorso
del Governo per rintracciare, senza equivoco, l'andamento an-
tico del Serchio, fra Ripaf ratta e Pisa, fino a che confluì costà
nel fiume Arno.
4.° A qual epoca precisa, e per opera di chi fosse aperto
al fiume Serchio nella sezione pisana un alveo suo proprio per
isboccare direttamente nel mare , ed a qual epoca cessò di
mantenersi in quello stato per condursi, con un nuovo cam-
mino, nell'alveo che tuttora conserva fra Viareggio e Pisa .
9
66
Il Presidente raccomanda ai Geologi ed ai Fisici lo studio
di tutti questi quesiti.
Il Prof. Giuseppe Balsamo Crivelli di Milano manda in
dono alla Sezione parecchi esemplari della sua Descrizione di
un nuovo Rettile fossile, della famiglia dei Paleosauri^ e di due
Pesci trovati nel Calcare nero, sopra V arenila sul La^o di
Como. Questi interessanti fossili furono scoperti dal Nobile
Lodovico Trotti di Milano, nella Val d'Esino^ sopra Varenna.
Il Prof. Balsamo accompagna la sua memoria colla figura del
Paleosauro ^ che egli reputa di un genere nuovo , affine al
Plesiosauro. Tanto per l'esistenza di questo singolare rettile,
che dei due Pesci, il Calcare nero di Varenna sembra al Prof.
Balsamo che debba essere riferito al gruppo Oolitico, come al
gruppo Oolitico ed al Lias in particolare egli crede di dover
riferire, d'accordo in ciò col Collegno, quel conglomerato rosso
che sul Lago di Como è sottoposto a questo Calcare.
Il Presidente determina che una Commissione composta
dei Professori Nesti, Paolo Savi, Mazzi, Conte Da Rio, e Barel-
li, oltre il Presidente ed il Segretario, si occupi del progetto
di una nomenclatura geologico-mineralogica italiana, e stabi-
lisca, avanti il termine dell'adunanze, le norme secondo le
quali dev'esser condotto questo lavoro.
Si fissa il giorno 15 Ottobre per la gita geologica da
farsi al Monte Pisano, sotto la direzione del Prof. Savi, alla
quale potranno prender parte tutti i membri della Sezione, e
gli studiosi che s'iscriveranno nell'apposito registro.
Il Segreiario della Sezione — LODOVICO PASINI.
Il Presidente - PROF. ASGELO SISMOISDJ.
67
TESCTA IL DI 10 OTTOBRE 1839
Mi Segretario legge il processo verbale della precedente adu-
nanza, che resta approvato.
Il Prof. Paolo Savi comunica una Notizia sopra una so-
stanza combustibile fossile, trovata a Monte Vaso in Toscana,
nel mezzo della Lignite . Egli la reputa una nuova specie di
minerale , e propone di chiamarla Branchite in onore del Dott.
Giuseppe Branchi , Professore di Chimica in Pisa , che ne fece
a sua inchiesta l'analisi. È una sostanza ialina, trasparentissi-
ma, graffiabile coli' unghie, di frattura scabra, e di aspetto e
tatto untuoso, di nessuno odore e nessun sapore, fusibile dai
60 a 6o gradi di Reaum. Dopo la fusione e l'ebullizione di-
viene di color giallo, ed è più fusibile . È volatile ed infiamma-
bile senza residuo, mandando un fumo ed un leggero odore.
È elettrica per sofFregamento^ il suo peso specifico eguaglia
quasi quello dell'acqua. L solubile nell'alcool a freddo ed a
caldo, e sciolta in questo liquido cristallizza, per raffredda-
mento, in lunghe e sottilissime lamine. E solubile anche negli
olj fissi e negli olj volatili. Il solo cristallo ben espresso di
questa sostanza che siasi finora trovato, è un prisma romboi-
dale , modificato sugli spigoli .
Le sostanze che hanno qualche analogia con il combu-
stibile ora scoperto dal Prof. Savi, sarebbero la Sclieirerite di
Stromeyer e la Cera di mare del Thompson, ma la prima si
fonde ad una piii bassa temperatura, cioè a 36", ed a differenza
68
del nuovo combustibile ha un odore empireumatico, e cristal-
lizza per raffreddamento dopo la fusione^ e la Cera di mare
del Thompson, essendo stata trovata in altra giacitura, si può
credere che sia diversa: oltre a che non è molto conosciuta mi-
neralogicamente. Per tutte queste ragioni il Prof. Savi crede
di dover dare un nome nuovo e scientifico alla sostanza or ora
ritrovata in Toscana .
La Sezione osserva alcuni saggi di questo minerale, il
quale si trova in piccole vene nella Lignite, e vi sta insieme
colla Calcedonia e colle Piriti di ferro. Si fanno poi alcuni
esperimenti sulla sua fusibilità, volatilità ec. Il Prof. Domnan-
dos che ebbe occasione di studiare la Cera fossile della Mol-
davia, colla quale si fanno anche delle candele, assicura che
la nuova sostanza scoperta dal Prof. Savi non ha alcuna
somiglianza colla detta cera fossile, e n'è certamente ben
diversa.
Il Dott. Zuccagni Orlandini legge una Nota sopra alcuni
combustibili ed altri minerali della valle del Taro, e mette
sotto gli occhi della Sezione alcuni saggi di queste sostanze .
Comincia col dare una descrizione geografica dei monti ove ha
principio la valle del Taro, e dai quali scende la Val di Magra
neir opposta pendice dell'Apennino . Poco al disotto di Borgo-
taroy capoluogo di quella valle , vedesi discendere nel Taro
dalle pendici meridionali del 3Ionte Borgallo, il torrente Ta-
rodiiiey il quale in faccia alla sua foce, imbocca nell' opposta
sinistra riva un fiumicello di minor corso, chiamato il Canale
di Vona, Questo rio prende origine presso le cime del Cajfa-
reccioj uno dei monti che s'interpongono tra le valli del Ce/io
e del Taro: la vallicella che esso traversa ed irriga , ha circa
quattro miglia quadrate di superficie, ed ivi appunto si sco-
persero, cinque anni fa, le tracce di un combustibile fossile,
sul quale si fecero alcuni esperimenti , per riconoscere se
fosse vantaggioso d' intraprenderne l' escavazione . Varie fu-
69
rono le opinioni emesse su questa sostanza, che alcuni hanno
creduto di poter riportare al Litantrace, riferendo gli strati
di arenaria e di argilla schistosa ove sta racchiusa, alla vera
formazione carbonifera . Il Dott. Zuccagni resta incerto a qual
partito debba appigliarsi, e perciò sottopone all'esame della
Sezione i saggi del combustibile, e le Rocce di quella loca-
lità. Rammenta nel tempo stesso che presso l'arenaria rac-
chiudente il combustibile, si trova uno schisto bituminoso, e
non molto lungi da questo vi sono degli indìzi di Petroleo.
Il Prof. Savi chiede la parola, e fa osservare che in una
precedente adunanza, e prima ancora in alcune sue memorie
già stampate, egli aveva indicato trovarsi qua e là nell'arena-
ria degli Apennini, chiamata Maci^no^ alcune tracce di Sti-
pite ^ combustibile di buona qualità, del quale peraltro non si
è trovato finora nìun rilevante deposito, ma soltanto dei leg-
geri indizi. L'esame dei saggi recati dal Dott. Zuccagni, fa
riconoscere come il combustibile della Val di Taro sia ap-
punto una Stipite, similissima a quella trovata nella Tosca-
na, e le Rocce concomitanti siano quelle stesse arenarie, che
sogliono formare in tutto l'Apennino il terreno del Macigno.
Non vi sarebbe adunque neppure nella Val di Taro la for-
mazione del Carbon fossile, come piacque a taluno di credere.
In tutto ciò che fu detto su quella valle, il Prof. Savi non sa
vedere alcun fatto che differisca da quanto egli espose sulla
costituzione geologica degli Apennini toscani, relativamente
ai combustibili fossili, e si rimette perciò alle sue precedenti
dichiarazioni .
L'Ingegnere delle Miniere Baldracco legge una sua me-
moria intitolata Nozioni intorno a parecchi filoni auriferi^ di
recente scoperti negli Apennini liguri. Egli pervenne al ritro-
vamento di questi filoni dall' aver preso ad esaminare alcuni
terreni di alluvione, più o meno auriferi della valle del Co?^-
sente nella Provincia di Novi, dove da tempi assai remoti so-
70
gliono i villici ottenere, colle lavature, de' granellini e delle
pagliuole d'oro. La Valle del Corsente, dalla sua origine
presso la gola della Bocchetta fino al Lago delle Tine^ è
ovunque scavata fra un terreno ofioliticoj ma da questo punto
fino al Torrente Piota scorre in gran parte attraverso un
conglomerato, composto di ciottoli e massi di Serpentina, di
Amfibolite, di Eufotide, di Clorite, e di schisti micacei e talcosi,
il quale forma la base dei vicini terreni terziarj . Questo con-
glomerato stendesi inoltre, per qualche chilometro, sulle spon-
de della Piota^ ed è poi seguito da una Marna ceruleo-bianca-
stra, che vi è addossata, con una leggera inclinazione al N. O.
Il tratto , nel letto del Corsente e della Piota^ in cui tro-
vansi principalmente le sabbie aurifere, corre dal Lago delle
Tìne al sito detto le Rocche, e vien giudicato dal medesimo
Ingegnere di 5000 metri circa di estensione. In molti punti di
questo tratto egli fece eseguire delle lavature, e potè convin-
cersi che dappertutto questo sedimento offre delle pagliuzze e
granellini d'oro.
I monti che si trovano fra la Valle del Corsente e quella
di Stura sono frequentemente ricoperti da un terreno diluviale
assai favorevole all'agricoltura, il quale si stende sopra mon-
tagne di Ofiolite, e contiene sovente frantumi di questa roccia.
D'ordinario la sua grossezza non sorpassa un metro. Non è
desso generalmente aurifero, che anzi talvolta per molte e
molte miglia non dà traccia d'oro di sorta alcuna, ma non è
così quando si esplorano le sue masse addossate al fianco si-
nistro della Valle del Corsente, o nei valloni che da quel lato
sono con essa in comunicazione. In que' luoghi l'Ingegnere
Baldracco trovò varj tratti di terreno diluviale aurifero , cioè
nel Vallone di Cella, a Penellaja, nel Vallone della Tana,
alla Fossa di Cucco, ai Diacci, a Moglia-Ferrajo ec. Anche
il terreno vegetabile della Valle del Corsente nei siti ove si
allarga alquanto , offre qualche traccia d'oro come quello delle
71
campagne laterali alla Piota, dopo la sua unione col Corsente,
Ogni indizio di questo metallo scomparisce più oltre avanzan-
dosi fra i colli terziarj , ove il terreno alluviale è composto di
altri materiali .
Osservando che l'oro delle alluvioni della Valle del Cor-
sente va accompagnato non solo dall'arena ferrifera, ma da
ciottoletti di Quarzo più o meno ocraceo, il Baldracco si mise
alla ricerca dei filoni auriferi nelle masse serpentinose poste in
vicinanza dei sopraddetti depositi alluviali auriferi . Trovò per-
tanto nel Vallone di Cella, a Penellaja, nel Vallone della
Breccia, al Colle del Corno, ai Diacci ec. dei filoni di Quarzo
cellulare ocraceo che ridotto in polvere somministrò del ferro
ossidulato, e qualche granellino d'oro. A Penellaja osservò
ancora molti filoni di Ossidrato di ferro selcioso, da cui ot-
tenne dei granellini d'oro, e nel Vallone della Tana uno smi-
surato filone di più di 40 metri di grossezza composto di Clo-
rite, di Quarzo ocraceo , d' Ossidrato di ferro, e di altre so-
stanze minerali che alternano insieme fra loro parecchie volte.
L'Ossidrato di ferro selcioso forma una considerevole parte di
questo filone, ed è probabile che contenga dell'oro, quantun-
que non sia stato ancora saggiato colle lavature: ma se ne tro-
varono indizi in un grande ammasso di rocce affatto consi-
mili, che sta in mezzo all'Ofiolite presso Moglia-Fen^ajo, e
che sembra riunirsi, o essere una dipendenza del gran filone
della Tana .
Tutti questi filoni che talvolta contengono de' piccoli fram-
menti di Ofiolite, sembrano appartenere ad un solo sistema, e
sarebbero stati formati dopo il consolidamento delle masse
ofiolitiche, da una medesima causa che avrebbe agito presso
a poco nella direzione del S. S. E. al N. N. O., attraverso la
catena dell'Apennino, in montagne tutte coperte di Ofiolite , e
secondo una linea che partirebbe dal villaggio di Casaleggio,
presso i colli subapennini , per giungere a Sestri di Ponente,
in riva al mare .
72
Il Baldracco opina che la comparsa di questi filoni sia
stata contemporanea al sollevamento delle Alpi occidentali, e
che taluni di essi potrebbero essere lavorati con vantaggio.
Il Prof. Domnandos fa vedere le Rocce principali deW Iso-
la dì Santorìiiiy sulla quale ha letto una memoria nell' Adu-
nanza generale degli 8 Ottobre. Egli visitò quest'isola nella
passata estate, in compagnia del Cons. Russegger, ed ebbe a
convincersi che è dessa un vero Cratere di sollevamento, se-
condo la teoria dei De Buch e Beaumont. La descrizione che
egli ne porge non differisce gran fatto da quella pubblicata
dai Geologi francesi della Spedizione della Morea, ma le con-
clusioni a cui egli viene condotto son ben diverse. Si vede a
primo aspetto che Santoriniy Aspronisi e Therasia formavano
un tempo una stessa massa, e che la loro separazione non fu
che la conseguenza necessaria di un unico sollevamento. La
superficie sollevata si è squarciata in diverse direzioni, e le
vestigia di questo squarciamento sono gl'ingressi attuali del
Golfo, come pure varie fessure del cratere, posteriormente
otturate.
Quando lo spettatore si trova in mezzo del vasto cratere,
il suo sguardo non incontra da ogni parte che enormi dirupi
tormentati in variatissimi modi , talvolta inclinati più di 60
gradi , e spesso verticali: ma giunto alla vetta, egli scorge con
sorpresa davanti a se un piano appena declive, che si stende
verso il mare, e eh' è tutto coperto di vigne di prosperosa vege-
tazione. Questo piano, insensibilmente inclinato verso oriente,
resta solo interrotto tutto ad un tratto dal calcare del Monte
di S, Elia .
Nel porto dell'Isola, malgrado gli scoscendimenti che
sembrano essere di sovente accaduti , si può dire che non esiste
alcuna Scala, e che le Rocce s'immergono tutto ad un tratto
nel mare: questo è poi ivi talmente profondo, che i vascelli
non vi possono gettar l'ancora, e lo scandaglio trova a pochi
75
metri dalla terra 60 ad 80 braccia, e un po' più lontano fino
a 200 e 300 braccia . Questa circostanza prova che le pareti del
cratere si sprofondano sotto il mare , pii^i assai che non si er-
gano sopra di esso , ciò che non accaderebbe al certo , se il
corpo dell'isola fosse Topera di successive eruzioni.
La Trachite sotto tutti i suoi vari aspetti , sempre più o
meno alterata, e giammai nel suo stato normale, è la roccia
che compone Therasia^ Aspronisi e Santorini^ eccetto la parte
S. E. di quest'ultima isola da Pyrgos sino ad Emporion^ che è
tutta composta di Calcare granulare, roccia comune a diverse
altre isole, e luoghi della Grecia. Lo stesso calcare apparisce di
nuovo all'Est dell'isola nel luogo chiamato Monolithos ,
Il Prof. Domnandos mostra in seguito le multiformi alte-
razioni sofferte dalla Trachite, e fa conoscere l'ultimo strato
superiore di conglomerato bianco, che costituisce con ammi-
rabile uniformità il suolo delle tre isole, ed ha alcune volte
una grossezza di più di 50 metri. Xella stratificazione delle
varie materie incoerenti che lo compongono ebbe parte, a suo
credere, l'acqua del mare.
L' esame della massa calcarea del M. di S. Elia fa sup-
porre, che il sollevamento e l'inclinazione de' suoi strati, e le
sue alterazioni al contatto delle Pomici, siano accadute al for-
marsi del cratere di sollevamento. Sarebbe altrimenti difficile
il rendere ragione delle moltiplici, e curiose apparenze che
offre la massa calcarea.
Le tre isole Seokameni^ Microkameni^ e Paleoh ameni ^
situate verso il centro del Golfo, sono composte di masse tra-
chitiche nere, di Ossidiana e di scorie sollevate a diverse epo-
che, e che svelano il vero punto ove la natura rinnova i suoi
tentativi per istabilirvi un cratere di eruzione: ma finora non
vi riuscì^ vi si vede bensì un' apertura a Microkameni, e quattro
altre più piccole a Neokameni^ da nessuna però di queste sem-
bra che siano state vomitate delle correnti, ma che siano sol-
10
74
tanto usciti dei gas e delle materie incoerenti. Tutte le Rocce
che vi si vedono nel più gran disordine, devono la loro appa-
rizione alla sola forza del sollevamento, come prova la storia
dei recenti fenomeni di quest'isola: nessuno mai ha fatto parola
di correnti, delle quali si sarebbero d'altronde riscontrate le
vestigia.
Cotest' isole pertanto sono emerse tutte fatte, s'è lecito di
così esprimersi, dopo forti scotimenti accompagnati da fiamme,
da ejezioni incoerenti e da tutto ciò che precede le eruzioni
dei vulcani attuali. iNon è dunque che ai fenomeni precursori
di vere eruzioni^ che quest'isole debbono la loro emersione.
Un'altra prova se ne ha dal vedere che di tempo in tempo de-
gli scogli nuovi vanno comparendo, e sì uniscono ai primi
per una specie di apposizione.
Ancor oggi si veggono tra Neokameni e Mìcrokameni
delle emanazioni gazose sorgere di continuo dal mare sotto
forma di piccole bolle ^ gli abitanti hanno assicurato il Prof-
Domnandos, che uno scoglio s'innalza insensibilmente fra
Neokameni ed il porto di Santorini^ ciò che confermano pure
gli scandagli fatti dall'Ammiraglio Lalande e dal Colonnello
Bory de Saint- Vincent. Ecco dunque che la natura produce
sempre gli stessi fenomeni, benché con minore intensità.
Non resta pertanto al Prof. Domnandos dubbio alcuno che
Y Isola di Saiitorìni non sia, come hanno detto il De Buch e
De Beaumont, un vero cratere di sollevamento. Le Rocce di
questa classica località sono mano a mano esaminate dai
membri , e lasciate poi in dono dal Prof. Domnandos al IMuseo
di Pisa.
Il Segretario della Sezione — LODOVICO PASINI,
Il Pkesidente - PROF. AGGELO SISMONDA .
IL 2) ir lì asta li. ©iS'tn
TENUTA IL DI 11 OTTOBRE 1839
Si legge il processo verbale dell'adunanza precedente, che
resta approvato, ma a proposito della nuova sostanza combu-
stibile trovata a Monte Vaso dal Prof. Savi, e che egli ha pro-
posto di chiamare Branchite^ il Prof. Xesti fa osservare, che si
trovano nel Museo mineralogico di Firenze, da lui preseduto,
alcuni saggi di Sclieirerite^ e che questo minerale differisce
senz' alcun dubbio dalla nuova sostanza trovata ora in Toscana.
Il Segretario legge una memoria del Geologo Leopoldo
Pilla di Napoli, che serve d'illustrazione a due spaccati geolo-
gici degli Apennini, presi nelle due estremità settentrionale e
meridionale del Regno di Napoli. In una Carta topografica del
detto Regno sono, per maggior chiarezza, indicate con colori
le linee seguite dagli spaccati.
Lo spaccato settentrionale va dalla foce del Gariglìano a
quella del Iconio per una linea tortuosa, che passa per Vena-
fro, Castellone,, Castel di Sangro^ il Piano di cinque miglia^ il
Lago FucinOy Aquila^ il jSl. Corno^ il Pizzo di Sivo^ Tottea^ ed
il Monte delV Ascensione , Secondo Pilla l'asse ed il corpo prin-
cipale dell' Apennino è formato lungo questa linea di Calcare
giurassico, ossia di un Calcare compatto bianchiccio, che mol-
to assomiglia a quello del Giura, e fu da molti Geologi riferito
a questa formazione. Si credeva in generale che fossero assai
rari e scarsi i fossili in esso racchiusi, ma al Pilla è riuscito di
76
ritrovarvene di parecchi generi, che però si staccano dalla roc-
cia con difficoltà. Questo calcare non ha strati marnosi o argil-
losi subordinati, e però è difficile il distinguere i suoi differenti
banchi, e solo spera il Pilla di riuscirvi in seguito collo studio
dei petrefatti. In alcuni luoghi vi sono stati scoperti rari Am-
moniti ( nel Gran Sasso negli Abruzzi, Monte Gaj-gano nelle
Puglie)^ in altri trovò molte specie di Nerinee (cinque alme-
no), alcune Volute e qualche Turritella: le prime e le seconde
abbondano talmente in qualche luogo che la roccia ne è impa-
stata^ con questi fossili vi sono ancora degli Ippuriti (^Monte
Cassino^ Monte di Caserta^ Rupe di Gaeta in Terra di Lavoro):
in altri luoghi questo Calcare somiglia alla creta indurita, e
contiene Pettini, Ostriche e Nummuliti, e forse appartiene alla
creta o almeno al terreno Giurassico superiore (vicinanze di
Cajazzo in Terra di Lavoro, di Sulmona negli Abruzzi). V'ha
de' luoghi ove contiene copiosi Ittioliti (^Pìetraroja^ Castellam-
mare^ Giffuni^. Come il terreno Giurassico alpino racchiude
vasti depositi di Dolomite ( montagne del Matese^ monte di
Castellammare ec). Suole essere ancora bituminifero , la sua
struttura è massiccia il più delle volte, e la sua stratificazione
di rado è regolare, ma sconvolta più di sovente con varie dire-
zioni ed inclinazioni degli strati. Forma montagne di gran
mole, ed arriva nel Monte Corno fino all'altezza di 8996 piedi
sopra il livello del mare.
Il terreno Giurassico è il più antico terreno di sedimento
che comparisca in quelle montagne: non si vede in alcun luogo
il terreno sul quale riposa.
All'Est del Monte Corno dal solo lato del Mare Adriatico,
succede al calcare giurassico il terreno cretaceo, che fa parte
del Gres apenninico o carpatico, ed appartiene perciò al terreno
cretaceo della zona mediterranea . Esso consta di Macigno e di
argilla insieme alternanti e stratificati con molta regolarità:
non contiene fossili animali, ma solo qualche Fucoide, ed in
77
qualche luogo delle foglie di dicotiledoni. Racchiude ancora am-
massi di Eleantrace e di Lignite non molto abbondanti (^Abruz-
zo Ultra 1.°). Abbassandosi a mano a mano verso l'Adriatico,
il macigno scomparisce, le argille diventano predominanti, e
cosi passa insensibilmente alle argille terziarie. Forma parec-
chie alte montagne, ed è notabile che laddove questo terreno
si avvicina all' asse giurassico i suoi strati sono quasi universal-
mente orizzontali ( Pizzo di Siva^ Tottea ^^ e dal lato delle ar-
gille subapennine si mostrano in gran disordine e talvolta ver-
ticali.
Le argille subapennine formano de' bassi colli, e non sono
in alcun luogo coperte dalle sabbie: racchiudono in alcuni punti
Gesso, Bitume, e Stronziana solfata^ i fossili vi sono rari, ed
appartengono alle specie descritte dal Brocchi.
In questa parte d'Italia le argille subapennine si trovano,
come il Macigno, soltanto dal lato del IMare Adriatico, e man-
cano dalla parte del IMare Tirreno.
In una valle molto irregolare dell' Apennino giurassico,
laddove ha la sua sorgente il Volturno, si osserva un deposito
locale di J'ravertino, che al paese di Castellone ha più di 400
piedi di grossezza, e costituisce un altopiano. Havvi un simile
deposito ad Ascoli in riva al Tronto, dove forma parecchie
masse isolate che ricoprono il terreno cretaceo. La più conside-
revole è quella posta alla sommità del Monte dell' Ascensione,
che secondo l'Orsini si eleva 3678 piedi sopra il livello del ma-
re: ed un'altra pure che merita osservazione è quella posta in
cima al monte di S. Marco presso la città di Ascoli. Il Pilla
inclina a risguardare questo Travertino come un terreno ter-
ziario superiore di acqua dolce.
Il vulcano estinto di Rocca Monfina posto in mezzo a
diramazioni dell' Apennino giurassico, è un gran vulcano cen-
trale circondato da coni vulcanici parassiti. La sola metà occi-
dentale del gran cratere centrale sussiste tuttora, l'altra è stata
78
sconvolta ed abbattuta come nel Monte Somma, È fatto di lave
anfigeniche alternanti con letti di conglomerati vulcanici. Nel-
l'ombilico del cratere centrale sorge un monte conico il quale
si eleva 860 piedi sopra il piano del cratere, ed è intieramente
di Trachite terrosa in massa. Per queste ed altre apparenze il
Pilla ritiene che il cratere centrale della Rocca Monjìna sia un
cratere di sollevamento.
In molte valli poste nel cuore degli Apennini ed assai ele-
vate {Piano di cinque mi glia ^ Valle di Fucino^ deìV Aquila ec.)
si trovano depositi di Pozzolane con Anfigeno, Pirosseno ec. E
piuttosto difficile il determinare da quai luoghi quelle sostanze
vulcaniche siano derivate.
Una linea che comincia presso V Isola di Dino nel Mare
Tirreno, passa davvicino a S\ Basilio^ Castr ovili ari ^ Saracena^
Cassano^ Europoli^ e termina alla foce del Grati ne\ Mare Ionio,
è quella che divide FApennino secondario giurassico dalFApen-
nìno pili meridionale, formato di Granito-gneis. Presso questa
linea da Castrovillari fino a Lungro in Calabria Citra, si trova
un immenso deposito di Sai Gemma, del quale non si può di-
stinguere con chiarezza la giacitura. Ha d'intorno delle masse
di Fillade e dei conglomerati terziarj riferiti dal Pilla alla più
recente formazione subapennina, colla quale egli reputa legato
anche il Sai Gemma.
Lo spaccato meridionale presentato dal Pilla va dal Capo
Vaticano nel IMare Tirreno alla punta di Stilo in Calabria, e
passa per Tropea^ Nicotera^ M. Poro^ Monteleone.^ Soriano ^
Serra y M. della Colla ^ Monte di Stilo ^ e Monosterace, L'asse
centrale dell' Apennino in questa parte del Regno di Napoli,
cioè nelle Calabrie, è fatto di Granito, che passa alcune volte
allo Gneis. Queste Rocce si presentano sotto vari aspetti mine-
ralogici, vi è la Pegmatite a Tropea ^ e la Selagite con granati
al Monteleone^ ec. Lo Gneis deve prolungarsi sotto il mare fino
risole Eolie^ dove il Pilla ne trovò de' frammenti rigettati
79
dal vulcano di Stromboli, L'isolotto di Basiluzzo vicino a Pa-
naria è fritto di una roccia che ha tutte le sembianze di uno
Gneis in parte fuso e sollevato dalla forza vulcanica.
Dal punto culminante deli' Apennino granitico (^3Ionte
della Colla^ scendendo verso l' Jonio s'incontra sopra il Gra-
nito un terreno schistoso fatto di una specie di Afanite schi-
stosa di color bigiccio, che passa alla Fillade. Ad ambedue sono
subordinati grossi letti di Diorite verde tenacissima: cpiesto
terreno si distende per lungo tratto, e ad esso è sovrapposto un
calcare massiccio, non mai stratificato, di color biancastro o
bianco rossiccio, e lamelloso . -Non contiene fossili di sorta al-
cuna, e si estende lungo l' Apennino fino all'estrema punta di
Calabria. Assomigliando questo calcare a quello di Tormina
nella prossima costa della Sicilia in cui furono trovate molte
Ammoniti e Belemniti, il Pilla crede di doverlo riferire alla
formazione Giurassica.
Laddove la Fillade si congiunge col calcare è frapposto
con mirabile continuità un grosso letto di ferro idrato, che è
la più ricca miniera metallica del Napoletano, e che ha fatto
sorgere in Calabria i due grandi stabilimenti metallurgici di
Mongiana e della Ferdinandea. Sopra il calcare giurassico
summentovato si adagia un terreno cretaceo di macigno e di
argille affatto simili a cjuello dello spaccato settentrionale.
Havvi in esso qualche scarso indizio di Eleantrace, ma a
qualche distanza da questo luogo , cioè presso Gerace^ se ne
trovano alquanti strati di buona qualità, dei quali si cerca ora
d'intraprendere 1' escavazione . In cjuesto terreno di ^Macigno
trovò il Pilla due specie di conchiglie, V Ampliidesnia riibigi-
nosa e la Psainmohia Gari ^ e qualche avanzo vegetabile. In
questo ultimo luogo il terreno cretaceo poggia sul Granito e sul
Calcare giurassico, ma fu tutto sconvolto per effetto di solle-
vamento seguito dopo la sua deposizione;, e qui pure il terreno
cretaceo mostrasi solo dal lato del Mare Jonio e manca dal lato
del ]Mare Tirreno.
80
Dopo il terreno cretaceo, abbassandosi verso l' Jonlo, s'in-
contra un terreno di sabbie ed argille manifestamente terziarie.
Un medesimo terreno terziario si trova a maggiore altezza nella
vallata del Mesima^ fra Monteleone e Soriano^ dove racchiude
un gran numero di fossili subapennini. Sopra i monti di Tro-
pea si osservano a varie altezze grossi banchi di sabbia granitica
che racchiude grandissimo numero di fossili, che è affatto iden-
tica a quella che si trova in vicinanza di Reggio^ e che appar-
tiene alla formazione subapennina superiore.
E osservabile che laddove nello spaccato settentrionale il
terreno cretaceo passa insensibilmente alle argille subapennine,
nel meridionale ciò non si osserva^ le sabbie terziarie in questa
parte del regno sono sovrapposte al terreno cretaceo in giaci-
tura discordante, la quale osservazione si può fare alla Fiumara
di S. Agata y e di Valanidi presso Reggio,
Conchiude il Pilla col dire, che le osservazioni da lui fatte
nell' impennino Napoletano concordano appieno con l'opinione
d'Elie De Beaumont intorno all'epoca del sollevamento degli
Apennini in generale^ i quali al certo furono sollevati nel
periodo di tempo, che trascorse fra il deposito cretaceo ed il
terziario, e contemporaneamente ai Pirenei. Infatti il terreno
cretaceo appare dappertutto dislocato nel Regno di Napoli, ed
il terreno terziario nella sua naturale positura. Questo fatto
meglio che altrove si osserva nelle vicinanze di Reggio^ nel
qual luogo trovasi il terreno cretaceo raddrizzato, e sopra il
qual terreno è posto il terziario in giacimento discordante.
Ecco pertanto che l'epoca del sollevamento dell' Apennino,
che il De Beaumont avea dedotta principalmente dal paralle-
lismo della sua direzione con quella dei Pirenei, viene ancora
dimostrato dalla differenza delle giaciture. Potrebbe accadere
che oltre questa linea principale di sollevamento altre ancora a
questa subordinate si osservassero nell' Apennino Napoletano.
Così nella parte occidentale della provincia di Cosenza vi sono
81
alcune masse serpentinose, l'emersione delle quali avrà potuto
occasionare qualche particolare direzione di sollevamento. 11
Pilla ha qualche sospetto di ciò, ma non potè ancora fare su
questo argomento alcuna ricerca particolare.
Dalla lettura della precedente memoria il Prof. Savi prende
motivo di far osservare ! , come la struttura geologica degli
Apenninì di Napoli corrisponda in ogni parte o con lievi diffe-
renze, a quella degli Apennini Toscani. Nel terreno di Fillade
e Diorite, indicato dal Pilla, ravvisa il Prof. Savi il Verrucano^
ed in quel calcare giurassico il Lias apenninico . 11 terreno
cretaceo o di Macigno è affatto identico nei due paesi, e solo il
Pilla non avrehbe connesso con il Macigno Napoletano quegli
strati calcarei che formano ordinariamente la sua parte infe-
riore. Neil' Eleantrace trovato dal Pilla nel Macigno, ravvisa
il Geologo pisano la Stipite della Toscana e della valle del
Taro, di cui si trattò in un'adunanza precedente, e conviene
in conseguenza col Pilla, che geologicamente non possa più
riferirsi al terreno carbonoso ed al Litantrace quel combustibile
del Regno di Napoli .
Il passaggio del Macigno alle argille terziarie subapennine,
citato dal Pilla nel suo spaccato settentrionale, sembra indicare
piuttosto la presenza anche colà, come in Toscana, di un ter-
reno terziario naedio, del quale alcuni strati simulano talvolta
il Macigno, e che non è sempre molto facile di separare dalla più
recente formazione subapennina. In quanto al sollevamento
degli Apennini Napoletani, sembra al Prof. Savi che possa
essere accaduto come in Toscana, in varie epoche, e che le
più recenti si potranno forse riscontrare più chiaramente
quando saranno bene esaminate le masse serpentinose, delle
quali il Pilla ne indica alcune presso Cosenza.
Il Segretario Pasini manifesta l'opinione che il calcare
indicato dal Pilla in molti punti dello spaccato settentrionale,
come ricco di Nerinee, di Volute, di Turritelle, d'Ippuriti ec,
11
82
sia più recente del calcare Giurassico ed appartenga piuttosto
alla parte inferiore del terreno cretaceo, come quello che con-
tiene i Nummuliti.
Si legge dal Segretario una memoria inviata alla Sezione
dal Cav. Gràberg d'Hemsò, intitolata Sunto degli ultimi pro-
gressi della Geografia. L'Autore vi passa in rivista le princi-
pali opere geografiche, le Carte pubblicate in questi ultimi
anni, e gli studj e viaggi di scoperta stati intrapresi nelle
diverse parti del mondo, per il perfezionamento delle scienze
geografiche. Rammenta particolarmente i lavori fatti nel Mes-
sico e nella California dal Cav. Piccolomini, e finisce manife-
stando il desiderio che anche in Italia sia fondata una Società
geografica, ad esempio degli altri paesi, acciocché questo ge-
nere di studj vi sia coltivato con più zelo ed alacrità.
Il Presidente Sismonda comunica alcune sue memorie
sulla geologia delle Alpi Piemontesi, che saranno stampate in
seguito a quelle già fatte di pubblica ragione. Vanno con-
giunte alla Carta geologica del Regno Sardo continentale, che
egli ha quasi omai condotta a fine, e debbono servire ad essa
d'illustrazione. Dalle molte particolari osservazioni contenute
in queste memorie risulta quanto segue.
Quei terreni sedimentar] delle Alpi Piemontesi, che il
Prof. Sismonda avea indicato ne' suoi precedenti lavori sotto
il nome di terreno Giurassico, e poi di terreno Giurassico in-
feriore e superiore, ora egli, appoggiato a nuove osservazioni
fatte in recenti viaggi, trova di dover dividere e classificare
dal basso all'alto come segue.
A. In Lias inferiore^ composto al basso di un' arenaria
inodificata, poi di un calcare schistoso cristallino, di schisti
argillosi con Belemniti, Entroclii, ed impronte di piante, che
furono giudicate proprie del terreno carbonifero. Questo Lias
contiene in vari luoghi dell'Antracite, e può essere osservato
specialmente nei monti di Petit-coeur^ al Col da Bonhoinme ec.
nella Tarantasia.
85
B. In Lias superiore che si distingue dal precedente più
di tutto pei caratteri mineralogici, e consta di Pudinga calcarea
e quarzosa, alternante con un calcare schistoso cristallino e
con uno schisto argilloso . Si vede a Moutiers^ al Col clu Bon-
liomme ec. nella Tarantasia.
C In Oolite inferiore^ composta di una breccia calcarea
con Belemniti, di calcare cristallino, schisti ed arenarie modi-
ficate. Si osserva nella Valle di Aosta superiore, a Villet nella
Tarantasia , nella Moriana.^ nella Valle della Dora ec. Questo
banco si sarebbe anche potuto unire al Lias^ ma per la presenza
in esso di alcuni fossili particolari, per la sua costanza e per
esservi spesso unito del ferro perossidato, fu dal IJas disgiunto
e considerato come equivalente 2^ Oolite inferiore dell'Inghil-
terra. Spesso il calcare di questa Oolite inferiore si trova me-
tamorfosato in Gesso.
/>. In Argilla di Oxford ( Oxford Clay,^ e Terreno an-
tracitoso^ composto di Calcare schistoso, Arenaria, Psammiti
insieme alternanti, e considerevoli depositi di Antracite. Si
trova nella Valle di Aosta^ di^VC Isera^ e del Duron nella Ta-
rantasia^ nella Moriana^ nelle valli della Dora^ della Stura^
del Tanaro ec. Alcune di queste Rocce si trovano talvolta rim-
piazzate dalla Pudinga quarzosa rossiccia, e verdognola modi-
ficata. Alcune impronte di piante trovate in questo terreno
sono diverse da quelle esistenti negli strati sovraccennati del
Lias,
E, In Argilla terrosa con coralli (^Coralrag^ Argilla di
Kinimeridge^ Oolite di Portland^, E questo un grosso banco
composto di calcare ora cristallino, ora compatto, di color
bigio più o meno oscuro, con resti di zoofiti ed altre spoglie
organiche indeterminabili, il quale rappresenterebbe i tre sopra
indicati terreni dell'Inghilterra, ec. Si vede al Monte Taòor,
nei contorni dì Briancon^ al Collo di Lauzanier {Pouriac)^
des MongeSy ec.
84
Le metamorfosi e gli altri strani accidenti di sollevamento
e di contorsioni degli strati, a cui furono soggette le Rocce
delle Alpi Piemontesi, porgono occasione al Prof. Sismonda di
entrare in molte particolarità, che interessano tanto la geologia
speciale dell'Italia, quanto la scienza in generale. La Sezione
manifesta il vivo desiderio che queste sue memorie e la Carta
geologica siano quanto prima fatte di pubblica ragione.
Il Prof. JNIazzi mette sotto gli occhi della Sezione una nuova
serie di Rocce e di fossili della Valle delV Oinhrone nel Sanese,
e porge alcune spiegazioni verbali sulla loro giacitura. Si ri-
scontra esservi in questa parte della Toscana una bella suc-
cessione di sedimenti terziarj, dal terreno Terziario medio al
Subapennino superiore, nel qual ultimo si trovano intercalati
numerosi strati a conchiglie fluviatili e terrestri . Ricercatore
indefesso dei prodotti naturali di que' luoghi, il Prof. Mazzi
vi fece ampia raccolta di conchiglie fossili, ed anche di quelle
microscopiche figurate nella grand' Opera del Padre Soldani.
Egli fa vedere alla Sezione molte singolari specie di questi
minutissimi esseri.
Le due sezioni di Geologia e di Fisica si uniscono nel-
r Anfiteatro Chimico, dove il Prof. Orioli espone una sua nuova
ipotesi sul calore centrale della terra, argomento che interessa
egualmente i Fisici ed i Geologi. Il Prof. Orioli, rammemorate
le varie ipotesi o teorie finora proposte su questo argomento,
e persuaso che i calcoli dell'Ampère e del Poisson, abbiano
dimostrato l'impossibilità che esista ancora nell'interno della
terra un forte calore iniziale, ed uno stato di fusione ignea,
suppone per spiegare e la causa dei Terremoti, e quella della
crescente temperatura della terra dall'esterno all'interno, che
vi sieno nelle sotterranee regioni certi composti chimici, dai
quali tali effetti si producano. Questi composti, secondo il Prof.
85
Orioli, sarebbero stati formati nelle viscere della terra antica-
mente, sotto particolari condizioni, cioè di alta pressione e di
alta temperatura, i quali composti non potrebbero conservarsi
quali sono alla superfìcie della terra stessa , e sarebbero poi
soggetti a decomporsi e a sviluppare in conseguenza calore e
sostanze gazose, tutte le volte che dalla superficie terrestre
arrivassero fino ad essi o l'aria o l'acqua. Da ciò, secondo
il Prof. Orioli, la causa dei Vulcani, dei Terremoti, e della
temperatura della terra crescente dall'esterno all'interno.
Questa ipotesi del Prof. Orioli sembra al Pasini insuffi-
ciente onde spiegare tutti i fenomeni geologici, e poco in ar-
monia con altri fatti generali di cosmologia. Il Pasini fa osser-
vare come i calcoli del Poisson abbiano tutt'altro che rovesciata
la teoria del calore centrale ed iniziale della terra, e come anzi
colla nuova ipotesi, che il Poisson ha voluto sostituirvi, si
giungerebbe di necessità ad una conclusione, che i più avve-
rati principj della scienza rendono inammissibile. Secondo
questa ipotesi per effetto di un condensamento prodotto dalla
pressione dei fluidi elastici, il raffreddamento e consolidamento
del Globo terrestre avrebbe avuto principio al centro, e si
sarebbe inoltrato grado a grado fino alla superficie. Ora non
solo molti fatti geologici dimostrano che la superficie della
terra si è consolidata prima delle parti sottoposte, dalle quali
si sollevarono poi delle masse fuse che l'hanno sconvolta ed
attraversata in più direzioni, ma coli' ipotesi stessa del Poisson,
anche ammettendo che sia stato il centro della terra il primo a
consolidarsi , si deve insieme ammettere che alcune zone fluide
abbiano in qualche tempo esistito al disotto della superficie
terrestre già consolidata^ perchè l'effetto della pressione, sem-
pre minore quanto più lontano dal centro, dovette essere ad
un certo punto bilanciato e poi superato dalle altre cause , che
tendevano a raffreddare la superficie terrestre ;, fra le quali cau-
se si deve assegnare il primo posto al calorico raggiante . Può
86
dunque esservi ancora nell' interno della terra un resto di ca-
lore proprio ed iniziale, che sia la causa di molti fenomeni
geologici.
Altre cose aggiunse su questo argomento il Pasini , ed
altre il Prof. Orioli, ciascuno in appoggio delle proprie ipotesi:
alcune considerazioni furono anche fatte dal Canonico Bellani
e dal Prof. Botto , ma la discussione per mancanza di tempo
rimase indecisa.
Il Segretario della Sezione —LODOVICO P ÀSINI .
Il Presidente - PJIOF. ANGELO SISMONDjÌ .
TENUTA IL DI 12 OTTOBRE 1839
Jil Segretario legge il processo verbale della precedente adu-
nanza, che resta approvato.
Il Dott. Attilio Zuccagni Orlandini mette sotto gli occhi
della Sezione tutte le parti già pubblicate della sua Corografia
dell'Italia^ e la raccolta dei documenti originali che hanno
servito, e serviranno per la compilazione del suo gran lavoro.
Due volumi di testo , e più di cento tavole sono già escite alla
luce.
Il Dott. Zuccagni indica il piano che ha seguito dapprima
in quest'opera, le modificazioni che dipoi ha creduto conve-
niente di adottare, e fa particolare menzione degli ajuti che
87
ebbe dalle Amministrazioni pubbliche e da' privati, per adu-
nare tanti materiali^ la Sezione eccita lo Zuccagni a condurre
a fine il suo lavoro sollecitamente.
Il Pasini presenta alla Sezione una raccolta delle princi-
pali Rocce delle Alpi Lombardo-Venete da esso deposta nel
Museo di Pisa, e dà il sunto di un suo quadro geologico delle
Alpi meridionali, dal Friuli al Lago Maggiore.
Un terreno di INIicaschisto serve di base in queste monta-
gne alle formazioni secondarie: certamente è questo Micaschi-
sto il prodotto di Rocce sedimentarie più antiche metamorfo-
sate, ma questa alterazione o metamorfosi fu prodotta avanti
il deposito delle formazioni secondarie. Ciò si può vedere con
chiarezza nella Val Trompia nel Vicentino, nella V alsugana
nell'Agordino ec. dove la linea di separazione fra il INIicaschisto
e l'Arenarie che gli stanno sovrapposte è distintissima, e dove
queste Arenarie sono per lo più inalterate, e formate in gran
parte di frammenti del medesimo Micaschisto e di Quarzo.
E chiaro che questa antica alterazione del INIicaschisto non
si può distinguere con facilita in que' luoghi dove nuove alte-
razioni hanno subito tanto gli antichi che i moderni terreni ,
come sui Laghi di Lugano e di Cotno^ nella Valle Seriana ^
nella Val Cainonica ec, e in generale lungo tutto l'asse cen-
trale cristallino delle Alpi, ma si rileva benissimo in altre loca-
lità, e in quelle specialmente dove il Micaschisto fondamentale
fu colle posteriori formazioni sollevato per brevi tratti, senza
che un corrispondente sollevamento sia avvenuto nella massa
calcarea che lo circonda. In queste masse isolate di Micaschisto
(^Val Trompia ^ Vicentino , Agordo^ emerse nel mezzo della
gran zona calcarea, la Roccia fondamentale non sembra aver
subito alcuna nuova alterazione: forse ciò si collega colla causa
stessa del sollevamento, che sembra essere stata molto meno
energica in questi punti isolati, e dovuta solo a qualche eje-
zione di Porfido nero, mentre lungo l'asse centrale fu certa-
88
niente più violenta, e prodotta probabilmente dall'apparizione
di altre Rocce ignee.
Gli antichi terreni secondar] delle Alpi meridionali, che
servono di base alla gran massa calcarea secondaria, sono da
studiarsi in que' luoghi dove la Roccia fondamentale non ha
subito nuove posteriori alterazioni^ e dove per conseguenza
anclie gli antichi terreni secondar] si conservano in gran parte
inalterati, o si può almeno studiarne la natura e la successione
con chiarezza. Sui Laghi di Lugano e di Como, nella Valle
Serìana, nella Val Camonica ec. non si può determinare con
precisione questo terreno secondario antico delle x\lpi , o met-
terlo in parallelo coi terreni analoghi degli altri paesi: si pos-
sono invece colà studiare le sue alterazioni, e dedurre dalle sue
varie metamorfosi quelle forme originarie, che si sono meglio
conservate negli altri punti della catena.
Il Pasini annovera in dettaglio i vari membri del terreno
calcareo-arenaceo antico, e crede che gli strati arenacei infe-
riori non solo rappresentino l'Arenaria rossa, ma possano an-
che ritenersi per i rappresentanti dell' Arenaria carbonifera, la
quale avrebbe qui avuto, e specialmente verso l'asse della ca-
tena, un piccolo sviluppo. Egli non crede che si possa trovare
un'esatta corrispondenza fra questi banchi calcareo-arenacei
delle Alpi , e gli antichi terreni secondar] della Germania ,
tanto più che gli sembrano essere in complesso una sola e
grande formazione di Arenarie e Calcarle insieme alternanti,
in cui le Arenarie siano predominanti al basso e le Calcarle
superiormente. Crede però che per facilitarne lo studio si pos-
sano adottare alcuni rapporti fra queste formazioni e quelle del
Nord, se dessi specialmente siano appoggiati a caratteri che
rimangano costanti in molti punti della catena. Trova perciò
che il Calcare rosso oolitico riferibile all'Arenaria variegata, si
riproduce in tutte le valli del Tirolo e delle Provincie Venete,
nelle quali apparisce la massa calcareo-arenacea secondaria, e
89
così pure ha egli osservato in tutti questi luoghi quel calcare
conchio-lifero riferibile al Muschelkalk ^ che è bene caratteriz-
zato dalla presenza di alcune conchiglie.
Gli strati inferiori di questo sistema Calcareo-arenaceo , i
quali sono al basso molto quarzosi, di colore grigio bianco, con
frequenti benché leggeri indizi di Litantrace e con piante fossili
proprie della formazione carbonifera, e nella parte superiore
quasi costantemente argillosi, schistosi e di color rosso, con
marna subordinata, egli crede che debbano essere i rappresen-
tanti dell'Arenaria rossa e del Terreno carbonifero, questi ter-
reni si assottigliano da uno all' altro paese , ma non sempre af-
fatto spariscono .
Osserva dopo il Pasini che il sistema Arenaceo-calcareo
delle Alpi meridionali va gradatamente ingrossandosi proce-
dendo dai Laghi Milanesi verso la Carnia^ nel quale ultimo
paese, com'egli fece già osservare in altra adunanza, assume
caratteri differenti e meglio determinati^ cosicché si può quasi
credere senza alcun dubbio che rappresenti un terreno piìi an-
tico dell'Arenaria rossa. Nella Gamia queste antiche arenarie
hanno una potenza quasi doppia che nel Vicentino^ e molto
maggiore di quella del corrispondente terreno dei Laghi Mi-
lanesi .
Siccome il terreno calcareo-arenaceo antico s' ingrossa
procedendo dall'Ovest all'Est, crede il Pasini che possa assu-
mere una maggiore potenza anche discostandosi dall'asse cen-
trale della catena. Di ciò ne sarebbero un indizio anche i de-
positi della F al Trompia e del Vicentino^ emersi a qualche
distanza dal detto asse centrale : in questo caso potrebbero esi-
stere a grande profondita, sotto la pianura Lombarda, quei
terreni dei quali si ravvisa ora soltanto un debole prolunga-
mento lungo l'asse della catena.
Sopra il sistema Calcareo-arenaceo antico giace la grande
massa calcarea delle Alpi meridionali che viene dal Pasini di-
12
90
visa in più bancFii, i quali sia per l'effetto di qualche meta-
morfosi, sia per differenza originaria di forme, non si corri-
spondono in tutti ì loro caratteri da un punto all'altro della
catena. Dal Lago d'Iseo fino alla Carnia egli annovera dal
basso all'alto:
1." Un Calcare sovente cristallino e cavernoso, di colore
or bianco, or bigio, or rosso languido, nel quale si distingue a
stento la stratificazione. Contiene del carbonato di Mas^nesia,
e somiglia sotto certi rapporti alla Dolomite : vi si trovano im-
pronte di conchiglie dei generi Pecten, TrocJiuSy T arri teli a qc^
il Cardium trìquetriim^ un Cydarites^ dei Zoofiti ec. E molto
potente , ed alterna nella sua parte superiore con un Calcare
compatto a frattura liscia .
2.° Un Calcare oolitico che alterna inferiormente col
precedente Calcare compatto a frattura liscia , e superiormente
con alcuni strati di Calcare compatto conchiglifero, con una
Breccia calcarea , con Lumachelle ec.
5." Un Calcare con Ippuriti^ Sferuliti^ Volute^ JYum-
miditi e Zoofiti che alterna con un Calcare compatto a frat-
tura liscia, ed ha talvolta inferiormente un Calcare a fram-
menti conchigliacei ed un Calcare a frattura concoidea, mac-
chiato di rosso e di verde. Si trovano pure talvolta in questo
banco degli strati di Marna e di Arenaria gialliccia.
4." Un Calcare costantemente rosso ed argilloso, con
Ammoniti i T erehr alide ^ Aptycus lamellosus^ ossa di Cocco-
drillo ec.
5.° Un Calcare biancastro alquanto argilloso , a frattura
liscia e concoidea , che si chiama volgarmente Biancone quan-
do i suoi strati inferiori sono alquanto potenti^ Scaglia allor-
quando i suoi strati diventano nella parte superiore più sottili
e spezzati. In ambedue questi ultimi banchi si trova il Pi-
romaco .
Nelle montagne del Milanese , e specialmente sul Lago di
9i
Como e nella Valle Seriana i banchi inferiori della precedente
massa calcarea si presentano più di sovente di color nero, sono
attraversati da frequenti vene di Spato calcareo, e sono anche
talvolta bituminosi: potrebbero forse essere anteriori alla for-
mazione del Lias, come opina il Dottor De Filippi: s'incontra
peraltro per grandi tratti delle montagne Lombarde il Calcare
cristallino del primo banco sopra indicato, identico con quello
delle Alpi Venete^ vi sono ancoragli strati colitici, il Calcare
rosso ammonitico, e la Scaglia.
Il Pasini referisce al Lias ed alla formazione oolitica i due
jDrimi banchi^ il terzo, quarto e quinto alla formazione del
Green sancì e della Creta, coll'avvertenza però che tutti questi
terreni si trovano in generale così concatenati ed allacciati fra
di loro, che sarebbe oltremodo difficile il distinguere il confine
assoluto dell'uno o dell'altro. Accenna le differenti opinioni
di altri geologi, e in particolare del Dott. De Filippi sulla clas-
sificazione di questa massa calcarea .
Il terreno terziario medio ricopre la Scaglia nelle Provin-
cie tenete, ed è qua e là susseguito dal terreno terziario sub-
apennino. Di quest' ultimo il Pasini ne accenna una lunga
zona, quasi non interrotta per quaranta miglia, dalle rive della
Brenta fino al Friuli^ la quale è connessa quasi da per tutto
col terreno terziario medio.
>el Milanese vi ha qualche traccia del terreno terziario
subapennino, trovata dal Dott. De Filippi nei contorni di Va-
ldese. A Como^ in vari punti della Brianza ed altrove, vi sono
depositi del terreno terziario niedlo , e crede ora il Pasini che
possano almeno in parte riferirsi a questo terreno, quelle Rocce
Calcareo-psammitiche del Lago d'Iseo, del Bergamasco ec.
che hanno una grande rassomiglianza mineralogica col JMa-
cìgno degli Apennini, ma che somigliano ancora a quel ter-
reno terziario oholitico con strati di Pudinga e con Lignite,
descritto dal Professor Savi, e che nella Toscana si trova fra il
Macigno e le Marne subapennine.
92
Il Pasini si riserva di far conoscere nella prossima adu-
nanza la distribuzione geografica di questi terreni, e le Rocce
ignee che li hanno sconvolti o alterati, col mostrare la Carta
geologica del Regno Lombardo-Veneto.
Il Prof. Savi offre alla Sezione un suo lavoro sulle Rocce
ofiolitlche della Toscana, la cui pubblicazione fu condotta a
termine in questi ultimi giorni. In detto lavoro, data un'idea
della disposizione geografica delle masse serpentinose della
Toscana, passa il Prof. Savi a descriverne l'aspetto e la com-
posizione mineralogica. La Diorite, l'Ofite, la Serpentina o
Ofiolite, FEufotide, la Pirossenite e la Sienite , sono le Rocce
plutoniane che egli ha trovato insieme riunite, e che in conse-
guenza riguarda come dipendenti le une dalle altre . Pei fatti
osservati nella Toscana, il Prof. Savi è stato condotto a stabi-
lire che la comparsa di queste Rocce sìa posteriore al deposito
del terreno del Macigno, e anteriore a quella dei terreni ter-
ziarj , giacché trovansi questi ultimi terreni non alterati dalle
masse serpentinose, le quali hanno invece estremamente alte-
rato e modificato quelle porzioni de' terreni del Macigno che
incontrarono nella loro comparsa. Dai vari gradi di alterazione
di questi terreni, secondo il Prof. Savi si originarono alcune
specie di Galestro e di Diaspro^ e fu prodotto il Gabbro rosso.
Con questo nome egli designa una Roccia, che potrebbe dirsi
quasi l'effetto di un generale rammollimento, se non di una
fusione del terreno di Macigno , cosicché in questo, ove è con-
vertito in Gabbro rosso, oltre ad essere quasi intieramente spa-
rito ogni indizio di stratificazione, vedonsi in molti luoghi
indizi di fusione, e colà la Roccia è divenuta sovente una
Amigdaloide. Anzi ne' vacui di una tal roccia egli ha trovato
una specie di minerale simile alla Leumonìte^ ma che per al-
cuni essenziali caratteri ne differisce^ cosicché egli ha creduto
di doverne fare una specie nuova col nome di Caporcianite.
Dopo aver dato un'idea delle masse serpentinose e delle
95
alterazioni che queste indussero nei terreni secondar], passa il
detto Professore ad esaminare le altre Rocce, e specie minerali
che si trovano in filoni dentro queste masse , le quali in conse-
guenza debbon considerarsi come colà introdotte o formate in
epoca posteriore al consolidamento della massa stessa. I filoni
che egli annovera come proprj alle Ofioliti toscane sono Gi^a-
nitìciy Opalini^ Calcedoniosi^ Feldispatici^ Siliceo-calcarei^
Miemmitìci ^ Cupriferi, I Granitici e gli Opalini li ha trovati
nelle Serpentine di San Pietro in Campo nell'Isola dell'Elba: i
Calcedoniosi nel Volterrano a M. Rufoli: i Feldispatici a M.
Vaso, e M. Castelli nel Volterrano , all' Impruneta presso Fi-
renze: i Siliceo-calcarei a M, Castelli: i Miemmitici nel Vol-
terrano presso Memmo: i Cupriferi poi sono frequenti nelle
masse serpentinose toscane, e su questi specialmente egli si
fermò, giacché interessano non solo la Geologia, ma anche
l'industria nazionale , essendosi in essi intraprese ultimamente
varie utili escavazioni di minerale di Rame . I filoni di Monte
Castelli^ di M, Vaso, di Rocca Tederighi^ di M. Catini^ sono
quelli che specialmente prese in esame , e sui quali fece varie
deduzioni. Così dall' osservare che alcuni filoni cupriferi non
solo si estendono nella massa ofiolitica, ma penetrano e tra-
versano ancora le Rocce secondarie modificate, che loro sopra
incombono, e dall'esame della struttura dei filoni medesimi,
egli ne dedusse che la comparsa dei detti filoni sia accaduta
dopo la perfetta consolidazione delle masse ofiolitiche. Lo stato
poi delle materie contenute in que' filoni, gl'indizi di stritola-
mento, la consumazione degli angoli, graffiatura e lustratura
della superficie, gli diedero motivo di stabilire che le pareti
dei filoni abbiano sofferto un movimento dopo la loro forma-
zione, e siccome d'altronde l'esame dei terreni stratificati so-
vrapposti a queste Rocce ignigene gli aveva somministrato
argomento di determinare che le masse di tali ultime Rocce
dopo la loro consolidazione fossero state sollevate e rotte, credè
di
di poter dedurre da quanto gli mostrano i filoni, una nuova
prova di un simile posterior sollevamento.
In conseguenza di tutto ciò, secondo il parere del Prof. Savi
le masse ofiolitiche della Toscana, dopo la loro comparsa fu-
rono prima un poco mosse ed alterate dalle injezioni dei filo-
ni, e posteriormente da un altro movimento, che non solo
modificò meccanicamente i filoni medesimi, ma spaccò le in-
tere montagne che da quelle rocce son formate, e sollevò
non solo tutti i depositi secondar] e terziarj sovrapposti , ma
ancora i Pluto-Neutoniani. Suppone il Professor Savi, che
quest'ultimo sollevamento possa essere stato contemporaneo o
dipendente dalla comparsa delle Rocce Trachitiche e di Selagite.
Il Prof. Savi finalmente comprova le sue asserzioni sotto-
ponendo all'esame della Sezione la numerosa raccolta delle
relative Rocce da lui formata, e conservata nel Museo Pisano.
Il Segretario comunica un Quadro figurato della strut-
tura minerale del Gloòoy del Geologo parigino Nereo Boubée,
che l'Autore ha mandato al Consesso scientifico, per far cono-
scere alcune sue nuove idee sul modo con cui si formarono
gli strati. Ogniqualvolta si osservano parecchi strati di mate-
riali differenti sovrapposti gli uni agli altri , non è sempre
vero, secondo il Boubée, che siano prima stati deposti gli
strati inferiori, e mano a mano sopra di questi gli strati su-
periori, ma possono essere stati formati tutti contemporanea-
mente, Le alluvioni portate dai fiumi nel mare, sono dai mo-
vimenti delle onde marine distribuite con una certa regola
sopra le spiagge . I ciottoli e i frammenti più grossi sono
rigettati sulla spiaggia e sospinti fino al punto ove arrivano
le più alte maree: le sabbie vengono in parte distribuite
più sotto, all'altezza delle maree ordinarie, ed in parte sono tra-
scinate dai venti , entro terra . Inferiormente alle sabbie si di-
spongono le Argille sabbiose, poi le Argille marnose, e fi-
nalmente più a basso e più discosto dalla spiaggia la fanghi-
95
glia più tenue ed i precipitati chimici. Tutti questi vari
depositi di Ciottoli, Arene, Argille, ec. continuando a rice-
vere un aumento progressivo, possono dare origine ad una se-
rie di strati parallelli fra loro , e sovrapposti gli uni agli altri ,
ma nulladimeno contemporanei^ ed ogni singolo strato resul-
tante dalle varie sopraindicate materie sarebbe invece prodotto
in epoche differenti, il più antico sarebbe quello che tocca la
spiaggia, ed il più recente quello che si estende verso il mare.
Queste idee del Boubée sul modo con cui si possono for-
mare gli strati , non sembra a parecchi membri della Sezione
che siano applicabili alla spiegazione della formazione degli
strati quali si osservano nelle montagne. Il Prof. Savi fa anche
osservare, che nella supposizione stessa del Boubée, non si ot-
terrebbe una serie di strati individualmente omogenei, esten-
dentisi orizzontalmente verso il mare, bensì una serie di strati
inclinati parallelamente alla spiaggia, i quali in un punto sa-
rebbero formati di ciottoli e in altri di sabbie, di argille ec.
Il Prof. Savi comincia la lettura di alcune sue Considera-
zioni sulla Cattiv' aria delle Maremme Toscane^ che per man-
canza di tempo resta interrotta, e viene rimessa al giorno 14.
Quest'adunanza fu onorata dalla presenza di S. A. I. e R.
il Gra.]sduca.
Il Segretario della Sezione — LODOVICO PASINI.
Il Presidente - PROF. ANGELO SISJWND^i.
96
AL MONTE PISANO
FATTA IL GIORNO 13 OTTOBRE 1839
xIl. quest'escursione, fatta sotto la scorta del Prof. Paolo Savi,
prendono parte l'Ingegnere delle Miniere Baldracco, il Cav.
Berardi, l'Ingegnere Ridolfo Castinellì, il Professor Domnan-
dos, G. Heywood, Prof. Kloeden, Prof. Linck, .Tonas, Con-
sole Matthiessen, Cav. Prof. Mazzi, Prof. Oken, Orsini, Puliti
Leto, Dottor Tito Puliti, Repetti, Rovis, il Prof. Sismonda
Presidente, ed il Pasini Segretario , alcuni dilettanti si uniscono
inoltre ai precedenti
La comitiva si dirige da prima ai Bagni di S, Giuliano^
ed alle vicine Cave dì pietra da Calcina forte^ ove osserva un
Calcare di color bigio a strati inclinatissimi, nel quale si ve-
dono segni evidenti di una forte alterazione . Alcuni filoncini
e straterelli ed anche arnioni di una sostanza bianca, talvolta
quarzosa, talvolta polverulenta, che lo intersecano quasi sem-
pre parallelamente agli strati, sembrano a taluni resti di Pi-
romaco molto alterato . Il Prof. Savi non rigetta questa opi-
nione, che fu anche un tempo la sua, ed aggiunge che nel
gruppo delle Panie presso Monzone ed Ajola^ si rivede in con-
simile giacitura questa medesima sostanza, dove però sembra
essere collegata colle Rocce ignee. L'Ingegnere delle Miniere
Baldracco osserva in questi medesimi filoni del quarzo talora
confusamente cristallizzato, e àeì Braunspath.
Alla base delle masse calcaree , dove esse sorgono dalla
pianura, la comitiva osserva le sorgenti delle acque termali che
alimentano i Bagni di S, Giuliano,
97
Da questo luogo fino alla Valle di Calci si passa a fianco
di grandi masse alterate della suddetta Calcarea, la quale pre-
senta in qualche tratto ( Bagno della Duchessa ) una singolare
pseudo-stratificazione , che peraltro si può ben riconoscere per
le vere divisioni degli strati che chiaramente veggonsi correre
in senso opposto .
Gli strati superiori delle masse calcaree da ambo i lati dei
Bagni di S. Giuliano, sembra ad alcuni che possano essere ri-
feriti al terreno cretaceo, come avea già supposto il Prof. Savi,
però senza che il limite dei due terreni si possa distinguere
con chiarezza .
Più avanti, nella Valle d'Asciano^ si vede il terreno del
Verrucano colle sue moltiplici varietà di rocce più o meno
alterate, dal mezzo delle quali, presso il villaggio d'Asciano,
scaturiscono quelle eccellenti acque potabili, che vengono con-
dotte a Pisa. Finalmente al M, d'Oliveto la comitiva potè os-
servare, nei grandi e pittoreschi tagli praticati nella rupe, un
Calcare cristallino e talvolta di aspetto frammentare, nelle cui
fenditure si trova la celebre Breccia ossìfera.
Prima però di arrivare al M, d' Oliveta^ si osservano fra
Asciano ed A guano ^ alla base di alcune masse calcaree, for-
mate in gran parte di Calcare cavernoso, le varie sorgenti di
Acqua acidula, che scaturiscono dal terreno alluviale, vicinissi-
mo alla roccia in posto .
Ritornando per la Valle di Calci^ verso la Certosa^ si esa-
mina la disposizione generale delle masse del Verrucano, ed
il singolarissimo aspetto sotto cui si presentano in que' dintor-
ni, e specialmente nel M, della Verruca^ sopra il Convento
di Nicosìa . Considerato in grande il Calcare del Monte d'Oli-
veto apparisce adagiato sopra il Verrucano, e tutte poi queste
masse mostrano di essere state violentemente sollevate.
Il Prof. Savi si riporta, per la classificazione geologica di
queste Rocce, ai lavori da lui pubblicati, ed all'esposizione già
fatta in altra adunanza, della geologia del Monte Pisano.
13
98
Il Prof. Sismonda, anche dietro l'esame delle Rocce con-
servate nel Museo Pisano, e riguardanti altre località della
Toscana, crederebbe di ravvisare nel Verrucano il Terreno ari'^
tracitosOy V Oxford Clay delle Alpi Piemontesi, e nel Calcare
sovrapposto al Verrucano^ Y Argilla terrosa con coralli . Che
se sotto il Verrucano si riscontrassero altri strati calcarei , gli
sembra eh' essi potrebbero essere ragguagliati all' Oolite infe-
riore . Il Pasini ritiene invece che il Calcare del M, d'Oliveto
come quello delle Alpi Apuane, corrisponda al banco inferiore
della gran massa calcarea delle Alpi Lombardo-Venete^ cioè al
Calcare cristallino e cavernoso, o all'ultimo e più basso mem-
bro del Lias . Il Verrucano sarebbe in conseguenza più antico
di questa formazione . Ma nuovi esami e confronti delle Rocce
chiariranno meglio se si possa ammettere alcuna analogia fra
questo terreno della Toscana e quelli delle Alpi , o se queste
varie catene di montagne presentino ciascuna una fisonomia
così distinta da non ammetter fra loro nessuna fondata cor-
rispondenza .
Per giovare intanto a questi studj della Geologia d'Italia,
i tre sovra indicati membri della Sezione avrebbero compilato,
dopo l'odierna conferenza, un Quadro sinottico delle forma-
zioni delle varie parti d'Italia, desunto dalle loro proprie osser-
vazioni, e da quelle pubblicate fino a questo giorno da altri
geologi; il quale sottoposto poi all' esame dei cultori di questi
studj, essi sperano che, ove il bisogno lo richieda, saranno
proposte le convenienti rettificazioni .
Verso sera la comitiva ritorna a Pisa.
Il Segretario della Sezione — LODOYICO PASINI-
Il Presidente - PROF. ANGELO SISMONDA.
99
TENUTA IL DI 14 OTTOBRE 1839
Il Segretario legge il processo verbale della precedente adu-
nanza e della escursione geologica al Monte Pisano, che viene
approvato.
Il Prof. Paolo Savi finisce la lettura delle sue Considerazioni
sulla Cattìv' aria delle Maremme Toscane. In questa memo-
ria in primo luogo egli cerca di mostrare con fatti, tolti spe-
cialmente dalle basse vallate del Volterrano, composte di Mat-
tajone^ e dalle Salmastra] e delle provincie marittime, 1." che
non solo 1' aria cattiva è prodotta dalle acque stagnanti , ma
ancora dall' azione delle piogge e delle acque straripate sopra
alcune qualità di terreni, dopo che furono nella state esposti
per lungo tempo all' azione del sole, in secondo luogo che le
acque minerali sono anch' esse spesso sorgenti di miasmi , la
quale opinione egli appoggia in specie su quanto osservò nel
La^o di Rimigliano ^ in terzo luogo che gli ammassi d'Aliga,
bagnati dall' acqua dolce , producono essi pure emanazioni in-
salubri, come accade a Vada^ a Piombino ed in altre consi-
mili località. Annunzia finalmente di credere, che anche il Gas
idrogeno solforato possa avere una parte attiva nei moltiplici
effetti dell'aria maremmana. Su tutti questi punti egli richiama
l'attenzione degF indagatori delle cose naturali, per suggerire
al caso nuovi mezzi di salubrità, e perchè siano coronati da
sempre migliore successo quei grandiosi lavori che la Munifi-
100
cenza del Principe fece intraprendere pel risanamento , e boni-
ficazione delle Maremme Toscane.
In appoggio della precedente supposizione del Savi sulla
possibilità che la mal' aria s'ingeneri talvolta, per l'azione delle
acque straripate o di pioggia, su certi terreni esposti prima per
lungo tempo all' azione del sole estivo , il Segretario Pasini ri-
corda, che in alcuni punti della pianura veneta sogliono ap-
punto ingenerarsi le febbri , al cadere delle prime piogge dopo
lunga siccità , in terreni di natura non paludosa , e il Conte Da
Rio e il Gav. Balbi confermano con esempj , tolti da altri luo-
ghi , questo medesimo fatto .
Il Segretario rende conto di un libro mandato in dono
dal Dott. Gio. Domenico Nardo di Venezia, e intitolato Di-
scorso o Programma per la formazione di una completa sto-
ria naturale dello Stato Veneto^ ossia di una Raccolta cen-
trale de' suoi prodotti in Venezia .
Il Prof. Leonhard di Eidelberga manifesta, in una sua
lettera , il desiderio che sia fatta conoscere al Consesso la sua
Geologìa popolare^ della quale si sta ora stampando una tra-
duzione in lingua francese .
Il Dott. Orazio Scortegagna fa dono a tutti i membri della
Sezione della sua Memoria geologica sulle ossa fossili di Cocco-
drillo trovate nel Colle della Favorita^ provincia di Vicenza.
Il Dott. Jacob Gorinaldi Conservatore dell'Accademia
Valdarnese, manda in dono, per essere dispensate a tutti i
membri della Sezione, le Notizie storiche sulla detta Accade-
mia, e quelle relative alla storia naturale che si contengono
negli Atti della medesima, finora pubblicati.
Il Presidente dell'Accademia d'Arezzo manda in dono alla
Sezione le quattro annate finora pubblicate àeìY Almanacco
Aretino.
Il Dott. Gio. Rampinelli presenta un saggio di Stallattite
di ferro dell' Isola dell'Elba.
101
11 Conte Giovanni Scopoli di Verona manda alla Sezione
alcuni saggi di Lignite del Vicentino e del Veronese^ con una
memoria ad essi relativa, che non si può leggere per mancanza
di tempo.
Il Segretario rende conto alla Sezione di quanto ha fatto
la Commissione nominata per compilare un Progetto di no-
menclatura geologico-mineralogica Italiana. Tutti i membri,
secondo le basi d'accordo convenute, prepareranno i materiali
di questo lavoro per comunicarseli vicendevolmente e poi as-
soggettarli alla sezione di Geologia nella futura Riunione di
Torino. I Geologi che avessero comunicazioni o osservazioni
da fare su questo argomento, potranno dirigerle, secondo il
luogo della respettiva dimora , al Presidente Prof. Sismonda in
Torino, al Prof. Paolo Savi in Pisa, ed al Segretario Pasini in
Schio presso Vicenza.
Il Segretario annunzia pure come alcuni membri della
Sezione si siano fra di loro concertati per impiegare nelle loro
Carte geologiche un sistema uniforme di colorazione e di se-
gni convenzionali: i lavori che intraprenderanno, tornati alle
loro case, saranno condotti con un piano uniforme e regolare,
e diretti a procurarci, il più sollecitamente possibile, una de-
scrizione ed una Carta geologica dell'Italia. Il Prof. Savi ha di
già levato la Carta geologica di parecchie parti della Toscana,
il Marchese Pareto della Liguria, il Cavaliere La Marmora
della Sardegna, il Professor Sismonda di tutto il Regno Sardo
continentale, ed il Pasini di molte porzioni del Regno Lom-
bardo-Veneto, altri in altre parti della penisola si occupano
di questi lavori. Possiamo dunque sperare di avere in breve
una Carta geologica dell' Italia settentrionale e centrale, la
quale si unirà da un lato alla gran Carta geologica della Fran-
cia che sarà in breve pubblicata, e dall'altro ai molti e bei
lavori di questo genere, già compiti o intrapresi negli Stati
della Germania.
102
Antonio Orsini fa vedere alla Sezione alcuni saggi di Rocce
e di fossili da esso raccolti nei contorni di Ascoli^ nel M. Cor-
no, e in altri punti degli Apennini. Si riscontra che una parte
almeno della massa calcarea di M, Corno è composta di calcare
con Ippuriti. I depositi di acque dolci che si vedono nelle vici-
nanze à^ Ascoli sarebbero di solo Travertino, cioè del terreno
Nettuno-plutoniano del Savi.
Il Segretario Pasini mostra alla Sezione la sua Carta geolo-
gica del Regno Lombardo-Veneto^ e paesi adiacenti, non an-
cora condotta a fine, ma nella quale egli riportò tutti i rilievi
geologici che ha fatto fino a questo momento, e quelli di alcu-
ne parti delle x\lpi già pubblicati da altri geologi. Fa vedere
r estensione geografica delle diverse Rocce, e i differenti punti
della catena ove si trova il Micaschisto fondamentale ed il ter-
reno arenaceo-calcareo secondario antico. Indica la distribuzione
generale dei depositi cretacei verso la parte esterna della catena,
mentre talvolta si trovano anche adagiati negli altipiani e nelle
vallate interne. I terreni terziarj formano ai piedi delle Alpi
una serie quasi continua di depositi dal Friuli fino presso il
Lago di Garda ^ dove soffrono una forte interruzione, o si tro-
vano almeno sepolti sotto grandi ammassi di ghiaje . Parecchi
depositi terziarj sono poi disposti nelF interno delle montagne
secondarie, come quelli àeW Alpago^ di Belluno^ di Feltri^ di
Alano^ della Valsa gana^ di Roveredo^ di Arco ec. Il terreno
terziario subapennino non si trova che in cinque o sei punti
isolati dal Veronese fino alla Brenta^ mentre all' Est di questo
fiume forma, a ridosso del terreno terziario medio, delle zone
assai lunghe. Sei Milanese si vedono qua e là dei tratti di ter-
reno terziario medio, ben determinato, e qualche traccia del
terreno subapennino, ma alcune Rocce arenacee del Bergama-
sco restano ancora indeterminate.
Il Pasini fa osservare le varie masse di Rocce porfiriche
sorte in varie epoche nelle Alpi Lombardo-Venete e nel Tirolo^
103
e quelle specialmente del Tirolo meridionale, del Vicentino^
della Valsugaiia^ del Logo d'Idro^ della Val Trompia^ della
Fai Camonica^ della Val Seriana^ e dei Laghi Milanesi: mo-
stra anche le numerose masse basaltiche del Roveretano e della
zona subalpina posta fra \ Adige e la Brenta.
In quanto ai sollevamenti delle Alpi Lombardo- Venete,
ritiene il Pasini che siano accaduti in varie epoche, antiche e
recentissime, ma che siano pure sempre accaduti inegualmente
nelle varie parti della catena , e in modo che non solo per tutta
la sua lunghezza, ma neppure per tratti alquanto estesi, si possa
ammettere una medesima serie di epoche di sollevamento .
Avanti il deposito del sistema calcareo-arenaceo antico, il Mi-
caschisto fondamentale era stato alterato e sollevato: degli evi-
denti sollevamenti si scorgono durante il deposito delle antiche
arenarie, e nuovi e più forti, dopo il deposito della Calcarea
oolitica, e dei terreni cretacei. In alcuni siti il terreno cretaceo
ed oolitico non fu più sollevato dopo il deposito delle attigue
formazioni terziarie, ma in altri, e non molto discosti, si
trova sollevato il terreno terziario medio, il terreno subapenni-
no, e forse anche il terreno alluviale. I sollevamenti, special-
mente nei Monti Trevigiani e del Friuli^ non sembrano in
rapporto collo sbocco di Rocce ignee. Non si può dire che
la catena delle Alpi Lombardo-Venete sia emersa dopo la Creta
o dopo i terreni terziarj^ essa era già sorta ad una qualche
altezza da epoche più antiche, ed ha acquistato la sua forma
ed elevatezza presente, con una lunga serie di parziali solle-
vamenti, incominciata nelle più antiche epoche geologiche, e
continuata probabilmente fino dopo la deposizione del terreno
alluviale .
Il Pasini richiama specialmente l'attenzione dei membri
sulle grandi e strettissime spaccature della massa calcarea,
lunghe talvolta venti e più miglia , come quelle in cui scorro-
no YAdige, la Brenta ed il Cordevole^ e perpendicolari alla di-
104
rezione della catena . Nel punto dove queste spaccature sboccano
verso la pianura , si osserva sempre una singolare contorsione
e disposizione degli strati oolitici e cretacei . Fa anche osservare
i rapporti che hanno la direzione e la profondità dei laghi, colla
direzione ed altezza delle circostanti montagne .
Finalmente il Pasini comunica alcune osservazioni geolo-
giche che ha fatte nelle valli del Boìtee. del Cordevole (provin-
cia di Belluno). Nella prima di queste valli il sistema calcareo-
arenaceo secondario antico offre per vasti tratti un'arenaria
talvolta argillosa, talvolta compatta di color nericcio che simula
da lontano le Rocce porfidiche, e che fu da qualche geologo
presa per Porfido pirossenico ( Giornale di Treviso Decem-
bre 1828, Biblioteca Italiana M^diVzo 1858, p. 554), ma che
nulladimeno lascia distinguere benissimo la sua stratificazione,
la sua alternazione colle Rocce argillose e calcaree, e vi si tro-
vano in qualche luogo {Rà della Spondez^ presso San Floriano)
delle conchiglie.
La Pietra verde del Peajo e di altri luoghi del Bellunese,
descritta dal Prof. Catullo, è una marna induratissima del detto
sistema calcareo-arenaceo , la quale passa tanto all' arenaria che
al calcare: una simil roccia si trova anche nella Val Canio-
nica. Non vi ha in tutta la Valle del Boite alcuna massa di
Porfido pirossenico o di Rocce di analoga natura .
In Agordo non esiste certamente lo Schisto coronante
sopra il micaschisto fondamentale, come supponeva il Conte
Marzari, e supposero dopo di lui altri geologi (^Biblioteca Ita-
liana loc. cit. ) . Un'immensa massa di Pirite cuprifera sembra
essere stata la roccia che ha sollevato ed alterato non solo il
calcare del M, Imperina^ ma le Arenarie ancora ed il Mica-
schisto. Si trovano colà evidenti indizi delle metamorfosi delle
Arenarie quarzose in Gneis , ec.
Ai piedi del M. Serva nel Bellunese non vi ha alcuna
sorta di Schisto siliceo {Bib, ItaL loc. cit., Ann, di Star, Nat,
lOo
di Bologna 18*29, T. I.), giacché sarebbe questa una sede poi
anche troppo lontana da quella che ragionevolmente dovrebbe
avere, ma vi si osserva solo un terreno calcareo-cretaceo , con
Piromaco,
Emanuele Repetti legge una Notizia geografico-statistica
sulla Val d'Elsa e sull'Istituto agrario fondato in Meleto dal
Marchese Ridolfi , la qual notizia contiene alcuni cenni sulle
principali varietà di Rocce terziarie che si riscontrano in quella
valle .
Il Prof. Domnandos comunica alcune sue osservazioni
sulla giacitura geologica dello Smeriglio noìV Isola di Naxos^
una delle più grandi e fertili isole dell'Arcipelago Greco. E
dessa attraversata dal Nord al Sud da una catena di montagne,
le quali sono composte verso 1' Ovest di Granito e di Pregma-
tite schistosa, che passa al Quarz-rock ossia alla Quarzite .
Sopra il Granito si trova il Calcare saccaroide in cui si anni-
dano filoni di grande spessezza ed ammassi di Smeriglio. Non
è questo minerale il Corindone dei mineralogisti, ma piuttosto
Corindone e ferro oligisto combinati assieme . L' annua esca-
vazione che ne vien fatta ammonta a 12000 quintali, ma se ne
potrebbe ottenere assai più. I filoni di smeriglio tagliano gli
strati calcarei, e vi sembrano introdotti come per sublimazione,
tanto sono essi immedesimati colla massa calcarea. Il solleva-
mento di queste montagne non sembra che sia stato prodotto
dallo Smeriglio, ma bensì che sia avvenuto in altra epoca.
L'inclinazione degli strati non arriva ai 40 gradi, come vien
riferito nell' opera intitolata Eocpedition Scientijìf/ue de Mo-
rèe ec, ma solo ai 30 o 52^ questi filoni vanno dal Nord
al Sud .
Il Prof. Domnandos ricorda come il ferro oligisto s' in-
contri di sovente nella Grecia. In quel solo tratto di paese, che
si stende dal Laurio al Capo Sunnio^ egli ha potuto osservare
le tracce di oltre trecento escavazioni del detto ferro, intraprese
dagli antichi Greci. u
106
L'Ingegnere delle IMiniere Baldracco legge alcune notizie
intorno alla fabbricazione del ferro, e riferisce i risultati di al-
cune sue esperienze sulla riduzione del ferro ossidulato della
miniera di Azzane in Sardegna , fatte in una delle fucine Ca-
talano-Liguri, attualmente in lavoro nel Genovesato. Si usava
fondere la vena di ferro oligisto coli' addizione di \ circa di fer-
raccia^ ma il detto Ingegnere ottenne un miglior successo, im-
piegando la pura vena nella proporzione di \ in frantumi ed
1 in polvere, col qual metodo ebbe il 55 per \ di ferro, ricono-
sciuto in Torino di eccellente qualità. Un simile esperimento
istituito anche sul ferro oligisto della Miniera di Rio del-
l'Isola dell' Elba ^ gli diede in egual modo per risultamento
più che un 50 per l di ferro di ottima qualità, mentre col
metodo comune di mescolarvi la ferraccia, non se ne ottiene
che un 45 o 44 per l di mediocre qualità. In fine l'Ingegnere
Baldracco consiglia quelli che in Italia si occupano della fab-
bricazione del ferro, ad introdurre nelle loro officine quei mi-
glioramenti che hanno fatto tanto progredire in altre parti di
Europa questa industria, come sarebbe l'impiego della fiamma
che inutilmente svolgesi dalle bocche dei forni fusorj, e dei
fuochi in generale, non solo pel riscaldamento dell'aria, ma
per la preparazione a un tempo del combustibile , vale a dire
della legna torrefatta da sostituirsi con gran vantaggio al car-
bone ordinario:^ la concentrazione col mezzo di volte sferiche
del calore stesso della fiamma dei forni fusorj e delle fucine,
r impiego della fiamma delle rafiinerie pel riscaldamento della
ferraccia destinata alla fabbricazione del ferro, ec.
Dopo la lettura di questa memoria il Presidente dichiara
che i lavori della Sezione sono ultimati.
Anche quest'ultima adunanza fu onorata dalla presenza
di S. A. I. e R. il Gra>duCxV.
Il SEGHETARrO DELLA SEZIONE LODOVICO PASINI.
Il Presidente - PROF. ANGELO SISMONDA.
^"S^
:^^i»lf Qp:
DI
BOTAMCA E FISIOLOGIA VEGETABILE
PROCESSI ITRBALI
DI BOTANICA E FISIOLOGIA VEGETABILE
TENUTA IL DI 4 OTTOBRE 1839
JWà il Presidente principio alla sessione col ringraziare la
Provvidenza d'avergli concesso di viver tanto, da vedere in-
trodotte in Italia le Riunioni scientifiche: esterna la sua rico-
noscenza ai Socj per l'onore compartitogli eleggendolo Presi-
dente, onore che dice riconoscere di molto superiore al suo
merito, e di voler considerare come un semplice omaggio
graziosamente reso alla sua accidental qualità di Decano
de' Botanici Italiani . Fa quindi F enumerazione dell' opere
botaniche stampate in Italia, dopo la pubblicazione della sua
Flora Pisana^ cioè in poco piti d'un mezzo secolo: e dall' es-
ser desse in numero assai maggiore di quelle che in eguali
spazj di tempo, prima di quest' epoca, eran comparse alla
luce, ne arguisce che il genio degli Italiani trovavasi adesso
favorevolmente disposto per la Botanica, onde con tutta ragio-
ne potevasi sperare che i di lei progressi fosser per essere sem-
pre maggiori, tanto più che potentemente ci avrebbe coadiu-
110
vato il reciproco incoraggiamento prodotto dalla riunione di
tanti studiosi di questa e delle altre parti della Storia Naturale,
e che consolato da tali favorevoli auspicj, invitava i Socj a dar
principio alle letture.
Il Prof. De Visiani trovandosi ad avere in ordine la Flora
Dalmatica^ che quanto prima sarà stampata a Lipsia, trattiene
r udienza colla lettura della Prefazione premessa alla detta ope-
ra, che è scritta in lingua latina. Fa notare l'importanza che
hanno per la scienza le piante della Dalmazia, nel cui territo-
rio, quantunque di piccola estensione, giacche non eccede le
dugentoquaranta leghe quadrate, confluiscono le piante della
Flora Ungarica, della Flora Sicula, e della Flora Greca. Fa
conoscere la Topografia della Dalmazia, cui unisce molte osser-
vazioni generali relative alla vegetazione che vi è propria, ed
enumera i Botanici che han parlato delle piante Dalmate. Circa
il metodo da lui tenuto nelP esposizione delle specie, dichiara
d'averle disposte in Ordini naturali, aggruppati in Classi simili
a quelle del Bartling, con alcune modificazioni bensì che gli
eran parute necessarie: di aver rinnovate le frasi generiche e
specifiche, traendone i caratteri dalle piante da lui descritte: di
essersi attenuto alla sinonimia solo di quelli autori che delle
piante di Dalmazia trattarono, e di aver citate quelle sole figure
che avea trovato rappresentar fedelmente le piante di cui si
occupava: di aver conservati quei nomi che dagli autori erano
stati originariamente dati alle specie, quando non gli aveva
trovati assolutamente erronei, e di avere ad ogni specie ag-
giunto il nome vernacolo, ed indicate l'epoche della fioritura
e fruttificazione, e la durata loro, e d'avere in fine indicati gli
usi medici ed economici. Dichiara di aver considerate come
Dalmate le sole piante che esso avea trovate vive colà, o aveva
vedute negli Erbarj da lui diligentemente esaminati, di tutti
quei Botanici che la Dalmazia percorsero, escludendone tutte le
altre come dubbiose, o come falsamente attribuite a quel paese.
Ili
Questa Flora resultante da circa dueinilaquattrocento specie, è
accompagnata da molte figure che rappresentano specie nuove,
o non mai figurate, o illustrano specie dubbie, e una ventina
di tavole son sottoposte all'esame dell'adunanza, che le trova
di buon disegno e bene incise.
Il Prof. Moretti espone all'ispezione de'Socj una pianta di
Valeriana dioica, nella quale due cauli si eran saldati insieme,
ed avevan formata sotto la metà della loro lunghezza una di-
latazione infundibuliforme, passata la quale i cauli prosegui-
vano subcilindrici, e le foglie in essi non erano più opposte,
ma distribuite in spira. Questa mostruosità dava luogo a varj
ingegnosi discorsi, tendenti a render ragione delle cause che
potevano averla prodotta, la discussione de' quali fu aggiornata
ad altro tempo, per dar luogo ad una lettura che aveva annun-
ziata il Dott. Giuseppe Meneghini.
Questo Socio che si occupa in particolar modo dello stu-
dio dell' x\lghe, presentava al Consesso la collezione delle spe-
cie di questa famiglia da lui raccolte ne' monti Euganei, fralle
quali specie molte vi son delle nuove, e presentava pure il ma-
noscritto contenente le loro descrizioni, quali si proponeva di
render quanto prima di pubblico diritto. Invitava quelli che a
preferenza si son dati allo studio di questa parte di Crittoga-
mia, a voler esaminare il piano del suo lavoro, osservare gli
esemplari autentici su i quali è redatto, verificare la novità e
la bontà delle specie, e contribuire in tal modo ad avvicinarlo
sempre più alla perfezione. E per dare un saggio del modo da
lui tenuto neir illustrare queste piante , tanto difficili a deter-
minarsi e a descriversi con chiarezza, esponeva una dozzina di
specie o nuove o meritevoli d' illustrazione, le quali, quantun-
que non facenti parte delle Alghe Euganee, pure erano da lui
collo stesso amore descritte, ed egregiamente figurate in dodici
tavole colorite, quali offriva all'esame delli scienziati quivi
raccolti.
112
Tali specie erano
Rivularia Biasolettiana . Prasiola cespitosa,
• haematites . Percur saria fucicola .
mamillosa. Dasjcladus Cflindricus.
Contareni. Laminaria uncinata.
Calothrix ambìgua. Baillomnana punicea.
Bangia latissima. Microcystis Parolinìana.
E passando in seguito a qualche osservazione organografica e
fisiologica intorno a tali specie, parlava della struttura e delle
affinità della Rivularia, mostrando come questo genere sia da
collocarsi, nella serie naturale, più da vicino alle Lykgbyeae
che alle NosTOCHmEAE, fralle quali finora è ascritto^ e come
altri generi sempre riguardati dalli autori come spettanti alle
NosTOCHiKEAE, per la presenza del muco che avvolge e racchiude
i loro fili, siano invece per la struttura e le condizioni fisiolo-
giche di questi medesimi fili, molto affini ad altri ordini più
elevati di Alghe. Parlando della Calothrix che proponeva come
nuova , faceva un quadro comparativo de' caratteri che fra loro
distinguono i generi delle Lyxgbyeae, mostrando come malgrado
una somma ragguardevole di note differenziali, nessuna ne esi-
ste di assolutamente costante. La nuova specie di Bangia gli
dava occasione di trattare della struttura propria a quel genere
la quale dimostra l'affinità di esso colle Ulveae, e in partico-
lare col genere Prasiola, cui riconduce alcune specie finora
controverse. La Percurs ari a fucicola, dì cui descriveva la par-
ticolar maniera di fruttificare, illustra e definisce quel genere
proposto dal Bory de Saint- Vincent, e dagli autori più recenti
rigettato. Il Dasjcladus cjlindricus lo mostrava come di gran-
de importanza, perchè una sola specie di quel genere finora
si conosceva, e questa nuova specie meglio si presta a schiarare
l'affinità di esso colle Siphoneae, cui l'aveva già inserito il
Delle-Chiaje. La Laminaria uncinata h distinta dalle congeneri
per i caratteri della vegetazione e della fruttificazione, e giù-
115
stlfica lo smembramento di quel genere dalle Chom)rieae del-
l'Agardh. La Bailloimana punicea^ benché non ancor trovata
dall'Autore in fruttificazione, mostra forme e caratteri così
distinti, da meritar certamente l'analisi esposta nella tavola
decima. Finalmente la Microcystis Parolinìana presenta al-
cune delle più interessanti modificazioni offerte dal tipo di
organizzazione propria a questo genere, stabilito dal Kiitzing
entro limiti un poco troppo estesi, e che il Dott. Meneghini
propone di restringere, a ciò persuadendolo le considerazioni
organografiche e fisiologiche da lui esposte.
Il Segretabio della Sezioe — D. B. BIÀSOLETTO .
Il Presideste — PROF. CAF. G. SA fi.
TENUTA IL DÌ 5 OTTOBRE 1839
ietto ed approvato il processo verbale dell' adunanza del di 4
Ottobre, il Presidente invita a parlare Angiolo Comi il quale
faceva istanza alla Sezione, acciò ella prendesse in esame di-
versi esemplari di piante da lui presentati, alcuni compressi
per esser disposti negli erbarj, altri in mazzi ritenenti le loro
forme naturali , per esser questi tenuti in vasi ad ornamento
di stanze, preparati, gli uni e gli altri, con metodo suo parti-
colare, che tenne segreto: metodo che doveva conservare, per
lunghissimo tempo, ai fiori e alle foglie le figure e i colori che
15
Ili
hanno in stato di freschezza, e desiderava che la Sezione di-
chiarasse se tali preparazioni potessero favorire i progressi della
Botanica. Il Presidente incarica i Professori Giuseppe Moretti,
Antonio Targioni Tozzetti, e Ruberto de Visiani di esaminare
e referire.
Luigi Calamai fa vedere alcuni Funghi modellati in cera
con molta naturalezza ed eleganza, facenti parte d'una più
copiosa collezione da lui eseguita fino al numero di centoventi
specie: fa vedere anche de' modelli di frutti parimente in cera,
e rende conto di alcuni lavori da lui fatti, e di altri da farsi,
di pezzi tendenti a illustrare la teoria della Botanica e della
Fisiologia vegetabile .
Il Prof. Giuseppe Moretti, all'occasione di parlare d'un
vecchissimo individuo femineo della Cycas revoluta^ che gli
è fiorito nell'Orto Botanico di Pavia, di cui è Direttore, espo-
neva i suoi dubbj circa al posto che nella serie naturale deve
occupare la famiglia delle Cigadee, e mostrava propendere a
collocarla accanto alle Palme. Il Prof. Pietro Savi prende allora
la parola per fare osservare le appresso notabili differenze fralle
Palme e le Cigadee. 1.° Che le Palme hanno annuale l'accesso
della vegetazione, e le Cigadee, almeno in Italia, l'hanno bisan-
nuale. 2." Che le Palme hanno le foglie intieramente distese,
£ nelle Cigadee, almeno per la massima parte, la fogliazione è
arricciata, carattere per cui una volta si collocavano fralle Felci.
5." Che nelle Palme le foglie delle gemme si sviluppano suc-
cessivamente l'una dopo l'altra, mentre nelle Cigadee si svi-
luppano tutte contemporaneamente.
In quanto agli organi riproduttori, il Prof. Moretti dimo-
strava che le Cigadee non potevansi tenere per piante di semi
nudi, quali da varj Botanici son credute, ma esser desse dotate
di veri frutti, che stanno attaccati ai margini delle squame, le
quali non come pericarpi aperti, ma quali brattee legnose
sono da considerarsi, considerazione che gli faceva nascere il
dubbio se più alle Conifere che alle Palme fossero affini.
US
Fu ripresa la discussione sull' individuo mostruoso di
Valeriana dioica, ch'era stata messa in campo nella seduta
precedente. Il Prof. Moretti esponeva in succinto le opinioni
che erano state in vigore per la spiegazione di tal mostruosità,
quella cioè che la faceva dipendente dall'essere stata obbligata
la pianta, nel momento del suo sviluppo, a passare per una
stretta apertura, l'altra che la vuole effetto d'una di quelle
saldature che son frequenti fra gli organi de' vegetabili, alla
quale dichiarò che aderiva. In tale occasione il Prof. Narducci
parlò d'un Opuscolo da lui temp' addietro pubblicato, su d'un
individuo di Brassica oleracea affetto da simil mostruosità, e
ne mostrò la tavola che lo rappresentava, facendo osservare
che nel largo e compresso caule si scorgevano tante strie longi-
tudinali subdiafane, alternanti con altre perfettamente opache,
munite a luoghi a luoghi di foglie, aventi all'ascella un rudi-
mento di gemma, le quali foglie ascendendo andavano a di-
minuire in grandezza, onde chiaro appariva le strie opache
essere i rami, e le subdiafane il tessuto cellulare, che si era
espanso e venuto così a saldargli insieme, e che era una con-
ferma della saldatura la tendenza de' rami a dissaldarsi lungo
le strie diafane. Su tal proposito da alcuni de'Socj, come Luigi
Calamai, Luigi INIasi, Prof. Pietro Savi, si proponevano delle
ingegnose ipotesi per spiegare come potesser le fibre acquistare
la disposizione spirale, che riscontravasi nella Valeriana dioi-
ca^ e di frequente osservasi ne' rami di Ginestra e di Frassino:
e si esaminava se la sola pletora a ciò bastasse, o e' influissero
ancora le punture cagionate da insetti.
Pervenuti all' ora prefissa , il Presidente annunziò che re-
stava sciolta la seduta , ed invitò i Socj a voler profittare della
vacanza del giorno seguente per portarsi a fare un' escursione
botanica, guidati a questa dal Prof Pietro Savi.
Il Seghetario della Sezione — D. B. BIASOLETTO .
Il Presideme - PROF. CAV. G. SAVI.
116
FATTA NEL DI 6 OTTOBRE 1839
JLi invito fatto dal Presidente nelF adunanza passata , per
un'erborizzazione, fu ben accolto, e quelli fra i Socj cui il
disimpegno d' altri incarichi non poneva ostacolo , fra i quali
contavansi i Professori De Visiani , Jan, Pietro Savi, Pasquali^
i Dottori Meneghini, Amidei, Riboli, Carlo Porro, Orsini,
Durando, ed altri studiosi, la mattina del 6 Ottobre si misero
in campagna , e scelsero per le loro ricerche le falde meridio-
nali del Monte Pisano, quelle in specie che si estendono fra
Nicosia e i Bagni di San Giuliano. Se la troppo inoltrata sta-
gione non permise loro di fare una ricca messe, furono non
ostante ricompensate le loro fatiche dall' aver potuto osservare
e raccogliere varie specie assai interessanti, come sarebbero: Se-
necio erraticus^ Thrincia tuberosa^ Bellis sylvestris^ Centau-
rea solstitialis y Galactites tomentosa y Festuca serotina^ Mi-
liuni coerulescensy Trìfolium Bocconi^ Pterogoniwn Smitliii^
Pterogonium sciuroides ^ Neckera Jieteroniallay Shapagnwn
capillifoliumy Poljtrichum nanum^ Encaljpta vulgaris j Grim-
mia apocarpa^ Ljcopodium denticulatum^ Grammìtis leptO'
pliylla^ Liliuni bulbiferwny Genista pilosa^ Ei^ica scoparia ^
Pìiillirea angustifolia^ Neottia spiralis. Conomitrium Julia-
nwUy Roccella phjcopsis^ Roccella fuciforniis^ Ramalina fa-
stigiata^ Endocarpon ininiatum^ Gyropliora pustulata^ Par-
melia Acjuilay Parnielia periata^ Targionia hjpophjllay Sai-
vinia natansy Trapa natans.
117
Si trattennero nella loro gita ad esaminare le copiose
sorgenti d'acqua acidulato-carbonica, che scaturiscono dalla
pianura alla base del Monte d'Agnano, ed ivi poterono racco-
gliere delle Oscillarle^ e fralle altre 1' Ose, labyrinthiformis,
che in larghe falde galleggianti copre quell'acque. Poterono
osservare i caratteri della vegetazione pertinente al terreno
Calcareo, e quelli della propria al Verrucano: poiché sul primo,
di cui son formati i Monti d' Agnano e de' Bagni ^ scorsero
copiosi i Cistus incanuSy Cistus sahnfoliiis^ Cistus monspeliensis^
Myrtus comnninis , Pistacia Lentiscus y Eiiphoròia spinosa ,
Euplioròia CharaciuSy Satnreja Juliana^ Satureja montana y
Osyris alba-y mentre che sul Verrucano del quale son formati
il Monte d' Asciano e quelli che dalla Verruca dipartendosi
col divergersi a settentrione abbracciano tutta la vallata di
Calci, trovaron copiosa /' Erica scoparla y Genista pilosay
Daphne Gnldiuniy Hieraciwn praealtiun y Pinus P master y
Phjlllrea mediay Pliyllirea angustlfolla .
Finalmente ai Bagni di S. Giuliano, ove fu il termine della
gita scientifica, si trattennero ad osservare quelle magnifiche
Terme, e trovarono anche nelF acqua di quelle di che arricchire
la loro collezione di x\lghe |, ma attesa la piccolezza di questi
esseri novellamente acquistati, non poterono per il momento
determinare il posto che loro si spetta nella serie degli esseri
viventi .
Quest'escursione oltre l'aver dato occasione ai rammen-
tati Botanici d' acquistare un' idea della Flora di questa parte
della Toscana, offri loro nel comune cousorzìu occasioni per
trattenersi sopra soggetti di scienze, e riunì il vantaggio di
servir di ricreazione alli spiriti degli scienziati in quel giorno
festivo, e di porger loro motivi di nuova istruzione.
Il Secoetario della Sbzio:?b — D, B. BIÀSOLETTO .
Il Presidejcte - PROF. CAF. G. SAVI.
118
TEKCTÀ IL Di 7 OTTOBRE 1839
<etto il processo verbale della sessione precedente ed appro-
vato, apertasi dal Presidente la sessione, il Prof. Cav. Gio. Bat-
tista Amici comincia colla lettura d'una memoria sul processo
col quale gli ovuli vegetabili ricevono l'azione fecondante del
polline: memoria ricca per la copia de' fatti da lui osservati,
che volle esporre coli' ordine de' tempi in cui le osservazioni
furono eseguite, onde stabilire il diritto d'anzianità che a lui si
perviene in questa interessantissima serie di scoperte.
Rammentava come nel 1821 egli aveva veduto un granello
di polline della Portulaca oleracea caduto in cima a uno delli
stimmi, scoppiare a un tratto e mandar fuori una specie di
budello assai trasparente, che si distese sullo stimma e vi aderì
lateralmente: che questo budello era un semplice tubo, compo-
sto d'una sottilissima membrana, e pieno di minutissimi cor-
piccioli, de'quali una parte esciva dal granello pollinico e l'altra
ci entrava, dopo aver fatto il giro lungo il budello, e che un
movimento confuso di corpiccioli anche nell'interno del gra-
nello si riscontrava, e che verificò la costanza dell'egresso del
budello da qualunque altro globulo di polline della Portulaca^
e la circolazione de' corpiccioli contenutivi, sempre che rin-
novate fossero le condizioni fisiologiche del polline , relativa-
mente all'epoca della fecondazione della pianta.
Diceva come in seguito, Adolfo Brongniart, ripetendo le
stesse osservazioni, giunse a vedere nel 1826 l'esito de' budelli
119
pollinici, cioè il loro ingresso nello stimma , e da questo nel
tessuto o dutto conduttore dello stilo, nel qual tessuto gli parve
vedere, che apertisi nella cima, da essi budelli escissero i gra-
nellini, i quali, per un movimento in loro insito, progredendo
per i meati tracellulari, giungessero per la placenta fino agli
ovuli .
Ricordava come quest' ultima parte dell' osservazione del
Brongniart era stata da lui. Amici, contradetta con nuove ulte-
riori osservazioni, esposte in una lettera al Prof. Mirbel, scritta
nel Luglio 1830, ed inserita nel Tomo XXI degli Annali di
Scienze Naturali, nella quale rendeva conto: che da quanto
aveva osservato ne' fiori àoìV Hibìscus syriacus^ e della Zucca
{Pepo macrocarpos) restava provato ad evidenza, che il budello
pollinico penetrato nel tessuto conduttore continua ad allun-
garsi fin a dentro l'ovario, ove si abboccava coll'esostomo degli
ovuli, senza rompersi entro il tessuto conduttore, e che era una
riprova della conservazione del budello nella sua integrità, l'os-
servarsi la retrocessione de'granellini per Io stesso budello, fino
al grano di polline restato sullo stimma: che ad ogni ovulo giun-
geva un budello: e che siccome in diverse piante la distanza
frallo stimma e gli ovuli è assai grande, e non si può supporre
che nel granello di polline vi sia contenuta una membrana suf-
ficiente a dar origine a un budello di tal lunghezza, egli aveva
opinato che il budello, una volta entrato nel dutto conduttore,
ricevesse da questo nutrimento e aumento di materia, capace di
dargli tutta l'estensione requisita: che era osservazione pure a
lui dovuta, non esser sempre unico il budello che esce da uno
stesso granello pollinico, ma escirne anche due e tre, e che
questo numero estendesi qualche volta fino a venti e trenta.
Diceva come l'Osservator francese, il quale dapprima avea
sospettata la preesistenza di cellule tubulate nello stilo, prolun-
gate fino agli ovuli, le quali avessero indotto i'x4mici in errore
e portatolo a credere che fossero i budelli emessi dai granelli di
120
polline, era finalmente convenuto dell'allungamento dei detti
budelli pollinici fino alla metà della lunghezza dello stilo, e
qualche volta fino presso la cavità dell'ovario: e come le sue
osservazioni fossero state confermate da quelle del Brown.
Riferiva come, secondo Treviranus, il supposto budello
pollinico membranoso altro non sarebbe stato che un filamento
mucoso escito dal granello, e contenente entro di se la materia
fecondante: tal filamento non arrivare mai fino agli ovuli,
ma la materia fecondante amalgamarsi a de'pacchetti di fibre ,
che dalle papille stimmatiche si estendono fino all'ovario, le
quali, al dir di Treviranus, avrebbero illuso l'Amici e portatolo
a credere esser desse il budello. E qui faceva riflettere il nostro
Socio potersi abbattere di fatto l'objezione del Naturalista ale-;
manno, col solo isolare un granello di polline della pianta me-
desima da lui osservata, ed esaminarlo alquanto dopo di averlo
messo nell'acqua, nella qual circostanza vedrassi allora l'egresso
del budello ed il suo allungamento, senza pericolo d'imbro-
gliarsi colle supposte fibre stilar! .
In quanto poi alla accennata ipotesi della preesistenza
de' tubi nel tessuto cellulare conduttore, originariamente traspa-
renti, e visibili soltanto quando nell'atto della fecondazione il
polline v'abbia versato il proprio liquido granelloso, diceva: che
una tale opinione era stata motivata dal fenomeno, che talvolta
presentano i budelli pollinici di alcune specie, consistente nel
distaccarsi essi budelli dal granello nel posto ove su questo
s'inserivano, nel qual caso detti budelli incassati nel tessuto
conduttore per tutto il loro tratto, e abboccati nell'estremo infe-
riore coir apertura dell'ovulo, sembrano quasi formare a questo
un lungo collo, e possono da uno, non ben pratico in tali ricerche,
esser creduti appartenenti al tessuto conduttore suddetto.^
Riportava finalmente un'esperienza che distrugge affatto
anche il dubbio che preesistano de' tubi nel tessuto, e dimostra
chiaramente l'andamento de'budelli pollinici per cui giungono
121
agli ovuli, quale esperienza è la seguente. Si tolgano uno o due
lobi allo stimma d'un fiore di zucca, non ancora perfettamente
sbocciato, e però prima della fecondazione: è chiaro che con
tale amputazione, se esistono i tubi, si vengono così a mutilare
tutti gli appartenenti al lobo o lobi operati, e che gli ovuli cor-
rispondenti a questi lobi non dovranno restar fecondati: eppure
tutti lo sono, tutti passano allo stato di semi, che l'Amici
ha veduto germogliare, segno evidente che non per tubi spet-
tanti al tessuto passa la materia fecondante, ma che i budelli
pollinici dessi sono che la portano fino agli ovuli, e il Prof.
Amici dichiarava aver veduti, in tal caso, i budelli pervenire
agli ovuli facendo de' giri tortuosi, sempre nell'otricolar tessuto
conduttore, come se avessero cercate e trovate delle vie di com-
penso per supplire all'ordinarie, casualmente mancanti.
Manifestava il Prof. Amici il desiderio che tutti gli ascol-
tanti potessero sincerarsi, osservando da loro medesimi al mi-
croscopio, della verità delle sue asserzioni, ma atteso l'esser
dessi in numero troppo grande, non potendosi ad una tale inspe_
zione ammettere che un limitato numero d'osservatori, suppliva
col mettere in vista un modello in cera, superiormente eseguito
dal prelodato Calamai, rappresentante con tutta la verità un
ramo con foglie e fiori di zucca al naturale: le parti sessuali, più
una sezione dell'ovario della stessa pianta, della grandezza in
cui si presentano veduti a un forte ingrandimento del micro-
scopio, preparazione che in conseguenza dava chiarissima idea
de' granelli del polline con i respettivi loro budelli, del viaggio
che questi fanno per lo stilo, e che proseguono fino alla placenta,
munita d'una porzione di tessuto conduttore, disposto in varie
lamine, fralle quali i budelli passano per imboccarsi negli ovuli^,
ed in due pezzi a parte eseguiti con ingrandimento anche mag-
giore, dai quali si dimostrava 1." una porzione di stimma con
granello di polline dal quale emerge in varj punti, in forma
d'ernia, la membrana interna del granello dopo d'aver sollevato
16
122
il corrispondente operculo, che sulla sommità di ciascuna di
dette ernie si osserva: 2." la parte apicilare d'un ovulo con tutto
il sacco embrionario, e coli' estremità del budello pollinico in
parte penetrato nel dutto che conduce dall' esostomo al sacco
embrionario.
Finita la lettura, il Principe di Musignano dimandava al
Prof. Amici se credesse di poter sostituire al termine budello
altro termine più filosofico, e che potesse esser corrispondente
a qualche teoria da abbracciarsi per spiegare la formazione del-
l'embrione nelle piante. Ad una tal dimanda rispose il Prof.
Amici non avergli mai l'osservazione dimostrato qual cosa accada
nell'ovulo allorquando s'è imboccato nel budello, e non avere
per conseguenza teoria alcuna da proporre, né termine filosofico
che le corrisponda: ed aver prescelto quel vocabolo organogra-
fico attenendosi al solo aspetto dell'organo, che è membranoso,
cavo e flessibile nel tempo medesimo, proprietà che meglio non
possono esprimersi che col detto termine budello^ termine eh' è
stato adottato anche da' Botanici francesi. — Altra dimanda
aggiungeva il predetto Principe di IMusignano, ed era, se il
Prof. Amici dalle sue osservazioni potesse rilevare alcunché in
appoggio dell'opinione di cui sono stati autori in Germania
Schleiden e Wydler: alla qual dimanda il Prof. Amici replicava
di non poter abbracciare una tale opinione, perchè a lui non
era mai riescito distinguere il budello pollinico penetrare oltre
la metà del canaletto che dall'esostomo conduce al sacco embrio-
nario, e perchè credeva che onde poter verificare il fatto asserito,
si richiedesse l'osservazione replicata sullo stesso organo in due
epoche differenti, l'una quando il budello pollinico fosse pene-
trato nel sacco embrionario, l'altra quando questo stesso budello
pollinico fosse convertito in embrione*, osservazioni le quali, a
suo parere, non si posson ripetere sullo stesso organo, atteso
che al momento in cui questo si prepara viene a mortificarsi,
e cessano in lui tutti i fenomeni della vita.
125
Il Prof. Giuseppe Domenico Botto leggeva un discorso sul
movimento da lui osservato delle molecule attive di Brown,
esponendo che ne aveva prese in esame, tanto di sostanze inor-
ganiche, che di emulsioni e sughi vegetahili, e che su queste
aveva dirette particolarmente le sue indagini microscopiche.
Il Prof. Targioni Tozzetti presentava per parte di Eugenio
Reboul, per esser dispensate ai Socj presenti, varie copie d'un
opuscolo da questi pubblicato nel 1822 col titolo Nonnullarum
specierwn Tuliparum in Agro Fiorentino sponte nascentium^
propriae notae, unitevi due Appendici stampate in seguito, che
una nel 1825, l'altra nel 1858. I Socj se ne mostrarono gra-
tissimi .
La sessione fu onorata dalla presenza di S. x\. Le R. il
Grat^ducaj e questo benefico Principe, sempre premuroso di
favorir le scienze, esaminata avendo la nominata preparazione
in cera, e convinto dell'utilità della medesima in varie dimo-
strazioni di Fisiologia vegetabile, fattone acquisto dall'artefice
Calamai, insieme con altre tre rappresentanti VErinewn Vitis^
VUredo Rosae, e gli organi maschi della Marchantia polymor^
pha, preparate esse pure a un forte ingrandimento, ed eseguite
sotto la direzione del Prof. Gio. Battista Amici, generosamente
le donò al Museo per uso delle lezioni di Botanica, e per tenersi
in ostensione.
Il Segretario della Sbzioitb — PROF. FILIPPO NÀRDVCCI .
Il Presidente - PROF. CAV. G. SAVI.
124
TENUTA IL DI 9 OTTOBRE 1839
(etto ed approvato il processo verbale della sessione prece-
dente, Luigi Calamai trattiene l'udienza coli' informarla delle
qualità sensibili delle tre sorta di China che in commercio por-
tano il nome di China Pitaya, China aranciata, e China rossa,
delle quali aveva già fatta conoscere al pubblico l'analisi chi-
mica, eh' è inserita nel N." 17 del Giornale di Commercio di
Firenze, 24 Aprile 1859. Dice dunque che si riscontra nelle
scorze di
China Pitaya. Figura più o meno accartocciata: volume
medio: spessezza non maggiore di due o tre linee: superficie
esterna increspata, o screpolata, con macchie irregolari: tatto
non ruvido, ma cotonoso e farinoso: superficie interna unita:
rottura fibrosa: colore giallo-ranciato , al di fuori più chiaro:
sapore amaro-aromatico, alquanto stittico, ma piacevole: odoì^e
grato e fragrante.
China rossa. Figura più o meno accartocciata: volume ^m
che medio: spessezza non maggiore di tre linee: superficie
esterna increspata, o screpolata, spesso con macchie sinuose,
scudiformi o rilevate: epidermide spessa: tatto morbido: super-
ficie interna iin'itiì: frattura fibrosa: colore giallo-ranciato-scuro:
sapore molto amaro, e molto aromatico: odore gratissimo e
fragrantissimo.
China aranciata. Figura accartocciata, ma e spessissimo
piana: volume massimo: spessezza fino in cinque linee: super-
123
fide esterna molto increspata, talvolta screpolata, e sempre
macchiata: tatto morbido: fidati ura fibrosissima: colore giallo-
ranciato-pallido: sapore amarissimo ed assai stittico: odore non
disgustoso: ed aggiunse credere appartenere esse a tre piante
diverse del genere Cinchona, Fece parola anche della Chena
Guacco, che opinava provenire dalla Cinchona glanduUfera di
Ruitz.
Il Prof. Targioni Tozzetti espone all'esame della Sezione
due rametti d'una specie di Cinchona venuti d'America, muniti
di foglie e fiori, ed alcuni frutti della medesima. Si giudica po-
tessero appartenere alla Cinchona ovata a var. foliis utrinque
^labris di Xees : esso gli dona all'Erbario dello stabilimento.
Lo stesso Professore presenta uiiOscillaria da lui raccolta
nell'acque de' 5<7^/2i di Vignone^ e narra d'aver coli' analisi
chimica trovato il ferro fra i componenti àeWOscillariay mentre
di questo principio neppur un atomo avea potuto trovare nel-
l'acqua in cui ella nasce, vegeta, e muore, saggiata con i rea-
genti i più sensibili, narrazione che dà motivo a discussioni,
ed a varie ipotesi fra i Socj, per assegnar la causa di questa dif-
ferenza di componenti. Alcuni pensavano che il ferro fosse
contenuto nell' acqua in quantità cosi infinitamente piccola da
sfuggire all'analisi la più scrupolosa, e che ciò non esclu-
desse la possibilità che il ferro diventasse un componente sen-
sibile neW OsciUariay col continuo e successivo deposito ne' fi-
lamenti di quella. Eravi taluno che in verun modo approvava
una tale spiegazione, facendo osservare, le Oscillarie esser
piante cosi fugaci, e di vita cotanto breve, da mancare il tempo
per potersi in esse formare il deposito d'una sostanza, che non
è sensibile nel mezzo in cui vivono. Altri poi de' Socj, dichia-
rando d'esser persuasi che gli esseri organizzati abbian la facoltà
di dare origine ai principj inorganici, non trovavano alcuna
difficoltà nel render ragione di ciò che il Professor Targioni
aveva osservato. Intanto il Presidente incaricò il Dott. Mene-
126
ghini di prendere in esame V Oscillarla à^^ Bagni di Figjione,
per poi riferire sulla specie cui apparteneva, e sulle particola-
rità che in essa gli venisse fatto di rinvenire.
Il Prof. Pietro Savi comunica alcune sue osservazioni sugli
ovarj deW^mòrosinia Basii, dalle quali resulta che questi pre-
sentano una struttura differente da quella degli altri ovarj fino
a qui noti.
Nella sua comunicazione faceva avvertire che detti ovarj
di Ambrosinia, all' epoca della fecondazione, hanno molti
ovuli ortotropi, all'apice de'quali può giungere la materia fe-
condante per la via più corta, mediante il tessuto conduttore
che dallo stilo si prolunga nell'interno dell'ovario, riempien-
done intieramente la cavità rilasciata dagli ovuli, e giungendo
fino tramezzo ai loro funicoli ombelicali.
Annunziava come per questa struttura, gli ovarj delF^m-
hrosima differiscono da quelli dell'altre specie in generale,
1." perchè sono ovarj multiovulari che contengono ovuli orto-
tropi: 2.° perchè il tessuto conduttore giunge direttamente pri-
ma all'apice loro, che alla loro base: 5.° perchè il tessuto con-
duttore riempie intieramente la cavità dell'ovario formando
una polpa, nella quale gli ovuli sono immersi.
Quanto disse fu dimostrato in seguito, mediante figure
rappresentanti in grande la struttura degli ovuli e quella degli
ovarj. E siccome dalle figure si rilevava che gli ovuli ortotropi
in semi ortotropi si convertivano, senza che la loro sommità
potesse comunicare collo stimma altro che per il tessuto con-
duttore, che dallo stilo si estende in polpa a riempir l'ovario,
cosi senza stare a esporre il processo della fecondazione conclu-
deva, che questa deve giungere per detto tessuto all'apice degli
ovuli, tenendo la via più corta, ed arrivandovi per una parte
opposta a quella per cui vi giunge il nutrimento, e diceva, come
l'osservazione de' fatti comprovava un tale asserto. Terminava
il suo discorso coli' esternare la sua opinione, che gli ovarj
i27
degli Ari e degli Arlsari convenissero per la struttura con
quelli àelV Amòrosìnìa, e ciò perchè i semi loro quantunque in
ovarj multiovulari sono ortotropi, e perchè negli ovarj à^WAri-
sarum avea trovato, come in quello A^ Amhrosiaia^ una polpa
proveniente dallo stilo, e involvente la sommità degli ovuli.
Il Prof. Cav. Amici, terminata la seduta, si esibiva di ripe-
tere, al microscopio, le osservazioni comprovanti i fatti da lui
esposti nella seduta precedente, ammettendoci un numero di-
screto di Socj^ ed a tale oggetto si sceglievano i Professori Mo-
retti, Visiani, Sassi, Narducci, Pietro Savi, e Dottori Meneghini,
Biasoletto e Corinaldi, i quali attestarono con rapporto da loro
sottoscritto, d'aver chiaramente veduto il budello escire dal
granello di polline, il suo estendersi fino all'ovulo, l'imboc-
carsi nella cavità di questo, ed il moto circolatorio della ma-
teria granellosa.
Il SKCnrr.vRto della Sezione — D. B. BIASOLETTO .
Il Pp.EsiDErfTE - PROF. CAV. G. SJVI.
TENUTA IL DI 10 OTTOBRE 1839
(etto il processo verbale della precedente adunanza e rimasto
approvato, il Prof Presidente G. Savi apriva la sessione con
esporre alcuni altri lavori da lui fatti in illustrazione delle
specie di Origanum, dopo quelli inseriti nel Tomo XXXVIII
delle Memorie della R. Accademia di Torino, anno 1855. Fa-
ceva notare le diiiicoltà fitografiche che dette specie presenta-
no, difficoltà che dipendono dall'insufficienza, inesattezza e
128
oscurità delle frasi, dalla sinonimia non bene applicata o non
bene interpetrata , come pure dalla variabilità delle forme ,
cui gl'individui della stessa specie talvolta vanno soggetti^ ci-
tandone per esempio VOriganum smjrneum^ in cui talvolta
avea riscontrati gli stami tutti fra loro eguali in lunghezza, ed
altre volte le brattee piccole, strette, distanti, lasse e patenti al
segno di lasciare i calici allo scoperto e ben visibili, in nessun
modo disposti in spiga strobiliforme, e in conseguenza man-
canti del carattere generico dell' Or/^a/zwm.
Passava poi a presentare due specie che a lui comparivano
come nuove . Una che egli chiamava Origanum confertum^
analoga all' Origanum Majorana per la struttura del calice, per
il colore e per l'odore, ma diversa per la ramificazione, l'in-
fiorazione, la figura delle spighe, e per la proporzione delle
brattee con i calici. L'altra, che diceva chiamarla Origanum
fortidtum per essergli comparsa a caso, inaspettatamente fra
piante nate da una sementa diOriganuin Majorana, Dessa ha
della somiglianza coVi Origanum syriacum^ ma ne differisce
per aver le spighe non cilindrico-tetragone e sottili, ma crasse
e ovato-conoidee, di minor lunghezza che in quello, oltre va-
rie altre differenze nelle brattee, nel color de' fiori e de' calici .
Mostrava di tutte le specie di cui avea parlato gli esemplari
freschi e secchi, e le figure, quali annunziava che si disponeva
a pubblicare, unitamente alle descrizioni.
Il Dottor Meneghini, cui era stato addossato l'incarico
d'esaminar l'Oscillaria raccolta dal Prof. Targioni Tozzetti nel-
r acqua de' Bagni di Vignone^ referiva appartener dessa alla
specie detta Oscillaria lahyrinthiformis^ e comunicava le sue
idee sul modo col quale i fili di questa, due a due gli uni
sopragli altri si avvolgono, formando come un cordone. La
spiegazione di questo fenomeno la deduceva dai due moti sco-
perti dall'Amici ne' fili AeW Oscillaria^ quando sono nel loro
stato di semplicità : che uno di rotazione sul proprio asse, l' al-
129
tro di progressione nel senso della loro lunghezza, per i quali
moti accade, che trovandosi due di questi fili paralleli e conti-
gui , in faccia ad un ostacolo che li arresti , per quella forza
che cerca di portar avanti tutte le loro parti e per la loro fles-
sibilità s' incrociano , ed incrociati che sono per l'altro moto
per cui cercano di rotare sopra loro stessi , si avvolgono e si
attorcigliano insieme. Mostrava il Dott. Meneghini una tavola
ancora inedita della sua Algologìa Euganea^ nella quale una
figura era destinata all' analisi di questi movimenti, e sotto-
poneva all'ispezione de' Socj una copiosa collezione delle varie
forme che presenta la stessa Oscillarla labyrintìdformis nelle
Terme Euganee.
Leggeva in seguito il Prof Cav. Amici un suo scritto
sulla circolazione che si osserva negli internodi della Cìiara^ ed
in tale occasione parlava d' una Memoria di M. Dutrochet sullo
stesso soggetto, inserita negli Annali di Scienze Naturali, fa-
scicolo del Gennajo e Febbrajo 1838, e faceva osservare che
mentre il Dutrochet dichiara che la ciclosi di Schultz è una
circolazione ben diversa da quella che ha luogo nella Chara^
mostra con tale espressione di credere che la nominata ciclosi
sia una vera circolazione . Ora a una tale opinione si mostrava
contrario l'Amici, e dichiarava che la ciclosi non poteva tenersi
per un effetto prodotto da un agente fisiologico, perchè eli' è
un mero effetto d'un agente fisico, cioè del calore, mentre la
ciclosi cessa o s' inverte nella sua direzione , al cessare o all'in-
ver tersi dell'applicazione dell'azione calorifica, come difatto
dimostrava coli' osserva/Ziorie rnìcroscupica a parecchi membri
della Riunione scientifica . E continuava dicendo , che se il
Mirbel credè di dover obiettare a quanto esso , Amici, sul pro-
posito ciclosi asseriva, per aver veduto due correnti di liquido
che in senso contrario muovevansi entro due tubi paralleli,
una tale objezione non era di peso alcuno, perchè i vasi inflet-
tendosi per ogni verso, è molto naturale che partendone due
17
150
dal luogo medesimo cui è applicato il calore , possano questi,
dopo varj serpeggiamenti, passare sotto il campo del microsco-
pio paralleli, ed in direzioni contrarie relativamente a quella
del liquido che essi contengono .
Ritornando poi il Prof. Amici a quella parte della Memo-
ria del Dutrochet , che concerne la causa del moto circolatorio
della linfa, faceva osservare, ohe l'esperienze dal detto Fisico,
insieme con Becquerel instituite, non provano che l'elettricità
non ci abbia influenza , e che F unica conseguenza, la quale da
esse legìttimamente se ne possa dedurre si è , che l'elettricità
non faccia sentire l'azione sua traverso le membrane formanti
i tubi, conseguenza la quale era facile il dedurre da quanto
esso Amici avea già osservato e pubblicato fino dal 1822, al-
lora quando avendo egli ammesso, che dall'elettricità dipen-
desse la suddetta circolazione, osservava, che questa e nella
Cliara e nella Cauliiiia fragilisy continua indifferentemente in
ogni tubo per il verso stesso, e per il verso contrario a quello
che tiene ne' tubi adjacenti e ne' sottoposti , e perciò senza che
quella causa producente il moto circolatorio nelle cellule conti-
gue influisca nulla sul moto del liquido nella cellula in osser-
vazione .
Diceva inoltre che il distaccarsi di qualche porzione di
coroncina dalla respettiva serie, il contorcersi di questa stessa,
e il tornar poi a collocarsi parallela e adjacente alla serie cui
apparteneva, non son fatti sutìicienti ad ammettere una miste-
riosa forza vitale come vorrebbe il Dutrochet, potendosi tali
movimenti benissimo far derivare dall'azione elettrica prodotta
dalle serie delle coroncine fìsse all'interna parete della mem-
brana de' tubi, giacché la nominata porzione di coroncina di-
staccata, trovasi per un' accidental posizione in mezzo a due
correnti di liquido contrarie , e deve da queste ricever diversi
urti, e concepire per conseguenza movimenti variatissimi, come
accade in un filo flessibile in balia d'un vortice d'acqua.
151
Veniva poi ad esaminare l'asserzione del Donne ( Annales
d'Histoire Naturelle^ Novemhr, 1858). Questi, appoggiato
ad alcune sue osservazioni, attribuisce la circolazione della
Chara alla presenza di cigli vibratili^ simili a quelli degli ani-
mali infusorj, cigli che esso ammette sopra i globuli verdi
formanti le coroncine parietali, e de' quali l'esistenza è stata
supposta ancora da Purkinje e Valentin, senza che alcuno di
loro gli abbia potuti vedere (^Institut. IO Medi 1858). L'Ami-
ci, non avendo con i suoi squisiti strumenti riscontrato giam-
mai tali organi, non crede ammissibile quella opinione, la
quale d' altronde fu già, Venti anni sono, concepita e pubbli-
cata da un'Italiano, ma che però neinmenu fra i suoi compa-
triotti ebbe favorevole accoglimento, imperocché, fralle altre
ragioni, l'Amici notava come improbabile, che occorra l'azione
d'un essere animale per compire una funzione appartenente
alla vita de' vegetabili . Passava finalmente il Cav. Amici a
confutare l'asserzione dello Slack, riportata nella ^Memoria del
Dutrochet, relativamente ai due tubi, che uno interno all'altro,
ammette negl' internodi della Nitella flexilis (Chara flexilis),
non avendo mai, esso Amici, col suo microscopio potuto rin-
venircene che uno solo.
Terminata questa lettura, il Prof. Pietro Savi, presa la
parola, dimandava come accader possa la circolazione entro
quelle cellule de' vegetabili, delle quali sulle membrane non
riesce scoprire serie alcuna di coroncine. Alla qual dimanda il
Prof. Amici rispondeva : che dal non esser visibili le coroncine
parietali, non se ne può trarre la conseguenza che non vi sie-
no: e che considerato il rapporto fra il diametro de' globuli
delle coroncine della Chara con la dimensione de' tubi o cel-
lule della medesima, e considerata la dimensione delle cellule
dell'altre piante in cui vedesi il moto circolatorio, per conser-
vare il rapporto medesimo, i globuli dovranno essere d'un
diametro cosi esiguo da non esser visibili, qualunque sia il
mezzo ottico di cui si faccia uso.
152
Dimandava poscia l'istesso Prof. Pietro Savi, qual creda
il Prof. Amici che sia la vera composizione dell' apparecchio
elettromotore, dall'azione del quale dipenderebbe la circola-
zione del liquido nel tubetto vegetabile , alla qual dimanda la
risposta dell'Amici fu: che in alcune specie di Chara e nomi-
natamente nella Chara uhoides Bertol., la quale per la lun-
ghezza degli internodi e per il diametro de' tubi può chiamarsi
gigantesca, egli aveva osservato, come referi in uno scritto
destinato a far parte del Tomo primo delle Memorie della R .
Accademia di Modena, stampato nel 1827, che ciascun glo-
bulo paripfalR resultava da due globetti minori posti a rontat-
to, uno di color rosso-scuro, e bianco l'altro, involti in una
sorta di muco verde, che dessi essendo di natura diversa, forse
resinoso il rosso , e feculaceo il bianco , vengono a formare i
requisiti elementi elettromotori: e dichiarava in fine che la
spiegazione da lui proposta della causa del moto del liquido
ne' tubi della Chara la reputava sempre una semplice congettu-
ra, da ritenersi solamente perchè niun' altra spiegazione fisica
migliore di essa se ne può ideare, non volendo attribuire un
tal fenomeno all'influenza della vita.
BOri. BÀRTOLOMMEO BIÀSOIETTO.
I Segretari della Sezione
PROF. FILIPPO NÀRDVCCI.
Il Presidente - PROF. CAr, G. SAVI.
TENUTA IL DI 11 OTTOBRE 1839
<etto ed approvato il processo verbale dell'adunanza prece-
dente e apertasi la sessione, i Professori Moretti, Targioni, e
Visiani incaricati d'esaminare le piante secche preparate e pre-
sentate da Angiolo Comi riferiscono, che quelle conservanti le
loro figure e disposte a mazzi potevano essere impiegate per
ornamento di stanze, per dilettar l'occhio ai non intelligenti
della scienza, ma che in nessun modo né queste, né le altre
potevano, con qualche utilità, servire per le collezioni botani-
che, né favorire l'avanzamento della scienza.
Il Segretario Prof. Carducci legge in seguito una lettera
scritta di Milano , il 26 del decorso Settembre, dal Barone Vin-
cenzo Cesati al Prof. Gaetano Savi , nella quale si trattava delle
cause che avean potuto limitare verso settentrione F estensione
dell' abitazioni delle medesime specie di piante nelle due Ri-
viere, orientale cioè ed. occidentale del Golfo ligustico, in modo
che iieir occidentale giungono a latitudine più boreale che in
quella d'oriente. In questa lettera, dopo avere indicate quali
sieno le specie su cui meglio può farsi una tale osservazione,
quali le circostanze fisiche locali in cui si trovano le due Riviere,
emette la sua opinione, consistente nel supporre che origina-
riamente queste specie si partissero dall'Atlante, e verso set-
tentrione si dirigessero, nella quale emigrazione fossero arre-
state dal subissamento de' terreni interposti, subissamento da
154
cui ebbe origine il Mediterraneo, e che non essendosi operato
contemporaneamente su tutto il tratto di quei paesi, né ovun-
que per egual larghezza, mentre la penisola iberica di poco
rimase disgiunta dall'opposta Affrica, da ciò ne nascesse che
le specie per più lungo tempo e con maggior facilità per il
lato occidentale potendo passare, da questo lato più oltre
progredissero.
Parlava poscia, in questa lettera, il Baron Cesati del biso-
gno che e' è per li scienziati Italiani d' accordarsi tra loro per
redigere Annali di Fisica e di Storia Naturale^ l'oggetto
de' quali sia il render conto sollecitamente di tutte le nuove
Opere, e di quelle in specie che per il loro costo difficilmente
verrebbero a notizia de' meno agiati cultori delle scienze^ come
pure il raccogliere e pubblicare le nuove scoperte e le nuove
osservazioni che ovunque si van facendo, dandosi spesso il caso
che più d'una ne vada in oblivione per mancanza di mezzo
facile onde renderla nota.
Terminava finalmente col pregare il Consesso a voler
gradire la dedica d'un Opuscolo, che si dispone a pubblicare
col titolo di Rariores vel novae stirpes italicae descriptionibuSy
iconiòusque illustrataei dedica che la Sezione di Botanica ac-
cettò con chiari segni di gradimento.
Il Cav. Prof. Enrico Federigo Linck, con una sua lettura
informava la Sezione d'aver osservato, che alcune Orchidee
esotiche, tre specie di Angraecum^ son mancanti di vero seme,
giacché il rappresentante del seme non contiene in esso veruno
embrione, ma un bulbo resultante da un nucleo globoso e
parenchimatoso, dal quale per il germogliamento si sviluppano
le radici e il caule ^ e d'aver veduto i budelli pollinici penetrare
in questi simulacri d'ovarj: osservazione, ei concludeva, che
fa contro l' ipotesi di Schleiden e Widler, giacché se il polline
veramente si convertisse in embrione, l'embrione ne' semi di
queste piante avrebbe dovuto formarsi.
Il Dott. Jacob Corinaldi presenta una serie d'Alghe ma-
rine da lui raccolte nel mare di Livorno, ed elegantemente
preparate su carte, ad oggetto di dare un'idea della Flora
marina delle nostre coste. Presentava ancora l'elenco di dette
Alghe, ove ad ogni nome di specie è aggiunta una limitata,
ma ben intesa sinonimia, e l'indicazione delle località ove
furon raccolte . Fra esse son da notarsi lo Sphaerococcus plì-
catus Agardh. , che secondo lo Sprengel è proprio de' mari
settentrionali, e la HutcJiìnsia pinnata Agardh., e la Confeiva
parasitica Hudson, che secondo il mentovato Autore appar-
tengono all'Atlantico, e tutte e tre mancanti nell'opere de' Bo-
tanici che hanno scritto particolarmente sull' Alghe del Me-
diterraneo. Quest'elenco fa parte d'un volumetto di Memorie
scientifiche dell' x\ccademia Valdarnese, stampato a spese del
Dottore Jacob Corinaldi, rappresentante al Congresso l'Acca-
demia suddetta , e dal medesimo regalato a tutti i componenti
le sezioni di Botanica, Geologia, e Fisica. Ed in questa occa-
sione il Prof. Pietro Savi distribuiva degli esemplari disseccati
d'una pianta da lui creduta nuova, e descritta nel menzionato
volume sotto il nome di Sarothra Blentineiisis^ e contempo-
raneamente indirizzava ai membri del Consesso la dimanda:
se ancor essi credessero una tal pianta esser nuova specie, di-
manda alla quale non fu data risposta.
Il Conte Giorgio Gallesio legge un estratto di due Memo-
rie sulla Teoria degli innesti e sulla loro classificazione ,
Egli distingue due movimenti di sugo presentati dalla
vita attiva delle piante: il primo lo chiama sugo circolante y
l'altro sugo in travaso.
Il sugo circolante scende dalle gemme alle radici, e dalle
radici risale alle gemme, e nell' ascendere e nel discendere cir-
cola nel tessuto de' vasi in tutti i sensi . Il sugo in travaso esce
dai vasi della circolazione, quando ne rigurgitano, si sparge
fra il libro e l'alburno, li distacca, li divide, e si organizza fra
136
loro in nuovi strati di libro e d'alburno, destinati ad aumen-
tare il diametro della pianta, e preparare de' nuovi organi per
la vegetazione dell'anno successivo.
Gl'innesti in due modi si fanno: 1." a combaci amento di
corteccia ^ 2.° a contatto di libro coli' alburno . Il primo è l' in-
nesto a spacco con tutte le sue modificazioni, e si fa « sugo
circolante^ in primavera quando la circolazione comincia a
risvegliarsi^ e anche nell'inverno, se si tratta di piante di
climi in cui la vita latente conservi alcun poco di movi-
mento. L'altro innesto poi, quello cioè a contatto di libro
coir alburno y conosciuto sotto i nomi d' innesto a marza fra
legno e corteccia ^ d' innesto a scudetto^ d' innesto a cannellino^
si fa a sugo in travaso nelle stagioni nelle quali il sugo in
rigurgito esce dai vasi, per spargersi fra il libro e 1' alburno e
rinnovare gli strati. Egli infine dice che le piante monocline
cominciano tutte la loro vegetazione in primavera col sugo
circolante , e non passano al sugo in travaso che nel principio
della state, quando lo sviluppo de' rami è giunto al suo com-
pimento, o per una repetizione incostante e fugace suU' entrar
dell'autunno, quando la vita è per cessare, e però all'aprirsi
della vegetazione queste, come il Pero e simili, non si prestano
ad altro modo d' innesto che a quello detto a spacco. Che le
piante diclini poi aprono la loro vegetazione col sugo in tra-
verso, o per meglio dire con una simultaneità di movimenti
che li spinga ambidue, e queste, come sarebbe il Castagno,
si prestano ^innesto a scudetto.
Il Prof. Amici espone quanto da lui era stato osservato
suir Uredo Rosae^ servendosi della preparazione che il Cala-
mai, da lui diretto, aveva eseguita. Parla dello sviluppo e del-
l'organizzazione di questa pianta microscopica, mostrando,
1.° come le appendici bianche, periferiali ad ogni pustula
à'Uredoy si debbono riguardare come organi involventi: 2." che
i globettini gialli, i quali copiosi compariscono all'aprirsi degli
157
organi involventi, si debbon tenere per veri granelli di polline,
dai quali vide per l'azione prolungata dell'acqua, prodursi,
sugli angoli sporgenti di cui son provveduti, i budelli pollini-
ci: 3.° che i corpi del centro, resultanti da cassule pedicellate,
tereti, mucronate, tri-quinque-loculari, formanti secondo Per-
soon una specie di Pucci nia (JPuccinia mucronata var. Rosae^
sono, secondo le sue osservazioni, organi feminei della mede-
sima Uredo,
Il Prof. Sassi comunica delle osservazioni sulla struttura
dell'embrione d'alcune Crucifere, da lui trovata diversa da
quella attribuita loro dagli autori che fin qui n' avevan trattato.
Queste osservazioni riguardano le Carclamine^ che essendo po-
ste fralle Pleurorizee dovrebbero avere i cotiledoni piani, com-
bacianti, colla radicina piegata e appoggiata sopra un tratto
della loro commettitura. La Cardamiiie CUelldonia invece, ha
i cotiledoni piegati lungo i margini, colle ripiegature che si
gettano addosso reciprocamente all'altro cotiledone, cosi che
son cotiledoni abbracciantlsi per i margini, presso a poco come
son le foglie nelle gemme de' Dianthus^ Salvia ec. che Linneo
chidinò folla semieqidtantia^ e la radicina non è distesa sulla
commettitura, ma bensì sulla porzione piegata d' uno dei co-
tiledoni, e però una tal pianta, rigorosamente parlando, non
può riguardarsi come una Pleurorizea, ma piuttosto come una
pianta intermedia fralle Pleurorizee e le Notorizee, che formi il
passaggio fralle une e l'altre, e per la particolar disposizione
embrionale propone il Prof. Sassi di formar con essa una se-
zione al genere Cardaminey ossia un sotto-genere, col nome
Plectilobium, Una tal disposizione dell'embrione non la trova
per altro che nella sola specie Cardamìne Chelidonia^ e le C«r-
damine inipatiens^ asarifolia^ hirsiita^ thalictroides e resedifo-
lia^ annunzia d'averle riscontrate Pleurorizee.
Nelle Dentarie poi pinnata^ bulbifera, e poljphjlla^ espo-
ne che i cotiledoni hanno pure le piegature marginali del lem-
18
158
bo, ma che queste si gettano sulle loro facce interne, i cotile-
doni non si abbracciano, e la radiclna è appoggiata sopra un
tratto della commettitura: son vere Pleurorizee, ma col margine
de' cotiledoni piegato indentro, e pensa il Prof. Sassi che que-
sto sia il vero carattere per distinguere le Dentarie dalle Car-
damine^ piuttosto che quello indicato da varj Autori della sili-
qua lanceolata e non lineare, e de' funicoli ombelicali dilatati,
e che però non debbano riunirsi alle Carclamine^ come aveva
fatto il Brown.
Passa in seguito il Prof. Sassi a render conto d' una Epatica
da lui trovata nel suolo ligure, pianta, cui non rinvenendo
posto fra i generi stabiliti, avea pensato servirsene per formare
un genere nuovo, che avrebbe chiamato Dichlamis^ per essere
in tal pianta lo sporangio formato da doppia membrana, ma
conosciuto poi che era stata descritta e figurata da Lehmann
negli Atti dell'Accademia Cesareo-Leopoldina dell'anno 1858,
benché presentata nel 1850, col nome di Antroceplialus iiepa-
lensisy avea deposta l' idea di fare il genere nuovo, e solo si era
permesso di mutare il nome specifico, giacché, da quanto dice
lo stesso Lehmann, l'individuo da questi descritto proveniva da
un Erbario acquistato dal fu Prof. Colsman che portava il tito-
lo, Piante del Nepal mandate dal Dottor FTallich^ onde non
puossi assicurare positivamente che provenga da questa località,
e ciò aveva indotto il Prof. Sassi ad assegnarli un nome speci-
fico, indicante una località che sicuramente gli appartiene, e
chiamarlo Antroceplialus italicus^ e poiché nell' esaminarne
molti individui freschi avea riscontrata qualche differenza nelle
forme della pianta, da quelle che Lehmann aveva notate, ne
aveva fatta l'appresso nuova descrizione che consegnava alla
Sezione perchè s'inserisse nel processo verbale.
159
ANTROCEPHALUS Lehm.
Car. Gen. Capitula sporangifera p e dune alata in niedìetate
superiori frondis . Caliptra ad basini capitali e pilis simplici-
òus liberis, Sporanglum apice stylìgeram^ e duahas menihranis
constans y basi tantum connatis y medio longitudinaliter ruin-
pens^ valvis aecpialibus . Sporulae in membrana interna nume-
rosaey elateribus praeditae^ initio ad parietes ajfirae. Capitula
mascula in medietate superioris faciei frondis nascentia ^ ses-
siliay ovato-globosa^ superficie papillari praedita: calyptra e
pilis liberis . Antherae clavatae in texta celluioso capitali
immersae ^ ad singulam papillam respondentes .
A>'TROCEPHALUS iTALicus. Pianta gregarie super terram na-
scens^ Marchantiam simulans, Froas membranacea viridisy
subdichotoma^ laciniis subimbricatisy extremitate rotundatis ^
saepe emarginatisi nen^o mediano et marginali nullo^ subtus^
ad latera^ squamellis purpureis imhricatis ut in Targionia hy-
pophylla. Radices tenues numerosissimae^ e medietate paginae
inferiori s frondis erumpentes , Calyptra pilis pluribus Inter se
liberis constanSy pritnam totum capitulum tegens^ demum api-
cem pedunculi circulariter cingens. Pedunculi modo brevissimi^
modo quatuor ad quinque lineas longi^ albidi^ primum erecti^
maturitate incurvi^ apice sporangia ovata^ modo solitaria modo
duo vel tria vel quatuor sustinentes^ apice stylo mucronato in-
structa. Sporangium e membraais duabus ejformatum^ quarum
exterior oblonga^ alba^ longitudinaliter medio deJdscens^ iute-
rior fusca^ cum externa basi connata^ ceterum libera^ longitu-
dinaliter pari modo dehiscens in lamìnas irregulariter denta-
tasi intus sporis elaterio donatis foeta ,
Capitula masculina sessilia^ tuberculata^ calyptrata.
Locus natalis: in plani tie Albinganensi ^ et prope Finale
in Liguria occidentali. Floret Octobri^ et Novembri .
Sorge poscia il Prof. Moretti, e trattiene l'adunanza par-
140
landogli dì quella Clorosi parziale per cui tutte, o porzione delle
foglie, divengono in tutta la superficie loro, o solo in parte,
incolore o bianche, facendosi in tal modo variegate o screziate,
affezione considerata come una malattia, di cui non è facile
render ragione persuadente^ e in particolar modo prende egli in
esame l'opinione di quelli che la credono malattia contagiosa,
capace di comunicarsi da uno a un altro individuo mediante
l' innesto, opinione che ha per base il fatto, citato già da lungo
tempo dal Blair, dal Bradley, da Lawrence, d'un innesto di
Gelsomino a foglie variegate eseguito su d'un Gelsomino uni-
colore, in conseguenza del quale anche le foglie nel soggetto
variegate comparvero, ed un altro fatto osservato in Brescia
nel 1855, come a lui riferito, cita il Prof. Moretti, d'un nesto
di Nerìum 0/eanrler a foglie variegate , sopra un Nerìum
Oleaiider comune, tagliato a due piedi circa sopratterra, in cui
perito casualmente il nesto, le nuove messe prodotte dalla
superstite porzione del soggetto avevano le foglie variegate.
Un tal fatto ben verificato, avrebbe deciso in favore del con-
tagio, e provata l'influenza de' nesti su i soggetti, da alcuni
sostenuta, e da molti negata: ma il Prof. Moretti, non volendo
ragionare che fondato sulle proprie' osservazioni, narra di aver
eseguiti varj innesti, a marza e a contatto, di varie specie di
alberi e arbusti a foglie variegate, sopra soggetti della stessa
specie a foglie unicolori, e che quantunque i nesti felicemente
riescissero e prosperosi movessero nuovi rami con foglie varie-
gate, le produzioni al di sotto del nesto furon sempre di foglie
unicolori. Egli infine terminava dicendo, che quantunque ben
persuaso della niuna influenza del nesto sul soggetto, pure
invitava i cultori di Botanica e d'Agricoltura a voler tentare
nuove esperienze, onde togliere ogni dubbio sopra una simil
questione.
Finalmente dal Segretario leggesi una lettera del Marchese
Ridolfi Presidente della Sezione agraria diretta al Presidente
141
Prof. Savi per invitarlo a proporre ai Membri della Sezione
botanica di voler concorrere a una volontaria oblazione in
favore degli Asili infantili di Pisa, per coronare con un atto
di beneficenza la prima Riunione scientifica Italiana, ed atte-
stare ai Cittadini la riconoscenza delli Scienziati per la cordiale
ospitalità loro accordata. La proposizione fu accolta con uni-
versale consentimento, e restò disciolta l'adunanza.
Il Segretario della Sezione — PROF. FILIPPO NARDVCCl .
Il Presidente - PROF. CAV. G. SAVI.
TENUTA IL DI 12 OTTOBRE 1859
ietto ed approvato il processo verbale dell'adunanza prece-
dente, da principio il Marchese Ridolfi con leggere una rela-
zione sopra un individuo di Pino del Chili (^Araucaria imhri-
catcì) vivente allo scoperto nel Giardino suo di Bibiani, e per la
prima volta fiorente in quest'anno. Dice come quest'albero vi
fu piantato nel 1826, che aveva allora, non bene, quattro piedi
d'altezza, e quattro pollici di circonferenza alla parte inferiore
del fusto, e che vi ha vegetato prosperosamente, essendo ora
giunto all'altezza di sedici piedi, e ad averne quasi due di cir-
conferenza nel tronco alla distanza di mezzo piede dal terreno:
che nel decorso Febbrajo cominciò a mostrare gli amenti ma-
schili e femminini: che questi ultimi convengono con quelli
à^\C Araucarìa hrasiliensis . descritti dal Raddi nel Tomo V
142
degli Atti dell'Imperiale e Reale Accademia dei Georgofili di
Firenze, ma che i maschili ne sono alquanto diversi. Di fatto
gli amenti staminiferi àeW A rane ari a brasìliensis son solitarj,
diritti, perfettamente cilindrici, e formati da squame imbricate
dure e legnose, che ingrossano e si allargano dalla base al-
l'apice, ove terminano in una linguetta un poco oncinata, lunga
circa una linea e mezza. La linguetta è una continuazione della
stessa squama, e questa è circondata da una diecina d'antere
piuttosto lunghette, lineari e solcate longitudinalmente. Gli
amenti maschili poi ài^VC Arane aria imbricata^ come appariva
dagli esemplari esibiti dal Marchese Ridolfì, son geminati, non
retti, ma curvi, e colle squame niente affatto mucronate. Diceva
come gli amenti femminei erano in florida vegetazione, e in
stato di incremento, avendo di già acquistato una lunghezza di
quattro pollici, e una circonferenza di sette, e che questi non
sottoponeva all' inspezione del Consesso, avendo prudentemente
risoluto di non toccarH per non perdere la ben fondata spe-
ranza di ottenere de' semi maturi onde propagare fra di noi
quest'albero interessantissimo ed utilissimo, di cui la moltipli-
cazione per propaggine non si ottiene che difficilmente, e non
da se non che individui di meschina e difforme vegnenza. Di-
ceva ancora come malgrado che dei semi d Arane ari a hrasilien-
sìs portati dal Raddi nessuno avesse germogliato, pure da altri
semi venuti posteriormente due individui eran nati, de' quali
uno presto mori, e che il superstite era attualmente giunto ad
avere due piedi d'altezza, e vegetava in vaso prosperamente.
Il Dott. Jacob Gorinaldi, ad illustrazione de' caratteri car-
pologici di varie specie esotiche e segnatamente della Termina-
li a procera ^ Corjpha umbracn tiferà^ Hellenia alba^ Sapindns
Mukorossiy e Lagonjchinm Sleplianiannm^ ne mostrava i frutti
da lui acquistati al Cairo, e ne distribuiva a diversi Dotti della
Sezione, regalando loro anche la Memoria stampata ov'essi son
figurati.
Ii3
Vito Procaccini Ricci fa una comunicazione relativa alla
Flora fossile d'Italia, e nominatamente de' contorni di Siniga-
glia, accompagnata dall'ostensione d' un'interessante raccolta
d'impressioni di parti di vegetabili nella Marna selenitica, che
forma quelle colline, i di cui terreni appartengono ai terziarj
medj, e dall'ostensione d'un maggior numero di disegni rap-
presentanti impronte della stessa località. Da tutto questo si
viene in cognizione, che in questa parte della nostra Penisola,
tempo già fu, restaron sepolte ne' depositi d'acqua dolce, frondi
di Alghe, di ^luschi e parti di piante fanerogame, e fralle im-
pressioni mostrate dal Procaccini ben si distinguono Pilliti ap-
partenenti a Laurine^ altre a delle Conifere, fralle quali una
rappresentante una foglia di Gingko o Saìishuria^ una che
risveglia l'idea d'avere appartenuto a un Liriodendron^ altre
al genere Nerium^ alcune che sembrano del genere Castanea^
oltre alcune Carpoliti, di cui una che pareva d'un Citiso. Di-
mostrano insomma queste impronte tale e tanta pluralità e di-
versità di forme, da far conaretturare che la Flora d'Italia fosse
ricchissima di specie anche in quelli antichissimi tempi.
Il Prof. Cav. Gio. Battista Amici rammentando la sua
opinione relativa all'ascensione della linfa nelle piante, quale
egli pensa che segua traversando il tessuto cellulare, e che in
tale ascensione sia spinta dalla forza vitale delle numerosissime
membrane colle quali si trova a contatto, riporta un suo espe-
rimento eseguito con due rami staccati da una Thuja^ ne' quali
il Cambium aveva già incominciato a svilupparsi. Tagliatili in
ambedue le estremità, con taglio retto, li immerse per egual
porzione nell'acqua, in modo tale però che uno tuffasse per la
parte organicamente inferiore, e per la parte organicamente
superiore l'altro ramo. Dopo un certo tempo quest'ultimo ra-
mo era seccato nella parte emersa, e mantenevasi sempre fresco
il ramo primo, quello cioè che tuffava per la parte inferiore.
Tolto allora questo dall'acqua e capovoltatolo, erasi osservato
144
lo sgorgo d'una certa porzione di liquido dal taglio dell'apice,
che era stato emerso, e nessuno sgorgo da quell'altro ramo, che
era stato immerso rovesciato, in qualunque situazione lo tenesse.
Or riflettendo su questo fatto il Prof. Amici, crede di poter de-
durre che l'acqua la quale per la forza vitale è introdotta nelle
piante, sia soggettata a due forze: l'una di gravità per cui discen-
derebbe o resterebbe stazionaria: l'altra dipendente dalla vita-
lità delle membrane, che tende a trasportare il liquido dalla base
all'apice. Crede che di poco la forza vitale superi quella di gra-
vità, e che per tal motivo l'acqua non escisse dal taglio del-
l'apice del ramo che tuffava in situazione retta, mentre capo-
voltato, l'acqua non più trattenutavi dalla forza di gravità, ma
anzi da questa sospinta, concomitante anche l'azione delle
membrane, dovesse esser tutta versata: e che l'altro ramo tuf-
fante per l'estremità organicamente superiore, cioè il ramo ro-
vesciato, non potesse esser mantenuto invita, poiché le mem-
brane per l'azione loro, invece di farvi ascendere il liquido,
dovevano anzi farlo discendere.
La narrazione di tali esperienze, e le riflessioni fattevi
dal Professore Amici, inducono una discussione fra esso e il
Professor Linck sulla struttura del caule delle Conifere. Ri-
cusava il Professor Linck di ammettere che i vasi di queste
piante fosser porosi, ed opinava doversi piuttosto attribuire
alla presenza di glandole quell'apparenza di linee circolari
a largo cercine, che il Professore Amici ripeteva dalla pre-
senza di pori.
Onde convincere il Botanico Prussiano, il Prof. Amici
esponeva l'esatta descrizione de' suddetti pori, dicendo:
Essere i pori delle Conifere di due sorti: alcuni senza cer-
cine, altri col cercine. I pori col cercine trovarsi ordinaria-
mente nelle facce de' vasi corrispondenti alle sezioni che pas-
sano per l'asse del caule: essere il cercine un'apparenza e non
una realtà.
ìVò
Onde far comprendere tutto questo, egli premesse trovarsi
sempre il poro d'un vaso combaciante con un altro poro d'un
vaso contiguo: essere ciascun poro situato nel fondo d'una sco-
dellina scavata nella grossezza della parete del vaso, dalla parte
esterna di questo: l'abboccarsi delle scodelline appartenenti alle
pareti combacianti di due vasi contigui, produrre fraile due
pareti tante cavità quante sono le coppie de' pori, cavità di fi-
gura lenticolare, le quali coll'interno de'pori sono in comuni-
cazione mediante i fori, che a guisa di canaletti si aprono nel
loro fondo, e che coli' altra estremità fanno capo nell'interno
del vaso: tali scodelline finalmente esser quelle che con il loro
contorno producono l'apparenza d'un orlicelo o cercine intorno
ai fori nel loro mezzo situati.
Il Prof. Linck poi, all'oggetto di far ben comprendere le
sue idee su questa parte d'organografia microscopica, si prevale
delle figure annesse alla sua insigne opera intitolata Icones ana-
tomico-botanicae j che lascia in dono alla Biblioteca dell'Uni-
versità, unitamente agli Elementa Philosophiae Bolanicae.
Il Prof, de Visiani legge una INIemoria concernente l'osser-
vazione del Prof. Antonio Bertoloni, inserita negli Annali di
Storia Naturale di Bologna, sulla Saturej a montanu di Linneo,
tendente a provare una tal pianta non esser già quella che con
tal nome trovasi comunemente ne' Giardini botanici e negli
Erbarj, ma quella bensì che il Bartling chiamò Satureja subspi-
cata^ e di cui esso Prof, de Visiani die la figura nello Specimen
Stirpiwn Dalmaticarum^ ed essere stato indotto il Prof. Berto-
Ioni in questa credenza dall'ispezione della figura della Satureja
montana^ data dallo Smith nella Flora Graeca^ figura che al
prelodato Prof. Bertoloni parve identica a quella della Satureja
subspicata. Diceva pertanto su tal proposito il de Visiani:
l." Che la figura di Smith non rappresenta già la Satureja
subspicata del Bartling, ma bensì la Satureja montana di tutti
i Botanici, la quale ora il Prof. Bertoloni propone di chiamare
19
146
Sature] a hyssopifolia. 2." Che quand'anche la rappresentasse,
ciò per se solo non basterebbe a provare che questa fosse la
specie che Linneo intese di descrivere per Satureja montana^ e
non quella che tutti i Botanici anteriori e posteriori a lui tenner
per tale. 5.° Finalmente, che la patria assegnata da Linneo alla
sua specie, di luoghi cioè ne' quali non cresce la Satureja sub-
spicata^ ed i sinonimi da Linneo alla Satureja montana appli-
cati, che non appartengono sicuramente alla Satureja suhspi^
cata^ e le figure per quella citate, rappresentanti senza equivoco
la Satureja montana di tutti i Botanici, provano concorde-
inente esser questa la vera specie che Linneo descrisse col sud-
detto nome.
Il Vice-Presidente IMoretti presa allora la parola, appro-
vando le osservazioni del de Visiani, aggiungeva a maggiore
illustrazione dell'argomento, che la Satureja suhspicata Bartling
fu già descritta e figurata dal Mattioli, sotto il nome di Simfito
petreo p come pianta crescente presso Vipacco e presso Trieste,
ove appunto trovasi la specie del Bartling, ma che il Camerario
neW Epitome da lui fatto all'opera del Mattioli, non conoscendo
la vera specie vi sostituì la figura della Coris monspeliensis^
lasciandovi i luoghi nativi indicati dal Mattioli stesso, il che
essendo contrario al vero, perchè la Coris non cresce in quella
località, procurò al Mattioli una taccia d'inesattezza, che con
maggior diritto al Camerario dovevasi .
Il Segretario della. SEZIo^E — PROF. FIUPPO NARDUCCI.
Il Vxce-Pbeside-Nte - PROF. MORETTI .
i47
TENUTA IL DI 14 OTTOBRE 1839
iliunitisi i Socj nel Giardino Botanico, e letto ed approvato
il processo verbale della precedente adunanza, il Presidente
imprendendo a far la storia del magnifico Cedro del Libano
sotto del quale la Sezione si era raccolta, narrava come que-
st'albero era stato piantato, lui presente, nel 1787;, che la
pianta venuta d'Inghilterra era allora alta poco più d'un braccio,
che da quell'anno in poi era giunta a superare le venticinque
braccia, e che ad altezza maggiore sarebbe di già pervenuta, se
da parecchi anni non avesse perduta la vetta. Descriveva e
faceva osservare gli amenti maschi prossimi ad emettere il pol-
line, i teneri amenti femmine ed i coni maturi. Indicava le
qualità che rendono raccomandabile quest'albero, e come facil-
mente si riproduce per seme, e dava notizia di varj individui
figli del Cedro pisano, che prosperano felicemente in varj luo-
ghi della Toscana in terreni, esposizioni, e climi diversi, e non
obliava di parlar dell'altezza cui essi in un dato numero d'anni
erano pervenuti, notizie tutte che fanno sperare, il Cedro del
Libano poter essere un giorno uno de' più belli alberi boschivi
dell'Italia.
Antonio Orsini per dare un'idea della qualità e della ric-
chezza della Flora delli Abruzzi, paese tante volte da lui per-
lustrato, ricche messi raccogliendone, le quali con ammirabil
generosità distribuisce ai Botanici, presentava un Erbario for-
mato colle principali piante da lui raccolte nel tratto degli
Ii8
Apennini abruzzesi, Erbario stimabilissimo non tanto per la
sua ricchezza quanto per il modo con cui eran preparati,
e ben conservati gli esemplari. Alla presentazione dell'Er-
bario, che lasciò in dono allo stabilimento botanico del-
l'Università, faceva precedere la lettura d'un breve discorso,
nel quale narrava come si fosse sentito nascere l'amore per la
Botanica in faccia alla lussurieggiante vegetazione delle cam-
pagne a lui native, e come ci fosse stato confortato dai valenti
Botanici italiani, cui fece copia di parecchie specie da lui rac-
colte, non poche delle quali furon trovate, e ad esse, per grati-
tudine, conferito il nome triviale à^Orsìniana.
Il Vice-Presidente Moretti, ritornando su quanto nella
seduta del dì 5 aveva esposto sulle Cicadee, faceva vedere un
frutto maturo della Cjcas revoluta^ e dimostrava esser questa
una vera Drupa, così che dovendosi dar molto peso al carattere
del frutto, questa pianta sarebbe meglio collocata in una fami-
glia prossima alle Drupacee, anziché alle Conifere o alle Palme,
ed aggiungeva la notizia che quando la Cycas di Pavia era in
fiore, scolò dal tronco una sostanza gommosa, che avea l'ap-
parenza di Gomma Dragante, escrezione accidentale analoga a
quella che in vecchiaja e in stato patologico danno i PrunuSy
le Mimose ec, verificando così quanto aveva annunziato il
Brongnìart nel Tomo XVI degli Annali di Scienze Naturali,
circa la presenza d'un sugo mucilaginoso in alcuni spazi in-
tercellulari cilindrici, e regolari nel parenchima midollare e
corticale di questa specie di Gjcas^ sugo che si condensa in
forma vermicolare, in ragione che scola lentamente dall'ori-
fizio de' vasi.
Il Dott. Francesco Gera rendeva noto all'adunanza che
quanto prima avrebbe pubblicato un Dizionario micologico j
ove registrate si troverebbero, se non tutte, almeno un gran nu-
mero delle specie di Funghi tanto mangerecci che venefici, colle
respettive loro sinonimie e col novero di que'nomi vernacoli.,.
149
che dalle diverse provincie d'Italia aveva raccolti e sperava rac-
coMiere. Intanto ne mostrava il manoscritto, e faceva istanza
ai Botanici acciò volessero coadiuvarlo in questa polinomica
collezione.
Il Prof. Antonio Targioni Tozzetti annunziava che stava
occupandosi d'un' opera botanico-medica, corredata di figure
al naturale, alcune delle quali sottoponeva all'ispezione degli
astanti, che le giudicarono bellissime-
Sopra un fenomeno vitale degli organi composti vegeta-
bili prendeva a parlare il Prof. Pietro Savi. Il suo discorso si
aggirava su quell'opinione del Decandolle, che è generalmente
seguitata, per spiegare la direzione che prendono i cauli delle
piante, quando nella loro vegetazione si trovano ad avere una
parte più illuminata dell'altra, nel qual caso essi piegansi tanto,
da porre la loro estremità nella direzione per la quale loro
giunge la luce. La spiegazione che dà il Decandolle di un tal
fenomeno partesi dal fatto, che la luce fissa il carbonio nel tes-
suto delle piante, e che col carbonio ivi fissato ci si formano
tutti quei principi immiediati nella composizione de' quali entra
per gran parte questo principio primitivo, come sarebbe ligni-
na, cromula, gomma, ec. Dalla fissazione della lignina nei tes-
suti ripetesi il loro irrigidimento e la sospensione d'ogni accre-
scimento ulteriore.
Premesso questo, il Decandolle fa rilevare come in un
caule in cui una parte sia illuminata più dell'altra deve aversi
ineguale fissazione di carbonio, e però maggior quantità di
lignina debb' esser depositata nella parte più illuminata, di quel
che contemporaneamente se ne depositerà nell'altra parte, onde
l'accrescimento più presto si arresterà in quella parte che in
questa, cioè nella meno illuminata, la quale coli' aumentarsi la
sua estensione s'incurverà, e continuerà a incurvarsi fino a
tanto che il caule abbia presa la stessa inclinazione de' raggi di
luce che l' investono , nel qual caso essendo da tutte le parti
loO
egualmente illuminato, col cessar la causa dell'inclinazione
cessa ancora l'effetto.
Contro questa teoria, di cosi sana critica e di universale
accettazione, sembrava al Prof. Pietro Savi che facciano obie-
zione il fatto già noto della radichetta del Visco, la quale per
quanto sia verde e tale si mantenga sul principio del suo accre-
scimento, pur si dirige verso l'oscuro, quantunque per ciò fare
sia costretta a deviare dalla direzione a lei propria, cioè dalla
verticale discendente, e il fatto seguente da lui osservato sopra
un individuo di Caladimn nympheaefoliain. Questa specie
d'Aroidea manda al di sotto d'ogni inserzione di foglie un ver-
ticillo di cinque asci radici semplici, tereti, capaci d'accrescersi
in lunghezza, anche ne' tratti di già formati, e che oltre all'in-
durire si coloriscono in verde per l'azione della luce. Per i
caratteri pertanto di formar la lignina, colorarsi in verde ed
allungarsi anche ne' tratti già formati, tali radici sono analo-
ghe ai cauli, e però secondo la teoria di Decandolle dovrebbero
incurvarsi e dirigersi verso la luce, quando questa da un solo
lato le investa. JMa questo appunto è quello che non accade,
come fu pienamente dimostrato dalla pianta presentata alla
Sezione, la qual pianta per esser lungamente vissuta in una
stufa in situazione tale da essere illuminata soltanto da un solo
lato, avea diretto verso questo lato il caule e le foglie, e le
radici si eran tutte piegate verso il lato opposto più oscuro.
Ora siccome le cause cui si attribuisce la direzione de'cauli
illuminati più da una parte che dall'altra, militano ancora per
le radici di questo Caladio, e desse presentano un effetto tutto
diverso, però il Professor Savi ne concludeva non poter esser
quelle le cause vere d'una tal direzione.
Faceva ancora considerare, come dalla durezza del legno
delle radici, eguale a quella del legno de' loro cauli, resti dimo-
strato ad evidenza che il depositarsi della lignina non sia un
fenomeno locale direttamente indotto dalla luce, fatto quale
151
ognun vede quanto stia contro alla sopraccitata ipotesi di
Decandolle, che si appoggia unicamente sul principio che la
luce fissi la lignina localmente dove ella agisce.
Il Dott. Meneghini esponeva la descrizione d'un' Alga che
egli crede nuova, trovata dal sopraccitato Antonio Orsini in
un'acqua minerale contenente l'acido idrosolforico in dose tale,
da esser non solamente capace di arrossire la tintura di lacca-
muffa, ma da alterare ancora l'epidermide delle mani, e pren-
deva da essa motivo per parlare sull'intima organizzazione della
di lei membrana, senza la vitalità della quale non potrebbe la
debole e fugace materia che la compone, resistere all'azione di-
struggi trice del liquido nel quale abita. Tale Alga diceva di aver-
la chiamata dal nome del ritrovatore CoccocJt/oi^is orsiniana.
Il Segretario Dott. B. Biasoletto parlava d'una nuova spe-
cie di Alga appartenente al genere Hjdrodjction , trovata in
uno stagno d'acqua dolce nell'Istria presso Rovigno. Alla de-
scrizione di questa specie aggiungeva una tavola, ove la pianta
e i varj suoi organi eran delineati a forte ingrandimento, ed
annunziava d'aver assegnato a questa pianta il nome à' Ifydro-
djction graniforme y perchè si presenta sotto la forma d'un
granello. Tratteneva poi la Sezione con esporre alcune sue
osservazioni microscopiche concernenti i prodotti di varie de-
composizioni organiche, mediante le quali era giunto a cono-
scere che mettendo in infusione, tanto nell'acqua naturale, che
nella distillata, de' frammenti di Sphaerococcos confervoides^
insieme con altre sostanze vegetabili, ne resultavano varie
nuove specie appartenenti ai generi Leptomjtus ^ Hjgrocrocis
ed Oscillarla^ di cui mostrava le piante ed i loro ingrandimenti
in apposite figure, e ne leggeva le loro respettive descrizioni.
Dai fatti esposti, ed altri consimili, credeva in fine il Dott. Bia-
soletto di poter concludere, essere ammissibile l'idea, che i
vegetabili i più infimi si possano riprodurre anche per gene-
razione spontanea .
152
Due specie appartenenti alla Flora Etrusca presentava in
seguito alla Sezione il Prof. Pietro Savi, all'oggetto di sapere
se desse , come opinava, potevan considerarsi come piante non
descritte . L'una era un Thynius^ della sezione degli AcìnoSy
trovato sul Calcareo dolomitizzato de' monti di Giumeglio nel-
l'xlpennino Pistojese, che il Savi proponeva di chiamare Thj-
rnus Puccìnellianus in onore di Benedetto Puccinelli attuai
Professore di Botanica in Lucca: l'altra era una Malva , che
aveva trovata nell'Isola dell'Elba, a prima vista affine alla
Malica sylvestris^ ma che ne diversificava per varj caratteri, e
fra gli altri per una peluria stellata da cui era coperta . — Il
Prof. Linck disse sembrargli che né l'una né l'altra fossero
state descritte. Il Thymus non averlo mai veduto, e restargli
difficile il poter dare giudizio esatto sopra di esso a motivo
dell'unico esemplare che se ne possedeva. L'altra poi averla
già osservata in varie parti della Grecia tanto insulare che
continentale, ed aver avuto in animo di descriverla e chia-
marla Malva meonantlia .
Il Prof. Visiani distribuiva in dono ai componenti la Se-
zione una sua Memoria storica sull'Orto Botanico di Padova^
e il Conte Gallesio li regalava del Quadro sinottico degli Agru-
mi de' Giardini hotanico-agrarj di Firenze,
Cosi chiudevasi la sessione, e i Socj lasciavano il Giar-
dino, dolenti per la circostanza del prossimo scioglimento della
Riunione scientifica, ma ben soddisfatti per essere stati ono-
rati anche in questo giorno dalla presenza di quel benamato
Principe
Che le contrade di Toscana ajfrena.
Redi, Leu.
Il Segretario dblla Sezione — PROF. FILIPPO ISARDVCCI.
li. Presidente — PROF. CAV. G. SAFl.
M
DI
ZOOLOGIA ED AlVATOMIA COIUPARATIYA
20
PROCESSI VERBALI
DI ZOOLOGIA ED AMTOMIA COMPARATIVA
TENUTA IL DI 4 OTTOBRE 1859
Jll Principe di Musìgnano apre la seduta con una breve allo-
cuzione , colla quale ringrazia innanzi tutto la Sezione che lo
nominò suo Presidente^ si congratula di vedere ascritti ad essa
due celeberrimi Scienziati stranieri, il Cav. Audouin, membro
dell'Istituto di Francia, Professore amministrator del Giardino
delle Piante di Parisri, e il Prof. Oken, fondator dei Consrressi
._,., V. »X^XV.X. V^.^V..., . ^.^^X V..V.. ^^^..^.
scientifici di Germania, ed eccita tutti a concorrere attivamente
all'utilissimo scopo di questa istituzione, or per la prima volta
trasportata in Italia.
Dopo di ciò il Presidente medesimo avverte la Sezione,
che le sue adunanze si terranno sempre dalle ore otto alle dieci
del mattino in una delle sale del JMuseo di Storia Maturale ^
invita i membri di essa a riunirsi alla sera nelle Stanze Civiche
per godervi dei vantaggi delle reciproche comunicazioni ami-
chevoli e scientifiche, e fa sapere essere stato deciso dal Con-
siglio dei Presidenti che nissuno desrli Scienziati venuti al Con-
gresso possa inscriversi in più d una sezione, libero per altro
156
rimanendo ad ognun di loro di assistere alle adunanze di qual-
sivoglia altra. Da ultimo offre in dono a ciascuno degli Scien-
ziati presenti una copia d' un suo lavoro stampato, intitolato
Sjnopsis vertehratoriun sjsteinatìs.
Il Dottor Carlo Passerini, Aggregato al Professore di
Zoologia dell'I. R. Museo di Storia Naturale di Firenze, legge
una memoria sulle larve e ninfe della Scolla fi avifrons . De-
scritte e fatte vedere codeste larve colle loro ninfe e co' loro
bozzoli, non solamente rappresentate da eccellenti disegni, ma
ben anche conservate nello spirito di vino, il chiarissimo Au-
tore fa sapere che esse larve di Scolia sono parassite delle larve
àaW Orjctes nasicornìs^ solite a trovarsi in copia nella vallo-
riea. E siccome gli avvenne di trovare un bozzolo di terra fatto
da una larva di Oritte nel quale è contenuto il bozzolo d' una
Scolia, a cui è aderente la spoglia dissugata dell' Oritte mede-
simo, così sospetta che le larve delle Scolie a fronte gialla siano
parassiti interni delle larve degli Dritti. Il Prof. Gene, il quale
dichiara d'avere osservato, or sono molti anni, le larve, le
ninfe, i bozzoli e la trasformazione della specie medesima di
Scolia , nei mucchi di segatura di legno in decomposizione ,
dissente dal Dott. Passerini circa il genere di vita di codeste lar-
ve, egli le riguarda bensì come parassite delle larve degli Drit-
ti, ma crede che, a somiglianza di tutte le larve finora cono-
sciute degli altri Imenotteri scavatori, se ne pascano suggendole
o rodendole dal di fuori al di dentro, crede, cioè, che ne siano
parassiti esterni. Il Cav. Audouin abbraccia l'opinione assoluta
del parassitismo , ma non si pronunzia né pel parassitismo
interno, né per l'esterno, essendovi, secondo lui, casi dell'uno
e dell'altro. Ad ogni modo egli è persuaso, come lo pensa pur
anche il Prof. Gene, che pel caso del parassitismo esterno deb-
ba precedere da parte della Scolia madre una offesa fatta alla
larva dell' Dritte, la quale tolga a questa la facoltà di sottrarsi
colla fuga o di resistere alla larva divoratrice. Del resto, trat-
lo7
tandosi di un fatto che agevolmente può essere chiarito con ul-
teriori osservazioni, il Presidente eccita il Dott. Passerini a con-
tinuare le ricerche da lui già sì bene incominciate intorno alla
storia curiosa ed importante di codesto Imenottero nostrale.
Il Prof. Filippo Pacini di Pistoja, ammesso dal Presidente
a leggere, quantunque non ascritto alla Sezione, legge una sua
breve memoria, accompagnata da disegni, intorno a un nuovo
genere di organi, da lui scoperti nel corpo umano. Son essi certi
piccoli corpi ovoidi, o globetti bianco-opalini, lunghi due milli-
metri circa, che esistono normalmente in considerabile quan-
tità nel cellulare sotto-cutaneo della faccia palmare e plantare
della mano e del piede. LWutore desidererebbe di dimostrare
alla Sezione codesti organi con apposite incisioni sul cadavere,
e col microscopio , ma il Presidente gli fa sentire che codesta
dimostrazione riuscirebbe più opportuna e piìi utile, ove egli
ottenesse di farla alla Sezione di Medicina, alla quale per con-
seguenza egli lo consiglia di rivolgersi , non senza ringraziarlo
d'aver fatto alla Sezione di Zoologia una comunicazione, la
quale non può a meno d'esser risguardata siccome importante
anche per la Zootomia .
Il Segretario della Sezio!«e — PROF. G. GJE^È.
Il Presidente - PRINCIPE C L. BOyjPJRTE.
138
TENUTA IL DI 5 OTTOBRE 1839
Il Segretario legge Fatto verbale della precedente adunanza,
il quale dopo alcune modificazioni richieste dal Dott. Passerini
e dal Cav. Audouin, e consentite tanto dal Presidente che dal
Segretario, rimane approvato.
Essendosi sollevate alcune nuove discussioni sul genere di
parassitismo, se interno od esterno, delle larve della Scolla
fla^^ìfrons^ il Prof. Paolo Savi mostrasi d'avviso che la questione
potrebbe forse venir rischiarata dall' attento esame delle spoglie
di larve d' Oiyctes che veggonsi aderenti ad alcuni dei bozzoli
di Scolia presentati alla Sezione dal Dott. Passerini. Il Presi-
dente concorre nel sentimento del Prof. Savi, e lo deputa col
Cav. Audouin e col Cav. Bassi all'esame suddetto, pregandoli
di comunicarne il risultamento alla Sezione in una delle suc-
cessive adunanze.
Il Presidente, e per esso il Segretario, invita quelli Scien-
ziati ascritti e presenti alla Sezione, che avessero missione di
rappresentare presso al Congresso Corpi Accademici od Uni-
versità, a dichiarare i nomi loro e quelli dei loro Committenti
al Segretario, colla produzione delle loro credenziali. In seguito
a questo invito i Professori Paolo Savi e Francesco Giuli si
annunziano per deputati dell'Accademia Aretina ;, il Cav. Prof.
Gaspero INIazzi e il Dott. Giuseppe Vaselli per deputati dell'I. R.
Accademia dei Fisiocritici di Siena.
159
Il Presidente fa conoscere alla Sezione un'importante opera
testé pubblicatasi a Liegi dal Selys De Longchamps, intitolata
Micro-mammalogie^ nella quale sono diligentemente esaminate
e descritte le piccole specie di mammiferi europei. Poscia legge
un suo proprio lavoro inedito intitolato Tentamen monogra-
phiae Leucisconim Europae. L'Autore incomincia coli' esporre
i caratteri della numerosa e difficile famiglia dei Ciprinidi^ alla
quale appartengono i Leucisci, e dopo aver accennato il posto
che secondo le naturali affinità deve occupare nel metodo ittio-
logico, la divide in due sotto-famiglie, eh' egli chiama dei
Ciprinini e dei Leuciscini. Caratteri della prima sono il corpo
mucoso con isquame profondamente radicate, ma rare, e la
bocca il più delle volte cirrosa: caratteri della seconda invece
sono il corpo pochissimo mucoso, le squame superficiali e nu-
merose , e la bocca non mai fornita di cirri. Indica come appar-
tenenti alla prima sotto-famiglia diciassette generi già stati pro-
posti quali dall' Agassiz, quali dal Cuvier, quali dal Ruppel, ec:
i generi poi che a parer suo devono comporre la seconda sotto-
famiglia, o sia quella dei Leuciscini, sono sette ^ cinque de' qua-
li, cioè LeuciscLis RI., Chondrostoma et Aspiiis Agass., Ahran-
cis Cuv. e Pelecus Agass. , hanno tutti de' rappresentanti nelle
acque dolci d'Europa.
Il genere Leuciscus^ cui mirano unicamente gli studj
monografici dell'Autore, conta troppe specie in Europa perchè
non chieda d'esser diviso in più gruppi. Egli infatti lo sparti-
sce in quattro sotto-generi, distinti tra loro da caratteri che
paiono quasi tanto importanti, quanto lo son quelli che distin-
guono 1 uno dall' altro i generi propriamente detti , e a codesti
sotto-generi dà i nomi di Telestes, Leiiciscus^ Sqiialius e Scar-
diiiiiis. Al Telestes riferisconsi dall' ^Autore tre specie, quindici
al gruppo dei Leucisci genuini, cioè al secondo sotto-genere*,
quattordici allo Scpialins^ e sei allo Scardiiiius: in tutto sono
trentotto Leucisci che l'Autore viene descrivendo, diciotto dei
160
quali reputansi da luì specie affatto nuove per la scienza. La
maggior parte di coteste specie nuove appartengono alla peni-
sola nostra, la quale fu creduta sin qui poverissima di Leucisci,
altre vivono nella Senna a Parigi, ove fa maraviglia che siano
sfuggite all'attenzione degli Ittiologi^ altre nelle varie acque
della Svizzera, ec. Dal riscontro poi delle provenienze rispettive
delle specie ricordate dall'Autore sembra emergere un fatto
assai singolare, ed è che i Giprinidi in generale, a differenza di
quanto avviene dei Salmonidi, sono abitatori di ristrettissime
patrie, giacché egli è raro che le specie, le quali si trovano in
un dato lago o in un dato fiume, s'incontrino in altri laghi o
in altri fiumi, benché posti nelle stesse o in analoghe contrade.
Dopo la lettura di questo scritto, il Presidente dichiara
sciolta l'adunanza.
Il Segretario della Sezione — PROF. G- GEiyÈ,
Il Vresweste - PRINCIPE C. L. BONJPARTE .
TENUTA IL DI 7 OTTOBRE 1839
Mi Segretario legge l'atto verbale della precedente adunanza,
il quale viene approvato .
Il Presidente informa la Sezione che domani, giorno 8,
alle ore 10 del mattino, si terrà nella grande Aula della Sa-
pienza la seconda Adunanza generale degli Scienziati.
Il Presidente medesimo, prevedendo di dover forse per
uno o due giorni lasciar Pisa prima che la Riunione si sciolga,
IGl
e usando della facoltà stata attribuita ai Presidenti, prega il
Prof. Paolo Savi di volere accettare la carica di Vice-Presi-
dente . Ma siccome il Savi dichiara di non potersi per varj mo-
tivi prestare a quest'ufficio, così il Presidente lo offre al Cav.
Giacinto Carena, il quale accetta e ringrazia.
Il Segretario legge parte di lettera del De Selys Longchamps
indirizzata al Presidente, nella quale confessando d'aver male
fin qui conosciuti i veri caratteri della JMotacilla ciiiereo-ca-
pilla del Savi, la riguarda ora e ritiene per buona e ben di-
stinta specie. Il dotto Zoologo di Liegi termina coli' esprimere
iJ suo rincrescimento di non poter intervenire alla Riunione
in Pisa .
Il Dott. LuÌ2:i Nardo ìe^ZQ una memoria del Dott. Gio-
'OO
vanni Domenico suo fratello, intorno a un nuovo genere di
Spongiali silicei y il quale vive nelV interno delle pietre e dei
gusci mariniy perforandoli in mille guise. E noto come il chia-
rissimo Autore chiami Spongiali silicei quelli, le di cui parti
solide sono costituite da piccoli aghetti di natura selciosa. Xel
nuovo genere ch'egli vien descrivendo sotto il nome di Vioa,
codesti aghetti, semplici e sottilissimi, sono riuniti insieme ir-
regolarmente e vestiti da una sostanza sarcoidea non mucosa,
di color giallastro, gialloranciato o purpureo, permanente o
fugace, secondo le specie. A.à uno stadio determinato della
loro vita i minutissimi esseri costituenti lo Spongiale in di-
scorso emettono de' piccoli germi, però visibili ad occhio nudo,
i quali asportati dalle correnti si attaccano ai sassi o gusci ma-
rini, e cominciano propagandosi a farsi strada nell'interno di
essi, finché i fori prodotti dagli uni incontrandosi coi fori
prodotti dagli altri, riducono il sasso ad un vero cribro, od an-
che lo distruggono totalmente, risultandone allora lo Spongiale
isolato e libero. Le specie osservate dal chiarissimo Autore
sono quattro, tutte deirAdriatico, e chiamansi da lui Fioa
tjpuSy T ioa coccinea^ T ioa Clio e Vioa Pasichea.
21
162
La lettura di questa importante memoria eccita in alcuni
membri della Sezione il desiderio di varie notizie rischiarative,
ma il Dott. Luigi Xardo, scusatosi di non poter fare in ciò le
parti del fratello assente , prega tutti coloro che il volessero, di
porsi con esso in corrispondenza di lettere per questo, come
per qualunque altro argomento che possa riferirsi alla storia
naturale deirx\driatico .
Il Dott. Passerini legge: Notizie relative alla propagazione
in Europa dell'uccello americano P a ìvai^i a cuculiata. Le os-
servazioni del eh. Autore furono fatte sopra una coppia di que-
sti bellissimi uccelli, che possedesi da S. A. I. e R. la Gratsdu-
CHESSi di Toscana. Egli narra com'essi andassero per la prima
volta in amore nella primavera del 1857, e come, posti in op-
portuno recinto, fabbricassero fra i rami centrali d'un albe-
retto di leccio un nido con foglie e culmi di graminacee . nel
qual nido la femina depose tre uova» Dopo io giorni (alla
metà di Luglio) nacquero tre pulcini, ma o fosse la naturai
freschezza di quel recinto, o vi contribuisse ancora un conside-
rabile raffreddamento dell'atmosfera accaduto in quel tempo,
uno dei pulcini morì nello stesso giorno della nascita^ gli altri
due, non essendo né covati nò imbeccati dai padri, e vana es-
sendo riuscita la prova sia di farli imbeccare da una Canarina,
sia di cibarli a mano con pasta d'uovo e ciambella, due giorni
dopo la nascita anch'essi morirono. Meglio riuscì una seconda
covata fatta da quella coppia trasportata in recinto migliore; a
di li Agosto ne nacquero, come dalla prima, tre pulcini, i
quali, nutriti dapprima con cuore di montone, giacché i padri
non gì" imbeccavano, poscia imbeccati da essi con insetti in-
trodotti appositamente nella stanza, prosperarono e crebbera
tanto sollecitamente, che non più di quindici giorni dopo la
loro nascita cominciarono ad uscire dal nido e poco stante a
volare. Se non che uno fu divorato da un topo, e gli altri due
morirono ad una considerabile rinfrescata sopravvenuta nel-
l'Ottobre.
163
Dal ]Marzo all'Agosto dell'anno 1858 quella medesima
coppia fece quattro covate, ciascuna delle quali di due o tre
uova, ma non ne nacquero che pochi pulcini, e solamente tre
di essi vissero e prosperarono. Usatasi alle rinfrescate d'Ottohre
la precauzione di riscaldare la stanza, quei giovani uccelli pas-
sarono benissimo l'autunno e l'inverno, ed hanno dipoi conti-
nuato a stare in buona salute.
In quest'anno la coppia primitiva ha fatto cinque covate
di due, tre, ed una di quattro uova, ma non se ne schiusero
che pochi figli, cinque de' quali prosperano tuttavia. Le belle
osservazioni del Dott. Passerini non solamente porgono un
fatto nuovo per se stesso, ma fanno anche conoscere le uova e
la livrea dell'anno delia. Pcitv ari a cuculiata^ di che non ave-
vasi notizia dai Zoologi . E codeste uova e codesta livrea ven-
gono dal diligentissimo Osservatore rappresentate, in un col
nido, colla femmina covante ec, in un elegante disegno co-
lorito .
Il Prof. Oken comunica alcuni suoi pensieri su i principj
filosofici della classificazione del Regno animale. Egli fonda
ogni classe sopra un sistema o un organo anatomico , e am-
mette tante classi quanti sono i sistemi della organizzazione e
gli organi degli animali.
Il Cav. Audouin, previe alcune osservazioni sul parassiti-
smo degl'insetti, e dopo aver dichiarato come egli non riguardi
per veri insetti parassiti se non quelle specie che vivono in
istato di larva entro il corpo d'altri animali, o stabilmente
aderenti a un punto della sua superficie, a modo di sanguisu-
ghe , fa conoscere la larva di un Proctotrupio, la quale, unica
finora per quanto egli sappia, offre l'esempio di quella seconda
maniera di parassitismo da lui distinta. Codesta larva succia le
larve della piralide della vite, cotanto dannosa ai vigneti di
Francia, né da essa si distacca che al momento di trasformarsi
in crisalide . E l' illustre Scienziato mostra disegnate e colorite
164
su Lellissima tavola le forme del singolarissimo insetto qua!
egli l'osservò pel primo in istato eli larva, di crisalide e d'in-
setto perfetto.
Il Segretario della Sezionb — PROF. G. GEyÈ.
Il Presidente - PRISCIPE C. L. BOyAPARTE .
TENUTA IL DÌ 9 OTTOBRE 1839
Jl Segretario legge l'atto verbale della precedente adunanza,
il quale viene approvato .
Il Dott. Passerini distribuisce in dono ai membri della
Sezione la descrizione stampata di una nuova specie d'Arvicola
[^Arvicola Savii) fatta dal De Selys Longcbamps di Liegi, ed
inserita nel volume XVII degli Atti delfl. R. Accademia dei
Georgofili .
Il Presidente legge una lettera a lui stata indirizzata dal
celebre Anatomico inglese Owen, il quale dopo aver espresso
il suo rincrescimento di non poter assistere alla Riunione, fa
sapere die la Giraffa, la quale vive nel Giardino della Società
Zoologica di Londra, partorì dopo una gestazione di 45 mesi
lunari: il giovane animale mostrava una robustezza e uno svi-
luppo di parti corrispondente al lungo periodo della sua esi-
stenza uterina, giacché era alto sei piedi j e 24 ore, circa, dopo
la nascita correva già bene. La giovine madre, alla quale non
erano ancora spuntati i denti permanenti, non ebbe sufficiente-
105
secrezione di latte , e mancandole questo stimolo non die segni
d'istinto materno. Il novello mori nel nono giorno.
Il Dott. Luigi Nardo legge una memoria del fratello suo
Dott. Giovanni Domenico sulla famiglia dei Pesci-mola, e su i
caratteri che li distinguono. D'accordo col Prof. Ranzani di
Bologna, il quale pubblicò, non lia molto, un esteso lavoro
sulle IMole, l'Ittiologo di Venezia riguarda questi pesci come
formanti una propria e distinta famiglia, ma non riconosce
per buoni generi il Cephalus^ il Timponomium^ YOzodura e il
Trematopsis del Professore bolognese, non che il Diplanchia
di Rafinesque, che egli crede essere composti di specie tutte
riferibili al genere Ortliagoriscus . Invece crea un nuovo genere
per la Mola di Fianco^ riposta dal Ranzani fra gli Ortagorisci,
chiamando Ranzania codesto nuovo genere, e Ranzania tjpus
la specie, per la quale è istituito. Manifesta il dubbio che an-
che àelV Ortliagoriscus Idspidiis Cuv. abbiasi a fare un genere
a parte, nel qual caso egli vorrebbe si chiamasse Paìlasia^ in
onore di Pallas. Da ultimo rifiuta il vocabolo Ortliagoriscus che
a lui pare men felice e men proprio di Mola come appellativo
del genere, e riferisce a una tribù le vere Mole^ a un' altra il
genere Ranzania^ intitolando tribù degli Osteomori la prima,
e tribii dei Chondromori la seconda, colle quali appellazioni
l'Autore intende accennare 1' affinità, che le specie contenute
nell'una e nell'altra hanno rispettivamente coi pesci ossei e
coi pesci cartilaginosi nel riguardo dello scheletro.
A questa dotta memoria il Principe di Musignano oppo-
ne alcune poelie considerazioni , le quah, secondo che egli pro-
testa, non ne scemano nò il merito nò l'importanza. Solo
avverte che il lavoro del Prof. Ranzani poteva essere dal Nardo
richiamato a più critico esame, perchò abbondante di false
specie, create sopra inesatte indicazioni d'Autori e su figure
di nessuna o assai dubbia autorità.
11 Dott. Regolo Lippi presenta due testuggini viventi
1G6
della specie detta Testudo graeca^ alle quali egli asportò, sul
finire dello scorso mese di Settembre, il cervello. Egli narra
come al momento dell'operazione questi poveri animali pares-
sero morire, e come poco dopo ripigliassero sensi e movi-
mento^ questo però imperfetto, non movendosi più che circo-
larmente, siccome veggonsi far ora, con evidentissimi segni
di paralisi agli arti. Ad uno dei due individui fu soppressa
l'emorragia con bottoni di fuoco e con mastice, e die segni di
patimento grandissimo, all'altro con gesso, e parve patire as-
sai meno : ambidue poi mangiarono di quando in quando
zucchero e bucce di fichi, ma non resero mai escremento al-
cuno. In seguito, a proposta del Prof. Orioli, il quale stima
importante che si esplori lo stato dei sensi di questi animali
sì profondamente offesi, e si determini in modo preciso la
quantità o porzione di cervello che veramente fu loro tolta,
il Presidente deputa per codeste esplorazioni il Prof. Orioli, il
Dott. Regolo Lippi , il Cav. Carena, e il Bruscoli.
11 Cav. Bassi, ottenuta la parola per esporre alcune sue
opinioni sulla comunicazione verbale fatta dal Cav. Audouin
sul finire dell'ultima adunanza, che l'ora già troppo inoltrata
non aveva permesso di discutere, osserva che quantunque non
sia nuovo il caso di larve aderenti come sanguisughe al corpo
d'altri insetti, pur devesi riguardare siccome molto importante
il fatto osservato dal Cav. Audouin sulle larve della piralide
della vite : egli non può per altro convenire nelle idee dall' Au-
douin espresse intorno al parassìtisino dpgl' insetti, non ve-
dendo fondata ragione per cui abbiansi a dir parassite le specie
che depongono 1' uovo entro la larva o sulla larva d'altro in-
setto, ed abbiansi invece a chiamar altrimenti quell'altre che
depongono l'uovo in vicinanza della larva destinata ad essere
vittima e pasto della loro prole, e che il Prof. Audouin noma
semplicemente specie carnivore. Il Cav. Bassi non vede essen-
ziale differenza fra questi tre modi di pascersi, dacché ciascuno
/^
167
di essi è causa necessaria di morte all'insetto che serve d'ali-
mento. Volendo però stabilire un certo qual sistema dei varj
generi di parassitismo negl'insetti, il Cav. Bassi inclinerebbe
piuttosto ad escludere dal novero dei parassiti le specie che
vivono nei tre sopra indicati modi , chiamandole indistinta-
mente specie cariiii>ore^ ed applicherebbe il nome di veri pa-
rassiti a quelle specie soltanto , le quali vivono bensì a carico
d'altri insetti, ma in modo da non offenderne essenzialmente
l'organismo, in modo cioè da non cagionarne la morte.
11 Prof. Audouin non rifiuta le idee del Cav. Bassi, ma
dichiara che le distinzioni, da lui fatte nell'ultima adunanza,
non avevano altro scopo che quello di facilitare la discussione,
e non già di stabilire seriamente un sistema ordinato dei varj
generi di parassitismo, che la classe degl'Insetti somministra.
11 Dottor Passerini è d'avviso che debba riuscire di molta
utilità allo studio della Entomologìa e all'esattezza delle de-
scrizioni lo specificare con appropriati vocaboli i diversi modi
di parassitismo, in quanto che è assai probabile che ad ognuno
di codesti modi debba corrispondere una differenza speciale,
più o meno grande, di organizzazione delle larve.
Il Cav. Audouin presenta alcune osservazioni sul modo,
col quale si opera la fecondazione negl'insetti.
Dopo aver ricordato parecchi esempi, i quali provano che
le femmine di questi animali non depongono le uova imme-
diatamente dopo l'accoppiamento, ma che esse lo fanno tal-
volta molti giorni, molte settimane e molti mesi dopo, e non
di rado a più riprese, l'Audouin fa sentire come sarebbe diffi-
cile di dare una buona spiegazione di questo fenomeno , se si
ammettesse che la fecondazione delle uova si operi nel corpo
della femmina nell'atto medesimo dell'accoppiamento.
Per altra parte, l'inspezione anatomica degli organi ge-
neratori rende difficilissimo il comprendere in qual modo le
uova che sovente stanno collocate in serie le une dopo le altre
168
-entro sorta di tubi, e che hanno necessariamente volumi diffe-
renti e perciò differenti gradi di maturità, potrebbero esser
tutte e per un solo atto fecondate.
Finahìiente ammettendo che tutte le uova siano fecondate
nell'atto dell'accoppiamento, invano cercherebbesi di spiegare
come avvenga che la deposizione di esse possa talvolta effet-
tuarsi subito, e talaltra assai più tardi.
L'esame che il Prof. Audouin aveva fatto anteriormente
delle parti genitali interne della Melolonta volgare nell'istante
della congiunzione dei sessi, gli aveva dimostrato che in que-
st' insetto la femmina era munita di un serbatojo che riceveva,
nell'atto dell'accoppiamento, l'organo del maschio, il quale vi
versava il liquore seminale, che scorrendo poscia nell'ovidutto
fecondava le uova al loro scendere per esso. D'allora in poi il
Prof. Audouin rinnovò questa osservazione curiosa sopra un
gran numero d'altri insetti, ma in nissuna specie ebbe egli a
ravvisare una struttura tanto e si bene appropriata a questa
maniera particolare di fecondazione, quanto nella piralide
della vite , o Pyralls vitana Fabr.
Infatti l'ovidutto non serve, in questa farfalla, al doppio
uso di dar prima il passaggio all'organo del maschio, e poscia
alle uova, ma serve soltanto alla uscita di queste. Un altro ca-
nale riceve l'organo del maschio, e ciascuno di codesti due
condotti offre all'estremità dell'addome un'apertura distinta.
Sì fatta disposizione ritrovasi in tutti i Lepidotteri che il Prof.
Audouin ebbe opportunità di notomizzare, ma presenta nella
piralide della vite molte particolarità importanti. L'Autore ne
traccia la figura, e fa vedere come esista una comunicazione
tra r ovidutto pel quale passano le uova e l'apparecchio che
riceve l'organo del maschio e il liquor seminale. Codesto ap-
parecchio , com'egli dimostra , si compone :
1.° di un canale che innanzi tutto dà passaggio all'or-
gano del maschio ,
169
2.° di una borsa o vescichetta, indicata col nome di
vescichetta copalatrice , alla quale tende e nella quale penetra
il pene che vi versa il liquor seminale^
5.° di un serbatoio, ove questo liquore va a raccogliersi^
4.° di due piccoli canali, i quali mettono in comunica-
zione da una parte la vescichetta copulatrice e il serbatojo, e
dall'altra il serbatojo e l'ovidutto.
Egli è in questo ovidutto , nel sito ove mette capo il pìc-
colo canale che parte dal serbatojo, che si opera la fecondazione
delle uova. E codesta disposizione, come ognun sente, spiega
tutti i fenomeni che vengonci offerti dalla deposizione delle
uova deo-r insetti.
Il Cav. Audouin stabilisce da ultimo, che nella piralide
della vite l'accoppiamento non potrebbe effettuarsi più d'una
volta. Egli lo prova col far conoscere in questa specie una di-
sposizione anatomica, che rende impossibile l'uscita del pene,
e sta in ciò, che quest'organo è armato di molte piccole spine
cornee, sorta di dardi, che ravvicinati in un fascetto al mo-
mento della intromissione, si allargano poscia a maniera di
raggi nell'interno della vescichetta copulatrice della femmina .
Il pene non può per conseguenza essere ritratto dal maschio, e
vien troncato nella sua parte membranosa dalla femmina. La
Melolonta volgare, l'ape ed altri insetti offrono questo mede-
simo fatto.
Vittorio Pecchioli di Pisa presenta, e dimostra come si
adoperi, una specie di trivella stata inventata dal De Selys
Longchamps per iscavar buche, entro le quali pigliare piccoli
mammiferi, specialmente rosicanti o topo-ragni. Accenna in
che questo stromento possa essere migliorato, e fa vedere pa-
recchi animaletti già da lui stati presi nelle buche scavate con
esso ne' campi .
Il Dott. Chiesi e Vittorio Pecchioli invitano gli Entomo-
logi ascritti alla Sezione a recarsi nelle loro case per vedervi
=)=>
170
Je collezioni d'insetti ch'essi posseggono, offerendone loro i
duplicati.
Da ultimo il Presidente propone, e tutti annuiscono, che
Sabato prossimo, alle ore otto del mattino, la Sezione abbia a
sedere in adunanza mista colla Sezione di Agronomia, sotto
la presidenza del Marchese Cosimo Ridolfi, per udirvi una co-
municazione entomologico-agraria del Prof. Audouin, non
che una memoria ugualmente entomologico-agraria del Dott.
Passerini .
Il Segretario della Sezio:»b — PROF. G. GENE.
Il Presidente - PRINCIPE C. L. BONJ PARTE.
TENUTA IL DI 10 OTTOBRE 1839
» 'u a o a «*
Jl Segretario legge l'atto verbale della precedente adunanza,
la di cui approvazione riman sospesa fino a domani, per dar
tempo ai Cav. Audouin e Dottor Passerini di formulare in
iscritto quanto essi annunziarono verbalmente nell'adunanza
di jeri^ il primo sul modo col quale si opera la fecondazione
delle uova negl'insetti, il secondo su i caratteri organici, che
forse potrebbero valere a far distinguere le larve parassitiche
che vivono nell'interno d' altre larve, da quelle che vivono
all'esterno di esse.
Il Barone Du Bus, pregato dal Presidente, legge una me-
moria stata inviata da Firenze alla Sezione dal Conte Cav. Già-
171
corno Gràberg da Hemsò. Essa ha per titolo Notice sur la race
de 5 Dromédaires existant a San Rossore, près de Pise, en To-
scaney e contiene le notizie storiche relative alla esistenza di
codesti animali in Toscana, se non dal primo loro arrivo, del
quale non è rimasta alcuna precisa memoria, almeno dal 1690,
nel qual anno cominciansi ad avere positive notizie intorno ad
essi, che diconsi tratti dal regno di Tunisi. L'Autore indica il
podere nel quale furono messi, e ne accenna le favorevoli con-
dizioni di suolo e di clima, grandemente analoghe a quelle
dell' Africa boreale e soprattutto del regno di Tunisi, scende a
dire di varie particolarità rispetto al tempo in cui entrano in
calore, sulla durata della gestazione, sulle condizioni di svi-
luppo e di forza, nelle quali nascono i novelli, e nega che la
razza sia né punto ne poco degenerata sotto al cielo di Tosca-
na 5 fa conoscere le cure che si hanno sì per le madri prima e
dopo il parto, che pei novelli fino all'età nella quale si doma-
no^ enumera le malattìe , alle quali i giovani e gli adulti vanno
soggetti, e i rimedj che loro si amministrano^ descrive i modi
con cui si avvezzano a ricevere e a portar docilmente la somaj
tratta della utilità che l' Amministrazione di San Rossore trae
da questi animali, e da ultimo offre la statistica attuale di essi ,
dalla quale si raccoglie che il presente loro numero è di 171,
diviso come segue:
N.° 1 stallone.
w 66 individui di varia età adoperati al lavoro.
53 58 femmine di razza , ugualmente di varia età .
5J 16 novelli di tre anni, fra i quali otto maschi e otto
femmine.
w 12 novelli di due anni, otto maschi e quattro fem-
mine.
M 11 novelli di un anno, cinque maschi e sei femmine.
5> 7 da latte, tre maschi e quattro femmine.
La maggior durata della vita di questi animali è, secondo
172
l'Autore, di 51 anno, e quanto alla proporzione delle na-
scite e delle morti egli fa osservare che nelF ultimo decennio
nacquero 158 individui e ne morirono 104, per modo che,
fatta una media, ebbervi per ogni anno comune circa 16 na-
scite e un po' più di dieci morti.
Alla lettura di questa memoria tengon dietro alcune os-
servazioni del Prof. Paolo Savi , il quale mette specialmente in
dubbio F asserzione del Cav. Gràberg che i Dromedari di San
Rossore non siano punto degenerati, e cita come indizio di
qualche degenerazione l'impotenza, confessata dal Gràberg
istesso, in cui sono i novelli nei primi giorni della loro vita di
accostarsi da se alle poppe materne, cosa che il Prof. Savi non
sa di certo, ma suppone che sappian fare i neonati di questa
specie nei loro paesi natali.
Il Dott. Luigi Nardo di Venezia, a nome del Dott. Gio-
vanni Domenico suo fratello, legge un programma nel quale
sono indicate le basi della Fauna adriatica ch'egli vorrebbe e
formare e pubblicare. Però sentendo tutta la gravità di tant' ope-
ra, invoca il concorso e l'ajuto di tutti i Naturalisti italiani, e
specialmente di quelli che o per essere abitatori dei lidi adria-
tici, o per avervi fatto viaggi di ricerche, possono fornirgli e
materiali e consigli.
Dopo la lettura del programma il Dott. Nardo legge un
brano di lettera di suo fratello, il quale dichiara d'aver ora
gravissimi motivi di credere che la Diplanchia di Rafìnesque,
genere da lui ricordato nella memoria su i Pesci-mola, non sia
altrimenti un genere riferibile agli Ortagorisci, ma sibbene un
falso genere fondato sopra una specie guasta di Chimera,
Il Burroni mostra un Blennio eh' egli dice essere molto
comune nelle acque minerali term.ali di Caldana, presso Cam-
piglia, e considera come degno d'attenzione questo fatto, che
un Blennio viva nelle acque dolci. Il Prof. Gene, il Principe
di Musignano e il Prof. Paolo Savi citano parecchi altri esempi
175
di Blenni propri ai fiumi e ai laghi italiani e delle sue isole.
Quanto alla specie cui si debba riferire quello che il Burroni
presenta , e che il Carboncini di Campiglia chiamò Vetuloni-
cus, lo vedrà il Principe di Musignano il quale si occupò più
particolarmente di qucòii animali, e ne ha già fatti disegnare
alcuni per essere pubblicati nell'Iconografia della Fauna italiana.
Il Dott. Ofterdinger ottiene la parola per alcune comuni-
cazioni verbali intorno ai progressi fatti ultimamente in Ger-
mania dalle scienze zootomiche e zoologiche^ ma l'ora già
inoltrata e il desiderio della Sezione di recarsi alla Sezione di
Fisica , nella quale devonsi fare sperienze e ricerche anatomi-
che sopra una Torpedine, fanno si che lo si preghi di rimet-
tere ad altra seduta le annunziate comunicazioni, e l'adunanza
si scioglie.
Il Segretario della Sezione —PROF. G. GENE.
Il Presidente - PRINCIPE C L. BONAPARTE .
TENLTA IL DI 11 OTTOBRE 1859
Il Segretario legge Fatto verbale della precedente adunanza,
il quale è approvato.
Viene del pari riletto ed approvato l'atto verbale dell'adu-
nanza del giorno 9 , la di cui approvazione era stata differita,
per dar tempo ai Cav. Audouin e Dott. Passerini di formulare
in iscritto il sunto di quanto essi avevano verbalmente comu-
nicato alla Sezione nell'adunanza suddetta , il primo sul modo
174
col quale si opera la fecondazione delle uova degl'insetti, e
specialmente di quelle della piralide della vite, il secondo sulla
opportunità di specificare con appropriati vocaboli le diverse
qualità di parassitismo degl'insetti.
Il Presidente presenta e distribuisce ai membri della Se-
zione varie copie del primo fascicolo di un Giornale scientifico
intitolato // Politecnico^ che il Dott. Cattaneo di Milano ha
preso a pubblicare in quella città, e per la cui buona riuscita
invoca il concorso dei Dotti italiani riuniti in Pisa.
Il Segretario, pel Cav. Bassi momentaneamente assente,
legge il parere steso da questi a nome anche del Cav. Audouin
e del Prof. Paolo Savi, intorno a quanto essi ebbero a racco-
gliere dall' esame attentissimo della spoglia di una larva di
Orjctes stata presentata in precedente adunanza dal Dott. Pas-
serini. Ufficio della Commissione era principalmente di vedere,
se un foro , che quella spoglia offeriva, fosse tale per avventura
da rivelare il modo, con cui era stata dissugata dalla larva di
Scolia^ era, cioè, di ricercare e conoscere, se la larva parassita
fosse per quel foro penetrata dall'esterno nella larva dell' Or^-
ctes per succhiarla, e se per esso ne fosse soltanto uscita fatta
matura e prossima a incrisalidarsi-, con che sarebbersi tolti i
dubbi sul genere di parassitismo, se interno od esterno, delle
larve di Scolia, Ma i Commissarj fanno sentire non essere
dalle loro osservazioni derivata alcuna prova positiva in favore
dell'uno, piuttosto che dell'altro di quei due modi di vivere
creduti propri delle larve di Scolia, e conchiudono col rimet-
tere la soluzione di codesti dubbi alle osservazioni di fatto che
dal Dott. Passerini e da altri Entomologi della Sezione si fa-
ranno certamente nel venturo anno su codeste larve, tanto
comuni nella vallonea delle stufe e nella segatura di legno.
(^F.pag. 179).
11 Principe di Musignano pone sotto gli occhi dei membri
della Sezione una tavola, sulla quale sono disegnati e colorati
17d
tre Blenni d'acqua dolce. Dal confronto di queste specie con
quella che il Dott. Burroni presentò jeri siccome abitatrice
delle acque minerali termali di Caldana, risulta che se essa non
è affatto identica al Blennius varus. certamente gli si avvicina
di molto. Il Dott. Burroni si esibisce di fornire esemplari di
questo pesce ai Dotti che amassero possederlo nelle loro colle-
zioni, e si propone altresì di studiarne le abitudini: pei quali
propositi egli vien molto lodato e ringraziato dal Presidente,
a nome di tutti.
Il Dott. Scortegagna coglie questa opportunità per an-
nunziare eh' egli possiede un Blennio fossile , che vorrebbe
sottomettere all' esame della Sezione in una delle prossime
adunanze. Il Presidente lo accerta che codesta presentazione
riuscirà gratissima alla Sezione medesima.
Il Dott. Luigi Nardo di Venezia legge, pel fratello suo
Dott. Giovanni Domenico, una memoria intorno a un nuovo
genere di Conchiglie bivalvi, proprio dell'Adriatico. Codesto
genere, che il Nardo chiama Cuspidaria^ appartiene alla fa-
miglia degli acefali inchiusi di Cuvier, e devesi, secondo che a
lui pare, riporre tra le Mye di I^amarck e le Anatine del mede-
simo autore, alle quali si parifica pel modo d'inserzione del
legamento e per un' unica costola che osservasi sul margine
anteriore del cardine della sola valva sinistra. Le specie che vi
appartengono hanno il nicchio quasi cuoriforme, globoso,
simmetrico, prolungato anteriormente a maniera di rostro
tubuloso, d'onde esce il sifone dell'animale , ed aperto (^hians^
posteriormente : vivono in fondo al mare nelle regioni spon-
gifere ed argilloso-calcari , e chiamansi dall'Autore Cuspidaria
typus e Cuspidaria radiata. La prima fu già descritta dal-
l' Olivi col come di Tellina cuspidata^ e dallo Spenglero con
quello di Mya rostrata^ l'altra è inedita.
Il Bruscoli legge una sua memoria intorno alle abitudini
d'un Boa che visse per i8 mesi all'I. R. Museo di Firenze. Il
176
fatto più importante che l'Autore ebbe ad osservare, durante la
vita di codesto animale, consiste nel modo, cui più volte ebbe
ricorso per mutarsi di pelle: esso era solito per si fatta opera-
zione introdurre il capo in qualche angusto foro d'un panno-
lano che stava nella sua gabbia^ ma il pannolano essendo stato
tolto di là, vi suppliva col fare di porzione del proprio corpo
un anello, nel quale introducendo la testa e spingendosi innanzi
si dispogliava. Mangiava ogni otto giorni, ed erano suo pasto
cinque o sei piccoli mammiferi per volta;, ma perchè rendesse
gli escrementi era d'uopo riporlo in un bagno d'acqua tiepida.
Alla lettura di questa memoria tengono dietro alcune
osservazioni dei Cav. Audouin, Barone Du Bus, e Principe di
Musignano sulle abitudini di varj Boa da loro veduti vivi in
Francia, nel Belgio e in Inghilterra.
Il Principe di Musignano legge per sommi capi un suo
lavoro manoscritto contenente la distribuzione metodica e la
descrizione degli xVnfìbi europei. Questo lavoro si compone,
1." dello spartimento generale della classe degli Anfibi in sotto-
classi, sezioni, famiglie e sotto-famiglie, rolla esposizione dei
loro caratteri distintivi^ 2." della enumerazione e dei caratteri
dei generi europei^ 3." del quadro sinottico e diagnostico, non
che della sinonimia delle specie in essi comprese. Sessantasei
sono i generi, undici de' quali creati o modificati dall'Autore,
centoquattro le specie, appartenenti per metà, circa, all'Italia
e alle sue isole.
Il Cav. Audouin annunzia verbalmente una osservazione
da lui stata fatta, che sembragli spargere non piccola luce sulla
storia finora oscurissima dei Trachelidi in generale. Aprendo
un nido di Antofora egli vi trovò una larva morta ed essiccata,
ridotta press' a poco alla forma di una ninfa di Dittero, e in
codesta larva rinvenne già trasformata in insetto perfetto una
specie di Sitaris^ il che significa necessariamente che la pelle
della larva d'x\ntofora finì per servire di bozzolo o d'invoglio
177
alla ninfa della Sitaiis che internamente l'aveva divorata. Dopo
ciò aggiugne che Vittorio Pecchiolì trovò sul Rosmarino ^ arj
mucchi d'uova, che egli crede esservi state deposte da una
specie forse inedita di Sitaris^ e dalle quali mostra già uscite
le larve, offerendo alla vista dei membri della Sezione i rami
di Rosmarino, su cui stanno tuttavia raccolte. Da questi fatti,
e da altri del tutto analoghi stati dal Prof. Gene osservati negli
Apali e nelle Cantaridi in Lombardia, nei Meloe e nelle Zoniti
in Sardegna, il Prof. Audouin trae argomento di vieppiù con-
fermarsi nell'idea, che le giovani larve dei Trachelidi non si
arrampichino già sul corpo degl'Imenotteri per succhiarli, ma
sibbene per farsi portare nei loro nidi, ove penetrano poi nelle
larve e le divorano.
Il Dott. Passerini ricorda com'egli abbia veduto sul corpo
di una larva di Scolia certi corpicciuoli, che a prima giunta
sospettò non fossero altro che uova o grumi di trasudazione, ma
che poi gli furono fatti riconoscere dal Prof. Audouin per ani-
maletti pedati. L'Audouin prende la parola e dice che essi
erano, secondo ogni probabilità, individui d' una specie di
Aracnide, già stata da lui osservata sopra altri insetti^ la quale
specie offre la strana forma di un grossissimo addome e d'un
piccolissimo tronco. Del resto il Prof. Audouin fa osservare
essere questa la forma che assumono le zecche degli animali
domestici, le femmine di alcuni crostacei e quelle di parecchi
insetti, parassiti delle piante. Pei crostacei cita l'esempio delle
Lernee, i maschi delle quali vivendo vita libera offrono forma
n^tanale, mentre le femmine fisse immobilmente sul corpo dei
pesci vi acquistano forma tanto mostruosa da essere state per
lungo tempo riguardate e descritte dai Naturalisti siccome ani-
mali spettanti alla classe dei vermi. Quanto agl'insetti parassiti
delle piante, il Prof. Audouin cita le Cocciniglie, che ognuno
conosce.
23
178
Intanto che l'Audouin ha la parola, l'Abate Raffaello
Lambruschini, annun/ìandosi inviato del Presidente della Se-
zione d'Agronomia, consegna una lettera del Presidente mede-
simo al Principe di Musignano. La lettera è del tenore seguente:
ce La Sezione di Agricoltura che io ho l'onore di presiedere, ha
risoluto di fare fra i suoi Membri una colletta in favore delle
Scuole infantili di Pisa. Sembrando alla sezione medesima, che
un'opera di beneficenza sia il miglior compimento della Prima
Riunione italiana dei Cultori delle scienze naturali^ e che sia
insieme il miglior modo di attestare ai Pisani la nostra ricono-
scenza per le loro cordiali ospitalità, essa crede che le Sezioni
tutte vorranno concorrere a quest'opera caritatevole, e perciò
mi affretto a dar parte a Voi, Principe gentilissimo, della riso-
luzione da noi presa, e a pregarvi che ne vogliate proporre
l'adozione alla Sezione da Voi meritamente presieduta».
La Sezione manifesta la volonterosissima sua adesione
all'invito con prolungato applauso, per modo che il Presidente
rivoltosi al Lambruschini lo prega di portare alla Sezione
d'Agronomia e al degnissimo suo Presidente i ringraziamenti
della Sezione zoologica per l'iniziativa loro presa in opera tanto
lodevole, e già desiderata da molti^ aggiugnendo esserci siffatto
annunzio riuscito a mille doppi più caro, in quanto che recato
da persona che le Scuole infantili venerano come altro dei loro
più illustri ed operosi benefattori.
Il Segretario della Seziojce — PROF. G. GENE.
Il Presidente - PRiyCIPE C. L. BOSAPARTE .
179
De gV injr ascritti Comniissarj iiicaiicati d' esaminare gli oggetti presen-
tati dal Do tt. Ciii'lo Passerini a coi'redo d'ima sua ìiienioi ia sulle
abitudini della Scolta flavifrons .
Jl Dottor Passerini di Firenze, in una dotta memoria da lui
letta alla prima riunione di questa nostra Sezione, arricchì
d'un nuovo fatto la scienza entomologica, col far conoscere le
abitudini e lo sviluppo della Scolia Jlavìfrons^ imenottero della
famiglia degli scavatori, della cui vita non era finora conosciuto
che l'ultimo periodo, quello cioè dell'insetto allo stato perfetto,
ma il cui modo di propagazione era tuttavia rimasto avvolto
nelle più profonde tenebre.
Risulta dalle osservazioni del Dott. Passerini che l'insetto
di cui si tratta depone le sue uova sotto terra, e fu la vallonea
delle stufe che offrì all'Autore il campo di numerose ricerche.
La larva uscita dall'uovo vive a scapito delle larve àoìV Orjctes
nasiconiis ivi abbondantissimo, e giunta ad ottenere l'intiero
suo sviluppo si prepara un bozzolo entro il quale passa allo
stato di ninfa, indi a quello d'insetto perfetto. La spoglia dis-
seccata della larva à^Orjctes che servi di nutrimento alla cre-
scente Scolia rimane esteriormente aderente in direzione lonsri-
tudinale ad un lato del bozzolo di Scolia, ed il tutto, in un
esemplare, trovossi rinchiuso in un bozzolo terroso fatto dalla
larva di Oryctes. Sono questi i fatti che in modo assoluto potè
asserire e dimostrare il Dott. Passerini, perchè di questi soltanto
potè ottenere positiva certezza.
180
Rimane intanto ancora dubbioso il modo di deposizione
delle uova della Scolia, e specialmente si presentano da se i
seguenti dubbj :
1/ Se la Scolia femmina introduca, mediante puntura o
con altro mezzo qualsiasi, l'uovo nel tessuto sottocutaneo della
larva deìVOrjcteSy entro cui a somiglianza degl' Imenotteri
pupivori la larva uscita dall' uovo otterrebbe il suo incremento.
2/ Se l'uovo venga invece deposto sulla esterior super-
ficie della larva d'OrjcteSy a cui l'insetto nato dall'uovo rimar-
rebbe aderente succhiandone l'alimento al par d'una sangui-
suga, per poi fors'anco introdurvisi con parte del corpo, all'og-
getto di distruggerne del tutto i visceri prima di passare allo
stato di ninfa, a seconda di quanto il Professore Audouin asse-
risce avvenire d'una larva di Calcidite dannosa alla piralide
della vite .
5.° Se r uovo non venga piuttosto collocato in vicinanza
della larva dCOrjctes, o questa portata dalla Scolia femmina
vicino al luogo in cui depose l'uovo, però sempre in modo
che detto uovo non trovisi aderente, e molto meno innestato
alla larva stessa, ferma però sempre la supposizione che la
Scolia, quando sia nata, succhi la larva nei primi tempi della
sua vita, e la divori poi del tutto poco prima di cambiarsi in
istato di crisalide.
4.° Se infine, in qualunque delle tre suddette ipotesi,
la Scolia femmina scelga per depor l'uovo la larva d'un Oryctes
che abbia già formato il proprio guscio, o d'un Orjctes che
stia per accingersi a tale lavoro.
Nella generale impazienza d'attendere che il ritorno della
state venisse a dilucidare un fatto di tanto interesse, fu vostro
divisamento, o Signori, che una Commissione avesse ad isti-
tuire minuto esame sopra alcuni degl'individui presentati in
natura dal Dott. Passerini, e formanti corredo alla sua memoria,
per vedere se mai per qualche insperata ventura si potesse in
181
quelli riscontrare carattere alcuno che desse qualche fonda-
mento a credere che piuttosto per Funa o per l'altra ipotesi
s'avesse a propendere. La Commissione che trovasi da voi ono-
rata di tale incarico, chiamato ad assisterla nel proprio seno
anche lo stesso Dott. Passerini, che gentilmente si prestò a'suoi
desiderj, prese in accurato esame le spoglie delle larve d^O/yctes
rimaste aderenti ai bozzoli formati dalle Scolie, ed osservò che
esse sembravano tutte intieramente vuote, meno la parte po-
steriore, del tutto disseccata e raggrinzita, e contenente por-
zioni degli organi di quella regione, in un colf ammasso delle
materie fecali. Queste spoglie inoltre, formate d'una pelle som-
mamente sottile e delicata, mostrano tutte varie lacerazioni,
soprattutto in corrispondenza alla detta parte posteriore della
larva: che anzi nel più degl'individui osservati trovossi affatto
staccata, il che è chiaramente attribuibile al maggior peso di
quella parte, ed all'estrema delicatezza della pelle in generale,
poco atta a sostenerla. Fatta rammollire una di dette spoglie
con acqua tiepida, e più minutamente osservata, si trovò che
una delle aperture che in essa si riscontrano non è del tutto
accidentale, ma da ritenersi invece fatta prima del suo dissec-
camento. Trovasi questa nella parte inferiore del corpo della
larva, in corrispondenza al quinto anello, e quantunque veg-
gasi allargata da una accidentale lacerazione, che evidentemente
accadde dopo il disseccamento della spoglia stessa, e per cause
estranee, pure vi rimangono chiari indizi d'un foro originaria-
mente circolare, e fatto ad arte, avente cioè il margine liscio
ed intero, ossia non offrente quelle frange ed irregolarità che
sono chiaro indizio d'un'avvenuta lacerazione, e grande quanto
è il diametro maggiore della larva adulta di Scolia.
Nessun dubbio rimase alla Commissione vostra, o Signori,
che tale apertura, anziché dal caso, s'abbia a ritenere opera della
larva di Scolia che visse a scapito di quella deWOry^ctes: ma,
come bene era a temersi, nessun argomento fu in caso di de-
182
durre, per giudicare quale sia il modo di sviluppo della Scolia
stessa. Giacché ove ella passi il primo periodo della sua vita
nell'interno della larva diOrjctes^ quel foro è poco necessario
per darle sortita, allorquando deve disporsi a preparare il boz-
zolo. Se invece vive, a modo di sanguisuga, aderente esterior-
mente al corpo della larva ò^Orjctes suddetta, non è impossi-
bile che, come osservò il Cav. Audouin a proposito dell' 0/?/i/o«
Dositheae, questa pure, prima di filare il bozzolo, s'introduca
per quel foro con parte del suo corpo nella spoglia àeWOrycteSj
per toglierne quelle parti che col semplice succhiamento non
ne erano state staccate: e se infine la larva di Scolia non fa
che nutrirsi esteriormente di quella àeWOrjctcs, senza esservi
per nulla aderente, è d'uopo ancora che nell'ultima epoca dello
stato di larva, allorché si dispone a far pasto di tutte le interne
parti àeìVOrjcteSy ne intacchi l'integumento, e nulla ripugna
a credere che ciò accada in un solo punto e per un'unica
apertura.
Mancano poi del tutto alla Commissione dati per decidere
se l'uovo venga deposto prima o dopo la formazione del gu-
scio terroso, e difficilmente si potrà ottenere una dilucidazione
su tale punto senza che in pari tempo s'abbia lo scioglimento
dell'intero problema.
Eccovi, o Signori, quanto la Commissione vostra era in
dovere di comunicarvi, dolente che le sue ricerche non abbiano
potuto condurla ad alcun più plausibile risultato. In lei quindi
non rimane che il vivo desiderio che le indagini che molti fra
voi saranno certo per istituire sopra si interessante argomento
abbiano fra non molto a fruttare, come punto non ne dubita,
quelle soddisfacenti conclusioni, che a lei soltanto fu dato di
desiderare, ma non di ottenere.
CAV. BASSI Relatore.
CAV. AL' DO LI. \.
PROF. PAOLO SAVI.
183
TENUTA IL DI 14 OTTOBRE 1839
-Assiste a questa adunanza S. A. I. e R. il Granduca di Toscana.
Il Segretario legge Fatto della precedente seduta, il quale
viene approvato.
Il Prof. Orioli, a nome della Commissione creata addì 9,
fa verbale rapporto dell'esame e degli sperimenti stati istituiti
su le due testuggini che il Dott. Lippi privò di cervello. Le cose
principali che il Relatore vien esponendo sono le seguenti:
Nissuna traccia di polpa cerebrale fu rinvenuta sia nella
cavità del cranio, sia nel principio dello speco vertebrale. La
testuggine che era stata cauterizzata era più vivace di quella,
cui fu soppressa l'emorragia con semplice gesso: ambedue ave-
vano il moto spontaneo e di traslazione: ma siccome gli arti
sinistri erano tocchi da paralisi, così ogni loro tentativo di moto
di traslazione risolvevasi in moto di rotazione, o in moto cir-
colare, da destra a sinistra. Quanto ai sensi, il solo tatto parve
inferissimo: l'olfatto sembrava spento del tutto: veramente,
essendo stato insinuato nelle nari della testuggine non caute-
rizzata alquanto alcool concentrato, questa gridò, si mise a
roteare e a dar segni evidentissimi di eccitata vitalità^ ma ciò
sembra al Prof. Orioli doversi piuttosto attribuire a eccitazione
prodottasi sul sistema nervoso in generale, che non su i soli
nervi olfattorj. Non si ebbero indizi certi di gusto, giacché non
pigliavan cibo e non parevano sentirne la qualità: introdotto
184
però dello zucchero nell'esofago, si dall' una testuggine che dal-
l'altra veniva inghiottito. I tentativi fatti dalla Commissione
per aver prove di udito e di vista riuscirono vani^ quelli ani-
mali non si riscossero ad alcun suono, né i raggi solari diretti
su i loro occhi, abitualmente chiusi, parvero operarvi impres-
sione o sensazione di sorta. Sottoposti variamente all'azione
della elettricità, non fecero conoscere altri fenomeni che quelli,
i quali in uguali circostanze si ottengono dalle rane, ec.
Il Prof. Orioli, per convalidare a quanto sembra l'opi-
nione d'alcuni, che l'asportazione del cervello sia causa del
moto rotatorio, cita l'esempio di un'anitra, nella quale, privata
di cervello dal Lippi come le testuggmi, si osservò lo stesso
fenomeno^ ma il Prof. Zannetti fa osservare bastar talvolta una
semplice lesione di quell'organo per produrre il moto rotatorio,
siccome gli avvenne di vedere in un falcone stato ferito nel
capo da un colpo d'archibugio. Del resto il Prof. Zannetti, il
Cav. Carena, il Principe di Musignano e il Prof. Gene ricor-
dano le numerose osservazioni e sperienze già state istituite su
questo proposito dai Sigg. Flourens, Magendie, Bellingeri, Ro-
lando ec, delle quali si dolgono che la Commissione per istret-
tezza, anzi per assoluto difetto di tempo, non abbia fatto men-
zione e citazione comparativa.
Il Prof. Oken ripiglia e finisce la sposizione dei principj
filosofici, su i quali dovrebb' esser fondata, secondo che egli
pensa, la classificazione del Regno animale. Come si è già
accennato nell'atto del giorno 7, quanti sono i sistemi d'organi
che compongono il corpo della più perfetta tra le creature,
cioè r Uomo, tante sono le classi, nelle quali, a parer suo, deve
spartirsi il Regno animale, giacche egli crede e cerca di dimo-
strare che i tipi di diversa organizzazione che l'anatomia ha
fatto conoscere nei diversi gruppi d'animali, non sono in fine
altro che successive modificazioni di qualcuno dei sistemi orga-
nici dell'uomo, indotte da un corrispondente maggiore svi-
185
luppo dì uno o più altri di codesti sistemi: in altre parole, gli
animali non sono, pel Prof. Oken, se non che divisioni del-
l'anatomia umana, e l'Uomo nella sua anatomia comprende
tutti gli animali. Così i Mammiferi che si avvicinano all'uomo
per la intelligenza, sono caratterizzati dai sensi, gli Uccelli,
ne' quali l'intelligenza è minore, ma più energica la vita ani-
male, lo sono dal sistema nervoso^ i Rettili, ne' quali il sistema
muscolare predomina sugli altri sistemi organici, distinguonsi
pei muscoli, i Pesci, deboli di sensi, di vita animale e di mu-
scoli, ricevono carattere distintivo e qualificazione dal sistema
osseo, ec. E di questo passo procedendo, cioè pigliando ad
esame quando il sistema vascolare, quando il generativo, quan-
do i materiali di composizione o le forme embrionali, giugno
a fare del Regno animale tredici grandi classi distinte, ch'egli
risolve poi in famiglie e divisioni minori, qualificate dal predo-
minio d'altri organi o d'altri sistemi d'organi secondar). Come
ognun vede, l' unità di composizione organica è il fondamento
della classificazione del Prof. Oken^ le modificazioni cui va
soggetta nella specialità o nella totalità dei sistemi, ne costitui-
scono l'edifizio e gli scompartimenti.
11 Dott. Luigi Nardo legge pel fratello suo Dott. Giovanni
Domenico una memoria, nella quale si fanno conoscere varie
particolarità del sistema cutaneo e i caratteri distintivi del Lu-
varus di Rafinesque, che l'Autore descrisse in altra sua me-
moria col nome di Protostegus.
Sul foglio d'ordine sono inscrìtte, per esser fatte alla Se-
zione, 1.° alcune osservazioni del Marchese Carlo Durazzo sopra
due nuove Emherìze della Liguria^ 2." varie comunicazioni del
Principe di Musignano, relative a un manuale di Ittiologia ita-
liana, già da lui condotto a termine^ 5." le descrizioni di pa-
recchi animali nuovi di Sardegna e di Corsica, un prospetto
generale della Zoologia sarda, e la presentazione di un Voca-
bolario manoscritto dei nomi scientifici, di lingua comune e di
24
186
dialetto, degli uccelli italiani, del Prof. Gene, 4." la descrizione
di un Pesce fossile, del Dott. Scortegagna: ma l'ora già troppo
avanzata obbliga il Presidente a sciogliere l'adunanza.
It Segretario della Sezione — PROF. G. GENE.
Il Presidente - PRÌNCIPE C. L, BONAPARTE .
t
grouwfi;
DI
MEDICIIVA
PROCESSI ATRBALI
DELIA SEZIONE DI MEDICINA
TESCTA IL DI 4 OTTOBRE 1839
isa rendeva solenne Faprimento del Congresso dei Scien-
ziati col nome di Galileo: nel nome di Ippocrate aprivasi inau-
gurata la Sezione dei Medici. Che avendo il Professor Presi-
dente avanti a tutto notificato, come il Consigliere Giuseppe
Frank proponeva, per Memorie da premiarsi, l'argomento
= Delia JledicÌJia Ippocratica y e "*/ dimostrare che in Italia
se ne era sempre consen^ato lo spirito = (*), tutti i conve-
nuti con entusiasmo plaudendo, dimostrarono che il venera-
bile Palladio della scienza loro per tal modo innalzato nel
Teatro anatomico dove essi sedevano, appagava que' voti del
senno e dell'animo, coi quali ciascheduno parca volesse inco-
minciata una medica assemblea , lieta di più saldi propositi e
di nuove speranze.
E rispetto alle Memorie sopraddette e al premio da con-
ferire alla migliore di esse, il Frank faceva conoscere le diffi-
coltà che il Congresso del 1840 avrebl>e incontrato per la ri-
strettezza del tempo nell'esaminarle, e proponeva di affidarne
il giudizio al Collegio Medico del luogo. Il Professor Presidente
190
avvertiva essere coavenìente, che il giudizio appartenesse agli
Scienziati componenti il Congresso, e che questi avrebbero
allontanata la difficoltà preveduta dal benemerito Institutore
del Premio, nominando a tal fine una particolare Commissione.
Rivoltosi quindi il Prof. Tommasini con eloquente, e
affettuoso discorso all'illustre Consesso, toccando della utilità
delle Riunioni scientifiche, e facendo voti per la loro prospe-
rità, utilità e continuazione in Italia, e manifestando il più
forte zelo nel cooperare anch' egli, dal canto suo, per cotesto
mezzo all'incremento delle scienze mediche, invitò i rispettabili
Colleghi a comunicare osservazioni chiare ed esatte, e racco-
mandò che le induzioni partissero sempre da fatti interi e
ripetuti^ e conchiusa che le nostre Riunioni dovevano sempre
esser dirette ad un fine unico e principalissimo, al progresso
della scienza .
Scendeva dipoi il Prof. Giacomini a leggere uno scritto, che
avea per argomento =Della natura e della vita del sangue =^
nella qual memoria l'illustre Autore si propose di dimostrare:
1." Che il sangue finché è vivo e circolante è un tutto
omogeneo, e con caratteri fisici poco suscettibili di essere de-
terminati: e ciò gli parve resultare dall'ambiguità de' caratteri
assegnati finora ai così detti globuli di esso sangue, e vesci-
chette e nuclei e globetti rossi albuminosi e trasparenti, e in-
clusive gli stessi animaletti essere caratteri discernibili soltanto
nel sangue morto, e probabilmente anche altrettante ottiche
illusioni.
2.° Che la chimica non ha ancora determinato nulla di
positivo intorno ai principj costituenti il sangue: che i risultati
discordi delle esperienze de' chimici moderni escluderebbero
persino la divisione tra il sangue venoso, e l'arterioso: che le
separazioni del sangue in siero, fibrina, albumina, ferro ec.
non si ottengono nel sangue vivo, e circolante^ ma che tanto
cotesti elementi, come i moltiplici altri principj dai chimici in
191
esso sangue trovati, probabilmente non sono che un effetto
dell'influenze chimiche degli agenti della natura esterna sopra
un corpo privo di vita, ovvero anche prodotti de' diversi pro-
cessi chimici impiegati.
5.° Che il fluido mesenterico, il sangue del sistema della
vena porta è un'altra specie di fluido sanguigno da doversi
considerare a parte, e da non confondersi col vero umore
sanguigno venoso e arterioso, il qual umore solamente pare
ch'egli riguardi per sangue propriamente detto»
4.° Che né lo Scorbuto, né il Tifo, né il Diabete, né
il Cholera mostrano oggidì alla chimica un sangue diverso
ne' suoi principi costituenti dal sangue sano o di altri morbi:
e con tutto ciò è evidente che il sangue si altera.
5.° Che il sangue vivo, fluido di massa integrale omo-
genea, ha tre principali otfìcj^ di eccitare il sistema vascolare,
di svolgere la temperatura animale, e comunicarle il carattere
di speciale indipendenza, di mantenere nell'organismo equili-
brata l'economia nutritiva .
6." Che il sangue non contiene in se i principj costi-
tuenti i diversi tessuti, ma ha soltanto una speciale attitudine
a trasformarsi in quelli.
7/ Che il sangue non ha vita propria, ma vive perchè
è un prodotto della vita di che godono i tessuti.
8." Che le alterazioni del sangue non possono essere,
generalmente parlando, che secondarie, e che il pervertimento
del fluido essendo la conseguenza del pervertimento anteriore
del solido, ne consegue il corollario terapeutico che a riordi-
nare il turbamento de' tessuti, e non a correggere le altera-
zioni del sangue, deve essere quasiché sempre diretta ogni
clinica operazione.
Terminata la lettura della Memoria, in quanto alle discus-
sioni, la Società rigettò il progetto di differirle al giorno dopo
la lettura delle Memorie, né accettò l'altro che gli autori
192
potessero dichiarare innanzi alla lettura se volevano, o no la
discussione, ma invece adottò quello di discutere subito dopo
ascoltate le letture, o le verbali proposizioni fatte all'adunanza
medesima.
Il Segrktawo della Sezione — PROF. FRANCESCO PUCCINOTTl.
Il Presidente - CAr. PROF. GIAC03I0 TOMMJSINI.
(*) PROGBAIfOIA
^^"^i <S2'®S^^^^ SJ^^S^a
Ija sezione medica del Congresso degìi Scienziati italiani in Pisa, accorda un premio
di cinquecento franchi a chi presenterà, nella Riunione che avrà luogo nell'Ottobre
dell'anno i84o, la più soddisfacente risposta al quesito ** Intorno alla Medicina
Ippocratica, ed allo spirito di essa conservatosi sempre in Italia ■»,
Si domanda una succinta esposizione di ciò che essenzialmente caratterizza la dot-
trina ippocratica, ed una breve menzione delle Opere di quegl'Iialiani (giacché troppo
lungo sarebbe di estendersi anche alle altre nazioni), i quali col seguire l'esempio d'Ip-
pocrate, e prendendo conseguentemente per guida l'osservazione, l'esperienza, ed una
sana logica, contribuirono in eminente grado a perfezionare la medicina pratica.
Le Memorie destinate a tale concorso dovranno essere scritte leggibilmente in
lingua italiana, suggellate, munite di un' epigrafe, ed accompagnate da un viglietto
egualmente suggellato ed iscritto, contenente il nome dell'autore ed il luogo della di
lui residenza* Saranno le medesime rimesse, franche di spesa, al Presidente della Riu-
nione degli Scienziati in Torino, prima che comincino le loro sedute. Le Memorie
non premiate coi rispettivi viglietti saranno consegnate alle fiattime, a meno che gli
autori non le reclamino. L'autore premiato indicherà poi in quale città commerciale
egli desidera ricevere il premio.
Giuseppe Frank.
193
TENUTA IL DI 5 OTTOBRE 1839
M-ibbe incominciamento questa seconda adunanza, la quale
venne onorata dalla presenza di S. A. I. e R. il Granduca
Leopoldo II, dalla lettura del Rapporto della seduta dei 4 Ot-
tobre e dalla discussione intorno alcuni punti della Memoria
letta dal Prof. Giacomini il giorno innanzi, sulla natura e la
vita del sangue.
Il Cav. Prof. Bufalini, al concetto dell'Autore, non potersi
ricavar nulla di utile dall'esame fisico-chimico del sangue per
la impossibilità di esaminarlo in stato di vita, opponeva:
1." Che quasi alla medesima condizione stanno le alte-
razioni de' tessuti organici. Anche in queste vi ponno essere
guasti avvenuti dopo la morte, e nondimeno il loro esame è
utilissimo, perocché in quelle alterazioni si possono rinvenire
alcuni dati che siano riferibili all'anteriore stato degli organi
stessi. E se valesse la ragione della morte per escludere la detta
probabilità di utili trovamenti, i vantaggi dell'anatomia pato-
logica sarebbero perduti.
2." Che l'esame microscopico, o chimico del sangue,
sebbene non più legato colla vita de' solidi, non lascia di poter
essere sorgente di criterj utili, e riferibili allo stato morboso, o
alle cause che lo promossero, in quella guisa che il processo
più, o meno rapido della putrefazione di un cadavere è pure
di frequente apprezzabile indizio della qualità dello stato mor-
boso anteriore .
25
194
3." Che quella facile, e frequente mutabilità del sangue
che l'Autore adduceva come prova della sua tesi, proverebbe
piuttosto la sua maggiore facilità ad alterarsi, e la suscettibi-
lità maggiore di quella de' solidi di risentire gli effetti degli
agenti morbosi. Ed ove ciò fosse, altri ajuti non avrebbe la
scienza che i fisici ed i chimici per ricercare se coteste muta-
zioni non fossero mai le cause più comuni delle umane in-
fermità .
4." Che ]' animale economia potendosi riguardare sotto
la duplice serie di azioni dinamiche, e di azioni chimiche, seb-
bene tali azioni non seguano leggi del tutto uniformi a quelle
della inorganica materia, nondimeno a rendersi ragione di
entrambe non basta l'astratta idea della vitalità, ma doversi
ricorrere a quelle luminose analogie che spesso sommini-
strano i mezzi adoperati nelle scienze fìsiche, e chimiche.
5.° Che se lo stesso Autore concede che miasmi, e con-
tagi entrano nel torrente della circolazione, chi può decidere
che questi, ed altri principj una volta entrati rispettino le
chimiche affinità, e si limitino ad agire solo dinamicamente,
e chi potrebbe determinare quale sia la principale alterazione,
se quella de' fluidi, o quella de' solidi?
6.° Del resto concludeva l'illustre Clinico di Firenze
raccomandando caldamente la utilità de' tentativi fisici, e chi-
mici nelle ricerche sulla natura del sangue, che se l'umano or-
ganismo è composto di solidi e di fluidi , e se hanno eguale
importanza nelle ragioni di vita, eguale importanza debbono
pure avere ove si facciano argomento delle nostre esperimen-
tali considerazioni relativamente allo stato sano, o morboso
del corpo umano.
7." Che qualunque siasi la contradizione delle espe-
rienze fìsiche, e chimiche sul sangue, siccome adduceva l'Au-
tore, ciò non esclude la possibilità che perfezionati i mezzi
d'indagine non sian conseguibili dei risultamenti positivi^ giac-
195
che le grandi verità nelle scienze sono pur troppo spesso pas-
sate attraverso grandi contradizioni .
Alle quali avvertenze l'egregio Autore della Memoria re-
plicava: non aver dichiarato l'inutilità delle ricerche fisiche,
e chimiche in quanto al sangue morto, e ai suoi prodotti, ma
avere soltanto dimostrato che per tali ricerche non si può co-
noscere la condizione del sangue quale era mentre esso circo-
lava colla vita^ e tutto ciò che si riferisce all'esame del sangue
morto è di vera chimica, laddove ciò diesi riferisce al sangue
vivo è di altra sfera di leggi .
Aggiungeva: che esatto non sembravagli il paragone
tra le alterazioni mutabili, e fuggevoli d'un fluido, e le al-
terazioni grossolane, e permanenti degli organici tessuti^ quin-
di la osservazione su queste ultime resta sempre nella pie-
nezza della sua validità e utilità , essendo per questa princi-
pale ragione l'anatomia patologica il saldo fondamento della
scienza nostra.
E qui il Professor Bufalini interrompendo fece avvertire,
che l'analogia da lui esposta avea solo riguardo all'essere tanto
il sangue fuori dei vasi, che i tessuti alterati nel cadavere,
ambedue parti morte, e che questa condizione di morte co-
mune ad entrambi come non escludeva l'utilità delle ricerche
ne' tessuti, sembravagli non dovesse escluderla nemmeno nel
sangue .
Il Giacomini continuando sulla utilità da lui non negata
alla chimica, aggiungeva che appunto la chimica ha mostrato
col progredire, che quelle stesse deduzioni che ne' tempi pas-
sati si credevano stabilite, più non reggono oggi^ e che nella
chimica, e ne' suoi avanzamenti odierni egli riconosce l'inesti-
mabile beneficio di averci disingannati sulla speranza di potere
per quella via internarci nel secreto della vita , e doverci rivol-
gere ad altre ricerche per acquistare cognizioni meno oscure,
ed erronee intorno alla natura del sangue.
196
Troncata la discussione, il Professor Presidente invitò il
Corneliani, Professore di Clinica nell'Università di Pavia, alla
lettura della sua Memoria, la quale consistette in due storie di
Diabete, nel ragguaglio de' chimici esperimenti fatti sugli
umori di due diabetici, nella esposizione di molta parte zucche-
rina ottenuta dal sangue, dalle urine, e dalla pasta chimosa
dello stomaco di detti infermi, i quali prodotti contenuti in
vasi di vetro il benemerito Professore rese ostensibili all' as-
semblea^ e dalle dette storie, ed esperienze traeva l'illustre
Clinico alcuni patologici, e terapeutici corollarj, tra i quali
i.° Che la condizione essenziale del Diabete sembra
consistere in uno stato abnorme dello stomaco.
2/ Che a questo stato morboso dello stomaco, e non
ai reni sia dovuta la morbosa separazione dello zucchero in
questa malattia. '
5." Che l'uso del Creosoto sia indispensabile in questa
malattia per togliere la turbata innervazione dello stomaco, e
per fissare l'albumina nel sangue, e impedire il decadimento
della nutrizione.
4." Che l'uso contemporaneo della dieta animale sia
altresì necessario per restituire materiali omogenei alla speciale
attitudine assimilativa del viscere affetto .
5." Le quali ultime proposizioni terapeutiche sembra-
vangli provate dalla osservazione fatta, che l'uno dei suoi ma-
lati tenuto a vitto animale presentava albumina e non zucchero
nelle urine, l'altro del pari sotto Fuso esclusivo del vitto ani-
male presentava assai minore la forma diabetica con deficienza
notabile dello zucchero, il quale si vedea ricomparire si tosto
che si passava al vitto vegetabile.
Dopo di che la Sezione fu sciolta , comunicando una let-
tera del Presidente generale colla quale si invitavano tutti i
rappresentanti de' Corpi scientifici, come Collegi, Università,
Accademie, a dare i loro rispettabili nomi al Segretario gene-
197
rale al più presto possibile, onde ne fosse fatta menzione nella
prossima generale Adunanza.
Il Segretario della Sezione — PROF. FRANCESCO PUCCINOTTl.
Il Presidente - C^T. PROF. GIACOMO TOM3IASINI.
TENUTA IL DI 7 OTTOBRE 1859
11 Presidente comunicò all'adunanza, che a cagione del nu-
mero eccedente delle INIemorie, e della necessità di dare spazio
sufficiente alle discussioni si era disposto, che oltre alle due ore
consuete, una altr' ora sarebbe stata destinata alle discussioni,
e quindi le sedute si sarebbero protratte dalle 12 alle 5 pome-
ridiane.
Lettosi quindi il processo verbale della seduta dei 3 Ot-
tobre, il Professor Presidente invitò il Dottor Giuseppe Terra-
rio, Medico di Milano, a leggere la sua Memoria intitolata
= Ragionamenti sulV utilità e necessità della Statistica pato~
logica^ terapeutica e clinica^ e pensamenti sulla istituzione di
una statistica clinica nazionale e magistrale^ consentanea alla
filosofia medica del secolo XIX =8.
Quanto alla statistica patologica ricordava il Ferrarlo
come anche il Bufalini la raccomandi ne' suoi Fondamenti
di Patologia analitica.
La terapeutica e clinica, allorché trattisi di contagio epi-
demico esotico di cui si ignori la cura, dovrebbe consistere
neir instituire con parecchi rimedj una sperienza di compara-
198
zione clinica sopra oOO, o 600 malati, onde da queste com-
parazioni resultasse infine la prova de' mezzi inutili, o dannosi,
e de' proficui. Ciò che si fa per i rimedj, doversi e potersi fare
anche pei Metodi indicati dai diversi sistemi vigenti. Sotto-
porre cioè anche questi ad una statistica clinica comparativa.
E proponeva a questo fine che ne' grandi Ospedali si apparec-
chino tre, o quattro sale, ciascuna delle quali sia capace per
lo meno di 50 malati da riceversi per turno senza scelta . Po-
sti alla direzione delle cure degl' infermi di queste diverse sale
Medici di sistemi fra loro diversi, doversi tenere esatto conto
dei risultamenti clinici di ciascuno, notando i guariti, morti,
rimasti, cronici, recidivi, insanabili ec. E cotesti direttori do-
vrebbero essere sorvegliati da una Commissione composta di
INIedici, e di altri scienziati d'integra fede.
Intanto che questo grande sperimento clinico-comparativo
si organizzi proponeva infine il Terrario di incominciare col
raccorre un gran numero di nudi fatti stampando le Tavole
cliniche mensili , ed annuali delle Infermerie degli Ospedali ^
delle quali tavole egli fu cortese di presentare all'adunanza un
modello da lui immaginato, e concluse la sua Memoria col far
voti perchè da cotesto incominciamento fosse possibile infine
ottenere la istituzione d'una Statistica clinica nazionale.
Appresso il Professor Menici sottopose al giudizio degli
esperti Chirurgi che onoravano F assemblea tre istrumenti chi-
rurgici da lui immaginati . Il primo era un Frangi-pietra, de-
stinato a introdursi in vessica dalla parte del perineo, allorché
il calcolo voluminoso non può essere estratto dalla fatta in-
cisione .
Il Prof Pecchioli osservò che le labbra della ferita pote-
vano rimaner lacerate insieme col collo della vessica per la
mole dell' istrumento.
Il Professor Regnoli avvertiva , che la ipertrofia della ves-
sica spesso associata al calcolo voluminoso era di impedimento
199
per abbracciare il calcolo, e segarlo: potersi ottenere il mede-
simo intento servendosi dello strumento dell'Hourteloupe senza
danno delle pareti vessicali: che non potendosi valere della ci-
stotomia perineale né della litontrizia, meglio sarebbe ricor-
rere in tali casi all'alto apparecchio. Richiese infine che seb-
bene le condizioni della vessica di un cadavere siano diverse
da quelle dell'individuo calcoloso, l'illustre Inventore speri-
mentasse il suo strumento sul cadavere, onde apprezzarne giu-
stamente il valore .
Al che il Prof. Menici acconsentiva.
Il secondo istrumento presentato consisteva in una specie
di Faringotomo falcato, col quale l'Autore proponevasi di ese-
guire la cistotomia vagino-vessicale .
Al che pure si fece dai ProfF. Regnoli e Pecchioli notare,
che con un bisturi ben diretto si poteva ottenere lo stesso in-
tento che r Inventore si era proposto .
Il terzo istrumento fu un Erniotomo destinato esclusiva-
mente per le ernie crurali sull'uomo, onde incidere il liga-
mento del Gimbernard senza offesa dell' arteria otturatrice
quando nasce dall'epigastrica.
Sull'uso del quale istrumento i Professori Regnoli, Pacini
e Pecchioli fecero osservare la difficoltà della sua introduzione
tra il collo del sacco erniario e il viscere abdominale, la diffi-
coltà che il ligamento suindicato per la sua morbosa spessezza
possa entrare nella lieve apertura dell' istrumento, e la necessità
di dovere ricorrere a più bisturi, onde ottenere l'intento che
l'iVutore si era proposto.
Le quali opposizioni non andarono però disgiunte da un,
benché tacito, general sentimento di gratitudine verso l'illu-
stre Autore per la sua plausibile industria nell' aver immagi-
nato, e fatto costruire gl'indicati istrumenti coli' egualmente
plausibile scopo di facilitare , e meglio assicurare certe chirur-
giche operazioni.
200
Fu quindi invitato a leggere il Prof. Geromini, la di cui
Memoria si aggirò intorno una parte di Programma di un
Giornale da lui intitolato 11 Misontologo . Ma la lettura di
questo erudito lavoro, nel quale l'Autore proponevasi un esa-
me critico delle principali patologie si antiche che nuove,
dovette rimanere sospesa per la necessità di dare lo spazio di
un'ora alle discussioni.
Apertesi in questo le controversie, il Giacomini riprese la
difesa di alcuni punti della sua Memoria, convenendo essere
possibile un inquinamento negli umori anteriore alla comparsa
del morbo nei solidi; ma come nelle malattie contagiose, o di
incubazione, la terapia non comincia a mostrarsi efficace che
quando l'affezione è nei solidi, cosi restava fermo il suo con-
cetto che a questi, e non a quelli dovevano dirigersi le azioni
medicamentose.
Il Prof. Bufalini concluse, che quando si ammetta una
possibile, e frequente alterazione ne' fluidi anteriore a quella
de' solidi, ogni ulteriore questione rimaneva superflua, biso-
gnando ammettere insieme la necessità di correggere, o to-
gliere, o prevenire la detta alterazione.
E qui il Giacomini ritornando sulle cose lette sosteneva
aver provato le alterazioni del sangue non essere malattie es-
senziali; ma esistere come sintomi dello stato morboso degli
organi: e come tali doversi studiare; e questo studio istituito
sul sangue estratto rendeva utili le ricerche fisiche e chimiche
del sangue. La di cui inutilità egli protestava non aver mai
dichiarato per altro, che per raggiungere la cognizione del-
l'essere del sangue durante la vita.
E il Bufalini alla ripetuta protesta rendeva una risposta
finale col seguente dilemma: o la Memoria del Giacomini mi-
rava a provare l'inutilità degli studj fisici e chimici del san-
gue, e avrebbe avuto uno scopo utile; o mirava solo a provare
che con tali studj non acquistavasi la cognizione della vita del
201
sangue , ed era inutilissiina, perchè niuuo aveva mai preteso
di raggÌLingere con quelli una cognizione siffatta^ e però egli
imprendeva a dimostrare ciò che già fu sempre nella persua-
sione d'ognuno.
Il Prof. Del Punta Archiatro, e il Cav. Prof. Betti ripren-
devano la questione sull'esempio addotto delle malattie sifiliti-
che. Sosteneva il primo esser possibile l'inquinamento del
sangue, sebbene questo non si presenti correggibile dallo spe-
cifico rimedio avanti la comparsa dell'ulcera, o dello scolo
uretrale^ e l'inelìicacia del rimedio specifico nel periodo di in-
cubazione non esclude che l'ammesso inquinamento non possa
risentire i vantaggi d'altri mezzi terapeutici.
Il Prof. Betti appigliandosi al fatto della innocuità delle
secrezioni durante il periodo d'incubazione, sosteneva, il san-
gue non poter essere che un veicolo del principio venereo, e
questo principio non esistervi in modo da potersi dire inqui-
namento o discrasia, altrimenti si dovrebbe aver lue da tutte le
secrezioni, il che non è.
Fattosi qui il Prof. Tommasini in mezzo a' disputanti di-
mandava se non fosse possibile, die il non comunicarsi la si-
filide per coito impuro finché la malattia non si manifesta nei
solidi, comprovasse piuttosto che la delitescenza del veleno
avesse luogo nei solidi, e la malattia comunicabile non esi-
stesse se non quando l'organo ha concepito speciali attitudini
morbose. Ciò conceduto, se ne potrebbe inferire, che siccome
la malattia locale non esiste se non che quando si è creato
quasi un organo patologico, lo inquinamento comunicabile
consecutivo fosse un effetto di ripetizione, o irradiazione di
condizion patologica? L'esempio del tetano da causa trauma-
tica parve suggellare la proposizione conciliatrice del Clinico
illustre.
Il Segretario della Sezione — Pi?OF. FRÀyCESCO PVCCiyOTTI.
Il Presidente - C^T. PROF. GIACOMO TOMMASISI.
26
202
TENUTA IL Di 9 OTTOBRE 1859
I
1 Prof. Presidente annunziò, come il Dottor Pacini di Pi-
stoja avrebbe dimostrato sul cadavere alcuni nuovi corpicelli
organici da lui discoperti lungo i nervi della mano, e nominò
a questo fine una Commissione composta dei Professori Bufa-
lini, Regnoli, Betti, e Del Chiappa.
Annunciò del pari , che il Prof. Geromini proponeva
all'adunanza un Premio consistente in un Quadro creduto di
Leonardo da Vinci, a quella Memoria intorno alla Dottrina
delle Febbri, che la ventura Riunione de' Dotti del 1840 avesse
giudicata la più degna. Il Presidente pregava in pari tempo il
generoso Professore di accompagnare la sua offerta con docu-
menti di Accademie di Belle Arti intorno alla originalità del
Quadro suddetto.
Si lesse quindi il Rapporto dell'adunanza dei 7 Ottobre,
e venne approvato.
Invitato il Dott. Giovanni Polli di Milano, lesse una Me-
moria consistente in una serie di Osservazioni, Esperienze e
Ragionamenti sulla natura del Diabete, e la formazione dello
zucchero in questa malattia . E dalla esposizione di tali esperi-
menti resultò che F apparato digerente è la sede morbosa della
malattia, che questa consiste in una speciale morbosa azione
dello stomaco, per cui l'atto digerente va quasi a convertirsi
in un processo di saccarificazione: che cotesto stato morboso
non è né una flogosi, nò una irritazione, né una debolezza^ ma è
205
una deviazione del modo fisiologico dell'organo che potrebbe
^piuttosto chiamarsi neurosi gastrica di speciale indole, e che
le flos:osi, le con2:estioni, ed altro che si associ a cotesto stato
primitivo morboso devono riguardarsi come conseguenze, o
complicazioni accidentali della malattia.
Terminata la applaudita IMemoria del Polli, il Comi ro-
mano presentò alcuni pezzi anatomici solidificati come quelli
del Segato. Il Professor Presidente a esaminare il pregio di essi
deputò i Professori Betti, Pecchioli, e Taddei. I due primi tro-
varono i pezzi del Comi più cornei, o cartilaginei di quello
che lapidei, e il Prof. Taddei conchiuse che caratterizzarli con
esattezza non si poteva, se non se ne istituiva confronto con
quelli stessi del Segato .
Si passò alla lettura della Memoria del Prof. Bouros rap-
presentante della Università d'x\tene. Dette egli un esatto rag-
guaglio sì geografico, che geologico, e chimico, e diremo an-
che archeologico delle principali acque minerali della Grecia,
indicando di molte anche gli usi medici, e presentando inoltre
all'adunanza una sua Opera pubblicata in Atene in lingua la-
tina e greca, intitolata Farmacologia^ offrendo ancora varj
numeri d'un Giornale di Medicina che colà si pubblica intito-
lato L'Esculapio, e dando così testimonio all'Italia del rinasci-
mento, e progresso delle scienze mediche in quella classica
terra .
Apertasi la discussione il Prof. Menici dichiarò, come per
gravi motivi egli si rifiutava dal procedere all'esperimento
pubblico del suo Frangi-pietra sul cadavere, e lesse due lettere,
una del celebre Scarpa e l'altra del Palletta, nelle quali si pro-
nunziava un voto favorevole intorno al suo istrumento.
Quindi il Dott. Turchetti avendo domandata la stampa
della modula delle Statistiche negli Ospedali presentata due gior-
ni innanzi dal Dott. Ferrano^ sulla utilità della detta Tabella
si accese una dotta, e interessante discussione fra i Professori
204
Tommasini, Del Punta, Betti, ed il Dott. Ferrano, in mezzo ai
quali entrava il Bufalini con un suo ragionamento, che conte-
neva le seguenti proposizioni.
ce Le statistiche si possono riferire alle cagioni delle malat-
tie, o ai segni di queste, o ai metodi di cura, vale a dire lo
scopo di esse può essere di riconoscere specialmente o l'una o
l'altra delle predette pertinenze delle nostre infermità.
In ogni caso lo studio nostro intende a stabilire un rap-
porto fra la causa e l'effetto. Se non che poi una grande e fon-
damentale differenza separa la scienza dei corpi organici da
quella di molte parti delle scienze fisiche.
In queste i fatti si possono ridurre a tale semplicità da
non avere in considerazione che una causa e un effetto, e scor-
gere quindi l'immediato rapporto fra causa semplice ed effetto
semplice . Allora verificato questo rapporto alcune volte, si può
inferirne che sempre sarà il medesimo, e quindi fissare per
legge generale, che quella è la causa vera di quel dato effetto,
o che questo deriverà sempre da quella.
Nei corpi organici, all'incontro, i fatti da considerarsi
sono composti: molte cooperanti cagioni scorgiamo sempre
come possibili generatrici di un dato fenomeno. Così noi non
esaminiamo quasi mai il rapporto immediato di questo con
una semplice ed immediata cagione*, ma esaminiamo soltanto
un rapporto remoto di causa ad effetto. Fra la cagione che noi
possiamo considerare e l'effetto sensibile, al quale la riferiamo,
esiste una serie intermedia di occulte azioni che non possiamo
valutare. Ciò verificasi egualmente, quando riguardiamo alle
cagioni esterne genitrici di turbamenti d'organi o di funzioni,
o ai sintomi risultanti da un'interna alterazione, o ai metodi di
cura dileguanti gli stati morbosi . Quindi avviene che forse non
una cagione produce costantemente la stessa malattia, non un
sintoma costantemente l'accompagna, non un rimedio costan-
temente la vince. A fronte di qualunque gran numero di volte.
205
nel quale siasi trovato costante il collegamento di causa ed ef-
fetto nell'economia animale, può non di raro sopravvenirne
l'eccezione. Noi vedemmo la virtù delia vaccinazione confer-
mata, si può dire, da milioni d'osservazioni concordi, non essersi
poi dimostrata più la medesima. Da tutto ciò segue per mio
avviso una regola fondamentalissima, ed è, che le osservazioni
nostre intorno alle malattie umane non ci possono condurre a
conchiusioni o a leggi generali , ma le verità della nostra
scienza siamo costretti di esprimere colla formola seguente: —
Causa A congiunta all' effetto B, finora in ragione di tante
volte per cento .
Ciò posto apparisce chiara l'utilità delle statistiche, anzi
da queste sole doversi la medicina aspettare quella maggiore
precisione, di cui sia suscettiva. Nò credo che le verità già pos-
sedute si abbiano dimostrate per altro modo. Che se non furono
compilate statistiche esatte, ognuno però nella propria mente
facendo calcoli approssimativi conchiuse, che tale cagione il
più delle volte generava la tale infermità, il tale sintonia il
più delle volte la rappresentava, il tale rimedio il più delle
volte la vinceva.
Però una statistica in qualche modo esìste di già, e
quindi ora volendo noi compilare statistiche con maggiore
esattezza, non siamo costretti di cominciare a compilarle
come a caso.
Le già fatte per modo d'approssimazione ci danno le pro-
babilità, colle quali dobbiamo condurci nei metodi curativi.
Ove queste ci manchino, ci sia lecito derivarle dalle ana-
logie ricavate dalla considerazione del corpo umano in istato
di salute o dalle sperienze sugli animali.
Tale credo sia la regola coscienziosa, colla quale il Medico
debba procedere nelle sue investigazioni per la formazione delle
statistiche. Per le quali poi non credo necessarie particolari
discipline^ ma solo che i Medici s'intendano bene fra loro del
206
metodo vero di compilarle, e della forza di conchiusione che
possono avere. Al che principalmente io richiamo l'attenzione
di questa dotta Riunione w.
Ma a questo termine il Professor Presidente concludeva
la discussione col decidere, che per sodisfare alle istanze di
molti la Tabella del Terrario venisse stampata, e distribuita a
que' componenti l'adunanza che la desiderassero, onde medi-
tata, e modificata ancora se occorre, potesse essere generalizzata
negli Ospedali d'Italia per il voto eziandio della ventura Riu-
nione de' Scienziati del 1840.
Il Segretario della Sezione — PROF. FRANCESCO PXJCCiyOTTJ.
Il Presidente - CAV. PROF. GIACOMO TOMMASINI.
TENUTA IL, DI 10 OTTOBRE 1859
roposte dal Prof. Betti e dal Dott. Gaspare Barzellotti alcune
opportune emendazioni, ed aggiunte da farsi al Rapporto della
ultima passata adunanza, fu primieramente riparato ad una
omissione in quello seguita , facendo in questo menzione del
pregevole dono del Prof. Giacomo Barzellotti di molte copie
della sua Memoria stampata Sulla influenza della povertà nelle
epidemie^ e di queste su quella^ da distribuirsi a tutti i rispet-
tabili componenti la INIedica Sezione, ricordando anche la Let-
tera che accompagnava il dono suddetto, nella quale il Bar-
207
zellotti esprimeva il suo forte rammarico eli non potere, per
indisposizione di salute, intervenire e prender parte alle nostre
scientifiche adunanze.
Venne anche indicata altra emendazione all'articolo ri-
guardante i pezzi anatomici presentati dal Comi, là dove di-
ceva che i detti pezzi erano stati solidificati come quelli del
Segato'^ dovendosi invece dire, con un metodo che il Comi sup-
pone simile a quello del Segato.
In seguito si comunicarono all'adunanza alcune lettere
di Scienziati assenti, come del celebre Prof. Melloni, del Prof.
De Renzi, del Prof, Rivaz Medico de' Bagni d'Ischia, del Prof.
Farrio Medico in Venezia, del Prof. Nardo, del Prof. Strambio,
colle quali mostravansl dolentissimi di non potere intervenire
alla Riunione Italiana^ e si presentarono in pari tempo le Me-
morie, e le Opere che essi mandavano in dono alla Società.
Il Dott. Thaon lesse un Programma di un Premio che egli
medesimo stabiliva per quella Memoria che contenesse il mag-
gior numero di osservazioni intorno all'uso di un tal metodo
curativo dello scirro delle mammelle, che il Dott. Francesco
Gentili aveva trovato costantemente profittevole. Comunicato
quindi il metodo curativo suddetto, assegnava per premio la
somma di Lire 400, che egli depositerebbe nella Cassa di
Risparmio di Pisa. Una Commissione Medica che sarebbe stata
nominata nella Riunione scientifica del 1841, dovrebbe con-
ferire il premio suddetto.
Il Prof. Giulj leggeva il Ragguaglio di molte esperienze
da lui fatte sullo stato elettrico di quelli infermi che prende-
vano i bagni di Montecatini, e sulle relazioni che il detto stato
elettrico aveva colle malattie de' diversi organi, e coll'aumen-
tarsi, o decrescere di queste, invitando i Medici de' Bagni a
ripetere le sue osservazioni .
Il Dott. Valentino Fassetta lesse un Voto medico-psicolo-
gico aggirantesi intorno alla direzione morale delle mentecatte
208
del Marocomio femminile di Venezia, sottoposto alle sue medi-
che cure, e ragguagliò l'adunanza intorno alla utilità di una
Tabella statistica ch'egli esibiva, dimostrante il movimento ge-
nerale del detto Marocomio negli anni 1837 e 58, riguardato
sotto l'aspetto delle Cause delle affezioni mentali disposte in
ordine alfabetico, desiderando che gli altri medici addetti a
simili ospizi! adottassero il metodo da lui proposto. Il con-
fronto (diceva concludendo la sua applaudita ^Memoria il Pas-
setta) di una serie di Tavole sinottiche delle cause, e corrispon-
denti cifre numeriche degli alienati di varii luoghi per climi,
costumi, abitudini, religioni, leggi e cultura diversi, spande-
rebbe senza dubbio una luce nuova atta a dissipar tante tene-
bre che inviluppano la scienza fisico-psicologica, la qual luce
benché da tutti desideratissima, si ricerca da pochi.
Il Dott. Pacini Professore nella Università di Lucca lesse
intorno all'efficacia del metodo del Tranchina siciliano per
rendere incorruttibili i cadaveri, ed esibì due Mummie da lui
preparate col detto metodo, e conservantesi da cinque anni,
concludendo la sua lettera col proporre all'adunanza un que-
sito, cioè; = se vi possa esser pericolo di venefico assorbimento
per l'anatomico che lavora in un cadavere imvebuto di liquidi
arsenicali = .
Il Dott. Innocenzo Federici, Medico di IMessina, lesse sulla
formazione, e natura della cangrena secca. A lui piacque di
considerare il morbo in genere come una evoluzione di una
potenza in sequela di fatti^ de' quali il primo dà impulso al
secondo, che svol ferendosi dal canto suo 2:uada2:na individualità
propria j il secondo comunica impulso al terzo, e cosi via di-
scorrendo finché non sia sviluppata la serie de' fatti, che in-
divisa abbraccia intera l'essenza del processo morboso. Da ciò
procede, secondo il Federici, chiarissima la ragione de' periodi,
del corso, della conferenza di rimedj diversi in un medesimo
male.
209
Il primo fatto impercettibile che domina il processo mor-
boso, ma che noi comprende tutto, potrà venir detto germe
dell' e^>ohizione^ e la manifestazione del quale piìi o meno visi-
bile sarà da tenersi formo la di quella. I fattori dinamici, idrau-
lici, chimici presi nella comune significazione non dovranno
essere considerati rappresentanti dell'essenza sconosciuta dei
morbi, ma attributi o proprietà di questi.
Dopo aver enunciato tali principj il Federici si volse a
cercare \a formo la della cangrena secca. Da prima narrò due
storie, in una delle quali avendo trovato vóto lo spazio arte-
rioso interposto tra il grumo che chiudeva la poplitea sinistra
e il limite dell'escara, il quale spazio vóto era in stretto rap-
porto colla secchezza dell'escara cangrenosa e l'iperemia del
viluppo venoso-, nell'altra storia non rinvenendo grumo nelle
arterie, che in ambidue erano prive le pareti di traccia di flo-
gosi, egli fu condotto a congetturare, la formola della can-
grena secca essere il movimento retrogrado del sangue entro
i vasi.
Invocò egli a conforto di questo concepimento le cause.
L'azione del freddo quale ripercussivo dei fluidi nell'interno^
l'associamento frequente delle lesioni organiche del cuore e
de' grossi vasi con quella malattia che dà a divedere dipendenza
comune da comune fattore, tutte queste cose a parere dell'Au-
tore concorrevano a rinforzare la sua congettura.
Infine il Federici tolse a sperimentare la segala cornuta
sugli animali, come quella che cimentata sull'uomo suole ge-
nerare la cangrena secca^ e quindi l'azione sua sarebbe stata
identica a quella della causa morbosa che questo male produ-
ce. Provata la segala cornuta su gli anellidi e le rane, cjuesti
nella maggior parte hanno presentato il movimento anti-peri-
staltico delle arterie.
Per le considerazioni su i due casi di cangrena^ per gli
sperimenti della segala cornuta sugli animali, il Federici con-
27
210
eluse: il monmento anti-peristaltìco delle arterie essere la for-
mula probabile della cancrena secca. Da ultimo terminava il
suo discorso mostrando desiderio, che altri torni a ripetere
quelle sperienze^ e seguitandole negli animali di ordine supe-
riore confermi o distrugga il suo patologico concetto.
Il Prof. Pecchioli di Siena fece all'adunanza un Rendi-
conto di operazioni di litotomia da lui eseguite nello spazio di
8 anni, cioè dal Settembre del 1851 al Settembre del 1839.
Egli ebbe 72 casi di Litiasi vessicale. Dei quali 61 furono sot-
toposti a chirurgica operazione^ gli altri 11 furono lasciati in
balìa di se stessi. Dei 61 operati o8 appartenevano al sesso
maschile, e 3 al femminile. Sopra 47 tra gli operati fu prati-
cata la Cistotomia con dodici metodi e processi operatorj di-
versi, e sopra 14 si praticò la Litotrizia. Di tutti gli operati ne
perirono 6^ cosicché resulta una mortalità minore del 10 per
cento. Degli undici non operati non guarirono che due fem-
mine, le quali emisero spontaneamente la pietra. Il Prof. Pec-
chioli mostrava in pari tempo i diversi calcoli, e pietre da lui
estratte.
Apertasi la discussione intorno alla Memoria del Prof.
Giulj, il Dott. Quglia di Reggio e il Prof. Puccinotti opposero
alcune avvertenze, intorno alle quali il Prof. Giulj oltre alle
cose dette in propria difesa, indicò che la prossima stampa
della sua Memoria avrebbe meglio chiariti i punti controversi.
Il Segretario della Sezione — PROF. FRAyCESCO PUCCINOTTI.
Il Presidente - CAF. PROF. GIACOMO TOMJIASINI.
211
TENUTA IL DI 11 OTTOBRE 1839
pprovavasi il processo verbale dell'anteriore seduta, e il
Prof. Bufalini proponeva all' adunanza di formare una Depu-
tazione per render grazie al Prof. Barzellotti del dono fatto della
sua Memoria alla Società^» ed a tale officio riconosciuto doveroso
con acclamazioni, vennero deputatili medesimo Prof. Bufalini,
il Prof. Regnoli, e il Prof. Betti.
Fu comunicata una lettera dell'illustre Marchese Ridolfi,
Presidente della sezione di Agricoltura, nella quale si invitavano
i componenti le singole Sezioni ad un caritatevole tributo a
vantaggio delle Scuole infantili di Pisa, al quale invito l'adu-
nanza acconsentiva con acclamazioni.
Fu letto un rapporto del Segretario della sezione di Fisica
intorno alle solidificazioni di parti animali ottenute dal Mori,
e presentati alcuni esemplari di esse.
E qui il Prof. Targioni fece noto all' adunanza come il
Prof. Gozzi di Firenze col mezzo del silicato di potassa era
giunto anch'esso a solidificare varie parti animali^ di che aveva
lo stesso Prof. Targioni fatto rapporto all'Accademia di Belle
Arti in Firenze.
Il Prof. Morelli Clinico di Pisa leggeva un suo Esame
delle Teoriche, che il Prof. Forni ha esposte in varie opere ^
avendo quest' ultimo mostrato desiderio che tali teoriche fos-
sero fatte in qualche modo conoscere all'adunanza. Assuntosi
il Morelli cotale officio ne dette esatto ragguaglio, concludendo
212
che la Teorica del Forni traendo basi da tutte le naturali scien-
ze, e specialmente dalla Fisica, e dalla Chimica, e potendosi
intitolare quasi una ZS'uova Teoria dell'Universo, abbisognava
di diligenti esami fattivi sopra da varie altre Sezioni compo-
nenti il nostro Congresso, e la Sezione Medica non poterla per
ora riguardare che come Teoria sommamente ingegnosa, senza
pronunziare nessun giudizio sul valore assoluto di essa.
11 Prof. Linoli lesse una Memoria tendente a provare il
concetto, che la infiammazione non rigenera le parti organiche,
e prese a guida de' suoi ragionamenti varie osservazioni sulla
pretesa riproduzione della sostanza ossea nelle fratture. Con-
cludeva rapporto alle ossa che tutto dipende da trasudamento
di fibrina ne' capillari venosi, e da consolidamento consecutivo
della fibrina stessa: che non vi sia mai un nuovo prodotto,
ma che tutto si operi a spese delle ossa fratturate, per cui que-
ste presentano evidenti tracce di assottigliamento.
11 Dott. Hodes Chirurgo alemanno presentò all'adunanza
il nuovo Osteotomo del Prof. Hacn, facendone conoscere il
modo di adoperarlo, e le ultime modificazioni fattevi dall' illu-
stre inventore. Proposta dal Cav. Presidente una Commissione
per esperimentarlo, il Prof. Regnoli avvertiva, che l' istrumento
era già noto da sei anni all'Italia, e che era quello stesso che
vedevasi nell'armamentario chirurgico di Pisa, coli' aggiunta
d'un trapano a manubrio.
Il Prof Betti mostrò tuttavia desiderio dì vederlo adoprato
sul cadavere dallo stesso Hodes, e la proposizione fu accolta.
Il Prof Targioni fé noto all' adunanza essersi egli accinto
a compilare una Fitografia Medica^ descrivendo in essa cia-
scuna pianta medicinale, dopo averne data la più diligente
storia, esponendo le sue applicazioni, trattando gli effetti delle
venefiche, e parlando eziandio degli usi tecnici, ed economici
di esse. Offeriva intanto bellissimi disegni di piante come mo-
delli dell' Atlante che doveva decorare F Opera sua , la quale si
215
lusingava poter venire in luce verso la fine dell'anno venturo,
con 300 tavole disegnate a colori. Per la difficoltà della im-
presa, e il desiderio che riesca la più completa di quante ne
sono finora state prodotte, implorava da tutti i componenti la
Sezione di essere messo a parte di tutte quelle notizie, che
avessero potuto rendere sempre più completo, e profittevole il
vasto suo divlsamento.
Invitato alla lettura il Prof. Pravaz di Montpellier, questi
fé conoscere con una sua Memoria le cure felici che aveva
ottenuto con un suo metodo particolare ortopedico di alcune
lussazioni della testa del femore credute congenite, e per conse-
guenza secondo l'autorevole sentenza di alcuni sommi Chirurgi
stimate incurabili. Uni il Pravaz alla lettura della Memoria la
presentazione di alcuni preparati anatomici, che convalidavano
le emesse proposizioni.
Apertasi quindi la discussione fra il Prof, Corneliani, e
il Prof. Linoli intorno al nuovo prodotto osseo nelle fratture,
sostenendo il primo, appoggiato a molti pezzi esistenti nel
Gabinetto Ticinese, a resultamenti delle sperienze di Scarpa e
Panizza, e alle comunicazioni del Prof. Peterkin, darsi la ri-
produzione organica delle ossa^ insistendo il Linoli, appoggiato
a' proprj fatti e alle proprie osservazioni , nella sua opposta
tesi, il Prof. Betti dopo aver rammentate, e descritte alcune
parti ossee le più notabili, e rare per caratteri anatomico-pato-
logici, che trovansi nel Gabinetto patologico dell'Ospedale di
S. Maria Nuova di Firenze, e molte sue osservazioni, dichiarò
non potersi indistintamente stabilire nò 1' una nò l'altra delle
proposizioni controverse. Doversi distinguere il differente cam-
mino che la natura tiene nella riproduzione della sostanza os-
sea, 1." a seconda della forma delle ossa stesse: 2." a norma
della sostanza ossea perduta nella meccanica, o morbosa lesio-
ne: 5.° a norma del modo di ricongiungimento che tra osso ed
osso si effettua. Talché nelle ossa piane dove andò perduta
214
una grande quantità dì parti ossee, i fatti da lui osservati non
gli permettevano di ammettere nuovo processo di ossificazione:
nelle ossa lunghe fratturate doversi distinguere i ricongiungi-
menti in sito da quelli che avvengono per soprapposizione.
Ne' primi le sue osservazioni non escluderebbero un qualche
grado di nuova osteogenesi, specialmente se le ossa trovinsi in
esatto combaciamento: ne' secondi non esservi alcun dubbio
che la riproduzione ossea non si effettui, essendo questa mani-
festissima ne' pezzi da lui preparati, e osservati: essendo incon-
trastabile che pure lo stampo del callo che in questi casi si
forma, non ha la stessa conformazione delle altre ossa, non ha
la medesima durezza, e nemmeno conserva gli stessi caratteri
chimici^ imperocché in questi prodotti di nuova formazione è
pììi abbondante la quantità delle sostanze salino-terree che li
compongono.
Qui il Prof. Corneliani prometteva all' adunanza che per
chiarire l' importante questione avrebbe mandato il modello in
cera del pezzo che trovasi nel Museo Ticinese, dove apparisce
il fenomeno della riproduzione effettuatasi nelle ossa piane.
Il Presidente Prof. Tom masi ni avvertendo come le opera-
zioni fisiologiche che ritornano alle parti malate si toccano
colle patologiche, ricordava l'interessantissimo caso della Osteo-
gena del Friuli, che presentò lo stupendo esempio di ossee
riproduzioni sino al numero di 150 pezzi d'osso, che previa
una suppurazione sortivano successivamente da varie parti del
suo organismo, e pregò gli onorevoli disputanti a prenderlo
in considerazione.
La seduta fu sciolta.
II. Sbgbetarìo delia Sbziosb — PROF. FR4NCESC0 PVCCINOTTI.
Il Presidekte - CJV. PROF. GIACOMO TOMMAS1NI,
213
TENITA IL DI 12 OTTOBRE 1839
iropo la lettura del processo verbale dell'adunanza degli 11
Ottobre, il Prof, Presidente invitava i Cav. Frank, Cav. Bufa-
lini, Prof. Taddei, e Prof. Arcangioli a voler unirsi alla Com-
missione della sezione di Fisica per assistere ad alcune Espe^
rienze Elettì^o-Jisiologiche che sarebbero state eseguite nel Ga-
binetto fisico della Università.
Avendo il Prof. Betti domandato il prolungamento delle
discussioni a due ore, il Professor Presidente fé conoscere che
gl'impegni contratti con quelli che avevano Memorie da leg-
gere non gli permettevano di cangiare l'ordine consueto.
Le letture cominciarono dalla Memoria del Prof. Schina,
Clinico della Università di Malta = sulle Dissenterìe ^ e sul
Tetano = . Quanto alle prime asseriva, che le forti dosi di pro-
tocloruro di mercurio dato a mezza dramma per volta con
prudenti sospensioni in 40 casi di dissenterie osservati nello
spazio di 6 anni nella sua clinica aveangli corrisposto supe-
riormente a qualunque sia altro rimedio: quanto al Tetano,
istruito da 12 casi osservati, dai metodi di cura tenuti contro
essi, e dalle sezioni cadaveriche, inclinava a pensare, che la
natura del Tetano fosse flogistica, e che la sede ne fosse nel
midollo spinale^ esibendo in prova di questi ultimi concetti
due disegni colorati, rappresentanti insigni iniezioni vascolari
sopra r aracnoide spinale , osservate ne'^suoi tetanici .
216
Le letture vennero interrotte da due annunzi importanti.
1.° Che il Dott. Oken si proponeva di dare nel Museo di Storia
Naturale alcuni schiarimenti sulla Organogenia per applicarla
alle classificazioni degli esseri organici. 2.° Che il Calamai,
celebre preparatore di pezzi anatomici in cera, avevali esposti
a jDubblica vista nel Museo suddetto.
Il Dott. Meneghini lesse intorno alla Frenologia, e fatta
succinta esposizione della struttura dell'encefalo dimostrò (ren-
dendo palesi alcune tavole litografiche relative all' argomento)
che lo sporgere delle varie regioni del cranio , invece di essere
prodotto dalle circonvoluzioni immediatamente sottoposte, può
derivare più spesso da uno straordinario sviluppo delle parti
profondamente collocate. Così l'eccedente volume della mi-
dolla allungata può allargare il capo dietro alle orecchie, e un
cervelletto molto grande può rendere prominente il capo alla
regione sua posteriore e superiore, indipendentemente dagli
emisferi cerebrali. Appoggiato a tali fatti egli concludeva, che
l'osservazione empìrica de' crani non bastava alla frenologia,
e che questa non avrebbe mai somministrato utili deduzioni
sulle funzioni spettanti ai singoli organi encefalici, se non era
guidata, e non si teneva inseparabile dall'anatomia.
La Memoria che quindi si fece a leggere il Prof. Taddei
aggiravasi Sulla materia colorante del sangue^ o Ematosina .
Ciascuno dei chimici che fin qui si accinse ad ottenere la
materia colorante seguì un suo metodo particolare : ma la /??«-
teria colorante comparve in tanti aspetti diversi, quanti furono
i metodi o processi adoperati. E poiché nessuno l'ottenne priva
d'albumina, così le proprietà di questa furono attribuite a
quella. Che anzi avendo l'una per l'altra cotanta affinità, si
giunse ad asserire che se la materia colorante si distingue dal-
l'albumina, ciò è perchè essa è più coagulabile di questa j del
pari che si asserì (avuto riguardo al modo di comportarsi di
entrambe coi reagenti chimici) dover l'una essere una sen^-»-
plice modificazione dell'altra.
217
Tutto ciò non è vero. La materia colorante o ernatosina
è essenzialmente diversa si dall' albumina che dalla fibrina . E
se finora parve esserne somigliante, ciò è perchè non si ottenne
mai pura. L'albumina con cui trovasi costantemente promi-
scuata n'ecclissa e ne maschera le genuine sue proprietà.
Un metodo o processo diverso deve esser seguito per
ottenerla pura: il metodo che è riuscito a tal fine è quello così
detto dall'Autore (<. metodo d' interposizione ^^i.
La materia colorante cosi ottenuta è pura, e le sue pro-
prietà non sono pii^i quelle che le erano state assegnate, ma
vengono rivoluzionate . Infatti si predicò e si proclamò coagu-
labile per mezzo del calore, e solubile nell'acqua^ ma all'op-
posto coagulabile non è nò da calore, nò da acidi, nò da alcool:
è insolubile nell'acqua ma solubile in alcool e in etere, so-
prattutto in alcool acidulato da acido nitrico: solubile è pure
negli alcali, ove diventa di color verde cupo, e tale da somi-
gliar la bile^ mentre è sempre rossa se mirasi per refrazione .
Si unisce volentieri a diversi sali, e precipita con essi dalle di-
verse soluzioni, più che mai si unisce all'albumina e altre ma-
terie concrescibili, senza che la si possa più staccamela . Si sco-
lora dal carbone: ci dimostra il ferro che in copia contiene
dopo averla trattata col cloro^ ma se sciolta ò colla potassa o
soda, il cloro non più vale a dimostrarne o renderne solubile
il ferro, venendo questo ritenuto dalla stessa materia coloran-
te, che si precipita non più colorata in rosso, ma bianca.
Questo curioso fatto merita esame dal chimico , e non è forse
senza interesse per il fisiologo.
Il metodo d'interposizione è così detto perchè valendosi
di un acido potente qual è il solforico, per separarne la mate-
ria colorante^ si procura di moderare l'azione troppo energica
dell'acido predetto colle varie materie interposte. Tali sono
prima il carbonato di soda, e poi il solfato di rame. Frattanto
interponendo tali sostanze fra le molecole della materia colo-
28
218
rante e quelle dell'albumina (onde la massa del cruore è com-
posta dopo averne separata la fibrina) viensi a disgregarle in
modo da potere coli' alcool sciogliere la prima, e lasciare in-
dietro la seconda sotto l'aspetto di una materia avente tutta la
somiglianza colla mollica di pane.
La vera e pura materia colorante ha un potere colorante
molto considerevole, ed è in una proporzione piccolissima di
confronto agli altri materiali componenti del sangue .
L'Autore fece conoscere — il suo metodo d'interposi-
zione — la materia colorante pura od esente affatto da albu-
mina — e ne dimostrò essere le proprietà caratteristiche ben
differenti da quelle comunemente assegnatele sino dal Marzo
del 1856, facendo di tutto ciò subietto di 4 consecutive Le-
zioni, e ostensive nel suo corso pubblico di Farmacologia .
Sul fine del 1857 Le Canu pubblicò una tesi sostenuta alla
Facoltà di Medicina di Parigi , ove indica un processo nuovo
per ottenere la materia colorante '^ processo però che non è
appoggiato all'interposizione, per quanto si faccia uso dell'aci-
do solforico, e che nei risultamenti differisce da quello esposto
al nostro Congresso dei Naturalisti nel dì 12 Ottobre 1859, per
ciò che la ematosina di Le Canu non presenta tutti i caratteri
che ha presentato quella ottenuta dal Taddei in Firenze nei
primi mesi del 1856.
Terminate le letture, e fatta nuova istanza dal Comi sul
valore de' suoi pezzi anatomici lapidefatti, il Prof. Betti, invi-
tato dal Prof. Presidente avvertiva, che innanzi di dare il suo
parere credeva indispensabile che il Comi dichiarasse cosa in-
tendeva per durezza lapidea.
Al che il Comi — durezza come di pietra — possibilità di
ripulimento col mezzo della pomice — non potersi attaccare
coir ugna — aumento di peso — suono lapideo _.
11 Prof. Betti non trovò i detti pezzi dotati di alcuno dei
caratteri asse2:nati dal Comi.
219
Il Prof. Del Chiappa disse, che durezza lapidea era frase
usata per comparazione approssimativa.
Il Prof. Bufalini a2:2:iunse, che l'adunanza doveva attenersi
alla massima ricevuta di non proferire giudizi formali.
Il Principe di Musignano insorse spargendo qualche dub-
bio sulla approvazione e giudizio dell'Accademia dei Lincei in
favore dei detti pezzi del Comi, essendo fuori delle consuetu-
dini di quel rispettabile Corpo Accademico lo spacciare docu-
menti di approvazione.
Il Presidente troncò la discussione, invitando l'Adunanza
a rivolgerla sulle Memorie lette.
Il Prof. Del Chiappa intorno alla Memoria del Prof.
Schina sull'efficacia del calomelano ad alte dosi nelle Dissen-
terie, avvertiva che non d'un rimedio solo, ma di metodi con-
viene occuparsi in terapia: essere generalmente ammesso che
le dissenterie dipendono da fondo infiammatorio: quindi la
cura diretta esserne il salasso, anziché un solo farmaco dotato
di speciali azioni: che nulla di speciale vi ha nel mercurio se
non che la sua azione elettiva sul sistema linfatico, che la sua
azione dinamica deprimente può essere emulata da molti altri
presidj medicamentosi nel morbo in questione: essere a te-
mersi d'altronde gli effetti nocivi delle alte dosi di un farmaco
che rade volte si trova ben preparato, e che può riuscire an-
che caustico.
Il Prof. Schina dichiara non aver escluso i salassi nella
cura de' suoi dissenterici: che i nocumenti temuti dalle dosi
da lui proposte svaniscono nelle sue osservazioni, trattandosi di
guarigioni complete : che non un'azione specifica, ma quasi
specifica egli concedeva al mercurio in simili affezioni.
II Prof. Bufalini — Non potersi contrastare allo Schina i
suoi pratici risultamenti, ma se questi davano a lui una gua-
rentigia clinica, non la davano egualmente a tutte le dissente-
rie, le quali non sono malattie costantemente identiche, e la
220
flogosi che le accompagna non è sempre la medesima. Sono
malattie soggette all'impero delle costituzioni epidemiche sta-
zionarie.
Lo Schina aggiungeva, le sue dissenterie non aver pre-
sentato nulla di epidemico, essere state sporadiche sempli-
cemente .
Il Bufalini insisteva sulla necessità, che queste cliniche
osservazioni siano connesse colle influenze delle costituzioni
epidemiche stazionarie.
Il Prof. Presidente convenendo sulla utilità di queste con-
nessioni, aggiungeva chele credeva poi indispensabili, quando
si trattasse di desumerne canoni generali terapeutici intorno
all'utilità d'un rimedio che fosse opposto a quel sistema ge-
nerale di cura che si tiene in tali malattie, come sarebbe, per
esempio, il trattarle coli' oppio. — La seduta fu sciolta.
Il Segretario della Sezionb — PROF. FRANCESCO PVCCINOTTl.
Il Presidente — C'Ar. FROt. GIACOMO TOMMASINI.
TENUTA IL Di 14 OTTOBRE 1839
<a distribuzione a tutti i convenuti delle già pubblicate Ta-
vole statistiche del Ferrarlo apriva quest'ultima adunanza della
Sezione Medica.
Contemporaneamente il Professor Vannoni offeriva in
dono varie copie del suo Compendio d'Ostetrìcia recentemente
221
stampato: il Prof. Biagini di Pistoja due Memorie di chirurgico
aro-omento: il Fattori, il Bellini, il Nardo altre loro Memorie
parimenti pubblicate.
Il Segretario dopo letto il processo verbale dell'ultima
passata adunanza, annunciava, che il Prof. Strambio di Milano
inviava al Congresso un suo scritto sul cholera morbus^ nel
quale accennando ad una interessante osservazione fatta in
Milano stesso mentre vi dominava il cholèra, cioè che alcuni
individui che avevano sofferto il morbo petecchiale ne erano
restati immuni, dimandava se per avventura altri si fossero
incontrati ne' medesimi casi, e dava questo fatto come oggetto
di meditazione e di ricerca, ove pure il morbo asiatico avesse a
ricomparire fra noi.
Il Cav. Prof. Quadri inviava da Napoli una Memoria sulla
Iritide, scritta appositamente per il Congresso, nella quale
appoggiato a lunga esperienza dimostrava, che cotesta in-
fiammazione, meglio che qualunque altra, provava come av-
visino follemente que' Medici, che credono potersi trattare le
flogosi tutte ad un modo. Egli sostiene che tolta Finfiamma-
zione traumatica dell'occhio, tutte le altre, come le reumatiche,
le catarrali, le sifilitiche, le scrofolose, le intermittenti tutte
abbisognano di trattamento speciale. L'uso delle frizioni alle
piante de' piedi con 10 o 20 acini di pomata del Cirillo ha
benissimo corrisposto in molti casi alle sue mire terapeutiche ,
a preferenza dell'uso del calomelano ad alte dosi preso inter-
namente, o solo o con diagridio, siccome praticano Inglesi e
Tedeschi. Una intermittente oftalmica ostinatissima fu da lui
felicemente vinta colle gocce arsenicali del Fowler.
Continuando il Segretario le sue comunicazioni, avvisava
che il Dott. Rivelli di Bologna aveva esposte nel Gabinetto
patologico dell'Ospedale di Pisa le sue molte preparazioni
della vessichetta del Graaf, e che la Commissione che aveva
assistito alla dimostrazione anatomica del Pacini di Pistoja
222
eli alcuni corpi ovulari esistenti lungo i nervi della mano, aveva
confermata la loro esistenza^ ma che non sapeva decidersi se
piuttostochè nuovi organi non fossero espansioni tendineo-
aponeurotiche: annunciava che il Dott. Merlo vicentino aveva
immaginato una nuova tanaglia per Festrazion verticale dei
denti, e ne presentava il modello: che il Dott. Giovanni Dini
di Pistoja presentava un Manoscritto Sulle febbri endemiche
della Maremma toscana per sentire di Proemio alla Statistica
medica di quella provincia : che il Dott. Ripoli ne presentava
altro Sulla non esistenza della Diatesi ipostenica: che altro
ne offriva pure il Dott. Luigi Pampana Sul modo dì osser-
vare di Ippocrate e di Sydenliam^ e su quello seguito dal Ra-
sari e dal Tommasini ,
Tre illustri stranieri consegnavano anch'essi importanti
Memorie manoscritte. In quella del Dottor Carlo Augusto
Oftertinger era un ragguaglio del nuovo metodo seguito in
Allemagna dal Dott. Giorgio Luigi Oftertinger nelle sue ricer-
che sulla struttura degli organi^ dalle quali resulta che gli or-
gani si degli animali che de' vegetabili hanno una struttura
elementare porosa e non vascolare. In quella del Dott. Des-
maisons Dupalland erano osservazioni sul volume del cranio
dei Cretini, e tavole di misure comparative tendenti a dimo-
strare che la creduta testa enorme dei Cretini è un errore, e che
il volume del loro cranio di poco differisce da quello d'uomini
bene organizzati e di piccola statura. In quella del Professor
Mondat di Parigi erano considerazioni sulle recenti riforme fatte
in Francia alle dottrine del Broussais e in Italia a quelle del
Rasori, e sulle differenze che presenta Fattuale Patologia in
ambedue le nazioni, da quella dei sullodati sistematici.
Il sig. Giuseppe Poli, chimico in S. Vito al Tagliamento,
comunicava anch' egli per lettera al nostro Presidente, che
avendo analizzate le materie gastro-enteriche emesse dai cho-
lerosi vi aveva trovato V acido fosforico in stato libero, che al-
225
l'azione deleteria di tale sostanza credeva dovuta la fenome-
nologia del cholòra, e che il trattamento curativo doveva con-
sistere nel largo e pronto uso di carbonati alk alini .
Volgevasi quindi il Segretario a dar ragguaglio all'adu-
nanza dei resultamenti delle Esperienze Elettro-fisiologiche
eseguite avanti alla Commissione dei INIedici e Fisici nel Ga-
binetto fisico della Università. Intorno alle quali sarà qui
permesso in via di annotazione qualche schiarimento, ritor-
nando sulle risposte date al Rapporto della Commissione me-
desima, che leggesi pubblicato in questo volume a pag. 45-44
della sezione di Fisica.
Coteste esperienze furono intraprese nel Giugno e nel
Luglio del 1859 in Pisa dai Proff. Pacinotti e Puccinotti. Que-
st'ultimo ripetevale nel R. Museo di Firenze. Riprendevansi
quindi durante il Congresso de' Scienziati . Può affermarsi senza
iattanza ch'esse sono le prime per le quali sia finalmente riu-
scito di ottenere la corrente dalle masse nervee e muscolari
degli animali a sangue caldo in istato di vita. Le correnti otte-
nute dal Donne e dal Matteucci sono elettro-chimiche, date dai
prodotti delle secrezioni acide e alkaline della pelle, delle mu-
cose, o delle superficie epatiche irrorate di bile. La corrente
neuro-muscolare è di diversa natura, ed è la sola cui possa com-
petere il carattere di corrente propria , o vitale, o di scarica. Il
Matteucci in un' ultima sua INIemoria sulla corrente propria
della rana aveva detto ce Le tracce della corrente propria non
s^ incontrano solo nella torpedine e nella rana. Ho instituito
varie esperienze sopra altri animali subito dopo uccisi, e la
corrente si è mostrata in tutti e nella medesima direzione 53
(^V. Bibl. Vnis^. di Ginevra. Maggio e Giugno 1858, yf?. 167).
Ma oltre alle differenze che questa dichiarazione presenta nel
metodo, avendo noi esperimentato sopra animali nel loro
pieno stato di vita, il Matteucci non ha mai reso conto di tali
esperienze, e una semplice assertiva non poteva aver altro va-
22i
lore per noi, che l'assicurarci sulla fede dell'illustre Fisico che
le correnti vi eranoj ma bisognava pur sempre immaginare
un modo di ottenerle, e ottenerle.
Il nuovo metodo per isprigionarle parte, secondo noi, da
questa regola ^ccìie lo strumento destinato a raccogliere la
corrente sia anche il feritore e il produttore di forte improvvisa
e profonda sensazione^ che determini istantanea reazione auto-
matica 0 volontaria nelV animale^ la qual reazione sprigioni la
corrente e la spinga fuori degli organi con una specie di moto
eccentrico^ o di scarica w. La esperienza si eseguisce introdu-
cendo nel circuito di un galvanometro a moltiplicatore lungo
e finissimo, ossia più sensibile alle correnti idro-elettriche che
alle termo-elettriche, un animale vivo nel suo stato fisiologico
perfetto^ e gli si immergono contemporaneamente due forti
lancettoni di platino appuntati a fronda d'oliva, l'uno nel
cervello, l'altro in un muscolo delle estremità, e cotesti lan-
cettoni sono congiunti co' capi di un filo galvanometrico. Nel-
l'atto dell'immersione, e della scossa dell'animale ne sortono
correnti di 15, 25, 40, ed anche 60 gradì. Siccome però dalle
diverse parti organiche dell'animale, e tanto in vita che in
morte, possono ottenersi altre specie di correnti da non con-
fondersi colla corrente neuro-muscolare, gli sperimentatori che
per isolare quest'ultima hanno eseguito molte sperienze com-
parative ne presentano i seguenti caratteri differenziali .
Le correnti elettro-vitali ^ che potrebbero anche essere di
eterogeneità essenziale alla vita^ 1." Non si ottengono né im-
mergendo fili, né applicando placche sui nervi o sui muscoli
a semplice contatto. 2." Si ottengono valide e pronte destando
una valida reazione contemporanea nell'animale vivo. 5.° Le
preparazioni anatomiche con strazio dell'animale, e emorragie
le indeboliscono notabilmente. 4." Hanno un procedimento
impulsivo in qualche relazione con le scosse dell'animale. S.°
Con più forte è lo scuotimento istantaneo dell'animale, e mag-
22o
giore ne scaturisce la corrente nella prima immersione. 6.° La
forza della corrente decresce e si spegne col decrescere e spe-
gnersi della vita neuro-muscolare. 7." Sempre nella medesima
direzione.
Le correnti di eterogeneità nei prodotti delle secrezioni di
natura acida e alkalina durante la vita,^ 1." Si ottengono ap-
plicando placche sulle membrane o sulle superfìcie degli organi
a semplice contatto . 2." Si ottengono senza nessuna reazione
nell'animale, così in vita che dopo la morte. 5.° Le prepara-
zioni anatomiche non influiscono punto a indebolirle, e ne è
esempio la corrente che si ottiene dallo stomaco al fegato dopo
la vivisezione. 4." La impulsione di queste correnti è sempre la
stessa, senza alcuna relazione con le scosse dell'animale. 3.' La
forza della corrente ai primi contatti, e quella dei contatti suc-
cessivi presenta poche differenze. 6." Non ha nessuna relazione
colla vita: si può indebolire lavando le irrorate superfìcie
membranose. 7.' Le direzioni sono variabili, a seconda delle
eterogeneità. 8." xlltera gli scandagli e s' inverte da se me-
desima .
Le coiTenti di eterogeneità nelle parti organiche dopo la
morte^ 1." Si ottengono, ma non sempre e debolissime, appli-
cando comunque sulle parti dissimili i conduttori. 2." Se le
parti non sono irrorate da prodotti acidi e alkalini di forte ed
evidente natura, le correnti sono prima appena calcolabili,
talora nulle, talora di due o tre gradi. 5.° Si aumentano di
qualche grado se i contatti si fanno più estesi cogli scandagli.
4.' La prossimità degli scandagli facilita anch'essa la debole
corrente, o." Accrescendo lo spazio fra gli scandagli la corrente
s'infievolisce e si annienta. 6.' La corrente va crescendo di
maniera che progredisce l'alterazione della parte morta. 7.° E
sempre notabilmente minore, anche nel suo massimo aumento
prima della putrefazione, che non sono le altre due avvisate
correnti. 8." Direzione e inversioni variabili.
29
226
La illustre Commissione dichiarò vere^ e importantissime
siffatte esperienze. Invitò gli sperimentatori a pubblicarle, e
continuare in esse coraggiosamente. Volle non pertanto affac-
ciare il dubbio, che la notabile differenza degli effetti in vita
ed in morte poteva dipendere da cause fisiche e chimiche per
le condizioni mutate nella temperatura, nella qualità degli
umori ec. Al che gli sperimentatori rispondono, che gli sbi-
lanci di temperatura più facili e più gravi poco dopo la morte
dovrebbero dare correnti maggiori in questo stato che in vita,
ma la corrente neuro-muscolare è sempre di gran lunga più
forte in vita che dopo la morte, dunque non è termo-elettrica.
L'eterogeneità supposta tra cervello e muscolo è permanente
tanto in vita che in morte dell'animale. Dunque se v'ha una
causa per la quale la prima dà corrente più valida assai che
la seconda, dessa non può essere che la vita^ ed in questo caso
vita , ed eterogeneità ad essa essenziale si confondono insieme,
e la corrente che è l'effetto immediato di quest'ultima tanto
sarà il dirla corrente elettro-chimica speciale, o corrente di
eterogeneità essenziale alla vita, quanto sarà il dirla e il ri-
guardarla come corrente vitale. Che se poi ad essa si aggiunge
il carattere di essere compagna della reazione automatica o
volontaria dell'animale, ogni dubbio intorno alla sua natura
vitale sparisce, e non resta che altri sperimentatori confermino
quest'ultimo fatto perchè la verità delle deduzioni nostre sia
pienamente stabilita. IN'è pertanto noi riguardiamo le correnti
ottenute come causa della vita, ma come correnti, che le dà
una materia dotata di vita. Le quali correnti di una tale ma-
teria debbono di necessità avere proprietà ed usi diversi da
quelle che si svolgono dalla materia bruta. E queste proprietà
ed usi . fossero pur anche limitati ad un solo tessuto primario,
o ad una sola serie di primarie funzioni organiche, trattandosi
di una potenza quale è la elettricità svolta o modificata tra i
contatti molecolari eterogenei dell' organica mistione debbono
227
essere immensi e di primo ordine. E sono appunto queste
proprietà ed usi che restano tuttavia a cercarsi e a determi-
narsi nella corrente vitale.
Il Professor Presidente invitò alle letture, e il Dott. Garìel
padre lesse una Memoria del Dott. Gariel figlio Sul modo di
arrestare lo sviluppo delle pustole vajuolose . Erano in esse le
seguenti avvertenze.
1.° Le preparazioni mercuriali in generale arrestano Io
sviluppo delle pustole vajolose.
2.° Nessuna delle molte sostanze dall'Autore impiegate
nello stesso caso, come preparazioni saturnine, empiastro di
cicuta, il dyachilon, il carbone porfirizzato ec. sa produrre il
medesimo effetto.
5.° Quando le preparazioni mercuriali sono applicate
il giorno innanzi alla eruzione le pustole non si sviluppano: se
nel 4." o 6." giorno dell'eruzione fanno retrogradare la suppu-
razione tanto più sicuramente e prontamente, quanto la loro
applicazione è stata più prossima al giorno dell'eruzione.
4.° La soppressione del processo suppurativo lungi dal
rendere la malattia più pericolosa , sembra anzi che la renda
più semplice, e diminuisca l'intensità dei sintomi generali.
5." L'applicazione degli empiastri mercuriali sulla faccia
previene la formazione de' butteri più o meno profondi, che
hanno luogo in tutti i casi di vajolo legittimo.
Intorno alla maniera di adoprare le preparazioni mercu-
riali stabiliva,
1.° Che servendosi dell'empiastro del Vigo con mercu-
rio bisogna manipolarlo fino a che il calore delle mani l'abbia
reso glutinoso e molle. Allora col dito indice se ne applica
una porzione sulla faccia , che si ricopre con faldelle attaccate
con gomma ai bordi del capillizio.
2.° Si può adoprare con pari utilità il protocloruro di
mercurio formandone unguento con sufficiente quantità di
sugna depurata.
228
5.° Adoperando i trochlsci di minio porfirizzati e uniti
a una quantità sufficiente di sugna l'epidermide si solleva in
totalità 5 e sembra che vi abbia un'azione leggermente esca-
rotica .
Udimmo nell'adunanza debili 11 Ottobre l'interessante
metodo ortopedico proposto dal Dott. Carlo Pravaz nelle lus-
sazioni congenite del femore^ metodo consistente nel rimediare
dapprima alla curvatura lombare della spina, fenomeno ch'egli
non tenne per effetto secondo la generale opinione, ma per
causa la più frequente delle predette lussazioni 3 e nel prati-
care una trazione graduata e continuata a lungo con i debiti
intervalli di tregua, onde i muscoli dell'arto rattratti ripren-
dano il loro naturale allungamento . In questa ultima adunanza
ritornò l'Ortopedia a far mostra delle sue utili applicazioni per
opera del Dott. Scalvanti Medico pisano, e del Canali fabbrica-
tore di macchine ortopediche. Questi presentarono tre indivi-
dui nei quali la cura dei piedi torti assai bene avanzata rendeva
un testimonio incontrastabile e commovente ad un tempo del-
la utilità in alcuni casi del metodo meccanico dello Scarpa,
utilità di tale evidenza da soddisfare anche a quelli, che par-
teggiavano per l'odierno metodo traumatico in simili storpj .
Il Prof. Comandoli lesse alcune osservazioni di malattie
da lui trattate con metodo antiflogistico felicemente, con lo
scopo di confermare alcune massime intorno alla dottrina
della Infiammazione sostenute dal Tommasini.
Il Prof. Cera annunciò ch'egli stava compilando un Di-
zionario Botanico-medico sui Fungili commestibili, e volge-
vasi con preghiera ai componenti la Sezione, onde gli comu-
nicassero notizie e fatti, riguardanti specialmente gli effetti
delle specie venefiche .
Invitati alla lettura delle loro Memorie i Dott. Turchetti e
Pozzolini, lesse il primo una parte di uno scritto sulla infelice
condizione dei Medici di Condotta , con lo scopo di richiamare
V
229
l'attenzione dei Governi, onde prendano per il bene e il de-
coro di essi qualche pronto ed utile provvedimento. Incomin-
ciava appena l'altro la sua lettura, quando l'assemblea avendo
chiesta la discussione, il Pozzolini non potè che consegnare la
sua Memoria manoscritta, intitolata Prospetto d^ una Storia
della Medicina Italiana .
Il Segretario si assunse la discussione, e preso motivo
dalla Memoria del Comandoli si provò a ridurre ad una sintesi
conclusiva i varj concetti esposti nei dibattimenti, a dare un
carattere di general convenzione ad alcuni punti cardinali che
sostengono la Patologìa odierna in Italia, a rammentare che chi
la crede di massime fondamentali difformi non la conosce^ e
che su questa concordia di principj , nelle adunanze di Pisa si
direbbe quasi consacrata, s'appoggiavano i voti e le speranze
del suo ulteriore avanzamento e decoro .
Il Prof. Tommasini scioglieva l'ultima seduta con un ad-
dio eloquente ed affettuoso, e gli adunati partivano salutando
rispettosi l'iinfìteatro, che loro ricordava tra molti sommi
italiani maestri un Girolamo Mercuriale, che fu de' primi ad
esporre la sapienza di quelF Ippocrate, nel cui nome si apri-
vano inaugurate le adunanze mediche di Pisa .
Il Segretario della Sezione — PROF. FRANCESCO PUCCL\01TI.
Il Presidente - CJF. PROF. GIACOMO TOMJUSiyi.
«m^Mr^g
DI
AGR0X01IIA E TECNOLOGIA
sàeeo»
PROCESSI VERBALI
ISSSik S332D13
DI AGRONOMIA E TECA0106IA
TENCTA IL DI 4 OTTOBRE 1839
A
pre l'adunanza il Presidente con breve allocuzione diretta
a provare come la vecchia arte agraria sia divenuta una scienza
nuova, e quindi come possano i pratici agricoltori risentir
vantaggio dalle ricerche dei dotti . Osserva quindi che bene a
ragione nel primo Congresso scientifico Italiano erasi formata
una sezione distinta per IWgronomia, non disgiunta dalla
Tecnologia che ha con quella tanti interessi comuni .
Invitati i membri della Sezione dal Presidente a scegliere
il giorno che reputano più opportuno per visitare il di lui Isti-
tuto agrario e Podere modello esperimentale di Meleto, viene
a ciò prefisso il giorno 16, al cessare cioè dei lavori del Con-
gresso, ed è incaricato il Dott. Cera di recarvisi come Segre-
tario della Sezione, ed a preparare un Rapporto su quella vi-
sita da inviarsi al secondo Congresso nel prossimo anno come
appendice agli Atti della Sezione per il 1859.
Il Prof. Rocco Ragazzoni di Torino comunica il secondo
Rapporto di nuovi esperimenti fatti sui bachi da seta nutriti
50
254
colla foglia di Maclura e diretto dal Dott. Rosnati alla R. So-
cietà Agraria di Torino, e conclude che sebbene i bozzoli ot-
tenuti appariscano meno ricchi di seta al paragone di quelli
prodotti da bachi nutriti con foglia di gelso comune , pure la
maggior finezza della seta di quelli sembra compensarne il
reddito minore.
Il Dott. Gera avverte come la Maclura essendo spinosa
riesca incomoda a sfrondarsi, e riflette che se facile alligna tra
noi, è poi difficile a moltiplicarsi.
Il Presidente ricorda che già da sei anni ne aveva fatto
eseguire lo esperimento e ne aveva pubblicato il resultato infe-
lice nel Giornale Agrario Toscano, ed il Prof. Moretti aggiunge
che egli ha già stampato i disgraziati risultamenti ottenuti in
grande da simili esperienze, le quali valsero a convincere il
Cav. Bonafous che ne prese personal cognizione.
Il Prof. INIilano vuole attribuire la diversità dei resultati
ottenuti dal Dutt. Rosnati da un canto, e dal Ridolfi e dal jNIo-
retti dall'altro, alla differenza dtrlla foglia impiegata, all'aver
cioè adoprato gli uni quella dell'individuo maschio, e l'altro
quella dell'individuo femmina o viceversa . Il Prof. Ragazzoni
soggiunge che la Maclura non è proposta come un succedaneo
del gelso, ma solamente come l'ausiliario forse il più opportuno
fra tutti quelli successivamente indicati per i casi nei quali i
geli tardivi rapiscono la foglia del moro .
L' Abate Raffaello Lambruschini osserva esser sempre
difficile, e raramente innocuo, il determinare i bachi da seta
a cangiar cibo, ed assicura di avere osservato che i filugelli
avvezzi ad una certa varietà di foglia di gelso, mal soffrono
persino certe altre varietà della pianta stessa.
Il Dott. Gera appoggia l'osservazione del Lambruschini,
e dice come sia opportuno di difendere qualche siepe di gelso
dalle brine tardive col mezzo di un largo filare di Viburni, di
Ligustri, di Rovi ec. , che protegga con precoce vegetazione
i gelsi dal lato di settentrione e si curvi in arco sopra di loro.
Il Prof. Ragazzoni richiama allora l'attenzione dei Socj
intorno alla bellezza e finezza della seta del Dott. Rosnati; ma
l'Abate Larnbruschini dice che la finezza straordinaria è dovuta
alla vita languida del filugello, all'esile sviluppo delle sue tra-
file, alla meschina secrezione della materia serica nei serbatoi.
Il Presidente a2:i^iun2:e che a cause consimili, è, secondo
lui, da attribuirsi la finezza della seta ottenuta dai bachi allevati
con foglia di gelso delle Filippine, la quale non sembra così
nutriente pel baco, come quella del gelso ordinario. Opina però
che il miglior uso che far si possa di questa foglia consìsta
nel farla mangiare ai bachi nella prima età, per nutrirli nelle
ultime con foglia nostrale. Ed a proposito dell'osservazione già
addotta circa alla difficoltà colla quale i filugelli passano a ci-
barsi da una ad un'altra varietà di foglia, aggiunge avere spe-
rimentato che colla più grande spontaneità il baco passa dalla
foglia del 7?iultì caule a quella del gelso comune, mentre l'in-
verso passaggio non si ottiene che a stento.
A proposito del gelso delle Filippine, insorge la discussione
se debba ritenersi per una specie distinta del genere 3Iorus, o
se abbia da considerarsi per semplice varietà del Moj^iis aìha.
Si fa allora menzione dal Dott. Gera di un individuo di gelso
multicaiile esistente nell'Orto Botanico di Padova, dell'epoca
della di cui piantagione non vi è memoria precisa. È certo però
che una tal pianta ivi esisteva molto prima del 1821, anno in
cui Perrottet portò in Francia il suo nuovo gelso, quindi è ere-/
dibile che il gelso padovano possa essere provenuto dalla specie
comune, e che fosse appunto serbato solamente perchè presen-
tava col suo tipo notabili differenze.
Il Presidente aggiunse che egli ha veduto dai semi del
gelso delle Filippine nascere delle piante affatto diverse da lui
pei loro caratteri e molto più somiglianti al gelso bianco che
al multicaule^ e quindi opina doversi ritenere il gelso delle Fi-
lippine, a cui sì conviene meglio di ogni altro il nome di cucul-
256
lata datogli dal eh. Bonafous, come una varietà. Inoltre appro-
fittando della presenza del Prof. Moretti lo richiede se il gelso
INIorettiano fosse mai sempre abbondante di frutti, e si ren-
desse cosi poco opportuno a nutrire i filugelli. Il Professor
Pavese risponde, che ciò non accade giammai nelle siepi di
quel gelso, ma educato in albero s'incontra qualche indi-
viduo femmina abbondante di frutti che occorre innestare col
gelso comune.
Il Presidente parla della pratica utile, secondo lui, di
fasciare il tronco dei giovani gelsi per difenderlo specialmente
dall'ardore del sole estivo. Nasce discussione su questo parti-
colare^ ma il Dott. Gera ricordato quanto sta in favore e quanto
sta contro ad un tal sistema, è di parere che debbasi vestire
il tronco della giovane pianta nei primi cinque anni della sua
piantagione con treccia di paglia o altra difesa. Il medesimo
esamina la questione se debbasi nel trapiantamento del gelso
recidere, piegare, o lasciar qual è la radice maestra o fittone, e
conclude esser certo che la sua recisione è dannosa alla pianta
pei guasti che certi insetti e l'umidità del terreno inducono in.
quella piega.
Il Presidente accenna tutti gl'inconvenienti che tengon
dietro all'uso delle comuni .stufe applicate allo schiudimento
dell'uova dei filugelli, e propone di sostituir loro il Termosi-
fone di Bonnemain, intorno al quale apparecchio ha pubblicato
un così importante lavoro il Professor Saint-Martin.
L'x\bate Lambruschini dice essersi già servito di questo
sistema regolando in modo la lampada da mantenere uniforme
la temperatura dell'acqua circolante, e quindi quella dell'am-
biente in mezzo al quale si trovano le uova dei filugelli. Però
soggiunge non esser molto economico questo apparecchio.
Il Segretario della SEzro^E — DOTT. F. GERA^
Il Presidente - MARCH. CAV. COSIMO lilDOLII.
237
TENUTA IL DI 5 OTTOBRE 1839
mi Prof. ^Milano tien discorso intorno all'istruzione popolare
nel suo rapporto colf agricoltura, richiamando l'attenzione
sulla importanza dell'educazione agraria. E prendendo di mira
i bisogni del popolo e della società, accenna il cattivo stato
della relativa istruzione in molte provincie italiane. Considera
il subietto sotto il rapporto del metodo che vorrebbe reciproco:
sotto quello dei lìòri dì testo che asserisce mancare nello stato
attuale, e sotto quello dei maestri che non reputa abbastanza
istruiti per insegnare ad altri l'Agraria, né reputa abbastanza
retribuiti per ufficio così importante. Nota inoltre il INIilano
come l'Agraria si possa far progredire coi Poderi modelli e
colle istituzioni agronomiche, mostrando in che differiscan
tra loro simili stabilimenti ed in quali circostanze più l'uno
che l'altro convenga. x\vverte come l'Agricoltura italiana, pel
numero maggiore delle piante che abbraccia, per la più variata
indole della terra e del clima, sia più difficile dell'oltramontana,
e ne conclude esser per l'Italiano più urgente il bisogno di co-
noscerla per principi . Cerca infine come si possa praticamente
sciogliere questo problema*, dice che i buoni libri non bastano,
pur vorrebbe se ne scrivessero ma con stile facile e piano, e ter-
mina lodando l'Istituto di INleleto come il primo tentativo con-
genere nella Penisola, e la memoria del Dott. Cera sull'educa-
zione agraria, per lo spirito col quale è scritta e per le massime
che vi sono espresse.
258
Luigi Calamai legge una memoria intorno a quella lega
metallica, che per la sua gran somiglianza colF argento comune
è volgarmente chiamata Argentana o Argentone. Questa lega,
antichissima presso i Cinesi, ben conosciuta in Europa dopo i
lavori di Gaus, è fabbricata estesamente in Francia, in Svezia,
e in Germania. Il Calamai assegna le proporzioni de' suoi veri
componenti che sono il rame, lo zinco, e il nichelio possibil-
mente puri, e ricorda i lavori relativi di Robert, Berzelius, ec.
Avverte che la parte più difficile in questa fabbricazione si è la
riduzione del nichelio allo stato di purità, ed insegna il miglior
metodo per riuscirvi. Passa in seguito a indicare i mezzi per
distinguere facilmente in commercio questa lega metallica dal-
l'argento, e differenziati i caratteri fisici delle due materie
conclude tornar difficile la importante distinzione co' mezzi
usuali, e reputa il più semplice esser quello di bagnare il me-
tallo in questione con piccola quantità di acido nitrico puro e
concentrato. L'ar2:entana svol2:e, così trattata, un bel color
verde smeraldo, e l'argento si tinge di color bruno. Il Calamai
accenna i pregi tutti della lega ch'ei raccomanda, consideran-
done l'uso affatto innocuo per vasi da cucina e da tavola. Ma
l'oggetto importante a cui vuole il Calamai destinare l'argen-
tone si è quello dell'incisione, perchè facile si presta al bulino,
i tagli vi riescono nitidissimi, e tali si serbano per un numero
grandissimo di copie che la calcografia ne ricava. Crede il Ca-
lamai che l'incisione in acciajo, per molte difficoltà raramente
usata, possa emularsi da quella sulla lega proposta, nella quale
vedonsi riuniti i migliori requisiti del rame e dell' acciajo. Offre
finalmente un saggio d'intaglio in siffatta materia, eseguito
dal Prof. Lapi.
Enrico Jonas di Berlino osserva che a valutar meglio il
suggerimento del Calamai avrebbe desiderato di veder delle
copie tratte dalla detta incisione.
L'Abate Lambruschi ni fa notare che il vapore svolgentesi
239
nell'accensione dei cosi detti zolfanelli fosforici arrossa tosto
l'argentone.
Il Dott. Gera suggerisce come mezzo facile e provato di
distinguere la lega in questione dall'argento, quello di acco-
stare una calamita al metallo dubbioso dopo averlo sospeso in
bilico ad un filo. Se trattasi d'argentone, obbedisce alla forza
magnetica in grazia del contenuto nichelio.
Sul termine della seduta si dispensano alcune copie di una
memoria a stampa del Professor Domenico De Vecchj intito-
lata Del perfezionamento delVarte di estrarre l'olio dalle olisce
in Italia^
Il Segretario della Sezione — DOTT, F. GERÀ .
Il Presidente - MARCII. CAV. COSIMO RIDOLFI.
TENUTA IL Di 7 OTTOBRE 1839
Successivamente alla lettura del processo verbale dell' ante-
cedente seduta il Prof. Milano osserva non essersi fatto parola
dell'arsenico contenuto nell'argentone, l'esistenza del quale
può render dubbio se quella lega sia da introdursi nel servizio
della tavola e della cucina.
Il Segretario replica averne taciuto perchè l'arsenico non
entra nella lega che in piccolissima porzione e vi rimane come
materia accidentale, per lo che non son da temerne triste con-
seguenze.
2iO
Il Prof. Antonio Targionl Tozzetti soggiunge, che essendo
caduto in sospetto lo stagno che serve alle stagnature, l'Acca-
demia delle Scienze di Parigi nominò una Commissione per
esaminare se V arsenico contenuto nella stagnatura dei vasi di
rame potesse nuocere, e gli Accademici di ciò incaricati dichia-
rarono riuscire innocuo l'uso del detto stagno. Sodisfatto il
Prof ^Milano, il processo verbale è approvato.
Il Prof. Giuseppe Gazzeri legge intorno agl'ingrassi e pre-
cisamente sul danno di farli fermentare e scomporre innanzi
di somministrarli al terreno, e narra verbalmente prima di
tutto come l'I. e R. Accademia de' Georsrofili a di lui insinua-
zione proponesse nel 1817 un premio a chi risolvesse l'impor-
tante questione , se la presidia fermentazione o scomposizione
degli ingrassi fosse utile o dannosa al loro impiego in agri-
coltura. Rammenta che non sodisfatta 1' Accademia dalle me-
morie venute al concorso, il quesito fu riproposto pel 1819,
nel quale intervallo di tempo esso Prof. Gazzeri intraprese una
serie d' esperienze che comprovando la verità della dottrina da
lui professata, esser cioè dannosa la previa fermentazione degli
ingrassi, credette dover pubblicare una memoria relativa
innanzi che 1' Accademia conoscesse gli scritti inviati a quel
secondo concorso, nessuno de' quali venne premiato.
L'importanza del soggetto impegnò l'Accademia a ripro-
porre nuovamente il quesito, e questa volta le dottrine già
emesse dal Gazzeri vennero confermate dagli Accademici Giu-
seppe Lambruschini e Prof. Giovacchino Taddei, che ottennero
dall'Accademia quello il premio e questo la seconda corona.
Stabiliti i principi teoretici, restava a conciliare la pratica.
Il Prof Gazzeri narra d'averne prevedute le difficoltà, ma di
aver sempre sperato di superarle o di vederle vinte da altri. Io
che non avvenne mal2:rado che la benemerita Accademia ac-
cordasse sette anni di tempo a sperimentare, e offrisse un pre-
mio generoso a chi indicasse il modo di ridurre alla pratica i
principi già stabiliti.
241
Dopo la pubblicazione della sua memoria il Prof. Gazzeri
astretto da gravi occupazioni lasciò di meditare su questo sog-
getto, e solo da pochi mesi tornò a pensarvi ed a sperimentare^
e credendosi oramai condotto a conclusioni che gli fanno con-
siderare come trovato il mezzo di sottrarre alla fermentazione
i letami di stalla, che sono gl'ingrassi più generalmente ado-
prati in agricoltura, viene a comunicarle alla Sezione.
L'x\utore indica come prima cagione dell'errore che fa
considerare ai contadini utile e necessaria la scomposizione
degli ingrassi, questa, che incapaci di farsi una giusta idea del
peso specifico dei varj corpi, ne giudicano la quantità dal vo-
lume, e COSI apprezzano molto i letami di stalla che sono un
miscuglio degli escrementi colla lettiera degli animali, miscu-
glio che presenta con poco peso un gran volume. Ed a questa
lettiera formata di paglione e d' altri strami sacrificano la tanto
più preziosa materia escrementizia , poiché col farla strumento
della macerazione degli strami ne disperdono almeno la metà,
pel conseguimento illusorio ed efimero di un vantaggio spro-
porzionato alle perdite che cagiona.
Quindi propone come primo precetto di spurgare frequen-
temente le stalle dal letame, di separare immediatamente lo
strame dall'escremento, disseccando prontamente l'uno e l'altro
con varj mezzi che passa a indicare, e prevedendo le opposi-
zioni che gli agricoltori, schiavi delle loro abitudini, potrebbero
affacciare su tali pratiche, il Prof. Gazzeri oltre a farvi conve-
niente risposta dimostra, che sottoponendo gli strami a lenta e
quindi soffocata combustione, si ricaverà da' medesimi il 50 per
cento di carboniglia che può considerarsi come eccellente in-
grasso, sia che si sparga isolata o si affidi al terreno commista
ad altre sostanze. E finalmente soggiunge che quelli i quali
non volessero usare della combustione indicata troverebbero il
loro conto ammassando gli strami, innaffiandoli e facendoli
fermentare separati dall'escremento, perchè la sola separazione
31
242
di questo da quelli porta un utile di un 50 per cento di fronte
al sistema della fermentazione simultanea della lettiera e degli
escrementi.
Il Presidente invita il Prof. Gazzeri a Meleto, onde esporre
cotali discipline agli Agronomi che vi si troveranno riuniti il
16 Ottobre^ mail Professore si scusa, dolente clieimperiose
circostanze lo impediscano dall' assistere alla indicata Riunione
Agraria.
11 Presidente fa quindi leggere al Segretario una memoria
inviata dal Drummond intorno all'agricoltura dell'Inghilterra,
giudicando che possa giovare il diffondere la cognizione di
alcune interessanti pratiche di quel paese.
11 Segretario comunica una lettera del Commendatore
Lapo De Ricci, colla quale invita il Presidente a nominare
nella Sezione due Commissioni incaricate di visitar Pisa ed i
suoi contorni, per quindi riferire intorno all'agricoltura ed
alle arti utili quanto crederanno opportuno.
La Sezione approva il progetto, ed il Presidente prega di
far parte della prima Commissione il Prof. Targioni, Luigi
Calamai, Dott. Gaetano Cioni, e Abate Raffaello Lambruschini,
ed a compor la seconda il Commendator Lapo De Ricci, Pietro
Onesti, Dott. Francesco Gera, ed i Professori Moretti e Milano,
i quali tutti accettano l'incarico.
Il Segretario della Sezioe — DOTT. F. GERA.
Il Presidente - MARCH. CAV. COSIMO RIDOLFI.
245
TENUTA IL DÌ 8 OTTOBRE 1839
-Il Commendatore Lapo De Ricci espone alcune considerazioni
che reputa atte ad allontanare i mali che V avidità del proprie-
tario terriero potrebbe arrecare all'arte agraria ed insieme alla
comune ricchezza, e quel che più importa alla pace ed alla pub-
blica morale. Ammesso che in generale il possesso terriero offre
un prodotto annuo minore sebben più certo di quello che dan-
no tutti gli altri capitali , è naturale che i capitalisti una volta
che impiegarono i loro denari in terreni siano tentati di anga-
riare i mezzajoli, i fittuarj , e livellar] con patti e responsioni
gravose. Contro siffatte misure declama il Ricci e prova quanto
sia dannoso di aggravare con responsioni onerose i terrieri per
ricavar da loro un utile superiore a quello che le terre in circo-
stanze ordinarie possono somministrare. Rammenta come la
Legge di Leopoldo I intorno agli affitti perpetui dei beni sog-
getti alle Amministrazioni Regie, Comunitativeec. più valse ad
accrescere la ricchezza agricola toscana di quello che le fortu-
ne individuali, e nota che lo stesso accadde nelle grandi alie-
nazioni di beni seguite sotto il Governo Francese. Deplora la
mania di prendere a livello dei terreni, la quale se troppo si
diffondesse fra noi farebbe temere alla Toscana F ingruenza
dei mali pei quali geme l'Irlanda. Tratta finalmente la causa
de' coltivatori e quella de' proprietarj , facendo conoscere che
dando a livello un fondo contro la somma della rendita media
ricavatane colla comune industria e coi soliti capitali possono
2U
prosperare egregiamente gli affari dei contraenti^ e chiude il suo
discorso suggerendo di avvantaggiare la condizione reciproca
dei possidenti e de' lavoratori col diifondere nuove e più utili
pratiche perla via dell'esempio, piuttostochè col mezzo delle
parole.
li March. Gav. Francesco Riccardi Vernaccia tratta della
necessità che ha la Toscana di possedere un pubblico Istituto
di Agricoltura. Dice che l'Agricoltura fu lungamente negletta
fra noi perchè tutta in potere della ^Nobiltà e delle Corpora-
zioni religiose. Crede che la prima generalmente sdegnasse di
prendersi cura dell'agronomia facendosi rappresentare da sem-
pHci contadini dichiarati fattori, e che le seconde iinpoltrite
nell'ozio di una vita beata consumassero improduttivamente i
redditi de' loro terreni. Dice esser venuto poco vantaggio alla
pratica agronomia dall'Accademia de' Georgofih , sebbene sia
sollecita di pubblicare cogli Atti le proprie investigazioni. Ri-
conosce dalla abolizione dei fidecommissi operata da Pietro
Leopoldo e dagli sconvolgimenti politici che più tardi divisero
i fondi delle religiose Corporazioni, l'arricchirsi degli indu-
striali che di quei beni fecero acquisto. Ma nuovi guai insorsero
posteriormente nella toscana agricoltura, e fu allora che per
rimediarvi nacque f onorevol desiderio nei possidenti di darsi
alla vita campestre e di erudirsi nella pratica agraria . Alcuni
trassero profìtto vistoso dalle loro cure, ma ad ottenerne uno
più generale e maggiore crede il Vernaccia necessaria la for-
mazione di un vasto Podere modello a spese pubbliche , argo-
mentando la proporzionale utilità di un consimile stabilimento
da quella che arreca il privato Istituto fondato dal Presidente.
L'Avvocato Vincenzio Salvagnoli replica al preopinante,
osservando che alcune sentenze del ìNIarchese Vernaccia potreb-
bero dare ai non toscani qualche idea inesatta delle passate e
presenti condizioni dell'agricoltura fra noi. Prende quindi a
dimostrare come quest'arte fu qui sempre meno infelice che
245
negli altri paesi d'Italia, perchè la Nobiltà toscana sorta dal-
l'industria sempre versò nella terra molti capitali, e perchè
le Corporazioni religiose si distinsero spesso nella diligente
cultura del suolo. Adduce varie prove di ciò, ed accenna va-
rie cagioni economiche e civili le quali mitigarono gli effetti
de' pubblici mali, a cui dopo il 1500 soggiacque l'Italia. Prova
come all'antiche consuetudini di una agricoltura diligente si
unirono studj sperimentali e insegnamenti pregevoli non solo
di secolari quanto ancora di molti ecclesiastici, uno dei quali
fu il fondatore dell'Accademia dei Georgofili. E di questa
Accademia enumera successivamente, il Salvagnoli , le fatiche
ed i meriti, e dice che sotto i Principi filosofiche ci governano
molti pensamenti e voti di lei si videro convertiti in leggi.
Passa in fine a mostrare il presente stato dell'agricoltura, e
conclude che l'ufficio dello Istituto di Meleto e del suo fondatore
non è già quello di creare o rigenerare l'arte agraria, ma 1' altro
bensì di perfezionarla accomodandola soprattutto alle nuove
necessità dei tempi e degli uomini.
Il Marchese Riccardi Vernaccia si mostra contento di aver
dato luogo alle parole dell'Avvocato Salvagnoli , e protesta
che non ha inteso parlare in modo indecoroso dell'Accademia
de' Georgohli , ma che anzi ha voluto biasimare quelli soli
che motteggiano i di lei utili studj e le sue belle ricerche.
L'x\b. Cav. Professor Pietro Confì^liachi Presidente della
sezione di Chimica, Fisica e Scienze Matematiche avverte come
sia frequente lamento che dove muore un gelso, un altro pur
vi perisca se ripiantato venga nel luogo stesso, comunque nella
nuova piantazione si usino tutte le cautele prescritte dai migliori
Agronomi. Persuaso egli che ben poco influisca a produrre il
male e la cultura, e l'indole del suolo, e la topografica posi-
zione, e vedendo che a cominciar dalle barboline del gelso e
salendo di mano in mano alle radici più grosse e da queste al
tronco, si presentava una materia bianchiccia filamentosa e tal-
246
volta pulverulenta che cresceva in quantità ed estensione facen-
dosi sempre più larga strada nel tessuto midollare dell'albero
fino ai rami più grossi di esso, immagina che la causa morti-
fera del gelso risieda nello sviluppo di un vivente nel vivente,
ossia di una Crittogama della numerosissima famiglia delle
Miicedineey della quale è ignorata l'origine. Esposte queste sue
idee passa a considerare 1' andamento del morbo che percorre
e dura tre anni , facendosi lo sviluppo di questa Crittogama
parassita del gelso causa diretta della sua morte. Narra quindi
alcuni pochi esperimenti volti ad investigare i rimedj opportuni,
e crede aver raggiunto lo scopo impiegando l'acqua di calce
ed il ranno concentrato, de' quali liquidi inzuppa il terreno.
Il Prof. Francesco Orioli avverte che non il gelso solo, ma
altre piante ancora muoiono per cause consimili, e quindi che
giova studiare il male in tutte quelle che attacca e non nel gelso
soltanto, ed insiste sulla necessità avvertita pure dal Prof. Con-
figliachi di ripetere le osservazioni e le esperienze, e soggiunge
essere interessante la determinazione della nociva Crittogama
innanzi che gli stranieri se ne occupino e ci rimproverino
d'inesattezza.
Il Dott. Cera prende la parola per ricordare come l'Ac-
cademia di Bergamo, fatto soggetto di premio l'argomento ora
trattato dal Prof. Configliachi, negasse di conferirlo avendo
trovato inefficace 1' acqua di calce ed il ranno proposto dai
concorrenti.
Il Prof. Configliachi, come ognun sa a più severi studj
continuamente rivolto, dice d'ignorare il fatto enunciato dal
Segretario, e soggiunge che la differenza dei resultati è una
ragione di più per ripetere queste esperienze, che d'altronde lo
meritano anche supposto efficace il compenso, per determinare
dopo quanto tempo convenga di ripiantare il gelso, onde le
materie alcaline introdotte nel suolo non nuocano alle nuove
radici.
247
Il Prìncipe di Musignano Presidente della sezione di Zoo-
logia ed Anatomia comparativa, propone a quella di Agrono-
mia e Tecnologia di riunirsi in uno dei giorni seguenti per
discutere intorno ad argomenti entomologici di comune inte-
resse. 11 Presidente preso il parere della Sezione aderisce al
progetto, ben contento che sia questa una prova novella del-
l' amore che lega tutti i dotti Italiani pel progresso delle scienze
e dell'arti utili.
Dopo di ciò il Presidente dichiara, che necessitato ad
assentarsi dal Congresso per le cure che non può negare al
proprio Istituto agrario, ha nominato a rappresentarlo come
Vice-Presidente della Sezione il Prof. Cav. Giuseppe Gazzeri,
al quale spetterà di vidimare il processo verbale dell'attuai
seduta, quando venga approvato nella successiva.
Il Segretario distribuisce un gran numero di copie di un
opuscolo offerto in dono da un anonimo, che ha per titolo
Di alcune cose die potranno tornare a utile dei contadini in
Toscana .
Il Segretario della Sezione — DOTI. F. GERÀ.
Il Vice-Presidente - PROF. CAV. G. GAZZERI.
TENUTA LL DI 9 OTTOBRE 1859
.ntonio Piccioli giardiniere dell' I. e R. Museo di Fisica e
Storia Naturale di Firenze, tratta del Phormium Tenax o Fino
della Nuova Zelanda, e ricordando che il Prof. Targioni Toz-
zetti ne suggerì la cultura all'Accademia dei Georgofili fino
248
dal 1820, conclude che ha reputato utile di nuovamente rac-
comandarla con più validi argomenti in questa occasione,
reputando che possa riuscire di molta utilità nelle Maremme
che ora tornano a nuova vita , e che offrirebbero al Phormìum
ogni miglior condizione di prosperità, parendo che questa
pianta ami a preferenza il littorale marino.
In questa occasione lo stesso Piccioli trattiene la Sezione
sull'utilità di alcuni metodi per moltiplicare le piante per via
di margotto e di innesto che non sono secondo lui conosciuti
abbastanza, e dai quali non i soli giardinieri ma gli agricoltori
ancora potrebbero ricavar vantaggio.
Il Colonnello Conte Luigi Serristorì parla del mezzo repu-
tato il più efficace per istruire praticamente i contadini, argo-
mento che facendo parte di una molto più vasta questione quale
si è quella dell'istruzione generale, considera come una grande
e urgente necessità dell'epoca attuale. Sostiene che gli scritti
non giungono giammai fino al contadino, e pensa che possan
soli bastare all' uopo dei corsi speciali di pratica agronomia.
Propone che i giovani contadini vengano radunati e posti in
grado di profittare durante un solo anno di quegli esercizj
agronomici che si darebbero in luoghi appositi, che offrissero
cioè circostanze idonee all'insegnamento. Dopo un anno altri
villici sottentrerebbero e così di seguito, e limitandosi alla
Toscana reputa sufficienti due grandi stabilimenti del genere
indicato, che l'uno in Val di Chiana per il sistema agrario di
mezzeria, e l'altro in S. Rossore presso Pisa per il sistema di
gran cultura a comodo della Maremma.
Pietro Onesti già allievo di Ro ville richiama 1' attenzione
della Sezione intorno ad una memoria da lui pubblicata sul-
r argomento ora trattato dal Conte Serristori. Enumera i di-
versi stati della Germania ove si raccolgono i contadini e si
istruiscono teoricamente e praticamente in appositi stabili-
menti. Racconta come a Roville il contadino depositi una som-
249
ma per esservi ricevuto, la quale gli vien restituita in premio
delle sue fatiche se vi si trattiene un anno e mostrasi diligente
al lavoro. Avverte infine che in Toscana si ricevono gratuita-
mente i contadini a Meleto e si addestrano nel maneggio dei
nuovi strumenti rurali-, e conchiude che non si possono mai
moltiplicare abbastanza le scuole della Domenica e quelle pro-
gettate dal Conte Serristori.
Il Prof. Milano soggiunge come a Biella nelle sere festive
si istruisca il popolo nel!' Agraria, come quella scuola sia molto
frequentata dai campagnoli, e come quel Vescovo Monsignor
Losana abbia promesso di mandare i suoi cherici a quelle
lezioni .
Lo stesso Prof. Milano volge il discorso sulla manifattura
del vino, ed osserva come non solo in Toscana ma in tutta
Italia occorra migliorare la sua qualità. Esamina le varie opi-
nioni circa al tener chiuso o aperto il tino durante la fermen-
tazione del mosto, e dopo aver ricordati i diversi apparati in
epoche diverse proposti per impedire la dispersione durante la
fermentazione di vari principi utili a conservarsi, conchiude:
1." che il tino debba star chiuso, e chiuso ermeticamente per
varie ragioni chimiche che enumera ad una ad una, 2.° che il
tino sia ripieno per soli nove decimi della sua capacità, 5." e
che vi sia apposta una semplice valvola regolatrice.
Il Prof. Taddei approva la chiusura de' tini, l'apposizione
della valvola regolatrice, e in generale tutti i principj emessi
dal Prof. Milano, ma si mostra dubbioso se la non conservabilità
dei vini dipenda dall'essere stata la massa fermentante in con-
tatto coir ossigeno della atmosfera. Richiede quindi al Prof.
Milano se abbia dei fatti in proposito chiari e ben osservati i
quali escludano ogni dubbiezza. Ottenutane affermativa rispo-
sta, si conviene essere omai fuor di dubbio l'utilità di fabbri-
care il vino in vasi chiusi.
32
i
2o0
Il Prof. Gazzeri rammentate alcune considerazioni da lui
già esposte altrove e dirette a spiegare V utilità degli avvicen-
damenti agrarj, e perchè in un terreno nel quale ha vissuto
alquanto tempo una specie di piante periscano o non prospe-
rino nuove piante della specie stessa, considera tuttociò dipen-
dente da due fatti noti, cioè: 1." che la vegetazione di una
specie di piante particolarmente pratensi o da foraggio divenuta
languida in un terreno in cui dura da molto tempo, si ravviva
prodigiosamente spargendovi sopra una quantità discreta di
solfato di calce, sale che l'analisi ritrova poi nelle ceneri di
quelle piante . E ciò induce a considerare come causa dello ac-
cennato languore l'esaurimento nel terreno di una materia
necessaria per esse, 2/ che presso le radici di molte piante
ritrovasi una materia organica escrementizia che accumulatasi
nel suolo , col tempo deve essere infesta alle piante congeneri e
può giovare a quelle di specie diversa.
Il Prof. Gazzeri invita i Fisiologi presenti all'adunanza
a dichiarare se queste cose da lui comunicate all'Accademia
de' Georgofìli molti anni sono siano tutt'ora ammissibili, o se
i progressi della scienza suggeriscano migliori spiegazioni del-
l'utile che tiene dietro alle rotazioni campestri.
Allora il Prof. Moretti fa osservare che questa appunto è
la teorìa da esso lui riportata nella sua Biblioteca Agraria, ove
dopo aver confermate le esperienze del Gazzeri intorno al-
l'azione delle radici delle piante sui corpi organici solidi che
decompongono e rendono solubili per nutrirsene, paragona
r esterna superfìcie di quegli organi all' interna dello stomaco
degli animali. Egli è quindi di opinione che la decomposi-
zione, la soluzione, il cangiamento delle sostanze elementari in
sugo nutritivo delle piante si debbano alla forza vitale delle loro
radici . Pare che in ciò risieda la ragion principale per cui non
ogni concime è ugualmente adatto a nutrire ogni specie di
piante, e per cui la medesima specie non alligna nel medesimo
251
suolo una seconda volta senza una precedente letamazione ,
mentre ci prospera una specie di diversa famiglia.
Quanto al secondo fatto referito dal Prof. Gazzeri, conti-
nua a dire il Prof. Moretti che desso costituisce appunto il prin-
cipal fondamento della teoria da lui sostenuta in opposizione
a quella del De Candolle . Il Botanico Ginevrino è di parere che
la materia escrementizia della pianta sia venefica per la specie
che l'ha prodotta, e sia vantaggiosa per una specie diversa, ed
ammette per conseguenza che su questa base riposi 1' utilità
degli agrarj avvicendamenti .
Il Prof. Moretti riconosce parimente che tali materie escre-
mentizie delle piante possono nuocere agli individui della stessa
specie, ma ritiene che le piante stesse godano di una particolar
virtù succhìante, ossia di un gusto specifico per cui decompon-
gono e si appropriano certi elementi a preferenza di certi altri,
e valgono a caricarsi più o meno di alcuni principj secondo la
propria costituzione fisiologico-chimica, ed a rifiutare, per
quanto loro il permette l'organico potere vitale, l'introduzione
ài certe materie che sarebbero loro nocive.
Il Segretario delia Sezione — DOTT. F. CERA,
ih Vice-Presidente - PROF. CAV. G. GAZZERI.
252
TENUTA IL DI 10 OTTOBRE 1839
Mi Giardiniere di S. A. il Re di Vittemberga Giuseppe Bosch,
invia una sua memoria intorno alla Madia satwa considerata
come pianta oleifera, indicando come si possa intercalare ne-
gli agrarj avvicendamenti, e quali siano i pregi del suo pro-
dotto. Espone ogni particolare di sua cultura, e mostra come
il reddito di questo vegetabile superi quello delle piante olei-
fere erbacee più coltivate, quali sarebbero il ravizzone e il pa-
pavero .
L'Accademia di Vittemberga unisce a quelle del Bosch le
proprie osservazioni che le già esposte confermano, e il Prof.
Milano asserisce che da una piccola cultura di Madia da lui
tentata ebbe i vantaggi descritti.
Il Prof. Moretti osserva però che avendo da più anni in-
trodotto quella pianta nell'Orto agrario pavese ha dovuto con-
vincersi che la maturazione dei semi accadendo da Giugno a
tutto Ottobre ne rende imbarazzante e dispendioso il raccolto ,
lo che forse impedirà tra noi l' utile introduzione di questa
pianta.
Il Dott. Gera legge una memoria diretta a provare l'utilità
di un più esteso allevamento del baco da seta cinese, il quale
se da un lato offre minor prodotto del filugello comune, con-
suma dall'altro meno foglia e più sollecito compie la propria
vita. Dice che ad allevarlo prosperamente occorre tenerlo in
stanze molto aereate,e nelle ultime tre età sotto portici ogal-
<-v tj ar
lerie appena difeso dalle più grandi vicissitudini atmosferiche .
Nota alcune altre particolarità dell'allevamento conveniente
per questa sorte di baco da seta, e termina inculcando di fargli
filare il bozzolo in quel graticolato che venne raccomandato
ultimamente come un nuovo trovato, mentre esso Gera lo
aveva descritto fino dal 1827^ avvertendo però che questo gra-
ticolato non riesce bene come lo proposero i eh. Agronomi
P. Ramon de la Sagra e Gav. Bonafous, ma dee avere le ma-
glie romboidali cogli angoli acuti disposti verticalmente , e
occorre badar soprattutto che le reti le quali lo compongono
si trovino sempre disposte due a due alla distanza di circa un
pollice e mezzo fra loro , e che nella stanza ove i bachi filano
in questo congegno penetri poca luce .
Si annunziano alcuni libri inviati in dono alla Sezione, e
sono varie operette agrarie di Giuseppe Rossi, il Catalogo del-
l'Orto Botanico di Firenze, e il Viaggio in Maremma di Anto-
nio Bottari.
Il Vice-Presidente vedendo come ogni comunicazione re-
lativa alle Maremme interessi vivamente la Sezione , nomina
una Commissione affinchè rediga un Rapporto sul bonifica-
mento di quella provincia, e questa Commissione vien com-
posta dei signori Emanuelle Repetti , Avvocato Vincenzio Sal-
vagnoli , e Commendatore Lapo De Ricci.
Lorenzo Barsanti di Pietrasanta avendo fatto prevenire la
Sezione che desidera farle conoscere una sua nuova macchina
per sgranare il Granturco, il Vice-Presidente incarica Luigi
Calamai di farne Rapporto, ed autorizza l'inventore a farla
agire dopo lo scioglimento della seduta.
Il Seghetario della Sezione — DOTT. F. GERA.
Il Vice-Presidente - PROF. CAV. G. GAZZERI.
Sai
TENUTA IL DI 11 OTTOBRE 1839
Approvato dalla Sezione il precedente processo verbale il
Presidente ci appone il suo visto .
Luigi Calamai presenta un suo Rapporto sulla macchina
sgranatrice del Granturco inventata ed eseguita da Lorenzo
Barsanti , e dopo aver notato la forza impiegata per farla agire
e la qualità e quantità del lavoro ottenutone in un dato tempo,
avverte come non tutte le spighe riescano sgranate, e molte
siano quelle che sono ridotte in frantumi. Ma siccome la mac-
china è semplicissima, solida, e facile ad accomodarsi in caso
di guasto, il Calamai senza istituir confronti con altre mac-
chine analoghe, propone di far di quella del Barsanti onorevol
menzione.
Il Calamai stesso invita la Sezione ad osservare alcuni
pezzi patologici da esso eseguiti in cera, e che presenta per
quella relazione che possono avere colla Tecnologia .
Il Presidente nel favellare intorno al Poljgonum tìncto-
riuni, pianta oggi tanto raccomandata per l'indaco che som^
ministra, rende conto de' suoi esperimenti, dai quali risulta
che quel vegetabile malamente tollera l'aridità e non dà spe-
ranza d'utile esistenza laddove non possa essere conveniente-
mente adacquato. Dice che se il Poirgonum è meno facile a
prosperare àoìV Isatis, somministra però un indaco molto più
bello e di più facile estrazione. Offre dei saggi di questo in-
daco indigeno, i quali presentano tutti i caratteri mercantili
253
desiderabili. Termina proponendo d'impiegare il Poljgonum
alla maniera del guado, sperimentando se ve ne sia conve-
nienza nelle provincie ove coltivasi V Isatis a quest'effetto.
Parecchie questioni relative al setifìcio son proposte e di-
scusse dai Dott. Gera, Prof. Moretti, March. Ridolfi, Ab. Lam-
bruschini, e Dott. Giovanni Rampinelli di Bergamo. Risulta
da esse esser pratica vantaggiosa quella di fare schiudere le
uova dei bachi presso i proprietarj per quindi dispensare ai
contadini i filugelli nati nei due primi giorni. E siccome i pic-
coli bachi stanno riuniti come in un sol corpo mercè la bava
che spandono, è facile ad ognuno imparare quale spazio oc-
cupino quelli nati da un dato peso di seme , e quindi riesce
agevole di dare con sufficiente approssimazione a ciascun mez-
zajolo il quantitativo che può e deve allevare. Si avverte oc-
correre nel trasporto degli animaluzzi molta diligenza, ed es-
sere indispensabile di deporli in luoghi ove la temperatura sia
convenientemente elevata, ogni negligenza riesce dannosa al
raccolto .
Si osserva come il metodo di Rima, pubblicato già da pa-
recchi anni ed ora sotto nuove fogge richiamato in vita, pro-
speri molto in certe località elevate ed asciutte e malamente
riesca nelle altre. Egli ci procura un raccolto sollecito, ma
l'esecuzione ne è difficile e non esente da pericolo per gli ope-
raj.I bozzoli così ottenuti danno al trattore minor prodotto.
Quindi circa al metodo di allevamento de' bachi da seta si
conclude che debbono tenersi divisi in piccole partite, che la
temperatura troppo elevata, quale si raccomanda per essi da
alcuni scrittori, è men vantaggiosa di una mediocre, che dopo
la terza muta nei paesi asciutti ed elevati debbon vivere in
luogo il più aereato possibile, che il cibo deve esser loro som-
ministrato in cinque o sei volte nelle ventiquattro ore, ma
sempre in quella quantità che vien dal baco richiesta e con-
sumata.
I
256
Si parla quindi del Calcino^ morbo distruggitore dei filu-
gelli se non venga combattuto con quelle pratiche che il bene-
merito Dott. Bassi di Lodi ha descritte . E poiché il Professore
Audouin ha presentato un Rapporto letto all'Accademia di
Parigi e steso da Dutrochet a nome di una Commissione, nel
quale si dà conto dei lavori più recenti intorno a codesto mor-
bo, il Segretario prende occasione di rivendicare al nostro Ita-
liano tutto l'onore della scoperta facendo vedere che i membri
dell'Istituto di Francia nulla mostrarono di più del Dott. Bassi,
il quale ha sostenuto che il Calcino è dovuto ad una Crino-
gama che si sviluppa sotto la pelle e cresce al di fuori in forma
di fungo presentando quella patina bianca il di cui aspetto dà
nome alla malattia, e che il Calcino si svolge ora per contagio
ora per altre circostanze particolari, senza essere esclusivo del
baco da seta. Ma il Bassi è cieco, e non potè determinare con
precisione la mucedinea di cui si tratta.
Il March. Antonio Mazzarosa di Lucca propone la compi-
lazione di un Dizionario della pratica agraria di ogni terra
d'Italia, e addita come dovrebbero raccogliersi le notizie e co-
me dispersene le materie. Un lavoro di questo genere, dice
egli, offrirebbe agl'Italiani un criterio importante sulle cose
rustiche dell'intera Penisola.
L'Avvocato Salvagnoli avverte che questo progetto fa-
rebbe parte, secondo lui, di uno più vasto che sottoporrà alla
Sezione . Frattanto il March. Mazzarosa dichiara che egli ha già
ordito il proposto lavoro per il Ducato di Lucca, ed il Presi-
dente sulla richiesta di molti membri della Sezione lo prega a
porsi tosto in corrispondenza cogli Agronomi Italiani ed a farsi
promotore di così utile lavoro.
Il Prof. Ab. Sbragia espone alcune sue idee sulla utilità
di istituire un Corpo di Ispettori agrarj e tecnologi i quali di-
pendendo dagli ordini di un superior consiglio si rechino di
provincia in provincia e mostrino sperimentalmente nei campi
2o7
e nelle officine quanto si giudicasse opportuno a correggere
gli errori, a perfezionare le pratiche, a spargere l'istruzione.
E qui il Prof. Sbragia fidato nello spirito di vicendevole asso-
ciazione, propone che i contadini paghino una piccola tassa
annuale, che altrettanto corrispondano i proprietarj per ciascun
podere, i manifattori per ogni officina e i lavoranti stessi per
proprio conto^ e reputando sufficenti questi mezzi alla spesa,
indica approssimativamente come potrebbe organizzarsi questo
genere distruzione e l'indispensabile sorveglianza al medesimo.
Ma l'Avvocato Salvagnoli e quindi T Abate Lambruschini
avvertono che all'istruzione dei contadini potrebbe almeno in
parte provvedere un buon libro volgare ove in mezzo ai santi
precetti si trovassero delle massime agrarie, e pensano che a
tale oggetto ricavar si potrebbero dalle sacre carte quelle pa-
rabole, quelle similitudini, quelle immagini che hanno rap-
porto colla agricoltura. Propongono quindi al Prof. Sbragia
di accingersi a compilarlo, e questa proposizione essendo ap-
poggiata da quanti son presenti alla seduta , il Prof. Sbragia
non può ricusarsi ed accetta l'impegno.
Dopo di ciò Fx^b. Lambruschini propone alla Sezione di
aprire nel suo seno una colletta a favore delle Scuole infantili
di Pisa.
La Sezione accogliendo con entusiasmo la proposizione,
la colletta è subito aperta dal Presidente, e vengono da lui in-
vitate per lettera le altre Sezioni a fare altrettanto, ed a versa-
re, come farebbe la sezione di Agronomia e Tecnologia, in
mano del Presidente generale le somme raccolte innanzi lo
scioglimento del Congresso.
It Segretario delia Sezione — DOTT. F. CERA.
Il Presidente - MJRCH. CAV. COSIMO RIDOLFI.
33
2S8
TENUTA IL DI 12 OTTOBRE 1839
(a sezione di Zoologia e di Anatomia comparativa si riuni-
sce a quella di Agronomia e Tecnologia.
L'adunanza è onorata dalla presenza di S. A. I. e R. il
Granduca .
Il Segretario fa lettura di alcune sue nuove osservazioni
intorno a quegl'insetti che guastano i bozzoli , che son cono-
sciuti dai trattori col nome di mangiapelle^ e tutto ciò all'og-
getto di completare quanto ne dissero recentemente nel Gior-
nale Agrario Toscano il Dott. Passerini e lo Zauli.
Dipoi il Professore Audouin trattiene lungamente la Se-
zione ripetendo quanto aveva pubblicato in Francia fin dal-
l'anno 1857 intorno alla, piralide delle viti, e mostra le tavole
che servono di corredo al suo lavoro su tal soggetto, nelle
quali sono maestrevolmente espresse le varie fasi di questo in-
setto danneggiatore, e dimostrati i guasti che da lui riceve
la vite.
Venendo a parlar dei mezzi di diminuire questo flagello
delle vigne, dopo aver descritto le abitudini dell'insetto ed
aver provato quanto sia difficile e poco vantaggioso di fargli
la caccia allo stato di larva, racconta come riesca oltremodo
efficace il prenderlo allo stato d'insetto perfetto con un sem-
plicissimo ed economico artifizio. Consiste nel lasciare accesi
dei lumi in tempo di oscura notte in mezzo alle vigne infe-
state, quando già le pìralidi sono allo stato perfetto. Sotto
259
quei lumi sta un recipiente di larga apertura ove si contiene
un sottilissimo strato d'olio. La farfalla volando intorno al
lume descrive delle curve che la conducono a toccar l'olio ove
riman presa immediatamente. In questo modo in una notte , e
con un sol lume son distrutte migliaja di femmine che avreb-
bero prodotto milioni di uova.
Dopo questa importante comunicazione annunzia il Prof.
x\udouin che il suo viaggio in Italia ha per oggetto speciale di
studiare gl'insetti che danneggiano l'olivo j mostra a questo
proposito alcune tavole originali mirabilmente eseguite da
Mad. Audouin, e parla con elogio dei lavori di Gene e di Pas-
serini su questo soggetto.
Il Presidente osserva quanto alla piralide della vite, che
fortunatamente questo insetto o è raro o non esiste in Italia ,
e certo non reca danno alle vigne. Dice che fra noi la vite è
attaccata dalla Procris ampelophaga^ e ne riceve gran danno
specialmente ove coltivasi a palo. Aggiunge che siccome le
larve danneggiatrici salgono dalla terra pel fusto della pianta
a rodere i teneri germogli , si è trovato utile in molti luoghi
impedirle circondando con un anello di pania il pedale.
Il Dott. Mari di Campiglia assicura che questo compenso
non è, disgraziatamente, sempre efficace perchè il visco non
trattiene le larve in tempi umidi, e perchè al sole si rammol-
lisce e cade.
Il Dott. Carlo Passerini tuttoché non disapprovi l'uso della
pania, pure ricorda come fin dal 1829 leggendo all'Accademia
dei Georgofili su questo soggetto consigliasse di dar la caccia
alle larve le quali allorché sono adulte si raccolgono sotto le
foglie, e di questo consiglio ha dopo quell'epoca sentita ogni
giorno meglio l'utilità.
Il Presidente Principe di Musignano espone l'uso esistente
nelle campagne romane di apporre alle viti certi cannelli ca-
povolti, per poi uccidere i Cureulioni che ci si vanno a nascon-
260
dere. Su di che osserva il Prof. Gene che il dar la caccia a que-
sti dannosi insetti mentre sono allo stato perfetto è utile ma
difficile, e quindi che deve un tal mezzo considerarsi come ac-
cessorio alla pratica fondamentale di raccogliere ed abbruciare
i pampani di mano in mano che si accartocciano per la pun-
tura dei Cureulioni che vi depositano le loro uova.
Il Segretario della Sezione — DOTI. F. CERA.
Il Presidente - MARCH. CAV. COSIMO RWOLFI.
ii.3)mìaa2^ SDITA
TENUTA IL DI 14 OTTOBRE 1859
El Dott. Carlo Passerini, zoologo aggregato del R. Museo di
Fisica e Storia Naturale di Firenze , legge una memoria rela-
tiva a dei nuovi fatti entomologici interessanti l'Agraria. Prima
di tutto parla del danno considerabile cagionato ultimamente
nel Volterrano alla cultura delle patate dalla moltiplicazione
insolita di un Coleottero^ che egli determinò esser la Lytta
verticalis (Fabr. ). Questo insetto della famiglia dei vessica-
torj sfrondò totalmente molte piante del Solanum tuberosum^
e facendone seccare le parti verdi impedì la formazione dei
tuberi. Aveva già il Dott. Passerini consigliato i proprietarj di
falciare e bruciare le fronde attaccate e per distruggere le uova
depositatevi e per impedire il danno che forse potea arrecare
ai bestiami il destinare a loro vitto un foraggio sul quale ave-
261
vano abitato e forse esìstevan tutt'ora animali trasudanti cau-
stici umori. Raccomanda iinalmente, a chi si trovi in circo-
stanze opportune per intraprenderlo, lo studio di questo insetto
nei primi stati di sua vita che non son conosciuti.
Un'altra osservazione comunica quindi il Dott. Passerini
sopra un diverso insetto, ma sempre dei Coleotteri, che nella
caduta estate danneggiò moltissimo nel Modanese i giovani
gelsi delle Filippine. Prova il Passerini esser YApate sexden-
tata il danneggiatore di quei gelsi, e racconta come ìq un in-
vio di porzioni di quelle piante attaccate àAM Apate fattogli dal
Dott. Codelupi di Gasalgrande trovasse F esistenza di uno
Stfgiunus il quale innocuo per la pianta dovea aver vissuto a
danno delle larve à^VApate o più probabilmente di quelle
della Ceratina albilabris che pur vi si vedeano riunite .
Indicando i costumi del nocivo Apate racconta il Dott.
Passerini i danni immensi che lo Scoljtus destructor cagionò
nel 1853 nei contorni di Parigi negli alberi d'alto fusto, ed
accerta che secondo il Prof. Audouin cinquantamila furono
gli alberi che perirono attaccati dagli Scoljtus. Cita il dubbio
di Feisthamel che gli Scoljtus fossero attirati sopra a que-
gli alberi da un'alterazione dei loro sughi, ma le recenti co-
municazioni fatte dal Prof. Audouin par che dimostrino che
gli Scoljtus allo stato perfetto danneggiano di fatto alberi
completamente sani , i sughi dei quali si alterano poi a cagion
di quei danni e richiamano nuove torme di quegl' insetti, i
quali invadono la total periferia del tronco colle loro molti-
plicazioni, ed uccidon la pianta.
11 Prof. Carmignani disserta quindi intorno ad un sistema
completo di Diritto rurale, come legislazione amministrativa,
civile e penale, applicata esclusivamente al regime del mate-
riale e del personale agricola, cioè giurisdizione appositamente
agricola distinta dalla civile a guisa della commerciale. Ram-
menta gli Scrittori italiani di giurisprudenza agraria, asse-
262
gnando ai loro scritti il carattere di quelli lasciati dai romani
giureconsulti . Non tace degli statuti municipali, dà la dovuta
lode alle leggi Leopoldine, e accenna le recenti opere relative
di Francia e di Alemagna. Dimostra poi che la scienza del Di-
ritto rurale sente il bisogno d'indagare il vero criterio caratte-
ristico distintivo di questo diritto. Lo sviluppo dello istinto
industriale dell'uomo precursore dell'impero della ragione e
della legge fece nascere gli umani interessi. Allora la legge fu
prudenza pratica^ ma giunta l'era della civiltà moderna le
leggi divennero, al dire di Leibnitz, la geometria degli atti
umani^ e la divisione di esse seguì la divisione del lavoro e i
progressi dell' istinto industriale. Tuttavolta per grande sven-
tura gl'interessi agrarj d'ordine privato e pubblico, ormai ben
distinti dagli altri interessi, non ebbero legge speciale ne spe-
ciale giurisdizione. Né queste esser dovrebbero d'eccezione, ma
proprie ed accomodate a subietti formanti una specie partico-
lare : la qual conclusione venne il Professor confermando col-
r esempio di gravi e frequenti mali nella economia rurale ab-
bandonata alla legge e giurisdizione comune. Dà fine al suo
dire facendo voti affinchè l'Accademia dei Georgofili accolga
il suo concetto di un Diritto rurale applicato ad una speciale
giurisdizione.
L'Avv. Ferdinando Maestri di Parma si affretta a dichiarar
pur egli la necessità ed utilità di leggi e provvisioni rurali. Fa
menzione del Codice civile Parmense il quale ha eseguito in
parte ciò che propone il Prof. Carmignani, collo stabilire un
capitolo intorno ai mezzajoli e coloni parziali. Ivi è assicurata
al colono la terza parte dei raccolti. E come taluno nello scorso
anno si avvisò di dare altro colore al contratto per sottrarsi
alla legge, ve lo ricondussero i Tribunali di prima istanza e
di appello.
Ma qualora non ci fosse la legge vi si dovrebbe supplire
col patto ^ imperocché, dice il Maestri, egli é certo che Tinte-
265
resse ben inteso del proprietario è indivisibile dall'interesse
del contadino, e lo provano le due specie di contratti, quello
cioè dniì famìgli da spesa usato in alcuni paesi di qua dal Po,
e quello àe^ massari in uso di là da quel fiume. I primi son
mantenuti come servitori, e ricevono un'annua provvisione di
grano, uva, altri oggetti alimentari ed un piccolo salario, ma
non hanno interesse alcuno alla prosperità del fondo, quindi
il terreno è mal coltivato e poco produttivo . I secondi pagano
una specie di fitto parte in danaro, e parte in una determinata
quantità di derrate. Ciò che supera quella quantità è a loro
total profitto, quindi avviene che non siano tentati di furti ed
abbiano il più vivo interesse a migliorare il terreno.
Dopo alcune considerazioni generali sull'infecondità della
terra coltivata dagli schiavi, sugli effetti che la civiltà crescente
produce a vantaggio dell'agricoltore, su quelli chela diffusio-
ne dell'istruzione promette a questa classe d'uomini così pre-
ziosa, termina il Maestri col voto che un segno di onoranza
vada a collocarsi sulle abbronzite carni del benemerito asrricol-
tore, essendo certissimo che con questo mezzo l'arte progredi-
rebbe d' assai .
L'Avv. Vincenzio Salvagnoli raccogliendo i resultati di
tutte le sedute della Sezione vede uniformità nel fine se non nei
mezzi per ottenere il massimo e universal vantaggio dall'agri-
coltura. Pure considera come lenti e inadeguati all'uopo, di
fondare cioè una vera agricoltura Italiana, gli studj individuali
e non diretti con metodo uniforme ad uno scopo comune. Per
il che propone il Salvagnoli che la sezione di Agronomia e
Tecnologia stabilisca un metodo universale in Italia per intra-
prendere e compire gli studj sperimentali in tutte le parti della
patria Agronomia, i fatti della quale vengano referiti a cinque
categorie per mezzo di opportune ed estese dilucidazioni, affin-
chè chiunque concorra a questa impresa sia diretto da uguali
princìpj.
264
In primo luogo le qualità del suolo e del clima vorreb-
bero essere minutamente specificate, formando ancora d'ogni
provincia accurate carte geologiche. La seconda categoria do-
vrebbe comprendere le condizioni tutte della proprietà stabile
e mobile, non obliando le abitudini e le capacità de' proprie-
tarj. Tutte le leggi economiche e tutte quante le loro influenze
sulla produzione , distribuzione e consumazione dei prodotti
agrarj, non meno che sul moto industriale di ciascun popolo,
dovrebbero essere comprese nella terza categoria. Alla quarta
apparterrebbe ciascuna pratica agraria e qualunque manifat-
tura aggiunta o da aggiungersi all'industria agricola, special-
mente quella de' vini e della seta. Invero non mai abbastanza
son da studiarsi le pratiche inveterate, perchè nei fatti antichi
una qualche ragione d' utilità deve pure esser causa della loro
ripetizione, non durando sempre la pazienza del soffrire o la
cecità dell'errore. In fine una quinta sede dovrebbe esser ri-
piena dalle osservazioni sullo stato morale, intellettuale, civile
ed economico dell' operajo agricoltore o mezzajolo o giorna-
liero, o piccolo fittajolo. Imperocché fra i tanti effetti utili di
questa indagine quello si presenta utilissimo che misurando
il grado delfintelligenza degli agricoltori può assegnare un
miglior modo d'istruirli e educarli. Oltreché non potranno mai
avvantaggiarsi le condizioni de' salariati fino a diventar socj
deir impresa agraria, se non quando la loro morale sarà la mi-
glior garanzia dell'unico lor capitale dell'industria. Finalmente
il Salvagnoli propone di votare e pubblicare un Programma
che spieghi il metodo e gli studj sperimentali da imprendersi
in tutt' Italia, invitando gl'Istituti economici e gli Agronomi
tutti ad assumere l'incarico non meno proficuo che glorioso.
La Sezione accoglie la proposta, sceglie gl'individui che
per ora le sembrano bastare all'opera, e incarica il Segretario
di pubblicare al più presto e in tutti i giornali d'Italia il Pro-
gramma occorrente che dovrà far parte dei di lei x\tti.
265
Il Presidente fa rilevare che tra le tante utilità, dei Con-
gressi scientifici quella pure vi è di fissare la data di molti
pensieri che non si fanno sempre di ragione pubblica per le
stampe, perchè sul loro primo apparire non se ne vede tanta
importanza da correr subito a divulgarli per quella via.
Così dopo la bella applicazione fatta dal Davy delle teorie
Elettro-chimiche alla conservazione della fodera di rame de' ba-
stimenti, cadde in mente nel 1825 al Prof. Taddei di tentare
se un processo consimile salvar potesse il ferro dalla celere di-
struzione alla quale va incontro in alcune delle sue tante ap-
plicazioni alle arti. Riuscito felicemente nel proprio intento il
Taddei, racconta il Ridolfi, d'averlo consigliato a recarsi in
Piemonte ove il suo metodo poteva essere accolto con interesse
pel vantaggio di una estesa marina .
Ma il Professor Taddei volto l'animo ad altre ricerche più
non curò quei lavori, e contentossi nel 20 Gennajo 1827 di
comunicare alla Società Filojatrica alcune felicissime applica-
zioni del suo ritrovato .
Intanto la Francia annunziò recentemente l'industria della
galvanizzazione del ferro come una novità, e ne fece soggetto
di una intrapresa vastissima, la quale tenta di sostituire il
ferro al rame in moltissimi usi con vantaggio massimo della
civil società.
Il Ridolfi termina questa tecnologica comunicazione po-
nendo sotto gli occhi della Sezione le irrefragabili prove della
priorità d'invenzione che onora il Prof. Taddei.
A nome della Commissione di ciò richiesta, Emanuelle
Repetti parla del bonificamento delle Maremme, e dice come
la sapiente jMunificenza di un Priiscipe e Padre apra all'Agri-
coltura, all'Industria, al Commercio un campo vastissimo con
quella benefica impresa. Passa quindi in rivista le idee che si
hanno intorno ai vizj dell'aria maremmana, dice come da im-
memorabil tempo si tenga per insalubre, e non a questa sola,
34
266
ma ad altre cause ancora riferisce l'antica e progressiva descri-
zione di quella provincia. Ragiona dell'antica e dell'attuai cul-
tura locale , e venuto a descrivere le operazioni ora eseguite
per bonificar le adiacenze di Grosseto, di Massa ec, ne dà i
più lusinghieri ragguagli.
Il Conte Giorgio Gallesio dice come in mezzo agl'immensi
progressi fatti nella Storia Naturale in quest'ultimo secolo re-
stassero ancora due problemi da sciogliere, uno risguardante
l'origine e la causa delle piante mule e l'altro la vera natura
di quei gruppi di vegetabili, distinti col nome di varietà. Passa
quindi in poche parole a comunicare il largo frutto de' molti
suoi studj in proposito, accompagnando con una breve lettura
sopra la relativa teoria che gli è interamente dovuta il dono
di un opuscolo appositamente redatto e pubblicato, ed il qua-
dro sinottico degli Agrumi dei Giardini botanico-agrarj di Fi-
renze distribuiti metodicanriente secondo i principj della sua
nuova teoria sulla riproduzione vegetale.
Il Cav. Poidebard Direttore delle grandi bigattiere del
Conte Demidoff a S. Donato presso Firenze, espone con poche
parole il resultato favorevole da esso ottenuto negli ultimi tre
anni ora decorsi allevando i bachi cinesi, e pone sotto gli oc-
chi della Sezione degli accurati prospetti dai quali si rileva il
felice andamento dell' industria interessante alle sue cure
affidata .
Il Dott. Gera afferra l'occasione per comunicare le ultime
cose che egli ha da dire ancora relativamente all'industria
serica, e parla delle macchine del Santorini e del Galvani per
trarre i bozzoli, ne mostra i modelli, indica alcune modifica-
zioni da se e da altri introdottevi, e conclude col provare che
la macchina Galvani è per molti rispetti superiore ad ogni
altra .
Il Dott. Gaetano Cioni come Relatore della Commissione
incaricata di visitare le manifatture Pisane riferisce che non
267
molto le è stato concesso di vedere stante le continue occupa-
zioni speciali de' suoi componenti, le quali hanno assorbito
quasi tutto il tempo della durata del Congresso. Tuttavia ra-
giona dei tessuti di cotone, di lana, di lino fabbricati in Pisa^
delle manifatture di vasellami, di calce, di terre cotte, di mo-
bilie, di coralli, di guanti, di prodotti chimici, di candele stea-
riche, di sapone oleico ec, e dalla floridezza di tutto questo
conclude che vi è luogo di rallegrarsi per quella generale della
Città che le tien dietro manifestamente.
Il Prof. Milano, Relatore dell'altra Commissione incari-
cata di visitare le circonvicine campagne, riferisce come si pre-
stino all'olivo molte e diligenti cure nelle vicine colline, come
si diano alle terre ripetuti lavori, come alla rotazione agraria
presieda molta intelligenza in più luoghi, e si prodighino
molte e intelligenti cure alle razze degli animali. Né solamente
il frumento e il granturco raccolgonsi come cereali importanti
nei contorni di Pisa, ma dove le circostanze il permisero anche
il riso è coltivato e sparge la ricchezza ove le acque paludose
senza quell'industria farebbero squallida la campagna. Le pa-
tate, le rape, le piante leguminose ed altri annuali prodotti
vengono in seconda linea. I foraggi non son trascurati. Ma
fra l'olivo e la vite il gelso appena si mostra. Adfsso però
sembra che a lui si rivolga l'attenzione dei possidenti, e lo
attestano la bigattiera e la filanda di Pugnano. Da per tutto la
Commissione vede movimento e progresso. Loda i giovani e
ricchi possidenti che lasciano gli ozj cittadini per darsi alle
campestri sollecitudini, e poiché il Marchese Dufour Berte dette
il primo, e sotto gli occhi di alcuni membri della Commissione,
l'esempio di una collazione di premj ai più destri fra i suoi
bifolchi nel maneggio degli strumenti aratorj perfezionati,
sembra che si possa tener per vicino il momento in cui l'in-
troduzione dei medesimi si farà generale nella campagna pi-
sana, che ne risentirebbe i più segnalati vantaggi.
268
Dopo di ciò il Presidente dichiara che i lavori della Se-
zione son terminati.
Il Seghetario della Sezione — DOTT. F. CERA.
Il Presidente - MARCH. CAV. COSIMO RIDOLFI.
DELLA
SEZIONE DAGROmniA E TECNOLOGIA DELLA PRIMA RIUNIONE DEGLI SCIENZIATI IN ITALIA
PER ISTITUIRE UNIVERSALMENTE GLI STUDJ SPERIMENTALI NELl' AGRICOLTURA ITALIANA.
erchè lo studio dell' i^gricoltura italiana possa, procedendo
per la sicura via dell'esperienza, divenire completo e benefico,
è sembrato che debba raccogliere tutti i fatti di ogni maniera,
pe' quali sia dato a chiunque di formare un retto giudizio sopra
le aggiunte o correzioni da farsi.
A cinque sole categorie possono referirsi i fatti tutti da
raccogliersi. E son queste:
1.* Condizioni naturali.
2.* Condizioni tutte della proprietà, stabile e mobile.
S.'' Leggi economiche.
4.'' Pratiche agrarie.
5.* Condizioni tutte di qualunque operaio agricoltore.
Per l'esecuzione di questa raccolta e classazione dei fatti
utili e necessari, giovi una breve dichiarazione di ciascuna
rubrica delle cinque categorie.
Fra le condizioni naturali comprendiamo una descrizione
topografica d' ogni provincia , unita ad una carta geologica
come quella dei monti Pisani disegnata dal Prof. Paolo Savi.
Poi l'elenco delle piante coltivate e coltivabili^ le influenze
atmosferiche e d'ogni agente naturale sopra ogni specie di
269
produzione agraria, e sulla vita dell'uomo e delle bestie. In
fine gli animali indigeni e quelli da naturalizzarsi.
Le condizioni delle proprietà stabili e mobili comprendono
la divisione ed i cumuli dei possessi*, se le terre hanno o possono
avere i sufficienti capitali fissi e circolanti, se i proprietarj
terrieri hanno le doti e attitudini morali e intellettuali per esser
buoni impresari della migliore industria agraria.
Delle leggi poi non crediamo utile far diligente raccolta,
se non di quelle che direttamente o indirettamente influiscono
sul valore dei fondi, sulla loro commerciabilità e cultura, e
sul traffico dei prodotti agricoli.
Le pratiche agrarie non potrebbero esser presentate a
dovere senza una minuta descrizione di ciascuna cultura in
ogni comune, poiché le varietà tante e sì grandi della terra
italiana consigliarono metodi diversi e spesso contrarj . La mi-
glior disposizione delle notizie sulle varie culture sembra quella
in forma di Dizionario, poiché sotto un vocabolo, unendo poi
le pratiche varie, avremo un repertorio universale dell'agri-
coltura pratica italiana.
L' ultima rubrica esprime il bisogno delle condizioni tutte
di qualunque operaio agricoltore, poiché non devesi trascurare
sullo stesso fisico né il morale né l'intellettuale, né il civile
dell'operaio agricoltore, cioè considerato in tutte le sue specie
o di mezzaiolo, o di giornante, o di piccolo fittaiolo.
Per dirigere sì vasta quanto necessaria inchiesta, e per
raccoglierne, disporne e pubblicarne di mano in mano i resul-
tati, fu creduto opportuno determinare alcuni, diremo, centri
in vari luoghi d'Italia, sperando che le Accademie e persone
designate risponderanno all'invito, che pure é fatto agli altri
istituti e agronomi, i quali spontaneamente saranno per con-
correre a sì utile impresa, costituendosi in altri centri.
Quelli che più specialmente si designano sono i seguenti:
Nel Ducato di Lucca, il Marchese Mazzarosa.
270
Nel Regno di Sardegna, Rocco Ragazzoni di Torino.
Nelle Provincie Venete, il Dott. Gera di Conegliano.
Nelle Provincie Lombarde, il Prof. Moretti di Pavia.
Nei Ducati di Parma e di Modena, il Prof. Brignole
di Modena.
Nella Toscana, il Marchese Ridolfi di Firenze.
Negli Stati Pontificii, il Conte Paoli di Pesaro.
Nel Regno di Napoli di qua dal Faro, la Società
d' incoraggimento di Napoli.
Nella Sicilia, i Redattori del Giornale di Statistica di
Palermo .
Riserbasi all'Avvocato Salvagnoli il costituirsi centro e
Segretario generale di tutte le relative operazioni.
Inoltre son pregati tutti gli Agronomi a perfezionare que-
sto piano di studj sperimentali, e di presentare alla seconda
Riunione degli Scienziati in Italia i loro consigli e lavori.
e. RIDOLFI Presidente
F. GERA Segretario delia Sezione,
^-'5H:J>-5ì-
PROSPETTO
Delle Sezioni della Riunione degli Scienziati, colla indicazione delle
respettive residenze e delle ore in cui tenevano le loro adunanze .
SEZIONI
RESIDENZA
OKE DELLE ADUNANZE
Fisica, Chimica e Matematica
Geologia, Mineralogia e Geo-
grafia
Botanica e Fisiologia vege-
tabile , .
Gabinetto Chimico
Sala del Museo di Storia Naturale
Anfiteatro del Museo di Storia
Naturale
Dalle 10 ^nt. alle 12 merid.
Dalle 10 ant. alle 12 merid.
Dalle 13 merid. alle 2 pom.
Dalle 8 alle 1 0 anlim.
Dalle 12 merid. alle 3 pom.
Dalle 8 alle 10 antim.
Zoologia ed Anatomia com-
parativa
Anfiteatro del Museo di Storia
Naturale f . • • •
Medicina
Agronomia e Tecnologia . .
Teatro Anatomico
Stufa dell'Orto Botanico ....
PER
l' INAUGURAZIONE SOLENNE
BlIL ©ÀILSILIE®
2)32 S>lR(Dl?3S3(!)^3t
GIOVANM ROSIINI
/
1
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Oe nel corso delle umane vicende, al continuo aggirarsi dì pene e di
diletti, di conforti e di affanni; avviene talvolta che un solo giorno
felice sia largo compenso di reiterati travagli; ben alte grazie debbo
io rendere alla Provvidenza, che tanto mi volle concedere di vita,
perchè il sommo onor mi valesse di parlare oggi dinanzi a Voi; cioè
dinanzi al Consesso più reputato e più degno della patria comune; di
parlare a nome d'una Città, che fece quanto era in lei per mostrarsi
degna del lustro, che da Voi riceve: di parlare in fme di si alto ar-
gomento; a petto al quale non è vergogna dichiararsi, senza finta mo-
destia, di grandissima lunga minori.
E sia lode alla verità, chi esser potrebbe mai quel temerario, che
ardisse credere di valer tanto, da potere accrescere con ambiziose pa-
role, o con esagerati concetti, dignità, fregio e splendore al nome solo
di Galileo?
Come la voce dell'eco, che ripercossa risponde; pronunziato ap-
pena quel nome, s'ode replicare da ogni parte Genio, invenzione, gran-
dezza.
O s'inalzino gli occhi al Pianeta, che ogni dì rinnova la luce alla
terra; o s'abbassino a quell'artificioso Istrumento, che segna le varietà
del calore e del gelo; o si tendano le orecchie al rimbombar della
squilla, che dall'alto delle pubbliche torri, all'oscillare di un pendo-
lo, annunzia l'ora che passa: o si riguardino quei tubi, che avvicinano
le disianze , o i cristalli che ingrandiscono i più impercettibili oggetti:
35
274
o si ponga mente in fine ai corpi che si movono, e a quei che "al-
leggiano; agli astri che brillano, e alle stelle che non risplendono; ai
Gravi che cadono, e alla Calamita che si arma; nel concorde loro lin-
guaggio tutti ci parlan di lui .
Si volge quindi il pensiero ai Filosofi, che lo precedettero; e non
si trova che tenebre, incertezza ed errori: si scende ai sommi, che lo
seguirono; e ci si mostra luce, metodo e verità: se non che risalendo
sino al Newton e ponendoli per un istante al confronto, apparisce,
che quando egli dava le teoriche a' suoi Britanni per avviarli nello
studio delle fisiche scienze; dietro la scorta di Galileo, ne avevano
gl'Italiani, da quasi un secolo, anticipata la pratica.
Così essendo, o Signori, e invialo dinanzi a ^oi nel giorno solenne,
in cui s'inalza il suo Simulacro (i): quale ufficio mi rimane, oltre le
grazie che la Città nostra vi rende; oltre i plausi, che Italia vi serba;
oltre l'approvazione, che a darvi apprestasi Europa?
Nessun altro certamente se non quello di ricondurre alla vostra
reminiscenza una parte delle tante maraviglie, sulle quali meditando,
nel raccoglimento e nel silenzio, si resta in forse talora, se così alto
spirito appartenga interamente alla umana natura.
Effigiava il gran Michelangelo, con sublime concetto, l'Eterno, che
in mezzo al Caos divide la luce dalle tenebre: ed io dovrei, sull'e-
sempio di tant' uomo, dipingervi Galileo, che di sua mano riunisce la
terra col cielo .
Ma sarò forse da tanto? E la luce vivissima, che da quel Simula-
cro si ditfonde, accrescerà splendore alle mie parole; o le assorbirà
ne' suoi raggi ?
Chi lingua mi darà, chi man pittorica,
sicch'io possa degnamente ai vostri occhi rappresentare il Genio, senza
impiccolirlo; e mostrar l'uomo, senza snaturarlo? Ora aggirandosi in
cielo fra i pianeti e le stelle per disvelarne i misteri; ora trattando
in terra di musica e di poesia, per eccitarne l'incremento, o per trat-
tenerne la corruzione: insegnando agli scienziati come interrogar la na-
tura per intenderla e spiegarla; e rivolgendo le menti della moltitudine
Al decente, al gentile, al raro, al bello,
(1) Questa statua del Galileo è il capo-lavoro del sìg. Emilio Demi, scultore
del merito che ognuno conosce .
Udo
fonti perenni d'imaginì e d'ispirazioni, nelle Arti, come di piaceri e
di affetti, nel consorzio della vita sociale.
Difllcile assunto, ma inevitabile, poiché questa è l'espettazione
comune: assunto, o Signori, che accettato con fiducia io non avrei; se
altri Voi foste da quello, che siete.
rs'è credo che m'inganni la vanità di mal concepite speranze, osella
difficoltà somma, che presenta un subietto in chi parla, maggiore in-
dulgenza si spera in chi ascolta: ma della vostra in quest'oggi io son
certo; perchè l'indulgenza non andò mai scompagnata dalla vera dot-
trina .
Questa nostra città diede la culla al grand' uomo. Da Firenze,
dove esercitava la mercatura, qui venne il padre suo, per cercar fortuna
mialiore. E siccome il mercadante là stabilisce il suo domicilio dove
trasporta i suoi traffici; pare che a giusto titolo si potrebbe il figlio
chiamar nostro; ma lunge da noi qualunque ombra di gare municipali.
Egli qui nacque, e ciò basta . Sicché dolce cosa in questa mattina
sarà il ricordare, che l'aura che respiriamo, e la luce che c'illumina,
fu l'aura che respirò la prima volta; e la luce fu che la prima volta
brillò ne^li occhi del fanciullo immortale.
!N'è delle circostanze, che accompagnarono la sua nascita terrò lungo
discorso: ma come passar potrei sotto silenzio, che nel giorno mede-
simo, in cui fra il cordoglio di quanti riempievano la città regina del
mondo, esalava l'ultimo fiato colui, che aveva scolpito il Mosè , inal-
zato il ^ alleano, e dipinto il Giudizio: nel medesimo giorno, e pres-
soché nella medesima ora, in Pisa vedeva il giorno quel fanciullo (2),
(-2) Il 17 febbraio 1364, e fu battezzato il 19.
Suo padre fu Viucenzo Galilei Mobile fiorentino, discendente da Michele Galì-
leij stato Priore nel 1431, e 1438. Xato nel 1520, sposò nel 1562 Giulia Ammannati
Nobile pistojese. Egli fu autore di quattro opere, il Fronimo: il Dialogo sulla musica
antica: il Canto de' Contrappunti a due voci: e il Discorso intorno alle Opere del Zar-
lino. Un uomo di questo sapere; e che sposò una zittella nobile, non può essere stato
a 44 anni Decurione (comandante di 10 uomini, o sia Sargente ) in una compagnia
di soldati, come alcuni vorrebbero, al nascere del gran Galileo.
Compari al Battesimo furono il Sig. Pompeo e Messere Averardo de' Medici : e
in quei tempi due personaggi di si cospicua Famiglia non poteano verisimilmente te-
nere al sacro fonte il figlio di un sargente.
In fine dell'Estratto battesimale, si dice ch'egli nacque in Chapella (parroc-
chia) di Sant'Andrea; e nuli' altro.
276
che dovea prestamente superarne la gloria! Ma ohimè! questa gloria
SI pura , immensa, perenne, da quanti sudori non doveva esser prece-
duta ; da quanti ostacoli accompagnata ; e da quanti giorni di dolore
susseguita! ... ma non circondiamo anticipatamente di nebbia lo splen-
dore della sua infanzia .
Nell'umile suo ricetto, all'agitar della culla per farne cessare i va-
giti, o per lusingare i suoi sonni, tutto era canti, suoni ed armonia. Pe-
rito il padre nei musici modi al di là di quanti si vantavano maestri
a quell'età; doveva il fanciullo, crescendo cogli anni , assuefar gli orec-
chi per tempo, a quant'era numero, proporzione e misura .
Narra il Viviani, che quando potè rivolgere gli occhi con rifles-
sione agli oggetti, che gli si paravano innanzi ; e le membra si presta-
rono a seguitare gì' impulsi della volontà, le sue prime esercitazioni fu-
rono strumenti e macchinette, che di sua mano fabbricava; e che di
giocondo trattenimento si facevano ai fanciulli compagni suoi: poiché,
imitava e poneva in modello non solo quanto vedeva di curioso; ma
quanto passavagli per la mente, o venivagli dai compagni richiesto.
Questo fu il primo segno, dato nell' infanzia, della sua naturale
inclinazione per la meccanica. Venne quindi la musica (3); poi la pro-
spettiva e il disegno: i quali studj tutti accompagnarono i princip] della
Due erano qui le Parrocchie di S. Andrea, come due erano quelle di San Lo-
renzo. Le due grandi di qua d'Arno, le due piccole di là, nel quartiere detto di Chin-
seca. Se il Galileo fosse nato in fortezza, e nella piccola Parrocchia, l'Estratto Battesi-
male avrebbe aggiunto di Chinseca, come vedesi nel libro stesso, di lettera C a carte 43:
« A' 23 Marzo, Portia di Cosimo. . .. nata in Chapella di S. Lorenzo in Chinseca p ; e
ciò per non confonderlo col S. Lorenzo di qua d'Arno .
Non avendolo aggiunto, è prova che nacque il Galileo nella parrocchia grande
di S. Andrea, ch'era il Quartiere dei Mei-canti.
Tornato Vincenzo a Firenze molestò per un Credito di drapperie vendute
( queste sono le parole ) Beinardetto de' Medici . Chi vende drapperie è mercante . Il
contratto, rogato da Ser Benedetto Bellavita, è de' 21 Ottobre 1565; ed esiste all'Ar-
chivio generale in Firenze. Il contratto è stato riscontrato, e dice che 3 pezze di drappi
erano state vendute da lui Vincenzo; sicché è terminata ogni questione.
Dopo l'esposizione di tali fatti, il far nascere Galileo in fortezza non solo è un'
illusione; ma la conseguenza ne sarebbe che Pisa non potrebbe dirsi sua patria; perchè
il luogo, dove nascono, non è mai patria ai figli de' soldati esteri, che vi stanno in
guarnigione.
(3) Imparò a suonare diversi istrumenti a corda .
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tanto nojosa e tanto necessaria grammatica; di quella grammatica, che
ha il privilegio di seminar le spine, per raccogliere i fiori .
Ma rivolgendo i dili sulle corde, o la matita sopra la carta, non
erano quelle arti, come spesso avviene, un soggetto di distrazione per
lui: ma gli servivano come di piacevole intermezzo ai duri e ostinati
esercizi della sintassi.
Da quelli peraltro liberandosi con facilità grandissima, lant' era la
prontezza dell'ingegno suo, diede al padre speranza d'avere in esso un
sollievo pel mantenimento della famiglia , che andava ogni giorno cre-
scendo. E conviene anzi credere che la fortuna non gli fosse in Pisa
propizia: poiché verso quel tempo lo troviamo tornato in Firenze.
Là il giovinetto Galileo, conosciuto avendo il gran colorista della
nostra Scuola, Lodovico Cardi da Cigoli, col quale poi strinse sì cara
amicizia, diedesi anco alla pittura; ne studiò con profondità le vaghez-
ze; sicché in età più matura , quando avevala da molto tempo abbando-
nata; i suoi giadizj erano reputati al paro e anche sopra quelli dei mae-
stri dell'arte: anzi i maestri stessi da lui sovente si conducevano, chie-
dendo il suo valevol giudizio sopra le opere loro: pregio, che nella Storia
delle Arti egli divide con pochi. E siccome dagli ingegni preclari nulla
a mezzo si fa: sapendo egli qual misera cosa sia un pittore, il quale altro
non conosce che i procedimenti dell'Arte sua, ne accompagnava lo studio
colla ricerca di quelle nozioni, che derivando dalla Storia e dalla Fa-
vola, convenientemente l'aiutavano nel cammino dell'umane lettere; in
cui (lasciati una volta i giusti ma troppo ripetuti lamenti di Ovidio)
posto il piede nelle Metamorfosi e nell' Eneide, non è più che un paese
d'incanti .
Or qui sorge una considerazione; la quale ci conduce a riflettere
quanto profonda fosse la sentenza degli antichi Nosce te ipsum, derivata
dalla somma diflìcoltà d'avere una piena e intera cognizione di se stessi .
Narra il Vivlani d'avere inteso dalla sua bocca sovente, che se a
quella età gli fosse stato permesso di scegliere uno stalo, eletto avrebbe
di farsi pittore. Ma la paterna volontà (spinta dal bisogno) destinandolo
alla medicina, salvò il mondo dal pericolo di restare ancor nelle tenebre,
dando all'Arte in compenso un mediocre pittore di più. Misero cambio;
se la Provvidenza non l'impediva. Ma, compiuto il corso delle umane
lettere; e posto il piede in Pisa, si trovò nella gran via, senza timor di
smarrirla.
278
Versato nell'esercizio di tant'Arli; e cogli orecchi assuefatti ai modi
del bello stile (di cui si grandi maestri, e ad un tempo si gelosi furono
i nostri maggiori) Galileo Galilei, compiuto l'anno diciottesimo dell'età
sua, giungeva in questa Università nel Novembre del i58i: èra memo-
rabile , e per i nemici della filosofia da segnarsi tra le nefaste .
E raro che un giovine di qualche speranza , o non venga racco-
mandato al patrocinio, o da se stesso non rivolgasi alla protezione e
alla familiarità di qualche Professore. Né di rado è avvenuto, che dal-
l'appressarsi di un giovine a questo, piuttosto che a quello, ne sia deri-
vata la sua buona, o mala sorte, negli anni avvenire .
Fortunato il Galileo; il quale appena qui giunto, cattivar si seppe
il favore dell'uomo, che in compagnia del Mercuriale formava l'onore
di questo Studio!
Era esso Jacopo Mazzoni da Cesena, stato l'amico di Torquato
Tasso (che allora da due anni languiva prigione); uno dei filosofi più
solenni di quell'età, fra i pochi, e forse il solo, che ciecamente non
credesse, o giurasse sull'autorità d'Aristotile.
Aveva egli sì prodigiosa memoria, che come avveniva con Ennio
Quirino Visconti (il quale ricordar qui mi piace, acciò riconduciate
il pensiero all'uomo che rappresentò la gloria italiana
In quella Gallia (4) d'ogni vanto altera )
interrogar non potevasi di cosa, ch'ei non sapesse, o che non indicasse
i fonti dove apprenderla.
Nei familiari consorzj ( che dalla cattedra non si sarà forse atten-
talo il Mazzoni) debbe avergli presto fatto comprendere, che ligio non
era come i suoi Colleghi alle Aristoteliche dottrine: e questo al gio-
vine bastò, perchè si rivolgesse di proposito ad esaminarle.
Ma qaal esser dovè la sua maraviglia, quando in esse rinvenne
tante incomprensibili oscurità! quando trovò falsi ed insussistenti tanti
assiomi da tutti creduti infallibili !
Colla forza del suo raziocinio, potè dunque concludere che le
scuole indicavano, e che i discepoli tenevano una falsa strada: che
n'era un'altra da trovarne, la quale conducesse allo scoprimento del
vero: che l'autorità doveva cedere al giudizio della ragione: e deter-
minò quindi contro agli assiomi di Aristotile, di porre ad esame Pla-
(4) Parini.
279
Ione. E fu questo il primo passo, per la scoperta d'un nuovo mondo
nelle sconosciute regioni della Sapienza. Considerata l'età sua, cfuesto
passo fu da gigante.
Voi sapete che Aristotile in quei tempi non era una Potenza, ma un
Idolo: che esaminarne i dogmi tenevasi per irriverenza; l'impugnarli sa-
crilegio: sicché quanto era maggiore il pericolo, tanto più debbe ammi-
rarsi l'ardimento del giovine, a cui dobbiamo che ora sia Verità quel
eh' è vero.
Preso in mano Platone, stabilì di proceder sempre nella novella via,
coirajuto d'una parola; e questa parola fu Esperienza. Ne tardò molto
ch'ebbe a farne luminosissima prova. Intendete tutti, ch'io parlo del-
l'oscillar d'una lampada che gli apparve nella Cattedrale di questa
città .
Poca favilla gran fiamma seconda,
cantò il sommo Poeta; e noti vi sono gli effetti che ne derivarono: sic-
ché può riguardarsi quell'atto, come il sassolino da cai fu rovesciato il
colosso, che da tanti e tanti anni aduggiava coU'ombra tutto l'umano
sapere .
Conduciamoci dunque per un istante, o Signori, a quella memorabile
età: e scorriamo insieme quest'Aule, che in breve si apriranno agli utili
vostri consessi .
Siamo all'anno i583. Porgete le orecchie al profluvio di vuote riso-
nanti parole che a vicenda si riversano da quattro cattedre di filosofìa.
Udite le false conseguenze, che si deducono da falsi principj .
Considerate i discepoli intenti ad udirle: i più valenti, subitamente
ad apprenderle: i più timidi a notarle; se non che uno solo, da un canto,
cogli occhi cogitabondi, ma colla fronte elevata, non fa verun segno di
accordo nel concerto comune.
Chi mai detto avesse a que' tronfi Archimandriti del Toscano Peri-
pato: Vedete voi, colaggiù, quel giovine non ancor quadrilustre, a cui
non degnate di rivolgere un guardo benigno? Quel giovine caccerà dal
mondo le larve della vostra falsa sapienza . Di voi non resterà pur l'om-
bra del nome. E in questo luogo medesimo, dove con tanto orgoglio in-
segnaste, tutto sarà divenuto per voi silenzio, dimenticanza, oscurità,
quando il suo Simulacro s'inalzerà maestoso, venerabile, solo; come
sorge la gran Piramide nel silenzio e nella vastità del deserto.
Questo é quello, che avviene oggi, alla vostra presenza, o Signori;
280
avviene fra i plausi della città iiilera , che vi vedete d'intorno; avviene
nel giorno memorabile , che apre il corso dei vostri dotti consessi : per
lo che nutro ferma speranza , che possa esser questo giorno e fors' anche
qualche mia parola una delle più care e soavi memorie nella vostra lunga,
felice ed onorata vecchiezza .
Trovato l'oscillar della Lampada, conveniva farne l'applicazione.
E poiché nel giovine si manifestavano due tendenze, una per vo-
lontà prepotente del padre, alla medicina; l'altra per insuperabile incli-
nazione della natura verso le fisiche Scienze: si mostrò la vastità di
quell'ingegno sovrumano, nell'applicazione della sua scoperta si all'una
come alle altre .
Coir eguali là delle vibrazioni d'un corpo, appeso a una corda che
oscilla, misurò la frequenza dei polsi degli ammalati: e sagacemente in-
ventò poscia quella semplice e regolar misura del tempo, per mezzo del-
l'oscillazione del pendolo, che segna le ore in tutta la terra.
E come se ciò poco fosse, sapete che di quella si valse in varie
esperienze e misure di tempi e di moti: che l'applicò alle osservazioni
celesti: e più direi, se il dire a Voi troppo su quanto si ampiamente
sapete, in me parer non potesse arroganza.
Era dunque dritto, che un monumento sorgesse al grand'uomo, nella
città stessa, dove oscillò quella Lampada; da cui partiva la luce, che
illuminò r Universo .
Tornato da Pisa, dopo il secondo suo anno, ricco di questa im-
mensa Scoperta , ma povero di beni, come è noto: chiese un posto di
grazia (5); e pur non l'ottenne? Cosi lo avvertivano gli avvenimenti,
che se ne^li scritti dei filosofi se ne lesae la sentenza, nei casi della
vita civile ricorre anco troppo sovente la prova, che non il merito,
ma la Fortuna è la signora del mondo .
Continuava intanto anche in Firenze, nei mesi dell'estate , ad ornar
sempre l'ingegno; mentre studiava la medicina per necessità. Ma tratto
però dalla veemenza della sua anima dove la natura il chiamava, rivol-
gevasi alle matematiche e ne facea, di nascosto al padre, il prediletto
suo studio. Lontano il buon Vincenzo dall' immaginare a quali sublimi
destini doveva inalzarsi il figliuolo, non con spiedi e lance come l'A-
riosto cantò, che cacciavalo il padre a svolgere i Testi e le Chiose;
(5) DI quelli, che i Francesi chiamano Bourses.
281
bensì colle avvertenze, i consigli e le preghiere spingevalo incessanle-
mente allo studio di quella scienza, che utile credea maggiormente
per lui .
Ma non si vince, come dicevano gli antichi, l'influsso della propria
stella. Fu pittore Cimabue, fu poeta l'Ariosto; a dispetto del padre.
Vedremo avvenir lo slesso al Filosofo nostro; e considereremo che le
contrarietà medesime, le quali s'incontrano nella scelta d'una scienza,
o di un' arte, giovano a farla amare, e a farla più tenacemente colti-
vare, di quel che fatto non si sarebbe senza opposizione veruna.
Frattanto parea, che tutto in lui cospirasse per formarne uno
de' più adorni e compiuti, e quindi dei più ricercati ed applauditi
seguaci di Ippocrate .
Favellava egregiamente; scrivea versi non ineleganti, ( il che suole
pressoché sempre andare innanzi alio scrivere con eleganza la prosa ) era
dotto nella latina, versato nella greca favella: e a questi ornamenti del-
l'ingegno si univano le doti della persona.
Di giusta statura, con fronte elevata, con occhi vivissimi, di aspetto
giocondo e giojale, libero nei moti, e facilissimo nelle maniere, cono-
sciuto appena, ispirava la più gran simpatia.
A tutto questo aggiungevasi un umore scherzoso, e spogliate le
sembianze di quell'accigliata severità, la qual molte volte rende odioso
perfino il sapere, sì che si ripeterebbe quello, che in altro senso scrivea
Giovenale:
. ... si cum magnìs virlutihus affers
Grande supevcilium ....
.... cum tota Cartilagine migra .
Con tali doti s'intenderà facilmente come da ogni grado di persone
fosse amato, ricercalo ed accolto. INIa questa non era che la scorza del
Filosofo nel sociale consorzio. A ben più alti concepimenti quella gran-
d'anima si rivolgeva in secreto.
Con un piccolo Euclide alla mano, facile a nascondersi, e tenuto
mezzo aperto, all'ombra di un gran volume di Galeno, che sopravve-
nendo improvvisamente il padre ricoprir di subito lo potesse; fece si
rapidi progressi da sé studiando la geometria, che Ostilio Ricci da
Fermo (il qual n'era al segreto, perchè spiegati glie ne avea gli ele-
menti ) dovè maravigliato con efficacissime ragioni persuadere a Vin-
cenzo di lasciarlo finalmente in libertà!
36
282
E come l'xii'iosto el l'ottenne. Sollevato allora da un gran peso, e
gettando Galeno alle Gemonie, con tale ardore si diede allo studio delle
matematiche ; che ( legata corrispondenza coi geometri più solenni del-
l'età sua, ricevendone lodi e incoraggimenti ) potè a venticinque anni,
cosa straordinaria in quei tempi, esserne eletto Professore in questa
Università.
Se lieto allora ei ne fosse, lietissimo il padre, glorioso il Mazzoni; e
se plauso facessero gli ammiratori e gli amici non è da dirsi: ma saranno
brevi i suoi vanti, e il magistero più breve.
Le condizioni dello stato sociale in quei tempi si possono più fa-
cilmente compiangere, di quello che comprendere agevolmente si pos-
sano da chi gode il frutto della giustizia e della moderazione dei
presenti.
E che valse al grand' uomo di cominciare le sue esperienze dalla ca-
duta dei gravi , da cui venne la creazione della scienza del moto? Che gli
valse, quando le ripetè dall'alto del campanile di questa cattedrale che
Professori e Filosofi, e per testimonianza del Viviani, la Scolaresca tutta
in gran folla concorresse ad ammirarlo a ad applaudirlo?
Non era scorso peranco un triennio, che dovè chieder commiato, e
partire. Qual ne fu la cagione? L'invidia. Né su di essa occorrerà far
per ora parole, come di cosa, che in tutti gli scritti si aborre; in tutti i
discorsi si accusa; e pressoché in tutte le azioni si rinnova.
La verità detta con aperto animo a chi gliela richiese, sul mal
uso d'una macchina inventata da Don Giovanni de' Medici fratello na-
turale del Granduca, gli trasse l'odio di quel potente. Gli emuli ne
profittarono; non mancarono le adulazioni; s'inventarono le calunnie;
si suscitarono le ire: e alla vendetta della ignoranza fu sacrificato il
Filosofo .
E vero ch'alia prova della macchina, più grandi comparvero gli
orecchi di Mida: ma che prò? La gioventù Toscana perdette per di-
ciotto anni, cioè per quattro generazioni di scienza, tutta quella istru-
zione, che in altri lidi ricevettero dalle sue labbra più fortunati di-
scepoli .
La Repubblica di Venezia, che malgrado dei vizj inerenti alla na-
tura della sua Costituzione, l'Alfieri chiamò:
Del senno uman la più lojigeva Jì glieli
con maggiore stipendio di quello, che godeva in Pisa, lo condusse a
285
Lettore di maternatiche nella Padovana Università. Gli amici partir lo
videro con dolore; gli ammiratori con rammarico: i Colleghi con gioja:
il Governo con indifferenza .
Ospiti Illustri, e qui uniti sotto gli auspicj generosi di un illu-
minato Sovrano; Voi sapete quello che Tacito impone agli Scrittori
dei Principi viventi. Voi chiamo dunque in testimonio, che non mac-
chio di adulazione il mio discorso, se a sua grandissima lode alta-
mente dichiaro che sotto il regno di Leopoldo II, il Galileo non sarebbe
partito.
E questo è il luogo di scendere a parlare d'uno Scritto, che la
sua gran fama, nel terminar dello scorso secolo trasse in luce dalla di-
menticanza, in cui meglio era che rimanesse sepolto. Intendo delle
Considerazioni sulla Gerusalemme Liberata del Tasso.
Esse, quali sono, mostrano acutezza, critica e dottrina, ma sono
ugualmente il più delle volte ingiuste, spesso animose , talvolta in-
solenti .
Molto a lungo su tal materia potrebbe discorrersi: ma non è que-
sta né la circostanza, né l'aspettazione, né il tempo: sicché, riducendo
in breve quello che a dirsi è necessario, comincerò dall' impugnare
quanto il Monti ne scrisse, riferendole agli ultimi suoi anni . Troppo
importa il lavarlo da una macchia, che gravissima sarebbe, se non lo
scusasse la gioventù. Furono scritte nel 1690, e quando il Tasso era
libero (6).
Ciò premesso, in primo luogo dirò, che fatte furono per suo uso
proprio e particolare; non destinate alla stampa: e ciascuno intende
che non può ad uno scrittore intentarsi pubblico processo de' suoi pri-
vati pensieri.
In secondo luogo, troviamo, che quando nel iG4o, con più ma-
turo giudizio, egli scrisse dell'Orlando e della Gerusalemme al Rinuc-
cini, si mostra tanto savio critico e ragionatore assennato; quanto è
passionato e sprezzante nelle Considerazioni .
Farò in terzo luogo riflettere che, innegabile essendo aver già co-
minciato nel 1690 la cattiva scuola del Marini: egli tentava inculcando
lo studio del purgato stile dell'Ariosto di allontanare, o ritardare al-
meno la irruzione del falso gusto, che minacciava l'Italia.
(6) Veggasi Proposta, T. I, pag. xxxi, e Venturi, T. I, pag. 9.
284
Restano le animose frasi , e gli insolenti sarcasmi contro il gran-
d' Epico; quello, che superò Virgilio ed Omero nell'ordine; che li emulò
nei caratteri; ed a cui fu dato, sopra a tutti i poeti del mondo, di
riunire in Clorinda quanto gli uomini han più di soave, tremendo, ed
arcano, l'Amore, la Religione, e la Morte.
E da questo ancora difendere il Galileo si potrebbe, risalendo all'o-
rigine vera. Essa fu il dispetto e lo sdegno, pel disprezzo dal Tasso mo-
strato verso i Poeti (7) Toscani, in una stanza poco nota, e che savia-
mente poi tolse dalla Gerusalemme. Non per questo assolvere lo voglio:
e concedo di buon animo ch'egli pagasse in quelle Considerazioni un tri-
buto all'umana natura .
Verso la fine del i5<j3, riverito giungeva ed acclamato alla nuova
sua cattedra .
Rapidamente, (perchè i più felici della sua vita) per lui passa-
rono gli anni, nei quali a Padova si trattenne, insegnando, facendo
esperienze, scrivendo. I Trattati di Fortificazione dettati a richiesta
della Veneta Repubblica; indi quelli di Meccanica, di Gnomonica e di
Sfera, non furono che preludj.
Ben altro ritrovato fu quello, dell' Istrumento, con cui distinguere
e indicare i più piccoli gradi delle mutazioni di caldo e di freddo; e del-
l'invenzione del Compasso Geometrico; e quello d'armare la Calamita:
ma non basta. Occhio più acuto della lince, e ingegno più che umano si
richiedea quando nel 160 f\, all'apparire di nuova stella, nella Costella-
zione del Serpentario, la mostrò fuori della regione elementare (contro
l'Aristotelica dottrina ) e molto al di là dei Pianeti (8). Queste utili,
mirabili, e imprevedute scoperte accrescevano ogni giorno più verso di
lui la slima, la venerazione, il rispetto.
I Principi della Veneta Repubblica non solo, ma molti e molti fra
gli stranieri, si conducevano ad udirlo; e presi mostravansi da straordi-
nario incauto, allorché disceso dalla maestà della cattedra, dove per-
(7) È la Stanza, che comincia : E ciò sarà ne' secoli maligni, che può vedersi
fra le rifiutate del Canto XV.
(8) Viviani. Sì noti che non intendo di render conto di quanto fece il Galileo
rispetto alle Scienze, che coltivò: molto meno di farne un Elogio: ma di accennare le
principali scoperte, ugualmente che i fatti più memorabili della sua vita, e quelli spe-
cialmente più adattati alla circostanza .
285
messo non era che il linguaggio trionfale dei Latini, s'interteneva co' suoi
discepoli nella canora lingua dell'Arno.
Ed in questa, colla occasione di esporre i proprj pensamenti in giu-
ste, chiare, precise, e ben accomodate parole, si aprì la via per creare
il vero linguaggio della scienza; linguaggio, che usato ed accresciuto
da' suoi famosi discepoli, serve anch'oggi di modello per le varie tratta-
zioni dei dotti .
E in ciò gli furono sommamente d'ajato gli stud] letterarj, che tanto
facilmente si trascurano da chi alle lettere per professione non si dedica;
ma che tanto giovarono e giovano sempre anche alle scienze più gravi,
come non pochi tra ^ oi ne han dato in Italia l'esempio.
Né parlerò della censura e dell'insolenza del Capra, che a sé volea
trasferire l'invenzione del Compasso Geometrico: essendone rimasto
l'impostore colla vergogna e le beffe.
E vero che dolente se ne mostrò da prima il grand' uomo; e che ne
versò nelle carte il rammarico: ma dovè poi riflettere che questa è la
crudele ma necessaria condizione, a cui debbano assoggettarsi le grandi
aniuie: d'esser cioò tutte fuoco, per esalar le fiamme negli scritti; e mo-
strarsi di gelo alle insolenze, ed ai pomposi sofismi dei tristi , Fortunati
quegli uomini, che han la forza di modificar la loro natura!
Tante mirabili scoperte, tante osservazioni, tanti studj avevano già
di che dar nome ad una schiera di matematici, non che ad uno solo; al-
lorché s'intese da un capo all'altro d'Europa, annunziare la scoperta
più stupenda, come anche la più incredibile. Ed eccone, in parole bre-
vissime, il modo.
Udì per caso il Galileo, che da un Olandese, riuniti insieme due
vetri, guardando ad essi per traverso, si eran vedute ravvicinare le di-
stanze. Com'è solito degli spiriti eminenti, d'indagar le naturali cagioni
di effetti straordinarj , medita la notte su quella notizia; nel giorno di
poi compone l'istrumenlo: nei cinque seguenti lo perfeziona; e nel set-
timo lo arreca trionfante in ^ enezia.
Ed in vero qual città riguardarsi potea come più degna di offrire ai
cristalli (che forzavano gli oggetti ad avvicinarsi) le sue lontane e
disparate maraviglie? Dall'alto del campanile di S. Marco (al mover
del magico tubo, che or di qua, or di là s'aggirava) e i Marmorei
Murazzi opera degna di Roma; e il Lido colle navi prossime a posarsi,
o pronte a far vela; e l'incresparsi della marina, e il Sol che tremo-
286
landò vi brilla; e le sparse isolette d'intorno e le barche sempre in i
molo che loi* fanno corona; con ammirazione tutta nuova e sempre r
crescente, venivano a posarsi nell'orbita del doppio cristallo: finché,
volgendolo più da vicino, vi trionfavano i portenti della Italica Ar-
chitettura, che nella bella Vinegia vince si spesso la Greca.
Stupivano e dotti ed indotti, e Senatori e Cittadini: e plaudiva |
la moltitudine, che al suo discendere dalla sacra torre, lo riguardava
poco meno, che una Divinità.
Ma che sono le maraviglie della terra, di contro a quelle del eie- ,
lo? Volge il suo strumento alla Luna? e la riconosce di superficie in- '
eguale, piena di prominenze, come di cavità, a somiglianza della terra.
Scorre la via lattea, e le nebulose? e le scopre una congerie di stelle
fisse. Altre innumerabili ne discerne incognite e sparse per l'immenso
azzurro del cielo: Saturno gli appar tricorporeo. Venere falcata; finché
arrestandosi all'Astro, dove l'Alighieri pose quei beati spiriti, che
giù, prima
Che salissero al del far di gran voce.
Sì di ogni Musa ne sarebbe opima :
«l'osservò corteggiato da quattro stelle, che gli si aggiravano (9) in-
cc torno, per orbi determinati e distinti m; stelle, che dimenticando,
come fan le grandi anime, l'ingiuria ricevuta nella sua ritirata da Pisa,
chiamò con eterna fama Pianeti Medicei.
Scossa l'Europa intera all'annunzio di tante novità; chi da primo
v'ebbe ripugnanza; chi restò nell'incertezza; chi cauto apparse a con- m
tradirle con iscritture private; chi temerario insorse con pubbliche; ^M
chiamando sogni, delirj e vanità, quanto poi credere dovettero senza ^H
restrizione, confusi, e spinti dalla forza di ripetute esperienze.
Ma perchè l'ostinazione sormonta spesse volte anco l'evidenza più
manifesta; non mancò taluno, che per negar l'esistenza di quello che
gli altri vedevano, ricusò di guardare. A questo tempo appartiene l'in-
venzione anco del Microscopio.
Dato a quelle stelle il nome di Medicee; e dedicato a Cosimo II
il Nunzio Sidereo, che ne descrivea la scoperta ed i movimenti; ragion
voleva che si cercasse di riparare all'antico fallo; e si richiamasse in
Toscana il grand' uomo. Glie ne fu dunque inviata l'offerta.
(9) Viviani.
287
Da ornai diclolto anni riguardalo egli era come l'onore della Pa-
dovana Università, come decoro delle Scienze, come cittadino della
Veneta Repubblica, che lo teneva per figlio.
Ma, l'aura che si è respirata nella nostra infanzia: gli oggetti che
per la prima volta si offersero ai nostri occhi; i suoni che primi feri-
rono i nostri orecchi, ritornandoci di tempo in tempo a memoria,
talmente il cuore n'accendono di affetto perla terra natale, che presi
ci sentiamo e trascinali da irresistibile incanto. Stabili dunque d'ac-
cettarne l'offerta, e consapevoli ne fece gli amici.
Invano vin uomo savissimo, del quale nei primi suoi anni era stato
precettore, Francesco Sagredo patrizio, cercò distoglierlo, essendo, gli
scrivea, le cose niLos>e incerte e dubbiose: aggiungendogli nell'effusione
del cuore, che nel mar tempestoso, ch'egli andava a percorrere, nes-
suno ce polca promettersi di non essere dai furiosi venti dell' emulazio-
« ne, travagliato almeno se non sommerso (io) w. Parole sventurata-
mente profetiche; ma come quelle della finta Cassandra, per fatalità
non credute.
Ed ahi! quante volte il Filosofo dovè poi ridursele a mente; e
sull'Arno invidiare la Brenta; e nella solitudine di Arcetri rammentar
l'attenzione dei discepoli, e la frequenza della moltitudine, e l'ambi-
zione dei Principi stessi, che viaggiando in Europa, non dimentica van
mai di scendere a Padova, per istringere quella mano, la quale avea
fabbricato gli strumenti, che rivelavano i segreti del cielo (n).
Altamente della sua partenza e si adontarono e si dolsero i Vene-
ziani: che tre sentimenti diversi di cordoglio si riunivano in loro: l'a-
marezza d'essere abbandonali: il dispetto d'esser posposti: la certezza,
o il timore almeno, che avrebbe in patria incontrato la sorte di Dante,
o di Michelangelo: di INIichelangelo, io dico, il cai mirabil Davidde, ap-
pena scoperto, e biasimalo dagl'invidiosi, fu fatto segno ai sassi della
moltitudine folle ed ignara: obbrobrio poco noto, ma non però meno
vero (12).
Larghe furono le condizioni, colle quali fu richiamalo in Firenze
(10) Nelli, pag. 266.
(11) Nelli, e Viviani.
(12) Si trova la narrazione di questo fatto al Voi. VI, anno 1504, delle Storie
Fiorentine di 3Iarco Parenti MSS, nella Magliabecliiana .
2S8
il gran Filosofo: molte le accoglienze, precedute dal donativi: che il
Granduca Cosimo II era d'indole benigna, e lo riveriva ed amava.
E nell'afFetto e nella stima concorreva Curzio Picchena, che reg-
geva i pubblici affari, uomo di Stato e di Lettere, non geloso della sua
gloria: e la Barbara degli Albizzi, che colla avvenenza della persona e
colle grazie, compensava la mediocrità del poetico ingegno: e il Cieco
Strozzi elegante e puro scrittore: e il Rinuccini valentissimo nella Lirica
drammatica; i quali tutti fecero a gara per accarezzarlo ed applaudirlo.
Parvero dunque in Firenze riaperti al suo giungere i giardini di
Academo. Nuovo Platone ei presedeva ai banchetti; e alle giovani donne
insegnava come adornare lo spirito: agli studiosi di filosofia come cercar
la verità coli' esame: ai pittori, come dirigere la composizione e armo-
nizzare il colorito: ai poeti ripeteva che lo stile è arte, né vi ha poesia
senza stile: agli oratori che vana è la facondia, senza la chiarezza e la
forza: ai musici, che le note accompagnar debbono e non dirigere l'e-
spressione della parola: mentre avvolte nelle paterne melodie godeva di
udire da' suoi discepoli le grandi scene della Divina Commedia: sicché ac-
compagnate dalla musica, più grandi e maestose apparivano e l'efferata
disperazione di Ugolino, la profonda querimonia di Pier delle Vigne, e
il melanconico e direi quasi soave dolor di Francesca (i3).
Tacquero almeno per poco, e per poco dal macchinar si ristettero
gli emuli suoi: lasciarono che, preceduto da molta fama nel seguente
anno a Roma si conducesse; che con molto favore vi dimostrasse le sue
scoperte; che i più increduli si ricredessero; che con onori grandissimi
ricevuto fosse tra i Lincei: e per maggior trionfo, che il Cardinal Bar-
berini scrivesse versi latini in sua lode (i4)' Ma tutto ciò che gli valse?
Gli antichi, che avvolsero le morali verità nelle vesti della Favola, ben
avrebbero potuto attribuire i cento occhi di Argo all'Invidia. Essa ve-
glia sempre, né si addormenta giammai.
Non fu appena tornato a Firenze, dove fece pubblico il suo Di-
scorso, ce intorno alle cose, che stanno sull'acqua, o che in quella si mo-
cc vono>i; che già era preparata la guerra: le armi apprestate e scelti i
capitani; e ( poiché la guerra era a parole ) pronta la moltitudine ad ac-
correre e schiamazzare, come gli augelli notturni all'annunziarsi del Sole .
(13) Vincenzo avea posti que' luoghi in musica.
(14) Trovansi nell'edizione di Bologna, e nel Venturi, T. II, pag. 81.
289
Primo fu col suo libercolo un Corresio greco : a lui succedette un
lungo discorso apologetico d'un Lodovico delle Colombe: e al delle Co-
lombe venner dietro non meno nojose considerazioni d'un Vincenzo di
Grazia .
Delle Colombe ! Vincenzo di Grazia ! Corresio! Trovasi alcuno tra
Voi che abbia studiato i loro scritti? che abbia in memoria uno solo dei
loro argomenti? anzi che si sovvenga pur, dove stampati furono la prima
volta i nojosi ed insolenti lor libriciattoli? Ebbene, erano essi gli osti-
nati persecutori del grand' uomo . Misera condizione degli spiriti emi-
nenti ! Cotesti sciagurati eran pure uditi, applauditi e protetti! E prova
ne sia, che un più sciagurato di loro, detto per ischerno Pippione,
dettate avendo le sue stoltezze in latino , furono immantinente non so,
se con istoltezza o iniquità maggiore, tradotte in italiano: e da chi? da
un tal Monsignor d'Elei, Provveditore indegno di questa Università. E
come se piccola fosse stata tanta vergogna, ei ne offrì la dedica alla Gran-
duchessa Maddalena, che l'accettò .
Questo dovea mostrare al Galileo quale avvenire gli sovrastava ; ma
sventuratamente era tardi .
Rispose alle opposizioni il Padre Castelli, stato già suo discepolo:
vi aggiunse il Filosofo le sue postille: le ragioni erano evidenti: la ve-
rità trionfante; ma che valse ella mai, contro gli od], la rabbia e la
malignità?
Or contro gli od] e la malignità; contro l'ira, che deriva, o derivar
può molte volte da falsi supposti, e da mal riferiti giudizj ; con ragio-
ne, dai Savj dell'Alemagna istituite furono queste annuali Scientifiche
Radunanze; di cui date oggi, o Signori, nella città nostra per la prima
volta l'esempio. Così gli uomini fra loro avvicinandosi, e la mano strin-
gendosi, e perdonandosi scambievolmente i difetti , pur troppo inerenti
all'umana natura, sembra che ( posando il piede nella terra eletta all'a-
raichevol consorzio ) seco portino la condizione di tributare la stima
debita all'opere, dove i pregi superano i difetti; e rendere alta e generosa
giustizia, dovunque apparisca il sapere ed il merito.
Abbastanza l' Italia grandi e moltiplici esempj ebbe ornai del con-
trario ! Le indagini, le ricerche, le osservazioni, gli utili ritrovati, e
quanto in una parola forma lo scopo delle scienze tutte, da qui avanti ot-
tener dovrà quella dovuta porzione di lode; che la malevolenza bastò
per contrastar tante volte!
37
290
Quanto minor numero di letterarie ingiustizie nella storia si legge-
rebbe, se più antico principio avesse avuto questa benefica istituzione!
Quanti meno dolori avrebbero ricevuto le anime troppo delicate, offese
da ingiuste ed aspre censure; non sapendo, come un vecchio soldato,
sostener animosi nelle guance il ribrezzo della bufera.
E poiché ( come Tullio insegnava, e il Galileo dava l'esempio ) le
Arti, le Scienze e le Lettere hanno un tal qual vincolo di cognazione fra
loro; non si sarebbero in Italia vedute le scandalose dicerìe del Castel-
vetro e del Caro: il Mecenate dell'Ariosto, temendo un pronto e severo
giudizio, attentato non si sarebbe di balestrare quel turpissimo scherno :
gì' Infarinati e gl'Inferrigni avrebbero assai riflettuto, innanzi di chiamar
la Gerusalemme un dormentorio di frati: il Bettinelli ver^oanato si sa-
rebbe di scrivere le Virgiliane, il Mollo la parodìa dell'Alfieri : e taccio
di altre ingiustizie a noi più prossime, per risalire al delle Colombe, al
Corresio e al di Grazia, che in mezzo di Voi, non che insorgere contro
un Galileo, non avrebbero osato d'alzar le palpebre.
Così non avveniva in quei tempi infelici: e dietro ad essi, si accre-
sceva ogni giorno il numero de' suoi nemici e contradittori . Vennero
quindi in campo e un Pomorance professore di filosofia, e un Paparoni
di fisica, nomi dimenticati, disprezzati, sepolti: veri Lilliputti attorno
ai pie d'un gigante. L'iniquità solo dei tempi obbligar poteva il grand'uo-
mo a udire le loro ciance, e condannarlo a ribatterle.
Ma perchè dovesse prostrar l'animo a queste ree controversie; non
tralasciava di cercar sempre, e di ottenere nuovi resultati dalle antiche
scoperte, come d'indagarne delle nuove.
Trovò dunque verso questo tempo, che delle macchie apparivano
nel Sole, e ne scrisse: inventò poscia un nuovo Occhiale per la naviga-
zione: come per essa, investigato avendo varj accidenti nei Pianetini di
Giove, si propose di applicarli a determinare le Longitudini : scoperta
immensa ed inapprezzabile: le cui Tavole continuate non poterono da
lui condursi a termine; ma, coH'ajuto di chi venne di poi, servirono fino
allo scorso secolo di norma e d'ajuto ai navigatori .
Le censure però sulle Galleggianti, e altri che susseguirono sulle
macchie Solari, non eran che i primi principj della guerra, la quale a
morte omai dichiarala gli avevano i suoi crudeli nemici .
Udendo essi come disputava sovente sul Sistema Copernicano; sa-
pendo che fino da Padova ne aveva scritto al Keplero e al Mazzoni;
l
29i
fidati nel senso letterale delle sacre Scritture, pensarono d'aver trovato
la via di ruinarlo ; né s'ingannarono .
Cominciò il Padre Caccini,che dal sacro pergamo ( da cui non debbe
annunziarsi che la divina parola ) osò designarlo con insolenza. Il Galileo
n'ebbe scuse dal Generale dell'Ordine (i5): né d'altro si parlò per allora.
Ma quando egli scrisse una Lettera al Padre Castelli, e due quindi a
Monsignor Dini sul Sistema Copernicano (16); e quando poi fece pubblica
l'altra famosa a Madama Cristina: lacerandola e dilaniandola i suoi ne-
mici, egli credè bene di sottoporre le sue dottrine alla Censura Roma-
na (17), che per mezzo del Cardinal Bellarmino gli fece rispondere, e
n'ebbe carta da lui sottoscritta, che la Dottrina Copernicana non polca
ne tenersi, tic difendersi . Ciò avveniva ai tempi di Paolo V.
Voi, tutto questo sapete: come sapete ugualmente, che nel \Gif\
passando il Cardinale HohenzoUer di Firenze (18), gli fece intendere che
il Cardinal Barberini, « assunto alla tiara sotto il nome di Urbano Vili,
(15) Il Padre Maraffi, Generale dei Domenicani, scrisse al Galileo ne' 10 Gen-
najo 1615: « Dello scandolo seguito ho inteso infinito disgusto, e tanto più che l'au-
€ tore n'è slato un frate della mia religione; perchè, per mia disgrazia, sto a parte
€ di tutte le bestialità che posson fare e che fanno trenta o quaranta mila frati. An-
« Cora che io sapessi la qualità dell'uomo attissimo a essere smosso, e le condizioni di
« chi l'ha forse persuaso, ad ogni modo non avrei creduto tanta pazzia » ec. Venturi,
T. I. pag. 219.
(16) Monsignor Ciampoli cosi scriveva al Galileo, nei 28 Febbrajo 1613: «Il
« Cardinal Barberini (poi Urbano Vili) il quale, com'ella sa per esperienza ha sempre
€ ammirato il suo valore, mi diceva jerisera che stimerebbe in queste opinioni maggior
€ cautela il non uscire dalle ragioni di Tolomeo, o del Copernico, o finalmente che non
e eccedessero i limiti fisici, o matematici » ec.
E Monsignor Din! gli rispose; a II Signor Cardinal Bellarmino mi disse sponla-
€ neamente queste parole: Delle cose del Signor Galileo non sento che se ne parli più:
« e s'egli seguiterà a farlo come malemaUco , spero non gli sarà dato fastidio ....
ib. pag. 220-21.
(17) Veggasi per tutta la storia di questi avvenimenti preliminari il Venturi
T. I. pag. 257 e segg. , premettendo per altro ( ib. pag. 220 ) che il Ciampoli scrisse
al Galileo ne' 21 Marzo , anno stesso : a Sono stato questa mattina con Monsignor Dini
€ dal Sig. Cardinale del Monte, il quale la stima singolarmente e le mostra affetto
« straordinario. S. S. Illustrissima diceva di averne tenuto lungo ragionamento col Si-
« gnor Cardinal Bellarmino, e ci concludeva, che quando ella tratterà del Sistema
« Copernicano , e delle sue dimostrazioni ( senza entrare nelle Scritture . . . . ) non ci
« dovià essere contrarietà veruna » ec.
(18) Venturi, T. II, p. 178.
292
c< grandissima venerazione portava alla memoria di Niccolò Copernico»:
e gli aggiunse, avere lo stesso Pontefice ( cosa confermatagli poi dal P.
Castelli (19) ) pronunziato circa la condanna dell'opinione Copernicana
queste solenni parole : «Non fu mai nostra intenzione: e se fosse toccato
ce a noi, non si sarebbe fatto quel Decreto ».
Affidatosi a tali notizie, il Galileo prese a scrivere i Dialoghi celebri
sul sistema del mondo, che prima riveduti e approvati; e quindi condan-
nati e proscritti lo involsero in un mar di sventure ,
Le minute particolarità di quella controversia dolorosa sono più
proprie del Biografo (20), che dell'Oratore: ma fermandomi sui resultati,
mi basterà di stabilire due grandi verità; per le quali soffrite che invochi
tutta la vostra attenzione .
La prima si è, che ( quantunque il Galileo persuaso fosse della verità
del Sistema Copernicano) considerando l'infelicità de' tempi suoi nell'u-
niversale ignoranza; non avendo in mano la forza per costringere le
menti, ma sperando che i progressi delle nozioni astronomiche avrebbero
mostrato la fallacia delle opinioni di Tolomeo; riflettendo in fine, che
non trattavasi d'una dottrina, da cui derivasse un grande assioma di
morale, né da cui dipendesse il ben essere degli uomini : savio com'era,
non prese mai a sostenere e difendere la Dottrina Copernicana come
tesi, ma ne trattò come ipotesi sempre. E questo è un fatto impugna-
bile, perchè si prova non già con deduzione di argomenti lontani, o in-
certi ; ma coli' espressione chiara e semplice delle sue stesse parole .
E queste furono, ( nella Prefazione dei Dialoghi ) che intende di
procedere in pura ipotesi matematica : e nella Lettera, ch'egli scrisse al
Maestro del Sacro Palazzo; quando sottopose il suo MS. alla Romana
censura « d'esser pronto a nominar quei pensieri col titolo di chimere,
et sogni, paralogismi, e vane fantasie: rimettendo e sottoponendo tutto
ce all'assoluta sapienza e certa dottrina delle scienze superiori » (21)-
Dopo la qual dichiarazione, altamente proclamata innanzi la pub-
blicazione dei Dialoghi, e che fu l'ultima, prima della sua chiamata in
Roma; nessuno, che abbia sano intelletto, potrà mai asserire, e mollo più
(19) Venturi, Tom. II, pag. 115.
(20) Se avrò tempo e vita mi propongo di scrivere un Saggio sulla Vita civile
di Galileo. Per ora mi limito a rimettere i miei lettori ai Documenti pubblicati dal
Venturi, T. II, pag. 110 a 200.
(21) Venturi, T. II, pag. 115.
295
accagionare potrà la bell'anima, e l'ingenuo carattere del Galileo, d'es-
sersi disdetto; molto meno d'avere abiurato: perchè uno disdiisi non
può di quello che non ha mai detto, né abiurare una dottrina, che non
ha mai sostenuta . Sì lascino dunque queste frasi al volgo indotto; o alla
gran moltitudine dei dotti volgari; che le storie non leggon col senno,
ma ne sfiorano cogli occhi la superficie . Quando fu chiamato in Roma
dinanzi al Tribunale Ecclesiastico ( a render conto più dell'intenzio-
ne (22), che del senso letterale de' Dialoghi ) ripetendo egli che inten-
deva di essere, e voler continuare ad esser cattolico (20); non diede che
una più esplicita conferma di quanto aveva protestato, e protestava ; di
non aver cioè mai « asserito vero il Sistema Copernicano, ma d'averne
« sol disputato 33.
L'altra verità, non meno importante, si è, che i Dialoghi furono il
pretesto, non la causa delle sue sventure. La causa segreta fu un'atroce
calunnia, falsamente appostagli, e creduta vera. Sicché non al Sistema
Copernicano, ma alla perfidia de' suoi nemici si debbe imputar quanto
avvenne .
La querela non insorse tra il Filosofo e la Chiesa, che non ha mai
condannato il Sistema Copernicano , ( perchè l' Inquisizione non è la
Chiesa, né i suoi decreti son dogmi) ma tra il Galileo calunniato e l'uomo
potentissimo, a cui si fece credere d'essere stato offeso; d'esserlo stato
indegnamente, con ingratitudine (perchè Urbano Vili lo avea beneficato,
e scritto in sua lode ): d'esserlo stato nel più vivo dell'animo, col dispre-
(22) Ecco le parole originali del Decreto : a Cura vero nobis videretur , non esse
€ a te integram veritatem pronunciatam circa tuam intentionem. . . . d
(23) Prosegue il Decreto: « Judicavimus necesse esse venire ad examen rigoro-
« sum tui . . . . in quo respondisti Catholice » .
E il Bonamici nella sua Relazione, clie il Venturi riporta ( T. II, pag. 178 )
scrive a Hanno fatto andare il Galileo nella Congregazione del S. Ufizio, ed abjurare
« formalmente l'opinione di Copernico, ancorché egli non ne avesse bisogno; poiché
0 non l'asseriva, ma disputava . Vedendosi il Galileo astringere a quello , che non avria
a mai creduto .... supplicò i Cardinali .... che eccettuassero due punti , e poi faces-
a sero dirgli quanto volevano. L'uno, che non facessero dirgli di non esser cattolico,
« perché era e voleva esser tale a dispetto di tutto il mondo; l'altro, che non poteva
« dire di avere ingannato nessuno, e specialmente nella pubblicazione del suo libro, il
« quale aveva sottoposto alle censure ecclesiastiche, e conforme all' approvazione, fattolo
« stampare » ec.
294
glo e lo scherno, designandolo nei Dialoghi sotto il personaggio di Sim-
plicio (24).
Le calunnie , anche trionfantemente ribattute , lascian sempre la
margine della ferita: ma quando ribatter non si possono, che con una
semplice denegazione ( per lo più non creduta ) mantengono la ferita
sanguinosa e palpitante sino alla morte (^5) .
Ciò posto, e considerate le umane condizioni a quell'età, si com-
prende come insorger doveva contro di lui cosi furiosa tempesta . Si
cercarono i modi tutti per convincerlo di disubbidienza: si presero i
Dialoghi come fondamento d'accusa: si scrutarono a fondo sino a' più
intimi nascondigli delle sue segrete intenzioni (26): e in quel conflitto,
poco mancò che il fulmine ('27), che gli ondeggiò minaccioso sul capo,
non piombasse a colpire quella venerabile fronte canuta.
Ed era pur quella fronte, su cui l'Eterna Sapienza imposto aveva
la sua mano, e detto: %a nel mondo, ed insegna.
E il Newton, e l'Eulero e l'Eugenio (per non parlar dei minori)
sino al La Place, ed al Lagrange nostro, fanno luminosa testimonianza
di come aveva insegnato.
Salvo appena dal furore di tanta procella; senza appoggio, e senza
difesa; impostogli eterno silenzio; chiuse le labbra, e obbedì.
(24) Il fatto di questa calunnia è tanto vero, che il Padre Castelli cosi scriveva
al Galileo, il 22 Dicembre 1635; ... « Ho cominciato a sincerare il Sig. Cardinale An-
« ionio ( e ha mostrato d'averlo avuto caro ) che la calunnia data a VS. ch'ella nei
a suoi Dialoghi abbia per Simplicio voluto intendere quella Persona, eh' è degna del
« sommo onore, ho dico sincerata S. E. in modo, com'è la verità, che questa calunnia
a è falsissima: ec. » Venturi, T. II, pag. 191.
(25)11 Papa, sventuratamente pel Galileo, credè vera la calunnia. Si vegga su questo
particolare quanto scrive il Venturi a p. 146 in nota, e a p. 193 e 195 del Tomo II. Una
lettera poi della più grande importanza trovasi a carte 191, del 12 Luglio 1636, del
Padre Castelli al Galileo, dove gli dice: a Io son sicuro che VS. leggerà questa mia con
« franchezza d'animo, colla quale si è sempre governata ne' suoi travagli. Però le fo sa-
a pere, come, dopo aver piìi volte . . . sincerato il Cardinal Barberini, che VS. non ha
« mai avuto pure un minimo pensiero di offendere, né di vilipendere la Santità di N. S....
« e che questa macchina de' suoi nemici l'avea trafitta fino all'anima . . . Jeri mattina il
« Sig. Ambasciator di Francia all' udienza di Sua Santità fece la medesima sincerazione a
€ N. S. ec. ec. ...Nostro Signore disse queste precise parole: lo crediamo, lo crediamo ».
Dalla qual risposta si laconica chiaramente apparisce che poco l'aveva creduto .
(26) Vedasi sopra nota (22).
(27) Vedasi sopra nota (23).
295
Ciò da' suoi nemici oltenulo, parea che cessar dovesse ogn'impeto
d'ira. Tanta rassegnazione e tanta bontà, tanta abnegazione di se slesso
e tanta pazienza, avevano di che disarmare qualunque collera, ed acque-
tar qualunque dispetto. E pure s'infierì nella pena: e lo sdegno non
si disarmò né per tempo, né per casi. In punizione di colpe, ch'egli
era conscio a se medesimo di non aver commesse, udì, senz'aspettarlo,
condannarsi alla rilegazione e all'esilio, che per afflizione maggiore,
(poiché in lui nutriva la speranza) s'ingiunse a beneplacito, allorché
doveva esser perpetuo.
Ma le tribolazioni delle grandi anime servono sempre di slimolo
alle grandi virtù; le quali come l'oro nel fuoco si fanno più risplen-
denti e più pure. Esse ne accompagnano la vita, per ammaestramento
della posterità: esse ne illuminano il sepolcro, come emblema di quella
luce, che le circonda in un mondo migliore.
E dirò, senza timore d'ingannarmi, che se al grand' Uomo fosse
mancata questa ultima prova, mancata sarebbe la parte più splendida
della intemerata sua gloria.
Trascorso il primo istante di stupore; dato il primo sfogo al cor-
doglio: sino al momento, in cui piacque all'Eterno di ricongiungere
l'altissimo spirilo alla parte più pura del cielo; non fuvvi mese, non
giorno , non ora , in cui non si rinnovasse la lotta fra il rigore e la
sofferenza, tra la durezza e la magnanimità. iSon un lamento da lui si
udì, non un'esclamazione, non un sospiro: e ciò dovrà parer più mi-
rabile, quando nuovi eran sempre e non aspettati i rigori .
Assegnatagli la sua villa d'Arcetri per carcere; partendo « si av-
ce verte, dove si fermi di non conversar con alcuno 53 (28).
Si fa supplica dopo un anno, per un alleviamento di pena: e in ri-
sposta «gli si minaccia un gastigo, se oserà chieder permesso d'uscirne".
Vuol di nuovo stampare il Discorso notissimo sulle Galleggianti;
e gli s'intima ce esservi divieto de edilis et edendis, per lui ».
Sull'attestazione di medici , gli si concede di farsi a Firenze tra-
sportare per curarsi; ma non é appena migliorato, che render si debbe
al confino. S'invoca la pietà; tutte le orecchie son sorde.
Che più? quando aggravato dagli anni, dimanderà del Castelli,
prediletto discepolo, per comunicargli i suoi pensamenti; non l'otterrà
(28) Tutte le particolarità qui accennate possono vedersi nel Nelli.
296
che ce a condizione di fare assistere un testimone ai loro colloqiij »: e
quando sentirassi alla fine de' suoi giorni, e vorrà dettare le sue ultime
volontà, si tenterà d'impedirglielo!
Tante strettezze e contrasti, e nelle più lievi cose tante opposizioni
e difficoltà, aveano di che stancare qualunque sofferenza, e vincere ogni
determinazione; ma impavido sino agli estremi sopportò quel lungo e
trionfai martirio della filosofia.
E ciò , che debbe accrescere la stima, il rispetto e la venerazione
per tanto uomo, si è il vederlo non intermettere i suoi studj: saper che
indefessamente continuò l'esperienze; e che tornò con giovenile ardore
a quel mirabil ritrovato di determinare le Longitudini per mezzo dei
Pianetini di Giove: cosi verificando, dopo Socrate, Boezio e pochi altri,
la verità dell'antica sentenza: Non esservi spettacolo più sovrumano di
quello, che presenta una grande anima messa a contrasto coll'avversilà.
Parea che sino al fondo egli ne avesse vuotata la tazza; ma per gli
estremi suoi anni rimanea la maggiore. Quegli occhi, che aveano tante
volte interrogato la natura, ed a cui pressoché sempre ell'avea fedel-
mente risposto: quegli occhi poco a poco si velano: e come il concerto
d'una musica, che a grado a grado dagli orecchi si allontana; lo spetta-
colo dell'universo da quelli scomparisce per sempre.
Ma invano è travagliato da dolori acerbissimi per le membra, sì che
gli tolgono il sonno; invano gli ardono le palpebre con insopportabil
molestia. Più viva sfolgoreggia la luce della mente, che ai pochi ( ai quali
è dato di stargli intorno ) comunicava innanzi alla morte la miglior parte
di sé .
Ma che dissi? Un nome vano, e vuoto di senso è la morte, per chi
lasciò tanta gloria. Inestinguibile come una stella, la bella e grande
anima sua, tutta restò nelle opere; e son le sembianze in quel Simulacro.
Ad esso dunque, Voi tutti, appressatevi: e primi Voi, che ve ne di-
videste l'eredità. Che più indugiate? appressatevi. Toccando devoti e
riverenti quel marmo; forse ne balzerà qualche scintilla, che spargerà
nuove fiamme per tutta Italia; alla cui gloria è consacrata la solennità
di questo bel giorno.
BIOGRAFIA
a>32 <s^T<, zp^asj'e
!RAi?H!!EM ©ElBl
PRc:8i»s::ìrT£ «e^eraIìI:
DELLA
PRDIA RiniONE DEGLI SCIENZIATI ITALIANI
— =s©9ge€
38
Jr iniva Ranieri Cerbi la propria carriera con uno di quegli atti su-
blimi, che soli sono suflicienti a segnalare la lode di tutta la vita, ed
in gloriose fatiche a prò della Patria esauriva le languide rimanenti
forze con inaudito coraggio. Erano ai valorosi sforzi testimoni tutti
coloro che fiorirono in Pisa il primo Consesso degli Scienziati Italiani,
e questi con un solo detto attestando i di lui meriti faran giudizio che
sarà sanzionato dalla posterità. Al mio cuore che co' doveri di concit-
tadino, oltre quelli di discepolo ed allievo, ricorda ancor quei di col-
lega ed amico, il tentare di far eco al giusto elogio che tutta Italia
tributa al mancato Presidente è ufficio tanto gradito quanto sensibile.
Che se per un lato il debito al maestro ed all'amico, mi pone in dub-
bio di defraudarne la memoria in qualche dovuta lode, per l'altro mi
rinfranca il pensiero che le opere sue parlano manifestamente, e a non
tradire il vero basta che io mi tenga nei confini di una semplice isto-
rica esposizione. Vorrei che il dir mio rilevasse , come Egli di squisito
gusto fosse dotato per le cose letterarie; quanto esatto ragionatore
nelle scienze apparisse, ed utile all'insegnamento della Fisica, e come
a tanti meriti facesse corona la più esemplare integrità di costumi e
di vita. Imperocché della perdita di sì distinto personaggio le lettere,
le scieme, e la società m' è duopo simultaneamente compassionare.
Nacque Ranieri da Ciò. Battista Cerbi, e da Maria Matteini nel-
l'ameno villaggio chiamato Chiesina, posto alle falde dell'Appennino, e
500
poco distante dalla città di Plstoja, Il 16 Luglio 1763. La condizione
e il luogo della nascita non favorirono l'educazione, che dovea darsi
alla mente del giovine: pure non sono mai questi ostacoli insupera-
bili per un ingegno che si ha da distinguere, e meno lo furono allora
essendo il buon padre disposto a valersi della comoda posizione in che la
fortuna l'avea collocato, e a non risparmiare spesa per coltivare la mente
del figlio, che fin sulle prime agli studj mostrossi pieghevole. Saranno
cjuelle certamente state cagione della prima direzione che gli fu data,
giacché come porta l'uso comune di quei genitori campagnoli, che si
sentono mossi da gentil tocco per l'educazione de' figli, videsi il nostro
Ranieri volto alla carriera ecclesiastica . Quindi per tempo trovossi Egli
in grado di abbellire con erudizione la mente, e di addolcire il cuore
con sensi di carità; qualità che sempre dappoi in lui rifulsero eminen-
temente. Nel patrio Seminario vescovile, che allora era in grandis-
simo credito, ricevè insieme coli' educazione la prima istruzione si negli
studj dell'amena letteratura, che nei filosofici. Mentre in quell'epoca
si andava riformando le dottrine sul Calorico con vedute più speri-
mentali e meno ipotetiche, ed alle teoriche di Sihal e di Boerahave
si sostituiva le belle scoperte di Crawford, di Schede, e di Lavoisier;
per quanto fosse la Chimica padrona dello spazioso campo delle scienze
naturali, e fuori d' Ilalia medici, fisici, botanici, naturalisti tutti si
occupassero di questioni chimiche, e le Accademie tutte ne risuonas-
sero; pure la nostra Ilalia che aveva anche a ciò la prima date le
mosse con le opere del Guglielmini, del Poli, del Beccari e di altri
non partecipava dell'entusiasmo generale. E Ranieri che aveva intesa
la mente a quelli studj che maggior merito potevano darli nella So-
cietà, rivolse alle lettere ogni animo, letterati essendo tutti quelli che
godevano maggiore reputazione. Non lasciò di attendere alla Geometria
e alla Filosofia in generale; anzi tanto gustò della sublimità dei loro
ragionamenti da invogliarsi di ritornare a quelle appena avesse trovato
modo di porvi mano estesamente. L'opportunità gli si mostrava per lo
studio della letteratura, e ne colse il frutto; che di quanto esso ha di
bello, soave e pregiabile Egli si fece esperto conoscitore. E come
allora la lingua del Lazio era la parte letteraria a preferenza coltivata,
in quella tanto affinò il gusto che sommamente slimato ne venne,
non tanto in quel primo periodo di vita, quanto nel successivo tempo
finché visse.
501
Questo suo genio per le lettere dette la prima mossa perchè Egli
si occupasse nella pubblica istruzione; esso valse a procurarli il favore
dei dotti; e sempre qual bell'ornamento l'onorò e distinse. Realmente
fatta già nota l'abililàdel Gerbi il Vescovo Scipione Ricci, personaggio
eultissimo, e vigile per mantenere in credito gli studj, e arricchire il
Clero pistojese non meno che il Seminario di Sapienti, lo impegnò ad
assumere la carica di lettore di eloquenza. Onorevolmente Egli in questa
diporlossi, sebbene solo la tenesse quanto servir poteva a dimostrarlo
espertissimo, ed a pubblicare il suo squisito gusto per gli ameni studj.
Era destinalo a promovere in più elevato grado la pubblica istruzione,
e gli studj che all'ameni là e piacevolezza uniscono il severo fdosofico ra-
gionamento. Astretto pertanto da una vacillante salute, e da una gra-
cile complessione a mutare aria e modo di vivere, lasciò quella lusin-
ghiera situazione nel Seminario di Plstoja, e si trasferi a Pisa con animo
d'incontrarne una più gloriosa, e di provvedere ad un tempo alla pro-
pria salute. Conosceva la lingua greca, sapeva la francese e l'inglese, e
in generale aveva una bella raccomandazione nella cultura letteraria,
che lo facea distinguere fra gli altri scolari, e gli cattivava a prefe-
renza l'amore dei maestri. E questa credo essere stata la cagione,
che il Bianucci Professore celebre non meno per la Fisica, che per
l'amore alle belle lettere, gli si affezionò qual padre, e lo voleva quasi
sempre presso di se per ragionare delle bellezze della letteratura,
non meno che delle scientifiche dottrine. Nel corretto parlare e scri-
vere del Gerbi, e nella erudizione che usò non ricercata, compariva
ai men veggenti la cultura della sua mente con quella forza che ai
più restii impone stima e rispetto. Non amò gonjQezza di termini o
manierati periodi, ma precisione e semplicità in quelli, in questi flui-
dità e naturalezza. Apprezzò il bello da qualunque fonte fosse deri-
vato, e nella sua mente fé' tesoro dei modi più pregiabili, che gli
oratori ed i poeti antichi e moderni ci hanno lasciati. Leggeva molto,
e nell'usare con persone eultissime utilmente spendea que' pochi istanti,
che a tanta applicazione erano necessario riposo . Per cui lo vedeste
sempre attorniato dai dotti, e spesso consultato dai suoi contempo-
ranei sul pregio di opere letterarie (i). Lo udiste in modo evidente
ed ornato esprimere le sue idee non solo nel conversare familiare, ma
(l) Ciò si rileva anche dalle lettere che il Gerbi serbava tra i suoi fogli.
502
anche quando insegnando svolse i più difliclll e scabrosi argomenti .
Tutti accorsero con sollecitudine ed animo d' imparare quando, lasciati
talvolta quei semplici modi convenienti alla scuola che d'ordinario
soleva seguire per facilitare l'intelligenza ai suoi discepoli, trattò dalla
cattedra coU'ldioma nazionale un qualche soggetto scientifico, o quando
si produsse al pubblico per funzioni accademiche con qualche sua la-
tina orazione. Saranno per mollo tempo rammentate nell'Università
di Pisa le lezioni del Gerbi sulla teorica pneumatica del Calorico,
sulla credibilità delle dottrine del Rumford, sul confronto delle due
teoriche Frankliniana e Simmeriana nell'elettricità; e ricorderassi come
per rilevare i pregi, o i difetti di una qualche parte di scienza a grado
a grado animandosi l'energica mente spiegasse quella ingenita forza
che il gelo della vecchiezza non avea potuto sopprimere. Ognuno al
sentire i discorsi che faceva in latino ad occasione di lauree dottorali,
avrebbe detto Egli ha il bello stile del romano difensore di Marcello
e di Ardila: il letterato avrebbe riconosciuto nel dir suo elegante
dispersa naturalmente quella larga messe di classiche avite bellezze:
avrebbe l'erudito notata l'esattezza e l'abbondanza delle cognizioni
istoriche leggiadramente disposte: né sarebbe sfuggito al filosofo l'in-
teresse del soggetto, l'evidenti conseguenze delle premesse, l'unità,
e quant'altro può l'arte oratoria desiderare. Erano sì la lingua latina
che l'italiana nella sua bocca piene di dolcezza , e di voci vivissime,
atte a schiudere con tutta precisione e chiarezza i penetrali della Fi-
sica . Fanno senza dubbio onore all' Italia le sue opere stampate ancor
come monumenti di scienza, scritte con purissimi termini e adat-
tato stile in un tempo in cui il bell'idioma fu guasto dalla corrut-
tela francese: quando l'Accademia Italiana per impedire la decadenza
della lingua decretò un premio a chi indicasse le cause del deperi-
mento, ed i mezzi per impedirlo. Bene si appose il dotto che n'ebbe
la palma ponendo fra quelle cause « il subisso di tante cattive tra-
ce dazioni franzesi che inondarono l'Italia, nelle quali colle sole cadenze
ce italiane riman tutto il colore e il costrutto franzese .... ed i tanti
ce trattati di scienze, e delle fìsiche specialmente, che si adoperano per
ce le scuole », dei quali non ve n'avea pur uno che tenesse della toscana
eloquenza . Posso io dire che ne uscisse poi in Fisica quell'uno del Gerbi,
il quale è valuto in questa parte a mostrare agli amatori delle scienze
come è concesso astenerci dal total precipizio che ci minaccia il con-
303
llnuo uso delle opere francesi, e delle loro pessime traduzioni. Preci-
pizio che pur si arrestasse alle sole parole; ma coli' abbandono del lungo
periodare nazionale, toglie il solido dello scientifico ragionamento!
Dissi che Ranieri tuttora giovine si decise di recarsi a Pisa. Lo
che fu principalmente per curare una malattia d'emottisi che fin d'al-
lora affliggevalo, e poi sempre lo travagliò menandolo alla vecchiaja per
continuata incertezza di vita. Null'oslante abbandonata la direzione
dello stalo ecclesiastico altra nuova faticosissima ne intraprese negli studj
filosofici, che già nel Seminario aveva iniziati alla scuola del Rettore
Tommaso Comparini. Per l'amore che ei serbava alle scienze naturali
si trovò impegnato a seguire nell'Università gli studj pel dottorato di
Medicina, e a conseguire nel 1789 la laurea medica senz'animo di eser-
citare la professione. Che anzi discepolo affezionatissimo del Bianucci
aveva prescelto a sua prima occupazione la Fisica, e aveva atteso alle
scienze affini a solo oggetto di potere in quella liberamente progredire.
Siccome poi le matematiche con bellissimi modelli di ragionamento,
con intima connessione di dottrine , e con importantissimi teoremi for-
mano alla fisica i più adattati preparativi; il Cerbi non solo amò di
questi compiutamente munirsi studiando gli elementi di tali scienze, ma
come quelli che avea conosciuto essere le cagioni dei fenomeni natu-
rali scritte a caratteri algebrici, e le regole geometriche reggere l'u-
niverso, strinse anche amicizia col Padre Canovai, distinto matematico,
per prendere occasione in una epistolare corrispondenza con lui intra-
presa di trattenersi maggiormente nella scienza dei numeri, e di porre
in chiara luce le interessantissime questioni del Calcolo Infinitesimale (1).
Per tal modo fermata nella contemplazione del vero la mente, che più
giovane amava di spaziare nel vago dell'imaginazione, i primi studj non
furono più che un ornamento dei secondi : pregiabilissimo ornamento,
che il più spesso ancor nell'abile scienziato per la vastità acquistata oggi
dalle scienze siamo costretti a desiderare. Allora essendo il Gerbi in età
di anni ventisei; subito dopo che i filosofi di Pisa lo ebbero dichiarato
dottore, essi stessi lo desiderarono collega, ed il Granduca Pietro Leo-
poldo che felicitava la Toscana, lo scelse a lettore di Matematiche nella
stessa Università, e nello stesso anno 1789. Epoca chiara nella storia
dei popoli, delle arti, e delle scienze; che mostrò insorgere la Francia
(I) Notizie rilevate dalle lettere esistenti tra 1 fogli del Prof. Gerbi.
304
a porre i regnanll in dubbio degl'imperi e a propagar fuoco in tutta
Europa; che recò nelle comunicazioni nazionali modi a dilatare il com-
mercio, e nei bisogni incitamenti a perfezionare le arti; e che stabi-
lita corrispondenza scientifica fra le nazioni per mezzo dell'introdotto
uso dei Giornali, mosse il gran passo della generale restaurazione, e
del progresso . Epoca in cui sembrò la natura rinvigorire la mente
umana , e che segnò il principio dei servigi resi dal Gerbi alla società
nel Pisano Ateneo, e insieme la data della prima sua opera scientifica
pubblicata. Fu questa un'erudita latina dissertazione sul sistema mondiale,
la quale come privala della parte matematica era stata fausta inaugu-
rale alla Cattedra, così corredata del calcolo servi a mostrar l'Autore ai
dotti del pari valente nella fisica e nelle matematiche, non meno che
elegante latino scrittore. Alla esposizione delle varie ipotesi, introdotte
nelle scuole sul sistema del mondo, tengono hi quella dietro i prin-
cipi scientifici sulle forze centrali, e sulla dottrina dell'urto, e la loro
applicazione nel sistema Copernicano al moto dei pianeti. Segue la de-
terminazione delle orbite, e delle leggi del moto colla corrispondenza
dei fenomeni che possono osservarsi nel cielo, ne sonovi tralasciate le
perturbazioni del moto lunare, la precessione degli equinoz] , la nu-
tazione dell'asse della terra, e le loro teoriche secondo le opinioni di
diversi Fisici. Fra queste dottrine si leggono interessantissime osserva-
zioni di confronto su' metodi di calcolo, e sullo spirito nelle applica-
zioni del medesimo alla fisica. Che se molta slima procurava al Gerbi
questa sua produzione scientifica, maggiore d'assai eragli recata per la no-
vella decorosa situazione: giacché a suo elogio ed onore nelle matema-
tiche basta dire che lesse in quella Università ove fiorirono in questa
scienza tanti uomini illustri, e che fu scello a Collega del celebre Pietro
Paoli cui ognuno per dovuta giustizia assegna uno dei primi posti tra
i matematici del secolo. Né solo insegnava il Gerbi contemporanea-
mente col Paoli, ma anche nelle stesse dottrine, rilenendosi allora per
giudizio del Paoli stesso che in due maestri non potesse l' insegnamento
dell'Algebra reparlirsi . Non intendo con questo a tanto illustre personag-
gio per la reputazione di matematico confrontarlo $ per quanto il modo
col quale disimpegnò il grave uffizio, e la buona estimazione che il Paoli
stesso sempre poi gli conservò, mi dasser nuovo motivo di esaltarlo.
È qui piuttosto luogo a far comprendere come il modo che suol te-
nersi neir insegnare il calcolo, non sodisfacesse al genio del Gerbi. Egli
505
era portato per i ragionamenti che sono diretti a qualche oggetto esi-
stente in natura, e che hanno utile ed immediata applicazione; non alle
speculazioni ed alle generalità, che si fondano sulle astrazioni mentali;
alle matematiche applicate, e non alle matematiche pure: penetrato dello
scopo per cui si sono ritrovate tante belle dottrine, non voleva trattare
queste da quello disgiuntamente, ben conoscendo che quando l'uomo
si affida agli ideali concetli spesso invece di Giunone abbraccia le nu-
vole. Difetto che sempre, ed in quel tempo massimamente a sommo
danno e discredito della scienza matematica si è ftitto sentire, e tanto
si è radicato, che poca speranza lascia di vederlo dalle scuole estirpato.
Si fanno spesso studiare le matematiche per molti anni, e spesso anche si
dà ad intendere agli alunni che ne è terminato lo studio, senza che essi ne
abbiano gustate le utili applicazioni: si parla di aritmetica, di geometria,
di algebra, e di calcolo infinitesimale, senza dire come negli usi sociali
si abbiano delle unità da sottoporre a computo, senza mostrare come la
natura presenti le figure geometriche da misurarsi, senza far conoscere
come le leggi dell'universo possano esprimersi colle formule algebriche,
senza derivare dai fenomeni del movimento, o da altre simili fonti natu-
rali l'origine dei differenziali: in una parola si mostrano le matemati-
che come una oziosa invenzione degli uomini, mentre dovrebbero presen-
tarsi come un modo per sodisfare ai bisogni sociali e per spiegare i feno-
meni naturali. Quindi si videro anche i più sublimi matematici impiegare
la forza del loro ingegno per occultare con studiati ragionamenti alcuni
difetti delle scienze, e per ricercare artificiose dimostrazioni , e non per-
suadenti, o inviluppare in intricatissimi calcoli le cose fondamentali
della fisica. Ma troppo a lungo mi devierei se volessi dire quanto la
mia mente concepisce contro si mala usanza; non direi però inutilmente
mostrando come da essa ne venga l'aversione che tanti hanno alle mate-
matiche; per cui portati all'estremo opposto bandiscono dallo studio della
fìsica luttociò che assuefa al solido ragionamento, e formano della scienza
una storia. Questi due opposti difetti signoreggiavano le scuole, e le
menti dei dotti, non però quella del nostro Professore che sempre in leso
alla Fisica insegnava come il calcolo di loquacissimo si faccia vano lin-
guaggio se tiensi disgiunto dalle applicazioni (i).
(1) Nel ruolo dei Professori dell'Università di Pisa stampato per l'anno 1796 leg-
gesi ; Ad Algehram universam Exc. D- Rajnerius Gerbi Pistoriensis = Aget de cele-
brioribus Phisicce ccelestis problernatibiis. Hora 2 pomerid. Domi vero Cradet InstUutio-
nes Analjseos infinitoriim . 39
506
Tale inclinazione ad accoppiare il calcolo alla fisica è attestata da
tutte le opere da lui pubblicate, e molto onore gli reca perchè in
Italia su questo allora si difettò, e perchè con retto spirito usando il
calcolo lo fé' Egli servire alla fisica, all'opposto di tanti autori, che per
ogni altro titolo rispettabilissimi, esigono che la fìsica serva al calcolo, e
formano nelle loro ipotesi una nuova natura . Io non lodo una certa tra-
scuratezza, che il Gerbi usa nel presentare le formule algebriche senza
quell'ordine elegante che è sì utile a ben comprenderle; ma credo dovere
ad onor suo rammentare come stimando le matematiche soltanto attissi-
mo strumento per ragionare , egli non credè dover preferire come si
suole i segni differenziali ed integrali, ma indistintamente usò quella
parte delle matematiche che potea sembrare più adattata ad esprimere il
suo concetto. Adopra infatti dimostrazioni geometriche in quelle parti
che devono esser lette da persone meno istruite, o che semplici per loro
natura, si complicherebbero con cifre algebriche; non risparmia anche
il calcolo infinitesimale ove lo richiede l'interesse, e l'indole del sog-
getto; sempre poi con tanta solidità ragiona che ne' suoi detti tutto
esprime il rigore matematico. Ognuno il direbbe educato alla scuola del
Galileo e del Volta al sentirlo esprimere con rigore e senza segni
matematici complicatissimi confronti, e deduzioni intricatissime. Sov-
viene allora il discorso intorno alle cose che stanno sull'acqua, o su
quella si muovono, i ragionamenti sul moto de' gravi , e del pendolo
del divino Galileo; ovvero la lettera de vi atlractwa ignis electrici,o
la dottrina della pila elettrica del sommo Volta. Siffatte opere di ma-
tematica, prive di segni matematici furono ben gustale dal nostro Ger-
bi, il quale ovunque si dimostra seguace delle dottrine del Galileo e
del Volta, e adattato promulgatore delle medesime.
Dalle cose precedenti resulta il Gerbi essere stato franco mate-
matico, e commendabilissimo per la cura che si è preso di porgere le
matematiche come soggette alla fisica; ora seguendo la sua storia devo
mostrarne il valore nelle scienze naturali. E prima me ne offre occasione
l'opera che nel J794 e' pubblicò intitolata Storia naturale di un ìiuovo
insetto . Questo lavoro del quale anche si fecero più edizioni, siccome
è in tutte le sue parti compiuto potrebbe servire di modello in tal ge-
nere di opere, e parmi atto ad interessare ad un tempo le scienze na-
turali, e il ben essere della umanità. Non la sola storia naturale del
nuovo insetto, ma le appartenenze della pianta che Egli abita, e le
307
utili proprietà del medesimo, dalle quali l'Autore gli desume il nome
di Cureulione antiodontalgico, valgono a rendere interessante il sog-
getto, e ad offrire all'Autore slesso ampia materia per dimostrare la
sua perizia nelle scienze naturali. Tratta primieramente di una nuova
specie di scardiccionl che appella spinosissima. Passa quindi a consi-
derare le galle che frequentemente trovansi nel calice di questi scar-
diccionl, e contengono l'uovo e la larva dell'insetto. E ciò fa con
tanta maestria che le cose da lui discorse sull'origine delle galle, e
sulla teorica della loro formazione, preferibili a quelle allora conosciute
comparvero commendabilissime, e li procurarono le lodi degli scien-
ziati contemporanei (i). Viene poi all'insetto, e aggiunge anche la de-
scrizione della notomia delle parti interne di quel piccolissimo ani-
male, introducendo nella scienza un uso che ninno dei naturalisti aveva
in quei tempi compiutamente seguito. La proprietà più ammirabile del
nuovo cureulione è una singolare efficacia di guarire spesso le più
acerbe odontalgie provenienti da denti cariati. Ma siccome il fatto lo
porta a stabilire, che col solo porre sul dente malato un dito, il
quale soffregando j3 o i4 larve dell'insetto ne abbia anche un anno
avanti assorbita l'umidità, si ottiene spesso la guarigione; a torre l'ap-
parenza di cosa misteriosa e poco credibile riporta un gran numero di
fatti, ed estesamente ragiona sul modo di agire della sostanza compo-
nente l'insetto sovra i nervi, e sulla carie dei denti. I resultati di un'ac-
curatissima analisi chimica diretta a stabilire i principi immediati che
costituiscono la pianta, le galle, e l'insetto, insieme con quelli di molle
esperienze dirette a comprovare l'azione della sostanza imbevuta dal dito,
formano base alle sue deduzioni; e tanto l'analisi quanto l'esperienze at-
testano chiaramente somma abilità nell'Autore; l'una per le cognizioni
della chimica Lavoaseriana allora nuova, e per la difficoltà che il regno
organico presenta in simili ricerche; l'altre per il rettissimo metodo con
cui sono condotte, e per la sagace loro scelta . Queste inoltre dimostrano
che non mancò al Gerbi la richiesta attitudine per avanzare la Fisica an-
cora con ricerche sperimentali . Che se non fu annoveralo fra gli inven-
tori, ma solo fra i compilatori di fisica, dee ciò ripetersi dal non avere
egli avuto nella sua gioventù un gabinetto fisico a propria disposizione .
(1) Ebbe per quest'opera diversi diplomi d'Accademie, e molte lettere di con-
gratulazione da accreditati Professori.
508
Così sempre alle posizioni sociali devesi la comparsa che un individuo ha
da sortire nella socielà. Le cognizioni e disposizioni naturali, che posse-
deva il Gerbi, lo avrebbero potuto luminosissimamente distinguere nel
grado dei celebri fisici, se invece della Cattedra di Matematiche ne
avesse subito coperta una di Fisica. L'ottimo Bianucci avea ciò ben sen-
tito, e con esemplare segno d'affetto e di stima lasciò vuota la Cattedra
perchè egli la coprisse . Il diritto d'anzianità fece che a quella del Gerbi
fosse preferita la domanda del Comparini, che ho sopra rammentato; e
perciò, come dissi, ebbe il Gerbi l'Algebra, e solo nel 1797 potè ottenere
la Cattedra di Fisica teorica, allorché nuovamente il Comparini mutando
occupazioni prese ad insegnare la Geometria. Rettamente giudica il mae-
stro dell'abilità dello scolare, e bene sceglie un maestro chi conosce la
scienza. Infatti l'abilità del Gerbi meglio rifulse nella cattedra di Fisica
che in quella di Matematiche; e bene in quel tempo ne facea bisogno
perchè occorreva togliere i difetti che si avevano nell'insegnamento della
fisica nella Scuola pisana, e perchè faceva duopo tener dietro alle grandi
scoperte che doveano enormemente estendere il dominio di questa prin-
cipalissima scienza. Mancavano allora alla Fisica le dottrine dei Lesile,
Malus, Davy, Coulomb, Fresnel, Gay-Lussac, Arrago, Petit, Dulong, No-
bili, Melloni, e mille altre che tanto ne poterono dilatare i confini. Si
erano d'allora fatti udire i Coulomb, Galvani, Volta, Herckel, Rumford,
Yong, Saussure. Non si avevano che corsi di fisica antichi, e si insegna-
vano tuttora nelle scuole le cose del Muskembroek, del Nollet, ed a fatica
quelle del Beccheria. Spesso si teneva l'uso di dettare, o far circolare
tra gli scolari gli scritti del precettore : vero modo di rilardare l'inse-
gnamento! Quest'uso dannosissimo dovrebbe esser bandito da tutti i luo-
ghi d'istruzione. Al contrario mille circostanze concorrono per mante-
nerlo: l'avarizia degli scolari; l'ambizione, la pigrizia, e talvolta l'igno-
ranza dei maestri, fan sì che si preferisce 1' enorme fatica del copiare
alla moderata spesa nella compra di un libro, l'impiegare nella dettatura
il tempo che dovrebbe nell'istruzione occuparsi, l'imporre colle conti-
nue aggiunte e variazioni che possono apporsi agli scritti, il circolare fra
pochi quei lavori indigesti che dispiacerebbe pubblicare. Questo difetto
nelle scuole d'Italia si è fatto sentire sommamente. Ripetasi da questo
l'essere per lunga pezza quasi tutte le scuole di fisica rimaste arretrate
nell'insegnamento a confronto degli avanzamenti della scienza, ed alcune
tuttora conservarsi in questa posizione . Al nostro Gerbi si deve l'onore
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dì aver sommamente cooperato per togliere questo difetto, e per ridurre
nella Scuola pisana l'istruzione a livello della scienza. Che solleci'.o a ciò
fosse lo dimostra non solo il metodo che tenne nell' insegnare, quanto
ancorala premura che si diede per acquistare le opere più accreditale del
giorno (i). Come la sua perizia nell'estrarie da quest'opere le più sane
dottrine, e rettamente usarne a vantaggio della scienza e della società,
ci è mostrata ancora dall'operetta sulle rotte dei fiumi, che egli fé' nota
nel 1807 P^*^* S^^ '^^^^ dell'Accademia Pistoiese. Lo richiamò a questo
soggetto l'aumentata frequenza delle rotte in Toscana, e perciò ivi co-
mincia dal ricercarne le cause primieramente nel genere di cultura dei
monti, che produce un riempimento nell'alveo dei fiumi, e secondaria-
mente nei muri a piombo o quasi a piombo, e senza alcun bene indicato
riparo alla base, che di frequente si sono usati , o per contenere le
acque senz'argine dentro l'alveo, o per dare agli argini maggiore sta-
bilità, e per impedirne la corrosione. Assai parla dell'insufficienza di tali
muri ad ovviare le rotte, e dei danni gravissimi che per quelli di fre-
quente avvengono. In seguito espone con principi scientifici, e con re-
gole di pratica, e d'esperienza come si possa dare agli argini la necessaria
stabilità; con qual arte abbiano questi a difendersi dalla corrosione; e
qual riparo si debba aggiungere alla base dei muri già esistenti, che
per loro mala costruzione potessero facilitare l' escavazione del fondo
del fiume. Penso che quest'opera sarebbe stata tosto seguita, o forse
preceduta dalla pubblicazione del Corso di Fisica del Gerbi , se i più
Professori in una medesima scienza, come allora furono nelF Università
di Pisa, non fossero d'impedimento al dispiegare uno di essi franca-
mente le sue forze. Perchè le altre cagioni che tanto fanno penuriare
l'Italia di corsi elementari non avean potere a distorne la mente del-
l'abile Professore, che ben comprese l'utilità di un corso adattato alla
scuola. Infatti non solo ridusse in scritto per tempo il Corso di Fisica,
ma tenne anche dietro ai minimi, non che ai più grandi avanzamenti
della scienza per corredarne le sue lezioni. Faceva l'estratto dei più
accreditati giornali scientifici in quella parte che interessavano la fìsica
elementare; e con questo metodo ebbe vita la sua eruditissima Opera
che per la prima volta fu pubblicata nel 1818, e che nelle edizioni
successive del i8a5 e del j835 fu grandemente arricchita. Seguitando
(1) Mori il Gerbi lasciando una libreria ben corredata di opere moderne.
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poi quest'uso fino all'ultimo tempo della sua vita, aveva egli raccolte
le moclernissime scoperte con animo di pubblicarle in un'Appendice (i)
da apporsi all' ultima edizione, per riportarla al pari della scienza. Di
queste fatiche, che han servito per render nota al pubblico sì interes-
sante scienza dal 1818 fino all'epoca presente, merito immenso gli è
dovuto, mentre per molto tempo fu Egli il solo a far sapere all'Italia
intera lo stato della fisica. Mi sia perciò lecito rilevare i pregi di que-
st'opera, che la storia della scienza dovrà sempre ricordare qual pre-
zioso scientifico documento.
Io non esito un istante a dichiarare che il Corso elementare di
Fisica di Ranieri Gerbi ha rilevantissimi caratteri particolari, i quali
molto da ogn' altro lo distinguono, e mentre in certi usi lo fanno pre-
giabilissimo , in altri meno adattato Io rendono. Siccome poi interessa
che i vantaggi e i danni di questi sieno posti a calcolo da coloro che
amano darsi a simili opere, cercherò di farli comprendere trattando
prima del metodo istorico tenuto dall'Autore, quindi delle teoriche che
ha usate, e parlando infine del modo che ha seguito nella parte spe-
rimentale, e nella esposizione dei fatti. Premetto che le successive edi-
zioni di quest'opera differiscono dalle precedenti non solo per gli ac-
crescimenti che si sono a diverse epoche fatti nella Fisica, ma ancora
per variati ragionamenti, e più. corrette dimostrazioni, e per aumen-
tate sperienze . La gran differenza fra la prima e la seconda edizione
è nella parte sperimentale; quella tra la seconda e la terza consiste più
nella parte matematica e di ragionamento, perchè l'aumentato volume
della fisica particolare si deve al grand' accrescimento della scienza in
quell'intervallo di tempo accaduto. Serve adunque che io parli della
sola terza edizione ; nei due primi tomi della quale è contenuta la
fisica generale. I fatti fondamentali di questa parte di scienza dedotti
dalle sperienze, e confermati col ragionamento danno luogo alla for-
mazione dei principi teorici, che sono come centri dai quali con con-
nesse deduzioni, e con opportuni calcoli derivansi le particolarità e le
(1) Quest'Appenclice, tutte le lettere soprarammentate, e altri fogli manoscritti,
colla libreria del Gerbi appartengono per un legato fatto dal Professore stesso all'Ec-
cellentissimo slg. Dott. Gaspero Botto , il quale in quella guisa che mosso dall' affetto
per il defunto Maestro si è graziosamente prestato per comunicarmi molte notizie , cosi
è da sperare che egualmente mosso dall'affetto sommo che ha per la scienza, vorrà re-
galare il pubblico delle cose più belle che tuttora sono inedite .
511
applicazioni in tanta copia da formare uno de' più estesi corsi di Mec-
canica e d'Idraulica. Qui non apparisce il metodo istorico, come negli
altri tre tomi, ove leggesi la fisica particolare, divisa nei seguenti
trattati: Calorico, Elettricismo, Galvanismo, Magnetismo, Jluidi elastici e
segnatamente aria, acqua, suono e musica, meteore, luce, preceduta da
una introduzione sulla filosofia chimica, e terminata con un'appendice
sulle induzioni elettriche. Ciascun trattato è composto di due parti, una
che contiene la serie o storia dei fatti, che l'Autore ha creduti più con-
venienti allo scopo tra quelli conosciuti, l'altra le teoriche e spiegazioni
dei fenomeni secondo i diversi sistemi più reputati; e questa divisione è
in special modo distinta nei trattati del calorico , dell' elettricismo, del
magnetismo, e della luce. Così procedendo sempre dal noto all'ignoto vi
si studia come siasi accresciuta a poco a poco la catena delle nozioni
scientifiche, e come ad alcuni altri fatti si sieno da celebrati autori ag-
giunti. Vi si conosce il succedersi delle diverse teoriche, e come l'una
l'altra abbia esclusa, ovvero come amendue si possano mantenere in cre-
dito a seconda delle regole di una giusta critica. E per conseguenza colla
esposizione delle dottrine, che compongono la fisica, vi si trova l'istoria
delle scoperte, e quella dei nomi benemeriti alla scienza. Un tal metodo
offre anche il vantaggio di presentare una parte della scienza composta
dei soli fatti, e però sempre invariabile, purché soltanto vi si aggiun-
gano le nuove scoperte. Quindi ha giovato al Gerbi facilitandogli in
parte la riduzione dell'opera nelle successive edizioni ; e sarà pure slato
utile a quei che studiarono la fisica su questo corso, perchè avrà loro
facilitato il distinguere le cose di fatto che sempre sono vere, dalle teo-
riche che quasi continuamente variano in scienza di tanto incremento.
Al contrario avrà esso resa più lunga, e meno chiara la esposizione della
Fisica: spesso infatti vedesi costretto l'Autore a riferire molti fatti a
diverse epoche scoperti in luogo di un solo fondamentale che ora lo
stato della scienza ci fa conoscere, ovvero l'opinioni di più fisici sopra
un medesimo fatto anche dove la scienza permetterebbe formare una
sola dottrina col prendere il buono che ciascuna di quelle opinioni
presenta. Passando alla parte teorica o di ragionamento assai dovrei
dire in lode del Corso del Gerbi per molti motivi, e prima perchè vi si
trovano sempre posti in evidenza i principj cardinali , e da quelli per
mezzo di rigoroso ragionamento sono dedotti i soggetti che ne dipendo-
no. Talché l'uso di siffatta filiazione d'idee porla il lettore da uno in
512
un altro soggetto per quelle vie che formano fra di essi il naturai lega-
me. Può inoltre dirsi che il Gerbi con pari amore ha raccolte le nozioni
antiche e le moderne, e non si è lasciato vincere dal prestigio della mo-
da, la quale tanto regna anche nelle vedute scientifiche. Molto si è trat-
tenuto sulle cose di fatto, o su teoriche di somma importanza, meno
sulle osservazioni incerte, o su dottrine poco verosimili. Sempre le ha
esposte con semplicità e chiarezza, e sempre quando non ha potuto com-
piutamente esaurire il soggetto ha rimandalo il lettore con opportuna
citazione all'opera originale. Un tal uso che reca sommo vantaggio per
chi studia , accresce notabilmente il pregio del lavoro, rendendolo un
ordinato e sistematico repertorio di scienza; egli dà vanto su' tant' altri
Corsi, perchè non adottato dai lor compilatori, spesso avviene che il let-
tore non sa ove ricorrere quando gli rimane qualche dubbio sul sogget-
to. Io credo che nessun altro corso elementare possa dirsi al pari di questo
abbondante nella parte teorica. La Meccanica e l'Idraulica presentano
delle eleganti e nuove dimostrazioni matematiche, e quello che più rileva
per un corso di fisica, hanno bene esposti e confermati dall'esperienza
i principi della scienza: cosicché ad un tempo vi si apprendono le mate-
matiche applicate, e la fisica . Vi sono a completare le dottrine delle
forze la teorica dell'Attrazione universale, e l'esposizione dei principi
fisici dell'Astronomia . Né cessano colla fisica generale le utili applicazioni
dell'algebra , ma ritrovansi anche qua e là per lutto il corso ove il biso-
gno lo richiede, sia per dilucidare il soggetto, sia per dargli quella gene-
ralità che è necessaria a ben comprenderlo. Il trattato dell'Ottica con-
tiene diffusamente esposte le parli più difficili, come la polarizzazione, e
la diffrazione della luce, e la visione. Ha pregio nell'Acustica quella parte
principalmente che riguarda la musica , la quale suole esser quasi trala-
sciata negli altri corsi di fisica, e qui è posta con estensione e con somma
filosofia facendo manifesto quanto quel trattato nei rapporti dei suoni ha
di fisico e di matemalico . La dottrina dell'atmosfere elettriche è pure un
argomento che difettando nella più parie di simili corsi, si apprende be-
nissimo in quello del Gerbi, ove può dirsi che come in questo cosi in
altri soggetti si leggono le cose del Volta. In generale meritano elogio
le osservazioni e discussioni sulle ipolesi , e sulle teoriche usate per spie-
gare i fenomeni del Calorico, quelli dell'Eleltricilà, lo sviluppo dell'elet-
tricità galvanica ed atmosferica, i fenomeni magnetici ed elettro-dina-
mici, quelli della luce, e le meteore. Che se non sembreranno tutte di
515
egiial forza, pure la maggior parte compariranno interessanti, e tutte
capaci di addestrare il giovine studente alla crilica , Snoie il Gerbi
esporre una teorica, e farla ben comprendere spiegando con quella i
fatti, e spesso dopo la indebolisce con argomenti sulla sua credibilità
e convenienza, e talvolta anche la rovina per mostrare il vuoto della
scienza, onde i giovani tengansi in guardia contro la seduzione dei
sistemi e la vaghezza delle ipotesi. Tutta questa abbondanza di ragio-
namenti mentre reca i notati vantaggi fa il corso poco adattato per
un' istruzione elementare: peraltro il suo maggior difetto si mostra
nella esposizione dei fatti e dell'esperienze; terza ricerca che io mi
son proposto di farvi e che ora intraprendo. Moltissimi sono i feno-
meni presi in considerazione, e moltissime del pari sono l'esperienze
che vengono rammentate, e più certamente che in qualunque altro
corso elementare di fisica. Si aggiunga che quest'esperienze sono d'or-
dinario quelle classiche che han portato gli inventori alle scoperte.
Molte sono le figure che servono per le dimostrazioni geometriche,
o per la descrizione dei fatti, o per rappresentare macchine e appa-
rati per l'esperienze, e per l'applicazioni. Contuttociò non vi rimane
il lettore in questa parte sodisfatto: vi desidera una più estesa descri-
zione di ciascun fatto e di ciascuna esperienza: vorrebbe trovarvi mag-
gior numero di quelle piacevoli esperienze che sono ad un tempo gio-
cose ed istruttive, con il processo per eseguirle. Piacerebbe che le fi-
gure non fossero semplici abbozzi , ma con più precisione rappresen-
tassero i fenomeni descritti, o le macchine usate nell'esperienze; che
si scorgesse nel corso una esposizione di fatti conveniente ad uno che
gli abbia vedati, non a chi narra ciò che altri ha osservalo. Queste
sono, come ciascun vede, le conseguenze della posizione in che si ritrovò
il Gerbi nell'insegnamento della Fisica: destinalo a dettare la parte
teorica della scienza mentre altro Professore in un corso separato in-
segnava la Fisica sperimentale, non ebbe occasione di gustare l'arte di
sperimentare, né le parti piacevoli dell' esperienze, né di conoscere
quali fra queste sieno più adattate a ripetersi in un corso di lezioni;
si attenne a corredare l'opera sua di bellissime dottrine, e non curò
di porre co' suoi naturali vezzi la parte più lusinghiera della scienza.
Quindi il suo Corso di Fisica sarà sempre apprezzato per la somma delle
dottrine e per la sua filosofia, non per la scelta dei fatti; si leggerà con
molta utilità, ma non col diletto che suole a sì bella scienza congiungersi.
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514
Abbastanza ho detto per quello che richiede il mio discorso di
questa interessanle opera del nostro Fisico, e ini resta solo ad accennare
che per renderla compiutamente adattata anche ai suoi scolari medici,
nel 1818 si die cura che in un solo volumetto fosse separatamente pub-
blicala la parte più interessante della Fisica generale, e per questo stesso
oggetto usò due caratteri di stampa diversi secondochè le cose erano in-
teressanti per un'istruzione più o meno elementare. Si insegnava in
quell'epoca la Fisica teorica da due Professori, e ciascuno ftìceva il corso
in due anni istruendo contemporaneamente gli scolari di medicina 3
quelli di scienze. Nel 182,6 uno di questi Professori fu destinato all'in-
segnamento delle matematiche applicate; e così dopo questo tempo poco
ebbe il Gerbi ad estendersi nella Fisica generale. Quindi ne ridusse allora
le prime nozioni fondamentali in dodici lezioni, le quali soleva premet-
tere a quella parie del corso di fisica particolare che nell'anno cadeva, e
le pubblicò col litolodi Lezioni elementcwi di Fisica generale. Co.m Egli
sempre portava i suoi lavori a tal grado di perfezione da potergli pubbli-
care, né mai cercava sodisfare la propria ambizione, o l'interesse, ma
il solo bisogno della scuola. Sono taluni tra gli scienziati che interro-
gando la natura coli' arte dell'esperienze la forzano a manifestare le più
segrete sue operazioni: souovi altri che raccogliendo i ritrovati de'primi
gli presentano in tale aspetto, che fa scoprire la legge della natura, e fa
distinguere la retta dalla falsa dottrina. Quelli hanno certamente il
primo grado, e sono ingegni prescelti dalla natura istessa. Questi coope-
rano co' primi all' avanzamento della scienza, facendo una giusta critica
delle loro scoperte, e pongono nel commercio sociale le utili cognizioni
propagandole colla via dell'istruzione, o colla compilazione di opere ele-
mentari. Fra quest'ultimi in posto eminente senza tema d'errare dee
porsi il Gerbi: non senza attribuirgli sommo merito per qualche suo ori-
ginale ritrovato nella rammentata opera dell'insetto, e per tante dimo-
strazioni e considerazioni scienliGche sovente in alcuna parte nuove delle
quali sono sparsi gli altri suoi lavori . Certamente mentre Egli dalla cat-
tedra istruì per mezzo secolo non solo il fiore di tanta Gioventù toscana,
ma anche molti forestieri, dal canto suo per altrettanto tempo onorevol-
mente sostenne l'antico credito dell Università pisana. Per cooperare
con ogni mezzo all'onore dell'Università non lasciò d'occuparsi anche in
quell'opere minori che indicate dall'occasione del giorno sono più potenti
ad eccitare nel pubblico il rumore della lode. Si udirono più volle, seb-
31S
bene spesso anonimi, eruditi articoli del Garbi in diversi giornali, e
massimamente nella Biblioteca Italiana, della quale può a ragione dirsi
esso collaboratore (i). Rese volentieri debiti d'onore ad alcuni sapienti
dei quali aveva dovuto ammirare le dottrine, e qui a reverenza del som-
mo Volta, mi giova rammentare la Necrologia che scrisse per tanto celebre
Fisico (2). Allorché fu uopo aumenlaigli fatiche nell'insegnamento, Egli
non si risparmiò, ed essendo per l'accaduta morte del Prof. Giuseppe
Piazzini rimasta nel i833 vacante la cattedra d'Astronomia, ne accettò
il Gerbi l'incarico, e seguitò ad insegnare teoricamente questa scienza
per tutto il rimanente della sua vita. Nell'età avanzata in cui allora
il Professore si ritrovava , avrebbe recato sorpresa anche l'aggravio di
un'altra lezione oltre quella di Fisica, più poi maravigliò che Egli si
dasse a questa nuova occupazione con alacrità conveniente a vigorosa
gioventù. Per adattarsi infatti alla capacità della maggior parte di co-
loro che bramavano conoscere i fenomeni celesti, scrisse un trattatello
elementare d'Astronomia, che se venisse pubblicato servirebbe utilmente
a divulgare le nozioni di quella scienza (3). Come poi anche in funzioni
accademiche straordinarie si prestasse, e come gli stasse a cuore Tonor
nazionale manifestamente dimostiollo allorché nell'autunno del i85g
prima del tempo consueto moveasi dai patrii lari per tenere in Pisa l'o-
norevolissimo e non men gravoso posto di Presidente nella prima Riu-
nione degli Scienziati Italiani. Questo fatto, del quale parlerò più diffu-
samente in seguilo, deve esser qui da me ricordato solo ad oggetto di
completare ciò che volea dire sul valor del Gerbi nelle scienze col suo
ultimo lavoro, voglio dire lOrazione che aprì la prima adunanza gene-
rale, e ritornò alla memoria dei chiarissimi ascoltanti i fasti scientifici
d'Italia. Sapeva l'Oratore non far duopo di diiluse cognizioni isteriche
parlando agli scienziati riuniti, ma solo di eccitare maggiormente gli animi
con nazionali esempi; e per questo preso argomento dalla scuola di Gali-
leo, restauratore della Filosofia naturale in Italia, narrò e dimostrò come
tutte le parti di essa sieno dopo quel grande con molto successo stale pro-
mosse, ed in alcune parti ancor perfezionate dagli Italiani. Nel discorso
(1) Diverse lettere inviate al Gerbi dalla Direzione di questo giornale gli danno
il titolo di Collaboratore.
(2) Nuovo Giornale dei Letterati di Pisa, Tom XIV, p. 149.
(3) Anche questo esiste fra i manoscritti che di sopra ho rammentali ,
316
trattò prima delle scienze matematiche, poi delle scienze che dipendono
dall'esperienza, ed in fine delle scienze che stanno tutte nell'osservazio-
ne. Quindi fé' parola di quelli che si distinsero nelle matematiche pure,
nella Meccanica, nell'Idraulica, nell'Acustica, e nell'Astronomia; di quelli
che per quanto in minor numero scrissero di Chimica, e di quelli loda-
tissimi che abbiamo nella Fisica sperimentale. Rammentò i distinti cultori
di Botanica e di Agricoltura italiani. Quei che onorevolmente coltiva-
rono la Storia Naturale, l'Anatomia, la Fisiologia, e la Medicina, movendo
sempre in tutte queste scienze dal tempi più prossimi al Galileo, e giun-
gendo fino a' dì nostri. Onorò i sapienti Principe Carlo L. Bonaparte,
Cavt V. Anlinori, Cav. Prof. G. B. Amici, Cav. G. Giorgini , Prof.
Paolo Savi, Cav. Prof. M. Bufalini, che furono i fondatori del Con-
gresso Italiano, e (per servirmi d'espressioni già usate)
Glie con sublimi e generosi affetti
Ridonavo una patria agli intelletti (i).
Richiamò così in ognuno quello spirito e coraggio nazionale che è ca-
jìace delle grandi imprese, e dimostrò che il credito d'Italia per le
scienze tien tuttora, sebbene si sieno fatte celebri nella filosofia natu-
rale altre nazioni, un posto eminente mercè l'opera di tanti uomini il-
lustri e valorosi .
Conviene che io adesso ragioni delle qualità morali che caratte-
rizzavano il nostro Scienziato, e della reputazione e onori che potè
nella società conseguire, poiché in questo devo aggiungere non poco
a quello che finora n'ho detto come uomo di lettere e di scienze.
Egli ebbe per costume di menare la vita lontana dalle grandi conver-
sazioni della galanteria e della moda, per quanto cortese si dimostrasse
di visite a que' che stimava, e sempre usasse di un tratto gentile, ed
aborrisse la solitudine. Era per lui favorito il conversare con persone
scelte, aliene dalla mormorazione, e da ogni modo di licenza, e se
dovea giudicare di altri lo faceva con somma prudenza e moderazione,
e la sua critica compariva sana ed imparziale. Si astenne dal matrimo-
nio, per quanto sensibilissimo si affezionasse con tanta facilità da po-
tersi anche dir soverchia . Certamente non sfuggiva i pesi di quella
(1) Questi versi, e quelli con i quali termino la Biografìa son tolti da due com-
posizioni poetiche anonime pubblicate in morte del Gerbi.
317
onorala unione, giacché ullroneamenfe si incaricò di far quasi da pa-
dre con esemplare carila cristiana ai lii^li di un suo atFezionato servi-
tore. Meno poi dovea disprezzarne i sollievi, perchè io l'ho udilo in
eia avanzala sempre lodare e consigliare lo sLato matrimoniale, e sem-
pre avvisare il poco airello delle persone mercenarie lamentando il suo
stato, e terminare coli' esclamazione: vce soli! Serbò illibatezza di co-
stumi, ed ogni più severa regola d'onesto vivere. Con profondo rac-
coglimento vedeasi frequentissimamente prostrato avanti i Sacri Altari,
e appena dalle cose create divertiva la mente tosto la fermava nel Crea-
tore pel desio di poter nell' eternità meglio contemplarne la stupenda
sapienza .
Sommamente questi caratteri contribuirono ad accrescere nei più
la slima del Cerbi, e fu per i genitori molto teneii verso i iìgli gran
conforto a lui raccomandargli. JN eli' occasione che gli venne alìidaia la
custodia di un Signore Pistojese il qual dovea per istruzione fare un
giro per l'Italia, principiò il suo viaggio per la bella penisola, che poi
compì in altre due volte approfittando delle lunghe vacanze dell' Lini-
versila. In questi viaggi visitò tutti quei luoghi che richiamavano l'at-
tenzione di un letterato, e di uno scienziato, e assaissimo eslese le sue
relazioni. Godeva l'affetto e la stima di molle persone per meriti chia-
rissime, alcune fra le quali lo trattavano come amico, o almeno gii
usavano sommi riguardi; mentre anch' Egli corrispondeva loro con
grandi cure. Fra questi mi occorre per quel che dito ricordare il
Nobile sig. Carlo Fabbroni di Pistoja letterato e filosofo distinto, il
quale amò tenersi attorno le più erudite persone con tal rispetto da
mostrare quanto in menle ben fatta meno abbia a stimarsi la ric-
chezza della sapienza. Affinchè io dia luogo al vero mi sia lecito av-
vertire che il Cerbi spesso più approfittava del servigio degli amici di
quello che essi potessero far conio di lui. Il fiale dell' umanità devesi
in qualche cosa sempre dimostrare, ed in lui sommamente nell'amore
per i propri comodi si ravvisava. Lo che adombrava talvolta quelle
lanle virtù che in grado eminente e' possedeva, e dava ai malignanti
luogo di denigrare il di lui merito. A'on però che mai in disistima
venisse il suo nome; anzi da tutti, non esclusi quei che in ciò più lo
aggravavano, riscosse sempre onori, ed attestati di rispetto alla sua
abdiià, e di ilducia nella sua probità. Il Governo gli afiìdò ingerenze
di somma fiducia, e gravezza: ed a cagion d'esempio nel 9 Gennajo
40*
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del 18 i3 da quell'Impero che erge vasi come modello al mondo Intero
essendo stabilito in Pisa il Pensionato Accademico, luoao come oanun
sa ove si reclutavano coloro che si stimavano degni a servir la patria
nella milizia togata, il nostro Professore fu scelto a Direttore di quello
stabilimento. Né le premure che Egli per essere da tale ufficio disimpe-
gnalo fece col mezzo del suo amico sig. Carlo Fabbroni , membro allora
a Parigi del Corpo legislativo, poterono rimuovere il Gran INIaestro del-
l'Università dalla presa deliberazione, nel Gerbi riconoscendo le qualilà
necessarie alla buona direzione del Golleaio che dovea raccogliere, edu-
care, e portare al perfezionamento le speranze della pubblica istruzione.
Confermò poi il fatto non essersi quel Senatore ingannato, poiché sotto
la direzione del Geibi fiorì sommamente il nuovo stabilimento, e dimo-
stro la saviezza ed accortezza somma da lui usata nello scegliere abili
sottoposti, e alunni di molto ingegno. Nel breve tempo che questa scuola
normale rimase in piedi n'escirono tanti buoni allievi da far udire non
solo dispiacere generale alla soppressione di quella, ma rimanere tuttora
vivo ne' più savj il desiderio di vederla ripristinata a vantaggio della
pubblica istruzione. E può dirsi che le vicende de' tempi ne imponessero
l'abolizione, poiché il nuovo Governo riconoscente eli ottimi servigi, eoa
larghissima pensione attestò al Direttore la dovuta gratitudine. Mancato
quello stabilimento, non mancò il motivo di vedere attorniato il Gerbi
da' più bravi giovani; e come avanti, cobì maggiormente dopo quello
comparve la sua casa luogo di riunione dei distinti scolari dell'Univer-
sità, e di altre chiarissime persone. Non sdegnava Egli patrocinare presso
i più elevali superiori, e presso lo stesso Regnante i meriti nascenti
della gioventù, ed assumersi mille altre premure che servirono a caratte-
rizzarlo protettore degli studio;i. Tanto si era radicato il credito di una
sua raccomandazione, che ogni postulante per cose di studio voleva es-
serne munito, e ottenuta la raccomandazione fidava della grazia. A questo
avea [ )rtalo il buon esilo che spesso per lui ì supplicanti ottennero,
e la deferenza che molti superiori dimostrarono al savio consiglio del
canuto fdosofo . Erano da tal prudente esperienza diretti i suoi consigli
che ben rare volte apparvero fallaci, e sempre atti a persuadere perchè
appoggiali al ragionamento . Quindi a buon diritto dovea in luì per gli
atlari dell' Università comparire un Savio che senza autorità, e colla sola
sua reputazione potea impedire gli abusi, e sostenere il buon ordine. Che
se qualcuno in tanto favore al vederlo salilo con maledica lingua confuse
319
la giusta carità, la filantropia, e l'amore per l'Università col vergo-
snoso intriso, ebbe chiaro motivo di tacersi nell' essersi il Gerb« tenuto
lungi da accattati onori, e da pomposi titoli. Consegui negli ultimi suoi
anni, mercè le benefiche leggi, un'annua copiosa provvisione, pure ne-
anche menomamente arricchì , e solo gli rimase da poter decorosamente
sostenere i suoi bisogni, e da ricompensare come fece col suo ultimo
testamento quelli che avevano preo cui'a della sua domestica vita.
Per le altrui, non mai per le sue premure, riteneva non meno che nove
diplomi di Società scientifiche, fra' quali alcuni di molto onore (i);
piccoli premj de' suoi pregiati lavori. Fu anche dalla Munificenza di
S. A. I. e R. il Granduca di Toscana Leopoldo II, per tanti vantaggi
resi allo Stato nella pubblica istruzione, decorato della Croce del Merito
sotto il titolo di S. Giuseppe in un tempo (2) che escludeva ogni sodi-
sfazione di ambiziosi desiderj, e nel quale ognuno lo avrebbe voluto ve-
dere di questo e di ogni altro distintivo d onore fregialo. Egli aveva
ogni animo inteso alle pratiche religiose, ed alla esecuzione degli oneri
del suo impiego; e fino all'ultimo anno della sua vita seguitò a so-
disfare alle due cattedre di Fisica teorica, e di Astronomia con tale
esemplare diligenza, che sebben vecchio ed aggravato da mille incomodi
di salute spesso alla fine delTanno scolastico potea notare di non aver
fatta neppure una vacanza, del che si compiaceva darsi vanto a con-
fronto di altri assai meno avanzali in età.
La vita e le forze sembravano mantenersi, e neiili estremi in^aaliar-
dirsi acciocché la più bella corona di gloria fosse il compimento di sì
(1) Fra le carte del Gerbi ho ritrovati i seguenti diplomi, che portano le date
qui appresso scritte :
Accademia Etrusca di Cortona . 1789.
Regia Società di Scienze di Gottinga. 1795.
Accademia di Scienze di Pistoja. 1803.
Accademia dei Georgofìli. 1804.
Reale Istituto d'incoraggimento di Napoli. 1810.
Reale Accademia di Torino. 1820.
Accademia Labronica. 1821.
Accademia della Valle Tiberina Toscana. 1832.
Accademia delle Scienze di Palermo. 1835.
(2) Cioè dopochò ebbe coperta la carica di Presidente nella prima Riunione
dogli Scienziati .
320
decorose azioni. L'onore che ognuno avrebbe desiderato, che la storia
consegnerà ai secoli avvenire, era riserbalo a quell'uno che di vane ono-
rificenze mai si era curato; di questo però onestamente si compiacque e
si accese, e tutta Italia ne lo applaudi. Il primo di Ottobre del iSSg ac-
corsi in gran numero in Pisa dotli scienziati da tutte le parli d'Italia,
con molli esteri rinomatissimi alla prima Riunione che dovea tenersi per
l'avanzamento delle scienze naturali , perchè era slato stabilito che pre-
siedesse il seniore fra i cattedratici italiani allora presenti, fu proclamato
il Gerbi Presidente generale del Congresso. Con quanto piacere si inlese
la nomina del Fisico di Pisa, con altrettanta sodisfazione si ammirò l'ot-
timo modo da esso tenuto nell' ordinare e ben dirigere le cose di quella
nobilissima festa nazionale. Con applaudila virtù Egli cedendo quasi
porzione della propria autorità, polche sapeva che l'onor suo sarebbe
venuto dal conseguito fine, amò di unirsi a consiglio coi Presidenti delle
sei sezioni nelle quali fu parlilo il Congresso. E per tal via ottimamente
seppe vegliare al buon andamento, opportunamente promuovere gli or-
dini, e 1 provvedimenti dal bisogno richiesti, e saviamente compilare i
regolamenti generali per le annue future Riunioni. Per non far pompa
del suo grado guardossi dal comparire nelle adunanze particolari ove di-
scutevansi i soggetti scientifici, mentre poi la fece da distinto scienziato
con quel dottissimo lavoro sulla storia delle scienze in Italia pieno di
savie filosofiche riflessioni, che già ho detto essere stato da lui letto nella
prima adunanza generale, e aver dato cominciamento al Consesso. Gran-
dioso e commovente spettacolo fu il vedere nella grand' aula dell'Univer-
sità di Pisa raccolti gli Scienziati naturalisti d'Italia, e attenti a quei
detti che il buon vecchio proferia più animati che da vigorosa gioventù,
e che altamente suonavano nel cuore dei dotti. Per i quindici giorni che
ebbe luogo la Riunione instancabile si mostrava in ogni azione il Presi-
dente, e ben si vedea che lo spirito sosteneva lo spossato corpo, perchè
languente si fé' il suo aspetto all'ultima adunanza generale. Venerando per
lunghi e grandi servigi, incuteva rispetto col decoroso sembiante: grave
di corpo, e già curvo per gli anni, cadenti le guance che già fur piene
e rotonde nella prima gioventù, bianco come neve e rado il crine, ru-
gosa la fronte, vivo lo sguardo, mal concia la bocca, raccoglieva le lan-
guide forze, e con animo commosso pella circostanza mandava dall'infer-
mo petto una voce tremante, e penetranti parole dirette a sciogliere il
Congresso. Parole di reverenza, di affetto, e di gratitudine verso i Sa-
521
pienti che con tanta dottrina avevano dato lustro alla Riunione, verso la
Città di Pisa che aveva con pubbliche feste, e in mille onesti modi ono-
rati gli illustri Ospiti, e verso S. A. I. e R. il Granduca Leopoldo II che
con tanto amore per le scienze aveva dato animo, e modo d'intraprendere
il bel costume, che due volte si era mosso dalla Capitale per illustrare
colla sua presenza le particolari adunanze degli Scienziati, e che allora
presente accresceva la solennità di quell'ultimo giorno . A questo magna-
nimo Principe dirigendo il detto del poeta « Semper honos, nomeU'
que tuwn, laudesque manebunt ^3 (^i^ si tacque il Savio. Detto memo-
rando! Ultimo che Egli proferi in pubblico, e con tanta solennità e
tanto senno, e in quella Università, ove per quarantanove anni si era
la sua voce udita ad ammaestrare la gioventù .
Il congedo del Presidente era per lui, e per gli uditori ben diverso
da quello dello scioglimento del Congresso. E ben coli' animo presagi-
vasi da ognuno l'avvenire, perchè tanto tempo solo gli fu concesso
strascinare il cadente corpo, quanto bisognò a ricevere gli omaggi de' cul-
tori delle scienze che accorrevano in folla alla sua casa prima di partire
da Pisa. Gli convenne guardare dipoi il letto della morte, per lui di-
venuto a sentimento di lutti letto di gloria, perchè a quello l'avevano
condotto s\ nobili fatiche. La sua ultima malattia fu un accrescimento di
tutti quegli incomodi che continuamente in vita lo afflissero : si aggravò
il petto: cominciò a voler lo stomaco poco cibo: ed una lenta febbre
consumò le forze. Rimasero assai vigorose quelle della mente perchè
potesse seguitare le cose relative al Congresso, e desiderare la presenza
dei suoi più cari, e attendere i soccorsi della religione, ed aspettar
tranquillo l'ora estrema. La Croce dell'Ordine del Merito, conferitagli
nel a4 Ottobre, era dal cristiano Filosofo stata ricevuta qual ornamento
del funebre suo tumulo, e sol quest'uso lagrimevole essa avrebbe avuto
essendo l'insignito morto nel ao Decembre dell'anno stesso 1809, se
non fosse valuta a sanzionare pubblicamente la benemerenza di sì di-
stinto Professore.
Giovani, care speranze della patria, con il maestro perdeste il
padre: Colleghi chiarissimi, mancò col Cerbi gran lustro e grand' ap-
poggio all'Università di Pisa. Italiani cultori delle scienze naturali, il
(1) Virgilio. Egl. V. vers. 78.
322
gran precettore della Fisica non è più: Voi (mi piace di essere con imo
di quei che sentirono la grave perdita )
ì^oi lo scontraste quasi al passo estremo,
Itali Soji . .. Il venerando Veglio,
Cui poc anzi corona
Faceste, giace nel sepolcro . Speglio
Ne sia de' fati: un grido
Oggi di plauso, domani risuona
Grido feral di pianto ! Addio supremo
Gli deste allor ; ma fido
Un suo ricordo in Voi, che spento o scemo
Non fia dagli anni e dall' oblio , serbate,
E meco, itali Sofi, lacrimate .
X.UIGI PACINOTTI.
§J 2 St '^
R
ELAZ105E DEL SeGRETABIO GENERALE pag. m
Regolamento generale per le anmali Ricmom Iialia>'B a
Divisione delle Sezioni ■
Sezione di Fisica, Chimica e Matematica »
Adunanza 1.^ n
o a . . .„
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1
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38
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75
86
96
99
Sezione di Geologia, Mineralogia b Geografia . »
Adunanza 1.^ »
2.» »
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6.» »
7.*
Escursione geologica al Monte Pisano »
Adunanza 8.^ »
Sezione di Botanica e Fisiologia vcGEXABaE > 107
Adunanza 1.^ » 109
> 2.* » 115
Escursione botanica ill6
Adunanza ó.^ s 118
. 4.* » 124
. 5.' > 127
» 6.' B 135
7/ » 141
. 8.* > 147
Sezione di Zoologia ed Anatomia comparativa » 133
Adunanza 1/ » 153
2.* » 138
• ó.^ . . . . ^ » 160
. 4* » 164
. 5.' » 170
. 6.* » 173
Relazione dei Comniissarj incaricali d'esaminare la Scolio flavi frons » 179
• 7.' 185
524
Sezione di Medicina pag. 187
Adunanza 1.* » 189
» 2.» » 195
» 3.* » 197
» 4.* 202
> 5.» 206
» 6.* .211
» 7.» .215
. 8.» « 220
Sezione di Agronomu e Ticxologia • % > 231
Adunanza 1.* . » 253
. 2.» .237
* 3.» 239
. 4.» 243
» 5.» » 247
» 6.» 252
» 7.» ,254
» 8.» .238
» 9.» 260
Invito a tut(i gli Agronomi 268
Indicazione della residenza e ore di adunanza delle Sezioni > 270
Orazione del Prof. Rosini per l'inaugurazione della statua dei Galileo 271
Biografia del Prof. R. Gerbi » 297